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Caccia allo “stargate”, Nasa cerca portali nel campo magnetico tra Terra e Sole

Ultimo Aggiornamento: 05/12/2014 12:06
13/11/2013 23:18
 
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Entra nel vivo la caccia ai ‘portali’ invisibili nascosti nel campo magnetico terrestre che mettono in comunicazione diretta la Terra con il campo magnetico del Sole. I ricercatori dell’università dell’Iowa, affiancati dalla Nasa, sono riusciti a scoprire dove e come avviene la loro apertura, definendo così i criteri per la ricerca agli “stargate” che la Nasa avvierà nel 2014 con la missione Mms (Magnetospheric Multiscale Mission). “Li chiamiamo punti o regioni di diffusione degli elettroni – spiega il fisico Jack Scudder dell’università dell’Iowa -. Sono punti in cui il campo magnetico terrestre si unisce a quello del Sole creando un percorso ininterrotto che porta dal nostro Pianeta fino all’atmosfera del Sole distante più di 148 milioni di chilometri”. Questi portali sono localizzati a poche decine di migliaia di chilometri dalla Terra, dove il nostro campo magnetico incontra il vento solare, e si aprono e chiudono dozzine di volte al giorno. Molti sono piccoli e di breve durata, mentre altri sono molto più vasti e stabili. Attraverso i loro “battenti” fluiscono tonnellate di particelle cariche che vanno a scaldare gli strati più alti dell’atmosfera terrestre e danno origine a tempeste geomagnetiche e aurore polari. Questi misteriosi portali si formano quando le linee di forza del campo magnetico terrestre si incrociano con quelle del campo magnetico solare. Studiando i dati raccolti dalla missione Polar della Nasa negli anni Novanta, i ricercatori dell’Iowa sono riusciti a stabilire pochi e semplici criteri che permettono di sapere dove e quando questo può accadere. Questi indizi potranno essere usati dai quattro veicoli spaziali che la Nasa prevede di lanciare nel 2014 nell’ambito della missione Mms proprio per studiare da vicino questo fenomeno.

11 luglio 2012
www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/11/caccia-allo-stargate-nasa-cerca-porte-nascoste-nel-campo-magnetico-tra-terra-e-sole...
08/01/2014 21:39
 
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I Mondi Paralleli esistono: ora lo dicono anche gli esperti

Un crescente numero di cosmologi è concorde con Brian Greene: noi siamo uno dei tanti universi ed almeno uno di questi altri mondi è vicino a noi, forse distante solo un millimetro. Non possiamo vederlo, perché esso esiste in un tipo di spazio diverso dalle 4 dimensioni della nostra quotidiana realtà. Max Tegmark, del MIT, crede che questo modello del multiverso, di “molti universi”, sia radicato nella fisica moderna e sarà probabilmente testabile, predittivo e confutabile. “Non è fantascienza. E’ scienza reale”. Secondo i progressi della la ricerca al CERN, del Large Hadron Collider, gli scienziati parlano sempre più di una “nuova fisica” all’orizzonte, che promette di aiutare i ricercatori a comprendere di più ciò che è ignoto nell’universo. Questo nuovo approccio include una maggiore comprensione dell’ energia oscura, una forza misteriosa che alcuni pensatori pionieri credono stia ad indicare che un “universo –sorella” si aggiri nelle nostre vicinanze. I cosmologi stanno osservando strani avvenimenti, come la galassia Andromeda, lontana da noi 2,2 milioni di anni luce, che si sta dirigendo verso la Via Lattea a 200,000 mph. Questo fenomeno avrebbe logicamente senso se la gravità che fuoriesce da un universo invisibile stesse attraendo le due galassie. Dei ricercatori hanno di recente scoperto, tramite il telescopio spaziale WMAP, una forza 10.000 volte maggiore di quella della Via Lattea, che credono possa offrire una poderosa evidenza che ci sia in zona un universo parallelo. In un altro tentativo di ricerca di mondi paralleli, la NASA installò l’Alpha Magnetic Spectrometer-2, all’ ISS, per registrare dati che potessero provare l’esistenza di altri universi, alcuni dei quali potrebbero persino essere fatti di antimateria. Il poter dipanare questo mistero cosmico ha attratto l’interesse mondiale. Il progetto attinge sostegno alla maggior parte dei Paesi UE, oltre a Taiwan, Cina, Russia e USA.

Potremmo mai visitare un altro universo?
In una recente intervista alla PBS, “Riddles of the Universe”, [Enigmi dell’universo] il cosmologo Americano Clifford Johnson ha dichiarato che secondo lui discutere di questi argomenti andrebbe bene in un contesto di fantascienza, ma che si tratta comunque di qualcosa su cui anche gli scienziati possono indagare. Alcuni lasciano intuire che ciò di cui siamo fatti – la materia e le nostre forze di gravità e magnetismo – sono gli elementi che ci incollano a questo universo e che non ci permettono di lasciare le nostre 4 dimensioni e di andare avanti e indietro, sopra e sotto, da sinistra a destra. Un altro universo forse esiste vicinissimo, ma perchè noi possiamo osservarlo e comunicare con esso, dobbiamo prima comprendere le sue diverse dimensioni. Potremmo raffigurarcele come “nuovi tipi di strade laterali”. In ogni caso, la gravità pare pervada tutti gli universi ed un giorno potrebbe essere possibile comunicare con essi, attraverso una qualche futuristica manipolazione gravitazionale. Come potremmo sentirci davanti alla scoperta di un mondo parallelo? Johnson dice:"Potrebbe farmi sentire una persona meno unica oppure farmi sentire grato, perché molte cose che non ho trovato il tempo di fare forse vengono fatte da una copia di me da qualche altra parte!”. Greene aggiunge che alcuni universi potrebbero essere indistinguibili, altri potrebbero contenere variazioni di tutti noi, dove esistiamo ma con famiglie, storie e carriere diverse. In altri ancora la realtà potrebbe essere così radicalmente diversa dalla nostra, da essere irriconoscibile. La predizione degli esperti è che nei prossimi decenni, con il progresso dell’intelligenza che avanza in modo esponenziale, questo concetto “fuori dalle righe” sarà un fatto certo e provato. Immaginate di visitare un’altra Terra dove altri voi stessi vivono un’esistenza più appagante della vostra, e che potreste… contrattare i luoghi, una volta d’accordo. Questo solleva la domanda:"Che potrebbe succedere se i nostri “sè paralleli si incontrassero? Metteremmo insieme le nostre differenze per essere degli esseri umani migliori o entreremmo in competizione?”. Quando potrebbe essere possibile collegare gli universi paralleli? Con un po’ di buona fortuna, alcuni esperti dicono che questa impresa incredibile potrebbe essere fatta fra 10 anni; altri meno entusiasti dicono che le tecnologie necessarie perché questo accada ci saranno solo fra 50-100 anni. Restate collegati…

Dick Pelletier
Fonte: ieet.org/index.php/IEET/more/pelletier20131227

Traduzione: Cristina Bassi
01-06-2014
www.thelivingspirits.net/php/articolo.php?id_articolo=772&lingua=ita&id_categoria=12&id_sottocate...
[Modificato da wheaton80 08/01/2014 21:40]
05/12/2014 12:06
 
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Universi paralleli, “ecco la prova della loro esistenza e interazione”

Secondo lo strano mondo della meccanica quantistica, abitato da atomi e particelle, esiste un universo in cui questo articolo non è mai stato scritto. E, a un tempo, un altro mondo in cui è possibile leggerlo e commentarlo. Bizzarrie della realtà a livello dei suoi costituenti più intimi, governata da fenomeni che spesso fanno a pugni con il senso comune. E che hanno fatto storcere il naso persino ad Albert Einstein. Come la teoria del multiverso, in base alla quale esisterebbe una pluralità di universi paralleli, al punto che ogni decisione che ciascuno di noi prende in questo mondo ne creerebbe di nuovi. Secondo questa interpretazione, ci sarebbe, ad esempio, un mondo in cui il Terzo Reich è uscito vincitore dalla II guerra mondiale, e un altro in cui Hitler è uno sconosciuto pittore. Può sembrare la sceneggiatura di un film, eppure i fisici teorici studiano questi scenari da almeno 50 anni, ed esistono complicati ed eleganti calcoli matematici in grado di descriverli. Secondo l’ultima formulazione, appena pubblicata su Physical Review X (http://journals.aps.org/prx/abstract/10.1103/PhysRevX.4.041013) da un team dell’University of California a Davis, e della Griffith University australiana, non solo gli universi paralleli esisterebbero davvero, ma potrebbero persino interagire. Quando fu introdotta per la prima volta negli Anni ’50 dal geniale matematico americano Hugh Everett III, all’epoca in forze alla Princeton University, la teoria dei molti mondi venne derisa. Everett riuscì a fatica a pubblicarla, e alla fine abbandonò disgustato la carriera accademica. Negli anni, però, le sue raffinate spiegazioni di alcuni strani fenomeni del mondo subatomico, come la capacità delle particelle di coesistere in luoghi diversi – stranezze che spingevano il premio Nobel Richard Feynman ad affermare che “chiunque crede di aver capito la meccanica quantistica, non l’ha compresa abbastanza” – hanno fatto sempre più breccia tra i fisici. “Secondo la teoria di Everett – spiega Howard Wiseman, a capo del team australiano – ogni universo si divide in una serie di nuovi universi, quando viene effettuata una misurazione quantistica. Partendo dalle sue intuizioni, abbiamo dimostrato che è proprio dall’interazione tra questi mondi, soprattutto repulsiva, che nascerebbero i fenomeni quantistici”. “Nel multiverso – aggiunge su New Scientist David Deutsch, fisico della Oxford University – ogni volta che facciamo una scelta si realizzano anche le altre, perché i nostri doppi negli universi paralleli le compiono tutte”. Un’idea sfuggente, difficile da accettare ma, a pensarci bene, non del tutto negativa. Il pensiero che, di fronte alle scelte più difficili di tutti i giorni, ogni possibile alternativa abbia l’opportunità di realizzarsi potrebbe essere in fondo rassicurante. “Il multiverso mi ha reso una persona più felice – commenta sempre su New Scientist Max Tegmark, fisico del Mit -. Mi ha dato, infatti, il coraggio di correre più rischi”. Ma come provare queste teorie e legarle a fenomeni fisici osservabili? Secondo Lisa Randall, prima donna a ottenere la cattedra di Fisica teorica alla Harvard University, una possibile strada è il legame con le ricerche sulla natura della forza di gravità.

In base ai suoi studi, tra i più citati degli ultimi anni, gli altri universi, vicinissimi al nostro anche se invisibili, sarebbero immersi in uno spazio a più dimensioni, come un arcipelago di isole sparse nell’oceano. Su uno di questi isolotti sarebbero concentrate le particelle che trasportano, come fanno i fotoni con la luce, la forza di gravità. Si chiamano gravitoni e sarebbero gli unici in grado di saltare da un universo all’altro. Ma solo alcuni riuscirebbero a “visitare” il nostro universo. Ecco perché la forza di gravità ci appare così debole, poiché diluita su più universi, che la assorbono come una spugna. “Uno degli scopi dei miei studi è spiegare perché la forza di gravità è così debole in confronto alle altre forze fondamentali della natura – spiega la studiosa nel suo libro “Passaggi curvi” -. Un piccolo magnete, infatti, può attirare una graffetta, nonostante la Terra nella sua interezza eserciti su di essa la propria attrazione gravitazionale”. Il battesimo sperimentale a queste ricerche teoriche potrebbe arrivare a partire dal prossimo anno, al Cern di Ginevra, con la riaccensione alla sua massima energia di Lhc, l’acceleratore di particelle più potente del mondo. Questa macchina, una pista magnetica di 27 chilometri capace di sondare la struttura più intima della materia, potrebbe essere in grado di vedere i gravitoni, fino ad ora mai osservati direttamente. “Con Lhc potremmo trovare particelle che non esistono più dai tempi del Big Bang, circa 14 miliardi di anni fa – sottolinea Randall -. Tra loro potrebbero essercene alcune che vivono solo su altre dimensioni, o persino su altri universi. La loro osservazione, quindi, sarebbe una prova importante dell’esistenza di altri mondi”. Queste particelle, infatti, lascerebbero una sorta d’impronta gravitazionale sul nostro universo. Come un’ombra che si allunga su un muro in un giorno assolato. Come spesso accade nella scienza, gli studiosi vivono e si muovono ai bordi della conoscenza. “Non sappiamo come questi studi cambieranno la nostra percezione del mondo – afferma Randall -. Lo stesso Einstein non poteva prevedere che la sua teoria della Relatività avrebbe un giorno trovato applicazioni nel Gps. Esistono nell’universo molte regioni ancora inesplorate – aggiunge la studiosa -. Sapere cosa cercare è spesso difficile, ma questo non deve scoraggiare. Ciò che ancora non si conosce deve servire da stimolo per porsi nuovi interrogativi. È questo – conclude la scienziata di Harvard – che rende la scienza accattivante”.

Davide Patitucci
3 dicembre 2014
www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/03/universiparalleliesistonopotrebberointerarigire/...
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