Il Fatto Alimentare - Le aziende alimentari annunciano l’addio all’olio di palma

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wheaton80
00venerdì 6 maggio 2016 14:44
Successo della nostra petizione con 176 mila firme

Abbiamo vinto. Le aziende alimentari italiane hanno annunciato l’addio all’olio di palma. La petizione (https://www.change.org/p/stop-all-invasione-dell-olio-di-palma), lanciata 18 mesi fa su Change.org da Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade contro l’invasione dell’olio tropicale e sostenuta da 176mila firme, ha raggiunto l’obbiettivo. L’annuncio è arrivato ieri sera dall’AIDEPI (associazione delle aziende del settore che raggruppa tutti i marchi famosi come Ferrero, Mulino Bianco, Bauli…). Poche righe (vedi il comunicato: www.ilfattoalimentare.it/wp-content/uploads/2016/05/comunicato-stampa-AIDEPI-EFSA-5-maggio-2... per dire che dopo il parere dell’Autorità per la sicurezza alimentare europea sulla presenza di sostanze cancerogene e genotossiche nell’olio di palma, l’associazione si impegna a “fare, nel più breve tempo possibile, tutte le scelte necessarie per la massima tutela della salute del consumatore…”. Ora, nel difficile tentativo di salvare la reputazione, AIDEPI cerca di offuscare 18 mesi di manovre lobbiste, veline, pareri di dubbio valore scientifico e di far dimenticare un investimento da 10 milioni di euro in spot e annunci pubblicitari dove si è detto che l’olio di palma è un ingrediente sano, naturale e rispettoso dell’ambiente. Tutto ciò mentre nel Sud-Est Asiatico, nell’Africa sub-Sahariana e in America Centrale continua la rapina delle terre (land grabbing) a danno delle popolazioni locali, si deforestano migliaia di ettari per lasciare spazio alle coltivazioni, rendendo l’aria irrespirabile e provocando la morte degli oranghi. C’è di più: le aziende, pur sapendo che gli italiani sono i più grandi consumatori di palma in Europa con 12 grammi al giorno, per anni hanno ignorato i dossier delle Autorità sanitarie francesi, del Belgio e della FDA americana. L’ennesimo documento contro l’olio di palma è di 10 giorni fa, ed è firmato dall’Istituto Nazionale olandese per la Salute Pubblica e l’Ambiente (RIVM). Nonostante le evidenze scientifiche, questi dati sono sfuggiti agli esperti di AIDEPI, che hanno preferito investire 55mila euro per invitare direttori di giornali e riviste a pranzo e a cena e convincerli che l’olio di palma è buono, sano e amico dell’ambiente.

La seconda parte dell’operazione è stato un viaggio premio in Malesia per un folto gruppo di giornalisti che, al loro ritorno, ha scritto (nella maggioranza dei casi) articoli elogiativi. In questi 18 mesi non c’è mai stato un confronto tra le parti. Lo stesso CREA NUT (ex INRAN), nella persona di Andrea Ghiselli, si è schierato a favore dell’olio di palma (un parere su cui aleggia il forte sospetto di un conflitto di interessi, vista l’attività di consulente AIDEPI svolta per anni dallo stesso Ghiselli). Si è arrivati al paradosso che il parere richiesto dal Ministero della Salute all’Istituto Superiore di Sanità nel febbraio 2016, pur evidenziando i rischi dell’olio di palma per bambini e adolescenti, è stato distorto dalla maggior parte dei giornali e dai siti, con articoli dove il giudizio dell’Istituto Superiore di Sanità appariva allineato con quello dei produttori. La nostra petizione ha vinto e le aziende hanno cambiato idea per il parere dell’Autorità per la Sicurezza Alimentare Europea, ma anche perché milioni di italiani hanno smesso di comprare biscotti e merendine con olio di palma, e questo cambiamento dei consumi non è passato inosservato. Abbiamo vinto perché la nostra banca dati annovera oltre 700 prodotti palm free e 14 aziende lo hanno eliminato come ingrediente. Questi particolari non sono sfuggiti a The Guardian (http://www.theguardian.com/sustainable-business/2015/dec/09/italy-italian-food-palm-oil-supermarkets-boycott-deforestation-forests-health-environment-china-alliances), che ha dedicato ampio spazio alla nostra petizione, dopo aver scoperto che le importazioni in Italia nel 2015 hanno subito una vistosa riduzione.

Roberto La Pira
6 maggio 2016
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wheaton80
00domenica 8 maggio 2016 02:03
Olio di palma: COOP ritira dagli scaffali 120 prodotti a marchio che contengono olio tropicale



La COOP ha deciso di ritirare dagli scaffali di tutti i supermercati i prodotti a marchio che contengono olio di palma. La decisione è stata presa dopo la pubblicazione il 3 maggio del documento firmato dall’Autorità per la Sicurezza Alimentare Europea (EFSA), che segnala la presenza di alcuni contaminanti genotossici e cancerogeni. COOP ha deciso di applicare il principio di precauzione e di togliere dalla vendita 120 prodotti che contengono l’ingrediente sotto accusa. Nei prossimi mesi l’olio tropicale verrà sostituito con olio extra vergine di oliva e oli monoseme (mais, girasole…). COOP, da quando abbiamo avviato la petizione contro l’invasione dell’olio di palma nel novembre 2014, nonostante le sollecitazioni, non ha cambiato politica e il numero dei prodotti palm free e rimasto identico. Aveva 100 prodotti – elencati con foto e lista degli ingredienti nella banca dati de Il Fatto Alimentare (http://www.ilfattoalimentare.it/olio-di-palma-biscotti-tab.html) – e li ha ancora. Non così è stato per altri supermercati come Esselunga che, aderendo alla nostra petizione, ha sostituito il palma nell’80% di biscotti, grissini e fette biscottate a suo marchio. Anche Carrefour ha aderito al nostro invito un anno fa e ora può contare su 50 prodotti palm free (nella lista troviamo: biscotti integrali, taralli, grissini, pane morbido, bruschette, strudel, focacce e cracker). La catena Pam Panorama ne conta 60 e anche U2-Unes ne ha 50 e propone un nuovo assortimento di prodotti palm free composto da 29 referenze (l’elenco comprende 14 tipi di frollini e altri dolci come i Baci di dama e i Cantuccini, affiancati da quattro tipi di torte). Oggi sono 700 i prodotti senza olio di palma in vendita e 14 marchi hanno deciso di eliminarlo ai loro prodotti e tutti sono elencati con foto e lista degli ingredienti nella banca dati de Il Fatto Alimentare. A questo punto c’è a chiedersi se la scelta di COOP verrà imitata da altri.

Roberto La Pira
7 maggio 2016
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wheaton80
00lunedì 6 giugno 2016 13:28
Olio di palma addio. Gli italiani non lo vogliono e le aziende cambiano le ricette
Plasmon dice addio. Mulino Bianco continua la sostituzione. Silenzio dalle istituzioni

In Italia non c’è futuro per l’olio di palma. Questo concetto, ormai chiaro anche agli studenti di economia dopo il primo esame di marketing, non piace all’industria alimentare, che cerca disperatamente di arginare la fuga delle aziende dall’olio tropicale. L’operazione viene portata avanti con argomentazioni inconsistenti e prive di fondamento scientifico. Il lavoro della lobby è cominciato un anno fa con 55mila euro destinati da AIDEPI (associazione che raggruppa marchi come Barilla, Ferrero, Bauli…) a una campagna di informazione per indottrinare i media, dicendo che l’olio tropicale è buono, fa bene alla salute e non distrugge le foreste dove vivono gli oranghi. A questa prima fase è seguito un viaggio premio in Malesia per un gruppo di giornalisti selezionati. Poi nei mesi di settembre 2015 e febbraio 2016, dopo avere capito che la petizione promossa da Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade aveva convinto migliaia di persone a modificare i loro acquisti, partono due campagne pubblicitarie su quotidiani, riviste, TV e blog con un investimento superiore ai dieci milioni di euro. Il peggio arriva quando AIDEPI e le aziende sostenitrici del sito www.oliodipalmasostenibile.it “ritoccano” il parere negativo sull’olio tropicale espresso dall’Istituto Superiore di Sanità. Per rendersene conto, basta leggere il titolo dell’articolo“Bene parere dell’Istituto Superiore di Sanità, sfatati finalmente gli inutili allarmismi nutrizionali. Concentriamoci ora sul problema della sostenibilità”. Purtroppo, questa “assoluzione” viene ripresa da buona parte della stampa nazionale. La realtà è diversa e lo scrive lo stesso Istituto Superiore di Sanità in un articolo pubblicato sul proprio sito:“Il consumo di olio di palma va ridotto soprattutto nei bambini tra i tre e i 10 anni e negli adulti con fattori di rischio cardiovascolare” (vedi sotto). Si tratta di una parere in linea con altri documenti pubblicati dall’ANSES, l’autorità francese della sicurezza alimentare, da quella belga e persino dalla FDA in USA, che troppi giornali hanno stravolto.


Il parere critico dell’Istituto Superiore di Sanità verso il palma è stato stravolto dai media. Questo è quanto riportato sul sito dell’istituto

Nel mese di maggio 2016 arriva il dossier dell’Agenzia per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che accusa il palma di contenere tre sostanze tossiche e nocive per l’organismo, di cui una genotossica. Questo parere, che sancisce ufficialmente la fine dell’olio come ingrediente di biscotti e merendine, non piace ad AIDEPI e ad alcune aziende che, anziché cominciare a modificare le ricette, cercano disperatamente qualche nutrizionista per recuperare la situazione. L’operazione non riesce. I vari Andrea Ghiselli del Crea Nut, per anni consulente di AIDEPI, Giorgio Calabrese, ospite fisso nel salotto di Vespa e ora scelto come testimonial per una campagna sul latte fresco, il ben noto Eugenio del Toma, con altri esperti che spesso hanno tessuto le lodi dell’olio tropicale, non rilasciano più interviste. Anche Elena Fattore del Mario Negri, che ha pubblicato un’analisi sul palma, finanziata dalle industrie alimentari, in cui si ribadiva la non pericolosità, non ha commentato il lavoro dell’EFSA né quello dell’ISS. Dov’è finito il gruppo di scienziati e nutrizionisti che per mesi si è affannato a difendere il palma in TV e sui giornali? Lo stesso CREA-Alimenti e Nutrizione (ex INRAN), che ha sempre difeso il palma attraverso interviste rilasciate dai suoi ricercatori, un mese fa, per bocca di Elisabetta Lupotto, rispondendo a una domanda de Il Fatto Alimentare, diceva di non avere sottovalutato il problema del palma da un punto di vista nutrizionale, ma di avere fatto valutazioni derivanti “dalla presenza e dalla accurata analisi dei dati disponibili nonché dalle conoscenza del settore” e rilanciava accusando noi di avere diffuso notizie allarmistiche. Alla luce di quanto abbiamo scritto, rivelando che da dieci anni si conosceva la tossicità di certi contaminanti dell’olio, c’è da chiedersi come sono state fatte le valutazioni del Crea. Forse è giunto il momento di un chiarimento con una dichiarazione agli italiani.


Andrea Ghiselli, Eugenio del Toma e Giorgio Calabrese

Se sul fronte scientifico il panorama è disastroso, le cose non vanno meglio a livello mediatico, dove la telenovela di AIDEPI registra un nuovo grave episodio. Pochi giorni fa il Direttore di AIDEPI, Mario Piccialuti, ha rilasciato un’intervista al quotidiano L’Avvenire in cui sosteneva che secondo Marco Silano dell’ISS il documento dell’EFSA non riporta “indicazioni ai consumatori di modificare le loro abitudini alimentari né alle aziende di utilizzare un olio vegetale piuttosto che un altro”. Questa interpretazione non è piaciuta all’ISS, che in un comunicato stampa ha censurato pesantemente il rappresentante delle aziende. La risposta dell’ISS è molto chiara:“La posizione del dottor Marco Silano, riportata da Piccialuti, è stata estrapolata da diversi articoli nei quali l’intero contesto ne garantiva la piena comprensione… Si ribadisce inoltre, a tale proposito, che il dottor Silano, nelle interviste rilasciate alla stampa, ha sempre sottolineato, in linea con quanto espresso dal parere dell’Istituto, di ridurre il consumo di alimenti maggiormente apportatori di acidi grassi saturi nei quali è incluso l’olio di palma. Tutto questo, inoltre, fa parte di una strategia di comunicazione di raccomandazioni nazionale e internazionale di riduzione del consumo di acidi grassi saturi che l’Istituto ha sempre perseguito a tutela della salute pubblica”.


Mulino Bianco lancia Buongrano, il primo biscotto senza olio di palma, nel classico sacchetto giallo

Non tutte le imprese alimentari sono così miopi da seguire la politica di AIDEPI. Molte hanno da tempo intrapreso percorsi diversi. Anche Guido Barilla, pur essendo presidente di AIDEPI, nell’ottobre 2015 in una conferenza stampa (https://www.youtube.com/watch?v=mV0kuFc5FCk) spiegava come già diverse realtà industriali avessero iniziato a togliere il palma dai prodotti, sollecitati anche dalla nostra petizione che aveva già raccolto oltre 120mila firme. D’altro canto la stessa Barilla, considerata una delle aziende che impiega grandi quantità di palma (39mila tonnellate l’anno pari al 71% degli oli vegetali impiegati), sta cambiando politica. La società da qualche tempo ha ridotto la presenza del grasso tropicale in molti prodotti e ha inserito ben 25 referenze palm free. Abbiamo chiesto a Barilla se è vero che entro sei mesi una parte rilevante di biscotti e merendine Mulino Bianco abbandonerà il palma. Un primo segnale però esiste. Da pochi giorni sugli scaffali dei supermercati è in vendita il biscotto Buongrano integrale. Si tratta del primo biscotto della linea Mulino Bianco in confezione gialla che non ha olio di palma.


COOP Firenze all’inizio di giugno 2016 ha ritirato dagli scaffali dei punti vendita i biscotti e i prodotti con olio di palma in attesa di sostituirli

La scelta più eclatante è stata però quella di COOP Italia, che da un giorno all’altro ha interrotto la produzione di 120 biscotti, merendine, snack salati e dolci che contenevano olio tropicale e ha richiesto ai fornitori di modificare immediatamente le ricette. Ci vorranno mesi per trovare sugli scaffali i nuovi biscotti, ma la decisione è stata presa. Anche Conad, che finora era rimasta a guardare, ha cominciato a valutare l’idea della riconversione. L’ultima notizia giunta in redazione in queste ore riguarda Plasmon che, dopo avere tolto il palma dai biscotti, ha deciso di sostituirlo in tutti i prodotti. Sarebbe lungo elencare le altre aziende e catene di supermercati che hanno deciso di avviare la sostituzione del grasso nei prodotti a marchio. L’unica cosa certa è che ormai difficilmente si tornerà indietro. In questa storia ci sono tanti aspetti critici: le aziende rappresentate da AIDEPI che hanno portato avanti una politica miope e senza sbocchi; i giornali e i produttori che hanno raccontato molte storielle sulla difficoltà di sostituire il palma e sulla facilità di irrancidimento dei prodotti preparati con altri oli; le aziende che hanno tessuto le lodi di un olio certificato che in realtà si è scoperto non rispettare l’ambiente, gli animali e le persone; i consumatori che sono stati bombardati di false notizie orientate da interessi economici strepitosi. Resta l’amaro in bocca per avere visto e ascoltato nutrizionisti, ricercatori, istituzioni ed esperti di alimentazione schierarsi senza il minimo senso critico a fianco delle imprese e poi dileguarsi quando è arrivato il momento di chiarire la situazione. Il risultato finale è positivo perché la scelta di milioni di italiani di non comprare prodotti con olio di palma è una certezza, e pochi marchi potranno sottrarsi al cambiamento delle ricette. Chissà se anche Ferrero ha in mente un piano per sostituire il grasso tropicale presente nei vasetti di Nutella?

Roberto La Pira
30 maggio 2016
www.ilfattoalimentare.it/olio-di-palma-addio-barilla-ferr...
wheaton80
00lunedì 10 ottobre 2016 15:44
"L'olio di palma è finito": la rivoluzione silenziosa ha sconfitto le lobby

Fa bene, non fa male, non fa male se usato con moderazione, in effetti potrebbe dare problemi, è potenzialmente cancerogeno. Dal negazionismo al giustificazionismo, il dibattitto sull’olio di palma non si è mai spento negli ultimi anni, finché il 3 maggio scorso l’EFSA (l’autorità europea indipendente per la sicurezza alimentare) ha emesso un verdetto amaro. L’olio di palma e i grassi di palma contengono tre sostanze tossiche i cui contaminanti si formano nel processo di raffinazione ad alte temperature (200°C): estero glicidico degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e relativi esteri degli acidi grassi. Non solo: rispetto ad altri oli vegetali e margarine, ne presentano un quantitativo dalla 6 alle 10 volte superiore. Meglio ancora: per il GE non viene fissata nessuna soglia limite in quanto, in ogni caso, risulta cancerogeno e genotossico; mentre per il 3-MCPD la tollerabilità si blocca sui 0,8 microgrammi per chilo di peso corporeo, un livello facilmente superabile dalle fasce d’età più basse (fino a 18 anni). A metà maggio c’è poi stata la diffusione dei Palma-Leaks: una serie di documenti con cui si dimostrava, carte alla mano, che università, enti di ricerca e pubbliche autorità avevano iniziato ad occuparsi già dal 2004 di studi tossicologici internazionali sul palma. E dunque, da almeno 12 anni, gli ambienti industriali non potevano non sapere delle proprietà nocive dell’olio. Tant’è che ai Palma-Leaks si è opposta una sola arma: l’oscuramento. Senza grandi risultati, però. Perché Balocco, Misura, Plasmon, Colussi, Esselunga, Carrefour, Unes e altre grandi aziende – in tutto 14 - hanno oramai cambiato strategie e ricette. Coop-Italia, addirittura, all’indomani del dossier EFSA comunicò l’immediata sostituzione di 120 prodotti. L’ultima a salire sul carro è stata Barilla; che dopo aver promosso e sponsorizzato campagne sull’olio di palma sostenibile, in pochi mesi ha scelto di piegarsi alle stesse idee prima osteggiate. Così adesso 70 prodotti Mulino Bianco rivendicano un «senza olio di palma» ben stampato sull’etichetta. Ed entro la fine dell’anno è stata annunciata una conversione quasi totale. Uno sprazzo improvviso di eco-sostenibilità? Un colpo basso a un sodalizio decennale? No, più che altro necessità di marketing.

Non a caso Paolo Barilla, numero due dell’azienda di famiglia col fratello Guido, è stato confermato a giugno alla Presidenza di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane), tra i più intransigenti difensori della salubrità e dell’utilità dell’olio, che nell’autunno 2015 avviò un'incisiva campagna pro-palma per scuotere le coscienze di chi cominciava ad aver dubbi. Di fatto, però, facendo la spesa, gli italiani stanno boicottando merendine, dolci o biscotti con olio di palma: l’ISTAT dà conto di una riduzione delle importazioni calcolate sul consumo personale da 23 g al giorno a 17,5 già nel passaggio dal 2014 al 2015. E cioè dall’entrata in vigore (dicembre 2014) del regolamento europeo per le etichette: da quel momento, infatti, si ha l’obbligo di indicare la presenza di palma, prima celata con un generico «oli vegetali». Da lì un crollo. Ed essere contro il palma, oggi, paga. Dario Dongo, avvocato e docente universitario, fondatore di GIFT Italia e il co-fondatore del Fatto Alimentare - due portali web che con inchieste e denunce, tra cui la diffusione dei Palma-Leaks, hanno minato un intero sistema - non ha dubbi:«Il mercato di quest’olio è finito. Chi lo usa attualmente subisce la concorrenza di chi offre un prodotto senza rischi e per questo assistiamo a una svolta improvvisa, che in alcuni casi, come Barilla, è clamorosa. Di certo la parabola del palma ha dato la misura di quanto l’informazione sia pilotata, c’è stata una spaventosa mistificazione dei fatti». E aggiunge:«Quando lanciammo la prima petizione nel 2014 per chiedere la cessazione delle vendite (oltre 176mila firme) fummo accusati di voler cavalcare l’onda dell’allarmismo. Una schiera di nutrizionisti ed eminenti professori ci attaccava: ora dove sono?». Secondo il Fatto Alimentare, negli ultimi 5 anni le importazioni in Italia di olio raffinato sono state tra le più alte d’Europa. Ma con la crisi delle vendite, a partire dal febbraio 2016, circa dieci milioni di euro sono stati spesi in spot e pagine pubblicitarie sui giornali per contrastare i detrattori: la più costosa campagna realizzata sull’alimentare negli ultimi 50 anni. Gli stanziamenti sarebbero arrivati da «Olio di palma sostenibile», una società che raggruppa buona parte delle industrie di prodotti alimentari trasformati. E dietro la nuova cordata, ci sarebbero gruppi di peso che gestiscono il budget pubblicitario del settore: circa 400 marchi con a capo Ferrero, Bauli, o multinazionali come Unilever e Nestlé.

Barilla ne faceva parte, poi ha lasciato; rimanendo comunque sotto la Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO), un’associazione non-profit nata nel 2004 con lo scopo di promuovere una filiera garantita. L’attuale posizione di Barilla, però, finirà per sbilanciare il mercato. «Questa rivoluzione – continua Dongo – è frutto delle possibilità offerte dal WEB e dai flussi di notizie libere. Non avremmo mai potuto combattere ad armi pari 20 anni fa. TV e grandi giornali non ci hanno mai dato spazio. Per noi, hanno risposto quelli che ho ribattezzato consumAttori: i cittadini hanno scelto autonomamente. Resta lo squallore con cui si è cercato e si cerca ancora di fare disinformazione». Domanda: sostituirlo si può? E’ possibile, per le industrie, fare a meno di un ingrediente poco costoso, flessibile, dal sapore neutrale e che assicura una elevata conservabilità? Per Dongo si può, si deve: e il prima possibile. Anche dalle coltivazioni dell’olio, infatti, nasce il fenomeno del Land Grabbing (la rapina delle terre), che negl’ultimi 10 anni – soprattutto in Sud-America, Africa, Sud-Est asiatico – ha contribuito alla destabilizzazione delle comunità agricole locali, con un grave impatto ambientale dovuto alla deforestazione e alle coltivazioni su vasta scala. 2/3 degli investimenti - secondo OXFAM - mirano all’esportazione delle merci. GIFT e il Fatto Alimentare hanno segnalato circa 800 prodotti venduti nei supermercati italiani senza palma e, tra i primi sostituti, indicano il burro (che però, in termini di grassi saturi non differisce di molto), olio extravergine d’oliva, olio di girasole e olio a fibre. Biscotti, cracker, snack, dolci: tutto palma-free. Ce n’è pure per la Nutella, il fiore all’occhiello della Ferrero che usa il palma per tagliare i costi: 60 creme alternative alla nocciola. E mentre quest’estate Altroconsumo (l’ass. consumatori italiani con oltre 370mila soci) ha denunciato l’eccessivo quantitativo di 3-MCPD (pericoloso per reni e testicoli) e GE (cancerogeno e genotossico) nel latte in formula per neonati, bisogna tornare a chiedersi: che mondo sarebbe senza nutella?

Simone Cosimelli
1 ottobre 2016
www.affaritaliani.it/green/le-grandi-aziende-rinunciano-all-olio-niente-piu-complotti-allarmismi-ora-442303.html?re...
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