Alberto Bolognesi
La notizia è così clamorosa da sembrare una bufala: i quasar non sono gli astri più lontani dell'universo ma piccoli oggetti connessi alle galassie, e il loro caratteristico spostamento verso il rosso che per quarant'anni gli astrofisici hanno attribuito all'enorme distanza e all'espansione stessa dell'universo, è evidentemente dovuto alla loro intrinseca composizione chimica e a una misteriosa emissione di bassa energia.
Non è un pesce d'aprile ma la plausibile conseguenza di osservazioni effettuate dall'astronomo spagnolo Martin Lopez Corredoira con il telescopio di due metri e sessanta del N.O.T. di La Palma, alle isole Canarie, osservazioni che una delle più prestigiose riviste professionali ("Astronomy and Astrophysics") si accinge a pubblicare nel dettaglio in questi giorni. L'immagine che riproduciamo mostra infatti i due oggetti identificati come quasar nel braccio luminoso che connette la galassia di Seyfert NGC 7603 (Arp 92) a una più piccola compagna: un sistema binario che già aveva alimentato un'aspra controversia negli anni Settanta, perché gli spostamenti verso il rosso delle due galassie risultarono subito molto diverse fra loro.
Occorre precisare che lo spostamento verso il rosso (cioè l'abbassamento di frequenza dei dettagli spettrali degli elementi che costituiscono la sorgente luminosa) viene attribuito alla velocità di allontanamento radiale impressa agli oggetti cosmici dall'espansione dello spazio, assunzione che è alla base della cosmologia contemporanea e che sorregge in toto la teoria del Big Bang. Ovviamente non mancano i contestatori, primo fra tutti l'astronomo americano Halton Arp che non ha mai creduto all'espansione dell'universo e che per questo è stato allontanato dal telescopio di Monte Palomar.
Nella sua travagliata carriera Arp ha collezionato moltissimi casi in cui gli spostamenti verso il rosso ("redshift") dei quasar e delle stesse galassie risultano inconciliabili con il modello cosmologico, casi che l'ortodossia scientifica respinge sistematicamente attribuendoli ad accavallamenti casuali ed effetti di prospettiva nella profondità del cielo. L'imbarazzo che tuttavia suscita questo sistema binario è evidente, perché chiunque può vedere il braccio luminoso che connette la NGC 7603 alla compagna, e che sembra eliminare qualsiasi possibilità di allineamento accidentale.
Le osservazioni di Arp sono una spina permanente nel fianco della teoria del Big Bang, e nonostante gli innumerevoli tentativi fatti per minimizzare o per celare questa controversia, costituiscono una formidabile obiezione all'esibita comprensione dell'universo. A riaprire drammaticamente la ferita è stato l'incolpevole astronomo iberico Martin Lopez Corredoira, che ha fissato nella fenditura dello spettografo del Nordic Optical Telescope due minuscole condensazioni all'interno del braccio che connette le galassie in questione e che ha potuto risolvere inequivocabilmente in quasar. "Se quegli oggetti si trovano tutti alla stessa distanza - ha dichiarato un astrofisico italiano che non ci tiene a comparire - addio legge di Hubble, e allora possiamo anche andarcene tutti a casa". Ancora più polemico è il commento dell'"esiliato" Halton Arp: "Adesso il punto di vista convenzionale deve dire che le due galsssie sono prospettiche, che il braccio che le unisce è prospettico, che i quasar nel braccio sono prospettici, tutti insieme accidentalmente sulla nostra linea di vista".
Il Big Bang ha fatto flop? Thomas Huxley chioserebbe sicuramente così: "La grande tragedia della scienza: un'ipotesi bellissima uccisa da un orribile fatto".
itis.volta.alessandria.it/episteme/ep6/ep6-bigbang.htm