fonte:
www.programmazione.it/index.php?entity=eitem&idItem=42762
Reverse engineering the human brain sembra il titolo di qualche racconto di fantascienza, a metà tra
Isaac Asimov e
Philip Dick, e invece è sempre stato l'approccio utilizzato dai ricercatori per comprendere parte della nostra materia grigia, proprio come accade per gli informatici che vogliono scoprire come funziona un determinato software ma non hanno modo di accedere al codice sorgente.
Molti neuroscienziati tra cui lo stesso
Henry Markram, direttore di neuroscienze e tecnologie del
Politecnico Federale di Losanna, nonché fondatore del
Brain Mind Institute, pensano anche che la
cooperazione tra scienziati di diverse discipline, possa essere la chiave per assemblare le singole scoperte e capire come funziona il cervello umano in modo più ampio, creando, nel giro di una decina di anni, un modello digitale che ne possa replicare tutte le funzioni.
Sebbene il cervello abbia
trilioni di sinapsi,
bilioni di neuroni, milioni di proteine e migliaia di geni, gli scienziati hanno già cominciato a costruire modelli dettagliati, che simulano il cervello dei topi, dei gatti, dei primati e anche degli stessi esseri umani; il progetto
Blue Brain, ad esempio, è nato nel 2005 con lo scopo di simulare il comportamento del cervello umano non per l'Intelligenza Artificiale, ma per comprenderne struttura e connessioni, in modo da fornire uno strumento a neuroscienziati e ricercatori medici, che li possa aiutare a studiare le malattie cerebrali, senza dover far uso di animali da laboratorio.
Il progetto si avvale del
supercomputer Blue Gene di IBM, costituito da 8192 processori in grado di simulare, in tempo reale, fino a 50 mila neuroni complessi. Anche il Dipartimento della Difesa americano ha deciso di stanziare una forte somma per un progetto di
reverse engineering del cervello, denominato
SyNAPSE, da non confondere col
film di
Peter Howitt, che invece riguardava un rivoluzionario sistema di broadcast satellitare.
Con
SyNAPSE il
DARPA studierà le funzioni del cervello umano per cercare di migliorare l'efficienza della tecnologia dei
dispositivi elettronici neuromorfi, rendendoli così più simili alle strutture neurali biologiche.