Fatima: la fine è vicina

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Ghergon
00lunedì 15 gennaio 2007 22:22
Fatima: si dice quel che si può…

Domenico Savino
15/01/2007


Dunque la notizia c’è ed è clamorosa.
Il «quarto» segreto di Fatima non è una fissazione dei circoli fatimiti, dei tradizionalisti o del dottor Solideo Paolini.
Esiste, è scritto su un unico foglio di 20-25 righe delle dimensioni di circa cm. 9 x 14, contenuto a sua volta in una busta di cm. 12 x 18; contiene espressioni dialettali tipiche della parlata del nord del Portogallo e fa riferimento ad una gravissima crisi di fede all’interno della Chiesa.
Il segreto meglio o peggio custodito di tutto il XX secolo ad un certo momento è addirittura andato «perso» e c’è voluto l’intervento dell’ex-Segretario di Papa Giovanni XXIII monsignor Loris Capovilla per rintracciarlo: è conservato nel cassetto di destra della scrivania detta Barbarico nella stanza da letto del Papa, al contrario dei tre segreti di Fatima già svelati e che sono conservati negli archivi del Sant’Uffizio.
E’ quanto emerge dall’ultimo esplosivo libro di Antonio Socci, «Il quarto segreto di Fatima», Rizzoli editore, stranamente silenziato da quasi tutti i media e i giornali.
Si tratta di una sintesi minuziosa di quanto gli studiosi della materia hanno prodotto nel corso degli anni ed ha il pregio di raccontare in 250 pagine scritte in maniera brillante il più incredibile segreto velato e svelato della storia della cristianità moderna.
L’indagine è condotta senza estremismi di alcun tipo e soprattutto partendo da un punto di partenza opposto.
Scrive Socci: «Qui racconto il mio viaggio nel più grande mistero del XX secolo ed espongo il risultato a cui sono onestamente pervenuto. Risultato che sinceramente contraddice le mie convinzioni iniziali» (il lettore noterà questa evoluzione e questo cambiamento di giudizio dalle prime pagine alla conclusione). (1)
In più Socci, con notevole onestà intellettuale, riconosce di avere in passato difeso a spada tratta le ragioni del Vaticano e la versione ufficiale, di avere liquidato tutte le dietrologie, di avere attaccato Messori su questi temi «ingenerosamente, soprattutto verso i tradizionalisti».
Inoltre non esita a mostrarsi debitore verso certi autori facenti capo all’area tradizionalista, citando ripetutamente il testo del dottor Solimeo Paolini, «Fatima, non disprezzate le profezie», Edizioni Segno.
Stando a quanto riferisce Socci il terzo segreto di Fatima si comporrebbe del testo già integralmente pubblicato nel 2000 e scritto su quattro fogli di diario e di un segreto rivelato ma non pubblicato, scritto su un solo foglio ed inserito in una busta distinta, contenente la parte del segreto «secretato» e che costituirebbe il seguito della frase tronca alla fine del secondo segreto: «In Portogallo, il dogma della fede sarà sempre conservato, etc.».

E’ in questa parte del testo, che suor Lucia non riusciva a scrivere perché paralizzata dalla paura, che sarebbe stato preannunciato alla veggente il fatto che la Chiesa, a partire dal suo vertice, sarebbe stata colpita da una crisi che l’avrebbe condotta fin quasi all’apostasia.
Una crisi che parte dal vertice umano della Chiesa, negli anni ‘60 e finisce con il trionfo del Cuore Immacolato di Maria Santissima (quindi riguarda il nostro tempo), che sembra collegata alle profezie degli ultimi tempi, alla Sacra Scrittura (soprattutto all’Apocalisse) e che forse prepara la via all’Anticristo (come forse sapevano misteriosamente i mandanti di Alì Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II).
In effetti quella frase relativa al Portogallo, seguito dall’«etc.», altro non è che un evidente rimando a qualcosa di cui si è scritto altrove e che prefigura una condizione in cui invece il dogma della fede verrà ad un certo punto perduto.
La conferma expressis verbis dell’esistenza di questo «quarto» segreto viene da un uomo
al di sopra di ogni sospetto per quel che diremo in seguito, monsignor Capovilla, ex-Segretario di Giovanni XXIII, in un colloquio col dottor Solideo Paolini e citato da Socci.
Nel colloquio il plico contenente la parte del segreto svelato nel 2000 viene individuato «plico Bertone» e quello da lui personalmente visionato insieme a Giovanni XXIII «plico Capovilla».
Ecco il testo del colloquio.
Domanda Paolini: «Eccellenza il mio riferimento è a un testo scritto (il documento ufficiale vaticano), chiaro e a sua volta basato su appunti d’archivio!».
Monsignor Capovilla: «Ma io giustifico, forse il plico Bertone non è lo stesso del plico Capovilla…» E io subito, interrompendolo: «Quindi entrambe le date sono vere, perché del terzo segreto ci sono due testi?». Qui c’è stata una breve pausa di silenzio, poi monsignor Capovilla riprese: «Per l’appunto!».
Mille altri dettagli, indizi, apparenti contraddizioni, frasi allusive, discorsi di Papi e cardinali lasciano intravedere questa sconcertante realtà.
Insomma il segreto mai svelato è in realtà più volte rivelato nel suo contenuto.
In sintesi il testo reso noto nel 2000 sarebbe vero e nella sua immagine di una Chiesa perseguitata e sofferente e di un Papa colpito a morte, in un mondo devastato dalla guerra, avrebbe essenzialmente rivelato (rivelato, si badi!) il senso del segreto, che tuttavia non è stato integralmente pubblicato (pubblicato è diverso da rivelato!) nel suo contenuto completo, giacché, divulgato oggi, anziché nel 1960, come - secondo quanto ha rivelato suor Lucia avrebbe voluto la Madonna - renderebbe palese il «tradimento dei chierici», la presunzione di decidere le sorti della Chiesa senza avvalersi dell’aiuto soprannaturale della Madonna, un certo disprezzo intellettualistico per la «miseria» di quel messaggio, una certa spocchia razionalistica di una fede critica e - per l’appunto - a-dogmatica, tipica della riflessione teologica che, muovendo dalle posizioni protestanti, riuscì col Concilio a versare il Reno nel Tevere.
Nell’occultamento del segreto una parte rilevante, anzi la parte centrale, l’avrebbe avuta proprio il Papa «buono», cioè Giovanni XXIII.

L’aspetto sorprendente del libro di Socci è il giudizio severissimo proprio su Papa Roncalli (descritto come il Papa che perseguitò padre Pio e «recluse» suor Lucia), su un Concilio (il Vaticano II) che avrebbe potuto essere uno straordinario evento per la Chiesa se si fosse ispirato allo spirito di Fatima e che invece fu inaugurato da Giovanni XXIII - scrive Socci - «nell’ottobre 1962, con un discorso rimasto celebre per le sue infelici ironie sui bambini di Fatima: ‘A Noi sembra di dover dissentire da codesti profeti di sventura, che annunciano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo’».
Evidentemente - prosegue Socci - riteneva che il suo spirito «profetico» fosse ben più arguto di quello della «Regina dei Profeti».
«Infatti annunciò una splendida primavera per la Chiesa e abbiamo visto che gelido e buio inverno è arrivato».
Socci così ci informa che quella frase pronunziata da Roncalli non sarebbe in realtà stata rivolta tanto contro la componente «conservatrice» del Concilio, come si poteva fin qui pensare, ma precisamente contro i tre pastorelli di Fatima.
Ma non basta: nel mirino di Socci c’è anche Paolo VI «l’aristocratico Montini, l’intellettuale di formazione francese […] il Papa secondo il quale ‘la Chiesa non ha bisogno’ dell’aiuto straordinario della Madonna - sono parole di Socci! - e può fare a meno del suo materno soccorso», che di lì a poco dovette drammaticamente riconoscere - a pochi anni dalla fine del Concilio - che la chiesa era in preda all’«autodemolizione».
Paolo VI addirittura gridò disperatamente la sua sensazione apocalittica «che da qualche parte sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio».
Poi aggiunse amaramente: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E’ venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio».
E’ a Roncalli che tutto andrebbe ricondotto, all’atteggiamento di colui che doveva rendere noto il terzo segreto di Fatima nel 1960 (secondo il volere della Madonna) e non lo fece.
Sempre monsignor Capovilla ricostruisce così l’evento dell’apertura del terzo segreto: «Giovanni XXIII, (dopo aver parlato con tutti i collaboratori che aveva consultato) mi disse: ‘scrivi’».
E scrissi sotto sua dettatura: «Il Santo Padre ha ricevuto dalle mani di monsignor Philippe questo scritto. Si è riservato di leggerlo il venerdì con il suo confessore. Essendoci locuzioni astruse, chiama monsignor Tavares, che traduce. Lo fa vedere ai suoi collaboratori più intimi. E alla fine dice di chiudere la busta con questa frase. Non dò nessun giudizio, silenzio di fronte a una cosa che può essere manifestazione del soprannaturale e può non esserlo».
Questo pare sia stato scritto sopra la busta che contiene la parte mancante del terzo segreto di Fatima.
«Locuzioni astruse» - commenta Socci - le liquidò così Giovanni XXIII.

Era un modo furbesco per non dire che - semplicemente - a lui quelle parole della Madonna non piacevano, lo infastidivano, probabilmente lo impaurivano, disturbavano il suo beato ottimismo sulle sorti magnifiche e progressive.
Così le cancellò.
Le occultò, impedendo a tutta la Chiesa e all’umanità di ascoltare l’avvertimento accorato della Madre di Dio apparsa a Fatima o comunque impedì di fare i conti - laicamente - con il cuore del messaggio di Fatima.
Erano parole tanto gravi - quelle della Vergine - che quel Pontefice, pur di negarle e nasconderle per sempre, ritenne che probabilmente non erano della Madonna, ma potevano essere «fantasie» di suor Lucia, che da quel momento cominciò a essere, su ordine del Vaticano, praticamente «muta e irraggiungibile».
Così negli stessi anni in cui Papa Roncalli dava l’annuncio del Concilio (pensando di riformare lui la Chiesa) valutò il terzo tegreto - che forse lo metteva in guardia da quella svolta - come «un messaggio non soprannaturale».
A questo punto, la rivelazione del segreto, che per espresso desiderio della Madonna doveva essere fatta nel 1960 è divenuta impossibile?
Pubblicare adesso quel segreto diventerebbe uno scandalo?
Mostrerebbe forse che la Chiesa, pur sapendo non ha voluto, pur potendo non ha osato, pur avvisata non ha creduto e che pertanto, pur senza modificare il dogma della fede, ha permesso con il Concilio e il Post-concilio che, «aggiornandolo», proprio il dogma della fede andasse perduto?
Per questo - spiega Socci - «Ratzinger e Giovanni Paolo II nel Duemila hanno pubblicato di quel segreto quel che era possibile, cioè il testo della visione. Ma di fatto senza poter rimuovere quel macigno rappresentato dalla ‘bocciatura’ di Giovanni XXIII sulle parole della Madonna (cui si è associato di fatto Paolo VI)».
Su questa linea il cardinale Sodano diede l’annuncio della pubblicazione del terzo segreto, anticipandone pure l’interpretazione.
Si chiede Socci: «Non è chiaro perché l’interpretazione sia stata data dal segretario di Stato, che non è un’autorità dottrinale».
Fatto sta che da quel momento, la linea è tracciata: «Il segreto - spiega Sodano - tratta della lotta dei sistemi atei contro la Chiesa e i cristiani e descrive l’enorme sofferenza dei testimoni della fede dell’ultimo secolo del secondo millennio. E’ una interminabile Via Crucis guidata dai Papi del ventesimo secolo… il ‘vescovo vestito di bianco’ che prega per tutti i fedeli è il Papa. Anch’egli, camminando faticosamente verso la croce tra i cadaveri dei martirizzati […] cade a terra come morto, sotto i colpi di arma da fuoco».


Paolo VI e suor Lucia 13 maggio 1967, per il 50° anniversario delle apparizioni di Fatima

Le molte e indiscutibili incongruenze del testo rispetto al secondo segreto sono superate, la drammaticità dell’annuncio attenuata, lo svolgersi dello stesso pare oramai alle spalle, il testo viene perfino adattato: nella profezia non è scritto che il Papa cade «come morto», è scritto «morto»!
Socci, contro l’interpretazione della maggioranza, solleva il dubbio che la profezia non si sia affatto già compiuta, che il Papa colpito non sia Giovanni Paolo II e titola, senza punto interrogativo (!) e riferendosi a Ratzinger: La vita di questo Papa è in pericolo.
Nel 2000, quando il segreto fu pubblicato, la presentazione era firmata da monsignor Bertone, mentre il commento teologico era affidato al cardinale Ratzinger rispettivamente il numero 2 (Segretario) e il numero 1 (Prefetto) della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Ricorda Socci «che la Congregazione per la Dottrina della Fede, cioè la massima autorità dottrinale (fino ad allora seconda solo al Papa!) va a dipendere dalla segreteria di Stato, l’autorità politica!» (è una delle tante follie del post-Concilio).
Guarda caso dal Segretario di Stato, appunto da Sodano.
Ratzinger, quale Prefetto della Congregazione, non può contraddire Sodano e infatti dice: «Innanzitutto dobbiamo affermare con il cardinal Sodano: le vicende cui fa riferimento la terza parte del segreto di Fatima sembrano ormai appartenere al passato».
Notate bene quel: «Dobbiamo affermare»…
Poi si domanda, usando la figura della domanda retorica, tipica del teologo: «Non doveva il santo Padre, quando dopo l’attentato del 13 maggio 1981 si fece portare il testo della terza parte del ‘segreto’, riconoscervi il suo proprio destino? Egli era stato molto vicino alla frontiera della morte ed egli stesso ha spiegato la sua salvezza con le seguenti parole: ‘... fu una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte’ (13 maggio 1994). Che qui una ‘mano materna’ abbia deviato la pallottola mortale, mostra solo ancora una volta che non esiste un destino immutabile, che fede e preghiera sono potenze, che possono influire nella storia e che alla fine la preghiera è più forte dei proiettili, la fede più potente delle divisioni».
Ma poi «è curioso - fa notare Socci - che Ratzinger inizi il commento che dovrebbe motivare l’identificazione del terzo segreto con la profezia dell’attentato al Papa, con queste parole che‘Nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato’».
Il cardinal Ratzinger, - ricorda ancora Socci - aveva rilasciato nel 1984 a Vittorio Messori un’intervista sulla rivista Jesus, edita dalle Edizioni Paoline, in cui affermava che la crisi della fede affligge la Chiesa in tutto il mondo.
Rivelando di aver letto il terzo segreto, specificava che esso si riferisce ai «pericoli che minacciano la fede e la vita dei cristiani e, di conseguenza, la vita del mondo», affermando che il segreto si riferisce anche «all’importanza dei Novissimi [gli Ultimi Tempi/le Ultime Cose] e che «se non lo si pubblica - almeno per ora - è per evitare di far scambiare la profezia religiosa con il sensazionalismo…».
Si domanda Socci perché, essendo l’attentato al Papa ormai avvenuto, quel segreto avrebbe dovuto generare sensazionalismi nel 1984 e non nel 2002 e se di conseguenza davvero Ratzinger facesse riferimento allo stesso testo, per opporre alle parole di allora («evitare di far scambiare la profezia religiosa con il sensazionalismo») quelle rassicuranti del 2000 («Chi legge con attenzione il testo del cosiddetto terzo segreto resterà probabilmente deluso o meravigliato. Nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato»).

Insomma dalla lettura del libro di Socci si capisce che, passando attraverso l’iniziale «no» di Roncalli, il resto è solo conseguenza: quel segreto non si può pubblicare, non se ne può parlare, è stato seppellito per sempre.
E il motivo è presto detto.
Esso preannunciava una crisi spaventosa della fede, che chi ha convocato il Concilio ha sottovalutato ed anzi ha irriso, ritenendo di riformare da sé la Chiesa: i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Svelare oggi quel segreto, anziché nel 1960 - come aveva chiesto la Madonna - potrebbe addirittura accentuare la crisi, a meno di non trovare il coraggio di fare questa volta un mea culpa non per i peccati passati della Chiesa, ma per quelli presenti.
Da ciò ne deriverebbe senz’altro uno sconcerto tra i cristiani autentici, perché si sentirebbero ingannati, mentre coloro che si sono formati in una dimensione ecclesiale come quella attuale non avrebbero più le categorie mentali e spirituali per accogliere le «durezze» del dogma della fede.
Inoltre i sostenitori della Chiesa conciliare e post-conciliare dovrebbero fare le valigie e andarsene.
Figuriamoci! C’è chi, come il cardinal Sodano, non se ne vuole andare neppure dai suoi appartamenti e per sfrattarlo, il suo successore - il cardinal Bertone - ha dovuto chiamare gli imbianchini (come riporta sarcasticamente il quotidiano Italia Oggi del 10 gennaio).
A proposito: è forse un caso che Ratzinger abbia sostituito Sodano proprio con Bertone?
E dietro il trappolone che gli hanno teso in Polonia con il caso di monsignor Wielgus, c’è forse l’ex colonia cresciuta durante il Pontificato di Woityla, guidata proprio dall’ex-Segretario di Stato Sodano e dal Prefetto della Congregazione per i vescovi cardinale Giovanni Battista Re?

Ma torniamo a Fatima e al suo quarto mistero: dunque la linea decisa con Woityla sarebbe la seguente.
Si pubblica quello che si può pubblicare.
Già… e per il resto?
Il libro di Socci spiega che la parte ancora segreta del terzo segreto verrebbe a sua volta «segretamente» rivelata attraverso discorsi, omelie e interventi.
Papa Wojtyla, nell’omelia della messa di beatificazione dei due pastorelli, il 13 maggio 2000, l’avrebbe in qualche modo rivelata citando un brano dell’Apocalisse: «Il messaggio di Fatima è un richiamo alla conversione, facendo appello all’umanità affinché non stia al gioco del ‘drago’, il quale con la ‘coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra’ (Apocalisse 12, 4)».
Questo sarebbe il motivo dei toni straordinariamente severi che hanno accompagnato le omelie del cardinale Ratzinger, poi divenuto Benedetto XVI.
Nella meditazione per la Via Crucis scritta poco prima di diventare Papa, ammoniva: «In quest’ora della storia, viviamo nell’oscurità di Dio».
Toni scuri ma realistici colorano le riflessioni sulla realtà; ancora, la suggestiva immagine dei mali che affliggono la Chiesa: «Signore spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, che fa acqua da tutte le parti».
La barca ha bisogno di un timoniere vigoroso che le faccia superare la tormenta.
La riflessione incalza: «Vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli. Siamo noi stessi a tradirti ogni volta».
Poi, appena eletto Papa, implora: «Cari amici - in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perché io impari sempre più ad amare il Signore. Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge - voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi».
Il cardinal Sodano - precisa Socci - il 13 maggio 2000 aveva annunciato «che prossimamente verrà pubblicato il mitico terzo segreto di Fatima e contemporaneamente fa un’altra cosa: anticipa l’interpretazione teologica (che non sarebbe stata precisamente materia sua) di quel delicatissimo tema. Un vaticanista, Andrea Tornielli, esprime così la perplessità di tanti: ‘Ciò che è accaduto a Fatima il 13 maggio 2000 rappresenta dunque qualcosa di unico nella storia della Chiesa. E’ stata offerta l’interpretazione corretta prima del testo interpretato’».

Proviamo a tradurre l’interpretazione politicamente corretta.
Sarà ancora Ratzinger a dire in una intervista a La Repubblica il 27 giugno 2000, che su Fatima non ci sono definizioni ufficiali, né interpretazioni obbligatorie.
Un precisazione solo teologica?
Insomma quello che sembra è - da parte del Papa - il tentativo, anche nei toni della pastorale, di richiamare il messaggio allarmato della Madonna e, non potendo più pubblicarlo, cercare di realizzarlo.
Quel riferimento che egli ha fatto alla barca di Pietro, come fa notare Socci, evoca il sogno di san Giovanni Bosco, conosciuto con il titolo di «Sogno delle due colonne», ove il santo vide una grande nave, la Chiesa, che era costretta ad una battaglia furibonda contro i suoi nemici: «Il Papa stava al timone e tutti i suoi sforzi erano diretti a portare la nave in mezzo a due colonne ove stava una grande Ostia consacrata e una statua della Madonna. A un tratto il Papa, colpito gravemente, cade. Subito è soccorso, ma cade una seconda volta e muore. Un grido di vittoria e di gioia risuona tra i nemici.[…] Senonchè, appena morto il Papa, un altro Papa subentra al suo posto. I piloti radunati lo hanno eletto così rapidamente che la notizia della morte del Papa giunge con la notizia della elezione del suo successore. Gli avversari cominciano a perdersi di coraggio. Il nuovo Papa, superando ogni ostacolo, guida la nave in mezzo alle due colonne, quindi con una catenella che pende dalla prora la lega a un’ancora della colonna su cui sta l’Ostia, e con un’altra catenella che pende a poppa la lega dalla parte opposta a un’altra ancora che pende dalla colonna su cui è collocata la Vergine Immacolata».
Woityla, effettivamente ha caratterizzato il suo pontificato per la devozione mariana, Ratzinger sembra volerlo fare per la Liturgia, ripristinando l’uso dell’antico Messale.
E’ questo che non vogliono i nemici interni ed esterni della Chiesa.
Non crediate che sia per altri motivi che ritarda così tanto la pubblicazione del Motu proprio e non crediate neppure che un vecchio babbione come l’ex-Vescovo Milingo abbia trovato soldi e pubblicità perché è una star.
La setta del reverendo (si fa per dire!) Moon che lo sostiene è così potente da poter piazzare un proprio uomo a capo dell’ONU.
Maurizio Blondet ha spiegato che «il successore di Kofi Annan sarà - perchè così vuole l’America - il coreano Ban Ki-moon. Costui è membro della ‘Chiesa dell’Unificazione’, ossia la setta del ‘reverendo Moon’ (Sun Myung Moon), la potente organizzazione che da sempre sostiene politicamente e finanziariamente la famiglia Bush, nonché proprietaria del Washington Times, il secondo giornale di Washington, ultra-conservatore». (2)

Il Papa è in queste condizioni: coi vescovi francesi che l’ostacolano sulla questione della liberalizzazione della Messa e impongono - pena la minaccia di una pubblica disobbedienza o addirittura di uno scisma - che il rientro dei seguaci di Lefebvre avvenga con l’accettazione piena del Vaticano II (il che è impossibile) e con il burattino Milingo che chiede per sé e i suoi una prelatura personale, cioè proprio la stessa soluzione che si pensava potesse consentire ai tradizionalisti di rientrare nella piena comunione con Roma.
In queste condizioni, anzi proprio perché smaschererebbe la semina della zizzania nella Chiesa, il Segreto - a meno di un miracolo - non si potrà più pubblicare, ma solo richiamare e i pericoli in esso contenuti solo evocare.
Papa Benedetto XVI il 1° gennaio 2007, parlando alla folla riunita in Piazza san Pietro ha espresso la sua «paura per una possibile catastrofe atomica. Ciò riporta gli animi indietro nel tempo alle ansie logoranti del periodo della cosiddetta ‘guerra fredda’. Dopo di allora si sperava che il pericolo atomico fosse definitivamente scongiurato e che l’umanità potesse finalmente tirare un durevole sospiro di sollievo.
Purtroppo - prosegue il Santo Padre - ombre minacciose continuano ad addensarsi all’orizzonte dell’umanità».
Il Pontefice sembra evocare un rischio imminente: «E’ in gioco il destino dell’intera famiglia umana!».
Ed ha concluso proprio con un’invocazione a Maria santissima: «Alla Regina della Pace, Madre di Gesù Cristo ‘nostra pace’ (Ef 2,14), affido la mia insistente preghiera per l’intera umanità all’inizio dell’anno 2007, a cui guardiamo - pur tra pericoli e problemi - con cuore colmo di speranza».

Un caso?
Liberi di crederci o meno, ma il libro di Socci non può essere ignorato.
Riprende obiezioni serie, pone dubbi motivati.
In fondo anche chi si ostina a difendere la versione ufficiale, non può fare a meno di notare che le incongruenze mostrate ci sono e sono molte e ripetute.
Andrea Tornielli, il più istituzionale tra i vaticanisti, su Il Giornale di domenica 14 gennaio nell’articolo «Fatima L’enigma del segreto dimezzato» prende atto che qualcosa non va e ammette: «E non si può escludere che le incongruenze siano dovute all’esistenza non di due testi diversi, ma di due copie distinte dello stesso segreto conservate in luoghi diversi». (3)
Due copie!? Forse.
Ma se sono identiche perché non sono state mostrate e pubblicate tutte e due?
Forse perché nella copia secretata la frase «In Portogallo, il dogma della fede sarà sempre conservato», non è seguita semplicemente da un «etc»?

Domenico Savino
Ghergon
00sabato 20 gennaio 2007 22:57
Solideo Paolini
Pubblichiamo un capitolo del nuovo libro di Antonio Socci in libreria già dal 22 novembre.


Il 5 luglio 2006 Solideo Paolini, un giovane intellettuale cattolico marchigiano, autore di un libro su Fatima che abbiamo spesso citato, che si dedica da anni allo studio dell’apparizione portoghese, si reca a Sotto il Monte, in provincia di Bergamo. Nel paesello di papa Roncalli trascorre la vecchiaia, dopo alcuni anni di episcopato, quello che fu il segretario personale di Giovanni XXIII, cioè monsignor Loris Capovilla.
L’appuntamento fra i due è per le ore 19 presso l’abitazione del prelato. Dopo alcuni ricordi relativi agli anni trascorsi da Capovilla a Loreto, come vescovo, Paolini avanza una domanda: “Eccellenza, il motivo della mia visita deriva dal fatto che sono uno studioso di Fatima. Siccome Lei è una fonte di primissimo piano , vorrei porLe alcune domande…”.
Il vescovo inizialmente si schermisce: “No guardi, anche per evitare imprecisioni, visto che nel 2000 è stato rivelato ufficialmente (il Terzo Segreto, nda), io mi attengo a quanto è stato detto. Anche se potrei sapere pure dell’altro, bisogna attenersi a quanto detto nei documenti ufficiali”. Poi sorridente aggiunge una promessa: “Lei mi scriva le domande e così io le rispondo, vado a vedere tra le mie carte – se le ho ancora, perché io ho donato tutto al museo – e le mando qualcosa, magari una frase… Lei scriva”.
Una frase? In che senso manderà “una frase”? Cosa avrà voluto dire, si chiede il giovane studioso? Intanto monsignor Capovilla continua a esternare alcuni suoi pensieri. Paolini racconta: “Il vescovo continuava a parlare toccando vari argomenti: il rischio di prendere per manifestazioni soprannaturali quelle che sono fantasie passate per la mente; il rischio che in certe situazioni si possa diventare monomaniaci, il rischio anche di montarsi la testa. Io tacevo, ascoltavo e fra me” confida Paolini “pensavo alla povera suor Lucia… Altro che ‘incline’ a quel tipo di fenomeni: per mesi, pur dopo averne ricevuto l’ordine, non riusciva a scrivere il testo del terzo segreto, tanto ne era atterrita!”.
Intanto il vescovo Capovilla continuava a parlare e cominciò a biasimare “la facilità con cui si prendono per indemoniate persone che potrebbero avere semplicemente delle malattie mentali, da cui l’imprudenza – che lui a Loreto non ebbe – di buttarsi immediatamente sugli esorcismi quando, sia pure senza escluderli come eventuale ultima possibilità, ci sarebbe invece bisogno di confessione, Messa, comunione e, se si vuole, di una bella preghiera com’è il Rosario”. Seguirono anche alcuni aneddoti e valutazioni sui papi.
Tornato a casa, sabato 8 luglio Paolini invia al prelato le sue domande scritte, come da precedente accordo. Il 18 luglio arriva in risposta un plico. “A fianco delle mie domande circa l’esistenza di un testo inedito del Terzo Segreto che non sarebbe ancora stato rivelato, verso il quale portano tanti indizi, monsignor Capovilla (che com’è noto ha letto il Terzo Segreto) aveva scritto testualmente: ‘Nulla so’. Quella risposta” confida Paolini “mi ha sorpreso. Infatti se il testo misterioso e mai svelato fosse una balla, il prelato, uno fra i pochi a conoscere il segreto, avrebbe potuto e dovuto rispondermi che è un’idea completamente campata per aria e che tutto è già stato rivelato nel 2000. Invece risponde: ‘Nulla so’. Un’espressione che immagino volesse ironicamente evocare una certa omertà siciliana…”. Forse era quella la “frase” promessa. Ma in realtà c’era dell’altro. Nel plico di monsignor Capovilla era contenuto anche un curioso biglietto autografo, dall’apparenza normalissima che recitava:
“14.VII.2006 A.D.
Saluto cordialmente il dr. Solideo Paolini. Gli trasmetto alcuni fogli del mio archivio. Lo consiglio di procurarsi ‘Il Messaggio di Fatima’, pubblicazione della Congregazione per la dottrina della Fede, Edizione Città del Vaticano, anno 2000. Cordialità benedicenti Loris F. Capovilla”.
Era curioso che il vescovo consigliasse a uno studioso di Fatima di procurarsi la pubblicazione ufficiale del Vaticano sul terzo segreto. Era ovvio che la possedesse già. Non sarà stato allora un invito a leggere qualcosa in particolare di quella pubblicazione in relazione ai documenti inviati dallo stesso Capovilla? Così l’ha interpretato Paolini e infatti ha trovato il punto, o meglio: “la frase”.
“Confrontando appunto tale opuscolo con le carte d’archivio che il segretario di Giovanni XXIII mi ha mandato, balza agli occhi” dice Paolini “principalmente questa contraddizione: nelle sue ‘Note riservate’ con tanto di timbro, si certifica che papa Paolo VI lesse il segreto nel pomeriggio di giovedì 27 giugno 1963; mentre il documento ufficiale vaticano afferma: ‘Paolo VI lesse il contenuto con il sostituto Sua Ecc.za monsignor Angelo Dell’Acqua, il 27 marzo 1965, e rinviò la busta all’Archivio del Sant’Uffizio, con la decisione di non pubblicare il testo’. Mi chiedo dunque: 27 giugno 1963 o 27 marzo 1965 ?”.
Potrebbe forse trattarsi di un errore? O la discrepanza nasconde la soluzione del giallo che fin qui abbiamo indagato? Con queste stesse domande Paolini prende il telefono e quello stesso giorno, alle ore 18.45, chiama direttamente monsignor Capovilla. Dopo alcuni saluti “gli faccio presente” racconta lo studioso “il contrasto tra le sue ‘Note riservate’ e quanto asserito nel ‘Messaggio di Fatima’, cui egli stesso mi aveva rinviato. Risposta: ‘Ah, ma io le ho detto la verità. Guardi che sono ancora lucido!’. ‘Per carità, Eccellenza, ma come si spiega questa certificata discrepanza?’. A questo punto mi risponde con delle considerazioni che sembrano far riferimento a eventuali lapsus della memoria, interpretazioni di quanto si intendeva dire, al fatto che non stiamo parlando di Sacra Scrittura… Obietto: ‘Sì, Eccellenza, ma il mio riferimento è a un testo scritto (il documento ufficiale vaticano), chiaro e, a sua volta, basato su appunti d’Archivio!’. Monsignor Capovilla: ‘Ma io giustifico, forse il plico Bertone non è lo stesso del plico Capovilla…’. E io subito, interrompendolo: ‘Quindi entrambe le date sono vere perché del terzo segreto ci sono due testi?’. Qui c’è stata una breve pausa di silenzio, poi monsignor Capovilla riprese: ‘Per l’appunto!’ ”.

Nota
Monsignor Capovilla non solo era presente al momento in cui Giovanni XXIII, nel 1959, fece aprire e leggere il terzo segreto, ma fu addirittura l’estensore materiale della sentenza (di “condanna”) emessa dallo stesso papa Roncalli. E’ stato inoltre, nel corso degli anni, un importante testimone per ricostruire alcuni particolari relativi all’atteggiamento dei papi sul terzo segreto. In qualche modo – per il suo legame personale con Giovanni XXIII – è lui stesso un protagonista di questa vicenda.

Cronologia
13 maggio 1917: a Fatima (in Portogallo) la Madonna appare a tre bambini
13 luglio 1917: nel corso della terza apparizione la Madonna consegna ai bambini il Segreto
1942 : vengono rivelate la prima parte (la visione dell’inferno) e la seconda del Segreto che prediceva la rivoluzione sovietica, la seconda guerra mondiale, l’espansione del comunismo e le persecuzioni alla Chiesa. La terza parte del Segreto rimane avvolta nel mistero.
1957 : il Vaticano fa inviare la busta con il Terzo Segreto a Roma.
1959 : Giovanni XXIII legge il Terzo Segreto e decide di segretarlo mentre la Madonna aveva chiesto di rivelarlo pubblicamente nel 1960.
2000 : Giovanni Paolo II rivela il Terzo Segreto (la visione del “vescovo vestito di bianco”). Ma da allora sono cresciuti i dubbi sull’interezza del Segreto rivelato

Libero 22.11.2006
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