e cosi pure....
Bioastronomia:
LA COMPARSA DELLA VITA SULLA TERRA
Terza Parte [Seconda Parte] [Prima Parte]
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di Piter Cardone
L'RNA "TUTTOFARE"
Abbiamo lasciato, nello scorso numero, gli scienziati di mezzo mondo alle prese con il seguente assillo: è nato prima l'uovo (le proteine) o la gallina (il DNA)? Per aggirare l'ostacolo dell'uovo e della gallina, si è cominciato a considerare preponderante, nel "brodo" primordiale, il ruolo dell'RNA: questo acido nucleico avrebbe avuto il compito di catalizzare tutte le reazioni indispensabili alla sopravvivenza del "Progenitore", divenendo poi in grado di formare le proteine unendo più amminoacidi. Per far ciò, l'RNA avrebbe dovuto svolgere almeno due compiti che oggi non gli spettano più, è cioè quello di duplicare sé stesso senza scomodare le proteine e quello di presiedere ad ogni step della sintesi proteica (in pratica, avrebbe dovuto essere contemporaneamente uovo e gallina!).
L'ipotesi del "mondo ad RNA", rispetto a quella del "mondo a DNA" (quella del "mondo a proteine", come abbiamo visto, è da scartare) ha diversi punti a suo favore, tra i quali il fatto che i ribonucleotidi dell'RNA sono più facili da produrre rispetto ai desossiribonucleotidi del DNA; questi ultimi, però, sono più stabili in soluzione acquosa, per cui è plausibile immaginare che il DNA sia intervenuto successivamente e, essendone più adatto, abbia da quel momento assunto il ruolo di "archivio" genetico e, quindi, di fulcro della riproduzione.
Altro punto a favore sta nella scoperta, nel 1983, dei ribozimi (enzimi formati da RNA, diversi, quindi, dagli enzimi che si trovano nei viventi, costituiti da sequenze di amminoacidi, cioè proteine): queste molecole sono in grado di tagliare e cucire tra loro frammenti di RNA; partendo, poi, da miscele di corte sequenze di nucleotidi (oligonucleotidi) che si riteneva fossero presenti nel "brodo" primordiale, sono stati ritrovati ribozimi che utilizzavano l'energia di un gruppo trifosfato (parente stretto dell'ATP), proprio come avviene nelle nostre cellule. Va considerato, come prova indiziaria, anche il fatto che, nelle cellule, a presenziare la sintesi delle proteine sono particolari organelli, i ribosomi, costituiti in gran parte proprio da RNA.
Questo modello di molecola di RNA del protozoo Tetrahymena piriformis mostra regioni "appaiate" (costituite, cioè, da due filamenti complementariuniti a formare una doppia elica - tratti rossi -) che danno alla molecola una forma tridimensionale, complicata da ulteriori interazioni (regioni in blu), che rendono capace questa molecola di "tagliare via" una parte inutile. E' proprio questa operazione di taglio che rende questo RNA simile ad un enzima.
L'immagine è tratta da "Le Scienze" n° 221, 01/1997.
Ma come si è formato RNA in grado di autoriprodursi?
L'ipotesi più semplice presume che i nucleotidi dell'RNA si siano formati quando reazioni chimiche dirette portarono al legame del ribosio con le basi azotate e il fosfato. I ribonucleotidi così prodotti, poi, si unirono a formare polimeri, almeno uno dei quali risultò capace di regolare la propria riproduzione.
Purtroppo, in mancanza di enzimi è difficilissimo produrre ribosio. Questo può essere prodotto facilmente per reazione tra molecole di formaldeide, ma si forma una miscela di zuccheri in cui il ribosio è sempre un prodotto secondario. Inoltre, i tentativi fatti di sintetizzare nucleotidi direttamente dai loro componenti in condizioni prebiotiche hanno portato a nucleosidi purinici (ribosio e una base purinica - adenina o guanina - privi però del gruppo fosfato), ma non, in mancanza di enzimi, a nucleosidi pirimidinici (ribosio e citosina o uracile).
Si può supporre, ritornando al "filone" della superficie solida, che fossero presenti superfici inorganiche fungenti da catalizzatori in grado di assicurare la formazione soltanto dei nucleotidi corretti e poi la loro polimerizzazione, ma finora nessun substrato si è rivelato ideale.
E' possibile, semplicemente, che i passaggi delle reazioni che da molecole inorganiche hanno portato al ribosio siano ancora da scoprire: alcuni ricercatori sono riusciti a limitare il numero di intermedi della sintesi del ribosio a partire dalla polimerizzazione della formaldeide solo sostituendo un intermedio con uno fosforilato, ottenendo derivati fosforilati del ribosio, il che dimostra che il "brodo" prebiotico aveva le potenzialità di produrre tali molecole.
Più difficile è capire come l'RNA potrebbe aver cominciato a duplicarsi senza l'ausilio delle proteine. In alcuni esperimenti in cui oligonucleotidi venivano mescolati a nucleotidi liberi, si osservava che questi ultimi si disponevano sugli oligonucleotidi e si univano tra loro formando nuovi oligonucleotidi (ciò riesce solo con nucleotidi "destrogiri", mentre è plausibile che, nel brodo prebiotico fossero presenti miscele raceme, cioè formate da isomeri destrogiri e levogiri); non si è mai riusciti, però, a costituire un oligonucleotide complementare ad uno di partenza senza le proteine.
Come si vede, questa teoria sulla nascita della vita ha i suoi pro ed i suoi contro, ma finora nessuna delle due correnti di pensiero è riuscita a prevalere.
LE BOCCHE IDROTERMALI
Una ventina di anni fa, nei fondali a largo delle Galapagos, vennero scoperte alcune strutture che vennero paragonate a "bocche idrotermali"; si tratta di spaccature del fondale a contatto, in profondità, con rocce calde o magma; da queste fessure della crosta penetra acqua di mare, che si riscalda e viene "eruttata" con violenza dalla bocca.
Questi luoghi, inospitali per la maggior parte degli esseri viventi, sono invece il fulcro di un ecosistema molto ben sviluppato ed indipendente da apporti esterni alle bocche; sono presenti, infatti, come produttori primari (terminologia in uso in Ecologia con la quale si identificano gli organismi alla base della catena alimentare), colonie di batteri ed Archeobatteri; questi, che in condizioni in cui la temperatura supera abbondantemente i 100°C si riproducono in maniera ottimale (sono termofili o ipertermofili), utilizzano vari composti inorganici (zolfo, ferro, idrogeno, metano, ecc.; si tratta, quindi, di organismi chemioautotrofi, cioè non fotosintetici) prodotti dall'interazione dell'acqua marina con il magma o le rocce calde, riccavando energia dalla donazione degli elettroni ricavati dai composti summenzionati (ridotti) a composti ossidati disciolti nell'acqua di mare. E' stato visto che la concentrazione di batteri cresce, passando dalla parete esterna all'interna di questi "camini neri", dal 40% ad oltre il 90%!
Nel documento collegato (Approfondimento: La chimica delle bocche idrotermali) si mostra chiaramente come queste strutture possano sconvolgere l'omeostasi di un sistema quale il fondale oceanico apportando e rimuovendo nuovi materiali; è stato infatti osservato che vengono rimossi ioni quali magnesio e solfato e vi è l'apporto di elio (che viene utilizzato come marcatore negli studi sulle correnti generate da queste strutture), manganese, ferro, idrogeno, anidride carbonica, zolfo, ecc.
Per completare il discorso sulla catena alimentare e l'ecosistema mantenuto da queste strutture, c'è da dire che la fauna presente è molto particolare; dai batteri, di cui si nutrono organismi progressivamente più grandi, si arriva fino a vermi tubolari giganti (oltre 3 m), invertebrati quali molluschi e crostacei (anch'essi abbastanza particolari) ed i vertebrati che si nutrono di questi ultimi. Il tutto molto lontano dalla fonte di luce più prossima!
Secondo i sostenitori della teoria dell'origine della vita nelle bocche idrotermali, la vita, in questi luoghi, si sarebbe potuta formare per diversi ordini di motivi, tra i quali: la protezione dagli impatti di corpi extraterrestri in superficie (siamo vicino alle dorsali sottomarine formate dall'incontro di zolle tettoniche); la possibilità che le il calore geotermico che le alimenta abbia facilitato le reazioni tra molecole primordiali, portando a strutture molecolari più complesse; la scoperta di una particolare classe di microorganismi, gli Archeobatteri, comuni, come già detto, in luoghi in cui:
la temperatura sfiora (o è superiore) quella di ebollizione dell'acqua;
si è in presenza di alte concentrazioni di sali;
è abbondantemente presente zolfo;
ci sia una certa acidità;
se possibile, sia anche assente l'ossigeno (quasi tutte condizioni soddisfatte dalle bocche idrotermali sottomarine).
Alcuni studiosi accettano di buon grado questa teoria, mentre altri pensano che le bocche idrotermali abbiano ospitato la vita solo successivamente alla sua origine; altri ancora, invece (è il caso del più volte citato Miller), rigettano con forza questa teoria chiamando in causa una non longeva vita delle bocche (durano qualche decina di anni, prima di chiudersi), o appellandosi al fatto che temperature anche di 200-300°C dovrebbero distruggere le molecole biologiche. I sostenitori della teoria rispondono a Miller che, qualche miliardo di anni fa, con ogni probabilità le bocche idrotermali sottomarine (e superficiali) erano centinaia di volte più numerose delle attuali, rendendo meno stringente il fattore "durata", e controbattono alle obiezioni sulla temperatura con un ragionamento simile a quello che abbiamo già visto a proposito degli impatti di corpi extraterrestri.
Questa teoria ha numerosi sostenitori, ed è, come vedremo, uno dei punti di forza delle ipotesi sulla presenza della vita in altri luoghi del Sistema Solare, come sui satelliti galileiani di Giove (eccetto Io).
UN AIUTO DAL CIELO
Questa ipotesi, già accennata diverse volte nel corso della rubrica, prevede che la facilità della sintesi di molecole organiche anche complesse nell'ambiente interplanetario, abbia potuto avere effetti sull'origine della vita sulla Terra, ma non al punto di forzarla in una determinata direzione. Questo "aiuto" potrebbe essere stato fornito al pianeta in numerosi modi, tra i quali gli impatti diretti di corpi contenenti materiale organico (ipotesi già analizzata) e il passaggio del nostro pianeta attraverso nubi di polveri interplanetarie.
Questo secondo scenario è stato proposto per aggirare il problema della distruzione di materiale organico portato da meteoriti o nuclei cometari ad opera del calore sviluppato dal passaggio in atmosfera e/o dagli impatti, e prevede che la Terra, nel suo peregrinare attorno al Sole, abbia raccolto come un aspirapolvere quantità enormi di polveri, che non si distruggono in atmosfera; se si ammette che una certa percentuale di queste
polveri contenga materiale organico (in media il contenuto di carbonio sfiora il 10%, con punte anche del 50%) e si moltiplica tale quantità per le tonnellate di materiale che ci piove sulla testa ogni anno (attualmente, escludendo le meteoriti, piovono sulla Terra, ogni anno, oltre 30000 tonnellate di polveri, appartenenti alla "nube zodiacale"; è ovvio, quindi, pensare che, qualche miliardo di anni fa, tale quantità fosse migliaia di volte superiore), si conclude che, nel primo miliardo di anni, si sia "paracadutata" sulla Terra una notevole quantità di materiale organico.
Consideriamo ora, a grandi linee, la quantità di materiale proveniente dalle meteoriti, che, attualmente, rappresenta circa un centesimo di quella delle polveri; guardando alla Luna (sulla Terra le tracce di impatti di meteoriti di medie dimensioni, come i crateri di circa 100 metri, non durano che qualche migliaio di anni), si può concludere che nel fatidico primo miliardo di anni la craterizzazione del satellite avveniva ad un ritmo migliaia di volte superiore all'attuale (due dati statistici(3):
1- sommando tutti i crateri, dal più piccolo al più grande, trovati sui pianeti interni, si deve supporre che a formarli abbia concorso un numero di meteoriti tale da costituire qualche punto percentuale delle meteoriti che si trovano oggi nella fascia degli asteroidi;
2- per craterizzare allo stesso livello della Luna tutti i pianeti interni sarebbe occorso circa il 50% dei costituenti attuali della fascia degli asteroidi; un bel po' di materia, eh?).
Tra le meteoriti, quelle che trasportano un buon "bagaglio" di sostanze organiche (in media, intorno al 7%) sono le condriti carbonacee (o carboniose), meteoriti litoidi contenenti sferule (dette condrule) costituite da silicati di ferro e di magnesio; queste meteoriti rappresentano, tra tutte quelle che cadono sulla Terra, una quota di circa il 5%.
Una rappresentante di questa classe di meteoriti è la ben nota meteorite di Murchison, caduta in Australia nel 1969, dalla quale sono stati recuperati più di 200 kg di materiale. Le analisi chimiche di questa meteorite hanno stabilito un contenuto di carbonio del 2% e di azoto dello 0.16%; importante è che, in questa meteorite, furono identificati una trentina di amminoacidi (Approfondimento: Molecole organiche: la meteorite di Murchison e l'esperimento di Miller).
I contestatori di tali risultati (sostanzialmente chi credeva in una contaminazione da materiale terrestre) furono sconfessati da diverse "prove", tra le quali il fatto che furono trovati anche amminoacidi non "biologici", non presenti cioè in proteine terrestri, ed il fatto che le miscele di amminoacidi erano quasi racemiche (miscele al 50% circa degli enantiomeri D ed L), mentre sulla Terra vi sono solo enantiomeri L (si rimanda al paragrafo "Un po' di biochimica"). Oltre agli amminoacidi, poi, furono ritrovati diversi composti biologici (si pensi, ad esempio, alle basi azotate, componenti degli acidi nucleici).
A questi dati vanno aggiunti quelli sulla composizione chimica delle comete. Prendiamo, ad esempio, tre delle comete più famose: la Halley, che passa sopra le nostre teste da più di due millenni, ed il duo Hyakutake - Hale-Bopp, le ultime due grandi comete venute a farci visita.
Il nucleo di una cometa è un agglomerato poco coerente di ghiacci volatili e polveri (a tal proposito, è celebre il modello della "palla di neve sporca" di Fred Whipple). I ghiacci volatili (che, alle adatte condizioni, passano direttamente dallo stato solido a quello di vapore, cioè sublimano) sono composti per la maggior parte da acqua, poi da anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ammoniaca (NH3), acido cianidrico (HCN); la maggior parte di queste molecole è intrappolata all'interno di "gabbie" tridimensionali formate dalle molecole d'acqua solida, e vi rimangono finché questa non sublima, liberandole.
Le polveri, invece, sono formate da silicati di ferro e magnesio, oltre che da un polimero organico simile a quello che si ritrova in alcune condriti. I ghiacci e le polveri danno origine alla fenomenologia osservata al passaggio al perielio di questi oggetti, la coda delle comete.
Questa è dovuta all'azione della "pressione di radiazione", esercitata dai fotoni solari sul materiale cometario, e del campo magnetico interplanetario, entrambi fenomeni che agiscono sulle particelle cariche (ioni, quali CO+, CO2+, H2O+, ecc.), formate a loro volta dall'azione delle radiazioni UV solari sulle molecole e sulle polveri cometarie.
Questa "disgregazione fotochimica" operata dal Sole è importante anche perché, scindendo le molecole, produce specie chimiche in grado di reagire tra loro formando composti più complessi. Sulle tre comete di cui ci stiamo occupando (la Hale-Bopp è risultata ricca anche di una serie impressionante di composti dello zolfo) sono stati ritrovati composti organici quali l'etano (C2H6), la formaldeide (HCHO), l'acido formico (HCOOH), l'acido acetico (CH3COOH), l'acetaldeide (CH3CHO), il metanolo (CH3OH), l'acetilene (C2H2), il cianuro di metile (CH3CN) e la formammide (NH2CHO), oltre al già citato acido cianidrico; insomma, c'è tutto quello di cui "Il Biochimico" ha avuto bisogno per dare libero sfogo alla Sua fantasia, compresa la fonte di energia (gli UV solari).
Ritornando alla frequenza dei crateri lunari, una ventina di anni fa è stato stimato in 1017 tonnellate il materiale cometario caduto sulla Terra primordiale; basandosi sui dati della Halley (circa il 10% del materiale di questa cometa è di tipo organico), i lettori di buona volontà possono da soli ricavare la quantità di composti organici piovuta dal cielo e sommarla a quella proveniente dalle meteoriti e dalle polveri: tanta tanta!
Altri due studi confermerebbero che lo spazio è un luogo molto adatto alla sintesi di molecole biologiche. Il primo è un esperimento francese(4) che si è occupato delle reazioni tra alcuni radicali (-CN e -CH) e vari atomi e molecole (O2, NH3, vari idrocarburi ed acetilene, comunissimi non solo sulle comete, ma anche nelle nubi interstellari) a temperature solo di qualche grado superiori allo zero assoluto. E' stato osservato che è possibile la formazione di molecole complesse a bassa temperatura a partire anche da molecole neutre, poco reattive, e non solo da specie molecolari più reattive, come ioni e radicali liberi; ciò potrebbe far rivedere tutte le teorie sulla velocità delle reazioni chimiche in relazione alla temperatura.
Nel secondo caso, invece, più che di un esperimento si tratta di ipotesi basate su dati osservativi(5); alcuni astronomi hanno scoperto, in una regione della nebulosa di Orione sede di intensa formazione stellare (simile al Sistema Solare primordiale), radiazioni elettromagnetiche polarizzate circolarmente. Come già detto nel paragrafo "Un po' di biochimica", la luce polarizzata è una radiazione elettromagnetica nella quale il vettore elettrico, invece di propagarsi in tutte le direzioni, si propaga in un solo piano perpendicolarmente alla direzione del moto; ebbene, nel caso della luce polarizzata circolarmente, la vibrazione in questo piano ruota costantemente, come le lancette di un orologio, con il procedere del moto (un po' come una vite in un pezzo di legno).
Consideriamo ora due fatti: primo, le radiazioni ultraviolette, come abbiamo avuto modo di dire più volte, possono essere abbastanza energetiche da "rompere" i legami chimici; secondo, gli amminoacidi assorbono radiazioni elettromagnetiche nel campo dell'ultravioletto. I due isomeri ottici di un amminoacido possono assorbire diversamente la radiazione polarizzata circolarmente se la lunghezza d'onda di quest'ultima è vicina a quella della banda di assorbimento dell'amminoacido stesso. Si ha quindi che, attraversando una miscela racemica (formata al 50% da stereoisomeri L ed al 50% da D), una radiazione UV polarizzata circolarmente può indurre la distruzione di una buona parte delle molecole che ruotano il piano della luce polarizzata nella stessa direzione del suo vettore elettrico e che, per quanto già detto, assorbono più efficientemente tale radiazione rispetto all'altro stereoisomero.
Alcuni calcoli mostrano che, se nel Sistema Solare in formazione ci fosse stato un periodo di emissione di luce polarizzata circolarmente in senso orario, si sarebbe potuta registrare, nello spazio interplanetario, un'abbondanza di amminoacidi levogiri, rispetto ai destrogiri (la quota di stereoisomeri D sarebbe infatti stata un tantino decurtata), della stessa entità di quella osservata negli amminoacidi rinvenuti nella meteorite di Murchison.
Ancora qualche dato, questa volta a proposito delle più volte citate nubi interstellari. In queste accozzaglie di gas e polveri si stima sia racchiuso, sotto forma di PAH, gli idrocarburi policiclici aromatici resi famosi dal meteorite marziano ALH84001, oltre il 20% del carbonio dell'intera galassia. Con un esperimento(6) di sintesi organica in condizioni simili (temperatura, pressione, composizione chimica e irradiazione UV) a quelle regnanti nelle nubi, partendo da ghiaccio d'acqua contenente PAH si sono prodotte molecole complesse quali alcoli, eteri, chetoni, ammine e composti chinonici; questi ultimi, già trovati quando si è accennato alla composizione dell'atmosfera primordiale, sono molto rappresentati nelle strutture cellulari e sono coinvolti nei processi di trasferimento degli elettroni che si hanno durante la fotosintesi e la fosforilazione ossidativa (un processo, quest'ultimo, dal quale le cellule eucariote ricavano gran parte della loro energia). Se pensiamo che il Sistema Solare, e quindi la Terra, si è formato dalla condensazione di una di queste nubi…
Tutti insieme, questi dati danno per certo l'arrivo sul nostro pianeta di materiale organico sintetizzato nell'ambiente interplanetario. Un po' più dibattuto, invece, è il ruolo che queste molecole hanno avuto nello sviluppo della vita sulla Terra. Le varie correnti di pensiero ne ipotizzano:
a) un ruolo diretto (dall'evoluzione chimica di queste molecole si è originato il "Progenitore");
b) un ruolo indiretto, "di indirizzo" (le molecole in questione avrebbero in qualche modo "condizionato" l'evoluzione molecolare, "forzandone" la svolta verso la vita);
c) un ruolo intermedio (avrebbero partecipato, con molecole complesse già evolute indipendentemente sulla Terra, alla comparsa del "Progenitore").
CONCLUSIONI
Come è già stato detto in precedenza, il fatto che un'ipotesi sia più plausibile di un'altra non esclude quest'ultima. Vista la moltitudine di ambienti e di modi in cui è possibile che si produca "qualcosa" di somigliante ad un processo vitale, sembra plausibile che, dei tre punti summenzionati, gli ultimi due siano i più degni di considerazione. Con molta probabilità, non sapremo mai come sono effettivamente andate le cose, ma, personalmente, mi piace pensare ad uno scenario (ne abbiamo già parlato nel paragrafo "Dalla non-vita alla vita") nel quale molecole organiche complesse di origine terrestre ed extraterrestre siano state costrette, in un primo tempo, a "combattersi", senza esclusione di colpi, onde mantenere alto l'onore della selezione naturale; i lontani discendenti di questa guerra devono essersi "resi conto", successivamente, che non era poi tanto disonorevole cooperare, "coevolvere", ma che anzi si trattava di una strategia vincente.
Sfortunatamente, la pace deve essere durata pochissimo, visto che i complicati aggregati di molecole che si andavano formando erano più efficienti di altri nell'accaparrarsi nutrimento, energia, nel replicarsi: ecco quindi una nuova battaglia sulla strada verso l'origine del "Progenitore", con altri vincitori ed altri sconfitti.
Questo scenario veniva, di tanto in tanto, modificato a favore di alcuni o di altri da variazioni ambientali che contribuivano a selezionare, di volta in volta, i complessi più adatti alle condizioni del momento, che quindi "si riproducevano" con maggior successo. Alla fine, questa strenue lotta (che continua tuttora, sia a livello molecolare che a livello di organismo, e che ha il nome di "evoluzione") deve aver portato ad un "qualcosa" che possedeva tutte le caratteristiche comuni ad ogni essere vivente: il "Progenitore", l'ultimo antenato comune di tutti gli abitanti del pianeta.
Alla luce di tutto quello che abbiamo analizzato in queste pagine, secondo i più ottimisti, il "fenomeno vita" altro non sarebbe che un passaggio obbligato dell'evoluzione chimico-fisica sia delle molecole che piovevano dal cielo a cavallo di comete e asteroidi, sia di quelle che si formavano sulla Terra grazie proprio alle condizioni che ai primordi vi regnavano.
"La comparsa spontanea di un organismo unicellulare da una casuale combinazione di composti chimici è probabile quanto il montaggio di un Boeing 747 ad opera di un tornado che attraversi un deposito di rottami".
Questa frase, pronunciata da Fred Hoyle, astronomo britannico, può sembrare molto plausibile, per non dire indiscutibilmente vera, ma, allo stato attuale della ricerca, pare proprio che quel tornado abbia prima montato il Boeing, e poi lo abbia anche riempito di passeggeri!