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La Francia e Israele lanciano una nuova guerra in Iraq e in Siria

Ultimo Aggiornamento: 18/10/2019 17:26
25/11/2015 23:44
 
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Da un lato, il governo francese sta mobilitando tutti i suoi mezzi di comunicazione per focalizzare la sua popolazione sugli attentati del 13 novembre. Dall'altro, lancia assieme a Israele una nuova guerra in Iraq e in Siria. Il suo obiettivo non è più quello di rovesciare il regime laico siriano, né di distruggere il suo esercito, ma ormai quello di creare uno stato coloniale a cavallo dell'Iraq e della Siria, gestito da curdi, per una manovra a tenaglia sugli Stati arabi. Il sogno di una potenza israeliana dal Nilo all'Eufrate sta tornando.

Al G20, Mosca e Washington impongono di tagliare i finanziamenti a Daesh
Il vertice del G20 ad Antalya (Turchia) si è certamente preoccupato dell'economia, ma soprattutto della situazione nel Vicino Oriente. Numerosi negoziati bilaterali hanno avuto luogo durante il vertice, e non sappiamo i dettagli di ciò che è stato discusso e concluso nel corso di questi dialoghi in disparte. Tuttavia, il Presidente russo, Vladimir Putin, ha denunciato senza nominarli quegli Stati partecipanti alla conferenza che sponsorizzano Daesh. Ha mostrato ai suoi colleghi delle fotografie satellitari di convogli di autocisterne che attraversavano la Turchia per vendere il petrolio rubato dall'organizzazione terroristica in Iraq e in Siria [1]. Pubblicamente chiamato in causa per le sue violazioni delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza in merito al suo finanziamento a Daesh, il Presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha accusato il colpo. Secondo il Partito Socialista turco, Bilal Erdoğan (figlio del Presidente) dirige personalmente questo traffico [2].


Su questa mappa, pubblicata da Robin Wright sul New York Times nel 2013, si distingue il Sunnistan che Daesh creerà nel giugno 2014, ove proclamerà il Califfato, e il Kurdistan che la Francia e Israele vogliono ormai creare. Si noti che questa carta non prevede nulla per i cristiani, che dovrebbero essere o trasferiti in Europa o sterminati

I Presidenti Putin e Obama hanno deciso di distruggere le autocisterne della famiglia Erdoğan per porre così fine al traffico di petrolio. Lo stesso giorno, il Central Command statunitense bombardava per la prima volta in un anno e mezzo autobotti cariche di petrolio in Iraq, mentre le forze armate russe ne distruggevano un grandissimo numero in Siria [3]. La Russia e gli Stati Uniti hanno costretto la Francia a unirsi a questa operazione. Fingendo di rispondere agli attentati di Parigi, il presidente Hollande ha annunciato senza arrossire che dava ordine alle sue forze armate di bombardare obiettivi di Daesh in Siria, mentre il Presidente Putin dava pubblicamente istruzioni alle forze armate russe di coordinarsi con la Francia e di trattarla «come» un alleato [4]. Il Presidente francese incontrerà prossimamente i suoi omologhi statunitense e russo. Sembra che siano stati presi provvedimenti efficaci per isolare i 24 istituti bancari che Daesh utilizza dall'Iraq per trasferire denaro; provvedimenti che il Sottosegretario di Stato USA David S. Cohen aveva invano cercato di imporre per mesi [5].

La Francia e i "falchi liberali" organizzano una nuova guerra

Nel prendere atto che avrebbe dovuto ritirare Daesh dalla Siria, il gruppo di Stati, di multinazionali e di personalità statunitensi che organizza la guerra ha deciso allora di lanciarne una terza.

- La "Primavera araba" (da febbraio 2011 a gennaio 2013) era stata lanciata dal Dipartimento di Stato USA. Si trattava di rovesciare regimi arabi laici, sia alleati sia resistenti agli Stati Uniti, per sostituirli con dittature dei Fratelli Musulmani. Dopo aver rovesciato i Presidenti tunisino ed egiziano durante le "rivoluzioni" del Gelsomino e del Loto, la guerra è stata dichiarata alla Libia e alla Siria (come previsto dal trattato di Lancaster House del novembre 2010), ma le potenze coloniali non giunsero ad attaccare l'Algeria (presa di ostaggi di In Amenas)

- La Seconda Guerra Siriana (da luglio 2012 a ottobre 2015) è stata lanciata dalla Francia, dai "falchi liberali" degli Stati Uniti (Hillary Clinton, Jeffrey Feltman, David Petraeus, ecc…) e da Israele, finanziata da un gruppo di Stati (Turchia, Qatar, Arabia Saudita, ecc...) e da alcune multinazionali (Exxon-Mobil, KKR, Academi, ecc…). Non si trattava più tanto di cambiare il regime, quanto di «far sanguinare» il Paese e distruggere il suo esercito (più di 100.000 soldati siriani sono morti combattendo contro il terrorismo). Si è conclusa con l'intervento militare della Russia

- La Terza Guerra Siriana (dal 20 novembre 2015) è iniziata da alcuni membri dello stesso gruppo, questa volta in vista della creazione di un nuovo Stato nel nord della Siria e dell'Iraq, al fine di prendere a tenaglia gli Stati Arabi che resistono a Israele [6].

Poiché gli organizzatori della guerra sono divenuti consapevoli che non sarà più possibile per loro continuare ad agire contro la Siria, hanno convenuto di riprendere e continuare quel programma che avevano già portato alla creazione del Sud Sudan nel 2012. Questo progetto corrisponde al piano di Alain Juppé (marzo 2011) e a quello pubblicato da Robin Wright (settembre 2013), che prevedevano che, dopo aver appoggiato Daesh per creare un Sunnistan, si sarebbe dovuto creare un Kurdistan [7]. Non si tratta più né di una guerra presuntamente ideologica (Primavera Araba) né di una guerra presuntamente religiosa (Seconda Guerra Siriana), bensì di una guerra presuntamente etnica.

Le operazioni segrete sul campo
Per fare tutto questo, sono riusciti a trasformare il partito curdo siriano marxista-leninista YPG (ormai denominato «Forze democratiche di Siria») e ad allearlo con il clan Barzani dell'Iraq. Certo, i due gruppi sono curdi, ma non parlano la stessa lingua, si sono uccisi a vicenda durante tutta la Guerra Fredda e si richiamano a ideologie diametralmente opposte [8]. Si noti incidentalmente che, ormai, il governo regionale curdo dell'Iraq è una dittatura. Il suo Presidente Massoud Barzani, un agente del Mossad installato dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, si aggrappa al potere dalla fine del suo mandato, nel giugno 2013 [9]. Hanno spinto le «Forze democratiche» (sic) a curdizzare forzatamente le popolazioni non-curde del nord della Siria (ottobre 2015), provocando la rivolta degli arabi e dei cristiani assiri nonché l'ira di Damasco, senza incontrare peraltro alcuna reazione internazionale [10]. Non ce ne fu d'altronde nemmeno in occasione dell'annessione dei campi petroliferi di Kirkuk da parte del governo regionale curdo dell'Iraq (estate 2014), poiché l'opinione pubblica internazionale non aveva occhi che per la pulizia etnica praticata da Daesh. All'epoca, non solo le grandi potenze non avevano condannato la guerra di conquista del Governo Regionale Curdo dell'Iraq, ma si erano offerte di fornirgli armi direttamente, senza passare per il Governo centrale di Baghdad, con il pretesto della lotta contro Daesh. Le parti in conflitto non annunceranno di fare la guerra per creare uno stato coloniale israeliano e prendere gli Stati arabi resistenti in una manovra a tenaglia, bensì riterranno necessario dichiarare che stanno lottando per un Kurdistan indipendente; una posizione grottesca, dal momento che il territorio coinvolto non è mai appartenuto al Kurdistan storico, mentre ivi i curdi sono largamente minoritari (meno del 30 per cento della popolazione). Il 5 novembre, la Francia ha annunciato l'invio della portaerei Charles de Gaulle in zona, con il pretesto della lotta contro Daesh, in realtà per posizionarsi in vista della Terza Guerra Siriana [11]. La nave ha lasciato Tolone, il suo porto d'attracco, il 18 novembre. Dal 13 al 15 novembre, il governo regionale del Kurdistan iracheno, sostenuto dalle «Forze Democratiche di Siria», ha respinto Daesh dal Monte Sinjar (Iraq). In realtà, i soldati di Daesh si erano ritirati lasciando appena 300 uomini di fronte a una coalizione di diverse decine di migliaia di soldati. La zona liberata non è stata restituita al governo iracheno, ma piuttosto annessa dal Governo regionale curdo dell'Iraq. Benché finga di non sostenere questa operazione e di condannarla, la Turchia l'ha approvata in occasione del Trattato segreto Juppé-Davoutoğlu del 2011. Se lo pseudo-Kurdistan fosse creato, la Turchia non mancherebbe di sospingervi i militanti del PKK.

La Risoluzione 2249 autorizza, di fatto, la nuova guerra
Il 20 novembre, la Russia ha cercato di far passare di nuovo il progetto di risoluzione che aveva redatto per la sessione del 30 settembre e che era stata costretta a ritirare. Tutt'al più, essa stessa ha modificato il testo includendovi dei riferimenti agli attentati del Sinai, di Beirut e di Parigi, menzionandovi anche l'articolo 51 della Carta (diritto di autotutela). Per una seconda volta, ha dovuto rinunciare al suo testo e lasciar passare una proposta francese che legalizzava l'intervento militare contro Daesh in Siria e in Iraq, che il Consiglio ha approvato all'unanimità (Risoluzione 2249). Benché possa essere interpretata in vari modi, la risoluzione calpesta di fatto la sovranità nazionale dell'Iraq e della Siria. Autorizza le grandi potenze a ingerirsi, posto che pretendano di lottare contro Daesh [12]. Si tratta evidentemente di liberare il nord della Siria da Daesh, però non per restituirlo alla Siria, ma per proclamarvi uno Stato indipendente sotto autorità curda. La Russia non si è opposta a questa risoluzione e l'ha votata. Sembra che desideri per ora approfittare del piano franco-israeliano per spingere Daesh fuori dalla Siria senza tuttavia accettare il principio di uno pseudo-Kurdistan. La creazione di un tale Stato non ha alcuna legittimità nel diritto internazionale (i curdi della Siria non sono oppressi, ma godono degli stessi diritti degli altri cittadini). Si riapre la questione dei diritti delle minoranze già posto dalla creazione del Kosovo da parte della NATO. Essa autorizza di fatto qualsiasi gruppo etnico, qualunque sia la sua situazione politica, a rivendicare uno stato indipendente, il che implica di conseguenza la dissoluzione della maggior parte degli Stati del mondo - compresa la Francia- e il trionfo della «globalizzazione».

Da ricordare

---- Il Cremlino e la Casa Bianca si sono intesi nel voler tagliare i finanziamenti di Daesh. Hanno bombardato in Iraq e in Siria le autocisterne della società di Bilal Erdoğan e hanno isolato le banche di Daesh

---- Dopo l'annessione dei campi petroliferi di Kirkuk nel giugno 2014, Israele e Francia sono giunti a continuare l'espansione del territorio del governo regionale curdo dell'Iraq (annessione dei Monti Sinjar) e a lanciare la conquista del territorio non curdo della Siria settentrionale da parte dell'YPG, ora chiamato «Forze democratiche in Siria». Intendono alla fine unire le due entità e proclamare l'indipendenza di uno Stato presunto curdo

---- La creazione di uno pseudo-Kurdistan in aree non-curde non ha legittimità rispetto al diritto internazionale. Mira unicamente, con quella del Sud Sudan, a prendere a tenaglia i maggiori stati arabi (Egitto, Siria e Iraq) per realizzare il sogno di una potenza israeliana che va dal Nilo all'Eufrate

Note
[1] en.kremlin.ru/events/president/news/50704
[2] www.voltairenet.org/article188368.html
[3] www.lapresse.ca/international/dossiers/le-groupe-etat-islamique/201511/16/01-4921489-larmee-americaine-a-detruit-116-camions-citernes-de...
[4] francais.rt.com/international/10583-ministere-defense-russe-frapp...
[5] www.nytimes.com/2015/10/11/opinion/sunday/why-is-money-still-flowing-to-isis.h...
[6] www.voltairenet.org/article187542.html
[7] www.nytimes.com/2013/09/29/opinion/sunday/imagining-a-remapped-middle-e...
[8] www.voltairenet.org/article184629.html, www.voltairenet.org/article184755.html
[9] www.voltairenet.org/article188673.html
[10] www.voltairenet.org/article189153.html
[11] www.lemonde.fr/international/article/2015/11/05/le-porte-avions-charles-de-gaulle-deploye-contre-le-groupe-etat-islamique_4804121_3...
[12] www.un.org/apps/newsFr/storyF.asp?NewsID=36125#.VlY1zF7aTJl

Thierry Meyssan
22 novembre 2015
Traduzione: Matzu Yagi

megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=124698
28/11/2015 17:20
 
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Perché gli USA prendono le distanze dalla Turchia?

L’abbattimento da parte della Turchia del velivolo russo anti-SIIL è un’inaudita aggressione diretta a Mosca, facendo trionfare un militarismo teso e ostile da Guerra Fredda. Il mondo si trova sull’orlo delle conseguenze di tale attacco, con commentatori da tabloid che avvertono che l’inizio della Terza Guerra Mondiale è in agguato. Il Presidente Putin, da parte sua, è stato molto più misurato nel rispondere all’incidente, ma non riusciva a contenere lo shock per tale “pugnalata alla schiena dai complici dei terroristi“. La questione ora è come la Russia risponderà a ciò che è successo, ma forse ancora più importante, per gli osservatori, è il motivo per cui gli Stati Uniti ufficiosamente prendono le distanze dall’aggressione dell’alleato. Nonostante NATO e Obama diano pieno sostegno alla fatidica decisione della Turchia, Reuters citava un anonimo ufficiale statunitense che volutamente faceva sapere che l’aereo russo è stato abbattuto nello spazio aereo siriano, basandosi sulla rilevazione delle tracce di calore. Ciò pone domande sul perché gli Stati Uniti siano su entrambi i lati della barricata, da un lato sostenendo pubblicamente la Turchia, dall’altro dando strategicamente informazioni in conflitto con la storia ufficiale della Turchia.

Il quadro
Tale dicotomia indica un piano machiavellico in cui gli Stati Uniti manipolano Turchia e Russia secondo le loro risposte più probabili, ben sapendo che potrebbero essere guidate a sostegno dei superiori interessi strategici statunitensi. Per cominciare, gli Stati Uniti probabilmente indicavano ad Erdogan non solo il diritto ‘legale’ di abbattere qualsiasi aereo russo, ma anche che in realtà preferissero che adottasse tale linea d’azione al più presto. Ciò ricorda come gli Stati Uniti istigarono Saakashvili a bombardare Tskhinval ed invadere l’Ossezia del Sud, senza doverlo direttamente scrivere su un documento ufficiale affinché accadesse, ma senza lasciare alcuna ambiguità su come volessero che il loro ascaro agisse in quella situazione.

Secondo il piano
Per lo più ciò spiega le dichiarazioni pubbliche della NATO e il sostegno degli Stati Uniti alle azioni della Turchia, anche tranquillizzando Erdogan, rassicurandolo di aver fatto la cosa giusta. L’effetto collaterale previsto dell’abbattimento dell’aereo è il peggioramento immediato delle relazioni russo-turche, con conseguenze che potrebbero comprometterne gli aspetti diplomatici, militari, economici ed energetici. Il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov cancellava il viaggio in Turchia e sconsigliava i turisti russi dal visitare il Paese per il terrorismo, similmente all’Egitto. Il Primo Ministro Dmitrij Medvedev ha parlato della possibilità di escludere le società turche dal mercato russo e dell’annullamento dei progetti nucleari e gasiferi con il Paese. Tali potenziali azioni sono pienamente giustificabili e basate sul rispetto di sé della Russia per non favorire quello che s’è dimostrato essere uno Stato ostile nonostante la posta economica in gioco, ma allo stesso tempo, non si può fare a meno di chiedersi se questo è esattamente ciò che volevano gli Stati Uniti. Non c’è dubbio che la Russia avrebbe reagito in questo modo, così come un rapido sguardo ai suoi potenziali ‘strumenti di risposta’ indica che questi sarebbero stati utilizzati con più probabilità nel deterioramento delle relazioni. Pertanto, non si può escludere che gli Stati Uniti spingessero Erdogan fino ad abbattere il jet russo per provocare la prevedibile risposta russa, minacciando di annullare i futuri progetti energetici con la Turchia, nucleo centrale del loro partenariato strategico. Se è così, e sembra probabile, dimostra esattamente quanto gli Stati Uniti siano disposti a spingersi per assicurarsi che l’energia russa (e successivamente il soft power e i vantaggi multipolari che ne derivano) non arrivi ai Balcani con il megaprogetto Turkish Stream, probabilmente perché riconosce l’impatto che ciò avrebbe sulla regione.

Il tiro mancino

Finora, tutto sembra ragionevole e nell’ambito del prevedibile, ma c’è anche il tiro mancino della rivelazione a Reuters da un’anonima fonte militare statunitense, che essenzialmente dice che la posizione russa è giustificata. Inaspettatamente, sembra che gli Stati Uniti siano di misura al fianco della Russia, ponendo domande su ciò che vogliono veramente. Dopo tutto, è dimostrato oltre ogni dubbio che i missili anticarro TOW forniti dagli statunitensi siano stati usati per abbattere l’elicottero di salvataggio russo che tentava di recuperare i due piloti. Con tale indiscutibile prova dell’indiretta aggressione statunitense alla Russia, è certamente un fatto curioso che la dirigenza degli Stati Uniti abbia volutamente diffuso una dichiarazione secondo cui la Turchia ha abbattuto l’aereo russo nello spazio aereo siriano, fondamentalmente affiancandosi con la Russia dietro le quinte.

Giocare la carta curda
Spiegare tale torsione diplomatica richiede di sapere la risposta dei cittadini russi e dei sostenitori nel mondo all’aggressività della Turchia. Ragionevolmente propongono che la Russia intensifichi l’invio di armi ai combattenti curdi anti-SIIL, con l’approvazione sottintesa che in parte finiscano al PKK per utilizzarle contro l’esercito turco. È un piano efficace e pragmatico, e in realtà non ha nemmeno bisogno di un cambio della politica di Mosca, dato che aiuto viene già dato ad alcuni gruppi curdi nell’ambito della cooperazione nella lotta anti-SIIL. L’insurrezione curda non è scomparsa quando Erdogan l’ha involontariamente portata alla luce, questa estate, come strumento di propaganda elettorale, ed è ancora forte, anche dopo le elezioni che l’hanno spaventato a tal punto che potrebbe aver ordinato l’attentato contro il co-presidente del pro-curdo HDP, Selahattin Demirtas. Quindi, se la Russia decide d’infliggere una risposta asimmetrica alla Turchia con il rafforzamento del sostegno indiretto al PKK e di altri curdi contro il governo turco, o interrompendo le forniture di gas del Blue Stream provocando una ribellione intensificata, allora potrebbe certamente infliggere pesanti danni strategici ad Erdogan, aumentando la probabilità di un colpo di Stato militare in Turchia (spiegato in dettaglio in un altro articolo accessibile qui: orientalreview.org/2015/10/09/the-new-middle-east-russian-sty... e/o creando un Kurdistan indipendente. Detto questo, gli Stati Uniti sono tradizionalmente la potenza extra-regionale maggiormente interessata al Kurdistan, vedendo il possibile Stato come un ‘Israele geopolitico’ da cui poter contemporaneamente influenzare regioni come Turchia, Iran, Iraq e Siria. La rotta strategica di uno Stato curdo è complicata dalla campagna anti-SIIL, tuttavia molti curdi si dimostrano pragmatici nella cooperazione con Russia e Iran contro tale minaccia comune. La positiva cooperazione multipolare, nella quale ognuno di questi Paesi si impegna con i curdi, sfida la prevedibile egemonia degli Stati Uniti su di loro e sul loro territorio, e quindi qualsiasi futura entità politica indipendente curda potrebbe teoricamente passare dal campo unipolare a quello multipolare. A questo punto, dati gli sviluppi diplomatici degli ultimi due mesi, la fedeltà di un futuro Stato curdo (a prescindere dai confini attuali presenti solo in Turchia e/o in Iraq) è totalmente in gioco, ed è impossibile prevedere con precisione come andrà a finire. L’ambiguità strategica che comporta significa alcune cose per Stati Uniti e Russia. Per gli Stati Uniti, indica che il tempo sta per scadere nel sostenere l’indipendenza del Kurdistan, prima di perdere l’iniziativa strategica a favore della Russia, che potrebbe volgersi in questa direzione (formale o meno) a gran dispetto geopolitico della Turchia. Mosca, come appena detto, sembra incline a colpire Ankara laddove fa più male, sostenendo l’insurrezione curda in un modo o nell’altro. Tuttavia non è ancora noto come avverrebbe, e se la Russia perseguirebbe questa strategia come vendetta a breve termine o se fino al riconoscere l’indipendenza curda, sempre se questo possa mai essere realizzato. Certo, la Russia non avrebbe fatto nulla che potesse mettere in pericolo l’integrità territoriale degli alleati siriani, iracheni e iraniani, ma se i curdi turchi contenessero le ambizioni esclusivamente entro i confini della rivale storica della Russia, allora la Russia potrebbe adattarsi a questa realtà, soprattutto se ci si astenesse da un’indipendenza giuridica, invece cercando una sorta di Stato federativo o autonomo nella Turchia unificata (che potrebbe essere realistico solo con un’insurrezione intensificata e/o con un colpo di Stato ad Ankara).

Accordarsi sul Kurdistan
Dopo aver spiegato tutto questo, è ormai chiaro che si stia creando una notevole convergenza di interessi strategici tra Stati Uniti e Russia sul Kurdistan turco. Comprendendo i calcoli mutevoli della Russia verso questo argomento, in risposta all’aggressione della Turchia, non va esclusa la possibilità che la rivelazione della Reuters sia in realtà un’apertura strategica alla Russia. Washington potrebbe inviare il segnale di voler parlare con Mosca su una cooperazione in tal senso, sapendo che ognuno ha forse interesse, ora, nell’ascesa alla ribalta mondiale del proto-Stato. Una visione condivisa, probabilmente sviluppata ora che una nuova guerra fredda sulla fedeltà del Kurdistan potrebbe essere combattuta una volta che l’entità sia giuridicamente formalizzata (come Stato indipendente o entità autonoma modellata sul governo regionale curdo in Iraq), e con le due grandi potenze che dovranno mettere da parte certe differenze accordandosi prima che ciò accada. Tale forte segnale poterebbe essere discretamente e segretamente comunicato alla Russia attraverso canali diplomatici e d’intelligence sicuri, ma il motivo per cui viene reso pubblico su Reuters, l’agenzia globale, è perché gli Stati Uniti vogliono inviare un segnale anche alla Turchia. Nonostante sia al suo fianco sulla questione, sul piano pubblico globale anche gli Stati Uniti “pugnalano alla schiena l’alleato”, citando il Presidente Putin, facendo sapere volutamente che il jet russo è stato abbattuto nello spazio aereo siriano. Non è una novità che gli Stati Uniti siano scontenti di Erdogan, che non si comporta più nel modo sottomesso del passato, rifiutandosi di seguirli ciecamente sui precedenti piani d’invasione della Siria (resi inutili dall’intervento antiterrorismo russo), e quindi cerca di trasmettere il messaggio di averne abbastanza dei suoi giochi e ora ne segue uno proprio, in cambio. Naturalmente, gli Stati Uniti manipolano la Turchia da quando è entrata nella NATO e ha permesso agli statunitensi di operare dalla base aerea di Incirlik, ma questa volta il tradimento è a un livello superiore, lanciando implicitamente suggerimenti alla Russia, nuova nemica della Turchia (solo perché gli Stati Uniti hanno spinto la Turchia a prendere misure aggressive contro di essa), desiderando collaborare nel minare il controllo di Ankara sul suo sud-est instabile.

Conclusioni
Si può tranquillamente presumere che gli Stati Uniti abbiano spinto la Turchia ad abbattere il jet russo sullo spazio aereo siriano, prevedendo molto accuratamente che ciò avrebbe immediatamente deteriorato i legami tra i due Stati. Una previsione elementare delle contromisure che la Russia può adottare prevede che probabilmente riguardino economia, diplomazia ed energia, proprio quello che gli Stati Uniti vogliono. Data l’aggressione della Turchia alla Russia, il partenariato strategico tra i due è ora spezzato (anche se non necessariamente in modo irreversibile), e Ankara è il quarto e forse geopoliticamente il più significativo membro della coalizione anti-russa Intermarum. Inoltre, Turkish Stream sembra sospeso indefinitamente, ritardando così il perno della Russia nei Balcani. Mentre la conseguenza ‘non intenzionale’ della crisi era prevedibile ed assolutamente legittima, la decisione della Russia di schierare il sistema S-400 in Siria, in un certo senso gioca sulla rivalità turco-russa manipolata che gli Stati Uniti vogliono produrre per consolidare il piano Intermarum e contemporaneamente contrastare la crescente influenza della Russia in Medio Oriente. La reazione che nessuno avrebbe potuto prevedere, tuttavia, sono gli Stati Uniti che volutamente dicono alla Reuters di supportare la versione russa degli eventi, cioè che l’aviogetto antiterrorista è stato abbattuto mentre sorvolava lo spazio aereo siriano. Tale piano, completamente in conflitto con ciò che USA e NATO hanno detto in pubblico, dimostra che gli Stati Uniti hanno avuto abbastanza tempo per giocare con lo scenario dell’abbattimento dell’aereo con largo anticipo, riprendendo il gioco sinistro del divide et impera contro Turchia e Russia. Mettendola nella posizione in cui i suoi decisori debbano sgomitare per trovare risposte all’inaudita aggressione, la Russia può ora facilmente essere indotta a sostenere la lotta per la sovranità curda (sia formalmente indipendente o de facto) in Turchia, coincidendo con i principali piani geopolitici degli Stati Uniti. Dal punto di vista statunitense, una Turchia divisa è doppiamente utile ai grandi piani strategici: mentre le forze armate turche filo-NATO resterebbero essenzialmente intatte, gli Stati Uniti potrebbero avere una grande base per la loro forza di proiezione (soft e hard) proprio tra gli Stati più importanti della regione.

Non possono, però, portare avanti completamente il piano, a meno che non abbiano il sostegno del leader diplomatico del mondo multipolare, la Russia, altrimenti il Kurdistan sarebbe illegittimo come il Kosovo e non potrebbe costituirsi se Mosca e Teheran lavorassero per fermarlo. Dal punto di vista russo, le indicazioni degli Stati Uniti sono effettivamente assai attraenti. L’incremento del sostegno russo ai combattenti curdi anti-SIIL sarebbe plausibilmente confutabile ma strategicamente un ovvio mezzo per inviare armi e attrezzature al PKK anti-turco. Indebolire la Turchia dall’interno sarebbe una forte risposta asimmetrica per un Paese che ultimamente è la principale spina nel fianco di Mosca, e potrebbe creare le condizioni per un colpo di Stato militare contro Erdogan, il distacco tra lui e Davutoglu (che potrebbe essere usato a vantaggio diplomatico della Russia finché la Costituzione rimane invariata e Davutoglu resta legalmente più potente di Erdogan), o l’indebolimento di Erdogan e il rientro dalle posizioni anti-russe e anti-siriane. È importante sottolineare che la nascita di un’entità curda indipendente o semi-indipendente in Turchia potrebbe creare un’allettante tessera geopolitica nella nuova guerra fredda ma, naturalmente, sarebbe contesa tra i mondi multipolare e unipolare. Ancora, tuttavia, rappresenterebbe uno sviluppo multipolare positivo in Medio Oriente, dato che nell’attuale situazione la totalità del territorio turco è sotto controllo unipolare. Se la gran parte di esso divenisse improvvisamente oggetto di concorrenza tra i due blocchi, allora sicuramente sarebbe un avanzata strategica a scapito dell’unipolarità. Di pari importanza, ciò avrebbe impatto significativo sullo Stato turco e sul governo al potere, rendendoli suscettibili a ritornare al precedente rapporto pragmatico con la Russia e forse anche a far risorgere il Turkish Stream. Pertanto la Russia, sorprendentemente, non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare nel sostenere segretamente la causa curda in Turchia, per la piena indipendenza o l’autonomia relativamente più contenuta, anche se ciò è un obiettivo degli Stati Uniti e avviene in semi-coordinamento con essi. La Turchia sarebbe subito sulla difensiva (anche se potrebbe cercare disperatamente di rispondere sostenendo i terroristi tartari in Crimea) e il mondo multipolare avrebbe la possibilità di competere per la lealtà di un’entità dalla posizione ultra-strategica e le conseguenze che ci sarebbero per il governo turco (se resta intatto o cambia tramite un colpo di Stato [militare]) potrebbero ricreare le condizioni politiche per la fattibilità del Turkish Stream.

Andrew Korybko
25 novembre 2015

Traduzione: Alessandro Lattanzio (rivista da Wheaton80)
Fonte: orientalreview.org/2015/11/25/whys-the-us-hanging-turkey-out...

aurorasito.wordpress.com/2015/11/25/perche-gli-usa-prendono-le-distanze-dalla-...
[Modificato da wheaton80 28/11/2015 17:21]
03/12/2015 15:21
 
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Il gran colpo di Putin

Il padrone del Cremlino toglie i curdi agli statunitensi per sigillare il confine siriano ai turchi? Ciò è visibilmente in corso di realizzazione… Piaccia o no, è difficile non riconoscergli un genio strategico da Richelieu o Sun Tzu. Secondo i precetti del judo che ama così tanto, Vladimir “Abracadabra” Putin riporta sempre tutto a proprio vantaggio, cosa che finisce per essere sconfortante per i suoi avversari. La reazione russa alla “pugnalata alla schiena” di Ben Erdogan ha già stupito per velocità e dimensioni. Inoltre non è finita perché ora veniamo a sapere che la cooperazione scientifica tra i due Paesi è sospesa (http://www.hispantv.com/newsdetail/Rusia/77280/sanciones-rusia-turquia-cooperacion-cientifica-sukhoi) e più di 1.000 camion turchi sono bloccati alla frontiera (http://www.hispantv.com/newsdetail/Rusia/77268/rusia-sanciones-turquia-camiones-sukhoi). Inoltre, il Turkish Stream potrebbe essere congelato dai russi, se si crede a Gazprom (http://www.reuters.com/article/2015/12/01/us-mideast-crisis-russia-turkey-gas-idUSKBN0TK4WY20151201#64zZzlXVZB3Em4zy.97). Ma è ovvio che Mosca provi anche a ribaltare la situazione a suo vantaggio strategico. Informazioni emergono e non sono brutte… La Russia avrebbe iniziato a concordare con le YPG curde in Siria l’interruzione del traffico tra Stato islamico e Turchia, cambiando drammaticamente la situazione strategica (http://www.aljazeera.com/blogs/europe/2015/11/russia-hits-turkey-changing-syria-game-151129172933416.html). Avevamo già detto più volte ciò che allora era solo una possibilità; a causa dell’incidente del Sukhoj questa diveniva sempre più certa, con gran danno del sultano, che avrà da rimpiangere per molto, molto tempo, il suo momento di follia. Alcune spiegazioni sono necessarie per misurare l’importanza della cosa. Ma prima una cartina:



Dopo i fallimenti del SIIL nell’affrontare i curdi ad Hasaqa e Ayn al-Arab, le vie di comunicazione con lo sponsor turco si riducono a una porta di circa 80 km, da est di Azaz a Jarabulus sull’Eufrate (i due puntini rossi sulla mappa). Come si vede, le YPG curde, nemesi di Ankara, che le considera “terroristi”, si trovano su entrambi i lati sognando di riunire i loro territori (che chiamano per ora “curdi dell’est e curdi dell’ovest”). Il sultano aveva deciso la linea rossa da non superare per i curdi siriani: l’Eufrate, oltre il quale gli aerei turchi non esitano a bombardarli, cosa successa più volte. Il problema è che le YPG dovrebbero essere alleate degli Stati Uniti, alleati della Turchia. In breve, un vortice in cui Putin va liscio come sul velluto; ci ritorneremo. Quando in estate si parlava dell’operazione curda per prendere Jarabulus ed interrompere i rifornimenti al SIIL, Ankara minacciò d’intervenire militarmente. Infine fu raggiunto un accordo tra statunitensi e turchi. I primi garantivano ai secondi l’annullamento dell’operazione in cambio degli aviogetti statunitensi basati a Incirlik. Dov’erano quando il Sukhoj fu abbattuto… Se i “curdi dell’est” di Ayn al-Arab non si erano mossi, né avevano attraversato l’Eufrate, i “curdi dell’ovest” si mossero combattendo nella pianura a nord di Aleppo… supportati dai bombardamenti russi! Le YPG hanno preso il controllo di diversi villaggi a due passi dal confine con la Turchia, minacciando i rifornimenti ai terroristi moderati (al-Qaida e Ahrar al-Sham). Ciò che si profila all’orizzonte è un movimento a tenaglia tra i “curdi dell’est” che attraversano l’Eufrate e i “curdi dell’ovest” protetti dai famosi S-400 russi, che abbatteranno gli aerei turchi come mosche se si avventurassero nella regione. Gli statunitensi, imbrogliati in alleanze totalmente contraddittorie, sono paralizzati e Putin se ne compiace dannatamente. Se Mosca supporta le YPG, Washington non solo non farà nulla, ma neanche dirà nulla, in quanto le milizie curde erano sue teoriche alleate. Ancora una volta, Barack friggerà vedendo con orrore i russi portarsi via i suoi alleati. Vladimir Vladimirovich vede più lontano chiedendo ad Assad e PYD (partito curdo ombrello delle YPG) di unirsi. I curdi acconsentono da qualche tempo; finora è Assad a non esserne molto entusiasta, ma è obbligato da Mosca con la campagna aerea lanciata due mesi fa. L’alleanza, che sembra già esserci in campo militare in assenza di un accordo politico formale, sarebbe un colpo mortale a SIIL e altri terroristi moderati cari all’occidente, uno schiaffo ai turchi e terribilmente imbarazzante per gli statunitensi.

Fonte: www.chroniquesdugrandjeu.com/2015/12/le-grand-coup-de-pout...
1 dicembre 2015

Traduzione di Alessandro Lattanzio (rivista da Wheaton80)
aurorasito.wordpress.com/2015/12/02/il-gran-colpo-di-putin/
[Modificato da wheaton80 03/12/2015 15:23]
20/08/2016 23:46
 
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Hasakah: Tramonta il progetto statunitense di uno Stato curdo-siriano

La situazione nel nord-est assiro della Siria si è improvvisamente riscaldata nelle ultime 48 ore, quando unità di milizie collegate ai movimenti curdi hanno ripreso ad attaccare postazioni e sedi di organizzazioni governative siriane, in primis l’Esercito regolare e la milizia popolare NDF (Comitati Popolari di Difesa). Simili scontri si erano verificati anche nei mesi precedenti e avevano creato un certo grado di allarme nel campo governativo che, dopo aver speso denaro, armi e munizioni per sostenere i curdi in funzione anti-ISIS, ha iniziato a temere che costoro mirassero a creare una “zona franca” nella speranza di fondare un embrione di “Stato”. L’interesse americano al sostegno delle aspirazioni curde, del resto, andava nel senso di una continua ricerca di parcellizzazione e settarizzazione della Siria, quantomeno nella sua parte ‘curda’, qualora il disegno dell’instaurazione di un califfato sunnita al posto del governo laico, socialista e nazionale di Assad non fosse andato in porto (ipotesi ormai quasi irrealizzabile visto il forte sostegno dato a Damasco da Mosca, Teheran e, recentemente, anche da Beijing). Tuttavia, dopo un primo momento di sorpresa, le forze governative siriane si sono riorganizzate e hanno risposto alle bande curde (più che altro dotate di armi individuali e di squadra, e prive di qualsiasi cosa di più pesante di una ‘tecnica’ o di un mortaio), mobilitando artiglieria e mezzi corazzati e, nella giornata di ieri, anche i cacciabombardieri e i bombardieri medi della SAAF. Bisogna ricordare che ad Hasakah e in provincia la popolazione è in prevalenza assira e che comunque i curdi non rappresentano più del 9 per cento della popolazione siriana.

Inoltre in quelle che sommariamente i giornalisti occidentali chiamano ‘milizie curde’ si trovano a combattere anche molte migliaia di siriani arabi che semplicemente non si trovavano nella condizione di aderire a una formazione governativa tra il 2012 e il 2013. Infatti, poco dopo lo scoppio degli scontri con i governativi, già si diffondeva la notizia che centinaia di miliziani arabi dell’SDF e di altre formazioni filocurde disertavano con tutte le loro armi ed equipaggiamenti chiedendo di poter entrare nelle forze regolari o ausiliarie di Damasco. In seguito ai bombardamenti aerei siriani sulle posizioni curde, l’Aeronautica Americana faceva decollare suoi jet da basi in Turchia (evento confermato in una conferenza stampa ufficiale dal portavoce del Pentagono, il Capitano Jeff Davis), ma senza “riuscire” a intercettare i velivoli di Assad. Ora, perché dei caccia in configurazione da intercettazione non “riescano” a raggiungere e colpire dei lenti bombardieri medi impegnati a colpire bersagli al suolo è necessario che i primi abbiano la strada sbarrata da un poderoso “ombrello” di radar e di siti missilistici antiaerei. Visto che Hasakah, nel nord-est della Siria, non è un’area dove siano state installate batterie missilistiche russe, vuol dire che lo scudo antiaereo di Assad non é né così usurato né così inefficiente come la propaganda occidentale ha voluto ansiosamente dipingerlo. Nel frattempo, nella città capoluogo della provincia, i curdi hanno subito gravi perdite, con la distruzione di diversi loro veicoli armati tra il Parco Gerusalemme e la zona delle “Ville Rosse”, e hanno dovuto abbandonare molte località e zone in cui erano schierati alle forze regolari.

Paolo Marcenaro
20 agosto 2016
www.opinione-pubblica.com/hasakah-tramonta-il-progetto-di-uno-stato-curdo-...
20/08/2016 23:51
 
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Obama suona la ritirata. Invasori americani del suolo siriano fuggono precipitosamente dai dintorni di Hasakah

Come abbiamo già scritto su questo blog e su "L'Opinione Pubblica", non esiste possibilità che due caccia dell'USAF in configurazione da intercezione, sparati a tutta canna verso lo spazio aereo di Hasakah, non siano riusciti a individuare e colpire due pesanti e lenti Sukhoi-24 in configurazione da bombardamento (quindi con tutti i piloni esterni gravidi di armi che li rallentavano e ne storpiavano l'aerodinamica) perdipiù impegnati in attacchi al suolo, quindi costretti a volare lentissimi per inquadrare meglio i bersagli a terra. La dichiarazione-non-spiegazione del Pentagono non sta in piedi se non si considera il fatto che i due intercettori americani si siano trovati davanti un ombrello di radar e di batterie missilistiche antiaeree tutt'altro che obsoleto, usurato o inefficiente come la propaganda NATO pretende di descrivere quello siriano. Cosa ancor più evidente se si considera che Hasakah non é certo zona in cui i russi abbiano impiantato loro difese antiaeree. La conferma di quanto prima ci azzardavamo soltanto a ipotizzare é arrivata con l'annuncio che i "consiglieri delle forze speciali" a stelle e strisce si sono rapidamente ritirati dai dintorni di Hasakah, evidentemente per paura di venire coinvolti nei bombardamenti governativi contro i traditori curdi. Infatti se gli Yankee avessero mano libera non avrebbero esitato a inviare degli interdittori per una missione di soppressione antiaerea e quindi mettersi a dare la caccia ai bombardieri siriani, ma sanno che una simile mossa scatenerebbe la reazione immediata delle forze russe nel teatro siriano. La presenza dei russi ha completamente cambiato i rapporti di forza nell'area: se poco meno di tre anni fa gli USA coi cagnetti della NATO a rimorchio si preparavano a bombardare la Siria per "abbattere Assad" (minaccia poi sventata diplomaticamente) ora nemmeno uno 'strike' minore contro un sito radar o "SAM" é più possibile e Obama non ha altra scelta se non masticare amaro e ritirare i suoi "rambo" dal territorio in cui avevano illegalmente messo piede sperando nell'impunità.

Suleiman Kahani
20 agosto 2016
palaestinafelix.blogspot.it/2016/08/obama-suona-la-ritirata-invas...
18/10/2019 17:26
 
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Il Kurdistan immaginato dal colonialismo francese

A eccezione del principe Rewanduz, il popolo kurdo non ha mai sognato l’unificazione. Nel XIX secolo Rewanduz, ispirandosi al concetto tedesco di Nazione, progettava di unificare prioritariamente la lingua dei kurdi. Ancor oggi esistono molte lingue che determinano una separazione molto netta fra i clan kurmanji, sorani, zazaki e gurani. Secondo documenti che per primo ha studiato l’intellettuale libanese Hassan Hamadé, che ora ha scritto un sorprendente saggio, nel 1936 il Presidente del Consiglio dei Ministri francese, Léon Blum, negoziò con il Capo dell’Agenzia Ebraica, Chaim Wiezmann, e con i britannici la creazione di un Grande Stato di Israele che si sarebbe esteso dalla Palestina all’Eufrate, comprendente quindi Libano e Siria, all’epoca protettorati francesi. Il progetto fallì per la furiosa opposizione dell’Alto Commissario francese per il Levante, il conte Damien de Martel. All’epoca, Francia e (probabilmente) Regno Unito miravano a creare uno Stato kurdo a est dell’Eufrate. La questione kurda tornò a essere prioritaria con il Presidente francese François Mitterrand. In piena guerra fredda la moglie Danielle divenne la “madre dei kurdi” [del clan dei Barzani]. Il 14 e 15 ottobre 1989 Danielle Mitterrand organizzò a Parigi un congresso dal titolo «I kurdi: l’identità culturale, il rispetto dei diritti dell’uomo». Elle joua un rôle dans l’attribution mensongère de la mort des Kurdes du village d’Halabja durant la guerre Iraq-Iran à la cruauté du président Saddam Hussein La moglie di Mitterrand svolse anche un ruolo di primo piano nella attribuzione menzognera della morte dei kurdi del villaggio di Halabja durante la guerra fra Iraq e Iran alla crudeltà del Presidente Saddam Hussein; rapporti dell’US Army hanno invece stabilito che, nel corso di una terribile battaglia, gas iraniani sono stati trasportati dal vento [1]. Nel 1992 Danielle Mitterrand prese altresì parte alla creazione di un governo fantoccio kurdo, nella zona irachena occupata dagli anglosassoni.


Una delegazione kurda è ricevuta all’Eliseo dal Presidente francese François Hollande e dal Ministro degli Esteri dell’epoca, Jean-Yves Le Drian; presente anche Bernard-Henri Lévy, organizzatore dei disastri di Tunisia, Egitto e Libia


L’Alto Commissario francese per il Levante, generale Henri Gourraud, recluta, con l’ausilio dei turchi, 900 uomini del clan kurdo dei Millis per reprimere la ribellione nazionalista araba ad Aleppo e Raqqa. Questi mercenari combatteranno come gendarmi francesi sotto la bandiera che diventerà l’attuale vessillo dell’Esercito Siriano Libero (telegramma del 5 gennaio 1921). Fonte: Archivi dell’esercito francese


Il 4 febbraio 1994 il Presidente Mitterrand riceve una delegazione kurda di membri del PKK turco


Il 31 ottobre 2014, sotto il portico dell’Eliseo, mentre il Presidente francese François Hollande riaccompagna il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Un altro ospite è appena uscito dalla porta di servizio, il kurdo filo-turco Salih Muslim

Nel 2011, durante la Presidenza di Nicolas Sarkozy, Alain Juppé stipulò un Protocollo segreto con la Turchia per creare uno pseudo-Kurdistan. La Siria non reagì. Il 31 ottobre 2014 il Presidente François Hollande ricevette ufficialmente all’Eliseo il Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdoğan e, ufficiosamente, il co-Presidente dello YPG, Salih Muslim, per mettere a punto lo smembramento della Siria. I combattenti kurdi cessarono di riconoscersi siriani e iniziarono una lotta per conquistare una patria propria. Immediatamente la Siria smise di versare loro lo stipendio.


Alla fine della battaglia di Kobane, François Hollande cambia campo e, per rimarcare il proprio sostegno ai kurdi, l’8 febbraio 2015 riceve all’Eliseo una delegazione filo-USA dello YPG

Dopo alcuni mesi però il Presidente Barack Obama richiama la Francia all’ordine: Parigi non può negoziare uno pseudo-Kurdistan per alimentare i vecchi sogni coloniali, può farlo solo il Pentagono, che deve mettere in atto il piano etnico Rumsfeld/Cebrowski. Hollande si piega e riceve una delegazione kurda di combattenti filo-USA di Aïn al-Arab (Kobané, in lingua kurda). La Turchia invece rifiuta di sottomettersi a Washington. È l’inizio di una lunga divergenza tra i membri dell’Alleanza Atlantica. Ritenendo che il voltafaccia dei francesi violi l’accordo del 31 ottobre 2014, i servizi segreti turchi organizzano insieme a Daesh gli attentati del 13 novembre 2015 contro la Francia e del 22 marzo 2016 contro il Belgio, a sua volta allineatosi a Washington [2]. Il Presidente Erdoğan aveva annunciato senza giri di parole gli attentati contro il Belgio e la stampa al suo servizio li rivendicò. Infine, Salih Muslim organizza la coscrizione obbligatoria dei giovani kurdi e costruisce la propria dittatura; Ankara emette un mandato di arresto contro di lui.


Decreto di kurdizzazione forzata del nord della Siria. Il documento, divulgato dalle vittime assiro-cristiane, dimostra la pulizia etnica compiuta dalle FDS, inquadrate dagli USA

In ottobre 2015 il Pentagono crea le Forze Democratiche Siriane (FDS), unità di mercenari kurdi, turchi e siriani, nonché di alcuni arabi e cristiani. La pulizia etnica può essere così organizzata senza assumersene pubblicamente la responsabilità. Le FDS espellono le famiglie arabe, nonché quelle cristiano-assire. Combattenti venuti da Iraq e Turchia s’installano nelle case di questa gente e prendono possesso delle loro terre. L’arcivescovo cattolico-siriaco di Hassaké-Nisibi, Monsignor Jacques Behnan Hindo, dichiarerà di aver sentito più volte leader kurdi parlare di un piano di estirpazione dei cristiani del “Rojava”. Le forze speciali francesi assistono senza fiatare a siffatti crimini contro l’umanità. Il 17 marzo 2016 l’autonomia del “Rojava” (pseudo-Kurdistan in Siria) è dichiarata [3]. Temendo l’unione tra il PKK turco e il clan Barzani iracheno, che aprirebbe la strada alla creazione di un Grande Kurdistan, il governo iracheno invia armi al PKK per rovesciare i Barzani. Segue una serie di assassinii di personalità kurde a opera di clan tra loro rivali. A fine 2016 il ritiro parziale dell’Esercito Russo e la successiva liberazione di Aleppo da parte dell’Esercito Arabo Siriano determinano il rovesciamento definitivo delle sorti della guerra. Coincidono con l’arrivo alla Casa Bianca, a gennaio 2017, del Presidente Donald Trump, il cui programma elettorale prevedeva di mettere fine alla strategia Rumsfeld/Cebrowski, di cessare il sostegno massiccio agli jihadisti, nonché il ritiro dalla Siria della NATO e delle truppe USA. Dal canto suo la Francia favorisce la partenza per il “Rojava” di giovani combattenti anarchici, convinti di andare in difesa della causa kurda e invece mandati a combattere per l’Alleanza Atlantica [4]. Tornati in Francia, si riveleranno altrettanto incontrollabili dei giovani jihadisti francesi.

Secondo la DGSI (intelligence interna) uno di questi combattenti tenterà di abbattere un elicottero della gendarmeria durante l’evacuazione dell’aeroporto di Notre-Dame-des-Landes [5]. A giugno 2017 il Presidente Trump autorizza un’operazione congiunta dell’Esercito Arabo Siriano (comandato dal Presidente Bashar al-Assad) e delle FDS (ovvero dei mercenari kurdi filo-USA) per liberare Raqqa, la capitale di Daesh [6]. La guerra è finita, ma né Francia né Germania vi si rassegnano. Progressivamente, il controllo dello YPG sfugge agli Stati Uniti, che finiscono per disinteressarsene. L’organizzazione diventa così un giocattolo dei francesi, allo stesso modo dei Fratelli Musulmani, marionette nelle mani dei britannici. La Turchia fa allora pubblicare dall’agenzia ufficiale Anadolu Agency la mappa delle basi militari francesi in “Rojava”, portate a nove da Emmanuel Macron. In precedenza si conosceva soltanto quella del gruppo cementiere Lafarge. Così facendo, Ankara vuole dimostrare che, contrariamente alle dichiarazioni ufficiali e a differenza degli Stati Uniti, la Francia continua a essere favorevole alla divisione della Siria. A febbraio 2018 l’ambasciatore della Federazione Russa all’ONU, Vassily Nebenzia, rivela che i kurdi siriani hanno amnistiato 120 leader di Daesh e li hanno assorbiti nello YPG. Da settembre 2018 il Presidente Trump prepara il ritiro delle truppe USA da tutta la Siria [7]. L’abbandono del “Rojava” è condizionato all’interruzione della strada iraniana che potrebbe attraversare il territorio per raggiungere il Libano. In agosto il Presidente Erdoğan s’impegnerà a provvedervi. I GI’s sovrintendono alla distruzione delle strutture difensive dei kurdi. Il 16 settembre Russia, Turchia e Iran raggiungono un accordo. Da questa data la fine dello pseudo-Kurdistan diventa imminente. Non comprendendo quanto sta accadendo, la Francia è sbalordita quando le truppe turche invadono brutalmente lo pseudo-Stato autonomo e di fronte alla popolazione che fugge dal territorio illegalmente occupato.


Questa mappa è stata pubblicata a gennaio 2019 da Anadolu Agency. In essa sono segnate nove basi francesi, otto delle quali fatte installare dal Presidente Emmanuel Macron


Innamorato della propria immagine e totalmente disconnesso dalla realtà, Jean-Yves le Drian garantisce dal palcoscenico televisivo di France2 che la Francia persegue i propri obiettivi in Siria senza correre rischi

Invitato dal telegiornale di France2, il 10 settembre il Ministro degli Esteri Jean-Yves le Drian cerca di rassicurare i francesi sulle conseguenze del fiasco. Assicura che la Francia ha il controllo della situazione: gli jihadisti detenuti in “Rojava” non saranno liberati ma giudicati sul posto, benché in questo pseudo-Stato non ci siano istituzioni. Prosegue affermando che il Presidente Erdoğan minaccia a vuoto la Francia. Si rifiuta infine di rispondere a una domanda sulla missione che sul posto può svolgere l’Esercito Francese, in piena disfatta. Non si conosce quale sarà la sorte degli jihadisti prigionieri e delle popolazioni civili che hanno sottratto questa terra ai legittimi proprietari; non si hanno altresì notizie dei soldati delle nove basi militari francesi, presi tra due fuochi: da un lato l’Esercito Turco, tradito dal Presidente Hollande, dall’altro lo YPG, che il Presidente Macron ha abbandonato e i cui membri hanno di nuovo dichiarato fedeltà alla Repubblica Araba Siriana.

Note
[1] www.nytimes.com/2003/01/31/opinion/a-war-crime-or-an-act-of-... - Stephen C. Pelletiere, The New York Times, January 31, 2003
[2] Secondo gli esperti di antiterrorismo, questi attentati non sono stati compiuti con modalità operativa paragonabile a quella di altri attentati rivendicati da Daesh: indicano un’organizzazione militare minuziosa, fanno pensare a un atto di guerra perpetrato da uno Stato. www.voltairenet.org/article190954.html - Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 18 marzo 2016, traduzione di Matzu Yagi
[3] www.voltairenet.org/article190862.html - Réseau Voltaire, 17 mars 2016
[4] www.voltairenet.org/article197892.html - Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 15 settembre 2017, traduzione di Rachele Marmetti
[5] “Ces revenants du Rojava qui inquiètent les services de renseignement”, Matthieu Suc et Jacques Massey, Médiapart, 2 septembre 2019
[6] www.independent.co.uk/voices/syria-isis-russia-kurdish-ypg-happening-in-secret-a7857... - Robert Fisk, The Independent, July 24, 2017
[7] www.washingtonexaminer.com/policy/defense-national-security/trump-eyeing-arab-boots-on-the-ground-to-counter-iran-... - Travis J. Tritten, Washington Examiner, September 29, 2018

Thierry Meyssan

Traduzione: Rachele Marmetti
16 ottobre 2019
www.voltairenet.org/article207945.html?fbclid=IwAR2JujNIuOPKzppC4OGJkjH23vqaTIXC8jM9iklxjHw1O3SADmM...
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