Parole quanto mai attualissime queste di Gesù, guardando le immagini dei fratelli che cercano rifugio in Italia e vengono respinti ancor prima di toccare le coste del nostro Paese. In pochi giorni sono più di 500 le persone respinte al mittente. Ci sentiamo uniti alla Chiesa nella solidarietà verso questi fratelli.
Fratelli che nella loro dignità di uomini, dopo aver visto troppe volte la morte da vicino, cercano di sfuggirvi per regalare ai loro figli, e forse a loro stessi, il sogno di possedere una casa, una terra, una famiglia e il sogno di vivere in Pace. Sono etichettati come clandestini, parola che è diventata sinonimo di delinquenti, ma sono uomini che hanno affrontato mille difficoltà, che forse sanno che perderanno la vita in quel mare azzurro che li separa dall’illusione di una vita dignitosa in un Paese libero. Chiedono poco: il diritto di essere uomini. Li pensiamo “mendicanti”, ma mendicano solo il diritto di vivere.
Chi si ritiene cristiano non può non riconoscere in loro il volto del Cristo che oggi ci ripete: “
Ero forestiero e non mi avete ospitato”. E possiamo essere così ipocriti, dopo tanta evidenza da rispondere: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?”
“La Chiesa ha sempre contemplato nei migranti l'immagine di Cristo, che disse: "Ero straniero e mi avete ospitato" (
Mt 25,35). La loro vicenda, per essa, è cioè una provocazione alla fede e all'amore dei credenti, sollecitati così a sanare i mali derivanti dalle migrazioni e a scoprire il disegno che Dio attua in esse, anche qualora fossero causate da evidenti ingiustizie. Le migrazioni, avvicinando le molteplici componenti della famiglia umana, tendono in effetti alla costruzione di un corpo sociale sempre più vasto e vario, quasi a prolungamento di quell'incontro di popoli e razze che, per il dono dello Spirito, nella Pentecoste, divenne fraternità ecclesiale. Se da una parte le sofferenze che accompagnano le migrazioni sono infatti espressione del travaglio del parto di una nuova umanità, dall'altra le disuguaglianze e gli squilibri, dei quali esse sono conseguenza e manifestazione, mostrano in verità la lacerazione introdotta nella famiglia umana dal peccato, e risultano pertanto una dolorosa invocazione alla vera fraternità. (
Erga migrantes caritas Christi, 12)
Le nostre radici cristiane affondano in un uomo,
Abramo, migrante per vocazione: a lui Dio ha chiesto di uscire dalla propria terra senza sapere dove andava, verso una terra che Dio gli avrebbe mostrato, una terra dove gli uomini avrebbero vissuto in Pace. Abramo è dunque figura di tutti gli uomini che cercano una terra dove vivere in Pace, è figura di questi fratelli respinti dal nostro Paese, figura del Cristo stesso che ci dice: “Ero forestiero e mi avete ospitato”.
Il Papa nel suo messaggio in occasione della Giornata del migrante e del rifugiato che in questo anno paolino ha avuto per tema: "
San Paolo migrante, Apostolo delle genti", ricorda che lo stesso Paolo è stato "migrante per vocazione” e ricorda che: “Leggendo gli Atti degli Apostoli e le Lettere che Paolo rivolge a vari destinatari, si coglie un modello di Chiesa non esclusiva, bensì aperta a tutti, formata da credenti senza distinzioni di cultura e di razza: ogni battezzato è, in effetti, membro vivo dell'unico Corpo di Cristo. In tale ottica, la solidarietà fraterna, che si traduce in gesti quotidiani di condivisione, di compartecipazione e di sollecitudine gioiosa verso gli altri, acquista un rilievo singolare. Non è tuttavia possibile realizzare questa dimensione di fraterna accoglienza vicendevole, insegna sempre san Paolo, senza la disponibilità all'ascolto e all'accoglienza della Parola predicata e praticata (cfr 1
Ts 1,6), Parola che sollecita tutti all'imitazione di Cristo (cfr
Ef 5,1-2) nell'imitazione dell'Apostolo (cfr 1
Cor 11,1).
E pertanto, più la comunità è unita a Cristo, più diviene sollecita nei confronti del prossimo, rifuggendo il giudizio, il disprezzo e lo scandalo, e aprendosi all'accoglienza reciproca , (cfr
Rm 14,1-3; 15, 7) . Conformati a Cristo, i credenti si sentono in Lui "fratelli", figli dello stesso Padre (
Rm 8,14-16;
Gal 3,26; 4,6).
Questo tesoro di fratellanza li rende "premurosi nell'ospitalità" (
Rm 12,13), che è figlia primogenita dell'agapé (cfr 1
Tim 3,2;
5,10;
Tt 1,8;
Fm 17). Si realizza in tal modo la promessa del Signore: "Io vi accoglierò e sarò per voi come un padre e voi mi sarete come figli e figlie"
(2 Cor 6,17-18).
Se di questo siamo consapevoli, come non farci carico di quanti, in particolare fra rifugiati e profughi, si trovano in condizioni difficili e disagiate? Come non andare incontro alle necessità di chi è di fatto più debole e indifeso, segnato da precarietà e da insicurezza, emarginato, spesso escluso dalla società? A loro va data prioritaria attenzione poiché, parafrasando un noto testo paolino, "Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio" (1
Cor 1,27-29).
Il Papa conclude spronando tutti a vivere in pienezza l'amore fraterno “
senza distinzioni di sorta e senza discriminazioni, nella convinzione che è nostro prossimo chiunque ha bisogno di noi e noi possiamo aiutarlo (cfr
Deus caritas est, n. 15). L'insegnamento e l'esempio di san Paolo, umile-grande Apostolo e migrante, evangelizzatore di popoli e culture, ci sproni a comprendere che l'esercizio della carità costituisce il culmine e la sintesi dell'intera vita cristiana.”
Cifre per riflettere:
Secondo l’Istat i cittadini stranieri residenti, dopo un aumento annuale di circa mezzo milione di unità, all’inizio del 2008 sono quasi 3.433.000, inclusi i comunitari.
Caritas e Migrantes accreditano un numero superiore di immigrati regolarmente presenti, che oscilla tra i 3.800.000 e i 4.000.000, su una popolazione complessiva di 59.619.290 (Dossier Caritas/Migrantes 2007).
Il più grande esodo migratorio della storia moderna è stato quello degli italiani. In 140 anni le migrazioni degli italiani all’estero sono state di 29.036.000 unità (cronologia.Leonardo.it) e il 90% degli immigrati era analfabeta. Nell'arco di poco più di un secolo un numero quasi equivalente all'ammontare della popolazione al momento dell'Unità d'Italia si avventurava verso l'ignoto.