Convertibilità dello yuan e declino del dollaro

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wheaton80
00domenica 2 novembre 2014 22:18

Stamattina c'è stata un’enorme ondata che ha travolto tutta l'Asia con certe informazioni finanziarie che sembrano essere tra le più importanti dell'anno! Eppure, sulla stampa occidentale, di queste informazioni di enorme importanza hanno fatto a malapena qualche cenno (CNBC.com, ad esempio, alle 11:45 ne deve ancora parlare...). Anche se questa notizia finora è stata ignorata negli Stati Uniti, in Asia è sulle prime pagine. Allora, qual è la notizia? Il governo cinese ha annunciato che il renminbi potrà essere direttamente convertibile con il dollaro di Singapore... con effetto domani mattina. E' chiaro che su questo accordo ci si è dovuto lavorare per un certo periodo di tempo e che questo è un altro passo importante verso la continua internazionalizzazione del renminbi e il disinsediamento del dollaro dalla condizione di valuta di riserva dominante nel mondo. Per decenni il renminbi è stato una valuta strettamente controllata, è solo negli ultimi anni che il governo cinese ha iniziato ad allentare i controlli, soprattutto in risposta alla evidente necessità di una valuta concorrente del dollaro. Il mondo intero sta urlando per trovare una alternativa al dollaro e al governo USA. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti sono sempre stati al volante. Sostanzialmente la Fed stabilisce la politica monetaria globale e le banche estere sono costrette a fare affidamento sul sistema bancario statunitense. Quasi ogni nazione sulla terra deve essere in possesso di dollari e deve comprare il debito pubblico degli Stati Uniti, solo per essere in grado di commerciare con gli altri paesi. Questi erano sacri privilegi affidati al governo degli Stati Uniti e di questi privilegi si è abusato sempre di più. Il governo americano spia i suoi alleati, utilizza il proprio sistema bancario come arma per minacciare le società straniere e mette multe di miliardi di dollari alle banche straniere che fanno affari con paesi che non sono di gradimento degli USA. Si stanno discreditando da soli, continuando ad indebitare le future generazioni e non riuscendo a prendere nessuna decisione radicale per quanto riguarda il bilancio. Inoltre la Fed ha stampato così tanti soldi da non lasciare alle grandi istituzioni straniere nessun'altra scelta che cercare un'alternativa. Quando è troppo è troppo. La Cina è in prima linea nel proporre al mondo un'altra opzione e non lo sta facendo di nascosto, col favore delle tenebre, ma questi movimenti sono stati ampiamente preannunciati, almeno chiunque sia stato appena attento ha potuto rendersene conto. Negli ultimi anni il governo cinese ha stipulato tanti nuovi "contratti swap'' in rapida successione, consentendo alle banche centrali ed ai governi di altre nazioni di mantenere il renminbi come valuta di riserva. Hanno concluso accordi commerciali diretti (in particolare con la Russia) per pagare i conti di petrolio e gas in renminbi. Questa estate abbiamo visto la creazione di una banca sovranazionale, a guida cinese, destinata a competere direttamente con il FMI. Proprio la settimana scorsa il governo britannico ha emesso un nuovo titolo di Stato denominato in renminbi. E ora questa convertibilità diretta tra la valuta cinese e quella del 1° centro finanziario asiatico, rende possibile per chiunque intrattenere commerci diretti e detenere Renminbi via Singapore. E' così evidente da che parte sta andando dritto dritto questo treno. Ma ancora una volta, di questa storia si parla appena sulla stampa occidentale. Stanno vivendo in un mondo di sogno dove regna ancora il re dollaro e dove gli Stati Uniti sono ancora l'unica superpotenza al mondo.

Tutte stupidaggini. E' assolutamente necessario smettere di dar retta alla propaganda e cominciare a guardare i fatti: Il governo degli Stati Uniti ha accumulato il debito più alto di qualsiasi altra nazione nella storia del mondo... ed è in una posizione in cui deve prendere in prestito denaro per pagare gli interessi sul denaro che ha già preso in prestito. La Federal Reserve (che emette dollari USA) continua a erodere il proprio bilancio, secondo l'ultimo rapporto H.4.1 di mercoledì scorso; il capitale base della Fed è ridotto a un minuscolo 1,26% del suo patrimonio complessivo. Un anno fa era l’1,42%. Era già malandato allora, ma facendo le debite proporzioni, la Fed ha perso un altro 11,3% del suo capitale negli ultimi dodici mesi. E secondo la Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT), i pagamenti bancari internazionali effettuati in renminbi sono quasi triplicati di valore negli ultimi due anni. Tutti questi sono fatti oggettivi che portano alla stessa conclusione: il sistema attuale basato sul dollaro/debito del sistema-dollaro sta arrivando al capolinea. Non accadrà niente dalla sera alla mattina, ma stiamo già vedendo un lento e ordinato avvicinamento verso l'uscita. E possiamo vedere che questa tendenza sta andando avanti già da diversi anni. Ignorare questo trend potrebbe essere molto pericoloso per il proprio benessere finanziario. E mentre i media occidentali potrebbero anche non averlo capito, ci sono un sacco di segnali che possono orientare le persone che capiscono. Quindi possono:

- Prendere in considerazione il dollaro di Hong Kong, come valuta di riserva oltre al dollaro USA. Il Dollaro di Hong Kong è attualmente ancorato al dollaro USA, quindi il suo rischio di cambio è minimo. Ma se il dollaro USA dovesse abbassarsi bruscamente, la valuta di Hong Kong (controllata dalla Cina) potrebbe facilmente reggere. Questo ridurrebbe il rischio di ribasso.

- Prendere in considerazione la rinegoziazione dei risparmi in valuta cartacea e trasformarli in attività reali produttive come terreni agricoli e imprese private che sono capitalizzate in base alla loro tendenza di sviluppo.

Ci sono decine di altre soluzioni da trovare, basta cercare quella che più si adatta alla propria situazione.

Simon Black
27.10.2014
Traduzione: Bosque Primario

Fonte: www.sovereignman.com/trends/the-dollar-decline-continues-china-begins-direct-convertibility-to-asias-1-financial-cente...

www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&s...
wheaton80
00domenica 2 novembre 2014 22:30
Dollaro, addio! Cina e Giappone scelgono il cambio diretto yen-yuan
Prima l’hanno fatto Mosca e Pechino, adesso Pechino lo fa anche con Tokyo. Cina e Giappone hanno raggiunto un accordo per rinunciare al dollaro nei pagamenti bilaterali. Ancora un po’ e la forza del dollaro americano, che ha messo in ginocchio tutto il mondo, sarà solo un ricordo.

La tendenza è ovvia: per la Cina il dominio del dollaro è un anacronismo. Perché la seconda economica del mondo deve “dar da mangiare” al suo concorrente? Secondo Michael Klare, esperto di problemi della pace e della sicurezza e docente presso Hampshire College, la Cina non intende fermarsi qui e andrà oltre. Adesso il cambio tra yuan e yen giapponese si farà nei mercati valutari di Tokyo e Shanghai. Prima si faceva il cambio incrociato attraverso il dollaro, adesso il cambio sarà diretto. Secondo gli economisti, ciò permetterà ai due paesi di evitare le perdite dovute alla fluttuazione del dollaro. C’è da dire che la Cina già da tempo aveva iniziato a prepararsi per l’uso delle valute nazionali nei pagamenti con i suoi partner commerciali. Giorni fa, durante la visita in Cina del Presidente russo Vladimir Putin, Mosca e Pechino hanno dichiarato che non useranno più il dollaro per i pagamenti bilaterali. L’accordo in tal senso è stato firmato tra la banca russa VTB e la Banca di Cina. I pagamenti tra Russia e Cina saranno in rubli e yuan. Ora un accordo analogo è stato raggiunto tra Pechino e Tokyo. Quelle della Cina sono decisioni strategiche che si realizzeranno nell’arco di vari anni. Probabilmente in futuro non ci toccherà fidarci del dollaro più di tanto.

4 giugno, 2014
italian.ruvr.ru/2014_06_04/Futuro-incerto-del-dollaro-U...
wheaton80
00venerdì 7 novembre 2014 23:16
Brasile e Uruguay lasciano il dollaro, per gli scambi commerciali useranno real e peso

Cala la voglia di dollaro. Le Banche centrali di Brasile e Uruguay hanno siglato un accordo per utilizzare le loro monete, il real e il peso, per i reciproci scambi commerciali. L' intesa riduce i costi delle transazioni, e facilita l'inclusione finanziaria di Piccole e medie imprese, finora non a loro agio nelle operazioni di cambio con altre valute. La decisione è stata presa da Alberto Graña, presidente della Banca dell'Uruguay e da Alexandre Tombini, presidente della Banca centrale del Brasile, durante la 28a riunione di Presidenti delle Banche centrali dell' America del Sud, tenuta a Lima, in Perù. L' accordo bilaterale prevede che le persone fisiche e quelle giuridiche, residenti in Uruguay e in Brasile, possano realizzare pagamenti e incassi nelle loro rispettive valute. Entrerà in vigore, tra tre settimane, il primo novembre 2014. Il nuovo sistema di pagamenti non sarà più complesso: è stato semplicemente introdotto un software che utilizza diversi tassi di cambio. Una commissione dell'Unione sudamericana delle nazioni (Unasur) sta studiando di estendere l'iniziativa ad altri Paesi sudamericani. Oltre a vantaggi economici, l' introduzione di una nuova valuta di riferimento ha un profondo significato politico. Uruguay e Brasile avversano l'Alca (Area di libero scambio delle Americhe), sponsorizzata dagli Stati Uniti e sostengono una maggior integrazione commerciale latinoamericana.

Roberto Da Rin
7 Novembre 2014
www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-07/brasile-e-uruguay-lasciano-dollaro-gli-scambi-commerciali-useranno-real-e-peso--111945.shtml?uuid=...
wheaton80
00domenica 28 dicembre 2014 03:16
La Cina spera di imporre il yuan come moneta alternativa al dollaro

Dal 29 dicembre gli scambi commerciali tra Cina e Russia si svolgeranno in moneta locale. A partire da questa data, gli scambi commerciali in valuta locale si svolgeranno non solo con Russia, ma anche con Malesia e Nuova Zelanda. Così ha annunciato venerdi il CFETS, China Foreign Exchange Trade System, una sorta di ente cinese per il commercio internazionale. Il CFETS è un ente della Banca del Popolo, la Banca Centrale della Cina, fondato il 18 aprile del 1994 per operare nell’ambito del commercio internazionale ed è di sua competenza tutto ciò che riguarda i mercati e le politiche monetarie. Ebbene ieri ha fatto questo importante annuncio. La Cina in sostanza spera di imporre, nel commercio internazionale la sua moneta, il Yuan come alternativa al dollaro statunitense. In sostanza si tratta di un ulteriore passo per arrivare a questo obiettivo. E’ sempre di oggi, 26 dicembre, la notizia che la Banca Centrale della Serbia ha deciso di accettare il yuan negli scambi commerciali tra il suo paese e la Cina, considerando i crescenti legami economici tra i due stati. La decisione di oggi fa seguito a quanto stabilito nel recente incontro fra Li Keqiang, primo ministro cinese, e Aleksandar Vucic, primo ministro della Serbia. All’inizio di dicembre, il Ministro del Commercio cinese, Gao Hucheng, aveva affermato che la Cina avrebbe aumentato l’utilizzo del yuan nel commercio bilaterale con la Russia e con altri paesi; ciò si deve appunto al progetto della Cina di incrementare l’uso delle monete nazionali negli scambi commerciali internazionali al fine precisamente di indebolire il dollaro e promuovere la propia moneta. Indubbiamente ci sono molteplici vantaggi nell’usare negli scambi commerciali internazionali le monete nazionali, invece del dollaro; innanzitutto l'assenza di oneri per la conversione delle valute, i pagamenti diretti e la maggiore trasparenza nei rapporti tra le banche.

Attilio Folliero
26/12/2014
umbvrei.blogspot.it/2014/12/la-cina-spera-di-imporre-il-yuan-c...
wheaton80
00domenica 28 dicembre 2014 03:28
Contrastare i ribassisti delle valute con le loro armi: come la cooperazione intelligente può disinnescare le speculazioni aggressive
e far trascorrere un natale sereno a milioni di persone

La Cina esporta una valanga di merci. E’ diventata la prima economia del mondo. In cambio riceve carriolate di dollari. Troppi. Da un po’ di tempo pensa che il dollaro abbia un futuro incerto, perché sempre più distribuito e sempre meno garantito, e vuole cambiarne una parte consistente in qualche cosa di più sicuro. Russia, Iran, Argentina, Venezuela hanno giacimenti enormi di risorse naturali. Agricoltura, allevamento, petrolio, gas, metalli. Ma hanno valute che negli ultimi mesi sono state attaccate da speculatori internazionali e continuano a perdere valore. Così le merci importate costano più care, i prestiti in dollari diventano costosissimi. Si stringe la cinghia, il malcontento sale. Si creano le occasioni per cambiare i governi eletti con governanti corrotti, disposti a privatizzare e svendere le risorse naturali a prezzi di saldo. A questo punto però questi cinque stati si mettono d’accordo. In base a questo accordo negli ultimi giorni Russia, Iran, Argentina e Venezuela hanno prima comprato yuan in cambio di rubli, riyal, peso e bolivar. Quindi hanno venduto gli yuan comprando dollari. Infine hanno venduto dollari e ricomprato le loro valute. Siccome più una valuta viene comprata, più il suo valore sale, e viceversa, in questo modo il valore di rublo, riyal, peso e bolivar è risalito mentre quello del dollaro è sceso. Siccome in base agli accordi stipulati questo meccanismo si può ripetere ancora molte volte, le aspettative ribassiste sono diventate incerte e la speculazione si è arrestata. Le conseguenze e le implicazioni di questi accordi meritano grande attenzione. Perché in base a essi la Banca popolare cinese può vendere anche più yuan di quanta valuta in cambio abbia bisogno di spendere in quel momento, tenendola da parte come riserva e ri-scambiandola quando le tensioni si saranno allentate. Ma ciò equivale di fatto a un prestito. In questo modo la BPC si affianca silenziosamente al Fondo monetario internazionale tra i soggetti mondiali in grado di aiutare i Paesi in crisi economica da svalutazione valutaria. Si affaccia sullo scenario della finanza mondiale come ente in grado di cambiare radicalmente la storia dei prestiti condizionati, ai quali sovente è seguita – nel corso diqualche decennio – la bancarotta dello stato “aiutato”. I Paesi BRICS oggi – e domani gli altri stati che sapranno rimodulare la loro politica estera – hanno a dsposizione un prestatore di dollari e di altre valute che non chiede in cambio libbre di carne umana e che ha i mezzi per bloccare le scorribande dei gestori dei grandi fondi speculativi. La Cina ci guadagna, perché incassa valute, rastrellate in un periodo in cui costavano poco sul mercato dei cambi, che userà per pagare materie prime preziose (invece che debiti del tesoro americano) dagli stati che le possiedono. Russia, Iran, Argentina e Venezuela ci guadagnano, perché la loro valuta riprende un valore effettivamente rappresentativo delle loro potenzialità economiche e perché arrestano la speculazione sui cambi senza sprecare riserve in euro o in oro. Ci perdono alcune centinaia di speculatori al ribasso; se ne faranno una ragione. Milioni di persone trascorreranno invece un sereno Natale perché, oltre alla tombola, hanno imparato a giocare al gioco del: vinci tu che vinco anch’io.

Luca Tribertico
25 dicembre 2014
www.rischiocalcolato.it/2014/12/contrastare-i-ribassisti-delle-valute-con-le-loro-armi-come-la-cooperazione-intelligente-puo-disinnescare-le-speculazioni-aggressive-e-far-trascorrere-un-natale-sereno-a-milioni-di-persone-di-...
wheaton80
00lunedì 29 dicembre 2014 18:47
“L' aiuto della Cina alla Russia rivoluziona il sistema finanziario mondiale”

L' intenzione della Cina di aiutare la Russia per risolvere le sue difficoltà economiche, che Pechino ha annunciato dopo i recenti aiuti al Venezuela e all'Argentina, di fatto segna la fine del sistema di Bretton Woods in vigore dopo la Seconda Guerra Mondiale. E’ l' opinione dell' editorialista di Bloomberg William Pesek, citata dal quotidiano Chicago Tribune:

www.chicagotribune.com/sns-wp-blm-news-bc-pesek26-20141226-st...

Le azioni della Cina dimostrano la perdita della leadership degli Stati Uniti dal sistema finanziario globale, nonché il loro indebolimento nell' influenza in Giappone e in Asia. La Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB, Banca Asiatica per gli Investimenti nelle Infrastrutture), fondata questo autunno da una ventina di Paesi guidati dalla Cina, può essere considerata il "killer" della Asian Development Bank, guidata da Tokyo, nonché una minaccia estremamente grave per il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, si afferma nell' articolo. Come suggerito da William Pesek, la Cina supporta altri Paesi per accrescere la sua influenza geopolitica e contemporaneamente fornisce assistenza a Stati che non sono d' accordo con la politica degli Stati Uniti e dei suoi alleati. L'accordo sul currency swap con la Russia e l' Argentina, così come il prestito concesso al Venezuela, indicano che la Cina è pronta a dare i soldi in cambio di alleanze diplomatiche, ritiene l' autore. Se la crisi nell' eurozona fosse destinata a peggiorare nel 2015, la Cina potrebbe contare sul fatto che i leader europei sarebbero disposti ad ammorbidire le loro critiche e, in caso di problemi con le istituzioni finanziarie occidentali, quasi tutti i Paesi asiatici potrebbero chiedere aiuto alla Cina, ipotizza William Pesek. Secondo l' autore, grazie all' aiuto della Cina ai Paesi con problemi economici, Pechino può costringere il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e la Asian Development Bank a farsi coinvolgere in questo gioco.

28 dicembre 2014
italian.ruvr.ru/news/2014_12_28/Laiuto-della-Cina-alla-Russia-rivoluziona-il-sistema-finanziario-mondia...
wheaton80
00mercoledì 14 gennaio 2015 14:33
Faber: fuori da Wall Street, puntare sull' oro

NEW YORK (WS) - Per Marc Faber è l’ora di tornare a puntare pesantemente sull’oro. Nel corso della presentazione dell’outook di Societé Général, l’investitore svizzero, meglio conosciuto come "Doctor Doom", ha anticipato per le quotazioni del metallo prezioso un rimbalzo del 30% quest’anno. Le previsioni prendono le mosse dall’idea che, nei prossimi mesi, "assisteremo a un crollo della fiducia nei confronti delle banche centrali. Quando ciò avviene è meglio stare lunghi su oro, argento e platino" ha detto Faber, specificando che questa sarà la strategia che lui stesso adotterà per primo. Dai massimi storici del settembre 2011, quando i prezzi si aggiravano intorno ai 1.900 dollari all’oncia, l’oro ha segnato un crollo del 35%, confermandosi così uno dei peggiori investimenti degli ultimi anni. Da inizio anno, tuttavia, il metallo prezioso pare avere imboccato la strada del rialzo: nel giro di due settimane i prezzi hanno segnato un aumento del 4,1%, facendo meglio del dollaro. Per quanto riguarda l’azionario, Faber suggerisce di stare alla larga soprattutto dal mercato Usa ritenuto sopravvalutato. Analoghe considerazioni valgono per l’immobiliare, gli investimenti in arte. Tutt’altro che attraente anche il cash, in presenza di tassi di interesse a zero". "L'unico settore interessante al momento è quello dei metalli preziosi, e in particolare le azioni del comparto minerario". Guardando all’azionario, solo i mercati emergenti mostrano agli occhi di Faber un certo interesse. "E’ possibile che tornino a correre" ha detto l’investitore, anche se non prima del secondo semestre dell’anno.

14 gennaio 2015
www.wallstreetitalia.com/article/1798501/faber-fuori-da-wall-street-puntare-sull-...
wheaton80
00domenica 30 agosto 2015 19:30
La guerra finanziaria di Washington alla Cina: l’eclissi del dollaro

I cinesi sono in procinto di eliminare il monopolio del dollaro USA, cedendo le obbligazioni del Tesoro USA, stoccando riserve auree e aprendo banche regionali per distribuire la propria valuta nazionale. Questo darà più facile accesso ai mercati dei capitali, isolando la manipolazione finanziaria di Washington e Wall Street. Temendo l’eclissi di dollaro e sistema di Bretton Woods con l’architettura finanziaria rivale, la risposta degli Stati Uniti è un tentativo di danneggiare i mercati cinesi e rivalutare la valuta cinese. La Cina ha risposto attraverso le regole del mercato e quindi con i quantitative easing della propria moneta mantenendo bassi i prezzi dei prodotti industriali cinesi e delle esportazioni. Il quantitative easing di Pechino è una reazione alla manipolazione finanziaria di Washington e Wall Street. Inoltre, Washington non ha mai pensato che i cinesi rispondessero con il dumping dei buoni del tesoro statunitensi. Al posto dell’isteria sull’economia cinese, “il crollo imminente del dollaro dovrebbe avere sempre l’attenzione degli investitori”, avvertiva l’economista Peter Schiff. La voce di Schiff è una dei molti analisti che dicono che i discorsi su una vacillante economia cinese sono esagerati e pessimi.

La guerra finanziaria contro Cina e Russia: la guerra degli USA alla “comunità del destino”

Mentre l’architettura finanziaria mondiale è alterata da Cina e Russia, il dollaro USA viene gradualmente neutralizzato come arma preferita di Washington. Anche il monopolio del sistema di Bretton Woods di Washington, formato da Fondo Monetario Internazionale (FMI) e Banca Mondiale, è messo in discussione direttamente. Anche se non costituiscono un’alternativa all’economia neoliberista, la New Development Bank (NDB) dei BRICS e l’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) di Pechino sfidano il sistema di Bretton Woods attraverso una struttura finanziaria rivale. L’impero degli Stati Uniti è consapevole delle mosse per creare un ordine finanziario rivale. I politici di Washington, Pentagono e Wall Street guardavano con preoccupazione al duplice vertice di BRICS e Shanghai Cooperation Organization nella città russa di Ufa. Fino a quel momento perseguivano guerre di propaganda, sui mercati energetici, finanziari, valutari ed economici in generale contro la Federazione russa. Dopo Ufa hanno esteso la guerra finanziaria ed economica alla Cina. Banche e governi dell’Unione Europea esaminano l’uso della moneta nazionale cinese, renminbi/yuan, come valuta di riserva. Ciò per l’attrattiva stabilità del renminbi come valuta. Ciò preoccupa Washington e Wall Street, ed è uno dei fattori che hanno determinato l’espansione della guerra monetaria e finanziaria dalla Russia alla Cina. Utilizzando speculazione e manipolazione del mercato come arma psicologica, gli Stati Uniti lanciavano un attacco finanziario contro i cinesi. Ciò attraverso il tentativo di affondare o mandare in crash il mercato azionario cinese e colpire la fiducia degli investitori nell’economia cinese e le sue riserve. Pechino, tuttavia, ha reagito rapidamente imponendo controlli sui prelievi d’investimento. Ciò ha impedito la valanga di vendite azionarie e disinnescato la bomba finanziaria degli Stati Uniti. Mentre il prezzo del renminbi ha cominciato a salire, Pechino ha iniziato il quantitative easing svalutando la moneta nazionale, per continuare le esportazioni. Il Congresso degli Stati Uniti e della Casa Bianca vi si oppongono nettamente, accusando i cinesi di manipolazione finanziaria e chiedendo che Pechino non regoli il valore del renminbi. Ciò che la gente della periferia di Washington vuole é che i cinesi lascino valutare il renminbi per distruggere economia e mercato cinesi.

Il Drago cinese colpisce ancora: Pechino liquida i BOT degli USA
Spingi la Cina, ed essa respingerà. Il dollaro (o, più propriamente, renminbi/yuan) non si ferma con l’introduzione di norme da parte di Pechino. La Cina ha adottato misure che scuotono Wall Street e Washington è avvertita. Mentre le istituzioni finanziarie statunitensi cercano di danneggiare la fiducia degli investitori in Cina attraverso tattiche psicologiche, sostenendo che l’economia cinese rallenta e che il mercato cinese è in caduta libera, Pechino annuncia di aver acquistato 600 tonnellate di oro nel giro di un mese e la Banca Popolare Cinese si sbarazza di oltre 17 miliardi di dollari dalle riserve di valuta estera. Le riserve in valuta estera cinese, escluse le riserve in valuta estera delle Regioni Amministrative Speciali di Hong Kong e Macao, erano 3.710 miliardi di dollari nel maggio 2015. Sono scese a 3.690 miliardi nel giugno 2015. Il sito sul mercato finanziario ZeroHedge, che segue questa evoluzione, ha spiegato ciò che accade:“Abbiamo poi messo il cambio della Cina sulle riserve valutarie assieme al totale delle partecipazioni del Tesoro USA della Cina e relativo ‘anonimo’ rivenditore off-shore di Euroclear (‘Belgio’), rilasciato dal TIC, scoprendo che il rapporto drammatico che avevamo rilevato a maggio persiste, cioè praticamente il delta delle riserve valutarie cinesi trascina via tutti i buoni del Tesoro USA detenuti dalla Cina”. Il punto principale qui è che i buoni del Tesoro USA detenuti dalla Cina “sono venduti in modo aggressivo, per la somma di 107 miliardi di dollari, finora nel 2015”. Seguendo le transazioni finanziarie della Cina in Belgio, ZeroHedge ha effettivamente calcolato che Pechino ha mollato 143 miliardi di dollari in tre mesi. Pochi mesi dopo, ad agosto, altri 100 miliardi di dollari in titoli del Tesoro USA sono defluiti nel giro di due settimane. Il giorno dopo, il 27 agosto, Bloomberg confermava ciò che ZeroHedge aveva notato, spiegando in un rapporto:“La Banca Popolare della Cina scarica dollari e acquista yuan per sostenerne il tasso di cambio, una politica che ha ridotto di 315 miliardi di dollari le riserve valutarie negli ultimi 12 mesi. Le scorte di 3.650 miliardi diminuiranno di circa 40 miliardi al mese per il resto del 2015, secondo le stime di un’indagine di Bloomberg”. Mentre Bloomberg sottolinea che i cinesi usano i dollari per acquistare la propria valuta nazionale, casualmente dice, “strategicamente e probabilmente è intenzione della Cina trovare il momento giusto per alleggerire l’eccessivo cumulo di titoli del Tesoro USA”, citando un economista della Reorient Financial Markets Limited di Hong Kong.

L’eclisse del dollaro da parte del renminbi cinese

Wall Street dovrebbe preoccuparsi dei problemi economici degli Stati Uniti invece di cercare di minare la Cina. Il discorso sul rallentamento dell’economia cinese è in parte di distrazione. Si distoglie l’attenzione dal declino degli Stati Uniti e si rafforzano gli sforzi di Washington e Wall Street per frenare Pechino. I cinesi, tuttavia, continuano ad andare avanti imperterriti. Pechino ha scelto il Qatar come prima piazza di cambio del renminbi per i mercati dei cambi regionali in Medio Oriente e Nord Africa, nell’aprile 2015. Il nome di questo centro di cambio è Renminbi Qatar Center, ed aggirerà le strutture finanziarie USA e darà maggiore accesso a petrolio e gas naturale di Medio Oriente e Nord Africa alla Repubblica Popolare Cinese. Nonostante i desideri di Wall Street e Washington, l’Ordine Mondiale di Seta va avanti.

Mahdi Darius Nazemroaya
30/08/2015
Fonte: www.strategic-culture.org/pview/2015/08/30/washington-financial-currency-war-china-eclipsing-us-dollar-y...

aurorasito.wordpress.com/2015/08/30/la-guerra-finanziaria-di-washington-alla-cina-leclissi-del-...
wheaton80
00mercoledì 16 dicembre 2015 13:05
L’FMI promuove la Cina: lo yuan entra tra le valute di riserva

FRANCOFORTE - Il Fondo Monetario ha approvato oggi l'inclusione dello yuan, la moneta cinese, nel paniere delle valute di riserva. La decisione è stata presa dal consiglio esecutivo, che riunisce i rappresentanti dei Paesi membri dell'istituzione di Washington, e ha aggiunto lo yuan a dollaro, euro, yen e sterlina come componente dei diritti speciali di prelievo, la valuta di riserva dello stesso FMI. L'annuncio (che avrà effetto dal 1° ottobre 2016, per consentire una transizione ordinata) segue una raccomandazione avanzata il mese scorso dallo staff del Fondo Monetario, secondo cui lo yuan soddisfa i requisiti di essere una moneta ampiamente utilizzata nel commercio internazionale e «utilizzata liberamente». Questo secondo punto è più controverso, in quanto alcune misure di liberalizzazione sono state approvate solo recentemente. Anche se i criteri per l'ammissione dello yuan nel paniere dei DSP sono tecnici in senso stretto, la scelta dell'FMI è legata anche a considerazioni di tipo politico in senso lato. La Cina è ormai la seconda economia mondiale alle spalle degli Stati Uniti (la prima, in base ai calcoli effettuati secondo la parità di potere d' acquisto) ed è nettamente sottorappresentata nel capitale del Fondo Monetario, in quanto l'aggiustamento delle quote, approvato nel 2010 e che riconosce il maggior peso globale di Pechino e di altre economie emergenti, è tuttora bloccato dal Congresso degli Stati Uniti, che hanno potere di veto. Uno stallo che limita la rappresentatività dell'FMI.

L'inserimento dello yuan fra le valute di riserva è in qualche modo una compensazione per il mancato aumento della quota e un tentativo da parte dei vertici del Fondo di mantenere buone relazioni con Pechino. È anche un segnale di fiducia che le autorità cinesi continueranno sul percorso delle riforme economiche, alcune delle quali realizzate proprio in funzione dell'ammissione della valuta nei DSP, nel momento in cui l'economia rallenta e le turbolenze sui mercati finanziari cinesi hanno avuto ripercussioni su quelli mondiali, anche per l'incertezza nella risposta da parte di Pechino. Le istituzioni internazionali si confrontano con la possibilità che, senza un riconoscimento del proprio ruolo, la Cina finisca per bypassarle, come è avvenuto nella creazione della banca per le infrastrutture (AIIB), che di fatto supplisce agli interventi della Banca Mondiale, dove pure l'aumento della quota cinese e degli altri emergenti è bloccata dal Congresso USA. Oltre al valore simbolico del riconoscimento alla Cina del ruolo di potenza economica, l'inserimento dello yuan nei DSP ha alcune importanti conseguenze pratiche: dovrebbe infatti produrre un graduale flusso di fondi sullo yuan da parte delle banche centrali, dei fondi sovrani e delle altre istituzioni multilaterali, flusso che in parte è già cominciato (una settantina di banche centrali hanno investito parte delle loro riserve ufficiali in yuan). La sola riallocazione di un 1% delle riserve internazionali sullo yuan significherebbe un flusso di 80 miliardi di dollari l'anno.

Alessandro Merli
30 novembre 2015
www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-11-30/il-fmi-promuove-cina-oggi-yuan-entra-valute-riserva-125947.shtml?uuid=ACP9f4jB&refr...
wheaton80
00mercoledì 19 luglio 2017 03:27
Oro e criptovaluta: la guerra di Putin al dollaro



Oro di Cina e Russia
Sberbank, la più grande banca di Russia, ha iniziato le attività di vendita di oro in Cina; per la precisione, la sua filiale svizzera ha annunciato giovedì scorso un’operazione pilota di cessione di oro alle istituzioni finanziarie di Pechino (attraverso lo Shanghai Gold Exchange), che dovrebbe arrivare a 6 tonnellate entro la fine del 2017. Il comunicato di Sberbank, pur se uscito sulla Reuters, non sembra aver destato particolare attenzione negli osservatori internazionali:

www.reuters.com/article/sberbank-gold-china-idUSL8N1K41VS

Di per sé l’operazione sembra avere una valenza puramente commerciale tra due Paesi (Cina e Russia) che rappresentano rispettivamente il primo e il terzo produttore d’oro del mondo, con in più la Cina che è anche il primo acquirente in un Paese in cui la crescita dei redditi e le scarse opzioni d’investimento spingono in su la domanda di oro, tanto da triplicare in un anno i volumi dello Shangai Gold Exchange. L’obiettivo, come già Bloomberg ha segnalato un anno fa, è di realizzare a pieno regime vendite di oro sul mercato cinese fino a 100 tonnellate l’anno:

www.bloomberg.com/news/articles/2016-09-22/russia-boosts-gold-sales-to-china-as-sberbank-goes-to-...

Stesso obiettivo che si è dato anche VTB, il secondo Istituto di credito russo, anch’esso operante sul mercato di Shanghai.

La de-dollarizzazione del mondo

In realtà l’operazione Sberbank s’inserisce in una più complessa strategia geo-economica di “de-dollarizzazione” del mondo messa in piedi da Russia e Cina, con lo scopo di infliggere un colpo profondo al ruolo globale degli Stati Uniti; e l’oro sarà una delle leve per scardinare il sistema, utilizzandolo sempre più come mezzo di pagamento tra le economie emergenti. Sergey Shvetsov, vice-governatore della Banca Centrale di Russia, ha dichiarato recentemente che l’obiettivo di Mosca e Pechino è aumentare le transazioni in oro coinvolgendo gli altri Paesi dell’area BRICS (Brasile, India, Sud Africa) che sono “grandi economie con grandi riserve auree ed imponenti volumi di produzione e acquisto di questo metallo prezioso”. Qualche anno fa anticipammo il processo in questo articolo in cui spiegavamo come la “corsa all’oro di Putin” fosse indirizzata proprio a questo obiettivo:

blog.ilgiornale.it/rossi/2014/11/27/loro-di-putin/

D’altronde da anni Mosca e Pechino stanno attuando misure congiunte per diminuire la dipendenza economica dal dollaro USA e organizzare forme di cooperazione economica e monetaria sempre più strette. Nel marzo scorso la ICBC (Banca Cinese Industriale e Commerciale) ha aperto una sua sede a Mosca con il compito di “funzionare ufficialmente come banca di compensazione del renminbi (yuan) in Russia” e diventare un “grande centro finanziario per i Paesi dell’Unione Economica Eurasiatica”. L’utilizzo sempre maggiore delle proprie monete nazionali al posto del dollaro potrebbe anche ridurre la volatilità dei tassi di cambio di yuan e rublo, scrive Sputnik:

sputniknews.com/russia/201703271052005629-china-bank-clearing-trans...

E in effetti l’esclusione del dollaro sembra portare i suoi frutti, tanto che il fatturato commerciale di Cina e Russia è aumentato del 34%. Ma questo è solo il primo passo finalizzato ad allargare la de-dollarizzazione anche ai restanti Paesi del BRICS (Brasile, India e Sudafrica) utilizzando proprio l’oro come strumento.



Ethereum
Non solo, ma nel giugno scorso, a margine del Forum Economico di S. Pietroburgo, Vladimir Putin si è incontrato con Vitalik Buterin, l’inventore di Ethereum, la criptovaluta con tecnologia blockchain che si sta diffondendo nel mondo insidiando il primato del bitcoin. L’obiettivo è quello di far entrare le istituzioni finanziarie russe nell’universo della cosiddetta “moneta virtuale”, svincolata dalle banche centrali (e dal dollaro), impossibile da manipolare artificialmente e funzionante anche come database condivisibile per eliminare gli intermediari nei processi economici. La Banca Centrale di Russia ha già attivato un progetto pilota per i pagamenti online e per condividere dati della clientela con altre banche russe; ed Etehreum è stata utilizzata dalla russa VEB per alcune funzioni amministrative. A San Pietroburgo, Putin ha dichiarato che le nuove forme dell’economia digitale “sono oggi la base per creare nuovi modelli di business”, ma non solo. In effetti la criptovaluta sarebbe una rivoluzione che proietterebbe la Russia in una nuova era dell’economia digitale e soprattutto un ulteriore modo per scardinare il dominio finanziario del dollaro e con esso il potere globale degli Stati Uniti.

Giampaolo Rossi
18 luglio 2017
blog.ilgiornale.it/rossi/2017/07/18/oro-e-criptovaluta-la-guerra-di-putin-al-...
wheaton80
00domenica 24 settembre 2017 23:27
Petroyuan: nuovo sistema monetario multipolare e difesa anti-sanzioni

Le sanzioni economiche imposte dal governo degli Stati Uniti hanno spinto il Venezuela a implementare un nuovo sistema di pagamento internazionale, con l’idea di aprirsi al mercato multipolare e limitare il blocco economico dal Nord America. Il 7 settembre il Presidente della Repubblica Nicolás Maduro annunciava il nuovo piano “per liberarci dal dollaro”, utilizzando “valute di conversione libera, come yuan, euro, yen, rupia e valute internazionali, abbandonando il laccio del dollaro, valuta oppressiva”, come affermava al Parlamento Federale, presentando il suo Piano Economico per la Pace all’Assemblea Nazionale Costituente (ANC). La prima azione s’è riflessa sul prezzo del greggio venezuelano, che per la prima volta veniva prezzato in yuan dal Ministero del Petrolio, pari a 306,26 yuan per barile, cioè 46,75 dollari. Inoltre, alcuni giorni prima il Vicepresidente della Repubblica Tariq al-Aysami informava che il Venezuela firmerà “il primo accordo commerciale in yuan per la vendita di petrolio alla Cina“. Venivano inoltre effettuate rettifiche per l’avvio delle operazioni con un paniere di valute del sistema di cambio dalla variazione complementare svincolata del mercato (DICOM), schema del Governo Nazionale che consente le operazioni di cambio valutario a società e persone fisiche ad un prezzo deciso dal mercato, fulcro del controllo dei cambi.

Russia e Cina: i pionieri

Con queste azioni, il Venezuela entra nel progetto già avanzato da Russia e Cina. L’economista messicano Ariel Noyola Rodríguez osservava in un articolo pubblicato da Actualidad RT nel maggio 2016, che “Mosca e Pechino commerciano petrolio con un canale di transizione volto verso il sistema monetario multipolare, cioè non basato solo sul dollaro ma su diverse valute e soprattutto che riflette i rapporti di forza dell’attuale ordine mondiale“. Un’azione decisa appunto dalle sanzioni economiche imposte nel 2015 da Washington e Bruxelles che, secondo l’analista, “incoraggiano i russi ad eliminare dollaro ed euro dalle transazioni commerciali e finanziarie, o altrimenti sarebbero stati esposti al sabotaggio nelle operazioni di vendita coi principali partner”. Quindi, da metà 2015, “gli idrocarburi che la Cina acquista dalla Russia vengono pagati in yuan e non in dollari”, permettendo di neutralizzare il blocco imposto a Mosca dalla crisi in Ucraina. “Vengono poste le fondamenta di un nuovo ordine finanziario basato sul petroyuan: la moneta cinese si prepara a diventare il fulcro del commercio Asia-Pacifico con le maggiori potenze petrolifere“, sottolinea Noyola Rodríguez nel testo “Il ‘petroyuan’ è la grande scommessa di Russia e Cina”. L’analista prevede che in futuro l’OPEC adotterà questo modello di marketing petrolifero, una volta che Pechino lo richiederà, e sottolinea che altre Nazioni seguono questa premessa perché “hanno capito che per costruire un sistema monetario equilibrato, la de-dollarizzazione dell’economia mondiale è una priorità”.

Fonte: www.avn.info.ve/contenido/venta-petr%C3%B3leo-yuanes-parte-del-nuevo-sistema-monetario-multipolar-y-defensa-ante...

22 settembre 2017
Traduzione: Alessandro Lattanzio
www.controinformazione.info/petroyuan-nuovo-sistema-monetario-multipolare-e-difesa-anti-s...
wheaton80
00domenica 8 ottobre 2017 21:43
Il piano russo per liberarsi dal dollaro funziona meglio di quanto immaginato

Jim Rickards di The Daily Reckoning disquisisce su come la Russia agisca aggressivamente per sganciare l’economia dal dollaro USA (https://dailyreckoning.com/russia-story-matters/). L'oro, un’alternativa allo SWIFT e la tecnologia blockchain sono gli strumenti utilizzati per liberare la Russia dall’influenza egemonica statunitense… e funziona. Mentre i media mainstream occidentali e i congressisti “spaventapasseri” statunitensi spacciano la menzogna “dell’intromissione russa nelle elezioni”, c’è solo una “storia che conta sulla Russia”… Il World Gold Council ha riferito che la Banca Centrale della Russia ha più che raddoppiato l’acquisto di oro, portando le riserve al livello più alto da quando Putin prese il potere 17 anni fa. Il desiderio della Russia di allontanarsi dall’egemonia del dollaro USA e dal sistema di pagamento del dollaro è ben noto. Oltre il 60% delle riserve globali e l’80% dei pagamenti globali è in dollari. Gli Stati Uniti sono l’unico Paese con potere di veto presso il Fondo Monetario Internazionale, prestatore globale di ultima istanza. Forse l’arma più aggressiva della Russia nella guerra ai dollari è l’oro. La prima linea di difesa è acquisire l’oro fisico, che non può essere congelato dal sistema dei pagamenti internazionali. Con l’oro, si può sempre pagare un altro Paese semplicemente mettendolo su un aereo e spedendolo alla controparte. Questo è l’equivalente del 21° secolo dei pagamenti di JP Morgan, che inviava oro su navi o ferrovia nei primi anni del XX secolo. La Russia ha triplicato le riserve d’oro da circa 600 tonnellate a 1.800 negli ultimi 10 anni e non mostra segni di rallentamento. Anche quando i prezzi del petrolio e le riserve russe crollarono nel 2015, la Russia continuava ad acquistare oro. Ma la Russia persegue altre alternative al dollaro oltre l’oro. Come quella di costruire sistemi di pagamento senza scadenza coi partner commerciali regionali e la Cina. Gli Stati Uniti influenzano lo SWIFT, sistema nervoso centrale del traffico globale dei messaggi di trasferimento di denaro, per isolare le Nazioni che considerano minacce.

Dalla prospettiva finanziaria, è come togliere l’ossigeno a un paziente in terapia intensiva. La Russia sa della propria vulnerabilità al dominio USA e vuole ridurla. Ora la Russia ha creato un’alternativa allo SWIFT. Il capo della Banca Centrale Russa, Elvira Nabjullina, ha riferito a Vladimir Putin che “c’era la minaccia di essere esclusi dallo SWIFT. Abbiamo aggiornato il nostro sistema di transazioni e, se succede qualcosa, tutte le operazioni in formato SWIFT continueranno a funzionare. Abbiamo creato un sistema analogo”. La Russia fa anche parte del piano cinese che creerebbe un nuovo ordine monetario internazionale escludendo i dollari USA, con cui la Cina potrà acquistare petrolio russo con lo yuan e con cui la Russia potrà scambiarlo in oro sullo scambio di Shanghai. Ora sembra che la Russia abbia un’altra arma nel suo arsenale anti-dollaro. La Banca di Sviluppo della Russia, VEB, e diversi Ministeri russi, collaborano per sviluppare la tecnologia blockchain. Vogliono creare un sistema di pagamento completamente criptato, ripartito e poco costoso, che non si basi su banche occidentali, sullo SWIFT o sugli Stati Uniti per spostare denaro. Ciò non ha niente a che fare con il bitcoin, che è solo un altro token digitale. La tecnologia blockchain (oggi spesso denominata Tecnologia di Registro Distribuito o DLT) è una piattaforma che può facilitare un’ampia varietà di trasferimenti, magari includendo una nuova crittografia di Stato russa sostenuta dall’oro. “Monete di Putin”, gente? Il perdente sarà il dollaro. Questo è anche uno dei motivi per cui gli investitori stiano assegnando parte dei loro portafogli ad attività come l’oro.

Alex Christoforou
Fonte: theduran.com/russias-plan-to-free-itself-from-the-us-dollar-is-working-better-than-anyone-ever-i...

Traduzione: Alessandro Lattanzio (rivista da Wheaton80)
8 ottobre 2017
aurorasito.wordpress.com/2017/10/08/il-piano-russo-per-liberarsi-dal-dollaro-funziona-meglio-di-quanto-imm...
wheaton80
00giovedì 4 gennaio 2018 16:49
Altro colpo mortale all'egemonia del dollaro? Cina e Pakistan da oggi lo sostituiscono con lo yuan

La Banca Centrale del Pakistan ha concordato martedì di sostituire il dollaro USA con lo yuan per gli scambi bilaterali con la Cina. Si tratta di una decisione che potrebbe acellerare la fine dell'egemonia del dollaro nel mondo. L'adozione dello yuan nel commercio bilaterale tra i due Paesi è particolarmente significativa per la mole di scambi tra Islamabad e Pechino nelle transazioni nei progetti del corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC). E da oggi il Pakistan sarà in grado di pagare le importazioni dalla Cina in yuan e le società cinesi che investono in progetti CPEC in Pakistan potranno restituire i loro profitti anche nella loro valuta nazionale. "Considerando i recenti sviluppi economici locali e globali, in particolare con la crescente dimensione degli scambi e degli investimenti con la Cina nell'ambito del CPEC, la Banca Centrale del Pakistan prevede che il commercio di yuan con la Cina aumenterà significativamente nel futuro prossimo e genererà benefici a lungo termine per entrambi i Paesi", si legge in una nota della Banca di Islamabad che annuncia la notizia. Al momento, gli scambi bilaterali tra Pakistan e Cina si sono attestati intorno ai 14 miliardi di dollari tra il 2015 e il 2016. Le autorità pakistane prevedono un aumento significativo del volume degli scambi tra i due Paesi. La Cina si è impegnata a investire, infatti, circa 60 miliardi di dollari in Pakistan fino al 2030 nel quadro del progetto CPEC, che è un mega progetto annunciato nell'aprile 2015 che mira a collegare il porto di Gwadar nel Pakistan sud-occidentale con la regione autonoma dello Xinjiang nella Cina nord-occidentale attraverso una rete di autostrade, ferrovie e oleodotti.

03/01/2018
www.lantidiplomatico.it/dettnewsaltro_colpo_mortale_allegemonia_del_dollaro_cina_e_pakistan_da_oggi_lo_sostituiscono_con_lo_yuan/8...
wheaton80
00mercoledì 30 maggio 2018 21:35
I petrodollari tramontano, lo yuan cinese conquista Riad

La Cina si avvicina all’Arabia Saudita e lancia la sfida al cuore dell’egemonia statunitense nell’economia mondiale, i petrodollari. Una svolta che potrebbe anche rendere meno efficaci le sanzioni all’Iran. Dal giugno 1974, dopo la prima crisi petrolifera, un patto di ferro siglato dall’allora Presidente Richard Nixon e Re Faisal d’Arabia ha stabilito che gli acquisti di greggio sul mercato del Golfo dovessero essere effettuati con il biglietto verde. Da quei Paesi arriva un quarto della produzione e metà delle esportazioni di petrolio al mondo e questo ha dato alla moneta di Washington un vantaggio su tutte le altre. Ma lo scorso dicembre, in un incontro fra il nuovo Ministro delle Finanze saudita, Mohammed al-Jadaan, e il governatore della Banca Centrale Cinese Zhou Xiaochuan, per la prima volta si è affacciato un concorrente. Pechino. Già nel 2015 la Cina è diventata il primo importatore di greggio saudita e ha scavalcato gli Stati Uniti. Il trend si è consolidato. Nel 2017 l’Arabia Saudita, primo esportatore al mondo con una media 7 milioni di barili al giorno, ne ha venduti 1.070.000 alla Cina e soltanto 950.000 agli USA. La Cina, primo importatore al mondo con acquisti per 8,6 milioni di barili al giorno, ne ha comprati 1,1 milioni da Riad, scavalcata l’anno scorso dalla Russia con 1,2 milioni. E’ una «spinta verso Est» che rende sempre più importanti i rapporti fra i due Paesi: sono su fronti geopolitici diversi ma complementari dal punto di vista economico. Per cementare gli scambi Pechino e Riad hanno deciso di lanciare contratti denominati in yuan, e ancorati all’oro, sullo Shanghai Energy Stock Exchange. I contratti in «petro-yuan» hanno debuttato il 26 marzo e i contratti futures sono stati subito trattati da giganti finanziari come Glencore e Trafigura. E’ stato un debutto con i fuochi di artificio. A maggio gli Shanghai crude oil futures sono arrivati a coprire il 12 per cento del mercato mondiale, in crescita dall’8 per cento di marzo e con un raddoppio degli scambi settimanali.

Il prezzo del barile denominato in yuan ha oscillato in questi due mesi fra i 429 e 447 yuan, con una quotazione a metà strada fra il prezzo del Brent europeo e il WTI americano, come ha notato il portale geopolitico francese Leap. Il vantaggio per la Cina è che non deve più acquistare dollari per comprare greggio, mentre per l’Arabia Saudita la scelta riflette la nuova realtà del mercato, con due terzi delle esportazioni che vanno oramai verso l’Asia. La Cina è poi un partner «più accomodante» dal punto di vista politico: non chiede rispetto dei diritti umani o riforme in senso liberale dell’economia. Ed è per questo che il Fondo sovrano China Investment Corporation è visto come favorito per l’acquisto del 5 per cento della compagnia petrolifera saudita, l’Aramco, un affare da 100 miliardi. Ma il boom dei petro-yuan è legato anche alle nuove sanzioni americane all’Iran. Già nel 2012, all’inizio del nuovo round di restrizioni durate fino all’accordo sul nucleare del 2015, Pechino aveva cominciato a comprare greggio iraniano in yuan. Ora gli scambi potrebbero arrivare all’equivalente di 30-40 miliardi all’anno perché Teheran cercherà di sostituire i mercati europei con quello cinese, sempre più assetato, tanto che nei primi mesi del 2018 le importazioni hanno superato i 9 milioni di barili al giorno. E’ probabile quindi che l’esperimento dei petro-yuan sia esteso all’Iran, in modo da aggirare le sanzioni americane, che si applicano ai contratti denominati in dollari. Questo spiega l’effervescenza della borsa petrolifera di Shanghai, partita con «un rombo di tuono», come ha commentato l’agenzia broker di Singapore Oanda. Shanghai potrebbe presto rivaleggiare «con i due mercati di riferimento» per il greggio, il Brent a Londra e il WTI americano. E il re petrodollaro rischia di perdere lo scettro.

Giordano Stabile
28/05/2018
www.lastampa.it/2018/05/28/esteri/ipetrodollaritramontanoloyuancineseconquistariadQXgUmOSuXI7rONTr6XzjIM/pag...
wheaton80
00sabato 16 giugno 2018 18:09
Russia e Cina: addio al dollaro

Russia e Cina hanno concordato di aumentare la quota degli scambi commerciali effettuati usando le rispettive monete nazionali, cioé il rublo e lo yuan, bypassando così il dollaro americano. Questo è quanto stabilito in un accordo congiunto firmato dal Presidente russo Vladimir Putin e da quello cinese Xi Jinping. Il documento prevede “un ulteriore rafforzamento della cooperazione russo-cinese nel settore finanziario, promuovendo l’aumento della quota delle monete nazionali nei pagamenti commerciali, negli investimenti e nei finanziamenti, espandendo la collaborazione in settori come i sistemi di pagamento e l’assicurazione”. I due leader hanno concordato di migliorare e incrementare i rapporti commerciali e la cooperazione economica, puntando alla crescita e alla collaborazione. Il Presidente Putin ha detto che il giro d’affari sinorusso potrebbe toccare i 100 miliardi di dollari entro la fine di quest’anno. “La Cina è e continuerà ad essere il principale partner commerciale della Russia”, afferma Putin, che aggiunge:“Il commercio tra Russia e Cina è cresciuto e accelerato costantemente nei primi mesi di quest’anno”. I due leader hanno anche dichiarato di voler “creare un ambiente favorevole per le imprese russe e cinesi e ampliare in modo sostenibile la portata della collaborazione degli investimenti sinorussi. Sono inoltre all’ordine del giorno le questioni relative all’approfondimento della cooperazione nel settore del petrolio e del gas, del carbone, dell’elettricità, nonché nei settori delle risorse energetiche rinnovabili, delle attrezzature energetiche e dell’efficienza energetica. La Cina è il più grande partner commerciale della Russia, rappresentando il 15% del commercio internazionale russo lo scorso anno. Il commercio bilaterale è aumentato del 31,5% nel 2017, raggiungendo gli 87 miliardi di dollari. Secondo Putin, il commercio tra Russia e Cina raggiungerà quota 100 miliardi di dollari entro la fine dell’anno, poiché gli accordi tra i due Paesi aumentano in tutti i settori. Il commercio tra Mosca e Pechino è cresciuto del 31% quest’anno e si prevede raggiunga l’obiettivo di 100 miliardi. L’ha dichiarato il Presidente russo durante l’incontro con il Presidente cinese Xi Jinping. Con la crescita del commercio, i due Paesi stanno promuovendo il pagamento in rubli e yuan, bypassando così il dollaro americano e le altre valute occidentali. Secondo la Banca Centrale Russa, sia le società russe che quelle cinesi sono disposte a pagare sia in rubli che in yuan, e ciò può essere dimostrato da numeri reali. L’anno scorso, il 9% dei pagamenti per le forniture dalla Russia alla Cina sono stati effettuati in rubli. Le società russe hanno pagato il 15% delle importazioni cinesi in yuan. Solo tre anni fa, i numeri erano, rispettivamente, del 2 e del 9%.

Massimiliano Greco
9 giugno 2018
www.opinione-pubblica.com/russia-e-cina-addio-al-dollaro/
wheaton80
00domenica 9 settembre 2018 22:50
Inutili dollari: la valuta americana viene cacciata dall’Asia

L’aggressiva politica commerciale di Trump e gli incredibili livelli raggiunti dal debito pubblico rendono il dollaro americano sempre meno vantaggioso nelle transazioni internazionali. Dell’inevitabile dedollarizzazione dell’economia mondiale parlano sia analisti bancari sia i teorici dell’economia. Sputnik vi spiega come cambierà il sistema finanziario globale in futuro e di cosa saranno privati gli USA.

Duplice colpo
La ragione principale per cui improvvisamente si sta parlando delle prospettive del dollaro come valuta di riserva mondiale è la Cina, la quale ha inferto allo status del dollaro due potenti colpi. In primo luogo, la Borsa Internazionale di Shanghai ha lanciato i future sul greggio denominati in yuan. Nonostante lo scetticismo di molti analisti, in solamente 6 mesi la quota di affari conclusi in yuan ha raggiunto il 10% del totale. A settembre gli acquirenti riceveranno i primi 600.000 barili di greggio comprato in yuan. Gli esperti non hanno dubbi sul fatto che l'interesse dei trader verso gli acquisiti di oro nero in valuta cinese potrà solo aumentare. "Questo sarà uno dei cambiamenti più significativi per il ruolo svolto dal dollaro a livello internazionale", osserva l'editorialista economico Rory Hall sul portale The Daily Coin. "I primi future sul greggio non denominati in dollari potrebbero influenzare in modo significativo il commercio mondiale. E il fatto che le relazioni economiche tra Cina e Russia si stiano rafforzando rende la situazione ancor più pericolosa per la Fed e lo status del dollaro come valuta di riserva".

Hall sottolinea inoltre che se il volume dei future sul greggio in yuan continuerà a crescere così velocemente come adesso, le prospettive del dollaro sono precarie. Il secondo colpo inferto dalla Cina è stato inaspettato per la maggior parte degli osservatori. Gli analisti di Goldman Sachs hanno scoperto che negli scorsi mesi si è verificato un brusco passaggio di investimenti stranieri da titoli di stato americani a titoli cinesi denominati in yuan. E questa tendenza sta prendendo piede in quanto il Consiglio di Stato cinese ha deciso di introdurre delle agevolazioni fiscali per gli acquirenti di titoli di Stato. Secondo le stime di Goldman Sachs, nei prossimi 5 anni gli investitori stranieri collocheranno in titoli cinesi più di un trilione di dollari e circa un terzo di questa somma la prenderanno dai titoli di stato USA.

Non solo la Cina
Stanno cercando un'alternativa alla valuta americana praticamente tutti i Paesi che sono stati colpiti dalle sanzioni di Washington. Questa settimana l'Iran e l'Iraq hanno eliminato il dollaro come valuta nel loro commercio bilaterale. "Passeremo al riyal iraniano, all'euro e al dinaro iracheno", ha spiegato Yahia Al-Ishaq, Presidente della Camera di commercio irano-irachena. Teheran ha comunicato che venderà petrolio all'Europa non in dollari, ma in euro. Il Presidente turco Recep Erdogan lo scorso lunedì ha dichiarato che "l'attaccamento del commercio internazionale al dollaro diventerà un problema serio" e ha invitato a rifiutare la valuta americana nelle transazioni di commercio estero. Di questo ha parlato anche il Ministero degli Esteri russo Sergey Lavrov. "Gli USA stanno interrompendo a loro vantaggio le operazioni bancarie in dollari", ha osservato Lavrov in diretta su Pervy Kanal. "Il dollaro sta diventando uno strumento di pressione non solo sugli avversari geopolitici degli USA, ma anche sui loro alleati".

Il Ministro degli Esteri russo ha sottolineato che gli americani hanno sempre considerato la propria valuta come la principale. Per questo la utilizzano per manipolare i Paesi per loro scomodi. "Questi grossolani abusi non fanno altro che indebolire il ruolo del dollaro come valuta internazionale", ha ammonito Sergey Lavrov. In un'intervista a Sputnik il Ministro dell'Industria e del Commercio russo Denis Manturov ha comunicato che le case automobilistiche russe utilizzeranno le valute nazionali per i pagamenti delle forniture di componentistica alla Turchia (queste le intenzioni dichiarate da tutta una serie di società). Il maggiore ostacolo alla dedollarizzazione è l'instabilità dei cambi valutari. La svalutazione delle valute dei Paesi in via di sviluppo (Iran, Turchia, Russia) rispetto al dollaro e all'euro solo nell'ultimo mese si è attestata su valori a doppia cifra percentuale. Per questo, senza un cambiamento radicale nella politica delle banche centrali nazionali, non sarà possibile cominciare a parlare di un rifiuto totale del dollaro.

Dollari in eccesso
Secondo gli esperti anche un rifiuto parziale della valuta americana nelle transazioni internazionali potrebbe minacciare l'economia degli USA. "La riduzione dell'impiego del dollaro su scala mondiale del 30-40% o anche meno sarà insormontabile", ammonisce Rory Hall. "I dollari 'in eccesso' rientreranno nell'economia degli USA e faranno divampare l'inflazione e scappare gli investitori". In un articolo su Project Syndicate il premio Nobel per l'economia Jeffrey Sachs ha spiegato che grazie all'attuale status del dollaro come moneta di riserva mondiale, gli USA godono di tre importanti vantaggi economici. In primo luogo, la possibilità di prestare dollari all'estero. "Se il governo prestasse valuta straniera, ci sarebbe il rischio di andare in bancarotta, ma prestare la propria valuta rappresenta un rischio minimo", scrive Sachs. "In generale la posizione internazionale del dollaro permette al Ministero delle Finanze degli USA di attirare capitale sul mercato con elevata liquidità e tassi di interesse bassi".

Il secondo vantaggio è legato alle attività finanziarie: gli USA guadagnano bene grazie ai servizi bancari che offrono a tutto il mondo. Il terzo vantaggio riguarda la regolamentazione e il controllo: direttamente o meno gli USA oggi gestiscono i maggiori sistemi di pagamento al mondo. "La sgraziata politica di Trump sta portando alla fine dell'epoca di dominazione del dollaro", ritiene Sachs. "Altri Paesi, in particolare la Cina e l'UE, ora cercheranno in tutti i modi di evitare le sanzioni americane e di aggirare il sistema di pagamento in dollari". La Casa Bianca sarà privata alla fine di tutti i vantaggi sopraccitati e rimarrà sola con un debito pubblico enorme e gravi buchi nel bilancio. "Per ora i leader dell'imprenditoria americana sostengono Trump, che li ha fatti felici con la riduzione delle tasse sulle imprese e con la deregolamentazione. Ma già fra pochi anni le sue irresponsabili scelte sanzionatorie e di politica estera indeboliranno in maniera significativa l'economia del Paese e il ruolo del dollaro nella finanzia internazionale", conclude Sachs.

08.09.2018
it.sputniknews.com/economia/201809086465667-dollari-inutili-usa-asia-valuta-dedolariz...
wheaton80
00mercoledì 12 settembre 2018 16:38
Iran-Iraq escludono dollaro nel commercio bilaterale

Le autorità irachene hanno deciso di rimuovere in via ufficiale il dollaro USA come moneta di riferimento nei commerci bilaterali con l’Iran. Al contempo, agli uomini di affari e ai visitatori diretti nella Repubblica Islamica sarà imposto un limite legale di euro (utilizzati in sostituzione della valuta statunitense) che potranno portare con sé. I media iraniani hanno rilanciato in queste ore una nota diffusa dalle autorità doganali irachene, secondo cui i passeggeri potranno detenere un massimo di 10mila euro o il valore corrispondente di un’altra valuta straniera. Rispetto al passato, in cui era stato stabilito un limite massimo, viene oggi proibita l’introduzione della moneta verde in Iran. Oltre al passaggio dal dollaro statunitense a valute alternative, i commercianti iraniani e iraqeni si sono impegnati a rafforzare le operazioni di scambio. Tuttavia, il sistema bancario necessita di ulteriori miglioramenti, perché solo una piccola fetta della bilancia commerciale fra le due Nazioni passa attraverso il sistema bancario. “Risolvere questo problema”, afferma il Capo della Camera di Commercio Iran-Iraq, “deve costituire una priorità”. L’Iraq è il secondo partner commerciale dell’Iran, dopo Pechino. Le esportazioni cinesi riguardano però in larga maggioranza prodotti petrolchimici, mentre Baghdad acquista una grande varietà di beni dall’Iran, contribuendo a sostenerne il tasso di occupazione.

12 settembre 2018
parstoday.com/it/news/iran-i168609-iran_iraq_escludono_dollaro_nel_commercio_bi...
wheaton80
00domenica 3 febbraio 2019 19:35
La Russia si sbarazza di 100 miliardi di dollari delle sue riserve a favore di yen, euro e yuan

La Banca Centrale Russa ha sostanzialmente ridotto il volume delle sue riserve internazionali in valuta statunitense, trasferendo quasi 100 miliardi di dollari allo yuan cinese, all'euro e allo yen giapponese, come registrato nell'ultimo rapporto ufficiale di questo organismo. Le cifre corrispondono al secondo trimestre del 2018, che, secondo le regole della banca, sono pubblicate sei mesi dopo. Pertanto, tra marzo e giugno dello scorso anno, la percentuale del dollaro nelle riserve internazionali del Paese è scesa dal 43,7% a solo il 21,9%. Con questa ridistribuzione dei fondi, l'autorità finanziaria russa ha aumentato la proporzione delle sue riserve internazionali in euro fino al 32%, mentre la quota dello yuan è del 14,7%. La stessa percentuale è stata allocata ad altre valute, tra cui la sterlina inglese (6,3%), lo yen giapponese (4,5%), nonché il dollaro canadese (2,3%) e il dollaro australiano (1%). Nel frattempo, il patrimonio totale della Banca Centrale Russa in valuta estera e oro è aumentato di 40,4 miliardi di dollari tra luglio 2017 e giugno 2018, raggiungendo un totale di 458,1 miliardi di dollari. La Russia ha iniziato una riduzione senza precedenti dei Titoli del Tesoro USA in aprile e maggio dell'anno precedente, a causa delle crescenti tensioni tra la Casa Bianca e il Cremlino. La massiccia vendita di 81 miliardi di dollari di obbligazioni statunitensi in quei mesi coincise con le sanzioni imposte da Washington contro imprenditori russi, compagnie e funzionari pubblici. Mosca ha apertamente dichiarato che le misure punitive e le pressioni degli Stati Uniti costringono la Russia a cercare monete di riserva alternative alla valuta statunitense per garantire la sicurezza economica del Paese. Questo tipo di misure è stato adottato anche da altri Paesi come la Cina e l'Iran, con lo scopo di sfidare l'egemonia del dollaro nel commercio globale.

Fonte: www.cbr.ru/Collection/Collection/File/14216/2019-01_res.pdf
10/01/2019
www.lantidiplomatico.it/dettnewsla_russia_si_sbarazza_di_100_miliardi_di_dollari_delle_sue_riserve_a_favore_di_yen_euro_e_yuan/8...
wheaton80
00sabato 27 aprile 2019 13:41
Banche russe iniziano a connettersi a sistema di pagamenti cinese analogo dello SWIFT

Diverse banche russe si sono già collegate al sistema cinese di pagamento analogo dello SWIFT per facilitare le transazioni reciproche tra la Federazione Russa e la Cina. Lo ha detto il direttore dell'ufficio per i rapporti con i regolatori stranieri del dipartimento di cooperazione internazionale della Banca Centrale Russa Vladimir Shapovalov. "Per quanto riguarda la cooperazione nel campo dei sistemi di pagamento, diverse banche nazionali si sono già collegate al sistema cinese CIPS (China International Payments System - ndr), che permette di semplificare il processo di trasferimento dei pagamenti. Sapete, la Banca di Russia ha creato il sistema SPFS e la sua versione per l'estero è stata presentata alla fine dello scorso anno; ora la stiamo presentando attivamente in tutto il mondo, anche in Cina. Speriamo che le banche cinesi lo considerino più attivamente e valutino la possibilità di collegarsi", ha affermato durante l'VIII Forum Internazionale Russia-Cina.

27.03.2019
it.sputniknews.com/economia/201903277461439-Banche-russe-iniziano-a-connettersi-a-sistema-di-pagamenti-cinese-analogo-dello-SWIFT/?fbclid=IwAR0mD1sFt8vn9FRo0pz_hJBkt4SOR5Jq8S42375eskI9oRfsBWi...
wheaton80
00martedì 28 aprile 2020 01:54
Crisi petrolifera: la prossima fase vedrà interruzioni della produzione

L'attuale pandemia di coronavirus, che ha bloccato le attività economiche e i viaggi, ha paralizzato la domanda di greggio, provocando una sovrapproduzione di petrolio e facendo precipitare i prezzi, dando luogo a uno degli shock più gravi da decenni per l'industria. Secondo Bloomberg, una tra le ricadute economiche distruttive della pandemia del COVID-19 è l’arresto della produzione nell'industria petrolifera, ed è imminente. Con i prezzi del greggio in picchiata, il petrolio resta fermo nelle petroliere al largo dopo la chiusura delle raffinerie a causa del blocco del coronavirus. Gli esperti temono che il mondo potrebbe esaurire lo spazio di stoccaggio entro maggio, e questo è solo una parte della crisi petrolifera attualmente in corso, che sta per entrare in una nuova fase. L’arresto della produzione nel settore rappresenta uno scenario inevitabile e il peggiore possibile per produttori e raffinerie.

La crisi petrolifera del COVID-19
Mentre i Paesi si affrettavano a rallentare la diffusione della malattia ed evitare un collasso delle loro strutture sanitarie nazionali, hanno imposto restrizioni agli spostamenti e lockdown che hanno portato alla chiusura di fabbriche e all'invio a casa del personale. Questo di conseguenza ha portato a un eccessivo riempimento dei depositi a causa dell'eccesso di offerta causato dai blocchi e dalle quarantene. I commercianti di conseguenza hanno iniziato a stoccare il petrolio al largo nelle petroliere in attesa di un incremento dei prezzi. Tuttavia, l'aumento delle spese di spedizione e la mancanza di petroliere libere è un segno di ciò che riserva il futuro, affermano gli esperti.

L'accordo OPEC+
Il crollo della domanda globale di greggio e le preoccupazioni sull'incombente interruzione della produzione e l'inevitabile ricaduta sui posti di lavoro, aziende, banche ed economie locali hanno incentivato l'Arabia Saudita, la Russia e altre Nazioni esportatrici di petrolio all'interno dell'OPEC+ a concordare di ridurre la loro produzione di petrolio di 9,7 milioni di barili al giorno, oltre il 20%, fino a giugno, in un accordo stipulato il 9 aprile. Tuttavia, questi sforzi non sono riusciti a impedire che il greggio scendesse al di sotto dello zero nelle negoziazioni del 20 aprile, quando il prezzo dei contratti petroliferi di maggio è crollato al minimo per i prezzi del petrolio dal 1946. Ogni settimana, 50 milioni di barili di petrolio vengono stoccati, a un ritmo che potrebbe far esaurire i posti nei magazzini mondiali entro giugno, scrive Bloomberg. Prima della crisi, il mondo consumava circa 100 milioni di barili al giorno, con una domanda ora di circa 70 milioni di barili.
Ciò, predicono gli analisti, suggerirebbe che un terzo della produzione globale verrà chiuso per far fronte alla crisi. Gli esperti prevedono con cautela che, poiché lo stoccaggio servirebbe a "colmare il divario tra domanda e offerta", e le previsioni indicano che il consumo di petrolio ha già toccato il fondo, che potrebbe esserci un "lieve recupero".

26.04.2020
it.sputniknews.com/economia/202004269014088-crisi-petrolifera-la-prossima-fase-vedra-interruzioni-della-prod...
wheaton80
00giovedì 6 aprile 2023 18:54
Brasile e Cina si accordano per commerciare senza usare il dollaro

Lo scorso mercoledì Brasile e Cina hanno raggiunto un accordo per svolgere le reciproche transazioni commerciali con le proprie valute nazionali, senza usare il dollaro come mezzo di intermediazione. La Banca Industriale e Commerciale della Cina e il Banco BBM brasiliano sono state incaricate di procedere alle relative operazioni di cambio. La firma di una ventina di accordi tra i due Paesi era stata sospesa solo qualche giorno fa a causa dell’indisponibilità del Presidente brasiliano Lula per una polmonite bilaterale. Le nuove collaborazioni avrebbero riguardato l’agroalimentare, la scienza e la tecnologia, l’istruzione e la cultura, e anche un’eventuale adesione del Brasile alla Belt and Road Initiative. Anche senza Lula, il forum commerciale tra i due Paesi si è comunque svolto, portando a compimento anche questo accordo sugli scambi, già abbozzato in maniera preliminare lo scorso gennaio. A questo incontro hanno partecipato anche quasi 250 uomini d’affari cinesi, e altrettanti brasiliani. Nel comunicato dell’Agenzia Brasiliana per la Promozione delle Esportazioni si legge che lo scopo è quello di “ridurre i costi” e di “promuovere ulteriormente il commercio bilaterale, facilitando al contempo gli investimenti”. Già oggi la più grande economia del Sud America vede nel Dragone il suo principale partner commerciale. Oltre ai 150 miliardi di scambi bilaterali del 2022, la Camera di Commercio Brasile-Cina ha calcolato che il 48% degli investimenti cinesi in America Latina tra il 2007 e il 2020 sono finiti proprio in Brasile. Un ulteriore rafforzamento del legame tra i due Paesi potrebbe avvenire attraverso il via libera alle banche brasiliane a partecipare al mercato finanziario cinese. La Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (BNDES) sarebbe al centro dell’intesa che permetterebbe a questo istituto di accedere ai crediti sottoposti al controllo di Pechino per finanziare progetti infrastrutturali ed energetici. Anche se la pubblicità di questo patto è stata rimandata, sembra che ormai esso sia vicino alla fase finale. Intanto, anche altro si muove nel panorama mondiale. Dilma Rousseff, la Presidente del Brasile dal 2011 al 2016, è stata da poco indicata al vertice della National Development Bank, la banca di sviluppo dei BRICS. Nell’istituto finanziario è stato inoltre appena accolto l’Egitto, che secondo le stime della Banca Mondiale dovrà avviare nei prossimi anni un piano di investimenti di 230 miliardi di dollari. Attraverso i BRICS, e non solo, sta prendendo piede un nuovo sistema di pagamenti e vettori di investimento internazionali. La Cina ha già stretto accordi valutari simili a quello di cui abbiamo parlato con altri Paesi, tra cui Russia, Pakistan, Cile, Argentina. A breve anche le banche brasiliane entreranno a pieno titolo nel CIPS, il Circuito di Compensazione Bancaria Cinese che si oppone allo SWIFT statunitense. Tutte queste azioni si inseriscono all’interno di una progressiva de-dollarizzazione del mercato mondiale, guidata dalla Cina con l’obiettivo di ridurre la principale leva internazionale di Washington. Significa mettere in crisi uno dei due principali strumenti (l’altro è il Pentagono) con cui la Casa Bianca ha tenuto in pugno il mondo negli ultimi decenni.

Gigi Sartorelli
30 marzo 2023
contropiano.org/news/internazionale-news/2023/03/30/brasile-e-cina-si-accordano-per-commerciare-senza-usare-il-dollaro...
wheaton80
00mercoledì 20 settembre 2023 00:34
Le sanzioni e il declino del petrodollaro

L’egemonia degli USA a livello geopolitico si basa in parte sul fatto che la loro valuta, il dollaro, è moneta di riserva internazionale. Le banche centrali di tutto il mondo, specie quelle estremo-orientali e delle petromonarchie arabe, detengono una grande quantità di dollari come riserva da utilizzare in caso di bisogno. In particolare, vengono acquistati dollari sotto forma di titoli di Stato statunitensi, permettendo così agli USA di indebitarsi a loro piacimento. Un pilastro dell’egemonia del dollaro è il legame con il petrolio, la più importante delle materie prime, che viene venduto in dollari, da cui il termine di petrodollaro. Questo legame, però, recentemente è stato messo in crisi dalle sanzioni che gli USA hanno messo in atto specialmente contro la Russia in occasione della guerra in Ucraina. Ma andiamo con ordine e vediamo l’origine del petrodollaro. Nel 1971 il Presidente statunitense Nixon aveva sganciato il dollaro dall’oro: i Paesi che esportavano negli USA non avrebbero più avuto la possibilità di essere pagati in oro, convertendo i dollari nel minerale prezioso. Nel 1973, sempre Nixon aveva stabilito un accordo con il re dell’Arabia Saudita, Faisal bin Abdulaziz Al Saud, per sostenere con il petrolio il dollaro, ormai sganciato dall’oro.

L’Arabia Saudita si impegnava a vendere il proprio petrolio in dollari, e in cambio gli USA si impegnavano a difendere la sicurezza del regno, rifornendolo di armi e garantendo appoggio militare in caso di necessità. Dopo cinquant’anni questo accordo sembra essere stato messo in crisi dall’avvento di un nuovo multipolarismo. Le sanzioni hanno giocato un ruolo importante, perché il dollaro è una moneta fiat, cioé basata sulla fiducia, in questo caso sulla fiducia che gli altri Paesi e le loro banche centrali ripongono nel governo degli USA. È proprio questa fiducia che recentemente è stata incrinata. Infatti, gli USA hanno espulso la Russia dal sistema di pagamenti internazionale Swift e soprattutto bloccato in Europa e USA la metà (circa 300 miliardi di dollari) delle riserve internazionali della Banca Centrale Russa. Questo ha messo sull’avviso tutte le banche centrali dei Paesi che hanno riserve in dollari in Europa e USA, dato che l’azione sanzionatoria degli USA dimostra che queste riserve sono tutt’altro che sicure e che sono soggette agli umori politici del governo degli Stati Uniti. Quindi, molti Paesi non hanno più molto interesse a che il dollaro sia valuta di scambio internazionale. Di conseguenza il dollaro non domina più incontrastato gli scambi internazionali di petrolio, che sempre di più avvengono in valute diverse dal dollaro.

Secondo J. P. Morgan, già ora un quinto di tutte le transazioni di petrolio mondiali avviene in altre valute. Questa quota dovrebbe allargarsi con l’ingresso di tre forti produttori di petrolio, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Iran, nella cerchia dei BRICS, il club delle economie emergenti che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Questi tre Paesi entreranno, a partire dal 1° gennaio 2024, insieme ad Argentina, Egitto ed Etiopia, nei BRICS, che a questo punto raccoglieranno una parte importante dei maggiori esportatori e importatori mondiali di petrolio, che sono accomunati dal desiderio, per diverse ragioni, di ridimensionare il ruolo del dollaro e delle istituzioni economiche internazionali che ne sostengono il ruolo di moneta egemone. I BRICS hanno anche una banca, la Nuova Banca di Sviluppo, presieduta da Dilma Rousseff, ex Presidente del Brasile, che punta a sostenere le economie emergenti con aiuti in valute differenti dal dollaro. In questo modo molti Paesi periferici vengono sottratti all’influenza di istituzioni come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, che sono controllate dagli USA e dai Paesi del G7, l’altro club internazionale che, oltre agli USA, riunisce Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Canada e che si pone in competizione con i BRICS. Intanto, il ruolo del dollaro viene ridimensionato anche nei mercati finanziari collegati al petrolio. Qui l’influenza del dollaro nell’andamento dei prezzi del barile di petrolio sta venendo meno. In particolare viene meno quella correlazione inversa per la quale quando il dollaro si rafforzava il prezzo del petrolio calava. Sempre più spesso capita che il prezzo del petrolio salga nel mentre il dollaro si apprezza nei confronti di altre valute, penalizzando così doppiamente i Paesi importatori di petrolio come l’Italia.

Secondo J. P. Morgan, tra il 2005 e il 2013, un aumento dell’1% del dollaro provocava un ribasso del 3% del prezzo internazionale del petrolio. Invece, tra 2014 e 2022, provocava una discesa di appena lo 0,2%. La ragione di questo cambiamento, sempre secondo J. P. Morgan, sta nelle prime sanzioni statunitensi elevate contro la Russia nel 2014, in occasione dell’annessione della Crimea, che hanno provocato l’aumento degli acquisti del petrolio russo in valute differenti dal dollaro. Il divorzio tra dollaro e petrolio ha effetti collaterali sul debito pubblico USA, dal momento che spesso i petrodollari sono stati riciclati in titoli di Stato statunitensi, contribuendo a rafforzare lo status di valuta di riserva internazionale del dollaro. I Paesi petroliferi hanno ridotto gli acquisti di titoli di stato USA anche in periodo di rialzo delle quotazioni del petrolio. In particolare, l’Arabia Saudita l’anno scorso ha incassato dalle vendite di petrolio la cifra record di 326 miliardi di dollari, ma allo stesso tempo ha venduto titoli di Stato USA, riducendone il valore in portafoglio ai minimi da sei anni (108,1 miliardi di dollari a giugno). Particolarmente significative sono state le parole pronunciate al forum di Davos dal Ministro delle Finanze saudita, Mohammed Al-Jadaan, secondo cui l’Arabia Saudita “non ha alcun problema a discutere come regolare gli accordi commerciali, in dollari statunitensi, in euro, o in riyal sauditi” [1]. Queste parole del Ministro saudita mettono la pietra tombale sul petrodollaro. Intanto i rapporti dell’Arabia Saudita con la Cina e in parte con la Russia si fanno sempre più stretti.

A dimostrarlo è anche il ruolo di mediazione svolto dalla Cina nel recente avvicinamento diplomatico tra Arabia Saudita e Iran, che da lungo tempo erano rivali nell’area del Golfo Persico e che ora sono entrati entrambi nei BRICS. Tra i Paesi che si stanno muovendo per attenuare l’isolamento economico della Russia ci sono anche gli Emirati Arabi Uniti e l’India, che è divenuta uno dei maggiori importatori di petrolio russo, pagato anche in rupie e dirham emiratini. l’Iraq, altro importante produttore di petrolio, ha annunciato che accetterà pagamenti in yuan renminbi dalla Cina. Quest’ultima, intanto, a marzo, per la prima volta nella storia, ha effettuato più transazioni commerciali internazionali con la propria valuta che con il dollaro. Sempre a marzo la Cina ha comprato per la prima volta in yuan gas liquefatto da una compagnia francese, TotalEnergies, attraverso la Borsa Petrolifera e del Gas Naturale di Shangai, dove, fra l’altro, si negoziano future sul petrolio denominati in valuta cinese.

Proprio la borsa di Shangai è uno degli strumenti utilizzati dalla Cina per incrinare il predominio del dollaro sui mercati finanziari e favorire l’ascesa dello yuan come valuta internazionale. Per ora il dollaro è senza rivali come valuta di riserva anche se la sua quota nelle riserve delle banche centrali è calata dal 71% del 1999 al 59% del 2022, secondo il Fondo Monetario Internazionale. Ad ogni modo, la tendenza alla de-dollarizzazione non è mai stata così forte come ora. A dimostrarlo è anche l’accumulo di riserve in oro da parte delle banche centrali a ritmi che non si vedevano dal 1950. Se il petrodollaro continua il suo declino, come sembra dall’analisi del mercato del petrolio, la de-dollarizzazione prosegue e con essa il declino del dollaro come valuta di riserva mondiale, con conseguenze disastrose per gli Stati Uniti. Soprattutto per la gestione del loro doppio debito, quello pubblico e quello commerciale, che di fatto gli permette di vivere al di sopra delle proprie possibilità a spese del resto del mondo.

Note

[1] Sissi Bellomo, “Il lento tramonto del petrodollaro indebolito da sanzioni e shale oil”, Il Sole 24 ore, 5 settembre 2023

Domenico Moro
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