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massoneria comunismo regimi massacri

Ultimo Aggiornamento: 21/07/2010 23:05
18/07/2010 16:17
 
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ti sbagli profondamente..
il razzismo non c'entra, ripeto, eppure come vedi molti di quelli citati nella lista sono esponenti del partito dei neoconservatori in Usa come R.Perle, P.Wolfowitz, H.Kissinger, (cito tre fra i più famosi perché anch'io non conosco bene per ognuno la loro collocazione politica). Destra oppure sinistra, per il governo occulto poco importa. E' come scegliere tra Prodi o Berlusconi, è la stessa aria fritta.


[Modificato da =Foxtrott= 18/07/2010 16:18]
20/07/2010 02:04
 
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Invece il razzismo c'entra eccome...
Foxy, il razzismo c'entra...e c'entra al punto che oggi, qui su questo forum, nel 2010, la propaganda anti-ebraica sia diffusa in mezzo ad un clima di raccappricciante accettazione...

Gli ebrei di quà, gli ebrei da là, gli ebrei deicidi...Ma ad uccidre Christo furono i romani, non gli ebrei...

Tu dici che non c'entra la razza perchè gli ebrei in America sono diffusi sia a destra che a sinistra...Ma non ti rendi conto che questa è una tautologia che riconferma invece la tesi razzista..


Che poi: quando dici che "è come scegliere tra Prodi e Berlusconi", soprassedendo allegramente sul fatto che Berlusconi è massone ed è pro-nwo come e forse più di tantissimi sionisti d'oltreoceano che magari c'hanno i soldi, ma non tutti i suoi soldi e iol suo potere...

quando dici questo, dicevo, commetti questo tragico(mico) errore di superficialità, che è quello di guardare "di là dell'oceano"...per non vedere lo schifo che c'è quà, proprio sotto i nostri piedi

www.ilgiornale.it/interni/tesoro_vaticano_9_miliardi_case_e_terreni_propaganda_fide_limpero_mano_balducci/30-05-2010/articolo-id=449129-page=0-co...


ed anche questo atteggiamento di allegra ignoranza (nel senso di volontà di ignorare...) non è che faccia molto onore alla vostra sbandierata (e mai attuata) "fede" nel martire dell'Umanità...


[Modificato da Tetsuya1 20/07/2010 02:05]
20/07/2010 10:25
 
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Questo non è razzismo tet,e come tu accusi chi è in parte di Berlusconi che è masone,così tu fai uguale non denunciando che anche la sinistra e il centro vi sono eccome molti massoni.
I tuoi post sono tutti di parte e non obbiettivi perchè insisti a voler identificare solo in una destra un appartenenza massonica nonostante i molti post d informazione contrari a cio che affermi.

Adesso non ti permetto piu di darci del "razzista",quindi modera i termini e se vuoi dialogare fallo con rispetto e senza pregiudizi,come tu chiedi agli altri,ma vedo che alcuni schemi sono propri anche di chi pensa che certe barriere sono solo di altri.

Quindi vedi di moderare i termini e sinceramente sono stanca di vedere ripetuti praticamente gli stessi post con gli stessi e ripetuti argomenti e parole.
20/07/2010 22:53
 
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ti dirò Liva, a me non da molto fastidio essere definito razzista perché è un termine quasi scaduto, nei giorni attuali, quando si parla di ebrei (soprattutto dopo i crimini commessi contro lo stato palestinese e recentemente a scapito della flottiglia). Gli ebrei sono innocenti? Chissà, però è vero che molti di loro sono ak centro del potere e che non mancano persone esperte che vedono nei fatti dell'11 settembre una matrice sionista.

L'Italia, complice la globalizzazione, è quasi diventata, per essere buoni, uno stato senza più alcuna sovranità, dove le la grandi aziende un tempo statali sono state vendute per pochi soldi ai capitali esteri(indovina chi?) e che non può resistere all'attuale crisi economica concertata dalle grandi banche che, mediante il signoraggio e i prestiti statali, dominano l'economia mondiale.

Berlusconi è soltanto l'uomo giusto al momento giusto per i massoni e per tutti quelli che in Italia vogliono ancora speculare e sottrarre ciò che è rimasto. Infatti quelli come il Berlusca fondano il loro impero sul nulla, la televisione, la pubblicità..ma la fetta più grande della torta rimane a lui.

Quindi mi sembra più interessante cercare di capire come vanno le cose più a monte che a valle(di lacrime). Chi c'è a monte? Persone molto ricche e capaci, che hanno stabilito un'autocrazia durante questi secoli con l'astuzia e l'inganno e l'uso intelligente dei loro quattrini.
La Chiesa Cattolica è dunque la loro avversaria sin dalla morte del Salvatore, il baluardo che resiste da secoli, non solo contro i sionisti, ma anche contro i musulmani, i buddisti e gli atei e tutti quelli che vogliono che Gesù non sia la Verità. Amen.












[Modificato da =Foxtrott= 20/07/2010 23:06]
20/07/2010 23:07
 
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21/07/2010 14:09
 
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Il razzismo non è un insulto ma uno stato di fatto...
Livia, tu puoi indignarti quanto ti pare, ma il razzismo anti-semita traspare da ogni post, in particolare da ogni tuo post...
E, tra l'altro, non sono io il solo a dirlo...

Inoltre, io non ho mai neagato che a sinistra ci siano i Massoni...

Io ho solo fatto notare a chi, come Ghergon e Hhh, arriva a ringraziare addirittura il Signore "per avercelo mandato" che se il nemico è la Massoneria allora Berlusconi è il nemico dei nemici dal momento che egli è, più di ogni altro politico italiano del presente o del passato, Massone, circondato da Massoni, a capo di un regime...Massonico, fondato (come giustamente dice Foxy) in pratica sul NULLA...(tv spazzatura e letteratuta spazzatura, come quella del Codice Da Vinci e cinema spazzatura come Angeli e Demoni, tutte opere da lui pubblicate tramite la sua casa edidtrice Mondadori...).

Ho quindi, a partire dalle premesse sopra fatte, fatto notare che parlare della lobby economica ebraica significa parlare in termini parziali (e quindi razzisti), visto che nella famosa lobby in questione (Bildemberger etc...) ci sono anche italianissime (e cattolicissime?) famiglie italiane come quella degli Agnelli, dei Berlusconi, dei Moratti, dei Tronchetti-Provera, dei Benetton etc...).

In sunto: voi siate meno parziali e vedrete che le "accuse di razzismo" non avendo più fondamento non potranno esservi rivolte...

Ma se continuate ad avere questa visone parziale delle cose e a vedre tutto in un'ottica "di razza", ovvero se la Lobby Capitalista delle Multinazionali diventa "La lobby ebraica" allora non si può non dire che vedete le cose da una prospettiva...razzista.

PS: Foxy, tu hai ragione ma...Forse è il caso di ricordare che tra i beneficiari delle privatizzazioni selvagge fatte in Italia ci sono Tronchetti-Provera (che si è ciucciato Telecom) e poi i Benetton (Austostrade s.p.a.) e poi la Cirio a Cragnotti etc, etc...

Infine: voi potete scrivere quello che vi pare ma...se c'è una forza politica che si è sempre opposta (e si oppone) con decisione allo strapotere delle lobby economiche quella è proprio l'area della Sinistra Radicale... e non il Vaticano che invece le lobby le appoggia...

www.corriere.it/cronache/10_giugno_21/sepe-restauro-fantasma-imarisio-sarzanini_346d1810-7cf6-11df-b32f-00144f02aa...
21/07/2010 17:52
 
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Israele / Palestina E MOLTI ALTRI ARGOMENTI CALDI: DISCUSSIONE CON GILAD ATZMON

DI MIRIAM COTTON
gilad.co.uk

Gilad Atzmon è un sassofonista e musicista di fama mondiale con una profonda passione politica per le problematiche umaniste riguardo al destino del popolo palestinese. Ha scritto e pubblicato molto sull’argomento. Essendosi auto-esiliato, ex soldato dell’IDF [“Israel Defense Forces”- Forze Armate Israeliane, ndt] e israeliano ebreo, la prospettiva di Atzmon alla portata dell’opinione pubblica sulla Palestina è relativamente unica. Le sue opinioni sono amaramente opposte da alcuni nei gruppi di ebrei anti-sionisti, che lo accusano di anti-semitismo e di essere uno che “odia se stesso”.

Atzmon resiste ferocemente l’accusa di anti-semitismo ed insiste sul fatto che ciò che conta per lui è una profonda ed appropriata analisi dell’ideologia di cosa significa essere ebreo – in particolare su come il concetto degli ebrei come “il popolo eletto” ha inesorabilmente portato, a quanto dice lui, alla nascita del sionismo ed alla sua attuale e sproporzionata influenza negli eventi del mondo.

Inoltre Atzmon contesta la sinistra occidentale, in quanto crede che abbia fallito sia nel riconoscere l’estensione dell’influenza sionista (e critica in particolare Noam Chomsky) sia nel non capire come le ideologie socialiste/marxiste occidentali sono incompatibili con le società islamiche e quindi inutili per loro.

Questi ed altri argomenti sono discussi con lui più avanti. Molte delle cose che Atzmon afferma avrebbero bisogno di ulteriori domande e commenti, ma si spera che questo scambio sia servito ad illustrare la sua interpretazione della questione palestinese ed a fornire una panoramica su una prospettiva che di rado viene capita o mandata in onda.

MC: In seguito all’omicidio ed al rapimento da parte di Israele degli attivisti di soccorso disarmati nelle acque internazionali, il Generale Petraeus ha affermato che la situazione [a Gaza] non è più sostenibile. Sebbene non stesse in nessun modo condannando quello che ha fatto Israele, pensa che potrebbe essere l’inizio della fine dell’incondizionato sostegno degli Stati Uniti ad Israele?

GA: In realtà è il contrario. È Israele che pianta in asso gli Stati Uniti. La leadership israeliana ha realizzato che con l’America alle spalle lo stato ebraico non sarà in grado di procedere ai suoi due prossimi piani letali: Nakaba 2 ed il disarmo della capacità nucleare iraniana. Israele ha realizzato che se vuole mantenere il suo stato ebraico univo come potere regionale deve procedere alla pulizia etnica dei palestinesi. Israele è anche convinta che la sua unica opportunità di sopravvivenza nella regione è mantenendo l’egemonia nucleare. Al momento gli Stati Uniti rendono le cose difficili allo stato ebraico; sta cercando di frenare Israele. Credo che sia Israele a guidare il conflitto piuttosto che esserne soggetto.

MC: Ma sicuramente questa valutazione trascura dei fattori importanti. Nessuno può dubitare seriamente che l’ossessione americana dalla regione ha a che fare interamente col petrolio, il gas e questioni geo-strategiche come la vicinanza della Russia e della Cina a tali risorse, in particolare.

GA: Questo è un buon modo di porre la questione. Tuttavia ci si poterebbe anche chiedere quali sono gli interessi dell’America, chi li definisce e chi li modella. A quanto pare, l’AIPAC – American Israeli Public Affairs Committee è stato alquanto efficace nel forgiare gli interessi dell’America; sappiamo inoltre che la dottrina Wolfowitz si è integrata a quella di Bush. Negli ultimi trent’anni gli americani non sono riusciti a vedere la netta discrepanza tra il petrolio a basso prezzo e l’alleanza con Israele. Forse cominceranno a capirla ora.

MC: Ma anche la famiglia Bush era/è una dinastia petrolifera – con tanti legami con gli israeliani quanti, se non di più, con molti interessi maturati da parte di arabi – ci sono molti più non-AIPAC ed interessi maturati da parte di americani come questi che si trovano nell’AIPAC. Tutto ciò che gli Stati Uniti hanno fatto dall’inizio della cosiddetta “guerra al terrorismo” – ed anche molto prima – era mirato ad assicurarsi il Medio Oriente e l’energia ed altre risorse.

GA: Questo è tutto vero. È anche vero che l’AIPAC non interferirà necessariamente con questioni politiche non correlate a meno che non coinvolgano gli interessi sionisti, ebrei o israeliani. Tuttavia, la lobby ebraica in America ed in Inghilterra è riuscita a modellare la visione dei bisogni e degli interessi dell’impero anglofono. Dal punto di vista americano, invece di ammettere che i militari americani erano stati in realtà inviati a combattere per Israele, dissero che erano stai mandati per morire in nome della democrazia e dell’intervenzionismo morale. In realtà dissero che erano mandati a “liberare il popolo iracheno”. Che meraviglia! Il petrolio e gli interessi di Israele erano presentati come dei problemi collaterali. Come sappiamo, i prezzi del petrolio non sono scesi dopo il 2003. e tuttavia, Saddam Hussein, l’acerrimo nemico di Israele, è stato rimosso. Alle lunghe, questo piano non ha funzionato neanche per Israele. L’Iran è diventata la potenza musulmana incontestata più importante. Si spera che diventerà preso anche una potenza nucleare. Ovviamente questo distoglierebbe Israele dal realizzare le sue infinite aspirazioni imperiali.

MC: Non c’è, in Medio Oriente, altro paese in cui gli Stati Uniti ed i suoi alleati potrebbero piazzare la vasta minaccia militare mossa da Israele se vogliono raggiungere i loro scopi nella regione. La realizzazione delle ambizioni sioniste per Israele era ed è ancora un considerazione secondaria per gli Stati Uniti, malgrado l’alquanto potente lobby israeliana.

GA: Non ne sono così sicuro. In realtà credo che la lobby sionista è riuscita a distruggere l’impero americano. Credo che la stretta di creditizia sia di fatto un colpo sionista. Credo che Greenspan abbia creato un boom economico per distogliere l’attenzione dalle guerre di Wolfowitz. Di fatto i sionisti sono riusciti a distruggere ogni super potenza alla quale si sono aggrappati. Inghilterra, Francia e ora America. Deve ammettere che la “guerra al terrorismo” era in realtà un guerra guidata dal sionismo contro l’Islam, una battaglia che serviva gli interessi di Israele.

MC: Israele è stata finanziata ed incoraggiata a sviluppare un arsenale nucleare di diverse centinaia di testate, mentre gli iraniani che non ne hanno nemmeno una, ma che controllano un sacco di petrolio, sono considerati una minaccia alla pace mondiale. Francamente, in queste circostanze gli iraniani e altri sarebbero giustificati nel pensare che abbiano bisogno di mezzi per difendersi contro l’unica vera minaccia attuale – e contro colore che di fatto sono i più provocatori ed i responsabili della maggior parte delle uccisioni: Stati Uniti – Israele.

GA: Questo è senza dubbio un argomento valido. Dal punto di vista iraniano, il potenziale nucleare militare è un mezzo di difesa. Gli iraniani sono costantemente soggetti ad una minaccia nucleare e così anche il resto dei paesi nella regione ed oltre.

MC: L’Inghilterra e l’America non combattono alcuna guerra se non la vogliono combattere – neanche le guerre giustificabili, a meno che non ci sia una percentuale per loro.

GA: Ne è sicura, o è qualcosa in cui tutti noi preferiamo credere? Casualmente, sia negli Stati Uniti che in Inghilterra i partiti politici sono pesantemente finanziati dalle lobby ebraiche pro-Israele. Haim Saban, il multimiliardario israeliano raccoglitore di fondi per il Partito Democratico americano, lo scorso anno ha affermato che il modo migliore per influenzare l’America è quello di finanziare la politica, i media ed i gruppi di esperti. Eccoci. Persino la visione degli “interessi americani” non può che essere falsa nel momento in cui sono stati manipolati per allinearli con quelli che sono veramente gli interessi di Israele. Alla fine dei conti, conviene più comprare un politico occidentale che un carrarmato. Conviene più reclutare un “nuovo amico di Israele” che pilotare un F15 per un’ora.

MC: Israele è essenzialmente una creazione dell’Inghilterra e delle altre potenza europee – ed il petrolio era il loro chiodo fisso già prima di allora.

GA: Questo è un altro mito al quale gente come Chomsky vuole che noi crediamo. Di fatto lo scopo della Dichiarazione Balfour era di spingere l’America in guerra. Era di spingere i banchieri ebreo-tedeschi e russi a consacrare la loro lealtà dalla Germania all’Inghilterra in modo da poter finanziare la nuova guerra americana. Amos Alon espone un capitolo imbarazzante della storia ebraica nel suo monumentale libro “The Pity of It All” [“La Pietà di Tutto Questo”, ndt]. In effetti, per l'Inghilterra è andata bene. Due mesi dopo la Dichiarazione, l’America era in guerra. Non si trattava di petrolio. Era un’altra guerra finanziata dalla lobby politica ebraica.

MC: Allo stesso modo di molti altri regimi violenti da loro sostenuti, agli Stati Uniti non importa niente di ciò che Israele fa con il suo popolo fino a quando il piano commerciale continua a procedere verso il scopo. La pulizia etnica dei palestinesi è solo uno dei costi accidentali che devono essere scontati per mantenere il bulldog degli Stati Uniti vicino alla regione. Le dichiarazioni ufficiali americane ed inglesi in seguito all’attacco alla flottiglia di soccorso sono state deplorevoli, come per esempio Obama che ha definito le morti meramente “spiacevoli”. È stato un chiaro segnale alla Turchia: fatelo di nuovo e questo è quello che vi faremo. Rigate dritti.

GA: L’America si esprime tramite varie voci al momento. È confusa o addirittura persa in termini di politica estera. In parte perché esiste un contrasto tra gli interessi del paese e quelli delle lobby che hanno dato ai democratici le chiavi della casa bianca, cioè l’AIPAC.

MC: Gli Stati Uniti ed Israele non possono più farla franca così facilmente come una volta, quando facevano passare la causa palestinese come quella di una nazione interamente composta da terroristi o quando insabbiavano gli orrori lampanti dai quali era colpita. Quello che, a quanto pare, il Generale Petraeus stava segnalando è che c’è bisogno di una nuova strategia – una che sia meno terrificante agli occhi dell’opinione pubblica mondiale così che possano tutti continuare i loro affari senza attirare tutta quell’attenzione negativa sui dettagli.

GA: Credo che il Generale Petraeus insieme ai suoi consiglieri militari si stiano rendendo conto che l’America sta per perdere la sua presa sul mondo arabo-musulmano. Alla fine dei conti, se ho bisogno del tuo petrolio, è meglio se divento tuo amico piuttosto che farmi beccare a letto con il mio più grande nemico.

MC: Ovviamente non la pensavano così per quanto riguardava l’Iraq. Si sono assicurati ciò che volevano in quel paese fino ad ora ed il prossimo sarà l’Iran. Allo s tesso tempo, è chiaro che gli Stati Uniti hanno creato un mostro in Medio Oriente, Israele, che sarà molto più difficile da tenere a bada di quanto per alcuni aspetti era stato voluto o persino previsto.

GA: Sono d’accordo con molto di ciò che lei dice. Tuttavia, le decisioni della democrazia liberale contemporanea vengono prese da politici eletti comprati da vari tipi di “amici di Israele”. In America sono l’AIPAC ed i maggiori raccoglitori di fondi ebrei come Haim Saban, che ho prima citato; in Inghilterra abbiamo Lord “macchina del denaro” Levy ed ora anche il CFI – Conservative Friends of Israel. Queste persone e questi gruppi di pressione esistono per sopprimere le reazioni etiche all’interno del sistema politico ed oltre. Tuttavia, in seguito agli ultimi massacri a Gaza e sulla Mavi Marmara, abbiamo visto una grossa ondata si indignazione nei confronti di Israele e delle lobby ebraiche che la sostengono. Questo potrebbe portare, alla fine, anche verso un cambiamento cosmico nella politica.

MC: Una domanda diversa – nella versione irlandese del Sunday Times del 6 giugno, c’era un articolo straordinario di un eminente giornalista irlandese, Matt Cooper, intitolato “Israele propone un test di abilità diplomatiche”. Non sto scherzando. Cooper inizia il pezzo riconoscendo l’atrocità commessa da Israele sulla Mavi Marmara, ma in seguito cambia direzione suggerendo ciò che lui chiama uno “sfumato” modo di procedere che è privo di qualsiasi moralità o umanità. Gli omicidi e tutti i precedenti massacri di Israele che ha appena condannato vengono messi in panchina – presumibilmente nell’interesse di ciò che più avanti nello stesso articolo lui chiama un’opinione “bilanciata”. La “diplomazia” e gli “interessi economici” irlandesi vengono evocati in modo da manovrare le orrende verità su ciò che sta davvero accadendo ai palestinesi fuori dall’equazione o almeno nei margini. Veniamo invitati a comprendere i sentimenti dei governi israeliani successivi ed implicitamente a scendere a compromessi con la loro intransigenza omicida. Recita lo stesso stanco mito per il quale Israele è circondato da ostilità, mentre viene ignorato il terrore che sin dalla sua incarnazione ha costantemente minacciato ed inflitto ai suoi vicini ed ai palestinesi con tutto la forza militare americana a sua disposizione – e non dice nulla sull’enorme quantità di armamenti nucleari nascosti che ha minacciato di usare contro l’Iran, che non ne ha nessuna.

GA: Davvero molto interessante. Oggi apprendiamo che Israele insiste nel sondare i suoi stessi crimini. Questo potrebbe essere l’ultimo stadio della palese follia, arroganza o ignoranza di Israele. L’assassino dice alle autorità: “Ok, posso investigare sulle mie azioni, lascia fare a me. I miei genitori ed i miei cugini possono riesaminare le mie azioni”. Questo è certamente un modo per sfidare la diplomazia mondiale. Israele la farà franca stavolta? Spero di no. Ma se ci riesce, sarà per tutti noi un’ulteriore prova del fatto che le lobby kosher stanno corrompendo le nostre prospettive etiche. Considerando il pericolo di una guerra totale invocata da Israele, i nostri capi di stato non hanno moto tempo a loro disposizione. Israele è l’estremo pericolo per la pace mondiale. Deve essere affrontata con misure estreme adesso.

MC: Non sono d’accordo che un qualsiasi tipo di attacco fisico preventivo ai danni di Israele sarebbe giustificato, se quello a cui si sta riferendo.

GA: Ovviamente non mi sto riferendo alla violenza, ma ad alcune misure estreme di embargo economico, sanzioni e boicottaggio culturale.

MC: Per tornare sulla questione dei media, le chiedo cosa pensa del ruolo che i media di mainstream hanno giocato nella promozione della prospettiva israeliana. Specialmente i maggiori giornalisti di tutto l’Occidente, parlano soprattutto con un registro linguistico ed all’interno di un quadro di riferimento che essenzialmente va in senso opposto su questa e molte altre problematiche: le vittime dell’oltraggiosa aggressione e illegalità israeliana vengono descritte come terroriste per aver resistito, mentre i più oltraggiosi comportamenti e dichiarazioni vengono “sfumate” in un’inversione di significato e di verità alla Orwell – stile Matt Cooper. Un’aggressione non provocata viene ridefinita come un’azione difensiva per proteggere gli “interessi economici” sopra ogni altra cosa.

GA: Come ho detto prima, Haim Saban afferma che l’influenza viene realizzata attraverso il “finanziamento della politica, dei media e dei gruppi di esperti”. Qui si tratta di media ed ideologia. Non c’è dubbio che nell’impero anglofono stiamo affrontando una battaglia contro un’ideologia straniera che ha avuto molto successo nel definire i nostri bisogni, i nostri desideri e la nostra nozione di giustizia. Ha avuto molto successo anche nello stabilire la nostra nozione di paura e terrore. I neo-conservatori che stavano diffondendo l’ingannevole ideologia de “l'intervenzionismo morale” tramite la politica ed i media erano per lo più sionisti con radici sinistroidi. È in realtà questa ideologia che denota l’orrendo passaggio del sionismo dal limitato concetto della “terra promessa” nella politica internazionale – ossia “il pianeta promesso”.

Forse lei vorrebbe chiedersi perché la loro ideologia ha avuto successo per un po’, perché abbiamo lasciato che questa gente ci trascinasse in una guerra illegale e ci rendessero complici dell’omicidio di più di un milione di iracheni. Le verrebbe di chiedersi: come ha fatto la dottrina Wolfowitz ad integrarsi nella politica americana? Suppongo che “l’intervenzionismo morale” e “la guerra al terrorismo” figuravano bene sulla carta. Significa che “noi” siamo kosher e gli “altri” sono cattivi. All’occidente ed all’umanità è voluto del tempo per rendersene conto che, di fatto, stavamo servendo un’ideologia malvagia ed interessi sionisti. Ci potrebbe voler del tempo anche per realizzare che siamo noi ad essere diventati la forza oscure in circolazione.

MC: Lei è d’accordo sul fatto che il resoconto complice dei media di mainstream – il quale, come ha notato anche Chomsky, fa sempre coppia fissa con potenti prospettive economiche – è stato più vigoroso a nome di Israele di quanto avrebbero potuto esserlo i membri dell’AIPAC?

GA: Affatto, in quanto Saban lo dimostra chiaramente: c’è un filo conduttore tra la raccolta di fondi, i gruppi di esperti ed i media. In termini di politica inglese, c’è un ovvio continuum ideologico tra i PFI (Lord macchina del denaro Levy), gli avvocati per la guerra all’interno dei media (Aronovitch, Cohen) ed i gruppi di esperti neo-conservatori inglese (Manifesto di Euston).

MC: Una delle principali ragioni per cui oggi l’ortodossia del mainstream è stata sfidata è a causa dell’avvento dei più democratici media alternativi?

GA: Non credo. Viene sfidata perché esiste un crescente stress per la politica sionista, una crescente presa di coscienza che le politiche tribali hanno lasciato un a traccia mortale sugli affari esteri inglesi ed americani. Inoltre, in seguito alla seconda guerra libanese, il massacro di Gaza e l’ultimo assalto alla Mavi Marmara, c’è una forte presa di coscienza del fatto che Israele sia uno stato assassino guidato da un entusiasmo morboso. Ma c’è un’altra ragione che deve essere considerata. Per moltissimi anni, la sinistra ha bloccato ogni tentativo di elaborazione del potere ebraico e del sionismo globale. Si dà il caso che, oltre al recente indebolimento della causa sionista, la sinistra ha perso potere all’interno del discorso della solidarietà. In una certa misura, i due fenomeni politici sono collegati. Come sappiamo, la sinistra sfortunatamente non è riuscita a a contenere il potere emergente dell’Islam ed il suo immenso potere all’interno del discorso della liberazione.

Di conseguenza, la sinistra è stata lasciata indietro. È alquanto irrilevante alla questione. Per poter tornare in auge, la sinistra deve imparare a pensare in modo etico e stringere legami politici con i movimenti islamisti e le comunità di migranti in occidente.

MC: Ci sono una serie di cose in ciò che lei dice che vorrei contestare. Prima di tutto, in modo ironico, un po’ come gli stessi sionisti, lei li mette davanti ed al centro di tutto ciò che sta accadendo. Ignorare le ragioni e le influenze dei molti altri gruppi non-sionisti ugualmente coinvolti è come ignorare l’immagine sionista degli altri.

GA: Effettivamente c’è sempre un filo conduttore che lei non riesce a percepire tra il concetto dell’essere eletti, inerente al sionismo e a qualsiasi altro discorso politico ebraico, e la pratica politica sionista, rigidamente esercitata in tutto il mondo. I sionisti nono cercano di controllare ogni cosa: suppongo che finora non siano molto interessati al tabacco (e questo è forse il motivo per cui non possiamo più fumare liberamente), ma sono interessati agli affari esteri occidentali ed userebbero qualsiasi mezzo per modellarli. Guardi la pressione che i gruppi sionisti hanno applicato all’amministrazione americana per quanto riguarda la Turchia, l’Iran, le sanzioni, l’attacco alla Mavi Marmara e così via.

MC: Non voglio difendere ciò che USA, UE ed Inghilterra stanno facendo, ma la sua definizione del loro ruolo li rende infantili – è una questione seria sottovalutare quanto potenti, pericolosi e manipolativi essi sono di per sé.

GA: Ad essere onesti, non sono così intelligenti quanto la gente sembri pensare.

MC: Nessuno con un minimo di buon senso pensa che si stiano comportando in modo intelligente, ma che siano capaci di un’avarizia incontrollata sostenuta da un'altrettanta incontrollata violenza.

GA: in realtà la violenza di Israele è lontana dall’essere “incontrollata”. È letale e premeditata. Questa è la vera nozione del potere di deterrenza israeliano. Torniamo alla sua domanda: di fatto si comportano così completamente allo scoperto. David Miliband, che è inoltra quotato come un autore della propaganda israeliana, agiva contro la giurisdizione universale inglese semplicemente per permettere ai criminali di guerra israeliani di visitare l’Inghilterra. Come se lo spiega? Era intelligente da parte sua? Era intelligente da parte di David Aaronovitch e Nick Cohen difendere una guerra illegale mentre scrivevano sul Jewish Chronicle (una pubblicazione sionista)? È stata una mossa intelligente sostenere una guerra che ha causatola morte di 1.5 milioni di iracheni? È intelligente da parte di Haim Saban dire al popolo americano “noi, gli ebrei, influenziamo la vostra vita tramite il finanziamento della politica, dei media e dei gruppi di esperti”? la risposta è no, non è affatto intelligente. È un’arroganza infantile inerente all’identità sciovinista. Il successo delle azioni dei sionisti finora ha avuto a che fare con il fato che operano all’interno di ambienti tolleranti e persone come lei e Chomsky andreste fuori strada per difenderli con un’ideologia nebbiosa. Sfortunatamente, quest’ideologia non regge più. Come potrà ben sapere, Chomsky è completamente discreditato. La sua opinione zoppicante contro Walt e Mearsheimer, che è simile a quella che ha lei, mette un grande punto interrogativo sull’intero progetto di tutta la sua vita. Potrebbe essere un peccato ma la buona notizia è che l’indignazione nei confronti del sionismo, di Israele e le inflessibili lobby ebraiche sta diventando un fenomeno di massa. Va oltre il discorso politico. È uno spirito, è pubblico ed è restauratore. Questa potrebbe essere una buona notizia in quanto l’abbiamo sempre aspettato, l’unica preoccupazione è che nessuno lo controlla più.

MC: In che modo le mie domande hanno implicato una difesa dei sionisti o del sionismo? Dire semplicemente che non sono soli o che non controllano quello che sta succedendo in Medio Oriente per conto non costituisce in nessun modo una difesa né della loro ideologia né delle loro azioni.

GA: Tanto per cominciare non è un dibattito personale ma un dibattito ideologico. Tuttavia, suppongo che non riuscire ad affrontare le lobby ebraiche corrisponde a fornire uno scudo al sionismo. Lei sta parlando degli interessi americani. La cosa davvero unica dell’AIPAC, di David Miliand e dei CFI è il fatto che promuovano allo scoperto gli interessi di un governo straniero. Una lobby musulmana la farebbe franca? L’Iran o il Pakistan la farebbero franca? Chomsky si precipiterebbe in loro aiuto? Me lo chiedo davvero.

MC: Chomsky è stato un sincero critico di Israele – solo di recente il governo israeliano gli ha impedito di mantenere un impegno. Ha fatto alcune affermazioni sconcertanti, ma di nuovo penso che lei ignori la schiacciante evidenza che contraddice ciò che dice su di lui.

GA: Ho molto rispetto per ciò che Chomsky ha fatto nel corso degli anni. Tuttavia, come l’attivista americano Jeff Blankfort ha sottolineato di recente, Chomsky ha respinto il potere della lobby pro-israeliana. Si è opposto al movimento BDS [Boycott, Divestmenr and Sanctions – Boicottaggio, cessione e sanzioni, ndt] e si è sforzato di “dissuadere la gente ad usare il termine ‘apartheid’ per descrivere il controllo israeliano sulla società palestinese”. Chomsky si oppone anche al diritto di tornare dei palestinesi ed alla soluzione dello stato unico. Chomsky è di fatto un sionista liberale quanto un entusiastico kibbutz [forma di associazione volontaria di lavoratori israeliani basata su rigide regole egualitaristiche e sul concetto di proprietà comune, ndt]. Questo basta a spiegare il perché la sua voce è stata spinta al margine all’interno del discorso di solidarietà palestinese. Considerando il suo contributo in altri campi di pensiero, è davvero un peccato.

MC: C’è molto che si potrebbe o si dovrebbe dire in risposta a quando dice, ma non stiamo discutendo di Chomsky. L’AIPAC può essere festeggiato a Washington e Londra per ora, ma farà la fine di tutti quelli che collaborano con gli Stati Uniti a tempo debito. Come è stato notato molte volte, coloro che si occupano della politica estera americana non pensano affatto di dipingere i vecchi amici come cattivi, una volta diventati inutili. Il mito di Israele come difensore solitario della democrazia in Medio Oriente è stato venduto con forza per molto tempo, è vero, ma raramente se non mai le spogli economiche e strategiche sono state così grandi.

GA: Perché era utile? È perché era vero? Non esattamente. Israele non è mai stata una democrazia – è una società razziale esclusiva che è riuscita a creare una “democrazia di soli ebrei”. Gli americani sono abbastanza intelligenti per capirlo. Non molto tempo fa si sono imbattuti in una lotta per i diritti civili e di fatto lo sono ancora. L’immagine ingannevole della democrazia ebraica era lì per creare un fantasmatico continuum tra gli Stati Uniti ed Israele. È ovviamente molto più complicato spiegare alle masse come sostenere uno stato ebraico aggressivo in un mare di petrolio rende tale petrolio più conveniente.

MC: Non è un suo errore fondamentale, a questo proposito, che stia confondendo o ignorando gran parte dell’alquanto indipendente ed egualmente violenta cupidigia degli altri interessi personali con l’estensione dell’influenza dell’AIPAC, la quale tutti sanno essere indubbiamente forte.

GA: Con il dovuto rispetto e senza pretendere di non fare errori, non credo che lei stia indicando alcun errore nella mia lettura della situazione. Se non altro, tutto ciò che riesco a vedere è la sua riluttanza nell’ammettere che siamo stati spinti per parecchio tempo da una lobby molto pericolosa ed istituzionalmente estesa. Infatti, so che lei ed altri mantenete questa posizione perché volete credere di essere dei veri umanisti. Lo rispetto. Di certo una delle domande cruciali che dobbiamo porci qui è come esprimere ciò che pensiamo di Israele e della lobby ebraica restando degli umanisti. Credo che la risposta è ammettere che siamo di fronte ad un’ideologia che respinge la nostra nozione di umanitarismo, gentilezza e compassione. In una certa misura, siamo qui di fronte ad una profonda sfida: come comportarsi in modo gentile con chi non lo è.

Questo è il motivo per cui per me è così importante che il massacro sulla Mavi Marmara non era diverso dall’uccidere di nuovo Gesù Cristo. Senza riguardo della storicità di Gesù e del fatto che NON c’è un continuum tra gli antichi israeliti e gli israeliani contemporanei, qui vediamo in pieno giorno un assalto alla bontà ed alla gentilezza. Questo attentato letale è stato sostenuto dal popolo israeliano, commesso dal loro esercito popolare ed è tuttora sostenuto dagli ebrei nel mondo, fatta eccezione per alcuni casi sporadici come gli ebrei della Torah [gruppo ebraico ortodosso, ndt], che si sono opposti e sono per questo altamente rispettati, ovviamente. Come lo affrontiamo? Chiamandolo per quello che è. Questo deve essere il nostro approccio, perché, a quanto vedo, gli israeliani e le loro lobby interpretano come debolezza il vostro silenzio e la vostra riluttanza ad usare il linguaggio appropriato. Se vogliamo aiutare gli israeliani potremmo anche rendergli chiaro che li abbiamo effettivamente capiti.
[Modificato da LiviaGloria 21/07/2010 21:54]
21/07/2010 17:55
 
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MC: È importante capire l’ideologia sionista e sfidare ed esporre ciò che in essa è disumano. I media di mainstream occidentali sono stati complici in modo criminale rifiutandosi di farlo. Ma se i sionisti non fossero mai esistiti, gli USA ed i suoi alleati dell’UE starebbero facendo in Medio Oriente proprio ora, o in qualche altro periodo, esattamente quello che già fanno – dato che lo hanno fatto per secoli in altre parti del mondo senza che i sionisti c’entrassero qualcosa. Ci sono inoltre molti ebrei in Israele che hanno protestato coraggiosamente per moltissimo tempo il modo in cui il loro stesso governo tratta i palestinesi e che sono stati molto schietti dopo la Mavi Marmara.

GA: “Molti” è un po' sopra le righe. Negli anni ’90 a Londra fu chiesto ad una portavoce palestinese cosa ne pensasse di tutti quei “buoni ebrei”, quelli che sostenevano i palestinesi. La sua risposta fu scandalosamente semplice, ma rivelatrice. Disse: “Ammiro queste persone così belle e gentili, tutte e 15”. Di fatti, io seguo la loro causa e non ne riesco a contare più di 8. Non mi faccio impressionare dagli “ebrei per questo” e dagli “ebrei per quello”. La considero un’operazione di copertura sionista. Specialmente quando si tratta degli ebrei marxisti. Se sono davvero marxisti, perché non uniscono semplicemente alla classe lavoratrice per combattere il sionismo al fianco di tutti noi?

Ora torno alla sua domanda. Cosa sarebbe successo se Israele non fosse esistita? Dato che si tratta di un’ipotesi, lei potrebbe essere d’accordo col fatto che USA, UE ed Inghilterra avrebbero potuto anche usare delle tattiche completamente diverse. L’Inghilterra e l’America in passato hanno anche usato la diplomazia. Se legge la storia del sionismo, sin dall’inizio Herzl capitalizzava sugli interessi delle super-potenze nella regione. Questo prima che il petrolio diventasse un problema. Quindi allo stesso modo si può dimostrare che il modo in cui le cose si sono evolute era inevitabilmente dovuto alla natura della filosofia politica sionista di impegnarsi con le potenze influenti. Israel Shahak sosterrebbe che questo è il retaggio del Talmud [testo sacro dell’ebraismo, ndt]. Io credo che questo sia l’esatto significato della storia di Ishtar nella Bibbia. Nel mio articolo “Dal Purim [festività ebraica, ndt] all’AIPAC” ho esplorato il filo conduttore tra la Bibbia e le lobby politiche ebraiche contemporanee.

MC: Nella più crudele delle ipotesi, Israele potrebbe disporre di 500 testate nucleari di cortesia degli USA, ma l’arsenale americano e la sua capacità militare complessiva sono infinitamente maggiori di quelli di Israele. Nessuna obiezione.

GA: Questo è alquanto irrilevante, temo. L’America è una super potenza, o almeno lo era. Era impegnata in una guerra fredda. Questo potrebbe spiegare, se non giustificare, il perché possieda così tante bombe. Tuttavia Israele è impegnata in una guerra territoriale con i sui cosiddetti “nemici”. Ci si dovrebbe chiedere perché ha bisogno proprio di bombe atomiche. Se Israele tiene a Sderot e Ashkelon così tanto quanto sostiene, non bombarderà mai Gaza. La risposta è alquanto devastante. Israele possiede tutte quelle testate perché insiste nel mantenere il mondo sotto una minaccia costante. Nel caso qualcuno non riuscisse a capirlo, il resto del mondo è quello che chiamiamo l’umanità. E questo è il nocciolo della questione. Qui abbiamo a che fare con una collettività letale guidata da una psicosi mortale contro l’umanità e l’umanesimo.

MC: I sionisti non hanno alcun monopolio sulla psicosi mortale nei confronti di altri gruppi di persone. I nativi indiani americani ne sanno qualcosa sulla psicosi dei colonizzatori cristiani durata per secoli – lo squallore che ha portato a suicidi di massa tra molti altri orrori. È sicuramente e fondamentalmente anti-umanistico – e persino razzista e discriminatorio – isolare ogni gruppo di persone per essere esclusivamente cattivi?

GA: Innanzitutto, siamo entrambi d’accordo sul fatto che i sionisti non hanno inventato il male. Di fatto il sionismo è un tentativo di esercitare una sorta di colonialismo barbarico in un mondo che è andato avanti rispetto a quel tipo di filosofia politica. In breve, i sionisti sono colpevoli di aver commesso crimini coloniali 100 anni più tardi. Tuttavia, lei fa un errore cruciale. Dice: “È sicuramente e fondamentalmente anti-umanistico isolare ogni gruppo di persone per essere esclusivamente cattivi”. Potrebbe avere ragione, ma il sionismo non è affatto un gruppo di persone, è di fatto un’ideologia. È infatti un’ideologia razzista ed nati-umanista che fa affrontata. In modo simile, coloro che seguono questa ideologia stanno soccombendo ad una filosofia inumana e deve essere smascherata, denunciata ed umiliata. Come noterà nei miei scritti, non critico mai gli ebrei in quanto ebrei o l’ebraismo come religione. Mi concentro sull’ideologia ebraica, cioè l’ebraicità che ha un’interpretazione suprematista davvero particolare dello spirito giudaico. Nei miei scritti sono riuscito a rintracciare l’ebraicità in ogni posizione politica ebraica moderna, nella sinistra sionista, nella pseudo-socialista Bund e nel radicale Matzpen. Tuttavia, devo dire che gli ebrei della Torah non hanno questa colpa. Loro traggono ispirazione dalla Torah e presentano una forma alquanto unica di umanitarismo tribale.

MC: Lei ha detto che la sinistra non è riuscita ad abbracciare la “potenza emergente dell’Islam”. I gruppi di sinistra all’interno dell’Islam stesso non sembrano essere accolti molto bene nell’insieme.

GA: Non capisco cosa intende con gruppi di sinistra all’interno dell’Islam. Islam è di per sé una filosofia che promuove l’eguaglianza; non ha bisogno dell’ideologia di sinistra e non può integrare un tale precetto ateo. Credo che quello a cui lei si sta riferendo siano i gruppi di sinistra all’interno del mondo arabo-musulmano. Di certo, l’intera filosofia di sinistra è euro-centrica e legata alla rivoluzione industriale. Queste idee sono totalmente irrilevanti per il Vicino Oriente e per la sua conoscenza della lotta per la liberazione.

MC: Al di fuori dell’Islam, la sinistra può solo offrire solidarietà e incoraggiamento.

GA: Credo che quello di cui sta parlando è produrre distintivi, sciarpe e berretti con la bandiera palestinese. Questo è indubbiamente bello. Cito sempre Lacan al riguardo. Lacan dice che fare l’amore è in pratica masturbarsi tramite un’altra persona. In questo senso, la nozione di solidarietà sella sinistra è in pratica “masturbarsi alle spese degli oppressi”. Non sono affatto impressionato da questo concetto.

MC: Questo potrebbe essere vero per alcuni tipi di attivismo, ma non è giusto fare la caricatura in questo modo della maggior parte della solidarietà della sinistra verso i palestinesi. La Freedom Flottilla era molto più che produrre distintivi e sciarpe. Ci sono molti giornalisti ed attivisti che hanno fatto degli sforzi seri ed efficaci per sostenere i palestinesi all’interno della sinistra – alcuni di loro hanno anche dato la vita per mantenere accesa la comunicazione. Per di più, anche i distintivi e le sciarpe sono serviti allo scopo al fine da non farci dimenticare.

GA: Si dà il caso che fossi ad Atene e Nicosia quando la flottiglia è partita. Lavoravo a stretto contatto con la Freedom Mission, ho tenuto conferenze e fatto interviste. Ero anche in contatto con degli attivisti ad Istanbul. Posso dirle che la Freedom Mission per Gaza è davvero una mossa rinvigorente all’interno del movimento solidale. I cosiddetti sinistroidi all’interno di questo movimento di certo non sono spaventati dall’Islam o da Hamas. Di sicuro rispettano la scelta democratica palestinese. Li ammiro per questo e vorrei essere stato a bordo con loro.

MC: Tornando alla sinistra e l’Islam, tuttavia l’Iran giustificato potrebbe percepire Israele come la vera minaccia medio-orientale; i sindacalisti se la stanno passando alquanto male in Iran di questi tempi, ad esempio. Cosa pensa che la sinistra potrebbe o dovrebbe fare?

GA: Innanzitutto, io non parlo di sinistra in Iran, Iraq o Palestina. Io parlo della sinistra qui in Europa. La prima cosa da fare è accettare il concetto dell’alterità. Ad esempio: lottare per Hamas in quanto organo eletto democraticamente; lottare per Hezbollah che fornisce una fiera resistenza ad Israele; sostenere un progetto nucleare iraniano come mezzo di difesa; sostenere il diritto dei musulmani di amara il loro dio e di combattere in suo nome. Queste cose cono piuttosto basiche ed elementari. La sinistra deve anche rendersi conto che le comunità di migranti musulmani in occidente sono le prime a soffrire di oppressione culturale, razziale, politica e sociale. Se la sinistra vuole mantenere una rilevanza etica ed ideologica, deve unire le forze con questi gruppi etnici. È persino possibile che la sinistra occidentale abbia già perso il treno; questo significherebbe che appartiene alla storia.

MC: Non posso davvero essere d’accordo con alcune delle cose che dice. Generalmente la sinistra è molto cosciente del bisogno del rispetto delle differenze culturali nell’Islam e ha fatto più di ogni altro raggruppamento politico sia di destra che di centro per stabilire legami e per sfidare la discriminazione sofferta dai gruppi di migranti. Come per il cristianesimo, il giudaismo e le altre religioni, anche l’Islam ha le sue colpe.

GA: Se questa è la questione, come spiega il fatto che la sinistra abbia accettato così lentamente Hamas? Quanti sinistroidi sostengono la resistenza irachena? Ed i talebani? Lei sostiene qualcuno di loro? Non posso essere d’accordo con la sua affermazione sull’Islam e le altre religioni.. le sta usando un tipico approccio liberale suprematista. Si pone in una posizione elitaria immaginaria al di sopra e oltre il suo soggetto di critica. Se si vuole criticare un organo di pensiero lo si può fare solo usando i mezzi della decostruzione, rintracciando l’incoerenza interna. Per poterlo fare si deve prima raggiungere una familiarità ragionevole con il soggetto. Questo è, a proposito, quello che cerco di fare con il sionismo e l’identità ebraica. Ovviamente, sono argomenti per me abbastanza familiari per poter decostruire i vari tipi di argomenti ebraici. Sono meno familiare con il concetto di giudaismo e lo lascio fuori.

MC: non c’è nulla di suprematista nella domanda – dico esplicitamente che tutte le religioni hanno le loro colpe – ma mi faccia essere più chiara: le donne e gli omosessuali sono stati oppressi dalla maggior parte se non tutte le religioni in misura maggiore o minore. Criticare l’Islam per la stessa oppressione non implica in alcun modo né che il problema sia solo di questa religione, né che la questione sia perfetta altrove.

GA: Miriam, lei qui sta implicando che mentre l’identità cristiana o ebraica “è andata avanti”, l’Islam è stato “lasciato indietro”. Per essere onesto con lei, devo ammettere che la dicotomia tra il “Progressivo” ed il “Reazionario” è un altro sintomo dell’opposizione binaria del giudaismo all’interno del discorso della sinistra. ‘Essere progressivi’ è solo un altro modo di dire ‘essere eletti’.

MC: L’oppressione è l’oppressione, come l’occupazione è l’occupazione.

GA: Mi dispiace, ma non sono affatto d’accordo con lei. C’è una netta differenziazione tra il discorso occidentale liberale che esalta l’individualismo ed il discorso orientale tribale che valorizza la famiglia, la comunità e la cultura. Lei tende a credere di possedere un qualche sistema etico superiore che le permette di giudicare gli altri assetti culturali a lei estranei. Lei non è certo la sola. Questa è la natura della cultura popolare all’interno del discorso post-illuminista. Io invece sostengo che la vera tolleranza sta nella capacità di accettare anche quando non si riesce a comprendere. Personalmente tratto le donne e gli omosessuali con rispetto totale e mi batto per la loro eguaglianza all'interno del mio ambiente. Tuttavia, piuttosto che criticare alcune culture islamiche, cerco di afferrare il loro approccio politico e religioso nei confronti di gruppi diversi. Credo che chiunque affermi di tenere alla solidarietà dovrebbe fare lo stesso.

Ma prima di andare avanti, mi permetta di riferirmi al suo ultimo punto.

Finché si sostiene che “l’atteggiamento di X nei confronti di Y è oppressivo da un punto di vista liberale”, potrebbe essere corretto, potrebbe essere valido e logico. Tuttavia, una volta che si afferma che “l’atteggiamento di X nei confronti di Y è oppressiva in modo categorico”, allora il discorso non è diverso da quello di un neo-conservatore o di un interventista morale. Di base, si pretende di essere migliori e più etici di X.

Queste problematiche non sono semplici. Potrei fornire una soluzione , ma suppongo di essere riuscito a formularne la complessità.

MC: Allora in che modo questo discorso è diverso dalla sua intolleranza verso ciò che anche i sionisti sosterrebbero sia la loro cultura ed il loro credo nell’essere gli eletti e tutto quello a cui ciò ha portato?

GA: In effetti è molto semplice. I crimini sionisti vengono commessi a spese degli altri.

MC: Lei dice di essere un umanista. Non c’è alcun argomento umanista che possa giustificare la mutilazione genitale femminile e la miseria che provoca alle donne per tutta la vita.

GA: Come lo sa? Non riesce a capire che per rendere valida una tale affermazione ci si deve posizionare al di sopra ed oltre il discorso umanista? Tuttavia, ovviamente io capisco il suo punto di vista da una prospettica occidentale. Diffido in un appello all’intervenzionismo morale. E mi permetta di correggerla. Io non reggo la bandiera umanista. Sto cercando la nozione di umanitarismo. Per quanto ne possa dire, è una nozione dinamica. Come l’etica, deve essere sempre rimodellata e rivista.

MC: Mi rendo conto che non tutti i musulmani approvino la mutilazione genitale. Ma queste cose sono tanto malate quanto le altre. Ancora, ci sono mali simili nella maggior parte se non in tutte le religioni, le società e le culture – non è per distinguere l’Islam.

GA: Sono contento che ne abbia parlato, poiché per quanto ne sia consapevole, e non sono esattamente un esperto della questione, la mutilazione genitale femminile non è del tutto prescritta dall’Islam. Tuttavia, solo per dire che non ricordo di essermi mai imbattuto in una critica liberale o di sinistra riguardo un simile rituale ebraico del sangue che implica l’aspirazione di sangue ed il tagliuzzare l’organo sessuale dei neonati (Brit Mila). A quanto pare i genitori ebrei, sia secolari che religiosi, lasciano che un rabbino faccia la circoncisione ed aspiri il sangue dei loro figli appena 8 giorni dalla loro nascita. Come spiega il fatto che un rituale così barbarico abbia luogo in mezzo a noi? Perchè non provoca scandalo? Perchè lei stessa non protesta contro di esso?

MC: Non è possibile che un umanista guardi dall’altra parte ovunque accada qualcosa di inumano, chiunque ne sia il responsabile. Credo che in questo lei stia usando due pesi e due misure. Lei difende la mutilazione genitale sul piano culturale, ma descrive un simile rituale ebraico come barbarico.

GA: È alquanto ovvio che nel momento in cui mi riferisco ad un rituale ebraico del sangue lo stia criticando da un punto di vista occidentale per mezzo della decostruzione. Vivo in occidente, tendo a capire l’ideologia occidentale e la sua cultura e riesco ad indicare una chiara discrepanza tra i diritti umani di un bambino ed un rituale di sangue. Tuttavia, sono molto meno convinto del fatto che i liberali occidentali abbiamo la capacità di accettare un giudizio etico riguardanti culture considerate remote rispetto ai valori ed allo stile di vita occidentali. E c’è ancora una questione in sospeso – perché il pensiero liberale sia così preoccupato della mutilazione genitale femminile in Africa, ma non affatto turbato da un simile rituale ebraico del sangue che è praticato in mezzo a noi.

MC: Ad ogni modo, passiamo alla prossima domanda. Che i musulmani – o chiunque altro ovunque – debbano essere liberi di lottare per la libertà da invasioni violente e occupazione, è assiomatico per la maggior parte delle persone, sebbene non per i pacifisti, ovviamente. Invocare dio per la causa è sempre stato un disastro, vero?

GA: Davvero? Ecco dove tende ad esprimere la sua intolleranza nei confronti della fede altrui. Le più grandi architetture e sinfonie furono di fatto create nel contesto di un dialogo con dio. La resistenza islamica che sconfigge Israele e l’imperialismo occidentale, che sia in Iraq, Afghanistan, Gaza o nel Libano del sud, è ispirata da Allah. Perché è così irrispettosa nei confronti di dio? Di fatto, credo che lei non riesca a individuare l’importanza dell’Islam all’interno del contesto della resistenza araba ed internazionale. È curioso, seppur tragicamente comune, tra i sinistroidi. E come ho detto in precedenza, questo spiega perché la sinistra ha perso la sua rilevanza.


MC: Ci sono molte affermazioni infondate in ciò che dice, ma dovremmo lasciarle in sospeso. È stato un dibattito interessante. Dovremmo essere d’accordo sul fatto che divergiamo su una serie di cose. Grazie per la conversazione.

GA: Ha fatto molto piacere anche a me e spero davvero che la differenza che c’è tra noi porterà ad un ulteriore dibattito e a molte altre prese di coscienza.

Titolo originale: "Touching Left, Islam, Israeli Lobby, Chomsky and Many other Hot Topics "

Fonte: www.gilad.co.uk
Link
27.06.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO


www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&...
[Modificato da LiviaGloria 21/07/2010 22:11]
21/07/2010 17:59
 
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di Mauro Manno

Solo pochi anni fa, chi osava porre questa domanda veniva subito tacciato di «antisemitismo». E non solo da sionisti o ebrei, ma soprattutto da personaggi di ’sinistra’. Dopo la guerra contro l’Iraq, che Israele è riuscita a far fare per procura agli Usa, ciò non è più possibile. Due rispettabili studiosi americani, Mearsheimer e Walt, con dovizia di particolari, hanno provato che Israele, attraverso la sua lobby in America, ha il potere di determinare la politica estera USA a suo vantaggio.

Fa meraviglia che oggi la cosiddetta ’sinistra’, e non solo quella non-alternativa, sia scivolata nel pantano ripugnante dei sostenitori del sionismo, delle colonie, di Israele, e dei suoi innumerevoli e sempre nuovi crimini? No nessuna meraviglia. É la logica conseguenza di scelte sciagurate di tanti anni fa. Quando si definisce il sionismo ‘lotta di liberazione degli ebrei’, di tutti gli ebrei, anche dei non-sionisti o dei non israeliani, allora è logico dire che chi si oppone a Israele, cioè al frutto della ‘lotta di liberazione’, è solo un «antisemita», non vuole che gli ebrei siano liberati, li vuole semplicemente sopprimere. Ma se il sionismo è la ‘lotta di liberazione degli ebrei’, perché tanti ebrei, comunisti, socialisti, semplicemente democratici, si sono opposti al sionismo? erano contro la loro liberazione?Perché oggi questo genere di persone continua ad esistere nella comunità ebraica mondiale?

Una lotta di liberazione è tale perché libera un territorio da una potenza coloniale, non dai suoi abitanti. Il sionismo invece ha patteggiato con l’impero britannico il possesso della Palestina e infine l’ha ‘liberata’ dei suoi abitanti palestinesi, per costruire uno Stato che oggi costituisce la punta di diamante dell’imperialismo occidentale, quello americano in testa.

Prima ancora che lo dicessero i sionisti o Israele, la ’sinistra’ italiana, confondendo sionismo e ebraismo, lanciava a destra e a manca facili accuse di «antisemitismo». Oggi che la destra storica è filo-israeliana perché è filo-imperialista e filo-americana, la sinistra si trova spiazzata. Gli antisemiti storici sono diventati filo-semiti, Fini e la stessa Mussolini sono buoni amici di Israele, anzi accusano la ’sinistra’ di tradire Israele e di essere inconsapevolmente a fianco dei ‘terroristi’. Gli unici «antisemiti» oggi sono gli anti-imperialisti, gli «anti-americani», coloro che combattono il sionismo e Israele.

Fassino si dichiara apertamente e senza vergogna ’sionista’, Bertinotti sostiene che “è difficile criticare Israele”, la maggior parte dei sostenitori di Israele però preferisce tacere, il che, davanti ai crimini di guerra e quelli contro l’umanità che Israele commette tutti i giorni (oggi a Gaza e in Libano), equivale a un chiaro sostegno. Chi tace acconsente. I più ‘coraggiosi’ si spingono tanto in avanti da sussurrare a labbra strette che le risposte di Israele “sono sproporzionate”. Sproporzionate? Distruggere un paese, uccidere centinaia di civili, creare un disastro umanitario dislocando 1 000 000 persone per ottenere il rilascio di due soldati rapiti è solo una risposta ’sproporzionata’?

Si dice poi che quella di Israele è ‘una risposta’ al rapimento dei soldati e quindi in qualche modo la si giustifica. Una risposta? Chi ha cominciato a rapire militanti palestinesi, o a ucciderli, in retate e assalti ai territori palestinesi. Sono circa 8 000 i palestinesi rapiti, in carcere senza processo e accuse, come a Guantànamo, ci sono anche donne e ragazzi. Ci sono ancora resistenti libanesi nelle prigioni israeliane, rapiti in tempi di pace, anche se la resistenza all’occupazione del Libano meridionale ha cacciato gli Israeliani nel 2000. Di questi i nostri ’sinistri’ o ’sionistri’ non dicono niente?

Ma «Israele ha il diritto di difendersi» dice Bush su suggerimento di Olmert. «Israele ha il diritto di difendersi» grida la sionistra in coro, compreso Bertinotti. Certo è naturale, chi è attaccato ha diritto di difendersi. Non lo si può certo negare. Ma le cose non stanno così. Gli attaccati, dal 1948, sono i palestinesi, l’intero mondo arabo. Si toglie loro la Palestina, la si dà ai sionisti, si impedisce la nascita di uno Stato palestinese, si conquistano e non si rendono territori arabi, si sommergono i paesi vicini di profughi palestinesi, si invadono e si distruggono con mille pretesti i paesi vicini, e tutto questo non è attaccare? Per chi accetta l’esistenza dello Stato sionista, nato da un sopruso imperialista e non da una ‘lotta di liberazione’, è logico dire che esso è attaccato, soprattutto perché è alleato dell’Occidente. E poi è uno Stato «democratico» e chi lo attacca è «terrorista». Per chi non accetta lo Stato sionista, proprio perché è nato da un sopruso imperialista (anche se camuffato con il travestimento della ‘Legalità Internazionale’), è logico schierarsi con gli oppressi, con i palestinesi, con i senza Stato, i profughi, i «terroristi». Noi proponiamo che in Palestina si giunga al più presto alla costituzione di un solo Stato Democratico per palestinesi ed ebrei (un uomo, un voto). Come è successo in Sud Africa. Ma questo comporta lo scioglimento dello Stato sionista per soli ebrei, uno Stato di apartheid. Come era il Sud Africa prima della liberazione.

Perché questa posizione ragionevole e democratica, che permetterebbe, tra l’altro, agli ebrei di liberarsi veramente della loro mentalità da ghetto (Israele è uno Stato-Ghetto per soli ebrei), non si afferma nel mondo tra i democratici, nella sinistra, anche se essa si richiama a valori umanitari, di uguaglianza, di tolleranza, ai princìpi di democrazia e di libertà? Qualcuno dirà: perché la sinistra ha tradito i suoi stessi principi e valori fondanti. Certo. Ma questa risposta non ci soddisfa.

Torniamo alla domanda iniziale: Esiste la lobby ebraica?

Per Jeff Blankfort, un ebreo anti-sionista coerente e coraggioso,la risposta è SI ! Dal suo scritto possiamo capire come gli Stati Uniti d’America, avendo venduto le loro istituzioni parlamentari alla lobby ebraica, si presentino in Medio Oriente operando contro quei principi di libertà e uguaglianza che tanto spesso proclamano essere i valori fondanti della loro democrazia. Certo gli Stati Uniti sono imperialisti, ma cosa ci guadagnano dall’essere complici e responsabili della mancata nascita di uno Stato palestinese, seppur piccolo e striminzito? Cosa perdono invece, con la loro incondizionata politica pro-israeliana, in termini di influenza presso i paesi arabi? Non sono poi Israele e la lobby ebraica che spingono gli Stati Uniti contro i popoli arabi? Cosa ci guadagnano oggi gli Stati Uniti acconsentendo alla distruzione del Libano? La lezione dell’11 settembre non sono stati capaci di capirla bene. Forse perché la lobby ebraica americana ha impedito che si sviluppasse un dibattito serio sui frutti di una politica estera totalmente pro-israeliana. L’imperialismo americano, pur restando imperialista, avrebbe tutto da guadagnare da un atteggiamento più equidistante. Anzi riuscirebbe forse a perseguire meglio i suoi obiettivi almeno in relazione ai regimi arabi filo-occidentali che hanno sempre più difficoltà a gestire le masse arabe solidali con i palestinesi e fortemente anti-israeliane e sempre più anche anti-occidentali.

In Italia, esiste la lobby ebraica? Non solo esiste ma è forte e, fatto grave, non ha oppositori o persone che ne denunciano la pericolosità. Il partito Radicale di Pannella-Bonino-Capezzone prende soldi e ordini da Tel Aviv. Il governo (con le nostre tasse) gli paga, stupidamente, la gestione faziosa e sionista di Radio Radicale. Perché sono tanto interessati a piazzare loro accoliti in ministeri come gli Esteri, la Difesa, le Relazioni col Parlamento europeo? Perché non la Sanità, la Pubblica Istruzione, per esempio? A parte le considerazioni sulla loro forza elettorale, è chiaro che a loro interessano quei ministeri che hanno a che fare con gli Stati Uniti e Israele. Perché si muovono da destra a sinistra a seconda delle possibilità di vittoria dell’uno o l’altro polo? Per entrare comunque al governo, qualsiasi esso sia, per fare gli interessi d’Israele.

E veniamo al Giornale-Partito-Sionista-Italiano “La Repubblica” dell’ebreo sionista De Benedetti. Schierato con la sionistra esercita una grande influenza sul gruppo dirigente DS e in mille modi ne condiziona la politica e la cultura. É riuscito a sostituire ‘L’Unità’ come giornale del partito di maggior peso nell’Unione, con la sua’Repubblica’. Esercita anche una nefasta influenza culturale nella società. I DS, non più un partito di militanti ma un movimento elettorale e d’opinione, non erano più in grado di mantenere in vita, con le sottoscrizioni e i festival, il giornale del partito, per cui hanno accettato l’offerta di sionizzarsi con De Benedetti. Il glorioso ‘L’Unità’ di un tempo è stato dato in gestione ad un altro ebreo sionista, Furio Colombo, ex-uomo Fiat e amico di Kissinger, che lo mantiene in vita con i denari (ancora) di De Benedetti. La lobby ebraica italiana, come il Partito Radicale, lavora a destra e a sinistra, sui due tavoli del potere. Così è riuscita a piazzare Feltri al giornale ‘Libero’ di Berlusconi, e in più vari suoi uomini in altri giornali e alla televisione. Mieli alla direzione del ‘Corriere’, l’esagitata Fiamma Nierenstein alla ‘Stampa’, Clemente Mimoun, al TG1, il suo amico Enrico Mentana a Canale 5, Gad Lerner alla 7. Ci limitiamo ai posti dirigenti, non accenniamo nemmeno ai semplici giornalisti. La comunità ebraica italiana conta circa 40 000 membri. C’è una città italiana con una popolazione di queste dimensioni da cui provengono tanti direttori di giornali e telegiornali così importanti? Immaginate tanti direttori di giornali r TV provenienti da Merano (Meran) e tutti osannanti alla politica austriaca o tedesca. C’è evidentemente una strategia di attenzione ai Media italiani da parte della lobby ebraica italiana (e internazionale). La stessa strategia risultata vincente in America. Oggi poi dobbiamo aggiungere Sky (in America: Fox) del famigerato Rupert Murdoch, australiano di nascita, ma da madre ebrea e quindi vero ebreo. Questo amico di Sharon ha avuto un ruolo mondiale importante nell’orientare l’opinione pubblica a favore della guerra in Iraq e a favore di Israele. É uno strumento importante nella cosiddetta «guerra al terrore» di USA e Israele, o meglio di USrael. Tutti se la prendono con gli sciocchi vanitosi sionisti di bandiera Ferrara e Fede, nessuno nota le vere forze vive del sionismo in Italia.

Manno Mauro è membro di Tlaxcala (http://www.tlaxcala.es/), la rete di traduttori per la diversità linguistica. Quest’articolo è in Copyleft: è
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21/07/2010 20:45
 
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La natura del sionismo

E’ immaginabile che un italiano o un francese o un tedesco decida di ‘dimissionare’ dal popolo al quale appartiene? Una domanda strana questa e credo nessuno se la sia mai posta. O almeno non in questi termini. Noi non decidiamo in seno a quale popolo nasciamo e di solito cresciamo acquisendo naturalmente la lingua, la cultura, il modo di pensare e di sentire del popolo a cui apparteniamo. A scuola poi studiamo la storia della nostra nazione; di solito gli insegnanti cercano di farci appassionare ad essa, con incerti risultati. Talvolta però, noi giudichiamo la nostra storia, cioè il nostro passato. Può ben darsi che da adulti decidiamo di rigettare aspetti della storia del popolo a cui apparteniamo. E’ molto probabile, per esempio che un tedesco che abbia una forte sensibilità democratica, una buona cultura e una discreta intelligenza, venendo a conoscenza dei crimini del nazismo, decida di rigettare totalmente quel periodo sciagurato della storia della sua nazione. Lo stesso, verosimilmente, accade, nei confronti del fascismo ad un italiano che comprende di quali crimini si sia macchiato il nostro paese a causa di quella ideologia nazionalista, guerrafondaia e colonialista. Aver contribuito a scatenare la seconda guerra mondiale, essere intervenuti in Spagna in una guerra civile che non ci riguardava, aver voluto costruire un impero coloniale (tra l’altro quando i tempi erano maturi per la decolonizzazione e i popoli sottomessi già si apprestavano ad affossare gli imperi coloniali di Francia e Inghilterra), aver fatto ricorso ad armi chimiche proibite dalla convenzione di Ginevra contro gli etiopi e i somali, ecc., sono tutte cose di cui c’è poco da andar fieri. Qualche altra volta non è solo un breve periodo della nostra storia che noi rigettiamo. Talvolta sentiamo che un aspetto del nostro carattere nazionale non ci soddisfa, quasi ce ne vergogniamo; vorremmo non essere stati e non essere in un determinato modo. A più di un francese il senso tradizionale della « Grandeur » e il nazionalismo d’oltralpe può, a ragione, dare fastidio. Ad un italiano, il nostro eccessivo cinico particolarismo e il tradizionale menefreghismo possono risultare insopportabili, come pure l’ipocrisia e il servilismo delle classi dirigenti verso le ‘autorità’ religiose. Immagino che un inglese colto, che conosca bene la letteratura del suo paese, debba sentirsi poco a suo agio quando considera che i più grandi scrittori del suo paese, da Chaucer a Shakespeare, da Thackeray a Dickens, da Kipling a Orwell abbiano potuto apertamente o velatamente esporre nelle loro opere atteggiamenti o idee antisemite e razziste. La stessa persona non credo possa andare fiera della storia dell’impero britannico. Un individuo non è certo responsabile del passato della sua nazione, tuttavia, questa considerazione (consolatoria) non può impedire di aver l’obbligo di assumerci, in casi simili a quelli menzionati, tutte le responsabilità della storia della nostra nazione e quindi prendere l’impegno che cose del genere non accadano più. Un individuo continua a sentirsi italiano, francese, tedesco o inglese, ben inteso, perché quel periodo incriminato della storia o quell’aspetto del carattere nazionale non è tutta la storia del suo paese, tutto il carattere nazionale. Ci sono stati periodi storici di cui non solo uno non deve vergognarsi ma addirittura deve andarne fiero; e così pure ci sono altri aspetti del carattere nazionale che uno sente come molto positivi e a cui tiene particolarmente. Non si pensa certo di « dimissionare » dal proprio popolo perché nella storia esso ha conosciuto talvolta il disonore o perché non piace un aspetto del carattere o del modo di essere del proprio popolo.



Perché allora l’ebreo Bertell Ollman vuole dare le dimissioni dal popolo ebraico?[1]



Sionismo, un’ideologia e una pratica aggressiva e colonialista



Perché mai questo ebreo americano, professore universitario di Studi Politici prova una terribile angoscia, come dice lui stesso, all’idea di morire ebreo?

Questa angoscia e questa paura più forte della morte gli derivano dal sionismo, cioè dall’ideologia oggi dominante, ma non unica, nel popolo ebraico. Un’ideologia che è alla base del movimento di colonizzazione della Palestina, iniziato alla fine del 19° secolo, acceleratosi dopo la Dichiarazione di Balfour (1917) e consolidatosi robustamente con la fondazione dello « stato ebraico » nel 1948 e con la sua espansione ancora

in corso dal 1967 ad oggi. Il progetto sionista nasce dunque molto prima dell’Olocausto e della spartizione della Palestina. Quest’ultima fu concepita dall’imperialismo britannico negli anni ’30. Precedentemente i britannici, con la Dichiarazione di Balfour, avevano accettato l’idea di una « Jewish National Home » in Palestina e ne avevano favorito la creazione incoraggiando la colonizzazione ebraica sotto la protezione del mandato sulla Palestina che avevano ottenuto dalla Società delle Nazioni dopo il crollo dell’impero ottomano. Dopo varie rivolte dei palestinesi contro la colonizzazione delle loro terre (1922, 1929, 1936) la Gran Bretagna concluse che si dovesse arrivare ad una spartizione e alla formazione di due stati. Tutto questo senza consultare il popolo palestinese, ma con una semplice imposizione imperialista. Fu incaricata di redigere il documento una commissione parlamentare, la commissione Peel. Il movimento sionista però, fin dall’inizio, aveva affermato chiaramente che suo obiettivo finale era la creazione di uno stato ebraico su tutta la Palestina mandataria con l’aggiunta delle alture del Golan, il sud del Libano e la Transgiordania (oggi Giordania). Un obiettivo che andava ben aldilà dello stesso territorio della Palestina storica. Il progetto di spartizione fu considerato come un compromesso provvisorio, utile fintantoché le condizioni non fossero mature per la realizzazione dell’obiettivo finale. Ben-Gurion, allora alla testa del movimento sionista, presentò ai suoi il progetto britannico di spartizione in questi termini:



Lo stato ebraico che oggi ci si offre non è l’obiettivo sionista. In questa ristretta regione non è possibile risolvere la questione ebraica. Ma può servire come fase decisiva sulla strada di una più sostanziale realizzazione sionista. Esso permetterà di consolidare in Palestina, nel più breve tempo possibile, quella reale forza ebraica che ci porterà al nostro obiettivo storico. (Ben-Gurion, citato in Norman G. Finkelstein, Image and Reality of the Israel-Palestine Conflict, Verso, Londra e New York, seconda edizione, 2003, p. 15).



E in una lettera al figlio qualche tempo dopo, lo stesso Ben-Gurion chiariva meglio il suo pensiero:



Lo stato ebraico, scriveva, avrà “un potente esercito – non dubito che il nostro esercito sarà uno dei più potenti del mondo – e così non ci si potrà impedire di stabilirci nel resto del paese, cosa che noi faremo o con accordo e mutua comprensione con i vicini arabi o altrimenti” (David Ben-Gurion, citato in Norman Finkelstein, Ibidem.)



La posizione di Ben-Gurion divenne subito la posizione di tutto il movimento sionista e il 10 ottobre 1937, il rappresentante sionista in Egitto, Feivel Polkes, ribadiva perentoriamente a due inviati del III Reich, uno dei quali era …. Adolf Eichman, che:



Lo stato sionista deve essere fondato con ogni mezzo e appena possibile ... Quando lo stato ebraico sarà stato fondato secondo le attuali proposte contenute nel documento della Commissione Peel, e in linea con le promesse parziali dell'Inghilterra, allora i confini potranno essere spostati ulteriormente in avanti secondo i nostri desideri” (citato in Lenni Brenner, “Zionism in the Age of the Dictators”, cap. 8.



Dopo la spartizione iniziarono subito l’espansione e la pulizia etnica.



Negli ultimi tempi, come Bertell Ollman, tanti altri ebrei si sono espressi contro Israele e il sionismo, suscitando grande scandalo tra gli altri ebrei e tra i goy (non ebrei). Senza timore di andare contro corrente, essi si sono messi alla testa non solo di coloro che condannano Israele per la violazione dei diritti umani dei palestinesi, per la sua politica in Medio Oriente o per la sua perniciosa influenza sui governi americani, ma soprattutto di coloro che si oppongono all’esistenza stessa di uno stato ebraico. Si oppongono cioè al cosiddetto «diritto di Israele ad esistere» in quanto stato sionista per soli ebrei.

Costruire uno stato etnicamente puro o comunque dominato fortemente da una sola etnia, la quale viene fatta affluire a poco a poco dall’esterno, su una terra già abitata da un altro popolo è semplicemente un progetto criminale che non può portare altro a tutta la regione se non sangue, sventure, violenza, ingiustizia e instabilità per decine e decine di anni. A circa 60 anni dalla fondazione dello stato di Israele, ciò è esattamente quello che in Medio Oriente ancora accade. Israele sostiene che ciò avviene perché gli arabi non accettano gli ebrei, perché sono antisemiti. La lotta di Israele quindi sarebbe una lotta per la sua difesa, per la sua sopravvivenza, per impedire un altro Olocausto antisemita. Sono pure falsità: gli arabi non sono antisemiti e non vogliono cacciare gli ebrei dal Medio Oriente; torneremo su questo punto nell’ultimo capitolo del nostro scritto. Per ora chiediamo: si può accettare di essere cacciati dalla propria terra da qualcuno a cui non si è mai fatto alcun male? Si è antisemiti se si rivendica e si lotta per tornare nella terra dei propri avi? Ed è innocente chi si è appropriato con la violenza e l’inganno della tua casa e dei tuoi beni, ha compiuto un’operazione di pulizia etnica e di deportazione e ti ha ridotto allo stato di profugo? La fondazione di Israele è stata resa possibile, e oggi lo riconoscono anche gli storici israeliani, proprio e solo da una gigantesca operazione di pulizia etnica che ancora perdura. Cosa c’è di più aggressivo di una pulizia etnica e di una deportazione (il politically correct sionista vorrebbe che usassimo il termine più innocuo « tranfer »)? Nel 1948 furono espulsi dalla Palestina oltre 750 000 palestinesi ed oggi costoro e i loro discendenti sono diventati 5 milioni e vivono sparsi in vari paesi arabi, il più delle volte in campi profughi e in condizioni disumane o sono sotto occupazione militare nei territori occupati. L’espulsione dei palestinesi dalla loro terra ha causato gravi danni ai popoli dei paesi vicini. Il Libano, la Giordania, l’Egitto, la Siria, l’Iraq, soprattutto. Il più delle volte i profughi sono stati accusati di aver portato povertà, violenza, disordine sociale, ecc. sono stati perciò attaccati, perseguitati e spesso massacrati, con grande gioia di Israele, dai libanesi (durante la guerra civile), dai giordani (nel 1970), per esempio. Nel 1991, in 400 000 sono stati espulsi dal Kuwait, oggi sono perseguitati in Iraq dagli sciiti che li accusano di essere stati favoriti da Saddam. Succede che dei paesi poveri vedendo arrivare migliaia di profughi, se la prendano con loro, soprattutto se in questo sono incoraggiati da politici arabi corrotti, dagli Stati Uniti d’America o da Israele come accadde a Sabra e Chatila nel 1982. Ma l’aggressività di Israele non è solo limitata ai palestinesi. Per esempio, Israele non è certo indifferente alle recenti sventure dell’Iraq, dopo il regime di Saddam Hussein. Per assicurarsi una posizione di dominio sul mondo arabo, lo stato sionista ha sempre cercato di dividere i popoli e i paesi di quella regione. Ha anche cercato di distruggere qualsiasi rivale potenzialmente forte e capace di unificare tutti i nemici dello stato sionista. L’Iraq era, o poteva essere, questo paese. Di recente molti hanno cominciato a riconoscere il ruolo della lobby ebraica negli Stati Uniti (AIPAC) e gli sforzi degli ebrei neoconservatori sionisti presenti in forza nell’amministrazione Bush per ottenere le sanzioni contro l’Iraq prima e poi l’invasione di questo paese. Oggi Israele spinge per dividere il popolo iracheno in entità etniche deboli e volge lo sguardo verso quello che definisce il nuovo nemico: l’Iran. Un gran numero di spie e istruttori militari israeliani sono già presenti nel Kurdistan iracheno e operano in funzione anti-Iran. Israele si muove all’interno di una spinta strategica americano-sionista tesa a servirsi del territorio curdo in funzione anti-iraniana, ciò richiede di tenere buoni i curdi per rassicurare gli sciiti d’Iraq e soprattutto la Turchia, la quale dovrebbe essere anch’essa coinvolta in una possibile avventura militare contro Teheran.

Nel passato, prima della guerra all’Iraq, altri paesi arabi sono stati vittime di Israele. L’Egitto di Nasser nel 1956, la Giordania e la Siria nel 1967, il Libano nel 1982.

Nel 1956, la Francia e Inghilterra erano potenze coloniali in decadenza ma possedevano ancora la società che gestiva il canale di Suez, con relativi consistenti guadagni. Quando Nasser decise di nazionalizzare questa società che era un vero e proprio stato nello stato, Francia e Inghilterra, per ragioni di geopolitica e soprattutto di sfruttamento economico, decisero di far intervenire le loro cannoniere e i loro aerei per rovesciare il governo nasseriano. In tutta questa faccenda Israele non c’entrava per niente eppure si affrettò a entrare in guerra accanto ai colonialisti franco-britannici invadendo il Sinai. L’aggressività del giovane stato sionista, la volontà di infliggere una sconfitta ad un paese arabo e la possibilità di dimostrare ai paesi colonialisti quanto potesse essere utile un’alleanza con Israele contro le forze antimperialiste arabe, furono i fattori che spinsero i sionisti ad immischiarsi in una guerra che non li riguardava. Il risultato di quella guerra fu catastrofico per Francia e Inghilterra perché furono costrette ad accettare la nazionalizzazione del Canale da parte dell’Egitto e videro tramontare definitivamente le loro velleità interventiste. Chi invece ne guadagnò fu proprio Israele che si accreditò come un sicuro alleato dell’Occidente nella regione. La Gran Bretagna e la Francia lo ricompensarono del suo aiuto con la fornitura di tecnologie nucleari che permisero ai sionisti, negli anni ’60, di costruirsi un arsenale atomico con cui minacciare i popoli del Medio Oriente. Un arsenale atomico che oggi sfugge completamente a qualsiasi controllo ONU. Sia ben chiaro, ciò è avvenuto per volontà degli americani e dell’Occidente, cioè degli stessi che, per molto meno (ricerca scientifica in campo nucleare), oggi vogliono isolare l’Iran e addirittura parlano di attaccarlo con armi atomiche.

Nel 1967, Israele, ormai in possesso della bomba nucleare, con una guerra preventiva, attaccò la Giordania, la Siria e l’Egitto. Colti di sorpresa, male armati e peggio preparati, questi paesi cedettero ampi spazi di territorio. La Giordania cedette Gerusalemme Est e la Cisgiordania, terre palestinesi che l’ONU aveva affidato al regno ascemita. L’Egitto cedette la striscia di Gaza, già allora popolata di profughi palestinesi, e abbandonò anche il territorio egiziano del Sinai. La Siria fu sconfitta sulle alture del Golan che Israele prontamente incamerò pur non essendo mai stata questa regione abitata da ebrei. Cisgiordania e Gaza sono rimaste occupate e sono state colonizzate dal 1967 ai giorni nostri. La farsa del processo di pace di Oslo non ha mai fermato la colonizzazione. Oggi Israele ha deciso di chiudere i palestinesi nella cinta muraria dell’apartheid e di incamerare unilateralmente le migliori terre della Cisgiordania, Gerusalemme Est, dove si trovano i luoghi santi dell’Islam e della cristianità, e la fertile valle del Giordano ricca di acqua, così preziosa in quella regione. Il Golan fu anch’esso colonizzato e militarizzato, dopo essere stato liberato dei suoi importuni abitanti siriani naturalmente, e ancora perdura questo stato di cose. Il Sinai invece fu restituito all’Egitto quando Sadat accettò di accordarsi con Israele, passando nel campo americano. Il Sinai tuttavia fu completamente smilitarizzato e la sovranità egiziana su di esso fu fortemente ridotta. Israele infatti si assicurò la presenza di osservatori Onu in funzione anti-egiziana. Oggi è un luogo di vacanza per turisti israeliani (imprese israeliane vi hanno costruito decine di alberghi) e per turisti occidentali. Un buon business per gli imprenditori di Tel Aviv.

Nel 1982, toccò al Libano di essere aggredito dai sionisti. Fu proprio Sharon che penetrò nel paese vicino e giunse fino a Beirut. Lì, armò la mano di una fazione di libanesi « cristiani », i falangisti, perché massacrassero i profughi palestinesi inermi dei campi di Sabra e Chatila. Con la complicità degli Stati Uniti di Reagan, espulse l’OLP da Beirut. Alleandosi alle fazioni cristiane maronite accese la miccia di una guerra civile che doveva durare 7 anni e causare centinaia di migliaia di morti. Infine, ritirandosi da Beirut costituì la cosiddetta « fascia di sicurezza » in suolo libanese che per vent’anni ha gestito insieme con un altro gruppo cristiano, i traditori dell’Esercito del Libano del Sud (ELS). Da questa « fascia di sicurezza » l’esercito israeliano è stato cacciato dai patrioti di Hezbollah nel 2002.

Il sionismo non è quindi una ideologia politica innocente e pacifica ma nella sua storia si è reso responsabile di varie guerre di aggressione, non di difesa, di centinaia di migliaia di morti, di immani sofferenze inflitte ai palestinesi e agli altri popoli della regione. La presenza dello stato sionista su terre arabe è foriera di guerra e distruzione per chissà quanti anni a venire.


Sionismo, ideologia razzista, pulizia etnica e apartheid.



Si dice che il sionismo non sia altro che la forma di nazionalismo adottata dal popolo ebraico. In realtà, non tutti gli ebrei sono sionisti e molti non sono nemmeno nazionalisti. Vi sono ancora ebrei internazionalisti o marxisti come Bertell Ollman i quali rifiutano ogni forma di nazionalismo in quanto ideologia borghese e reazionaria. Molti di più erano gli ebrei comunisti e internazionalisti nel passato, al punto da far dire ai nazisti che il comunismo era un complotto ebraico. I nazisti preferivano gli ebrei sionisti e li aiutarono a colonizzare la Palestina. Non riuscivano invece ad accettare gli ebrei comunisti o internazionalisti. Ma non solo quelli. Dopo i comunisti, i nazisti perseguitavano gli ebrei assimilazionisti, cioè quelli ebrei che avevano famiglie miste e si consideravano tedeschi, polacchi, italiani ecc., a secondo dei paesi dove vivevano. I sionisti, invece, erano accettati ed è chiaro perché: nazisti e sionisti si trovavano d’accordo su una cosa: la concezione del nazionalismo. Secondo i sionisti, la Germania apparteneva ai tedeschi, alla razza ariana e gli ebrei avevano bisogno di separarsi da loro, fondare uno stato popolato esclusivamente da ebrei, uno stato che non esisteva e che andava fondato in Palestina. Questo avveniva prima dell’Olocausto quando i sionisti collaborarono con tutti i dittatori allora esistenti, non solo i nazisti, ma anche i fascisti, gli ultranazionalisti antisemiti polacchi e perfino con l’impero del Sol Levante. Tutto questo è confermato da due libri di un internazionalista ebreo che vive in America, Lenni Brenner, il quale ha raccolto i documenti storici che gli hanno permesso di ricostruire questa pagina vergognosa del sionismo. La ricerca storica minuziosa è contenuta nei due libri “Zionism in the Age of the Dictators” (1982) e “51 documents of the Collaboration of Zionism with Nazism” (2004). Questi libri fondamentali non sono stati tradotti in italiano ma almeno uno dei due, il primo, si può trovare in inglese sul web. I sionisti odiavano gli ebrei internazionalisti perché essi non volevano « una patria ebraica » e perché, per esempio, erano pronti a dare la loro vita per la libertà della Spagna durante la guerra civile spagnola invece di sacrificarsi per costruire lo stato sionista. I sionisti consideravano gli internazionalisti dei pazzi idealisti che lottavano per tutta l’umanità e in quanto pazzi idealisti erano irrecuperabili. Ma i sionisti odiavano più di ogni altra cosa quegli ebrei che non volevano emigrare in Palestina ma desideravano integrarsi nel paese in cui erano nati, magari sposare una donna o un uomo non di razza ebraica e vivere come un qualunque cittadino di quel paese. Erano gli assimilazionisti, i quali quando erano nazionalisti lo erano nel senso che sostenevano la nazione del paese in cui vivevano. Molti furono gli ebrei che partirono volontari nella prima guerra mondiale e si sacrificarono per unire all’Italia le terre irredente. Vi furono addirittura ebrei fascisti che sostenevano l’espansione coloniale italiana in Africa e sostenevano il nazionalismo revanchista di Mussolini. Uno di questi era, per esempio, il rabbino di Padova Felice Ravenna che si incontrò a Tripoli con il governatore Balbo. Alla fine dell’incontro fu emesso il seguente comunicato:



S.E. il Governatore della Libia ha ricevuto in lungo e cordiale colloquio l’avvocato Felice Ravenna, Presidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, ed ha esaminato con lui le condizioni degli ebrei della Libia. Il governatore ha espresso all’avvocato Ravenna viva simpatia per la laboriosa, disciplinata e morale popolazione ebraica, che partecipa attivamente alla vita della nuova Italia mussoliniana d’Oltremare. (Citato in Renzo De Felice, Storia degli ebrei Italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, 1993, p. 203)



Ancora più decisa era la posizione del generale Liuzzi che nel 1936 in un opuscolo intitolato ‘Per il compimento del dovere ebraico nell’Italia Fascista’ attaccava i suoi correligionari con queste parole:



E’ indispensabile e urgente che le nostre Comunità abbiano nell’Unione una superiore autorità responsabile del loro risanamento e che pertanto alla loro testa vengano messi uomini nuovi che posseggano le capacità di sapere e di voler fare, che dispongano cioè di un’anima ebraica non soltanto italiana del passato, ma profondamente e sicuramente fascista dell’avvenire. Equivoci e malintesi, vecchie radici massoniche e vincoli internazionali devono essere sicuramente banditi da tutti noi quali errori e tradimenti superati o trapassati. Anche qui si tratta di lottare e vincere nell’interesse della Patria [italiana] oltrechè nostro. (Ibidem, p. 225)



Dire che sionisti e nazisti avessero concezione del nazionalismo assai simili è un’accusa grave. Non la lanciamo con leggerezza o per puro intento di propaganda. Approfondiamo l’argomento. Nel periodo in cui nacque il sionismo, alla fine del XIX secolo, in Europa vi erano due concezioni contrapposte dell’idea di nazione e di nazionalismo. Da una parte vi era la concezione democratica nata durante la rivoluzione francese e figlia in via diretta dell’illuminismo. Secondo questa concezione, era compito di tutti i cittadini costruire nella propria nazione un ordine sociale che garantisse i principi di libertà, fratellanza e uguaglianza. Questi erano i principi democratici condivisi della nazione e su questi principi ogni cittadino doveva concorrere a costruire un ordine sociale razionale e giusto, indipendentemente da sesso, razza, lingua, religione, provenienza, ecc. Lo stato-nazione, non più proprietà del re per grazia divina, veniva quindi edificato su un accordo consensuale di tutti i cittadini, i quali erano considerati, sulla base egualitaria, i suoi elementi fondanti. L’uguaglianza veniva intesa esclusivamente in termini di diritti civili e politici e non economici e quindi era foriera di disuguaglianze sostanziali dovute alla ricchezza e all’influenza che la ricchezza porta con sé. La teoria marxista affronterà questo punto e cercherà di porvi rimedio sostenendo che l’uguaglianza politica debba essere fondata sull’uguaglianza economica e che questa è realizzata con l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione. Ma essendo il capitalismo un fenomeno internazionale, i proletari di tutti i paesi si devono unire e giungere all’abolizione dei mezzi di produzione in tutti i paesi capitalisti, da qui la parola d’ordine ‘proletari di tutti i paesi unitevi!’ Così la nazione stessa perde significato e viene sostituita dal concetto di internazionalismo proletario. Comunque, la teoria dello stato-nazione nata dalla rivoluzione francese costituiva pur sempre un enorme passo avanti nella storia dell’umanità e ci si sarebbe aspettato che diventasse presto patrimonio comune dell’Europa intera. Gli ideali della rivoluzione francese furono sparsi su tutto il continente dalle armate napoleoniche e produssero una serie di rivoluzioni nazionali nel corso del secolo. Ma verso la fine del secolo, come reazione all’illuminismo e al razionalismo, si andò lentamente affermando in Germania e nell’est europeo un’altra concezione di nazione, non democratica e non egualitaria ma romantica, secondo la quale non tutti gli individui nascono uguali ed essi sono uniti tra loro da legami più profondi, più naturali, rispetto all’accordo consensuale della concezione democratico-rivoluzionaria francese. Secondo la concezione romantica, l’individuo è parte di una comunità organica, unita da una storia, una lingua, una religione, un folklore, una origine, un sangue comuni. Ogni comunità o nazione di questo tipo deve essere riunita sotto uno stato comune che esclude altre comunità o individui non corrispondenti alle caratteristiche dominanti. Vi sono ragioni storiche di questa diversa evoluzione ad ovest e ad est del fiume Reno.



Nell’Europa occidentale, – scrive lo storico Zeev Sternhell – il nazionalismo è comparso subito nella sua forma politica e giuridica. La nazionalità si è affermata con il lungo processo di unificazione dei regni. I popoli ai quali questi regni davano un potere centrale e una stessa capitale, erano di fatto composti da popolazioni così differenti quanto potevano esserlo dei vicini di religioni, culture, lingue ed etnie diverse. Anche le frontiere erano funzione della potenza. E se i relativi tracciati, nel caso di trattati – di pace o d’altro, - finivano con il separare popolazioni di una stessa lingua, di una stessa cultura, questo destino era accettato. La Francia, la Gran Bretagna e la Spagna costituiscono gli esempi più rappresentativi di una tale situazione. A est del Reno invece, i criteri di appartenenza nazionale non erano politici ma culturali, linguistici, etnici e religiosi. Le identità polacca, rumena, slovacca, serba o ucraina non si sono determinate come espressione di una fedeltà ad un’autorità centrale ma hanno preso forma intorno alla religione, alla lingua e al folklore sentiti come altrettante manifestazioni delle caratteristiche biologiche o razziali specifiche. A differenza di paesi come la Francia, la Gran Bretagna o la Spagna, qui la nazione ha preceduto lo stato. In questi paesi si capiva il pensiero di Herder, non quello di Locke, Kant, Tocqueville, John Stuart Mill o Marx. (Z. Sternhell, Sionismo e Nazionalismo, in Giancarlo Paciello, La conquista della Palestina, C.R.T., Roma, 2004, p. 136-7).



Questa concezione era gravida di conseguenze nefaste. Si può rintracciare in essa l’origine del pangermanesimo e, aggiungendovi, anzi semplicemente accentuando, il concetto di razza, vi si può scoprire l’origine del nazismo (un popolo, una nazione, una lotta). Il sionismo nascente aderì a questa concezione. Secondo Theodor Hertzl, il fondatore del sionismo, gli ebrei, ovunque essi si trovassero, non appartenevano alle nazioni in cui vivevano e non dovevano aderire al patto democratico dei cittadini della loro nazione, ma dovevano far valere la loro origine, la loro storia, il loro sangue e prestare fedeltà solo alla nazione ebraica, indipendentemente dalla lingua che parlassero e dalla cultura a cui appartenessero. La nazione ebraica doveva quindi separarsi dalle altre e fondare un proprio stato. Questo stato si pensò di fondarlo in Argentina, in Africa, poi, infine, si decise per la Palestina. Il sionismo non era in origine un movimento religioso ma tuttavia scelse la Palestina proprio per il richiamo religioso che la « Terra di Israele » esercitava sugli ebrei di fede giudaica. Lo studioso sionista tedesco Hans Kohn riconosce apertamente la derivazione del sionismo dalla concezione di nazione di origine germanico-romantica. Egli afferma che il pensiero di Hertzl derivava proprio dalle « fonti germaniche » che egli così sintetizza:



Secondo la teoria tedesca, la gente di origine comune (…) dovrebbe formare uno stato comune. Il Pan-Germanesimo si fondava sull’idea che tutte le persone di razza, sangue e origine germanici, ovunque vivessero e a qualunque stato appartenessero, dovevano la loro fedeltà principalmente alla Germania e dovrebbero diventare cittadini dello stato tedesco, la loro vera patria. Essi, e addirittura i loro padri e antenati, potevano essere vissuti sotto cieli ‘stranieri’ o in ambienti ‘diversi’, ma la loro ‘realtà’ interiore profonda rimaneva tedesca. (Hans Kohn, citato in Norman Finkelstein, Op. Cit., p.8).



Si provi ad immaginare per un attimo a cosa sarebbe successo se tutti i popoli avessero adottato questa concezione. Non sono bastate le innumerevoli guerre etniche fratricide che hanno avuto luogo nei Balcani da oltre un secolo? L’esempio della Jugoslavia tra il 1990 e il 2000 è ancora vicino a noi e ci permette di comprendere l’assurdità di questa concezione. Non per niente la comunità internazionale si è mobilitata per ripristinare (assai ipocritamente in verità) il rispetto delle minoranze, l’inammissibilità delle pulizie etniche e il principio degli stati multi-etnici. Si pensi al Ruanda e al genocidio dei tutsi da parte degli hutu. Si pensi allo sterminio degli armeni da parte dei turchi. Cosa succederebbe oggi se il principio degli stati etnici fosse seguito in Cina, in India e nella stessa Europa? Il sionismo ha seguito questo principio. La storia successiva della pulizia etnica dei palestinesi era già inscritta in questo tipo di nazionalismo dall’inizio.


Sionismo come « socialismo » nazionale pseudo-liberale.



Un elemento che ha contribuito a fare la fortuna del sionismo, soprattutto catturando l’immaginazione di quella sinistra che da tempo ha abbandonato il marxismo, è stato quello di essersi presentato, almeno fino al 1977, data del primo governo della destra in Israele, come «socialismo» nazionale (anche se, dopo i governi di destra in Israele - quelli di Begin, di Shamir, di Netanyahu e di Sharon - dopo la scomparsa dei kibbutz e di ogni traccia di ‘socialismo’, le illusioni della sinistra sono dure a morire, come la pigrizia mentale d’altronde). Scrive sempre Zeev Sternhell sul ‘socialismo’ nazionale:



L’ideologia del socialismo nazionale nasce in Europa tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX. Si propone come la vera soluzione, puntando a sostituire le ideologie marxista e liberale. Il suo postulato – il primato della nazione – trova le premesse nel socialismo premarxista di Proudhon. E’ un’ideologia che presenta la nazione come un’entità storica, culturale o biologica. Per preservare il suo avvenire e proteggersi dalle forze che scalzano la sua armonia, la nazione deve consolidare la sua unità interna, spingendo tutte le sue componenti alla missione comune. Per questa nuova ideologia, il liberalismo e il marxismo costituiscono il più grande pericolo che, nel mondo moderno, minacciano la nazione. Il liberalismo, perché concepisce la società come un’aggregazione di individui in eterna lotta per un posto al sole, una sorta di mercato selvaggio, la cui sola ragione d’esistenza è di soddisfare gli egoismi dei singoli, quelli dei più forti ovviamente e il marxismo, perché sostiene che la società è divisa in classi nemiche impegnate in una lotta senza pietà tanto più inevitabile in quanto iscritta nella logica interna del capitalismo. (Op. Cit., p. 135)



Il « socialismo » nazionale rifiuta categoricamente la lotta di classe e l’internazionalismo proletario. La sua singolarità consiste nel fatto che esso aderisce al principio del primato della nazione, la quale è posta in posizione assolutamente prevalente rispetto a qualsiasi altro aspetto, rinnegando così i principi universalistici del socialismo. Tuttavia, se pure rinnega il marxismo, il ‘socialismo’ nazionale non rinuncia a voler risolvere a suo modo la questione sociale. Rifiutando i principi marxisti, primo fra tutti l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, il « socialismo » nazionale afferma di voler risolvere la questione sociale con una critica ai settori parassitari del capitale, alla rendita, alla grande finanza, agli speculatori, ai borsisti, a tutti coloro che dispongono facilmente di denaro e non lo investono attivamente creando posti di lavoro e facendo crescere la società e la nazione. Costoro vengono definiti, parassiti, plutocrati, usurai, perché si arricchiscono solo loro senza benefici per la nazione. Ci si rivolge al « lavoratore » (certo non al « proletario », naturalmente), al contadino, al negoziante, all’artigiano e a quei settori del capitale produttivo, il borghese ‘positivo’ che investe e rischia il suo denaro nella produzione. Ovviamente, il « socialismo » nazionale non intende affatto cambiare la società, né mai esso ha preso provvedimenti per eliminare il ceto dei parassiti, degli speculatori, dei finanzieri tanto criticati. Anzi i provvedimenti principali sono diretti contro gli operai, costretti in corporazioni, senza sindacati, senza partiti politici che li rappresentino in modo autonomo. Gli operai vengono invece iscritti, con le buone o con le cattive, nel partito nazionale, associati nelle sue istituzioni, arruolati nell’esercito. Il socialismo « nazionale » è infatti un’ideologia aggressiva che punta alla conquista di territori altrui per metterli a disposizione della propria nazione e per impadronirsi delle loro ricchezza (colonialismo). E’ anche un’ideologia razzista che ritiene la propria nazione superiore alle altre. Nella storia, il « socialismo » nazionale si è realizzato prevalentemente sotto forma di sistema antidemocratico e reazionario, anzi decisamente dittatoriale. La sua forma più brutale è stata il nazismo (Nazional Socialismus), ma anche il fascismo mussoliniano può essere considerato una forma di « socialismo » nazionale. Vi è tuttavia anche una forma di « socialismo » nazionale con caratteristiche pseudo-democratiche. Tale è il sionismo; tali sono certe forme di ‘socialismo’ nazionale nel terzo mondo (la Corea del Sud al tempo degli agglomerati industriali nazionali, prima che questi fossero minati dalla globalizzazione liberista).

Il movimento laburista prese la direzione e il controllo della colonizzazione sionista durante gli anni trenta e al momento della proclamazione di Israele furono i laburisti a guidare politicamente lo stato e a deciderne le strutture sociali ed economiche. Fondamento di questo ordine sociale è l’Histadrut, l’onnipotente corporazione dei ‘lavoratori’ e degli industriali. Non è un sindacato, come spesso si dice, ma una struttura nazionale che inquadra « i lavoratori » e « le altre forze produttive » e affida a tutti la medesima missione nazionale. L’Histadrut possiede banche, imprese nel settore dell’industria pesante, degli armamenti, dei lavori pubblici e delle costruzioni, possiede anche la maggiore centrale nazionale di distribuzione dei prodotti agricoli, catene di grandi magazzini e negozi. L’Histadrut controlla l’intero settore cooperativo, si occupa dei contratti tra lavoratori e le imprese che gli appartengono, gestisce direttamente la Cassa Malattia Nazionale, dispone di ospedali, scuole, case di riposo e pubblica un proprio giornale, il Davar. In Israele solo l’esercito è un’organizzazione più capillare e meglio organizzata dell’Histadrut. Tuttavia, seppur meno capillare dell’esercito, questa istituzione è un vero stato nello stato e fornisce al parlamento gran numero di parlamentari e buona parte degli uomini di governo, di sinistra e sorprendentemente, (per chi ha schemi in testa), anche di destra. Dopo l’Histadrut e l’esercito, vengono le altre istituzioni politiche e sociali che completano il quadro. In seguito alla fondazione di Israele, furono sempre i laburisti a dirigere lo stato, fino agli anni settanta quando persero le elezioni a vantaggio del partito del Likud. Questo è un partito seguace di Wladimir Jabotinsky, amico personale del Duce. [Egli chiese, tra l’altro, a Mussolini, di contribuire alla formazione di un nucleo di ufficiali di marina che sarebbe diventato in seguito la marina di Israele. E, naturalmente, il Duce lo accontentò. Così, tra il 1934 e il 1937, fu aperta a Civitavecchia una scuola marittima per aderenti all’organizzazione sionista « Betar », ramo giovanile del partito di Jabotinsky.]

La destra una volta salita al potere non ha mai combattuto l’Histadrut, il cosiddetto « sindacato », come fa la destra in tutte le democrazie parlamentari e in tutti i regimi capitalistici liberali con i sindacati veri. Questo perché l’Histadrut non è un sindacato ma un’organizzazione nazionale di lavoratori, di capitalisti e di boiardi di stato, i cui dirigenti vengono scelti ogni 4 anni sulla base di liste presentate da tutti i partiti politici. Attualmente i dirigenti laburisti dell’Histadrut detengono una risicata maggioranza interna rispetto ai rappresentanti della destra.

La struttura della società nazionale israeliana è retta da alcune leggi e istituzioni che hanno poco a che vedere con le istituzioni e le leggi di una democrazia liberale. Facciamo alcuni esempi: prima di tutto non esiste in Israele una costituzione, cioè una carta costituzionale.Perché mai? Come mai un paese che si vanta di essere « democratico » anzi l’unica democrazia in Medio Oriente non ha una costituzione? Ebbene Israele non ha una costituzione perché non può averla. Se dovesse provare a scrivere una costituzione laica, gli ebrei religiosi o fanatici, che considerano Israele la realizzazione di una promessa messianica, si rivolterebbero contro lo stato. Se dovesse invece scrivere una costituzione religiosa, moltissimi sarebbero gli ebrei atei o laici che abbandonerebbero il paese per cercare in Occidente quel poco di tolleranza e libertà che vedrebbero sparire del tutto nello stato sionista. Incredibilmente e diversamente da tutte le democrazie liberali, Israele non ha un corpo di leggi che riguarda il potere giudiziario. Anche qui, un corpo di leggi di carattere laico urterebbe contro l’antico codice religioso, l’« Halachà », seguito dai potenti tribunali rabbinici, che si intromettono in tutte le faccende dello stato. In queste condizioni si preferisce procedere come se nulla fosse; se non che, certe leggi sono laiche (quando non urtano troppo i religiosi) ed altre sono religiose (se non urtano troppo i laici). Tutti sanno, per esempio che non esiste il matrimonio laico in Israele, per cui se un cittadino di Israele vuole sposarsi fuori dall’autorità dei rabbini, ebbene… deve farlo all’estero. Potrebbe addirittura farlo in un paese musulmano come la Giordania o la Turchia. Il potere dei rabbini è talmente forte che costoro costringono gli ebrei riformati (una nuova forma di giudaismo nata negli Stati Uniti) a rinunciare alla loro fede se vogliono stabilirsi in Israele. Lo stato sionista li accetta comunque e questo crea un contrasto tra settori dello stato e autorità religiose. I tribunali rabbinici gestiscono gran parte della ‘giustizia’ e naturalmente lo fanno secondo i dettami della religione. Il potere dei rabbini è talmente forte che non esiste in Israele una cittadinanza « israeliana ». Sulle carte di identità si troverà scritto « ebreo » se si è ebreo (laico o religioso non importa); si troverà « arabo » se si è palestinese, cioè ‘cittadino di secondo rango. Si vive nello stesso stato di Israele ma non si è « israeliani »; si è o « ebrei » o « arabi ». Questo ha anche una valenza non religiosa. Se esistesse la cittadinanza « israeliana » questo vorrebbe dire che gli ebrei non israeliani sarebbero considerati o non cittadini di Israele o non ebrei. Lo stato di Israele infatti è uno stato « ebraico », cioè uno stato per tutti gli ebrei del mondo, indipendentemente se essi risiedono in Israele o meno. Inoltre una eventuale carta d’identità con sopra scritto « nazionalità israeliana » metterebbe sullo stesso piano ebrei e palestinesi, cosa che in uno stato « ebraico » non deve avvenire. Questo è il retaggio assurdo del sionismo.
21/07/2010 20:46
 
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La natura del sionismo si esplicita soprattutto, forse, in un’altra legge, « la legge del ritorno ». Essa dà diritto a tutti gli ebrei del mondo di emigrare in Israele ma, contemporaneamente, nega lo stesso diritto ai palestinesi che sono stati espulsi. Il fatto che la « Terra d’Israele » sia stata destinata, per legge, all’esclusivo godimento degli ebrei (di tutto il mondo) ha un’altra assurda conseguenza: un arabo o un gentile (cioè un non-ebreo, detto goy, o goyim in ebraico) d’Europa o d’America non può acquistare proprietà ebraica in Israele. Si può capire (ma non approvare) la ragione per cui si impedisca ad un arabo, palestinese o non, di acquistare una casa o una terra in Israele; si vuole impedire, cioè, che la terra d’Israele possa ridiventare araba. Quindi un palestinese espulso da Israele nel 1948 (o i suoi discendenti) non possono acquistare la casa e le proprietà che gli furono tolte durante la sua espulsione. Ma non è tutto. Un arabo israeliano può acquistare proprietà solo da altri arabi israeliani, mai da un ebreo; non può neanche acquistare terre sequestrate ai palestinesi dei territori occupati (queste devono andare solo agli ebrei); solo un ebreo invece può acquistare da un arabo israeliano e solo un ebreo ha il titolo di ricevere (quasi gratuitamente) proprietà palestinesi sequestrate dallo stato israeliano nei territori occupati. Ma non basta ancora; se un goy, che vive fuori da Israele, volesse acquistare in Israele una villetta o un appezzamento di terreno per costruirvi un albergo o semplicemente per coltivarlo, non potrebbe farlo. La proprietà della terra e delle case deve restare in mani ebraiche, altrimenti si rischierebbe sempre di perdere l’ebraicità della terra d’Israele. Potrebbe succedere, per esempio, che una organizzazione di carattere umanitario raccogliesse dei fondi e acquistasse terre e proprietà in Israele e poi le lasciasse in eredità ad alcuni profughi palestinesi del Libano o di altrove. Non sia mai! I risultati della pulizia etnica sarebbero vanificati. Si osservi il seguente paradosso: è ovvio che un ebreo israeliano può acquistare proprietà in Europa, America o altrove (molti israeliani hanno proprietà in due paesi) ma un goy che vive fuori da Israele non può acquistare proprietà in Israele. Cosa succederebbe se fosse proibito a un ebreo di qualsiasi paese di acquistare proprietà in un paese qualsiasi diverso da Israele? Sarebbe naturalmente ritenuto antisemitismo da tutti gli ebrei del mondo. Ma Israele non pratica forse una discriminazione simile o molto simile all’antisemitismo contro gli arabi e i non-ebrei?

Dal punto di vista politico le cose non stanno meglio. Vi è infatti una legge che impedisce a qualsiasi partito o gruppo che non accetta i principi del sionismo di presentarsi in parlamento o di competere nella campagna elettorale. Se un gruppo di ebrei o arabi israeliani o misto si presentasse alle elezioni con un programma politico finalizzato alla trasformazione dello stato sionista in uno stato democratico per ebrei e palestinesi, esso verrebbe immediatamente escluso dalla competizione elettorale e messo al bando. Vige poi un sistema elettorale assolutamente antidemocratico e discriminatorio nei confronti dei cittadini arabi di Israele (20% della popolazione). Secondo questo sistema, alle elezioni politiche, non si vota per candidati ma solo per partiti, non ci sono cioè preferenze. Sono poi i dirigenti dei partiti che decidono chi debba andare alla Knesset (parlamento). In questo modo le direzioni dei partiti discriminano pesantemente verso i palestinesi e portano al parlamento solo un numero limitato di rappresentanti palestinesi rispetto al numero dei votanti palestinesi. In questo modo si fa votare i palestinesi per i sionisti. Ci si aspetterebbe che quel 20% di elettori palestinesi fossero rappresentati dal 20% di deputati. In realtà i deputati palestinesi non superano mai il 10% degli eletti in parlamento.

Ma la cosa più abnorme è chiaramente il fatto che lo stato sionista non ha ancora confini definiti. Sembrerebbe una cosa da niente ma ha conseguenze assolutamente importanti e non solo ripercussioni internazionali. In una democrazia liberale come la Francia o la Gran Bretagna, tutti gli individui che si trovano all’interno dei confini dello stato godono degli stessi diritti politici. Questo non accade in Israele. Dopo l’occupazione dei territori palestinesi nel 1967, Israele allargò, unilateralmente, i suoi confini inglobando anche i territori occupati dove oggi vivono quasi 4 milioni di palestinesi. Ma queste persone pur essendo all’interno dei confini che Israele riconosce come suoi (e provate ad attraversarli e vedrete cosa vi succede!) non hanno mai goduto dei diritti di cui godono gli ebrei e nemmeno dei diritti dei già discriminati arabi israeliani. Viceversa gli ebrei che vivono fuori dai confini riconosciuti a Israele dalla comunità internazionale e che si sono stabiliti nei territori occupati godono degli stessi diritti degli ebrei di Israele, anzi ricevono particolari vantaggi economici e legislativi proprio perché si sono stabiliti nei territori occupati. Con le « trattative » di Oslo, Israele ha pensato di risolvere questa contraddizione razzista. Si è visto come è andato a finire, per Sharon e Olmert, ma anche per i laburisti, cioè per tutti i sionisti, Israele deve continuare a conservare gli stessi confini raggiunti dopo la guerra del 1967 (la risoluzione 242 dell’ONU sancisce invece che lo stato ebraico deve ritornare ai confini di prima del 1967). Così lo stato dei palestinesi, se mai sorgerà, sarà costituito dall’8% della loro patria storica e verrà racchiuso, col Muro dell’Apartheid, dentro il territorio israeliano. Esattamente la stessa cosa che stava succedendo ai bantustans neri entro la Repubblica Sudafricana di De Clerck e soci razzisti. La lotta sionista è sempre stata la lotta per prendere la terra dei palestinesi, senza i palestinesi e l’anomalia tutta israeliana, che cioè i due partiti, il laburista e il likud, sia in alternanza al governo sia più spesso uniti, pratichino la stessa identica politica di pulizia etnica e di discriminazione contro i palestinesi prova che questi partiti hanno buttato alle ortiche i principi di uguaglianza tra tutte le persone ed agiscono discriminando in base alla razza e la religione delle persone che vivono in Palestina. Fanno questo in nome degli interessi supremi della nazione ebraica e dello stato-nazione sionista. Come può Israele aspirare a diventare un paese normale?! Come può la comunità internazionale definire Israele uno stato « democratico » e accoglierlo nel suo seno permettendogli di fare tutto ciò che vuole?! In realtà quando l’Occidente parla di « comunità internazionale » intende solo se stesso. La vera comunità delle nazioni non ha mai veramente e in modo democratico e rappresentativo sancito la nascita di Israele. La risoluzione sulla spartizione della Palestina, la 181, fu imposta ai palestinesi quando l’ONU era costituito da soli 56 paesi [oggi sono 191] e fu votata a maggioranza ristretta da paesi che nel 1947 non rappresentavano più del 18% della popolazione mondiale di allora.

Sionismo e antisemitismo



Abbiamo parlato dell’odio che i sionisti hanno per gli ebrei assimilazionisti, a ragione del loro rifiuto di emigrare in Israele. Quest’odio traspare evidente dalla lunga intervista che un personaggio molto vicino a Sharon concesse allo scrittore Amos Oz nel 1982, poco dopo la conclusione dell’avventura militare israeliana in Libano:



Se anche lei mi provasse – dice il nostro sionista all’intervistatore - con matematica precisione che l'attuale guerra nel Libano è una sporca guerra immorale, non m'importerebbe. Dirò di più: anche se lei mi provasse che noi non abbiamo raggiunto e non raggiungeremo mai alcuno dei nostri obbiettivi in Libano, e che neppure potremo creare in Libano un regime amico né sconfiggere i siriani e neppure 1'OLP, nemmeno allora mi importerebbe. Questa guerra valeva comunque la pena di farla. Anche se la Galilea venisse di nuovo bombardata dai ‘katjusha’ entro un anno, anche di questo in fondo non m'importerebbe. Noi cominceremmo un'altra guerra, uccideremmo e distruggeremmo ancora e ancora finché quelli ne avranno abbastanza. E lo sa lei perché ne vale la pena? Perché sembra che questa guerra ci abbia reso ancora più impopolari presso il cosiddetto mondo civile.

Non sentiremo più ripetere le assurdità sulla famosa moralità ebraica, sulla lezione morale dell'olocausto o sulla immagine di purezza e virtù degli ebrei emersa dalle camere a gas. Facciamola finita. La distruzione di Eyn Hilwe (è un peccato che non abbiamo spazzato via del tutto questo nido di calabroni [ si tratta di un villaggio libanese, n.d.t.] ), il salutare bombardamento di Beirut e quel modesto massacro (si può chiamare massacro l'uccisione di cinquecento Arabi nei loro campi?) che avremmo dovuto compiere con le nostre delicate mani invece di lasciarlo fare ai falangisti, queste ottime operazioni hanno troncato finalmente tutti quei merdosi discorsi su ‘un popolo eccezionale, faro per tutte le nazioni’. Basta con questo popolo eccezionale, buono, faro di civiltà, sbarazziamocene.

Personalmente non desidero affatto essere migliore di Komeini o di Breznev, o di Gheddafi, di Assad o della signora Thatcher e nemmeno di Harry Truman che ammazzò mezzo milione di giapponesi con due belle bombe. Io voglio solo essere più intelligente, più veloce e più efficiente di loro, non più buono o più bello.. secondo lei i cattivi di questo mondo se la passano male? se qualcuno prova a toccarli, quelli gli tagliano le mani e anche le gambe, sono cacciatori che inseguono e acchiappano tutto quello che gli par buono da divorare. E non soffrono di indigestione e il Cielo non li punisce. Io voglio che Israele si associ a questo club cosi, forse, alla fine il mondo comincerà a temermi invece di compatirmi. Forse allora cominceranno a tremare, a temere il mio furore invece che ammirare la mia nobiltà. Grazie a Dio! Lasciateli tremare, lasciate che ci chiamino uno stato aggressivo, lasciate che capiscano che siamo un paese selvaggio, pericoloso per i popoli che ci circondano, non normale, e che potremmo diventare feroci se uccidono uno dei nostri figli, anche uno solo. Lasciate che pensino che potremmo perdere ogni controllo e bruciare tutti i pozzi petroliferi del Medio Oriente. Se, Dio non voglia, succedesse qualcosa a suo figlio, lei parlerebbe come me. Si rendano conto a Washington, a Mosca, a Damasco, in Cina che se uno dei nostri ambasciatori venisse ammazzato o anche un console o uno dei giovanissimi addetti d'ambasciata, noi potremmo scatenare la terza guerra mondiale solo per questo. (…)

Mi lasci dire qual è la cosa più importante, il frutto più dolce della guerra in Libano: è che loro ora, non solo odiano Israele, ma grazie a noi odiano anche quei feinschmecker [palati delicati, n.d.t.] di ebrei di Parigi, Londra, New York, Francoforte, Montreal che se ne stanno nei loro gusci. Alla fine ora odiano anche queste belle anime di Yids che dicono di essere diversi da noi di non essere come Thugs israeliani, ma ebrei puliti ed educati. Ma non gli servirà a niente, a questi Yids cosi per benino, come non è servito all'ebreo assimilato di Vienna e di Berlino che pregava gli antisemiti di non confonderlo con i vocianti e puzzolenti giudei dell'est, perché lui si era liberato dai costumi degli sporchi ghetti di Ucraina e Polonia. Lasciamoli gridare che loro condannano Israele, che sono nel giusto, che non vogliono far del male nemmeno a una mosca, che preferiscono essere ammazzati che ammazzare, che si sono assunti il compito di mostrare ai gentili come essere buoni cristiani porgendo sempre l'altra guancia.. Questo non gli porterà alcun vantaggio. Ora stanno subendo questo odio a causa nostra. E io le confesso che per me questo è un piacere. Questi sono gli stessi Yids che hanno convinto i gentili a capitolare di fronte a quei bastardi di vietnamiti, a mollare di fronte a Komeini, a Breznev, a impietosirsi per lo sceicco Yamani a causa della sua difficile infanzia e a fare l'amore e non la guerra. O magari a non fare né l'una né l'altra cosa, piuttosto a scrivere un saggio sull'amore e sulla guerra. Con tutto questo abbiamo chiuso. L'ebreo è stato respinto, non solo ha crocefisso Gesù, ma ha crocefisso anche Arafat a Sabra e Chatila, ormai essi sono identificati con noi e questa è una cosa buona, i loro cimiteri vengono dissacrati, le loro sinagoghe incendiate, tutti gli epiteti sono stati rispolverati, vengono espulsi dai club esclusivi, la gente spara contro i loro ristoranti etnici, uccidendo anche i bambini, costringendoli a cancellare tutte le insegne ebraiche, costringendoli ad andarsene o a cambiare professione.

Ben presto i loro palazzi verranno coperti da slogan: Yids, andate in Palestina e sa che le dico? Loro verranno in Palestina perché non avranno altra scelta! Questo è il vantaggio che abbiamo ricevuto dalla guerra in Libano. Mi dica, non valeva la pena? Presto avremo tempi migliori. Gli Ebrei cominceranno ad arrivare, gli israeliani smetteranno di andar via e coloro che se ne sono già andati torneranno. Quelli di loro che hanno scelto l'assimilazione capiranno finalmente che non gli serve a niente cercare di essere la coscienza del mondo. La coscienza del mondo si prenda nel culo quello che non gli è entrato nella testa. I Gentili si sono sempre sentiti insofferenti verso gli ebrei e la loro coscienza e ora gli Yids hanno una sola via d'uscita, tornare a casa, tornarci tutti, presto, per installare grosse porte d'acciaio, per costruire una robusta barriera, per avere mitragliatrici posizionate in ogni angolo della loro barriera e combattere come diavoli contro chiunque osi alzare la voce contro questo paese. E se qualcuno alza la mano contro di noi gli porteremo via metà della sua terra e bruceremo l'altra metà, incluso il petrolio. Possiamo anche usare le armi nucleari. Andremo avanti finché non ce la faranno più.

Ancora oggi sono disposto a offrirmi volontario per fare il lavoro sporco per Israele, per uccidere quanti Arabi è necessario, per deportarli, per espellerli e bruciarli in modo che tutti ci odino, per togliere il tappeto da sotto i piedi degli ebrei della diaspora cosi che essi siano costretti a correre da noi piangendo. Anche se ciò significa vedere saltare per aria una o due sinagoghe qua e la, non m'importa. E non mi preoccupo se a lavoro finito sarò messo di fronte al tribunale di Norimberga e poi messo in carcere a vita. Impiccatemi se volete come criminale di guerra. Cosi voi potete ripulire la vostra ebraica coscienza ed entrare nel rispettabile club delle nazioni civili, che sono ampie e sane. Ciò che voi tutti non capite è che il lavoro sporco del sionismo non è ancora finito. Siamo ancora lontani dalla fine. E' vero, avrebbe potuto essere finito nel 1948, ma voi avete interferito, lo avete fermato. E tutto questo a causa della ebraicità delle vostre anime, a causa della vostra mentalità di diaspora. (…) Perciò sono contento che questa piccola guerra in Libano abbia spaventato gli Yids. Si spaventino pure, soffrano, cosi si affretteranno a tornare a casa prima che venga buio del tutto. Per questo, io sarei un antisemita? Bene. Allora non citi me, citi Lilienblum che non è sicuramente antisemita, tanto è vero che una strada di Tel Aviv porta il suo nome.

(l’intervistato cita leggendo in un quadernetto che era sul suo tavolo)



Tutto ciò che sta accadendo non è forse un segno che i nostri antenati vollero e noi stessi vogliamo, essere perseguitati, che a noi piace vivere come zingari..



e questo è Lilienblum a dirlo, non io. Mi creda ho studiato la letteratura sionista, posso provare quello che dico. E scriva pure che io sono una disgrazia per l'umanità. Non me ne importa, anzi. Facciamo un patto: io farò tutto il possibile per espellere gli Arabi da qui. Io farò tutto il possibile per incrementare l'antisemitismo e lei scriverà poesie e saggi sull'infelicità degli Arabi e si preparerà ad assorbire gli Yids che io costringerò a rifugiarsi in questo paese e ai quali insegnerò ad essere un faro per i Gentili. Cosa ne dice? (Intervista pubblicata sul quotidiano israeliano Davar, il 17 dicembre 1982. http: //www. counterpunch.org/pipermai1/counterpunch-1ist/2001-September/013054.htm1)



L’intervista che abbiamo appena letto è vera al cento per cento, ce lo garantisce lo scrittore Amos Oz, tra l’altro un sionista lui stesso, il quale però si rifiutò di dire il nome della persona intervistata in quanto per poter raccogliere i suoi propositi Oz aveva promesso che non avrebbe mai svelato il nome. Si è a lungo discusso se l’intervistato non fosse in realtà proprio Sharon e si è detto che Oz non abbia voluto svelare il nome per ragioni politiche visto che il personaggio era allora ai vertici della politica israeliana. I propositi sionisti sono stati attribuiti a Shlomo Baum o a Motta Gur, personaggi vicinissimi ideologicamente a Sharon. Il primo, non solo ideologicamente visto che negli anni ’50 era il vice di Sharon nella famigerata Unità 101, diretta proprio da Sharon, un reparto speciale dell’esercito che si macchiò di varie stragi a Gaza e in Cisgiordania. Chi sia la persona intervistata, in realtà, non ha molta importanza. Le cose importanti da dire sono prima di tutto che l’intervista è sicuramente vera, e poi che i contenuti dell’intervista corrispondono ad un modo di pensare che non è fuori dal mondo ma al centro del sionismo, una volta che esso viene sfrondato dalla sua retorica. Quest’ultimo fatto è confermato dallo stesso Oz che successivamente all’intervista affermò di aver ricevuto lettere di numerose persone le quali « si presero il fastidio di scrivere per esprimere la loro totale identificazione con le parole del personaggio » [appendice alla traduzione inglese dell’intervista, apparsa in The Land of Israel, London, 1983, pp. 85-100; traduzione e corsivo miei]. Il personaggio, comunque, ci spiega molto chiaramente che sono i sionisti i primi ad odiare quegli ebrei che si rifiutano di emigrare in Israele e che vogliono integrarsi nel paese d’origine. Egli ci spiega anche come l’antisemitismo sia funzionale, anzi indispensabile al sionismo, perché esso spinge gli ebrei in Palestina. Anzi egli dice che vuole fare « il lavoro sporco » perché si sviluppi l’antisemitismo e questo spaventi gli ebrei assimilazionisti e li spinga in Palestina.

Se i sionisti hanno così tanto bisogno dell’antisemitismo è forse sorprendente che si siano alleati con i peggiori antisemiti della storia? E’ sorprendente che essi accusino gli ebrei marxisti, internazionalisti o assimilazionisti di essere « palati delicati », « ebrei puliti ed educati » o peggio « ebrei che odiano se stessi »? Il sionista intervistato vuole attizzare l’antisemitismo, vuole far odiare gli ebrei per farli fuggire in Israele, per farli contribuire ad ulteriori pulizie etniche, ulteriori massacri di palestinesi. D’altronde il binomio sionismo-antisemitismo era contenuto nella definizione stessa del nazionalismo ebraico. Fin dall’inizio della sua affermazione, l’approccio sionista alla questione ebraica sembrava calcato sulla teoria antisemita. Come gli antisemiti, i sionisti sostenevano che gli ebrei costituivano una presenza estranea nelle società europee le quali « appartenevano » per diritto naturale alle popolazioni prevalenti. L’antisemitismo era anzi per loro una cosa non del tutto negativa in quanto costituiva l’impulso naturale di una società organica che si sentiva minacciata, quasi « infettata » da una comunità estranea, un corpo alieno. D’altra parte l’antisemitismo aveva decisamente l’aspetto positivo (per i sionisti) di operare contro l’assimilazione degli ebrei nel corpo sociale prevalente. L’assimilazione era temuta dagli antisemiti ma era anche quello che temevano i sionisti, cioè che gli ebrei perdessero le loro caratteristiche culturali, religiose e di razza, fondendosi con i popoli. Al contrario, i sionisti lottavano perché gli ebrei conservassero integro tutto il loro patrimonio. Solo se le società prevalenti rigettavano, con il loro antisemitismo, tutti gli ebrei sarebbe stato possibile ai sionisti convincerli ad emigrare in Palestina e costituire lo stato per soli ebrei. Una società liberale, democratica e tollerante che avesse incoraggiato l’integrazione e l’assimilazione degli ebrei nel suo grembo avrebbe rappresentato per il sionismo la più grande minaccia. Il sionismo non ha mai cercato di combattere l’antisemitismo (solo gli ebrei assimilazionisti hanno interesse a farlo e lo fanno effettivamente). Esso ha più che altro cercato un modus vivendi con l’antisemitismo. Da qui la collaborazione col nazismo e col fascismo a cui abbiamo accennato. Da qui le sorprendenti frasi che riportiamo di seguito, con i loro autori, e che possono essere comprese solo se si tiene in debito conto la vera natura del sionismo che noi abbiamo cercato di smascherare.



“Ogni paese può assorbire solo un numero limitato di ebrei, se non vuole avere disturbi nello stomaco. La Germania ha già troppi ebrei.” [Chaim Weizman, presidente dell'Organizzazione sionista mondiale, futuro presidente di Israele, (1912) citato in Lenni Brenner, “Zionism in the Age of the Dictators”, cap. 3].

“Anche noi siamo d'accordo con l'anti-semitismo culturale, in quanto che noi crediamo che i tedeschi di fede mosaica siano un fenomeno indesiderabile e demoralizzante.” [Chaim Weizman, presidente dell'Organizzazione sionista mondiale e futuro presidente di Israele, “The letters and papers of Chaim Weizman”, Letters, Vol. 8, p. 81, 1914].



“L'ebreo è una caricatura di un essere umano normale e naturale, sia fisicamente che spiritualmente. Come individuo nella società si rivolta e butta via le briglie degli obblighi sociali, egli non conosce né ordine, né disciplina.” [Our Shomer “Weltanschauung”, articolo scritto nel 1917 e pubblicato nel dicembre 1936 in Hashomer Hatzair, p, 26, organo dell'Organizzazione Giovanile Sionista].



“Noi ebrei, noi i distruttori, rimarremo dei distruttori per sempre. Nulla che voi facciate darà soddisfazione ai nostri bisogni e alle nostre esigenze.Noi distruggeremo sempre perché noi abbiamo bisogno di un mondo tutto nostro, un mondo divino, che non è nella vostra natura di poter costruire ... quelli tra di noi che non riescono a capire questa verità saranno sempre gli alleati delle vostre fazioni ribelli, fin quando non giungerà la disillusione, il destino maledetto che ci sparse in mezzo a voi ci ha assegnato questo sgradito ruolo.” [Maurice Samuel, “You Gentiles”, p. 155,1924].



“Se noi [sionisti, ndt] non ammettiamo che gli altri abbiano il diritto di essere anti-semiti, allora noi neghiamo a noi stessi il diritto di essere nazionalisti. Se il nostro popolo merita e desidera vivere la propria vita nazionale, è naturale che si senta un corpo alieno costretto a stare nelle nazioni tra le quali vive, un corpo alieno che insiste ad avere una propria distinta identità e che perciò è costretto a ridurre la sfera della propria esistenza. E' giusto, quindi, che essi [gli anti-semiti,ndt] lottino contro di noi per la loro integrità nazionale. Invece di costruire organizzazioni per difendere gli ebrei dagli anti-semiti, i quali vogliono ridurre i nostri diritti, noi dobbiamo costruire organizzazioni per difendere gli ebrei dai nostri amici che desiderano difendere i nostri diritti.” [Jacob Klatzkin, (1925), citato in Jacob Agus, “The Meaning of Jewish History”, in “Encyclopedia Judaica”, vol II, p. 425].



“Ho elaborato una filosofia del Giudaismo affine alla Tendenz spirituale del Fascismo molto prima che quest'ultimo fosse diventato la regola nella società politica italiana.” [Alfonso Pacifici ideologo del sionismo italiano, intervistato da Guido Bedarida, 1932].



“Per i sionisti, il nemico è il liberalismo; esso è anche il nemico per il nazismo; ergo, il sionismo dovrebbe avere molta simpatia e comprensione per il nazismo, di cui l'anti-semitismo è probabilmente un aspetto passeggero.” [Harry Sacher, Jewish Review, settembre 1932, p. 104, Londra].



“L'hitlerismo ... ci ha reso per lo meno un servizio dal momento in cui non ha tracciato una linea di demarcazione tra l'ebreo religioso e l'ebreo apostata. Se Hitler avesse fatto eccezione per gli ebrei battezzati [al cristianesimo], avremmo assistito allo spettacolo poco edificante di migliaia di ebrei che correvano a battezzarsi. L'hitlerismo ha forse salvato l'ebraismo tedesco, che stava assimilandosi fino all'annichilimento.” [Chaim Bialik, “Palestine and the Press, New Palestine, 11 dicembre 1933].



“Vi dico che voi siete più potenti del Signor Hitler (...) noi tutti lo seppelliremo. Ma dovete creare uno Stato ebraico. Sono sionista, io. L'ho detto già al Dr. Weizmann. Dovete avere un vero Stato ebraico e non il ridicolo Home National che gli inglesi vi hanno offerto. Vi aiuterò a creare uno Stato ebraico. La cosa più importante è che gli ebrei abbiano fiducia nel loro avvenire e non si lascino spaventare da quell'imbecille di Berlino”. [Benito Mussolini a Nahum Goldman dell'Agenzia Ebraica internazionale (sionista), il 12 novembre 1934].



“E' un fatto innegabile che gli ebrei presi collettivamente sono infermi e neurotici. Quei professionisti ebrei che, colpiti sul vivo, negano sdegnosamente questa verità sono i più grandi nemici della loro razza, perchè guidano gli altri ebrei alla ricerca di false soluzioni, o, al massimo, di palliativi.” [Ben Frommer, sionista revisionista, (1935), “The Significance of a Jewish State”, in Jewish Call, maggio 1935, p. 10].
21/07/2010 20:47
 
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“I membri delle organizzazioni sioniste non devono essere, date le loro attività dirette verso l'emigrazione in Palestina, trattati con lo stesso rigore che invece è necessario nei confronti dei membri delle organizzazioni ebraico-tedesche (cioè gli assimilazionisti).” [Circolare della Gestapo bavarese indirizzata al corpo di polizia bavarese, 23 gennaio, 1935, pubblicata in Kurt Grossman, “Zionists and Non-Zionists under Nazi Rule in the 1930's”, Herzl Yearbook, vol VI, p. 340].



“Il momento non può più essere lontano ormai in cui la Palestina sarà in grado di nuovo di accogliere i suoi figli che aveva perduto da oltre mille anni. I nostri buoni auguri e la nostra benevolenza ufficiale li accompagnino.” [Reinhardt Heyndrich, capo dei Servizi Segreti delle SS, “The Visible Enemy”, articolo pubblicato in Das Schwarze Korps, organo ufficiale delle SS, maggio 1935].



“Hitler tra qualche anno sarà dimenticato, ma avrà un bellissimo monumento in Palestina. Sapete, la venuta dei nazisti è stato un avvenimento piuttosto benvenuto. Vi erano tanti dei nostri ebrei tedeschi che pendevano tra due sponde; tanti di loro navigavano nella corrente ingannatrice tra la sponda di Scilla dell'assimilazione e quella di Cariddi di una conoscenza compiaciuta delle cose ebraiche. Migliaia di loro che sembravano completamente perduti per l'ebraismo furono riportati all'ovile da Hitler, e per questo io sono personalmente molto riconoscente verso di lui.” [Emil Ludwig, intervistato da Meyer Steinglass, “Emil Ludwig before the Judge”, American Jewish Times, aprile, 1936, p. 35].



“Uno stato costruito sul principio della purezza della nazione e della razza (cioè la Germania Nazista) può solo avere rispetto per quegli ebrei che vedono se stessi allo stesso modo.” [Joachim Prinz, (1936), citato in Benyamin Matuvo, “The Zionist Wish and the Nazi Deed”, Issues, (1966/67), p. 12].



“Le speranze dei sei milioni di ebrei europei si fondano sull'emigrazione. Mi è stato chiesto: 'Puoi portare sei milioni di ebrei in Palestina?' Ho risposto, 'No' ... Dal profondo della tragedia voglio salvare ... dei giovani [per la Palestina]. I vecchi passeranno. Sopporteranno il loro destino o non lo faranno. Sono polvere, polvere economica e morale in un mondo crudele ... Solo il ramo giovane sopravviverà. Dovranno accettarlo.” [Chaim Weizmann, futuro primo presidente di Israele, nel discorso al Congresso Sionista del 1937 nel quale riporta le sue risposte davanti alla Commissione Peel, Londra, luglio 1937. Citato in 'Yahya', p. 55].



“Per i sionisti era molto disagevole operare. Era moralmente imbarazzante sembrare essere considerati i figli prediletti del governo Nazista, in particolare proprio nel momento in cui esso scioglieva i gruppi giovanili (ebraici) antisionisti, e sembrava preferire per altre vie i sionisti. I nazisti chiedevano un 'comportamento più coerentemente sionista'.” [Joachim Prinz, “Zionism under the Nazi Government”, in Young Zionist, Londra, novembre 1937, p. 18].

“Lo stato sionista deve essere fondato con ogni mezzo e appena possibile ... Quando lo stato ebraico sarà stato fondato secondo le attuali proposte contenute nel documento della Commissione Peel, e in linea con le promesse parziali dell'Inghilterra, allora i confini potranno essere spostati ulteriormente in avanti secondo i nostri desideri.” [Feivel Polkes a Adolf Eichman, citato in Klaus Polkehn, “The Secret Contacts: Zionism and Nazi Germany 1933-41”, Journal of Palestine Studies (primavera 1976), p. 74. Citato anche in Lenni Brenner, Op. Cit. cap. 8].

“Se sapessi che è possibile salvare tutti i bambini (ebrei) di Germania portandoli in Inghilterra e solo metà di essi portandoli in Eretz Israel, allora opterei per la seconda alternativa.” [Ben-Gurion nel suo discorso ad una assemblea di Sionisti Laburisti in Gran Bretagna nel 1938].

“Per essere un buon sionista uno deve essere in qualche modo un antisemita.” [Chaim Greenberg, “The Myth of Jewish Parasitism”, Jewish Frontiers, marzo, 1942, p. 20].

“Se mi viene chieso, 'Potresti dare una parte dei soldi dell'Unione delle Agenzie Ebraiche per salvare gli ebrei (in Germania), io dico NO! E ripeto NO!” [Izaak Greenbaum – capo del Comitato di Soccorso dell'Agenzia Ebraica (Jewish Agency Rescue Committee) – rivolto al Consiglio Esecutivo Sionista, il 18 febbraio 1943].

“Una mucca in Palestina vale più di tutti gli ebrei in Polonia.” [Izaak Greenbaum – capo del Comitato di Soccorso dell'Agenzia Ebraica (Jewish Agency Rescue Committee) – rivolto al Consiglio Esecutivo Sionista, il 18 febbraio 1943].



“Finanche nel 1943, mentre gli ebrei d'Europa venivano sterminati a milioni, il Congresso americano propose di istituire una commissione per 'studiare' il problema. Il rabbino Stephen Wise, che era il principale portavoce sionista in America, si recò a Washington per testimoniare contro il progetto di legge perché esso avrebbe sviato l'attenzione (degli ebrei) dalla colonizzazione della Palestina. Si tratta dello stesso rabbino Wise che, nel 1938, in quanto dirigente del Congresso ebraico d'America, scrisse una lettera nella quale si opponeva a qualsiasi cambiamento della legislazione americana sull'immigrazione, cambiamento che avrebbe permesso agli ebrei di trovare accoglienza. In quella lettera scriveva: 'Può essere d'interesse per voi sapere che alcune settimane fa i dirigenti delle più importanti organizzazioni ebraiche si sono riuniti in una conferenza ... Vi si è deciso che, in questo momento, nessuna organizzazione ebraica avrebbe sponsorizzato una legge destinata a cambiare in qualsiasi modo la legislazione sull'immigrazione'.” [Citato in Lenni Brenner, “Zionism in the Age of the Dictators”, p. 149].



Abbiamo concluso il nostro viaggio nell’inferno del sionismo. Pur di giungere alla creazione di uno stato ebraico in Palestina, esso si è alleato con i peggiori antisemiti e con lo stesso nazismo. Si ricordino di questo, coloro che con troppa leggerezza ripetono pappagallescamente l’infamante accusa di antisemitismo rivolta da Israele e dai sionisti a coloro che combattono il sionismo. Sono i sionisti che hanno bisogno dell’antisemitismo. Al punto che quando questa vergognosa forma di razzismo non c’è o è molto debole, come ai giorni nostri, i sionisti fanno di tutto per suscitarlo o per gonfiarlo e poterlo sbandierare come reale minaccia e favorire quindi l’emigrazione in Israele, la politica sionista in generale nonché per nascondere i crimini dello stato d’Israele contro i palestinesi. Poco importa ai sionisti se a soffrirne siano i loro stessi fratelli, colpevoli di non essere sionisti come loro e di non volersi macchiare dei crimini di Israele contro i palestinesi e gli arabi



Ebrei antisionisti, vantaggi della Diaspora e l’unica soluzione in Palestina



Bertell Ollman non è l’unico ebreo che si vergogni del tenebroso passato sionista. Non è l’unico ebreo a dichiararsi antisionista. Gli ebrei in Palestina sono circa poco meno, o poco più, di 5 milioni. Ma la popolazione ebraica mondiale supera i 20 milioni. Israele non è mai riuscito quindi a diventare lo stato di tutti gli ebrei e nemmeno della maggioranza di essi. Questo evidentemente perché la maggioranza degli ebrei nel mondo preferisce vivere in Europa, in America, in Russia, in Australia o altrove. Non si sente poi tanto perseguitata. In realtà gli unici ebrei che rischiano molto di più degli altri sono gli ebrei di Israele. Ma non per l’« antisemitismo » degli arabi, che non esiste, ma proprio a causa della pulizia etnica che hanno praticato e praticano contro i palestinesi e tutte le prepotenze che hanno commesso nei confronti degli altri popoli del Medio Oriente. Il mondo che ci descrivono i sionisti, un mondo cioè in cui i popoli del pianeta non aspettano altro se non la minima occasione per scatenare l’antisemitismo e la persecuzione degli ebrei, non esiste. Lo dimostra proprio il fatto che la maggior parte degli ebrei vive tranquilla, anzi tranquilla e in prosperità per lo più, fuori da Israele. La cosa è tanto più vera perché sono moltissimi gli stessi ebrei sionisti, accesi sostenitori del diritto all’esistenza dello stato sionista, che non si sognerebbero nemmeno di andare nello « stato ebraico » accontentandosi da una parte, certo, di fare nel paese in cui vivono gli interessi di Israele, ma dall’altra, godendo tutti i vantaggi dell’essere ebrei della Diaspora. Perché allora lo stato sionista? I sionisti rispondono che esso dovrebbe servire come ultimo baluardo contro il pericolo, sempre reale, secondo loro, di un nuovo Olocausto. Ma si contraddicono da soli. Quando paventano un nuovo olocausto, i sionisti non si riferiscono tanto ad una minaccia proveniente dall’Occidente, quanto ad una minaccia « molto concreta » proveniente dai popoli arabi. I popoli arabi, essi dicono, non vogliono gli ebrei in Palestina, vogliono « buttarli a mare ». Questo, secondo i sionisti, è il significato dell’appello degli arabi di « distruggere Israele », di « spazzarlo via dalla carta geografica ». Gli arabi, secondo Israele, vogliono « uccidere tutti gli ebrei », vogliono compiere « un nuovo Olocausto ». I sionisti sostengono inoltre che gli arabi covano questo progetto criminale, non perché Israele ha preso la terra dei palestinesi (quella sarebbe una scusa) ma in verità perché essi sono « antisemiti ». Perché allora, con la fondazione di Israele, andarsi a buttare in braccia ad un coacervo di popoli « antisemiti »? Israele, nella sua propaganda (perché di vera e propria propaganda si tratta) si rivolge all’Occidente, il quale è stato storicamente la culla dell’antisemitismo, nella sua storia ha perseguitato realmente gli ebrei, e infine ha compiuto l’Olocausto. E rivolgendosi a questo Occidente, attribuisce volontà di sterminio ad un Oriente arabo e musulmano che invece in tutto il suo passato non ha mai perseguitato gli ebrei, che non ha mai compiuto olocausti. Un Oriente che ha, semmai, accolto gli ebrei cacciati dalla Spagna (1492) e da altre parti d’Europa. Gli storici hanno dimostrato che è proprio nel mondo arabo e musulmano che è fiorito il meglio della cultura ebraica; nella Spagna prima del 1492, nell’impero Ottomano, in Turchia, a Baghdad, a Damasco, in Marocco. E mentre in Occidente gli ebrei, in parte si auto-escludevano e, in parte venivano esclusi dalle correnti di pensiero e dalla cultura occidentale, in Oriente e in Nord Africa essi si inserivano armoniosamente nelle culture islamiche e davano, per secoli, un contributo apprezzato e ben accolto a tutte le correnti di pensiero che in quelle regioni si sviluppavano. In Occidente, solo dopo la rivoluzione francese e la duplice emancipazione degli ebrei dalle autorità religiose delle loro comunità e dall’oppressione degli stati monarchici cristiani sulle comunità, gli ebrei hanno potuto dare il loro contributo alle rivoluzioni sociali e politiche, agli sviluppi scientifici e culturali degli ultimi 200 anni.

La storia dice che gli arabi non sono mai stati antisemiti; in Oriente e in Nord Africa le comunità ebraiche sefardite hanno vissuto pacificamente con i musulmani per millenni, senza essere confinate in ghetti, senza essere perseguitate, senza essere espulse.

E adesso i sionisti, parlando all’Occidente, adombrano la minaccia di un nuovo olocausto che gli arabi si preparerebbero a compiere. L’espressione « buttare gli ebrei a mare » è stata attribuita dalla propaganda sionista a Gamal Nasser. Di recente, William James Martin, dell’Università della Florida, si è preso la briga di andarsi a leggere tutti i discorsi ufficiali pronunciati da Nasser nella sua vita politica ed ha scoperto che questa frase non è stata mai pronunciata dal leader egiziano, mai, nemmeno nei suoi discorsi più infuocati. Martin ha scoperto, invece, che questa frase compare per la prima volta l’11 ottobre 1961 in un discorso di ….. David Ben-Gurion, allora Primo Ministro dello stato di Israele, il quale attribuisce questo intento ai suoi nemici. (Vedi: William James Martin, Who is pushing whom into the sea? Counterpunch, 11 marzo, 2005). Lo stesso intento genocida è stato, in seguito, attribuito ad Arafat e all’OLP. Nella carta dell’OLP, un tempo, compariva in realtà l’espressione « distruzione di Israele », questo avveniva prima che cominciassero le trattative di Oslo. Cosa stava a significare quell’espressione? Gli israeliani e gli americani lo sapevano bene ma finsero che quelle parole rappresentassero la volontà di un nuovo olocausto e quindi pretesero che fossero cancellate e che l’OLP riconoscesse il « diritto di Israele ad esistere » preliminarmente all’inizio delle trattative stesse. L’OLP accettò, e fu il più grande errore di Arafat e del suo partito Fatah. La vittoria di Hamas oggi è la conseguenza storica di questo errore. Eppure era chiaro quello che significava quell’espressione incriminata e i palestinesi cercarono più volte di spiegarlo all’Occidente. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. L’espressione « distruggere Israele » non voleva dire « buttare gli ebrei a mare ». Voleva dire ciò che diceva, cioè distruggere lo stato sionista per soli ebrei che Israele rappresentava e rappresenta. Nella carta dell’OLP lo stato sionista doveva essere sostituito con uno «stato democratico » per ebrei e palestinesi. In Sud Africa la distruzione dello stato razzista di apartheid dei soli bianchi non si è risolto nello « buttare a mare » tutti i bianchi. Oggi in Sud Africa, i neri, i bianchi, la popolazione di origine indiana e religione indù (vi è una discreta comunità indiana presso la quale soggiornò per qualche tempo lo stesso Gandhi), la comunità ebraica (circa 150 000 ebrei lituani) vivono in pace e costruiscono un’esperienza esemplare di società multirazziale, tollerante e concorde. Non è un caso che una delle prime decisioni di Nelson Mandela, presidente di questa vera democrazia multirazziale, sia stata quella di denuclearizzare il paese, rinunciando cioè alla bomba atomica e alla bomba H che il regime di Apartheid aveva costruito segretamente con Israele. E il Sud Africa sarà ancor di più, non c’è dubbio, un esempio per il mondo, man mano che il retaggio dell’apartheid verrà cancellato. Lo stesso era il programma dell’OLP per la Palestina. Questo è ancora il programma di una componente dell’OLP, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), questo deve essere il programma di tutti i veri democratici, altro che riconoscere il « diritto di Israele ad esistere ». Questo « diritto » di Israele si concretizza nel « non-diritto » dei Palestinesi a vivere liberi in uno stato democratico sulla loro terra; si concretizza nel « non-diritto » dei profughi a tornale nei villaggi e città dai quali furono cacciati nel 1948 e nel 1967. Eppure il diritto al ritorno dei palestinesi è sancito nella risoluzione 194, votata l'11 dicembre del 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e confermata dal Consiglio di Sicurezza. Essa prevede il ritorno dei profughi del 1948 nei luoghi dove risiedevano prima della guerra. Stabilisce che ad ogni profugo sia garantito di poter scegliere se vuole o non vuole vivere all'interno dei confini di Israele. Il paragrafo 11 della risoluzione esplicitamente conferma il diritto dei profughi palestinesi che scelgano di usufruire del diritto al ritorno, di poter tornare « alle loro originali residenze e paesi dai quali sono stati allontanati durante la guerra ». Per coloro che scelgano di non avvalersi del diritto al ritorno, il paragrafo 11 prevede « indennizzi ». Il paragrafo 2 istituisce espressamente, presso le Nazioni Unite, la Commissione di Conciliazione per la Palestina (UNCCP), con sede a Gerusalemme, la quale ha il compito di far in modo che sia realizzato proprio quel diritto al ritorno. Israele si rifiuta di applicare quella risoluzione (come tante altre); non lo ha mai fatto e ha dichiarato che non lo farà mai. Perché? Perché se si realizzasse il ritorno dei profughi palestinesi nello stato di Israele, Israele non sarebbe più uno stato sionista, uno stato « ebraico », evolverebbe verso uno stato democratico multirazziale, un paese normale insomma. E’ di uno stato del genere che parlano ormai tanti ebrei antisionisti.



La novità è proprio questa, che adesso anche tanti ebrei, in Israele e fuori, sono giunti su questa posizione. Oltre a Bertell Ollman, vi sono lo storico e militante politico Lenni Brenner, lo scrittore e musicista Gilad Azmon, lo scrittore e giornalista Israel Adam Shamir, la scrittrice e giornalista Daphna Baram, il ricercatore Gary Zatzman, lo storico e professore universitario americano Norman Finkelstein, lo storico e professore universitario israeliano Ilan Pappe, lo scienziato Mordechai Vanunu, l’ex-sindaco di Gerusalemme Meron Benvenisti, il militante di sinistra l’israeliano Haim Hanegbi. Il regista israeliano Eyal Sivan, il filosofo francese Edgar Morin, lo scrittore e filosofo americano Michael Neumann, e poi i giornalisti e militanti o scrittori antisionisti Oren Ben-Dor, Ben Merhav, Noah Cohen, Noel Ignatiev, Yerach Gover, Jeff Blankfort, i giornalisti e editori del giornale on line ‘Israel Imperial News’, Akiva Orr, Shimon Tzabar, Moshé Machover, Tzivi Havkin, Rami Heilbron e tanti, tanti altri, senza dimenticare l’organizzazione religiosa ebraica di NatureiKarta. In Israele è stata fondata l’Associazione per un Solo Stato Democratico in Palestina/Israele.

Gli ebrei antisionisti si rendono perfettamente conto della strada pericolosa che ha intrapreso lo stato sionista di Israele, si rendono anche conto dei benefici che la Diaspora ha portato agli ebrei che, dopo l’Olocausto, hanno scelto di vivere fuori da Israele. Lo storico inglese Eric Hobsbawm, di origine ebraica, ha recentemente fatto notare che il contributo degli ebrei di Israele alla scienza, all’arte e allo spettacolo è piuttosto « deludente » mentre è di tutt’altro tenore quello degli ebrei della diaspora. Hobsbawm si chiede perché accade ciò. La causa, secondo lui è « la segregazione, vuoi del tipo precedente alla emancipazione, vuoi la segregazione dovuta alla scelta nazionalistica territoriale-genetica di Israele ». (Eric Hobsbawm, Benefits of Diaspora, London Review of Books, vol 27, n° 20, 20 ottobre 2005). Egli scrive:



Nella maggior parte del mondo [all’Olocausto] è seguita un’epoca di accettazione pubblica degli ebrei quasi illimitata, dalla scomparsa virtuale dell’antisemitismo e della discriminazione (…). E da conquiste ebraiche senza precedenti e paragoni nel campo della cultura, dell’intelletto e degli affari pubblici. Non vi è alcun precedente storico del trionfo dell’Aufklärung (illuminismo) della Diaspora del dopo Olocausto. Tuttavia, vi sono coloro che desiderano allontanarsi da questo trionfo per rinchiudersi nell’antica segregazione della religione ultra ortodossa e nella nuova segregazione di una separata comunità-stato etnico-genetica [Israele, ndt]. Se costoro dovessero aver successo io non penso che sarà una buona cosa per gli ebrei o per il mondo. (Ibidem )



Hobsbawm, riferendosi a Israele, usa l’espressione «separata comunità-stato etnico-genetica». È solo il pudore di un ebreo che non gli fa definire Israele per quello che esso effettivamente è. Hobsbawm non vuole essere troppo duro con lo stato sionista, per cui non lo chiama direttamente «stato razzista». La sostanza però è quella. Tuttavia dobbiamo essere grati allo storico inglese di aver puntualizzato il fatto che mentre gli ebrei della diaspora danno vita ad un trionfo dell’illuminismo ebraico che (in Occidente) non vi era mai stato prima, in Israele una minoranza sionista di ebrei si è caratterizzata come stato razzista di Apartheid. L’ultimo stato razzista del nostro tempo, aggiungiamo, e in più, uno stato espansionista, guerrafondaio, una reale minaccia alla pace mondiale. A questo ha portato il sionismo.

Poco dopo l’orrendo massacro della prima guerra mondiale un ebreo della dispora, Franz Rosenzweig, riflettendo sulle sanguinose responsabilità dei vari « nazionalismi » e « patriottismi » nella carneficina, esaltava il popolo ebraico proprio perché esso alla morta terra anteponeva i vincoli umani, proprio perché esso era l’unico popolo che non aveva una patria, una terra per cui uccidere e morire.



Attorno alla terra della patria – egli scrisse - scorre il sangue dei suoi figli; essi infatti non confidano in una comunità (…) che non sia ancorata al saldo suolo della terra. Noi soltanto (…) lasciammo la terra; così risparmiammo il prezioso succo della vita, che ci offriva garanzia della nostra stessa eternità e, unici tra tutti i popoli della terra, separammo il nostro elemento vitale da ogni comunanza con ciò che è morto. Infatti la terra nutre ma al tempo stesso lega. E’ la patria, in cui la vita di un popolo del mondo prende dimora e scava il suo solco nella terra, fin quasi a dimenticare che essere un popolo vuol dire anche qualcos’altro che non il semplice essere insediati in un paese, per il popolo eterno la patria non diviene mai sua in tal senso; a lui non è concesso incanaglirsi a casa propria, ma mantiene sempre l’indipendenza di un viaggiatore. (F. Rosenzweig, La stella della redenzione, a cura di G Botola, Casale Monferrato, 1985, p. 320).



I sionisti stanno tentando di fare del popolo ebraico un popolo che si deve « incanaglire » in casa propria (e neanche tanto « propria » in realtà) con tutte le conseguenze a cui il mondo, sbalordito, sta assistendo.



No allo stato sionista!



Per un unico stato democratico, pacifico, denuclearizzato e multirazziale di palestinesi ed ebrei in Palestina!





Febbraio, 2006



Mauro Manno

militante antimperialista.

21/07/2010 21:09
 
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Sionismo, anti-sionismo, ebraismo, anti-semitismo: tra propaganda e realtà.

Scritto il 2008-10-02 in Manipolazione informazione

Sionismo, anti-sionismo, ebraismo, anti-semitismo. Termini differenti uniti da un denominatore comune: la disinformazione operata da media e politici asserviti alla propaganda della "Israel lobby". Confondere anti-sionismo e anti-semitismo è un errore linguistico e filologico, ancor prima che storico. Significa divulgare ignoranza e guerra, e far un torto all'ebraismo stesso. Infatti: "Non tutti gli ebrei sono sionisti, e i più devoti guardano con sospetto a questa ideologia" (1). Ma vediamo cosa ne pensano gli ebrei religiosi.

Quali sono le differenze tra sionismo, anti-sionismo e a-sionismo?

Risponde, dalle pagine di "Muri, lacrime e za'tar" (2), il prof. Yacov Rabkin, docente di Storia ebraica e Storia della scienza all'università di Montreal.

"Tra le diverse tendenze del sionismo, quella che ha avuto la prevalenza si prefiggeva quattro obiettivi: (a) trasformare l'identità ebraica transnazionale centrata sulla Torah in un'identità nazionale già comunemente diffusa in Europa; (b) sviluppare una nuova parlata basata sull'ebraico della Bibbia e dei rabbini; (c) trasferire gli ebrei dai loro paesi d'origine alla Palestina; (d) stabilire un controllo economico e politico sulla "nuova antica terra", utilizzando se necessario la forza. (...) antisionisti sono coloro che si oppongono a uno o più degli aspetti del progetto sionista, mentre coloro che si definiscono non-sionisti considerano semplicemente il sionismo come irrilevante".

(...) Nei secoli XIX e XX, la secolarizzazione e il sionismo trasformarono profondamente molti ebrei, che abbandonarono le pratiche morali e rituali che l'ebraismo aveva sviluppat durante quasi due millenni. Alcuni ebrei, come ad esempio molti coloni della Cisgiordania, usano addirittura strumentalmente l'ebraismo per obiettivi prettamente legati alla militanza sionista. Considero dunque 'ebrei tradizionali' tutti coloro che sono rimasti fedeli alla tradizione ebraica. Si tratta di un gruppo molto diversificato che include ashkenazi, sefarditi, ortodossi e riformisti, e addirittura alcuni ebrei che si considerano secolari, ma criticano il comportamento di Israele in quanto 'non ebreo'".

Cristiani sionisti.

"Il sostegno massiccio verso lo Stato di Israele manifestato da milioni di cristiani che appoggiano il sionismo è apertamente motivato da una sola considerazione: che il ritorno degli ebrei alla Terra Santa sarà il preludio della loro accettazione di Cristo e, per coloro che non lo accetteranno, della loro distruzione materiale.

(...) Per il predicatore evangelico americano Jerry Falwell, la creazione di Israele nel 1948 sarebbe l'evento storico più cruciale dai tempi dell'ascensione di Cristo al Padre e proverebbe che 'la seconda venuta di Cristo è vicina'. Falwell dice che 'senza uno Stato di Israele in Terra Santa, non ci può essere il ritorno di Cristo né giudizio finale, né fine del mondo!'. Tutti questi gruppi hanno garantito un sostegno politico e finanziario massiccio alle forze ultranazionalistiche della società israeliana. Dal loro punto di vista, la funzione principale dello Stato di Israele sarebbe quella di preparare la seconda venuta di Cristo ed elimiare l'ebraismo e chi lo professa.

(...) Il sionismo costituisce la negazione dell'ebraismo tradizionale. Lo Stato di Israele è un'entità politica che vuole assicurarsi la propria sopravvivenza. E' chiaro che gli israeliani non condividono la visione messianica dei cristiani sionisti, ma li utilizzano pragmaticamente per ragioni tattiche".

Israele e anti-semitismo.

(...) Molti osservatori concordano nel ritenere che l'antisemitismo si sia rafforzato in questi anni. I sionisti tendono a qualificare come antisemita qualsiasi critica al sionismo e qualsiasi tentativo di mettere in dubbi la legittimità dello Stato di Israele.

(...) La tradizione ebraica considera la concentrazione degli ebrei in un unico posto come dannosa. Molti commentatori contemporanei pongono l'accento su questo pericolo, sostenendo che lo Stato di Israele sia diventato 'l'ebreo tra le nazioni" nonché un paese pericolo per un ebreo. In un'area di accresciuta mobilità e comunicazione, il conflitto generato dalla creazione dello Stato di Israele minaccia oggi le comunità ebraiche della diaspura. La confusione tra ebraismo e sionismo, tra ebrei e Stato di Israele tende a incoraggiare l'antisemitismo nel mondo. L'abitudine dei leader israeliani di parlare e agire 'a nome del popolo ebraico' incoraggia la confusione, il che non è per nulla innocente. Mettendo in pericolo gli ebrei nel mondo, lo Stato di Israele li incoraggia a trasferirsi in Israele, qualcosa di cui i sionisti hanno disperatamente bisogno per ridurre il 'pericolo demografico' rappresentato dai palestinesi.

(...) E' bene ricordare che prima del 1948 furono gli stessi sonisti secolari anti-religiosi che fomentarono la violenza contro gli abitanti della Palestina, sia arabi sia ebrei osservanti del vecchio stile, i quali avevano trovato nel corso dei secoli un modus vivendi con i loro vicini non - ebrei".

Resistenza ebraica al sionismo in Terra Santa.

(...) Nel 1924, gli ebrei antisionisti furono sul punto di organizzare una delegazione per Londra allo scopo di chiedere la revoca della dichiarazione Balfour e la fine della colonizzazione sionista della Palestina. Il loro portavoce Jacob de Haan venne assassinato nel primo atto di terrorismo perpetrato dai sionisti in Terra Santa. Nel 1948, gli antisionisti si appellarono alle Nazioni Unite affinché li proteggesse dall'aggressione sionista. Un rabbino antisionista fua nche membro del Gabinetto di Arafat. (...)".

Ebrei antisionisti e la fine del conflitto israelo-palestinese.

"Il Talmud racconta dei tre giuramenti che vennero pronunciati alla vigilia della dispersione di ciò che restava del popolo ebraico ai quattro angoli della terra: non ritornare in massa e in modo organizzato alla terra di Israele, non ribellarsi contro le nazioni e che le nazioni non avrebbero sottomesso Israele oltre misura. Questi giuramenti stanno anche alla base del dibattito sull'accettabilità ebraica dell'uso della forza. Il Talmud tratta del diritto individuale a insediarsi in Terra Santa, ma si esprime contro l'insediamento collettivo. Molte fonti rabbiniche attraverso i secoli hanno interpretato questi giuramenti sostenendo che se anche tutte le nazioni dovessero incoraggiare gli ebrei a insediarsi nella terra di Israele, questi ultimi dovrebbero astenersi dal farlo, per timore di commettere altri peccati ed essere puniti con un esilio ancora più crudele. Questa interpretazione si trova al centro dell'opposizione al sionismo da parte di molti rabbini all'inizio del XX secolo. Diversi antisionisti appoggiano l'idea di un unico Stato per tutti gli abitanti del territorio che si estende dal Giordano al Mediterraneo, perché i palestinesi che hanno sofferto per essere stati sradicati dalla loro terra siano compensati e vengano garantiti loro uguali diritti. Dopo tutto, questo è il modo di operare di molti paesi civilizzati, nei quali gli ebrei godono di eguali diritti".

(1) Da "Muri, lacrime e za'tar", Gianluca Solera, Nuova Dimensione, Venezia 2007, pag. 298.

(2) op. cit .pagg. 298-311
[Modificato da LiviaGloria 21/07/2010 21:20]
21/07/2010 21:26
 
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anche lui in un post metteva che i massoni cattivi erano i sionisti i bush ecc e poi accusa te di razzismo.
il problema non sono le opinioni diverse ma la sua intenzione di attaccare
1 il forum
2i moderatori
3 la corrente cattolica dentro il forum

adesso le accuse di razzismo e poi.....
quanto dobbiamo sopportare ,non gli rispponde nessuno solo io e te in quanto mederatori e ghergon animato da spirito cristiano.
basta ,mi appello anche a victor,nel forum non si discute piu'.....





Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch'è principio e cagion di tutta gioia?".
21/07/2010 21:29
 
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www.anticorpi.info/2010/06/usa-ebrei-contro-il-sionismo.html

Giugno 2010
Nel corso del prossimo fine settimana si terrà a Detroit il primo raduno statunitense degli ebrei anti-sionisti.

La manifestazione, dal titolo: '"Assemblea degli Ebrei degli Stati Uniti Contro i fenomeni di Razzismo e Apartheid Israeliani" - alla quale aderiscono oltre 50 gruppi - esaminerà strategie per l'organizzazione degli ebrei anti-sionisti, l'espansione del movimento di boicottaggio e disinvestimento, la decolonizzazione della Palestina e lo sviluppo di prospettive politiche distinte dal sionismo.

Notizia pubblicata sul sito
CommonDreams.org

Link diretto alla notizia:
www.commondreams.org/further/2010/06/15-2


forse mi è sfuggito...ma i media ne avevano parlato?
[Modificato da LiviaGloria 21/07/2010 21:30]
21/07/2010 22:38
 
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Re:
LiviaGloria, 21/07/2010 21.29:

http://www.anticorpi.info/2010/06/usa-ebrei-contro-il-sionismo.html

Giugno 2010
Nel corso del prossimo fine settimana si terrà a Detroit il primo raduno statunitense degli ebrei anti-sionisti.

La manifestazione, dal titolo: '"Assemblea degli Ebrei degli Stati Uniti Contro i fenomeni di Razzismo e Apartheid Israeliani" - alla quale aderiscono oltre 50 gruppi - esaminerà strategie per l'organizzazione degli ebrei anti-sionisti, l'espansione del movimento di boicottaggio e disinvestimento, la decolonizzazione della Palestina e lo sviluppo di prospettive politiche distinte dal sionismo.

Notizia pubblicata sul sito
CommonDreams.org

Link diretto alla notizia:
www.commondreams.org/further/2010/06/15-2


forse mi è sfuggito...ma i media ne avevano parlato?




che bravi questi ebrei [SM=g27823]





Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch'è principio e cagion di tutta gioia?".
21/07/2010 22:39
 
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Re: Il razzismo non è un insulto ma uno stato di fatto...
Tetsuya1, 21/07/2010 14.09:

Livia, tu puoi indignarti quanto ti pare, ma il razzismo anti-semita traspare da ogni post, in particolare da ogni tuo post...
E, tra l'altro, non sono io il solo a dirlo...

Inoltre, io non ho mai neagato che a sinistra ci siano i Massoni...

Io ho solo fatto notare a chi, come Ghergon e Hhh, arriva a ringraziare addirittura il Signore "per avercelo mandato" che se il nemico è la Massoneria allora Berlusconi è il nemico dei nemici dal momento che egli è, più di ogni altro politico italiano del presente o del passato, Massone, circondato da Massoni, a capo di un regime...Massonico, fondato (come giustamente dice Foxy) in pratica sul NULLA...(tv spazzatura e letteratuta spazzatura, come quella del Codice Da Vinci e cinema spazzatura come Angeli e Demoni, tutte opere da lui pubblicate tramite la sua casa edidtrice Mondadori...).

Ho quindi, a partire dalle premesse sopra fatte, fatto notare che parlare della lobby economica ebraica significa parlare in termini parziali (e quindi razzisti), visto che nella famosa lobby in questione (Bildemberger etc...) ci sono anche italianissime (e cattolicissime?) famiglie italiane come quella degli Agnelli, dei Berlusconi, dei Moratti, dei Tronchetti-Provera, dei Benetton etc...).

In sunto: voi siate meno parziali e vedrete che le "accuse di razzismo" non avendo più fondamento non potranno esservi rivolte...

Ma se continuate ad avere questa visone parziale delle cose e a vedre tutto in un'ottica "di razza", ovvero se la Lobby Capitalista delle Multinazionali diventa "La lobby ebraica" allora non si può non dire che vedete le cose da una prospettiva...razzista.

PS: Foxy, tu hai ragione ma...Forse è il caso di ricordare che tra i beneficiari delle privatizzazioni selvagge fatte in Italia ci sono Tronchetti-Provera (che si è ciucciato Telecom) e poi i Benetton (Austostrade s.p.a.) e poi la Cirio a Cragnotti etc, etc...

Infine: voi potete scrivere quello che vi pare ma...se c'è una forza politica che si è sempre opposta (e si oppone) con decisione allo strapotere delle lobby economiche quella è proprio l'area della Sinistra Radicale... e non il Vaticano che invece le lobby le appoggia...

www.corriere.it/cronache/10_giugno_21/sepe-restauro-fantasma-imarisio-sarzanini_346d1810-7cf6-11df-b32f-00144f02aa...




guarda che io(non so gli altri) gli ebrei non li considero affatto una razza, ma al limite un'etnia, che si differenzia da noi, come gli italiani possono differenziarsi dai tedeschi, oppure dagli spagnoli. Almeno, io non la vedo così. Se mai ci può essere una discrepanza religiosa, su questo sono concorde, ed è soprattutto questo che ha generato liti, conflitti fra ebrei e cristiani. Molti di loro infatti si che si considerano una razza, con le loro leggi da rispettare, soprattutto per gli osservanti
e in certi versi del talmud si possono trarre delle conclusioni in merito a quest'affermazione.
Riporto qui di seguito alcuni passi tratti da esso:



"Quando un ebreo ha un Gentile nelle sue mani, un altro ebreo può andare dallo stesso Gentile, prestargli denaro e truffarlo in sua vece, così da rovinare il Gentile.
Poichè la proprietà di un Gentile, secondo la nostra legge, non appartiene a nessuno, e il primo ebreo che passa ha pieno diritto di prendersela.
(Schuican Amen, Choschem Hamischpath, 156)."

"Non è permesso derubare un fratello, ma è permesso derubare un non ebreo, poichè sta scritto (Levitico XDC, 13) "Non deruberai il tuo vicino".
Ma queste parole, dette da Jahvè, non si applicano a un Goy che non è tuo fratello.
(BabaMezia, 6 la)"

"Un ebreo può mentire e spergiurare per condannare un cristiano.
Il nome di Dio non è profanato quando si mente ai cristiani.
(BabaKama, 113a, 113b)"

"Una cosa perduta da un Goy può non solo essere tenuta dall'uomo che l'ha trovata,
ma è anche proibito ridargliela indietro.
(Schuican Aruch, Choschen Hamischpath, 266, I)"

"Gli ebrei devono sempre cercare di imbrogliare i cristiani.
(Zohar I 160a)"

"Quelli che fanno del bene ai cristiani non risorgeranno mai dai morti.
(Zohar I 25b)"

"Al tempo del Cholhamoed il disbrigo di ogni tipo di affare è proibito.
Ma è permesso praticare l'usura sui Gentili,
perchè la pratica dell'usura su un Gentile in ogni momento piace al Signore.
(Schuican Amch, Orach Chailìi, 539)"

"I rapporti sessuali con un bambino al di sotto degli 8 anni d'età sono leciti.
(Talmud, Sanhedrin, 69b)"

"Quando un non ebreo deruba un ebreo, deve restituirgli tutto,
ma se avviene il contrario, l'ebreo non deve restituire nulla.
Inoltre, se un non ebreo uccide un ebreo, deve essere ucciso anche lui,
ma non il contrario.
(Talmud, Sanhedrin, 57a)."

"Gesù nacque bastardo.
(Talmud, Yebamoth, 49b)"

Naturalmente questi sono solo alcuni, ma ti può far capire (se non sei già ebreo ovviamente) di che tipo di pasta sono fatti quelli che ordiscono trame ai Cattolici fin dalla resurrezione.

Per quanto riguarda le famiglie come Tronchetti, Agnelli e Benetton,
vuoi considerarle veramente Cristiane?
Se lo sono davvero dovrebbero rinunciare a parte delle loro ricchezze per darle ai poveri, tanto per cominciare, invece il loro impiego principale è opposto
FARCI DIVENTARE SEMPRE PIU' POVERI E SEMPRE PIU' SCHIAVI.
E ricordiamo cmq che le famiglie che dirigono il mondo sono d'accordo tutte su una cosa. Dominare su di noi a scapito della Cristianità, che poco si addice con le nuove tendenze, i modi di pensare, i rapporti sempre più vani e frammentati ecc..
Il sistema così com'è ora sembra avere cmq preso una piega che non si può più far raddrizzare.
Certo che la colpa non si può dare esclusivamente a loro, poiché l'avvento dell'industrializzazione ha cambiato il mondo in tutti i suoi aspetti. Il problema è che l'onda di questa modernizzazione che è stata calvalcata da certi ebrei, e mettiamoci pure ricche famiglie protestanti, sta culminando con la globalizzazione, che è diretta da queste famiglie che forse non hanno neanche più un idea di religiosità, ma che hanno sempre e comunque un rapporto che li lega alla tradizione originaria.
Poi sicuramente vi saranno anche massoni, nè ebrei nè cattolici nè protestanti, ma cmq in sintonia con i piani e gli scopi che vengono di volta in volta raggiunti.

Anche Livia ti posso dire che non è razzista.
Io stesso ho discusso con lei personalmente e sugli ebrei ti dico ha parlato benevolmente.
Io invece sono un po' più duretto!
Ma mi sembra di aver argomentanto fin troppo bene ciò che può far contrariare.
Naturalmente anche su molti cristiani c'è cmq da obiettare














[Modificato da =Foxtrott= 21/07/2010 22:47]
21/07/2010 23:05
 
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Purtroppo tetstuia non si rende conto che cosa è essere cattolici...quindi chiunque gridi "sono cattolico",secondo lui è vero cattolico,certo lo è se batezzato ecc...ma ci sono diversi gradi di cattolicità...o cristianità...non basta dirlo,per questo il Signore disse "non tutti quelli che grideranno Signore Signore",ma questo le personer che ne sono fuori non comprendono e fanno di tutta l erba un fascio.

Io non sono assolutamente razzista,la mia porta è aperta a chiunque,anzi,credo di doifendere gli ebrei...e questo ben risulta dagli ultimi post...

...ma cio non toglie l influenza e la lotta di altri ebrei...è come quando dicono "italiano mafioso",non hanno forse ragione visto che tale cosa è italiana?ma questo non vuole dire che tutti gli italiani sono mafiosi...e chi vi lotta contro fà un favore all italiano stesso.

Ma purtroppo il convincimento deviato di alcune terminologie inculcate dai media,portano persone fuori da certi discorsi a catalogare certi discorsi molto sbrigativamente con una parola...non comprendendo gli sviluppi sia spirituali che sul piano materiale
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