Chi se ne intende cosa dice...1

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@Yoghurt@
00mercoledì 22 marzo 2006 10:21
Perché sbaglia chi vuole abolire la ricerca genetica

di
RENATO DULBECCO


(la Repubblica, 10 febbraio 2001)



Tra qualche giorno un gruppo di ricercatori si riunirà a Roma per esaminare quali siano le possibilità della ricerca nell'agricoltura italiana, dopo la recente direttiva del Ministro per le Politiche Agricole e Forestali che proibisce ogni tipo di ricerca che coinvolga l'uso di organismi geneticamente modificati nel campo agricolo. E' naturale che questa direttiva abbia creato molto allarme tra i ricercatori, portando alla pubblicazione di un manifesto critico firmato da un gran numero di essi. Sono d'accordo: se questa direttiva verrà applicata segnerà la fine della ricerca nel campo agricolo in Italia.

E' chiaro che già ora, e ancor più nel futuro, la ricerca in tutti i campi della biologia adopererà sempre più modificazioni genetiche di organismi di tutti i tipi, dai virus, ai batteri, alle cellule, a piante ed animali, incluso l' uomo. Questo perchè oramai sappiamo per certo che i geni determinano le caratteristiche di ogni organismo, dal più semplice al più complesso, cosicché cambiando un gene o modificandolo, qualche caratteristica cambia; e questa proprietà può essere usata sia per rinforzare le conoscenze biologiche che per indurre un organismo a produrre qualche prodotto in modo diverso, in relazione alla sua quantità, o alle sue caratteristiche.

Questi esperimenti hanno portato negli ultimi decenni a risultati di grande importanza pratica nei vari campi delle biotecnologie. Ad esempio, nel campo biomedico, si sono ottenuti prodotti estremamente utili come gli ormoni umani, fattori che aiutano lo sviluppo di determinati organi, sostanze che promuovono la coagulazione del sangue e altre che la impediscono.

Senza la possibilità di attuare il trasferimento di geni, nessuna di queste sostanze sarebbe stata prodotta. Lo stesso vale in agricoltura. In questo campo sono insorte recentemente delle controversie importanti, in particolare sullo sviluppo industriale di piante destinate alla produzione di sostanze alimentari. La contestazione principale è rivolta alla coltivazione delle piante (per esempio, il granturco) nelle quali è stato introdotto un gene derivato da un batterio, allo scopo di renderle resistenti a insetti parassiti. In questo modo si ottengono due risultati: uno è rendere le piante resistenti, l'altro è ridurre l'uso di insetticidi che altrimenti sarebbero usati per uccidere i parassiti.

Sono sorte, però, due preoccupazioni. La prima è che il prodotto del gene batterico potrebbe conferire proprietà dannose al cibo, che ad esempio potrebbe risultare allergico per alcuni individui. Inoltre si teme che il prodotto del gene batterico possa disperdersi nell' ambiente col polline, producendo effetti dannosi anche per insetti che non sono pericolosi per la pianta.

L'altra preoccupazione riguarda quelle piante in cui si inserisce un gene che conferisce resistenza ad erbicidi, in modo che le erbacce possano essere eliminate dall'ambiente delle piante usando l'erbicida. Qui una preoccupazione è il trasferimento del gene alle erbacce, rendendole resistenti, e così annullando il beneficio dell'inserzione del gene; un' altra preoccupazione è che si produca un pericoloso effetto ambientale, perchè con l'eliminazione delle erbacce si eliminano anche i loro semi, che sono cibi per uccelli: questi ne sarebbero danneggiati, forse anche fortemente.

Le preoccupazioni sono basate su buone ragioni e anche su alcuni risultati sperimentali che, pur rimanendo incerti, tuttavia si devono prendere in considerazione. Ma esse contrastano col fatto che granturco geneticamente modificato è stato consumato per alcuni anni da centinaia di milioni di persone in vari paesi del mondo, senza che ne abbiano avuta alcuna conseguenza.

Perché in questa situazione è insorto il timore, molto diffuso in molti paesi specialmente europei, che il granturco modificato geneticamente sia pericoloso? Le ragioni sono più che altro psicologiche. Gli oppositori fanno una propaganda molto attiva ed efficace. Quando essi dicono che i cibi geneticamente modificati sono pericolosi, nessuno può negare che un pericolo potenziale ci sia: ma quanto grande? Questo non importa al consumatore: perché dovrebbe esporsi ad un pericolo, anche piccolissimo, senza una speciale ragione? Dopo tutto, questi cibi messi a disposizione del pubblico non hanno nessun vantaggio per i consumatori rispetto ai corrispondenti cibi normali, sia come qualità che come prezzo. Essi sono a vantaggio delle ditte che li producono e degli agricoltori che li vendono.

Si deve anche aggiungere che le ditte che producono i semi si sono talvolta comportate in modo da suscitare sospetti seri. Un esempio è lo sviluppo di piante che producono semi sterili, forzando così l'agricoltore a comprare nuovi semi per ogni raccolto. Ora la ditta ha cessato la produzione di tali semi in risposta all' indignazione pubblica. Un altro esempio è dato da violazioni di regole: il granturco modificato, legale solo per bestiame, è stato in alcuni casi usato nella confezione di cibi umani.

E' chiaro che tutto ciò suscita preoccupazioni e sospetti, che devono essere presi in seria considerazione. Ma proibire completamente l'uso delle tecniche di modificazione genetica nelle ricerca agricola non e' il modo adatto per eliminare tali preoccupazioni. Infatti la ricerca sui cibi ha dato anche risultati difficilmente contestabili. Un esempio è lo sviluppo di riso contenente un' aumentata quantità di vitamina A e di ferro. Un passo avanti molto importante, da momento che il riso è uno dei cibi maggiormente usati nel mondo, specialmente nei paesi meno progrediti tecnicamente; però la sua carenza di vitamina A è molto dannosa, causa cecità nei bambini; e la carenza di ferro è altrettanto pericolosa, specialmente durante la gravidanza. Il riso arricchito è stato prodotto nei laboratori di una ditta, che lo ha messo a disposizione dei paesi più poveri gratuitamente. Esso può essere nel futuro la salvezza di quei paesi.

Un altro aspetto dello sviluppo di piante geneticamente modificate si può riconoscere considerando l'origine delle piante usate attualmente per la produzione di cibo. Esse sono state prodotte attraverso i secoli per mezzo di incroci di piante esistenti e la selezione di nuovi tipi, con caratteristiche desiderate, tra quelli risultati dagli incroci. La ripetizione di questi cicli ha prodotto le piante che usiamo oggi. Questa procedura era basata sul trasferimento di geni da una pianta all'altra negli incroci, e sulla selezione successiva dei geni utili per gli scopi degli allevatori. Però i geni erano sconosciuti. Quello che si fa oggi nella produzione di piante modificate è esattamente lo stesso processo, eccetto che si può realizzare in tempo infinitamente piu' breve, e, specialmente, in modo controllato, con piena conoscenza dei geni coinvolti. La differenza principale tra questi metodi tradizionali e le modificazioni nella produzione delle piante usate oggi, e' che in queste ultime si sono trasferiti geni di specie lontane (per esempio batteri), mentre nel metodo tradizionale i geni di piante venivano trasferiti solo tramite gli incroci.

E' molto probabile che, nel futuro, la ricerca genetica delle piante ritornerà al trasferimento di geni solo tra piante. La ragione è che i geni di parecchie piante già sono tutti noti, quelli di altre piante (come il riso) si stanno decifrando. Con la conoscenza di tutti i geni non ci sarà più bisogno di trasferire a piante geni di batteri o altre specie lontane. Si trasferiranno geni di piante, e questa attività sarà molto diffusa e avrà enormi risultati, sia pratici che di conoscenza.

E' evidente perciò che proibire la ricerca basata sulle modificazioni genetiche di piante in generale, è un grave errore. Si dovrebbero instaurare regole mirate a problemi specifici. La validità di ricerche coinvolgenti il trasferimento di geni non vegetali potrebbe essere sottoposta a scrutinio, analizzandone le ragioni e gli obbiettivi. Progetti di esperimenti dove c'è una possibilità di rischio, anche piccolo, per il pubblico, dovrebbero essere esaminati criticamente. Ma lo studio dei geni delle piante, le loro funzioni, il loro significato per la biologia e l'economia delle piante stesse dovrebbe essere incoraggiato, perchè su di esso si basa una grande speranza per il futuro dell'umanità.
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