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Primato di Pietro

Ultimo Aggiornamento: 29/01/2011 16:54
29/01/2011 16:34
 
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IL PRIMATO DI PIETRO


“Non sono pochi, anche tra i cattolici, quelli che mettono in dubbio il Primato della Chiesa romana, basato sul mandato che Cristo stesso affidò a Simon Pietro: "E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa" (Mt 16,18). Eppure, esistono documenti extrabiblici che attestano e testimoniano come, sin dalla fine del primo secolo, nelle comunità cristiane fosse viva la consapevolezza di una Chiesa strutturata gerarchicamente, con al vertice il vescovo di Roma, ovvero il Papa. La prova sta in una lettera di Papa Clemente I, scritta sul finire del primo secolo, pervenutaci sia attraverso il Codice Biblico Alessandrino (V sec.), sia attraverso il Codice Greco 54 (XI sec.), custodito a Gerusalemme. Ecco i fatti. Nella comunità di Corinto alcuni fedeli avevano sollevato una sedizione contro i capi della Chiesa locale e l'eco di tali disordini, sfociati nella ingiusta rimozione di alcuni presbiteri, era arrivata sino alla Chiesa di Roma, che stava subendo la persecuzione di Domiziano. La lettera di Clemente I si riferisce proprio a questa persecuzione, da poco terminata quando il Papa mette mano allo scritto, per giustificare il fatto di "aver troppo tardato a dirimere alcune questioni che sono in discussione tra voi". Come potrebbe dirimere alcunché - ci domandiamo chi non ha la necessaria autorità? E perché mai dovrebbe farlo il vescovo di Roma, se ha già i suoi bravi problemi dovuti alle continue persecuzioni? La Chiesa di Corinto, oltretutto, si trovava molto lontana da Roma, ma evidentemente il Papa avverte il suo intervento come un dovere. Dovere che, a nostro avviso, nasce dalla consapevolezza di sedere sulla cattedra di Pietro e di possedere, per ciò stesso, una indiscussa autorità sulla Chiesa universale. Sta di fatto che il vescovo di Roma, sicuro di essere ascoltato, richiama all'ordine i ribelli e li ammonisce, ricordando loro la responsabilità che hanno di fronte a Cristo: "Ma se qualcuno non obbedisce a ciò che per nostro tramite Egli [Cristo] dice, sappiamo che si vedrà implicato in una colpa e in un pericolo non indifferente. Noi però saremo innocenti di questo peccato". Il richiamo all'obbedienza da parte del Papa è significativo al pari delle minacce spirituali riservate a chi disobbedisce. Siamo di fronte, indubbiamente, ad un gesto di correzione fraterna da parte di chi deve confermare i suoi fratelli nella fede, ma anche alla consapevolezza della propria responsabilità sulla Chiesa intera. Da Eusebio di Cesarea (Historia Ecclesiastica, IV, 23, 11) sappiamo che tale avvertimento pontificio venne accolto, ascoltato e messo in pratica, con ciò confermando 1'autorità normativa e disciplinare di chi aveva pronunciato tale monito. Che importanza ha per noi questo documento? Enorme. Se da un lato ci dimostra che sin dalle origini e persino in comunità fondate direttamente dagli apostoli (Corinto) esistevano dissidenti e teste calde, d'altro lato questa epistola riveste il valore di prova che alla Chiesa di Roma e al suo Vescovo veniva riconosciuto il Primato sia giuridico che di governo rispetto alle altre chiese.” (cfr, Il Timone di Settembre ’99, Gianfranco Nicotra)
Ma esistono molte altre prove storiche che rispondo alla classica domanda:

PIETRO FU DAVVERO A ROMA?

Una tradizione, assai antica, ha creduto che Pietro sia andato a Roma, dove avrebbe subito il martirio sotto la persecuzione di Nerone. Per secoli questa fu la fede della Chiesa. Solo nel XIV secolo, Marsilio da Padova avanzò dubbi sul fatto che Pietro fosse stato vescovo di Roma. In seguito, larga parte del protestantesimo tentò di mettere in dubbio anche la venuta di Pietro a Roma con evidenti finalità polemiche verso la chiesa cattolica ed il vescovo di Roma.
Sebbene il Nuovo Testamento non parli chiaramente del martirio romano di Pietro, nel saluto finale della sua prima epistola Pietro dice: "La chiesa che è in Babilonia, eletta come voi, vi saluta" (1 Pietro 5, 13). Poiché l'antica Babilonia giaceva distrutta da molti secoli e in Mesopotamianon esisteva una comunità cristiana ma solo di una colonia giudaica, Babilonia deve essere per forza il nome
simbolico di Roma, nome peraltro assai amato nell'apocalittica giudaica e cristiana (Apocalisse 17-18-19).
Romano (ca. 96 d.C.) per primo parla della morte di Pietro e di Paolo, dicendo: "Per l'invidia e gelosiafurono perseguitate le più grandi e più giuste colonne le quali combatterono sino alla morte. Poniamoci dinanzi agli occhi i buoni apostoli. Pietro che per l'ingiusta invidia soffrì non uno, ma numerosi tormenti nella grande Babilonia, e così col martirio raggiunse il posto della gloria. Fu per effetto di gelosia e discordia che Paolo mostrò come si consegua il premio della pazienza …." (Clemente, 1 Corinzi V, 2-5)
Ignazio, vescovo di Antiochia, verso il 110 d.C. durante il suo viaggio verso Roma per subirvi il martirio, pur non ricordando il martirio dell'apostolo, scrive alla chiesa ivi esistente di non voler impartire loro "degli ordini come Pietro e Paolo" poiché essi "erano liberi, mentre io sono schiavo" (Ignazio, Ai Romani 4, 3).Pietro non scrisse alcuna lettera ai Romani, si deve dedurre che egli avesse loro impartito dei comandi di presenza, cioè a voce, come solevano fare gli Apostoli.
Papia di Gerapoli, verso il 130 d.C. afferma che Pietro scrisse da Roma la sua lettera (Papia in Eusebio, Storia Ecclesiastica II, 15, 2), usando il termine figurato di Babilonia per indicare Roma.
Origene (185-254) è il primo a ricordarci che Pietro fu crocifisso a Roma con il capo all'ingiù. Egli infatti scrive: "Si pensa che Pietro predicasse ai Giudei della dispersione per tutto il Ponto, la Galazia, la Bitinia, la Cappadocia e l'Asia e che infine venisse a Roma dove fu affisso alla croce con il capo all'ingiù, così infatti aveva pregato di essere posto in croce". (Origene in Eusebio, Storia Ecclesiastica III, 1, 2).
Dionigi, vescovo di Corinto, verso il 170 d.C., in una lettera parzialmente conservata da Eusebio, attribuisce a Pietro e Paolo la fondazione della chiesa di Corinto e la loro predicazione simultanea in Italia dove assieme subirono il martirio. "Con la vostra ammonizione voi (Romani) avete congiunto Roma e Corinto in due fondazioni che dobbiamo a Pietro e Paolo. Poiché ambedue, venuti nella nostra Corinto hanno piantato e istruito noi, allo stesso modo poi, andati in Italia, insieme vi insegnarono e resero testimonianza (con la loro morte) al medesimo tempo" (Dionigi in Eusebio, Storia Ecclesiastica II, 25).
Clemente Alessandrino (150-215) ricorda che, "quando Pietro ebbe predicato pubblicamente la Parola a Roma e dichiarato il Vangelo nello Spirito, molti degli ascoltatori chiesero a Marco, che lo aveva seguito da lungo tempo e ricordava i suoi detti, di metterli per iscritto." (Eusebio, Storia Ecclesiastica VI, 14).
Tertulliano (160-240) ripete che Pietro fu crocifisso a Roma durante la persecuzione neroniana, dopo aver ordinato Clemente, il futuro vescovo romano (Scorpiace XV; Sulla prescrizione degli eretici XXXII); lo stesso Tertulliano ricorda anche il martirio comune di Pietro e Paolo a Roma, sottolineando come Pietro avesse sofferto lo stesso martirio di Gesù e come Paolo fosse stato ucciso come Giovanni Battista (Sulla prescrizione degli eretici XXXVI).
Ireneo, vescovo di Lione (140-202), ricorda che "Matteo... compone il suo Vangelo mentre Pietro e Paolo predicavano e fondavano la chiesa …" e parla "… della chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo …. con questa chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve essere necessariamente d'accordo ogni chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte ….la chiesa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la tradizione che viene dagli apostoli …" (Contro le eresie III, 1-3)
Eusebio di Cesarea (260-337) ricorda come, sotto il regno di Claudio, la Provvidenza condusse Pietro a Roma per porre fine al potere di Simon Mago (Eusebio, Storia Ecclesiastica, II, 14). Egli inoltre ricorda come, a Roma, sotto l'impero di Nerone, Paolo venne decapitato e Pietro crocifisso (Eusebio, Storia Ecclesiastica, II, 25).
Girolamo (347-420) scrive che "Simon Pietro venne a Roma per debellare Simon Mago …occupò a Roma la cattedra episcopale per 25 anni, fino all'ultimo anno di Nerone …..fu crocifisso con il capo all'ingiù e i piedi rivolti verso l'alto, dichiarandosi indegno di venir crocifisso come il suo Signore" (Gli uomini illustri I).
Circa il martirio di Pietro e Paolo a Roma, le testimonianze materiali come quelle letterarie sono numerose. Clemente Romano terzo Papa, nella sua lettera ai Corinzi del 96, porta l’esempio di pazienza degli Apostoli che furono catturati a causa di invidie gelosie e discordie, quindi processati e uccisi "insieme ad una folla di eletti". Pietro, secondo lo storico Eusebio sulla base di uno scritto di Origene, venne crocifisso come gli altri cristiani nel circo di Caligola sulle pendici del colle Vaticano tra il 64 e il 67, crocifisso a testa in giù e sepolto in una tomba terragna nella necropoli esistente lungo il circo. Paolo venne decapitato nella stessa persecuzione sulla via Ostiense e sepolto nella necropoli sulla quale nel 386 venne costruita la basilica costantiniana.
Sulla tomba dei due apostoli sorse subito un piccolo monumento, una memoria, di cui parla il prete Gaio nel II secolo: "In Vaticano e sulla Via Ostiense, ti mostrerò i trofei (tombe gloriose) di coloro che hanno fondato questa Chiesa". Un discorso che è criterio guida per individuare la linea della retta tradizione mentre esprime la coscienza che la Chiesa di Roma si fonda sulla testimonianza e sul martirio dei due apostoli.
S.Pietro- scavi – Tomba di Pietro (Trofeo di Gaio sec II)

Il monumento di Pietro su cui, era convinzione comune, fosse sorta la Basilica elevata da Costantino, venne realmente trovato negli scavi condotti per volere di Pio XII tra il 1939 e il 1949. Vi si rinvenne anche un bollo recanti i nomi di Marco Aurelio e Faustina Augusta sua moglie, databile intorno al 146-161. Il piccolo monumento costruito sopra la tomba terragna di Pietro, era costituito da un’edicola con una nicchia e due colonnine, era addossato ad un "muro rosso" e diviso in due da una lastra orizzontale di travertino. In seguito era stata aggiunta, a lato dell’edicola, un piccolo ambiente di culto; nel muro superstite (detto muro "g") venne ricavato un loculo rivestito di marmo, per deporvi i resti di Pietro. In corrispondenza del loculo, sul "muro rosso", negli anni ’40 il P.Ferrua aveva trovato un frammento graffito con la scritta "Petr…eni" tradotto "Pietro è qui". Le successive ricerche di Margherita Guarducci tra il 1953-58, portarono al rinvenimento di alcune ossa di un uomo di circa 60 anni sepolto nel loculo del muro "g". Su questo muro i fedeli avevano inciso innumerevoli crittografie mistiche, preghiere e invocazioni a Cristo a Maria a Pietro, decifrati dalla stessa Guarducci (M. Guarducci – La tomba di Pietro - Rusconi 92)

LE OSSA DI SAN PIETRO SONO ANCOR OGGI NELLA SUA TOMBA SOTTO L'ALTARE PAPALE DELLA BASILICA VATICANA

Dal punto di vista storico non sono mai esistiti dubbi sulla venuta di San Pietro a Roma, sulla sua crocifissione e sulla sua sepoltura nella necropoli vaticana, a breve distanza dal luogo del martirio.Egli era giunto a Roma nell'anno 41, al tempo dell'imperatore Claudio e vi rimase, salvo una breve interruzione, fino alla morte che subì nell'anno 64, all'inizio della persecuzione di Nerone.Questo pazzo imperatore che aveva già fatto avvelenare il fratello, assassinare la madre Agrippina, la moglie Ottavia e aveva ucciso personalmente la seconda moglie Poppea in un raptus di pazzia mise a fuoco
la città di Roma.Quindi, come afferma lo storico Tacito, (per distogliere da sé l'ira del popolo ne fece ricadere la colpa sui cristiani scatenando contro di essi una feroce persecuzione.Fu durante questa persecuzione che, secondo la testimonianza di Clemente romano (Ad Chorinthios, 1, 56), nell'anno 64 Pietro subì il martirio per crocifissione proprio nel circo di Nerone che sorgeva sul colle Vaticano.Lo storico Eusebio di Cesarea ci informa che Pietro, non ritenendosi degno di morire come il suo Maestro, chiese ed ottenne di essere crocifisso con il capo all'ingiù.Il suo corpo fu seppellito nello stesso colle Vaticano, in un cimitero vicino al luogo del martirio e sulla sua tomba, divenuta subito oggetto di venerazione, i cristiani innalzarono, nel II secolo, un "trofeo" (detto di "Gaio", dal nome dello scrittore cristiano del II secolo che ne parla, come ci riferisce lo storico Eusebio) in base agli scavi effettuati negli anni '40.
Rimandando gli interessati alla lettura della ampia documentazione storica circa la tomba di Pietro a Roma, ritorniamo alle riflessioni prettamente bibliche, che mirano a chiarire Bibbia alla mano il primato di Pietro.
I profeti costituiscono con gli Apostoli la generazione dei primi testimoni che hanno ricevuto la rivelazione del piano divino e che hanno predicato il Vangelo (Lc 11,49; Mt 23,34; Mt 10,41).
Tutta la Chiesa è detta “Colonna e sostegno della Verità”.
Il non voler accettare che Pietro fu costituito “roccia” da Gesù, significa alterare pregiudizialmente e irreparabilmente tutta la realtà intorno a Cristo ed alla Sua Chiesa.
Il voler dimenticare i poteri così larghi concessi da Cristo al Primo degli Apostoli (Mc 3,13-19; Mt 10,1-4;Lc 6,12-16), è quanto meno fazioso.
Matteo dice chiaramente che Pietro è il primo degli Apostoli: “I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, 3Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, 4Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì.” (Mt 10,2), è alterare il significato della Parola e la volontà del Signore Gesù.”

Se oggigiorno si devono elencare ad esempio i componenti di una squadra di calcio, si pronunciano i numeri associati ai nomi dei giocatori, ma in questo caso se nominiamo il portiere non diciamo “primo” ma il “numero uno” poi nominiamo il “numero due” (cioè il terzino destro) e così via, si capisce chiaramente che il numero uno del portiere non gli conferisce alcuna autorità sugli altri giocatori, infatti in una squadra di calcio chi ha più autorità è il “capitano”;
nel caso degli Apostoli, non veniva menzionato il capitano ma “il primo”, Matteo avrebbe potuto elencare semplicemente i dodici nomi degli Apostoli, senza usare la parola “primo” invece preferisce usare la parola “primo” proprio per indicarci il primato di Pietro, del resto in tutto in N.T. notiamo che Pietro è sempre il primo in quasi tutti gli episodi dove vengono nominati gli Apostoli, i suoi compagni nutrivano rispetto nei suoi confronti, ad esempio quando Giovanni e Pietro corsero al sepolcro di Gesù, Giovanni (che era più giovane) arrivò per primo ma non entrò, preferì aspettare Pietro, e fu Pietro ad entrare per primo nel sepolcro.
Il non voler accettare l’autorità della Chiesa cattolica, significa spodestare la Chiesa di Dio dalla sua naturale divina autorità conferitale dal suo Divino Fondatore.
Mai si deve fare torto alla Bibbia, nella quale troviamo una grande ricchezza di espressioni. Nessuno è autorizzato a servirsi della Bibbia per distruggere la Parola di Dio; e questo avviene quando dei gruppi di credenti ricorrono ad interpretazioni parziali ed arbitrarie che la stessa Parola di Dio non consente.
Le metafore ricordate indicano la funzione di pietra fondamento benché in modo analogico.
E sappiamo che l’analogia comporta una somiglianza oggettiva, non una identità, nell’essere e nell’agire di due o più soggetti.
Infatti:
Jahvè è roccia in quanto costituisce il primo fondamento della Chiesa, di cui l’antico Israele era tipo e figura. In Lui, ossia sulla sua bontà e fedeltà poggiava la fede e la speranza dell’Israele secondo la carne; in Lui poggiano la fede e la speranza del “Nuovo Israele” (Rm 9,6-8; Gal 3,6-9,29; 4,21-31;6,8)
Cristo è Roccia in quanto, a livello storico e visibile, è la pietra d’angolo (=principale) e fondamento della comunità di salvezza, ossia della “Sua” Chiesa.
Infine la Chiesa tutta intera è detta fondamento: “Voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno (=fondamento) della verità” (1 Tm 3,14-15).

“Rileggiamo e analizziamo la frase di Gesù, Matteo 16:18:

Ed io dico a te che tu sei pietra e su questa pietra....

Ed io dico a te: E' Gesù che parla rivolgendosi a SIMONE;

che tu: sarebbe SIMONE;

sei pietra: sarebbe SIMONE;

e su questa pietra: non sapendo chi è, lo analizzeremo con la grammatica:

-e : congiunzione;

- su : preposizione;

- questa : Aggettivo dimostrativo. Indica persona o cosa vicina, materialmente o logicamente, a chi parla;

- pietra : Nome comune di cosa o di persona.

Come avete visto, "questa", taglia la testa al toro.

Ripetiamo la grammatica su "questa".
"Questa": indica personao cosa...

Nel nostro caso "questa" cosa indica?
Naturalmente: indica "PIETRA" ;

Poi la grammatica continua: "vicina, materialmente o logicamente,a chiparla.

Chi stava parlando in Matteo 16:18?
E' chiaro e senza ombra di dubbio che chi parlava era sicuramente: "GESU' ".

Siccome si legge anche: "Vicina,...,a chi parla".
La persona vicina a chi parlava (Gesù) chi era?
Materialmente e logicamente era:"SIMONE" quindi"PIETRA " (Cefa = Kefa):

Quindi come avete letto e sicuramente capito, senza ombra di dubbio la grammatica ci informa che " QUESTA PIETRA " è riferita a "SIMONE " e non a "GESU' ". Se fosse stato, per come mi avete riferito, GESU' , la grammatica avrebbe citato:"QUESTOindica la persona che parla ". - Ma non è così.
Inoltre, se per caso Gesù si riferiva a se stesso, nelverso su indicato (Matteo 16:16-19) avrebbe detto:"...Ed io dico a te, che tu sei Simone, e su di me edificherò la mia Chiesa":

Ma secondo voi, che senso avrebbe avuto che Gesù su se stesso avrebbe edificato la Sua Chiesa? Non solo, ma non avrebbe avuto nessun significato (sempre se ‘QUESTA’ si riferiva a Gesù) la frase seguente:

E a te darò le chiavi del Regno dei Cieli; e qualunque cosa avrai legata sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli.
Per cui se la "pietra di fondamento" era Gesù, non c'era bisogno di dare "le chiavi del regno dei cieli " a Pietro.
Da premettere ancora che la "pietra angolare" è solo Gesù e non Pietro:

Ora che sappiamo e abbiamo la prima ‘pietra di fondamento’ (‘Simone’) possiamo iniziare a costruire la Chiesa di Cristo.
Mettiamo la prima "pietra di fondamento" (Simone). Però, prima di alzare le mura della Chiesa, dobbiamo completare il fondamento e rinsaldarlo per bene. Siccome manca il resto delle "pietre di fondamento" con la "pietra angolare" che deve tenere ben saldo, altrimenti si sfalda tutto. Dove li troviamo? Li troviamo in Efesini 2:20:

...edificati sopra il fondamento degli Apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. ‘

Ecco che il "fondamento" è già fatto, e come avrete accertato, Gesù non è la ‘pietra di fondamento’ ma la ‘pietra angolare’ e questo conferma ancora che ‘questa pietra’ non è riferito a Gesù, ma a Pietro (che naturalmente non è la "pietra angolare").

Andiamo avanti con la costruzione, dato che il fondamento è stato fatto, per innalzare le mura per la Chiesa di Gesù Cristo, (1° Pietro 2:4-5):

‘Stringendovi a lui pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale "

Ecco che abbiamo trovato il resto delle ‘pietre vive’ (il resto dei cristiani) e ‘la pietra viva ‘ o ‘pietra angolare’ (1° Pietro 2:6-7). Possiamo innalzare l'edificio (la Chiesa di Cristo) con la ‘pietra angolare" che lo trattiene, altrimenti crolla tutto. In sostanza senza la ‘PIETRA ANGOLARE’ (GESU') le fondamenta con la Chiesa non si possono fare.” (cf, testi del fratello Paolo Blandini)

Dopo avere illustrato la metafora di “roccia”, sarà bene soffermarsi un po’ su quella delle “chiavi”: “A te darò le Chiavi del Regno dei Cieli”.
Le Chiavi (Mt 16,18-20). C’è qui, oltre quello della guida sicura per raggiungere il regno dei cieli, il senso della giusta interpretazione dell’autorità di cui è investito Pietro. Infatti da Mt 23,13-16 abbiamo: “Guai a voi ipocriti, maestri della legge e farisei. Voi chiudete agli uomini la porta del Regno dei Cieli: non entrate voi e non lasciate entrare quelli che vorrebbero entrare, ecc..”
Da Lc 11,52 abbiamo: “Guai a voi, maestri della legge, perché avete portato via la chiave della vera scienza, voi non siete entrati e non avete lasciato entrare quelli che avrebbero voluto”
Tenere presente che i maestri di Israele non avevano assicurata l’infallibilità, mentre i “mandati da Dio”, e solo quelli mandati, come i veri profeti annunciavano veramente la Parola di Dio. Le esigenze della casistica rabbinica rendevano impossibile l’osservanza della legge. Da 10 precetti,
i rabbini erano arrivati a comandarne 613!
Inoltre da 1 Tm 6,3-5, ricaviamo la stessa dottrina vista in Matteo e Luca: “Se qualcuno insegna diversamente, se non segue le sane parole di Gesù Cristo nostro Signore e l’insegnamento della nostra religione (=Chiesa cattolica) è un superbo ed un ignorante, un malato che va in cerca discussioni e vuol litigare sulle parole, ecc..”.
Gesù sapeva che la Sua Chiesa doveva affrontare e combattere tante eresie nel corso dei secoli, quindi era logico che stabilisse un organo che vigilasse e difendesse la verità, altrimenti la Chiesa sarebbe stata distrutta in pochissimo tempo dai tanti eretici.
La Sua Chiesa doveva avere delle regole, che garantissero l’esatta interpretazione delle Scritture, altrimenti come potevano i veri cristiani controbattere gli eretici?
Dovevano poter dimostrare, Bibbia alla mano, il suo corretto significato.
Gesù stesso non affidò la Sua Chiesa a tutti i discepoli indistintamente, ma stabilì dodici Apostoli, affinché predicassero e vigilassero con autorità incontestabile. Loro potevano dimostrare di essere stati scelti direttamente dal Cristo, e anche i loro successori poterono dimostrare la discendenza apostolica, se così non fosse stato gli eretici gli avrebbero riso in faccia, e chiunque avrebbe potuto prendere il comando della Chiesa e dirigerla verso qualunque lido eretico.
Fin dai primi secoli del cristianesimo gli eretici tentarono dunque di contestare le verità bibliche cercando di sovvertirle (non riuscendovi); mai però fu messa in dubbio la discendenza apostolica dei vescovi, perché essa risultava chiara da documenti inoppugnabili. La Chiesa ha sempre potuto dimostrare la sua discendenza apostolica, da vescovo in vescovo fino ai nostri giorni. Solo negli ultimi tempi alcuni gruppi protestanti osano voler vanificare la discendenza apostolica dei vescovi cattolici romani, perché nel mondo protestante evangelicale ad esempio non si dà nessuna importanza alla storia quando questa parla a favore della Chiesa latina, la si esalta invece quando questa mostra alcuni errori che la Chiesa di Roma ha commesso nel corso dei secoli; provocando nei fedeli un’avversità molto marcata in tutto quello che è cattolico romano, perché così facendo i fedeli si trovano a conoscere bene gli errori della Chiesa romana, ignorando totalmente la sua gloriosa storia millenaria e la sua discendenza apostolica.
Gesù dunque conferisce a Pietro un carisma unico ed individuale: “Conferma i tuoi fratelli” nella fede
(Lc 22,31-32). Ossia, chi non è d’accordo con Pietro non è nella verità.

[Modificato da Heleneadmin 29/01/2011 16:37]
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