KATTOLICO

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GEBURAH
00giovedì 6 aprile 2006 09:48
VEDIAMO SE QUI' TROVI QUALCOSA SUL MAGNUS DUX

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Teologia della Restaurazione ( Ia Parte)
di Nicola Cavedini

La condizione attuale d'apostasia della società e la gravissima crisi che attraversa la Chiesa cattolica, dominata dalla setta neo-modernista fin nel suo più alto vertice, fanno sorgere la domanda se sia ormai vicino il tempo ultimo della storia del mondo, quello che, contraddistinto dal regno empio dell'Anticristo, si chiuderà con la sua irreparabile sconfitta, la resurrezione dei corpi, il Giu-dizio finale e la conclusione della storia.
Gli spiriti che non abbiano perduto lucidità, chiarezza di dottrina e il coraggio di guardare brutalmente in faccia alla realtà delle cose, possono forse lecitamente interrogarsi sull'attuale triste presente e tentare di giudicarlo e comprenderlo, seppure in via puramente congetturale, alla luce della teologia della storia.
Un concetto assai diffuso negli ambienti cattolici legati alla perenne Tradizione della Chiesa è quello di Restaurazione. Esso indica in generale l'idea di un rifiorire della Chiesa e della civiltà cattoliche travagliate dalla Rivoluzione mondiale scristianizzante. Tuttavia non è forse inutile e-sercizio quello di investigare maggiormente se quest'idea abbia o meno un fondamento teologico, per evitare il pericolo, in questi tempi caotici ed irrazionali di fine millennio, di cadere in qualche concezione della storia non ortodossa, in un millenarismo più o meno mitigato, in qualche falsa cer-tezza pseudo-soprannaturale, cui si accompagna sempre inevitabilmente la cupa desolazione del disinganno.

Certezze dogmatiche

La storia e la vicenda dell'umanità e della Chiesa si svolgono nel tempo. Non può quindi stupire che Dio abbia rivelato gli eventi cardini della storia universale, che segnano l'inizio, la pie-nezza e la fine dei tempi.
All'inizio dei secoli troviamo, infatti, la Creazione delle nature spirituali (gli Angeli), del mondo materiale e dell'uomo. Sappiamo inoltre della prova cui Dio sottopose gli esseri razionali, la loro caduta, con la creazione dell'inferno per gli angeli ribelli, e il peccato originale dei nostri proge-nitori, Adamo ed Eva, nonché la promessa di un Redentore (Protovangelo).
Nella pienezza dei tempi si colloca invece la Redenzione dell'umanità peccatrice con l'Incarnazione della Seconda Persona della SS. Trinità nel seno della Vergine Maria, la Sua Passione, Morte e Risurrezione e la divina Istituzione della Chiesa Cattolica, con il mandato d'insegnare a tutti gli uomini le Verità rivelate da Dio fino alla consumazione dei secoli.
Alla fine dei tempi invece vi sarà il Giudizio e la consummatio saeculi, la cessazione del mondo e del tempo. Questo evento ultimo della storia sarà preceduto da alcuni accadimenti che ne indiche-ranno la stringente prossimità e che sono stati preannunciati nella Scrittura.
Essi sono, così come li elenca, tra gli altri, S. Alfonso Maria de' Liguori nelle Dissertazioni teo-logiche-morali appartenenti alla vita eterna: 1. L'universale predicazione del Vangelo. 2. L'universale apo-stasia. 3. "La distruzione totale dell'imperio e nome romano" cioè della Chiesa cattolica e del regno sociale di Gesù Cristo. 4. La venuta ed il regno dell'Anticristo. 5. La venuta di Enoc ed Elia, con la conver-sione finale degli ebrei . A ciò si aggiunga tutta una serie di eventi naturali catastrofici, così descrit-ti da S. Matteo e S. Luca nei loro Vangeli, e da sempre interpretati come alludenti alla fine del mon-do: "Or subito dopo la tribolazione [il regno dell'Anticristo] di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, e le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli si commoveranno (S. Matteo, XXIV, 29); "E vi saran dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle e sulla terra costernazione tra i popoli, smarriti per il rimbombo del mare e dei flutti; gli uomini verranno meno dallo spavento nell'aspettazione delle cose che staranno per accadere al mondo, perché le potenze dei cieli saranno sconquassate." (S. Luca, XXI, 25-26) .

S. Agostino e la teologia della storia

S. Agostino, il più importante teologo dell'antichità cristiana, raccogliendo una tradizione esegetica già prestigiosa ai suoi tempi, investigò la storia della Redenzione, applicando il modello archetipo di scansione temporale che rinvenne nel dato rivelato.
Nel libro della Genesi, infatti, l'autore ispirato narra la Creazione del mondo, suddividendo l'azione di Dio in sette giorni, o meglio, in sei giorni di attività e uno, l'ultimo, di riposo.
S. Agostino, innestandosi sull'esegesi precedente e canonizzandola con l'immensa sua auto-rità, interpretò a sua volta la vicenda della Redenzione, proprio alla luce di quella settemplice pe-riodizzazione. Tale utilizzo, infatti, aveva un fine innanzi tutto ermeneutico, serviva cioè a cogliere meglio e con sempre maggior profondità, lo svolgersi coerente ma vario degli eventi della storia sal-vifica tramandati dai due Testamenti, come intervento straordinario di Dio a beneficio dell'umanità peccatrice.
Secondo il sommo teologo, infatti, come dimostrerà ad abundantiam in De Civitate Dei, tutta la storia dell'umanità, anche quando il Creatore si serve delle cause seconde, ossia della libera coope-razione dell'uomo, è opera Sua, è cioè storia sacra guidata dalla Provvidenza. Questa nota deve bril-lare, quindi, a maggior ragione in quella particolare vicenda della storia, la Redenzione, in cui Dio, pur servendosi delle cause seconde, è intervenuto in modo straordinario e con un fine eminente-mente soprannaturale.
Il santo d'Ippona sviluppò la sua concezione della storia sacra, come sistema interpretativo fondato sul parallelismo analogico tra giorni della creazione, epoche della storia salvifica ed età dell'uomo (infanzia, adolescenza ecc.) soprattutto nell'opera giovanile De Genesi contra Manichaeos , ma se ne trovano importanti accenni anche nel suo testo più famoso, il De Civitate Dei .
Enunciando il suo sistema, il santo scrive: "Percorrendo tutto il testo delle Sacre Scritture io vi scor-go in certo qual modo sei età destinate alle opere, età distinte tra loro, per così dire, da limiti determinati, di modo che nella settima si spera il riposo. Io vedo inoltre che queste medesime sei età assomigliano a questi sei giorni in cui furono compiute le opere che la Scrittura ricorda essere state fatte da Dio."
Ciascun'epoca della Redenzione è paragonabile, quindi, ad una delle età dell'uomo, essendo la storia del mondo nient'altro che la vicenda del genere umano.
Secondo S. Agostino, inoltre, la Storia universale, come storia dell'intervento di Dio nel tem-po, può essere suddivisa analogicamente alle fasi del Suo intervento diretto al momento della Crea-zione, in sei giorni-epoche.
Così la prima epoca è quella della nascita dell'umanità, cioè della sua infanzia, che da Adamo giunge a Noè, ed è paragonata al primo giorno della Creazione, poiché allora l'uomo cominciò ad es-sere illuminato dalla fede (protoevangelo), come nel primo giorno Dio creò la luce. Alla sera di que-sto primo giorno-epoca si ebbe il Diluvio .
La seconda, che si apre con Noè, giunge ad Abramo, ed è la fanciullezza del mondo. A ragione viene paragonata al secondo giorno della Creazione "in cui fu creato il firmamento in mezzo alle acque supe-riori e a quelle inferiori, poiché l'arca in cui era Noè con i suoi familiari, era come il firmamento tra le acque sotto-stanti sulle quali stava a galla e quelle sovrastanti dalle quali veniva bagnata." La sera di quest'epoca è la confusione delle lingue, in punizione della torre di Babele.
La terza epoca si apre con Abramo e arriva al Re Davide. È l'età dell'adolescenza, e si parago-na al terzo giorno della Creazione, poiché, come allora Dio separò la terra dalle acque, così in quest'età del mondo il popolo eletto, generato da Abramo, fu separato dalle 'acque' del paganesimo. La sera di questo giorno-epoca sono i peccati del popolo eletto fino alla perversione di Saul .
La quarta, invece, che inizia con lo splendore del regno davidico (la giovinezza) paragonata al quarto giorno della Creazione, in cui Dio creò il sole (il regno di Davide), la luna (il popolo ubbi-diente) e le stelle del firmamento (i maggiorenti del regno), si chiude con i peccati dei re e la depor-tazione del popolo eletto a Babilonia.
La quinta epoca, che dalla schiavitù babilonese giunge a Cristo, è l'età della gravitas, ossia la maturità. Corrisponde al quinto giorno della Creazione, in cui furono creati i pesci e gli uccelli, poi-ché gli israeliti cominciarono a vivere tra i pagani come in un mare e avevano una sede insicura e in-stabile come gli uccelli dell'aria. La sera di quest'età vide l'accecamento degli ebrei, che rifiutarono di riconoscere Gesù Cristo.
Nella sesta età, che va da Cristo al regno dell'Anticristo e alla fine del mondo con il Giudizio finale (quella della senectus-vecchiaia) opera la Chiesa. Nel sesto giorno Dio crea gli animali della terra, simbolo dei popoli che avrebbero creduto al Vangelo, e, a compimento della sua opera, plasma l'uomo e la donna, sottomettendo loro ogni essere vivente. Così nella sesta epoca è nato Gesù Cri-sto, il novello Adamo, e la Chiesa, sorta dal costato trafitto del Redentore. Il sesto giorno-epoca si chiude con il regno dell'Anticristo e la cessazione del tempo. Allora inizierà il settimo giorno, cioè il giorno del riposo sabbatico dell'eternità: "Allora con Cristo riposeranno da tutte le opere coloro ai quali è stato detto: Siate perfetti come il Padre vostro celeste […] Ebbene, dopo tali opere deve sperarsi il riposo del settimo giorno, il quale non ha sera." Cfr. Tab. 1.

Tabella 1. - La storia del mondo secondo S. Agostino

Età del mondo Età dell'uomo Punizione Giorni della Creazione
1a Età: da Adamo al Diluvio Infanzia Diluvio 1° giorno: Fiat lux
2a Età: da Noè ad Abramo Fanciullezza Torre di BabeleConfusione delle lingue 2° giorno: Firmamento
3a Età: da Abramo a Re Davide Adolescenza Peccati degli Ebrei e per-versione di Saul 3° giorno: Separazione della terra dalle acque
4a Età: da Davide alla caduta di Gerusalemme Giovinezza Distruzione di Gerusa-lemme (486 a.C.) 4° giorno: Sole, luna e stelle
5a Età: dalla Restaurazione del Tempio a Cristo Maturità Rifiuto del Messia da par-te degli Ebrei 5° giorno: creazione dei pesci e uccelli
6a Età: da Cristo al regno dell'Anticristo Vecchia Fine del mondo 6° giorno: creazione degli animali della terra
7a Età: Eternità del Paradiso Vita eterna Inferno eterno per i dan-nati 7° giorno: Riposo di Dio

S. Agostino, con il continuo raffronto tra le sei epoche storiche individuate e il modello dei Sei giorni della Creazione, approfondisce, in una prospettiva eminentemente cristocentrica, il signi-ficato mistico-allegorico della storia sacra.
Ogni epoca della storia parla di Cristo almeno in via figurata e converge su Cristo. Così, per esempio, alla separazione della luce dalle tenebre nel Primo giorno della Creazione, corrisponde il primo annuncio del Redentore ai Progenitori. Nel sesto giorno, la creazione dell'uomo, è figura dell'Incarnazione avvenuta nella sesta epoca, mentre la creazione della Donna dalla costola d'Adamo preannuncia la nascita della Chiesa.
S. Agostino, inoltre, caratterizza ogni epoca con una personalità eccezionale, che, nelle cin-que età antico-testamentarie, annuncia nelle opere il modello futuro, Gesù Cristo. Ecco allora Ada-mo, Noè, Abramo, Mosé, Davide, Zorobabele fino a Cristo. Ogni epoca si chiude con un evento drammatico: la prima con il Diluvio, la seconda con la confusione delle lingue in punizione della co-struzione della Torre di Babele, la terza con la caduta di Saul, la quarta con la deportazione in Babi-lonia, la quinta con l'accecamento degli ebrei. La sesta, quella della Chiesa, terminerà con il Regno dell'Anticristo, cui subito seguirà la seconda venuta di Gesù (Parusia) per il Giudizio. Ogni epoca quindi s'incentra su una figura che ne è per così dire all'origine e che, eccettuata la sesta, è figura o tipo cristologico. Gli eventi luttuosi e catastrofici, invece, che segnano il chiudersi di ciascun gior-no-epoca, sono tutte prefigurazioni del nemico terreno ed umano per eccellenza del Redentore Ge-sù e della Sua Chiesa, il falso Messia e falso Cristo che negli ultimi tempi, sebbene per poco, domi-nerà sull'intera umanità: l'Anticristo.
La sesta epoca è propriamente quella che riguarda la vicenda terrena della Chiesa militante e che durerà, come la Chiesa, fino alla consummatio finale. È la vecchiaia del senescens saeculum, del mon-do che invecchia. Dopo la venuta di Cristo, nella pienezza dei tempi, infatti, la storia sacra è entrata negli ultimi tempi. Non si attende più alcun'altra rivelazione pubblica. La Chiesa, istituita da Cristo e guidata dallo Spirito Santo, deve operare in attesa della fine.
Il santo d'Ippona ha quindi modellato e perfezionato quelle categorie-chiave che diverranno patrimonio comune della cultura teologica occidentale. Queste idee si possono riassumere: nella li-ceità di un'esegesi simbolica della Scrittura come storia sacra della Chiesa militante, con l'utilizzo di categorie d'ordine rivelato (come la divisione in sette giorni dell'azione creatrice di Dio e la Tri-nità delle Persone divine).
S. Agostino lascia, infatti, ai suoi discepoli numerosi esempi di quest'utilizzo ermeneutico dell'elemento trinitario. Così, ricercando l'impronta del dogma trinitario nella costituzione dell'essere umano, stabilisce la tripartizione dell'anima immortale in memoria, intelletto e volon-tà . A maggior ragione l'archetipo trinitario andava ricercato anche nello svolgersi delle età della storia, come opera di Dio. Dall'impiego esegetico di questo modello, che S. Paolo aveva indicato nel-la sua tripartizione della storia salvifica nelle epoche della legge di natura, della legge mosaica, e della legge di grazia, combinato col settenario, deriverà alla teologia della storia la celebre partizione della vicenda umana in tre epoche o età o Regni: quello del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
D'ascendenza agostiniana è inoltre l'idea che ciascun'epoca debba essere aperta e caratteriz-zata da una personalità eccezionale cristologica (il Magnus Dux della tradizione profetica medioeva-le) e che la fine del giorno-epoca coincida con un evento catastrofico. S. Agostino lasciò questo si-stema di teologia della storia in abbozzo. Egli non volle affrontare il tema della sesta epoca, quella non ancora conclusa, della Chiesa militante, forse spaventato, come è stato autorevolmente soste-nuto, dalle ardite elaborazioni del suo contemporaneo donatista Ticonio, che, commentando l'Apocalisse, aveva per primo applicato alla storia della Chiesa, cioè alla sesta epoca agostiniana, la suddivisione settenaria della Genesi, confortato dalla ricorrenza di quel numero-simbolo nel testo di S. Giovanni, giungendo addirittura a fissare la data, poi rivelatasi infondata, della fine del mon-do. Il sistema di Ticonio, però, ricondotto in una cornice ortodossa, influenzerà profondamente l'esegesi medioevale, soprattutto nell'approccio interpretativo all'Apocalisse, inteso come narrazione simbolica della storia della Chiesa .

Ruperto di Deutz (1170 ca. - 1129)

Il primo che abbia combinato in un sistema simbolico coerente d'interpretazione della storia ecclesiastica il metodo trinitario e quello settenario è stato l'abate Ruperto di Deutz (1170 ca.-1129) nelle sue due opere principali De Sancta Trinitate et operibus eius e De glorificatione Trinitatis et processu Spi-ritus Sancti .
"L'intuizione che l'azione dello Spirito Santo nella Chiesa dovesse essere esplicazione dei suoi sette doni nelle sette epoche della storia della Chiesa, offerse finalmente la possibilità di una partizione ortodossa della storia eccle-siastica, cioè d'una partizione che non fosse in contrasto col resto della Rivelazione. I due metodi principali della sim-bolica, la teoria del carattere esemplare della trinità e la tipologia delle età dell'uomo, si congiunsero tra loro nell'interpretazione del significato del mondo. Il mondo e la storia del mondo sono opera della Trinità: le loro tre età sono subordinate alle tre persone, al Padre i sette giorni della Creazione, al Fi-glio le sette età del mondo fino all'arrivo dello Spirito Santo, e allo Spirito Santo le sette epo-che della storia della Chiesa."
In conformità al modello agostiniano ogni epoca della storia ecclesiastica è caratterizzata da figure eccezionali che riflettono nel triplice ordine (laicale, sacerdotale e monacale) della società cristiana il loro esemplare cristologico. Saranno quindi monarchi potenti come Costantino, appar-tenenti all'ordine laicale; grandi Papi, come S. Silvestro, S. Leone Magno ecc., quali massimi rap-presentanti del clero secolare; ed infine soprattutto fondatori di ordini religiosi, come S. Benedet-to, che incarnano al più alto grado il modello medioevale della vita monastica .

Gioacchino da Fiore (1130 ca. - 1202) e gli Spirituali

Gli scritti dell'abate calabrese Gioacchino da Fiore (1130 ca.-1202) avrebbero probabil-mente avuto un'eco molto limitata se non fossero divenuti, una quarantina d'anni dopo la sua mor-te, l'arma polemica della corrente francescana degli Spirituali .
Subito dopo la scomparsa di San Francesco d'Assisi, infatti, si scatenò all'interno dell'Ordine un durissimo scontro sul modo d'intendere il voto di povertà cui si obbligava ogni frate. Vi erano al-cuni, come gli Spirituali appunto, secondo i quali per esso intendevano interdetta ai frati ogni forma di studio, ogni carriera ecclesiastica, giungendo financo a mettere in discussione la struttura stessa della Chiesa, giudicata troppo mondana, e quindi lontana dall'ideale evangelico di povertà che era stato incarnato dal poverello d'Assisi :
"Elemento fondamentale [per gli Spirituali] è osservare rigidamente la povertà e la Regola francescana secondo l'esempio personale di S. Francesco, respingere le interpretazioni pontificie che ne adattavano l'applicazione all'evoluzione dell'Ordine, e seguire il cosiddetto 'uso povero' anche nelle cose permesse. Non meno marcate sono tut-tavia le idee contro la scienza, specie profana, e la tendenza alla vita eremitica; caratteristico l'attaccamento al te-stamento di S. Francesco che già Gregorio IX aveva dichiarato non obbligante, ed il fanatico fervore per le idee gioachimitiche."
Alle asprezze degli Spirituali si opposero i Conventuali, che, invece, interpretavano il mo-dello francescano di povertà in un'accezione che, senza snervare la natura del nuovo Ordine mendi-cante, potesse consentire ai suoi membri l'accesso alla carriera ecclesiastica, la possibilità di erudir-si nelle scienze ecc., con un relativo adattamento della regola del fondatore alla nuova condizione in cui l'Ordine, asceso in pochissimi anni a varie migliaia di membri, si venne a trovare.
Gli Spirituali allora videro nella teologia della storia di Gioacchino da Fiora, un sistema dot-trinale assai adatto per sostenere e difendere la loro tesi. Il sistema di Gioacchino infatti si differen-zia in alcuni punti importanti dal metodo interpretativo ormai collaudato dell'esegesi medioevale. Egli ne impiega quasi tutte le categorie, ma sembra piegarle ad una concezione della storia sacra af-fatto personale. I due concetti più pericolosi ed ambigui, sviluppati da commentatori francescani come Gerardo da Borgo San Donnino , appaiono quelli, l'un all'altro strettamente collegati, ine-renti al Terzo Regno dello Spirito Santo e al Vangelo Eterno.
L'abate calabrese modificò innanzi tutto il concetto del terzo Regno dello Spirito Santo, che nella tradizionale visione simbolico-interpretativa della storia ecclesiastica coincideva con la vicen-da terrena della Chiesa militante, dalla Pentecoste fino alla fine del mondo.
Secondo Gioacchino, invece, il Terzo Regno non coincide più con la storia della Chiesa nel suo complesso, dall'istituzione al compimento della sua missione. Egli introduce l'idea che esso prenda avvio in un dato momento della storia della Chiesa, giungendo addirittura a fissarne la data d'inizio nel 1260, quando il Corpo mistico avrà raggiunto un grado così elevato di spiritualità da riuscire a penetrare il messaggio evangelico, oltre la sua nuda lettera, con un'intelligenza spiritua-le, che permetterà di cogliere allora il Vangelo eterno (espressione questa non inventata da Gioac-chino, ma estrapolata dall'Apocalisse, XIV, 6) cioè la sua essenza spirituale, che i secoli precedenti più rozzi e carnali nello sviluppo del Corpo mistico, non erano stati in grado di apprendere. Gioac-chino, in parte richiamantesi alla tradizione precedente, vedeva nel sorgere di un nuovo Ordine re-ligioso l'avvento di questo stadio ulteriore e compiuto della spiritualità cristiana.
Gli Spirituali credettero ravvisare nella figura di San Francesco e nel suo Ordine l'avveramento della profezia giochimitica. San Francesco, con la sua radicale interpretazione della povertà, aveva svelato il vero senso del messaggio evangelico, aveva mostrato alla nuova Chiesa del-la Terza età il suo profondo senso spirituale. Non era forse una nuova Rivelazione, e tuttavia l'enfasi con cui gli Spirituali difendevano la loro concezione della povertà e della nuova Chiesa 'pneumatica' che in essa si era rivelata, facevano comprendere alle intelligenze più avvertite quanto fosse perico-losa la china su cui si erano spinti.
"Il significato dell'evangelium aeternum è dunque questo: i campioni spirituali della perfezione evangeli-ca tra i Minoriti considerano già in atto la nuova epoca di una superiore Rivelazione, di una amplior gratia e di una spiritualità che va diffusa universalmente, perché l'intelligenza spirituale della Scrittura, la rivelazione dei suoi mi-steri è già diventata realtà nell'epoca fissata da Dio, nel predestinato esegeta Gioacchino, ma specialmente nel mes-saggio apocalittico del maestro di vita Francesco. Un nuovo superiore messaggio del Regno è giunto."

La reazione di San Bonaventura

La reazione non tardò a verificarsi.
Nel 1257 venne deposto il Generale dell'Ordine Giovanni da Parma, accusato d'essere il ca-pofila della corrente neo-gioachimitica. Al suo posto risultò eletto frà Bonaventura da Bagnoregio, che conservò la carica fino alla morte (1274) e che si sforzò durante il suo generalato di moderare le pericolose asprezze degli Spirituali, che rischiavano di rendere sospetta, con la loro interpretazione, la figura e l'opera del padre fondatore.
Sotto la sua supervisione, così, venne alla luce la cosiddetta Legenda maior, con cui era fissata la biografia ufficiale del santo assisiate purgata dagli ardori giochimito-apocalittici degli Spiritua-li.
Occorreva, tuttavia, una chiarificazione riguardo alla dottrina giochimitica nel suo comples-so, per sgombrare il campo, da un lato, dagli errori che essa presentava, per salvare, però, dall'altro, quella tradizione esegetico-profetica, che, a causa degli eccessi di Gioacchino e dei suoi epigoni francescani, rischiava d'essere coinvolta ingiustamente nella condanna dell'abate calabrese.
A questo scopo il Dottore Serafico tenne presso l'Università di Parigi, tra il 9 aprile e il 28 maggio 1273, una serie di lezioni, che trascritte dai suoi uditori, rappresentano forse il capolavoro dell'illustre santo: le Collationes in Hexaëmeron sive Illuminationes Ecclesiae .

La teologia della storia in San Bonaventura

Il titolo si potrebbe tradurre Conferenze sui Sei giorni della Creazione ossia i gradi sempre crescenti con cui s'illumina il mistero della Chiesa. Il riferimento, ancora una volta, è al valore simbolico archetipo dell'opera di Dio all'origine del mondo. Ogni giorno, ossia ogni intervento del Creatore, costituisce per il santo lo spunto per l'orditura di un complesso ma coerente organigramma dottrinale, ove teo-logia, filosofia, esegesi e teologia della storia s'intrecciano.
È soprattutto a partire dalla 13a conferenza che il Dottore Serafico, commentando le opere di Dio nel terzo giorno, fissa l'attenzione sulla Sacra Scrittura, come strumento privilegiato per salire a Dio.
Nella Scrittura si possono cogliere tre aspetti: le intelligenze spirituali, le figure sacramenta-li e le teorie. Questa collazione è, in particolare, dedicata ad esporre il sistema dei vari sensi dei testi sacri. Le intelligenze, ossia i sensi, sono quattro: letterale, allegorico, morale e anagogico.
San Bonaventura li vede raffigurati nella celebre visione di Ezechiele (I, 5) dei quattro animali (uomo, leone, bue e aquila) ciascuno di essi con quattro facce.
Così l'intelligenza letterale (uomo) della Scrittura, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testa-mento, presenta quattro aspetti: è o legale, perché prescrive comandi, o storica, quando narra fatti esemplari passati, o sapienziale, se contiene insegnamenti, o profetica, quando rivela il futuro .
La seconda intelligenza è quella allegorica (leone), che riguarda ciò che è da credere, in par-ticolare in riferimento a Cristo, Verbo Incarnato; a Maria SS., "poiché nella Scrittura si dicono di Lei cose stupende, e questo perché in tutte le Scritture è posta in relazione al Figlio"; alla Chiesa militante, "la ma-dre Chiesa che nella Scrittura riceve lodi meravigliose" ; infine alla Sacra Scrittura stessa .
Poiché la Scrittura parla principalmente del Messia, vi sono delle figure sacramentali che lo indicano e a lui si riferiscono, e sono i 12 misteri principali di Cristo. Questi misteri sono indicati allegoricamente nelle dodici pietre che ornavano la veste del Sommo Pontefice (Esodo, XXVIII, 6-12). Queste dodici pietre sono collocate in quattro ordini di tre ciascuno. A questi quattro ordini corrispondono quattro epoche.
Il primo tempo è quello avanti la Legge mosaica, in cui vi sono tre misteri: creazione delle cose, purificazione dei misfatti (il diluvio), vocazione dei patriarchi.
Il secondo tempo è quello della Legge scritta. Anch'esso presenta tre misteri (la consegna della Legge, l'umiliazione dei nemici e la promozione dei Giudici) .
Il tempo terzo è quello della Profezia, con i tre misteri, dell'unzione dei Re (Davide, Salomone, Ezechia e Iosia, come figure cristologiche eminenti); della rivelazione dei Profeti; della restaurazione del Tempio .
L'ultima epoca, la quarta, è quella di grazia, in cui s'individuano tre misteri, quello di Gesù Redentore degli uomini, per cui Cristo è rappresentato come uomo mansueto in Matteo, leone trionfante nel Vangelo di San Marco, vitello sacrificato in San Luca, e aquila che vola in San Gio-vanni; quello come diffusore della grazia, abbondante su tutti gli Apostoli, pio in San Paolo, "nel quale si concludono gli Atti degli Apostoli […] ne ciò deve stupire perché egli fu Beniamino [l'ultimo dei figli di Giacobbe e capostipite dell'omonima tribù cui appartenne S. Paolo] e lupo rapace, ultimo degli Apostoli, nel quale è significato l'ordine futuro." Inoltre Cristo fu prudente diffusore di grazie (nei libri ca-nonici) e sapiente (nelle lettere di San Paolo). Il terzo ed ultimo mistero di questo quarto tempo in-fine, è quello dell'apertura della Scrittura (Apocalisse=rivelazione) .

Schemi interpretativi e Restaurazione in San Bonaventura

Commentando il passo della Genesi, riferito alle opere del terzo Giorno, che dice: "La terra produca erbe che producano seme ciascuna secondo la sua specie" (II, 9) San Bonaventura passa a trattare delle 'teorie' ed afferma che "nell'immagine dei semi si mostra che essi hanno una certa infinità di teorie cele-sti. […] Le teorie sono quasi infinite, poiché come il riflesso di un raggio e di un'immagine da uno specchio si attua in modi quasi infiniti, così dallo specchio della Scrittura. […] Questa considerazione delle teorie avviene tra i due specchi dei due Cherubini, cioè dei due Testamenti che si rispecchiano a vicenda […] Inoltre questa germinazione dei semi fa comprendere diverse teorie secondo le diverse connessioni dei tempi. E chi ignora i tempi non può conoscere queste teo-rie, infatti non può conoscere le cose future chi ignora quelle passate. Se non conosco di che albero è un seme, non posso conoscere che albero dovrà poi essere. Perciò la conoscenza delle cose future dipenderà dalla conoscenza delle cose passate. Mosè, infatti, profetando sulle cose future [la Redenzione di Gesù Cristo], narrò per rivelazione quelle passate."
Il santo di Bagnoregio afferma, quindi, che, come ogni cristiano deve essere simile al modello Gesù Cristo, e quindi in Cristo è contenuta ogni forma di santità passata, presente e futura. Così nella storia sacra, che è la vicenda della Redenzione, è contenuta in archetipo la storia passata, presente e futura del Corpo Mistico che è la Chiesa.
Le teorie, quindi, il terzo elemento con cui la Scrittura ci erudisce per la vita eterna, indicano i sistemi d'interpretazione storico-profetica, che, basandosi sugli elementi fissi delle figure sacramentali e della multiformità semantica del testo sacro (i 4 sensi) permettono di enucleare dalla ricchezza scritturale indicazioni anche per il futuro della Chiesa militante, purché si abbia sempre l'accortezza di tendere al fine soprannaturale, senza di cui la lettura esegetica del testo ispirato scade a pura esercitazione profana.
Il Dottore Serafico nelle pagine seguenti, riassumendo la tradizione precedente, indica alcuni di questi sistemi di teologia della storia. Ed innanzitutto il più importante: "È da notare inoltre che, come Dio creò il mondo in sei giorni e nel settimo si riposò, così anche il Corpo mistico di Cristo [la Chiesa] possiede sei età e la settima che corre con la sesta e l'ottava. Queste sono le ragioni seminali per conoscere le Scritture."
Segue poi il riassunto dello schema agostiniano delle sei età, con la sesta che, come in S. A-gostino, va da Cristo fino alla fine del mondo, ma "la settima età corre con la sesta, cioè essa è la pace delle anime dopo la passione di Cristo. Ad essa segue l'ottava età, cioè quella della Resurrezione […]. Questi sono i semi gettati per l'intelligenza della Scrittura […] e in questo modo il tempo si divide in sette età."
Si sarà notato che San Bonaventura, pur rimanendo fedele allo schema agostiniano, l'ha ar-ricchito con l'introduzione della settima età, che corre con la sesta, ossia che appartiene alla storia del mondo prima della fine, età della pace delle anime, dopo la Passione del Corpo mistico, e prima dell'ottava età della Resurrezione, cioè dell'estremo Giudizio. In queste poche e misteriose parole, si fa il primo cenno al tema più oltre sviluppato, di un'epoca di quiete, pace e riposo della Chiesa militante su questa terra (Corpo mistico di Cristo), a figura del settimo giorno della Crea-zione.
Vi sono tuttavia altre ragioni seminali, cioè altri sistemi storico-interpretativi, chi ignora i quali "non può giungere al mistero delle Scritture" .
Il tempo può infatti essere diviso in cinque parti, in base alle cinque chiamate di Cristo, come vide San Gregorio Magno , commentando la parabola dei vigniaiuoli (S. Matteo, XX, 1-16): "Il regno dei cieli è simile ad un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna" (v. 1). Ci sono quindi 5 chiamate, all'alba, all'ora terza, alla sesta, alla nona e all'undicesima: La prima età fu quella della creazione di Adamo; la seconda sotto Noè; la terza con Abramo; la quarta al tempo di Mosé; "la quinta avviene sotto Cristo e per Cristo, mediante la penitenza a cui chiamò tutti e li invitò anche alle nozze".
La terza teoria è quella delle tre leggi, quella di natura fino a Mosé, quella scritta, da Mosè a Cristo, e quella di grazia da Cristo alla fine del mondo .
Ogni persona trinitaria ha inoltre un numero speciale che le corrisponde, così il sette è pro-prio dello Spirito Santo, per i suoi doni; il cinque, al Verbo fatto uomo, per i cinque sensi intesi in modo spirituale; il tre infine al Padre che genera, non nasce, e da cui spira lo Spirito Santo .
Fondamentale è ancora il rapporto tra i due Testamenti, poiché l'uno deriva dall'altro, "come l'albero deriva dall'albero e il seme dal seme e la lettera dalla lettera, così il Testamento dal Testamento." Vi sono quindi sei modi per il confronto tra i due Testamenti, da cui possono originarsi i vari sistemi della teologia della storia.
Il primo modo si fonda sul numero uno, per cui ciascun Testamento va considerato in rap-porto all'altro nella sua unitarietà. E "questi due tempi si distinguono come la notte dal giorno. […] nella notte quella Legge fu come la luna, i Padri […] furono come le stelle. Ma quando venne il sole [Gesù Cristo] allora vi fu il pieno giorno."
In ragione della dualità inoltre i Testamenti hanno due tempi ciascuno. Così il Vecchio pre-senta un tempo prima della Legge mosaica e uno sotto di essa. Mentre il Nuovo del pari ha un doppio tempo: il tempo della chiamata dei Gentili e, alla fine del mondo, quello della chiamata dei Giudei, che non si è ancora avverato.
In rapporto al numero tre si distinguono tre tempi nell'Antico Testamento, quelli della sinagoga iniziata, incrementata e completa, cui corrispondono, nel Nuovo, quelli della Chiesa iniziata, sviluppata e compiuta, "la quale - aggiunge il Dottore Serafico in polemica evidente con la concezione giochimitica - è una soltanto, né ci sono, né ci possono essere più Chiese". Tralasciamo l'esposizione dei metodi di comparazione tra Vecchio e Nuovo Testamento rispetto al numero quattro e al cinque, perché San Bonaventura appare in particolare interessato ad esporre lo schema incentrato sul rapporto tra il numero sette e il tre, cui dedica un'intera conferenza, la 16a, che porta come significativo sottotitolo: Continuazione sulle teorie che germinano dalla Scrittura riguardanti il decorso del tempo. In particola-re si spiega la comparazione del settenario secondo la corrispondenza dei tre tempi.
Si è così giunti in medias res, poiché proprio su ciò si erano avute le pericolose novità della dottrina neo-giochimitica degli Spirituali. Prima di trattare della comparazione tra i tre Regni, San Bonaventura sgombra il campo infatti da qualsiasi equivoco: "Dopo il Nuovo Testamento non vi sarà un altro Testamento, né può venir eliminato un qualunque sacramento della nuova legge, poiché quel Testamento è eter-no."
Il numero sette, dice il Dottore Serafico, è il numero dell'universalità e possiede un grande mistero. Esso "ha origine nel mondo archetipo, dove risiedono le ragioni causali, secondo il principio del settenario. […] Secondo tale numero Dio fece decorrere il mondo e la Scrittura, la quale spiega il decorso del mondo; e partendo da questo numero essa deve venir trasmessa e spiegata. Dunque la Scrittura descrive il decorso del tempo secondo i tempi originali, figurali, e di grazia o salvifici."
I tempi originali corrispondono ai primi sette giorni della Creazione; quelli figurali, così detti perché essi erano figura del tempo della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, vanno da Adamo fino a Cristo; quelli graziosi o salvifici abbracciano tutta la storia della Chiesa, fino alla fine del mondo. Il sistema deriva dalla combinazione e dal raffronto di questi tre tempi, ciascuno suddiviso in sette parti o giorni.
Il primo giorno originale è quello in cui Dio forma la luce. Ad esso corrisponde il primo giorno figurale della formazione della natura (da Adamo fino a Noé), con tre momenti, la formazio-ne dell'uomo sulla terra, la caduta di Adamo e la cacciata dal Paradiso. Nel primo giorno del tempo salvifico, invece, si ha il conferimento della Grazia, giorno che va da Cristo e dagli Apostoli fino a Papa San Clemente e corrisponde alla Chiesa Apostolica. "L'uomo formato dalla terra verginale che non aveva ancora ricevuto sangue, significa il Cristo nato dalla Vergine; e come anche Eva fu formata dal fianco di Ada-mo, così la Chiesa dal fianco di Cristo" , mentre il 2° e 3° momento sono da scorgersi nella caduta e caccia-ta del popolo ebraico che al tempo di Gesù non volle riconoscerLo.
Il secondo giorno originale è quello della divisione delle acque; quello figurale, che va da Noè ad Abramo, è contraddistinto dalla purificazione della colpa, con il diluvio, cui corrisponde nel terzo tempo della grazia, il 'battesimo di sangue', con cui si individua il periodo della storia ecclesiastica che da S. Clemente giunge fino a S. Silvestro e Costantino il Grande (313 d. C.), che fu l'epoca delle dieci persecuzioni generali.
Il terzo giorno originale presenta la fecondazione delle acque; nei tempi figurali corrisponde all'elezione del popolo eletto e va da Abramo a Mosé. Nel tempo di grazia si ha la 'norma cattolica', da San Silvestro a San Leone Magno "sotto il quale fu redatto il Simbolo" , cioè la professione di fede (+ 461 d. C.).
Il quarto giorno originale corrisponde alla luce siderea con la creazione del sole, la luna e le stelle; nel quarto tempo figurale, che da Mosè va a Samuele, Dio conferisce la Legge; così nel tempo di grazia nel 4° giorno della Chiesa, Dio conferisce la 'norma della giustizia', cioè la legge canonica e civile (Giustiniano), epoca che va da S. Leone I fino a San Gregorio Magno (+ 604).
Nel quinto giorno originale Dio creò la vita che si muove, cui corrisponde nei tempi figurali la gloria regale, da Davide fino a Ezechia, e nel tempo di grazia, la 'cattedra sublime', da S. Gregorio Magno a Papa Adriano I (+ 795), "sotto il quale l'impero fu dato agli Alemanni".
Nel sesto giorno originale Dio creò l'uomo, e nel sesto giorno figurale (dal Re Ezechia fino a Zo-robabele, cioè fino alla ricostruzione del Tempio) si ebbe la voce dei profeti, secondo tre momenti: la preclarità della vittoria, la preclarità della dottrina e quella della vita profetica, cui corrisponde nel tempo della Chiesa il periodo della 'chiara dottrina', che inizia con Papa Adriano I (+ 795) e che, secondo S. Bonaventura, era ancora in corso ai suoi tempi:
"Nel sesto tempo [figurale] vi sono stati tre avvenimenti: la preclarità della vittoria, la preclarità della dottrina e la preclarità della vita profetica. La preclarità della vittoria fu mostrata in Sennacherib che marciò contro Gerusa-lemme e l'Angelo del Signore ne 'uccise centottantacinquemila' . Ed Ezechia fu sanato contro le leggi della natura e il sole ritornò indietro nel suo corso . Similmente al tempo di Adriano [all'inizio della 6a epoca della Chiesa] si attuò una grande vittoria per opera di Carlo Magno che in modo miracoloso realizzò grandi trionfi, come fosse un Angelo mandato da Dio, e il sole, cioè la calura della tribolazione, ritornò indietro, e fu realizzata la pace della Chie-sa, affinché poi stabilisse arcivescovi, vescovi e cenobi. In questo tempo vi fu la chiarezza della dottrina perché Carlo Magno convocò chierici e fece scrivere libri, come la trascrizione della Bibbia nel monastero di San Dionigi e in molti altri luoghi, e iniziarono a leggere e a far filosofia e favorì gli ordini religiosi" .
Secondo San Bonaventura, quindi, la preclarità della vittoria, nel 6° tempo ecclesiatico, corrisponde ai trionfi di Carlo Magno, per cui la Chiesa venne dilatata e l'Impero Romano si reinsediò in Oc-cidente; la preclarità della dottrina è vista nella Rinascenza filosofico-teologica carolingia, quella profetica nel fiorire della vita monastica.
"Ma quanto alla sua durata [dell'epoca 6a che precede quella della Restaurazione] chi può dirlo o chi ne ha detto qualcosa? [è evidente in queste parole del Dottore Serafico il ripudio della pretesa di Gioac-chino di fissare cronologicamente il momento esatto del passaggio dalla sesta alla settima età] La co-sa sicura è che noi siamo in questo periodo e inoltre è sicuro che questo tempo durerà fino all'abbattimento della 'be-stia che sale dall'abisso' [L'Anticristo] quando Babilonia sarà confusa e dopo vi sarà la pace. Prima però è necessario che venga la tribolazione. Ma qui non può essere posto un termine, poiché nessuno sa quanto durerà quel tempo di grande pace…"
San Bonaventura, sempre richiamandosi e appoggiandosi alla tipologia scritturale, allude inoltre alla natura "duplice" della sesta epoca, per gettare qualche luce sul modo del passaggio all'età successiva della Restaurazione:
"Perciò come nella Passione del Signore vi fu prima la luce, poi le tenebre e alla fine di nuovo la luce, così è necessa-rio che prima vi sia la luce della dottrina e che Iosia succeda a Ezechia, e dopo di che avvenne la tribolazione dei Giu-dei mediante la deportazione. È necessario infatti che sorga un principe zelante della Chiesa il quale o sarà o è già stato, e aggiunse [Bonaventura] volesse il cielo che egli non fosse già stato, e dopo di lui viene l'oscurità delle tribolazioni. Similmente in questo tempo Carlo Magno esaltò la Chiesa, e i suoi successori la combatterono: al tempo di Enrico IV vi furono due Papi, egualmente al tempo di Federico Magno ancora due. Ed è certo che qualcuno tra di essi volle sterminare la Chiesa, ma 'L'Angelo che saliva dall'oriente gridò a gran voce ai quattro Angeli: non de-vastate né la terra, né il mare, finché non abbia impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi' . Perciò fino adesso resta la tribolazione nella Chiesa".
È chiaro che San Bonaventura crede che la settima epoca del riposo finale del Corpo mistico segua ad un periodo di tenebre e tribolazione, che caratterizzerà parte del sesto tempo, la cui natura è duplice, doppia, come abbiamo visto. Per questo, come, nel tempo figurale, al pio re Ezechia successe, poco prima della grande tribolazione (la caduta di Gerusalemme) che precedette la Restau-razione del Tempio, l'altrettanto devoto Iosia, così è necessario che a Carlo Magno-Ezechia succeda un nuovo Iosia, un principe zelatore della Chiesa "unus princeps zelator Ecclesiae" , che, attraverso la grande tribolazione, introduca nella settima età della pace. San Bonaventura non sa se questo principe sia già apparso (si noti come egli prudentemente non si sbilanci mai nel fissare i termini crono-logici). Egli tuttavia, considerando gli eventi della lotta delle Investiture dei secoli XI-XII-XIII tra Impero e Papato, è portato a pensare che la grande tribolazione, che introdurrà alla settima epoca, sia già in corso: "perciò fino adesso resta la tribolazione nella Chiesa" . È facile scorgere nel principe ze-lante della Chiesa il Grande Monarca delle profezie.
È inoltre probabile che San Bonaventura pensasse che la grande tribolazione dopo la quale Dio in-staurerebbe la pace finale del Corpo mistico, fosse quella dell'Anticristo. Un passo riportato in un'altra edizione critica delle Collationes, quella edita nel 1934 a cura di F. Delorme , recita infatti come segue:
"Così alla fine vi sarà anche il tempo della pace. Quando infatti l'Anticristo, dopo la massima rovina della Chiesa, verrà ucciso da Michele, verrà, dopo la grande tribolazione dell'Anticristo, un tempo, prima del giorno del Giu-dizio, di così grande pace e tranquillità quale non vi fu dall'inizio del mondo e si troveranno uomini di così grande santità come vi furono al tempo degli Apostoli. […] Quando tuttavia verrà il Giudizio dopo quell'epoca, è completa-mente incerto. […] Perciò viene detto tempo dell'Avvento di Cristo nello Spirito parlando allegoricamente."
Il settimo giorno originale fu quello del riposo di Dio, che preannuncia la quiete mediana del tempo figurale (da Zorobabele fino a Cristo) e la quiete finale di quello di grazia: "il settimo tempo [della storia della Chiesa militante] quello della quiete inizia dal clamore dell'Angelo che 'giurò per Colui che vive nei secoli dei secoli, che non vi sarà più tempo!…" L'allusione a questo angelo dell'Apocalisse si spiega poi-ché "nell'Apocalisse - secondo San Bonaventura - l'apostolo Giovanni comprende i sette tempi [della Chiesa-Corpo mistico] mediante sette visioni…".
"Nel settimo tempo [figurale] sappiamo che sono state realizzate queste cose: la ricostruzione del Tempio, la re-staurazione della città e il dono della pace [allude alla restaurazione del Tempio dopo il ritorno dei Giudei dalla deportazione babilonese]. Similmente nel futuro settimo tempo avverrà la riparazione del culto divino e la riedificazione della città. Allora si realizzerà la profezia di Ezechiele , quando la città discenderà dal cielo, e non certo quella città 'che è lassù' in cielo, ma quella che è quaggiù, cioè quella militante, quando essa sarà conforme alla Chiesa trionfante, per quanto è possibile in via. Allora avverrà la costruzione della città e la restituzione come era al principio e allora vi sarà la pace. Tuttavia quanto durerà questa pace, Dio solo lo sa."

Tabella 2. - San Bonaventura

Tempi originali(Gioni della Creazione) Tempi Figurali(Vecchio Testamento) Tempi di Grazia(Storia della Chiesa)
1° Giorno: creazione delle luce. Da Adamo a Noè: 1) creazione dell'uomo, 2) caduta e 3) cacciata dal Paradiso. La Chiesa Apostolica: 1) sua nascita, 2) caduta degli ebrei, 3) distruzione del Tempio (70 d.C.).
2° Giorno: divisione delle acque. Da Noè ad Abramo: diluvio universale. La Chiesa fino a Costantino (312 d.C.): il 'diluvio' di sangue, le persecuzioni.
3° Giorno: fecondazione delle acque. Da Abramo a Mosé. Elezione del popolo eletto. Da S. Silvestro a S. Leone Magno (+ 461 d.C.). La 'norma' cattolica. La lotta alle eresie porta alla definizioni del credo cat-tolico.
4° Giorno: creazione del sole, della luna e delle stelle. Da Mosè a Samuele. Dio conferisce la Legge. Da S. Leone I a S. Gregorio Magno (+ 604). Progressi nel diritto canonico e in quello civile (Giustiniano).
5° Giorno: creazione della vita che si muove. La gloria regale da Re Davide al Re Eze-chia. Da S. Gregorio I a Papa Adriano I (+ 795). Carlo Magno restaura l'Impero. Rinascita Carolingia.
6° Giorno: creazione dell'uomo. Dal Re Ezechia alla Restaurazione prima del Tempio sotto Zorobabele. Preclarità della vittoria, della dottrina e della profe-zia. Da Adriano I e Carlo Magno alla Restau-razione. È l'epoca della 'chiara dottrina', caratterizzato dalle vittorie di Carlo Ma-gno, dal grande progresso teologico e spi-rituale, caratterizzata però da un declino che conduce ad unperiodo di tenebre.
7° Giorno: Dio si riposa e cessa di operare. Da Zorobabele a Cristo. Restaurazione del primo Tempio, ricostruzione della Città santa (Gerusalemme) il popolo e-braico vive stabilmente in Palestina fino alla venuta di Cristo. Restaurazione del culto divino e della società cristiana. Periodo di pace.

[Modificato da GEBURAH 06/04/2006 9.58]

GEBURAH
00giovedì 6 aprile 2006 09:49
CONTINUO
II. Un Ordine Profetico

Commentando l'azione creatrice di Dio nel quarto giorno, quando pose nel firmamento il so-le, la luna e le stelle, il Dottore Serafico vi coglie una prefigurazione della gerarchia celeste (sole) e terrena (luna).
La luna è la Chiesa militante che, nella sua costituzione, deve riflettere la luce divina che le proviene dal sole, cioè da Dio per il tramite dei Cori angelici che Lo contemplano .
Egli individua così tre tipologie di Ordini nella Chiesa. Qui interessa quello stabilito secon-do il principio della loro attività, "secundum rationem exercitiorum" . Abbiamo in primo luogo i laici, che corrispondono alla figura del Padre, e che praticano la vita attiva, e possono essere le sacre ple-bi, i sacri consoli e i sacri prìncipi, assimilati, rispettivamente, agli Angeli, Arcangeli e Principati dei Cori celesti.
Il secondo ordine, che pratica una vita mista tra contemplativa e attiva, è quello clericale, che risponde al Figlio, con i tre gradi: ministeriale (gli ordini minori), sacerdotale ed episcopale, Po-testà, Virtù e Dominazioni della gerarchia angelica .
Al vertice, vi sono coloro che praticano la vita contemplativa, cui "spetta di occuparsi delle cose divine" , e che rispondono allo Spirito Santo, anch'essi suddivisi in tre generi, come supplicatori, speculativi e sopraelevativi ("per modum sursumactivum" ).
"Al primo modo appartengono coloro che si dedicano completamente all'orazione, alla devozione e alla lode divina, eccetto quando si applicano all'opera manuale o al lavoro per il sostentamento proprio e di altri" , come i Cistercensi, Premostratensi, Cartusiani, Grandimontesi, Canonici Regolari. A quest'ordine corri-spondono, nella gerarchia angelica, i Troni.
"Il secondo ordine è quello che tende verso le cose divine per modo speculatorio o speculativo, come quelli che si dedicano alla speculazione della Scrittura […] Ad essi rispondono i Cherubini. Essi sono i Predicatori e i Mino-ri" , cioè Domenicani e Francescani, i due Ordini Mendicanti, che rappresentano un grado della vita contemplativa più perfetto rispetto alla grande famiglia monastica benedettina.
"Il terzo ordine è di coloro che si dedicano a Dio secondo il modo sursumattivo, cioè estatico o eccessivo. E diceva [San Bonaventura]: chi è quest'ordine? Esso è l'ordine serafico. Ad esso sembra essere appartenuto Fran-cesco […] E in essi si realizzerà il compimento della Chiesa, ma non è facile sapere quale sarà quest'ordine fu-turo o se sia già presente.
Il primo ordine risponde ai Troni, il secondo ai Cherubini, il terzo ai Serafini ed essi sono vicini a Gerusa-lemme e non hanno che da volare. Quest'ordine non fiorirà a meno che Cristo non appaia e patisca nel suo corpo mistico. E [San Bonaventura] aggiungeva che l'apparizione del Serafino al beato Francesco […] significava che quest'ordine debba rispondere a lui [al Serafino], ma deve giungervi attraverso le tribolazioni. E in quell'apparizione erano presenti grandi misteri."
La visione gioachimitica del terzo regno è così ampiamente confutata. La Chiesa rimarrà sempre identica nei suoi fondamenti dottrinali. La Rivelazione è compiuta. Il Vangelo eterno, su cui vaneggiavano gli Spirituali, è quello consegnato una volta per tutte da Cristo alla Chiesa Apostolica. San Francesco e il suo Ordine non sono il segno dell'arrivo della terza età della Chiesa, ma più mo-destamente un'anticipazione di un periodo della storia ecclesiastica, che non coincide con il terzo regno (ricondotto ortodossamente ad abbracciare la vicenda complessiva della Chiesa militante fi-no al Giudizio) ma che ne è soltanto una porzione, situata verso il suo finire.
Scongiurate le esagerazioni spiritual-giochimitiche, San Bonaventura crede, tuttavia, di po-ter ravvisare effettivamente nella tipologia scritturale un'epoca felice del Corpo mistico di Cristo, un periodo di pace e compimento, preannunciato dal settimo giorno della Creazione, dalla restau-razione del Tempio dopo la cattività babilonese nell'Antico Testamento, e dalla pace messianica dopo la Passione del Redentore Gesù. Prima però è necessaria la tribolazione, come avvenne per Cristo, nella cui Passione "vi fu prima la luce, poi le tenebre e alla fine di nuovo la luce" .
Quest'epoca felice della Chiesa militante, che, per quanto è possibile in via, sarà conforme nel maggior grado a quella trionfante nel cielo, avrà per protagonista un Ordine religioso, che cor-risponderà al Coro dei Serafini per la purezza della sua contemplazione e per il grado eminente e massimo di santità dei suoi membri (ordine che ha già avuto un precursore nello stigmatizzato San Francesco), e che sarà l'ultimo, come Beniamino fu l'ultimo dei Patriarchi, e San Paolo, discendente da Beniamino, il 'lupo feroce', fu l'ultimo e il più fecondo degli Apostoli. Infine, il Dottore Serafico individua nella Scrittura anche l'intervento di un Principe zelatore della Chiesa, un nuovo Carlo Magno, che come il grande imperatore, proteggerà e favorirà la Chiesa e la religione cattolica.
Pur con tutta la sua prudenza, il Dottore Serafico ha lasciato alla posterità, non solo un nuo-vo e coerente modello di teologia della storia, ma soprattutto un compiuto sistema di teologia della Restaurazione, desunto dalla Sacra Scrittura ed enucleato nei suoi elementi essenziali, sia di ordine cronologico, poiché la Restaurazione della Chiesa si situa negli ultimi tempi, in prossimità del re-gno dell'Anticristo, sia in quelli costitutivi principali, che gli appaiono l'Ordine Serafico e il Grande Monarca.
Egli individua inoltre la modalità del suo verificarsi: la passione del Corpo mistico. Come il trionfo di Cristo è passato dalla porta stretta e sanguinosa della Passione, così la Chiesa, Suo Corpo Mistico, dovrà patire le tribolazioni prima di vedere la luce della pace finale. San Bonaventura sem-bra credere che tale tribolazione sarà quella inferta alla Chiesa dal suo più acerrimo nemico terreno, l'Anticristo.
Come vedremo, sulla base di quest'interpretazione degli avvenimenti della Chiesa, a mano a mano che essa verrà travagliata dalle discordie e dalle eresie, ed in particolare quando, a partire dal XVI secolo, subirà il primo terribile attacco della Rivoluzione scristianizzante ad opera dell'eresia luterana, imparagonabile per la sua gravità a quel che la Chiesa aveva dovuto in precedenza soppor-tare, i suoi figli più eminenti vi scorgeranno un segno certo del prossimo avvento dell'età della Re-staurazione.

Santa Caterina da Siena

La fecondità di questo schema interpretativo la si ritrova già in atto, un secolo dopo circa la stesura delle Collationes bonaventuriane, in una delle più grandi sante del secolo XIV, la domenicana Santa Caterina da Siena (1347-1380).
Raimondo da Capua, infatti, suo biografo ufficiale e confessore, riferisce che la Santa, dotata del dono di profezia, previde sul finire della sua breve ma intensa vita, l'esplodere del cosiddetto grande Scisma d'Occidente (1378-1415) che di lì a poco avrebbe gettato la Chiesa in una situazione mai vista prima. Nel concludere la funesta rivelazione tuttavia la senese aggiunse questa singolare previsione di un futuro stato felice della Chiesa.
"Dopo d'avermi predetto in Roma le cose che ho scritto, [sul grande Scisma] incuriosito di sapere di più, le domandai: Dimmi, madre carissima, ma dopo tutte queste sciagure, che avverrà della santa Chiesa? E lei mi ri-spose: Dopo tutte queste tribolazioni e angustie, in un modo che non si può comprendere dagli uomini, Dio purificherà la santa Chiesa risvegliando lo spirito degli eletti. Seguirà quindi un miglioramento così grande nella Chie-sa di Dio, e un rinnovamento tale di santi pastori, che al solo pensarlo il mio spirito esulta nel Signore. La Sposa, che ora è brutta e mal vestita, ve l'ho ripetuto altre volte, allora sarà bellissima e adorna di gemme preziose e coronata col diadema di tutte le virtù. Tutti i popoli fedeli godranno di sapersi onorati da simili pastori, e anche gli infedeli, attratti dal buon odore di Gesù Cristo, ritorneranno all'ovile cattolico, e si convertiranno al vero pastore e Vescovo delle anime loro. Ringraziate, dunque, il Signore, che dopo la tempesta darà alla sua chiesa un gran bel sereno."
È evidente che questo 'gran bel sereno' della Chiesa non si è ancora verificato. La santa to-scana, che vide il primo germoglio, per così dire, del Grande scisma e ne previde la lunga durata, vi-de anche, in un momento posteriore a quella particolare sventurata vicissitudine della Chiesa del suo tempo, a cui ne sarebbero succedute ben altre, quella futura età felice di quiete e riposo, di cui, come insegnava il Dottore Serafico, la tribolazione presente era il segno più certo. Tanto più le tra-versie della Chiesa si faranno gravi, altrettanto i suoi figli più santi si sentiranno incoraggiati a pro-clamare la prossima venuta di un'epoca di trionfo, come già faceva ancora nel secolo XIV Santa Ca-terina.

San Vincenzo Ferreri e gli uomini apostolici

San Vincenzo Ferreri, nato in Spagna a Valenza nel 1346 ca. e morto in Bretagna a Vannes nel 1419, visse anch'egli, come S. Caterina, di cui era coetaneo, durante il travagliato periodo carat-terizzato dalla cosiddetta Cattività avignonese del Papato e dal grande Scisma che sconvolse la Cri-stianità, come si è detto, dal 1378 al 1415.
Appartenente all'Ordine di S. Domenico e dotato da Dio di grazie eccezionali che lo resero il santo più famoso del suo tempo, profeta, taumaturgo, straordinario predicatore itinerante, dalla vi-ta austerissima di contro alla tiepidezza del nascente Umanesimo, applicò a se stesso un passo dell'Apocalisse ritenendosi l'Angelo ivi descritto al capitolo XIV.
Scrisse il breve Tractatus de vita spirituali, per tracciare con poche e semplici linee la figura ide-ale del perfetto apostolo, di cui tanto necessitavano quei tempi calamitosi, indicando nel contempo, in un futuro ancora lontano, quegli apostoli evangelici che, assoggettandosi spontaneamente alle direttive morali del suo scritto, un giorno avrebbe condotto la Chiesa alla sua massima perfezione e fioritura:
"Vi sono tre cose - scrive infatti - che dobbiamo meditare assiduamente: Gesù nella sua Incarnazione, nella sua Passione e negli altri suoi misteri; La vita degli Apostoli e dei primi Frati del nostro Ordine, eccitando in noi il desiderio d'imitarli; La vita che condurranno più tardi gli uomini evangelici. […]
Devi meditare giorno e notte la vita di quegli uomini poverissimi, semplicissimi e mansuetissimi, umili fino a stimarsi vili, uniti per un'ardente carità a Gesù, non pensando che a Gesù, non parlando che di Gesù, non gustando che Gesù e Gesù crocifisso, indifferenti al mondo, dimentichi di sé, contemplando la gloria eterna di Dio e degli eletti, a cui tutto il loro essere anela nel desiderio incessante della morte ad esempio di S. Paolo che diceva: 'Desidero di morire e d'essere con Cristo'. Essi possederanno i tesori immensi e inestimabili delle ricchezze celesti. Saranno meravigliosa-mente invasi e sommersi dalla deliziosa abbondanza delle dolcezze e delle gioie del Paradiso.
Nelle tue meditazioni figurati questi uomini che cantano sull'arpa del loro cuore, nel rapimento dell'estasi, il cantico degli angeli. Questa visione ti farà desiderare con incredibile ardore la venuta di questo tempo; dissipe-rà le nubi del dubbio e dell'ignoranza e t'introdurrà in una mirabile luce: distinguerai chiaramente tutti i mali del no-stro tempo e comprenderai la misteriosa disposizione di tutti gli Ordini religiosi che dal tempo dell'Incarnazione di Cristo sono nati e nasceranno sino alla fine dei secoli, sino al momento in cui sarà consumata la gloria del nostro sommo Signore Gesù Cristo."
Non è difficile scorgere in queste infuocate righe del grande santo spagnolo, un richiamo ai membri di quel misterioso Ordine Serafico, tratteggiato nelle sue linee essenziali da San Bonaventu-ra.

San Francesco di Paola e un Ordine misterioso

La vita del calabrese San Francesco di Paola (1416-1507) fu un prodigio continuo, tra miracoli strepitosi, profezie, estasi. Fondatore dell'Ordine dei Minimi, che praticavano, oltre ai tre voti consueti di povertà, castità e ubbidienza, anche un quarto voto di quaresima perpetua, ha lasciato in alcune sue lettere, che ci sono giunte in una versione linguistica ammodernata, alcune preziose indicazioni sul misterioso Ordine che negli ultimi tempi opererà a beneficio della Santa Chiesa.
Le missive furono scritte tra il 1482 e il 1496 a Simone di Alimena, duca di Montalto in Calabria, che era amico e benefattore del santo e lo aveva aiutato in mille modi a diffonderne la congre-gazione. Da lui discenderà infatti, secondo le previsioni di San Francesco, il fondatore di quell'Ordine.
Così, nella lettera del 5 febbraio 1482, scrive che gli è stato concesso lo spirito di profezia ri-guardo al "fatto della riformazione della Santa Ecclesia dell'Altissimo […]
Da V.S. ha da nascere lo Gran Duca della milizia, ha da vincere il mondo ed insignorirsi dello temporale e spirituale e non potrà più essere al mondo niuno signore che non sia dell'Ordine della sancta milizia dello Spi-ritu Sanctu. Porteranno il segno di Dio [la croce] vivo in petto ma molto più nel cuore."
San Francesco constata la decadenza morale dei suoi tempi, in primo luogo tra i Prìncipi se-colari "i quali menano una vita senza carità […] e vivono male" a causa della loro "maledetta avarizia" che li porta a spendere "più di quello che hanno in vanità e cose senza proposito per compire ai loro falsi appetiti, assas-sinando i poveri vassalli". Essi sono assai peggiori dei lupi rapaci e dei leoni famelici. "Vergognatevi delle vostre male operazioni, o cristiani per usanza e non per verità! Siete peggiori degli infedeli, o tiranni del popolo di Dio."
I prelati non sfuggono al suo rimprovero. I Prìncipi spirituali sono, infatti, per il santo, molto peggiori di quelli secolari, sono dei Giuda Iscariote, "avidissimi alla rapina per divorare le pecorelle di Gesù Cristo […] Che cura avete voi del santo ovile di Cristo […] Non altra cura avete se non quella di divorare e mangiare i beni di Santa Chiesa senza mai ricordarvi dei poveri di Gesù Cristo benedetto."
Nonostante tutto questo Dio esalterà un uomo poverissimo "del sangue di Costantino imperato-re figliuolo di Sant'Elena e del seme di Pepino […] Per virtù dell'Altissimo confonderà i tiranni, gli eretici ed infedeli. Farà un grandissimo esercito, e gli angeli combatteranno per loro ed uccideranno tutti i ribelli dell'Altissimo."
Sarà, infatti, fondata per volere dell'Onnipotente "una nuova religione [ossia ordine] molto necessaria, la quale farà più frutto al mondo che tutte le altre insieme unite. Sarà l'ultima e la migliore di tutte. Proce-derà con le armi, con le orazioni e con la santa ospitalità. […] Il Capo e fondatore di tal gente sarà uno della vostra stirpe - scrive all'Alimena - e questo sarà il grande riformatore della Chiesa di Dio"
"Tale uomo sarà nella sua puerizia ed adolescenza quasi santo, nella gioventù gran peccatore, poi si converti-rà del tutto a Dio e farà gran penitenza, gli saranno perdonati i suoi peccati e tornerà santo. Sarà gran capitano e principe di gente santa, nominati li 'Santi Crociferi di Gesù Cristo', con li quali consumerà la setta maomettana con il resto degl'infedeli. Annichilirà tutte le eresie e tirannie del mondo, riformerà la Chiesa di Dio con i suoi seguaci, i qua-li saranno i migliori uomini del mondo in santità, in armi, in lettere ed in ogni altra virtù, che tale è la volontà dell'Altissimo. Otterranno il dominio di tutto il mondo tanto temporale che spirituale, e reggeranno la Chiesa di Dio sino alla fine dei secoli."
E ancora nella lettera del 13 agosto 1496, sempre indirizzata a Simone di Alimena:
"Tal uomo sarà gran peccatore nella sua gioventù, poi si convertirà al grande Iddio dal quale sarà tirato come fu S. Paolo. Sarà il gran fondatore di una nuova religione, differente da tutte le altre, che scompartirà in tre ordini, cioè ca-valieri armigeri, di sacerdoti solitari e di ospitalieri piissimi. Sarà l'ultima religione e farà più frutto alla Chiesa di Dio che tutte le altre."
"Vincitore si chiamerà il loro fondatore, vincerà il mondo, la carne ed il demonio."
Arriverà un tempo in cui gli uomini, porranno il loro fine nelle cose terrene, "niente pensando alle cose di Dio", e quegli sventurati vivranno in modo peggiore degli stessi animali bruti, in uno stato di confusione come le bestie. Allora Dio preparerà "un grandissimo flagello" per convertire il suo popo-lo. Innanzi tutto i cristiani saranno vessati dagli eretici e dagli infedeli, i quali alzatisi "contro i catto-lici e contro gli eretici uccideranno, rovineranno e saccheggeranno la parte maggiore della cristianità". Infine "si muoverà l'esercito della 'Chiesa', ossia li santi Crociferi, non contro i cristiani, e nemmeno contro la cristianità, ma contro gli infedeli nei paesi pagani: conquisteranno tutti quei regni con la morte d'infinitissimo numero d'infedeli. Do-po si volgeranno contro i mali cristiani, ed ammazzeranno tutti i ribelli di Gesù Cristo. Questi regneranno e domine-ranno il mondo santamente sino alla fine dei secoli". Il segno del prossimo verificarsi di tali portenti si avrà "quando si vedranno le croci con le stimmate, e si vedrà sopra lo stendardo il Crocifisso" .
Quando apparirà, questo nuovo Ordine si mostrerà "con crocifisso alzato e sollevato sopra gonfalo-ne in luogo eminente". Esso in principio sarà deriso dagli increduli, dai cattivi cristiani e dai pagani. Quando tuttavia i nemici di Cristo vedranno le vittorie portentose "contro i tiranni, eretici ed infedeli", allora "il loro riso si convertirà in pianto. Questa gente santa [i Crociferi] farà stragi immense, e si vedranno fiumi e laghi di sangue dei ribelli di Sua Divina Maestà! Oh quante infelicissime anime piomberanno colaggiù nell'inferno, ed i loro corpi saranno divorati dalle fiere! Tale pena meriteranno tutti coloro che saranno trasgressori dei divini pre-cetti, e con nuove e false dottrine procureranno di corrompere il genere umano contro i ministri del culto di Dio." Meno dura invece sarà la divina vendetta con coloro che avranno peccato per fragilità, senza osti-narsi nel male.
Questi santi Crociferi distruggeranno "tutta la setta maomettana, tutti gli infedeli di ogni sorta e di qualsivoglia legge", metteranno "fine a tutte le eresie del mondo con la consumazione dei pessimi tiranni […] e si-lenzio a tutte le cose, componendo una pace universale che durerà fino alla fine dei secoli".
Infine il santo Ordine "piglierà per forza d'armi un gran regno e sarà un solo ovile ed un pastore, e ridur-rà il mondo ancora ad un vivere santo, e regnerà sino alla fine dei secoli. Il mondo tutto non avrà che dodici re, un im-peratore ed un papa, e pochissimi signori, e questi saranno tutti santi".




Teologia della Restaurazione ( II )
di Nicola Cavedini

Nella prima parte di questo breve saggio, apparsa sull'ultimo numero cartaceo di "Civitas Christiana", si è cercato d’indicare a grandi linee l’affermarsi di una teologia cattolica della storia, che a partire da S. Agostino, ritrova nella combinazione ermeneutica tra giorni della Creazione (come narrati nella Genesi) unità e Trinità di Dio, ed epoche della vita umana (infanzia, puerizia, adolescenza ecc.) una chiave interpretativa sia della storia della redenzione, che della vicenda temporale della Chiesa militante. Segue la seconda parte.

S.Bonaventura
S. Bonaventura, nel corso del secolo XIII, polemizzando contro l’eterodossia dei francescani ‘spirituali’, seguaci delle tesi ambigue e pericolose di Gioacchino da Fiore, raccolse in una summa la prestigiosa tradizione di teologia della storia coltivata nel Medioevo, dandone, nella sua opera principale, l'Exaemeron, un quadro completo e complesso al medesimo tempo.

I secoli del tardo medioevo e dell’inizio dell’età moderna videro anche in questo particolare campo, un affievolirsi degli studi, e la teologia della storia seguì il destino di altre importantissime branche della scienza religiosa. Soltanto alcuni eminenti spiriti, che brillarono per santità di vita in quei secoli di declino morale e dottrinale, aggiunsero alcuni importantissimi, sebbene parziali tasselli, a quel grandioso affresco (S. Caterina da Siena, S. Vincenzo Ferreri, S. Francesco di Paola).

L’età della Controriforma, nel generale rifiorire della vita religiosa, offre gli ultimi imponenti tentativi di una teologia della storia. Anzi, è proprio nel momento in cui la spinta della Controriforma sta per arrestarsi, quando cioè fallisce con la pace di Westfalia del 1648, il tentativo più notevole di completare la restaurazione cattolica con la sconfitta anche politica dell’eresia; è proprio allora che alcuni grandi uomini di Chiesa sviluppano e riprendono interesse per una visione teologica della storia ecclesiastica.

il fallimento della restaurazione controriformista, infatti, spinge alcuni di loro a considerare la storia della Chiesa nel suo complesso e quindi, riprendendo nelle sue grandi linee il pensiero medioevale, a tracciare una teologia della restaurazione, che, sempre appoggiandosi al dato scritturale, riesca a inquadrare teologicamente il male presente, il mysterium iniquitatis rappresentato dall’allontanamento progressivo di un numero sempre crescente di individui e di popoli dalla luce divina della verità rivelata.

Due voci importanti

Sono principalmente due gli autori che hanno lasciato i frutti della loro indagine teologica. Entrambi si richiamano esplicitamente all’esegesi medioevale. Entrambi, sebbene da angolature diverse, vedono la teologia della storia come vicenda provvidenziale del Corpo mistico, ossia della Chiesa cattolica apostolica romana; entrambi, anche in questo ricollegandosi a quell’antica tradizione, sono interessati principalmente al momento di una prossima restaurazione della Chiesa, di cui sono al tempo stesso i profeti e i massimi esegeti.

Gli autori di cui si tratta sono il Venerabile Bartholomäus Holzhauser (1613-1658) e San Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716). I due sacerdoti nelle loro opere illustrarono, alla distanza di pochi decenni, il medesimo soggetto: la Restaurazione ventura della Chiesa cattolica. Il bavarese Holzhauser s’interessa maggiormente, da suddito del Sacro Romano Impero, alla restaurazione politico-religiosa della Cristianità nel suo complesso, come ritrovata unione concorde del potere spirituale e temporale. Di qui la sua attenzione alla figura del Grande Monarca, che sarà lo strumento privilegiato di cui la Provvidenza si servirà per attuare il suo misericordioso piano restaurativo. San Luigi Maria, invece, è più attirato dalla natura mariana di quell’ordine profetico di cui leggeva nei grandi mistici del tardo Medioevo, che esplicitamente richiama. La mariologia montfortana, infatti, se avulsa dalla sua concezione provvidenzialistica, perde quasi di significato.

A questa ripresa dell’investigazione sulla vicenda della Chiesa romana alla luce della teologia della storia, si affiancano alcune decisive rivelazioni private, che sono all’origine di grandi devozioni universali ancora oggi conosciute e praticate. Anch'esse però si comprendono appieno ancora e sempre in quest’ottica provvidenziale. Alludo alla devozione al Sacro Cuore di Gesù (fine secolo XVII) alle grandi apparizioni mariane dell'Ottocento, e infine al messaggio di Fatima del nostro secolo. Il quadro non sarebbe completo se non si inserisse in questo contesto la singolare attività profetico-teologica di uno dei massimi santi del XIX secolo, il torinese San Giovanni Bosco (1815-1888) che ha lasciato un impressionante corpus di sogni ispirati alludenti alla storia prossima della Chiesa, e che quindi non possono essere trascurati in questo studio.



Il Venerabile Bartholomäus Holzhauser (1613-1658)

ovvero della restaurazione della Regalità sociale di N.S. Gesù Cristo

Il venerabile Bartholomäus Holzhauser nacque da famiglia povera a Longnau, nei pressi di Augusta, in Baviera, il 24 agosto 1613. abbracciata la carriera ecclesiastica durante il tragico periodo della guerra dei Trentanni (1618-1648) decise di fondare, per sovvenire alle gravissime condizioni spirituali del suo paese, una congregazione di chierici secolari facenti vita comune, conosciuti come bartolomiti. Innocenzo XI ne approvò la regola nel 1680. Il fondatore morì in odore di santità parroco di Bingen, nella diocesi di Magonza, il 20 maggio 1658, dove riposa nella Chiesa della S. Croce.

Holzhauser tuttavia è ancor più noto per un’opera pubblicata la prima volta a Bamberga nel 1784: Interpretatio in Apocalypsin [ii] , da alcuni ritenuta il prodotto migliore di quella corrente esegetica che vede nell’Apocalisse di S. Giovanni la narrazione simbolica della storia della Chiesa [iii] . Holzhauser, singolarmente dotato del dono della profezia, diede mano al commento dopo il 1649 mentre si trovava in Tirolo, “in continua preghiera per interi giorni, privo di cibo e bevande” e “separato da ogni umano consorzio” [iv] .

L’autore s’inserisce quindi all’interno di una linea ermeneutica assai antica, con il chiaro intendimento d'indicare ai contemporanei come la restaurazione cattolica, fallita a seguito della cattiva conclusione della guerra dei Trent'anni, fosse solo rimandata nel tempo. Dio, che ha appunto parlato riguardo alle vicende della sua mistica Sposa, la Chiesa, nell’Apocalisse, ha determinato infatti un’epoca della storia in cui la Monarchia di Cristo dominerà su tutta la terra, sopra tutti i suoi nemici interni ed esterni.

la pace di Westfalia del 1648, infatti, giudicata da Holzhauser “dannosissima contro la Cristianità e la Chiesa Cattolica” [v] , non solo riconfermò e legittimò la divisione della Germania tra regioni luterane e cattoliche, ma, peggiorando la condizione precedente, riconobbe inoltre ufficialmente anche il calvinismo, che del conflitto era stato la causa scatenante. L’eresia insomma era riuscita vittoriosa e si era stabilita saldamente nel cuore dell’Impero, nonostante gli sforzi degli Imperatori asburgici, soprattutto di Ferdinando II (16..) spesso elogiato dall’autore [vi] , di recuperare alla Chiesa l’intera Germania.

I. L’Interpretatio in Apocalypsin
I capitoli 2° e 3° dell’Apocalisse afferiscono alle sette lettere scritte dal Veggente alle sette Chiese dell’Asia. commentando quei passi, Holzhauser enuncia i princìpi del suo metodo esegetico. Poiché il numero 'sette' indica universalità, le sette Chiese rappresentano le sette epoche della storia della Chiesa fino alla cessazione del mondo. Inoltre, riprendendo concetti ormai noti, l’autore prosegue:

“queste sette epoche corrispondono ai sette giorni del Signore, in cui egli operò, alle sette età del mondo, e ai sette spiriti inviati dal Signore nel giorno della Pentecoste sopra ogni uomo. Come infatti il Signore Dio racchiuse in sette giorni e sette età lo scorrere di tutte le generazioni e cose naturali, così porterà a compimento la rigenerazione [soprannaturale] in sette epoche della Chiesa, in ciascuna delle quali effonderà e farà fiorire diversi generi di grazie per mostrare le ricchezze della sua gloria […]. Per cui, benché la Chiesa di Cristo sia una sola, tuttavia si distingue in sette epoche in virtù delle grandi imprese, che nei diversi tempi, fino alla fine del mondo, le accadranno per disposizione divina. Inoltre ogni epoca successiva suole incominciare già prima della fine di quella che la precede, e mentre questa a poco a poco va decrescendo, l’altra sottentra per poi infine prevalere.” [vii]

II. Le sette epoche della Chiesa secondo il Ven. Holzhauser

La prima epoca è quella raffigurata dalla Chiesa di Efeso (Ap., II, 1-7). È l’epoca che va dalla nascita di Cristo alla prima persecuzione generale promossa dall’imperatore Nerone (66 d.C). Questo periodo è definito dall’autore “seminativus”, perché Dio ha piantato la sua vigna, la Chiesa, in Gesù Cristo. Come nel 1° giorno della Creazione Dio separò la luce dalle tenebre, così in questo primo tempo della Chiesa la luce della fede ha iniziato a brillare nel mondo avvolto dal buio dell’idolatria. A questa prima epoca della Chiesa corrisponde quella del mondo che va da Adamo fino a Noè, in cui si ebbe la propagazione del genere umano ‘secondo la carne’, come in quella della Chiesa si ebbe la generazione ‘secondo lo spirito’, ossia la rigenerazione soprannaturale. Il dono dello spirito Santo proprio di quest’epoca è la Sapienza. [viii] La causa che pose fine a questa prima età ecclesiastica fu il diffondersi delle prime eresie, massime quella dei nicolaiti (Ap., II, 6). [ix]

La seconda epoca (66-312 d.C.) raffigurata nella Chiesa di Smirne (ap., II, 8-11) è quella dei Martiri, e corrisponde alle dieci persecuzioni generali che si concludono con la conversione di Costantino il Grande nel 312. Questo periodo della Chiesa è definito dall’autore “irrigativus”, poiché il sangue dei SS. martiri ha misticamente irrorato e irrigato la Chiesa piantata da gesù e dagli Apostoli nel primo stato. Quest’epoca corrisponde al secondo giorno della Creazione, quando Dio fece il firmamento nel mezzo delle acque: “questo firmamento prefigura il firmamento, cioè, la fortezza dei martiri, poiché Dio li pose nel mezzo delle acque di tutte le tribolazioni.” [x] Inoltre con il loro eroico sacrificio fu stabilito il cielo stellato, cioè la Chiesa. Nella seconda età del mondo, che va da Noè ad Abramo, l’umanità iniziò ad offrire a Dio i sacrifici, così in questa corrispondente della Chiesa i martiri si offrirono in sacrificio per testimoniare la Fede cattolica. Ad essa si addice inoltre il dono della fortezza. [xi]

La Chiesa di Pergamo (Ap., II, 12-17) è figura del 3° stato della Chiesa, quello che da Costantino il Grande e S. Silvestro I giunge a Carlo Magno e S. Leone III papa (313-800 d. C). quest’epoca è quella ‘illuminativa’ dei grandi Padri e Dottori della Chiesa, che investigarono e definirono i principali dogmi cristologici e trinitari. Il dono dello Spirito Santo è quello dell’intelletto. Nel terzo giorno della Creazione le acque si ritirarono dalle terre, così, grazie a Costantino, le acque delle persecuzioni cessarono di inondare la Chiesa. cominciarono inoltre a germogliare sulla terra gli alberi (i santi Dottori), l’erba verde (i battezzati) e dar frutto le piante (la Chiesa cominciò cioè a possedere in tranquillità dei beni per poter svolgere al sua missione evangelizzatrice). la Sposa di Cristo insomma si abbellì oltre che per la sapienza dei suoi Dottori, anche per la stabilita alleanza con la potestà temporale dell’Impero Romano. L’epoca terza del mondo, cui corrisponde, è quella che da Abramo giunge a Mosé. Come allora i sodomiti, poi gli egiziani e tutti i nemici del popolo eletto vennero sconfitti, così ora la Chiesa dopo il tempo dei martiri è condotta nella terra della pace. E come Mosè dà la legge, così la Cristianità si diede una legislazione sacra (Canoni e grandi Concili ecumenici) e civile (il Corpus di Giustiniano). [xii]

“La quarta condizione della Chiesa a partire da Carlo Magno e Leone III sommo Pontefice durò fino a Carlo V e Leone X [800-1517], durante la quale fiorirono molti santissimi re, Imperatori ed ecclesiastici per dottrina e santità chiarissimi, e non sorse alcuna eresia per oltre 200 anni [xiii] " [800-1050 ca] Per cui giustamente quest’epoca è chiamata pacifica e illuminativa…” [xiv] Nel quarto giorno il Creatore fece il sole, la luna e gli astri, così in quest'età pose nel firmamento della Chiesa “prudentissimi e santissimi Re, Imperatori, Prìncipi e uomini ecclesiastici esimi per vita e santità” [xv] . Il dono della pietà è quello proprio di tale periodo, che corrisponde inoltre all’età del mondo che da Mosé giunge alla pace del regno di Salomone con la perfezione nell’ordinamento del culto divino. “Sconfitti infatti i tiranni pagani, schiacciate le tenebre degli eretici, si riposò la Chiesa nella perfetta cognizione della verità della fede cattolica fortissimamente consolidata e difesa dalla potenza dei Principi e dei Re.” [xvi] È notevole la percezione che dimostra l’autore in queste pagine dell’unicità e particolarità della civiltà cristiana medioevale come modello mai più eguagliato del Regno sociale di Cristo.

Dopo aver descritto poi con singolare profondità psicologica il lento declino [xvii] di quella civiltà così compiuta, veniamo introdotti alla quinta epoca della Chiesa. Commentando i primi 6 versetti del capitolo III dell’Apocalisse, dedicati alla Chiesa di Sardi, così si esprime il Ven. Holzhauser:

“La quinta epoca della Chiesa iniziò sotto Carlo V Imperatore e Leone X Sommo Pontefice attorno all’anno 1520. Durerà fino al Pontefice Santo e a quel famoso potente Monarca che dovrà venire nel nostro tempo e sarà chiamato ‘aiuto di Dio’, poiché restaurerà ogni cosa. Quest’epoca è epoca di afflizione, desolazione, umiliazione e povertà della Chiesa, e viene giustamente chiamata ‘purgativa’, durante la quale Cristo Signore vagliò e ancora vaglierà il suo grano per mezzo di guerre spaventose, rivolte, fame e peste e altri orribili mali.” [xviii] E ancora: “Questo quinto periodo della Chiesa è un periodo di afflizione, periodo di assassinio, di defezione, e pieno di tutte le calamità, e rimarranno in pochi sulla terra risparmiati dalla spada, la fame e dalla peste; regno combatterà contro regno; mentre altri, divisi in se stessi, andranno in rovina; i principati e le monarchie saranno distrutte e quasi tutti impoveriranno, e la desolazione sulla terra sarà massima; cose già in parte compiute e che ancora devono compiersi.” [xix]

La Chiesa cattolica, dopo il lento autunno del medioevo nei secoli XIV e XV vide esplodere infine l’eresia luterana, che in poco tempo e moltiplicandosi in altre innumerevoli sette, sottrasse gran parte dell’Europa alla vera fede, al Papato e all’Impero. Al questa quinta età si attaglia il dono del Consiglio (Concilio di Trento). La quinta epoca del mondo, da Salomone alla caduta di gerusalemme, con la distruzione del Tempio e la cattività babilonese, ne è la prefigurazione. Come, dopo la morte di Salomone, parte del popolo ebreo defezionò dalla monarchia davidica e dalla vera fede, cadendo nell’idolatria, così ora parte dei popoli europei hanno abbracciato l’eresia, mentre dall’esterno, novello Assur, il Turco preme alle porte. L’Impero Romano ora è diviso e sconvolto dalle dissensioni, e vi è gran pericolo, che vada completamente in rovina. Nel 5° giorno Dio pose sulla terra rettili e volatili, simbolo, secondo l’autore, di quella falsa libertà di coscienza e religione che è il gran male del tempo. [xx]


GEBURAH
00giovedì 6 aprile 2006 09:50
CONTINUO
III. Il potente Monarca e la Restaurazione (6a epoca)
“La sesta epoca della Chiesa prende inizio dal famoso potente Monarca e dal santo Pontefice e durerà fino alla nascita dell’Anticristo. Quest’età sarà quella della consolazione, nella quale Dio consolerà la sua Santa Chiesa dell’afflizione e grandissime tribolazioni, che dovette subire nel quinto tempo. Tutti infatti i popoli ritorneranno all’unità della fede e ortodossia cattoliche, e fiorirà al massimo grado lo stato clericale e il sacerdozio, e tutti gli uomini cercheranno il Regno di Dio e la sua giustizia. Dio infatti darà loro i suoi buoni pastori, onde poi gli uomini vivranno in pace, ciascuno sotto la sua vite e nel suo campo, poiché vi sarà la pace sulla terra, che il Signore Dio darà allora agli uomini con lui riconciliati sotto le ali del famoso potente Monarca e dei suoi successori.” [xxi]

Questa condizione della Chiesa (la Chiesa di Filadelfia di Apocalisse, III, 7-13) corrisponde all’epoca del mondo che dalla restaurazione del Tempio giunge alla nascita del Redentore sotto l’Impero di Cesare Augusto. Al di là dei parallelismi che il commentatore ispirato, fedele al suo sistema, stabilisce con la tipologia desunta dalla Sacra Scrittura, ciò che davvero attira la sua attenzione è la figura di questo potente Monarca (il magnus Dux delle profezie medievali) che sarà lo strumento privilegiato impiegato da Dio per ristabilire la Chiesa e la civiltà cristiana sui loro divini fondamenti:

“Così Dio nel sesto tempo consolerà la Chiesa cattolica con la più gran consolazione, poiché, sebbene nella quinta età vi siano dappertutto le più grandi calamità, mentre tutto viene devastato dalla guerra, i Cattolici sono oppressi dagli eretici e dai cattivi Cristiani, la Chiesa e i suoi ministri sono soggiogati, sono sovvertiti i Principati, i Monarchi vengono uccisi e i sudditi si ribellano, e tutti cospirano ad erigere Repubbliche; tuttavia avverrà un meraviglioso cambiamento operato dalla mano di Dio onnipotente, che nessuno può umanamente immaginare. Infatti quel potente Monarca, inviato da Dio, che dovrà venire, distruggerà le Repubbliche dalle fondamenta, sottometterà ogni cosa a sé e zelerà la vera Chiesa di Cristo; tutte le eresie saranno spedite all’inferno, l’impero dei Turchi sarà abbattuto ed egli regnerà in Oriente ed Occidente; tutti i popoli verranno ad adorare il Signore Dio nella vera fede Cattolica e conforme ai dogmi; fioriranno moltissimi uomini giusti e dotti sulla terra, e gli uomini ameranno il giudizio e la giustizia; la pace sarà su tutta la terra, poiché la divina potestà legherà Satana per molti anni ecc. finché non verrà, colui che deve venire, il figlio di perdizione, [l’Anticristo] quando di nuovo satana verrà slegato ecc.” in quell’epoca felice della Chiesa “vi sarà amore, concordia e una grandissima pace, e il potente Monarca visiterà quasi tutto il mondo come sua eredità, e lo libererà con l’aiuto del suo Signore Dio da tutti i nemici, da ogni rovina e da ogni male.” [xxii]

Commentando poi il versetto 8 del medesimo capitolo dell’Apocalisse, il Ven. Holzhauser specifica maggiormente le caratteristiche di questa felice epoca della Chiesa. la dottrina cattolica splenderà in maniera eccelsa, massime nella comprensione dei testi sacri. A questo fine “verrà celebrato il più grande concilio generale di tutto il mondo, in cui per singolare grazia di Dio, in virtù della potenza del Monarca, sotto l’autorità del Sommo Pontefice, e in unione con i piissimi Principi, ogni eresia e ateismo sarà proscritto e bandito dalla terra e il senso legittimo della S. Scrittura verrà dichiarato contro tutte le sette eretiche e proposto a credere, cui si aderirà, avendo Dio aperto la porta della sua grazia.” [xxiii] inoltre un gran numero di popoli entrerà nell’ovile della Santa Chiesa, compiendosi allora quel che scrive S. Giovanni al Cap. X del suo Vangelo: Vi sarà un solo pastore e un solo ovile. grandissimo sarà di conseguenza il numero di quelli che si salveranno e godranno della beata eternità nel Paradiso, a differenza di quello che avvenne nella quinta epoca quando il gregge di Cristo era “esiguo, vile, disprezzato e umiliato” e durante la quale la massima parte degli uomini si dannavano. [xxiv]

accenna quindi l’autore all’opera di quegli uomini d’eccezionale santità di cui Dio si servirà per introdurre il mondo in quel periodo di trionfo della fede: “all’incirca alla fine dei tempi del quinto periodo ancora perdurante, sorgeranno [quei servi di Dio] in modica virtù [sforniti di cariche o autorità nella Chiesa, e senza ricchezze [xxv] ] e, quando gli uomini negheranno la fede per le ricchezze, e i ministri della Chiesa abbandoneranno il celibato a causa dei piaceri carnali e della bellezza e attrattiva delle donne, e il diavolo sarà quasi sciolto ovunque, e una grandissima tribolazione incrudelirà sulla terra, quelli allora uniti fortissimamente conserveranno il loro principato e si custodiranno immacolati da questo secolo, perciò saranno vili presso gli uomini e disprezzati e ritenuti in ludibrio. Ma la benignità del nostro salvatore Gesù Cristo guarderà alla loro pazienza, industria, costanza e perseveranza e li ricompenserà nella sesta epoca sostenendo i loro sforzi nella conversione dei peccatori e degli eretici.” [xxvi]

L’ultimo e settimo stato della Chiesa è quello che dalla nascita dell’Anticristo, attraverso il suo dominio sul mondo e la generale apostasia, giunge fino all’estremo Giudizio e la fine dei tempi. La carità cominciando a raffreddarsi a poco a poco sul finire dell’epoca precedente, a causa dei peccati dell’umanità, si andranno preparando le condizioni perché l’Anticristo possa operare. Nel settimo giorno del mondo Dio si riposò, così in questa settima epoca della Chiesa, gesù Cristo porterà a compimento la sua opera spirituale e si riposerà nell’eternità del paradiso con i suoi eletti. La settima età del mondo coincide con la settima epoca della Chiesa, poiché sia il mondo che la Chiesa militante sulla terra, secondo i decreti infallibili di Dio, devono giungere alla loro fine. Il dono dello Spirito Santo proprio della Chiesa nella settima epoca è quello della Scienza. [xxvii]

IV. Ancora sul potente Monarca
Nei capitoli successivi l’autore, interpretando la visione ove appare il libro con i sette sigilli (apocalisse, V-VI-VII-VIII) arricchisce ulteriormente lo schema esposto in precedenza. Secondo il Ven. Holzhauser, le visioni svelate dall’apertura dei primi sei sigilli si riferiscono alla vicende salienti della Chiesa dei primi secoli, rispettivamente: quella del 1° sigillo alla diffusione della Chiesa apostolica tra i giudei e i gentili [xxviii] , il 2° alla prima persecuzione di Nerone [xxix] , il 3° alla distruzione di Gerusalemme operata da Tito [xxx] , il 4° alla terribile persecuzione di Domiziano [xxxi] , nel 5° sarebbero raffigurate invece le persecuzioni successive [xxxii] , e nella 6a visione quella finale di Diocleziano, poco prima della conversione di Costantino, con cui si chiuse l’età dei martiri [xxxiii] .

Con il dissuggellarsi del 7° sigillo, si mostra a S. Giovanni una visione molto più complessa, di cui sono protagonisti sette angeli che suonano la tuba, l’ultimo dei quali è preceduto da un angelo “forte” che scende dal cielo (Ap., X, 1).

Nell’interpretazione dell’Holzhauser i primi sei angeli rappresentano i principali eresiarchi che sono insorti contro la Santa Chiesa, e precisamente Ario il 1° [xxxiv] , il 2° Macedonio [xxxv] , il 3° Pelagio [xxxvi] , il 4° Nestorio [xxxvii] , il 5° l’imperatore Valente [xxxviii] (il più gran sostenitore dell’eresia ariana) il 6° infine Martin Lutero, cui è dedicato un lungo e circostanziato commento dei vv. 13-20 del IX cap. del testo sacro [xxxix] .

prima di concludere l’esegesi di questa visione, dedicata alla figura, al regno e alla sconfitta dell’Anticristo, con il settimo angelo che suona la tuba annunziante il Giudizio finale, il pio scrittore ritorna a parlare del tema a lui più caro, la Restaurazione della Chiesa nella sesta epoca con il grande Monarca, nel commento al capitolo X dell’Apocalisse incentrato sull’Angelo forte che scende dal cielo [xl] .

Lo spirito angelico, secondo il commentatore, oltre a rappresentare in figura il potente restauratore che deve venire, è anche un “vero angelo e di natura prestantissima, ossia l’angelo Custode e il protettore dell’Impero Romano” [xli] . Quest’angelo rivela allora al Veggente di Patmos nuovi particolari sul grande strumento che Dio si è prescelto per riparare ai guasti della società apostata e corrotta: egli “sarà – in primo luogo – affatto contrario ai predetti eretici [i protestanti] e al loro eresiarca [Lutero]; attenderà alla sana dottrina, e zelerà soprattutto la sola e ortodossa fede Cattolica, dopo aver umiliati e abbattuti gli eretici per mare e per terra; avrà anche santi e retti costumi, e massimamente si adopererà nel restaurare la fede e la disciplina ecclesiastica, che l’empio eresiarca [Lutero] con i suoi infami satelliti aveva dissolto” [xlii] .

“sarà forte in guerra e vi abbatterà ogni cosa come un leone e, grandissimo per le vittorie conseguite, rafforzerà la sua autorità, e così vivrà moltissimi anni, e umilierà gli eretici, le repubbliche e sottometterà tutte le genti al suo potere e a quello della Chiesa Latina; abbatterà inoltre anche l’impero dei Turchi (gettata nell’inferno la setta maomettana) fino a restarne un piccolo regno, che rimarrà, ma senza potenza, fino alla venuta del figlio di perdizione [l’anticristo]…” [xliii]

Il restauratore “nascerà dal seno della Chiesa Cattolica, sarà inviato da Dio, ed è stato preordinato dalla divina provvidenza specialmente per consolare ed esaltare la Chiesa Latina allora afflittissima e grandemente avvilita…” [xliv] “questo Monarca sarà assai umile e fin dall’adolescenza camminerà nella semplicità di cuore […] Perciò [per la sua umiltà] nessuno potrà nuocergli o resistergli…” [xlv] . “Estirpati infatti gli eretici e le superstizioni dei pagani e dei Turchi, vi sarà un solo Pastore e un solo ovile, e tutti i prìncipi si confedereranno con lui con lo strettissimo vincolo della fede cattolica e dell’amicizia, poiché renderà a ciascuno il suo e nessuno opprimerà ingiustamente…” [xlvi] “totale sarà così la potenza di quel Monarca; il suo regno infatti sarà il sostegno fermissimo della casa, cioè della Chiesa Cattolica, e della sua dinastia reale, poiché stabilirà il suo regno per i suoi discendenti (fino all’apostasia generale quando si rivelerà il figlio di perdizione [l’anticristo]) e la sua potenza rifulgerà per lo zelo della religione e della carità verso Dio e il prossimo, e come il fuoco sottomette ogni cosa, così farà lui.” [xlvii]

Secondo il Venerabile, il Monarca si adopererà, novello Costantino, sotto l’autorità del Sommo Pontefice, nel favorire e proteggere un Concilio ecumenico, che ristabilirà nella sua purezza la dottrina cattolica. Con i suoi editti comanderà inoltre che tutti i popoli si sottomettano ai deliberata di quella santa assise [xlviii] . Tuttavia vi saranno di quelli che non vorranno obbedire ai suoi ordini e cercheranno di colpirlo, poiché “il suo regno e la propagazione della vera fede non si affermeranno senza strepito e scompiglio […] Prìncipi e potenti insorgeranno e mormoreranno contro di lui […] delibereranno di resistergli ed abbatterlo, ma poiché questo Monarca sarà protetto da Dio, come si è detto, tutto ciò non gli arrecherà alcun nocumento.” [xlix]

“Vi sarà un gran sconvolgimento […] infatti quest’opera di Dio [la restaurazione della civiltà cattolica] non procederà senza grandi difficoltà e resistenze e senza il sangue dei martiri, poiché sempre il mondo, la carne e il diavolo hanno resistito e resisteranno alle opere di Dio [...] e questo scompiglio sarà mosso inizialmente dalle potestà temporali, che resisteranno con le armi a quel Monarca e perseguiteranno coloro che andranno a convertire i popoli alla fede cattolica, la quale detto Monarca ordinerà di predicare e abbracciare dappertutto.” [l]

Anche il ristabilimento della dottrina e della disciplina nella Chiesa non sarà facile: si avrà “grande difficoltà tra il ceto ecclesiastico, quando verranno completamente banditi i piaceri di Venere, l’idolatria dell’oro e dell’argento, e la vita oziosa”. [li]

V. 5a epoca e Rivoluzione
il Ven. Holzhauser ha colto perfettamente, descrivendo il quinto stato della storia ecclesiastica, caratterizzato dalla nascita e dal diffondersi dell’eresia luterana e degli errori da essa promananti, l’unicità e sostanziale unità di quel processo storico-mondiale di scristianizzazione, che, iniziatosi appunto nel XVI secolo, è stato giustamente definito la Rivoluzione [lii] .

all’interno di questo processo storico possono certamente individuarsi delle tappe che ne contraddistinguono analiticamente e cronologicamente lo sviluppo (il protestantesimo, la rivoluzione francese, il comunismo, la crisi neo-modernista della Chiesa conciliare). La rivoluzione tuttavia va considerata, ed è questa una delle sue note più importanti, come un blocco unico.

Insegna, ad esempio, Leone XIII: “quel deplorevole e funesto spirito di novità che è sorto nel secolo XVI, prese per primo a sconvolgere la religione, passò poi naturalmente da questa nel campo filosofico, e quindi in tutti gli ordini della comunità civile.” [liii] E ancora, nella Diuturnum del 29 giugno 1881”: “Fu dalla Riforma che nacquero, nel secolo scorso, la falsa filosofia e quello a cui si dà il nome di diritto moderno, così come la sovranità del popolo e quella licenziosità scatenata, senza la quale molti già non sanno distinguere la vera libertà”.

Pio XII, indicando l’essenza satanica del processo rivoluzionario, aggiunge: “In questi ultimi secoli [il nemico della Chiesa, il demonio] ha tentato di operare la disgregazione intellettuale, morale, sociale dell’unità nell’organismo misterioso di Cristo. Ha voluto la natura senza la grazia; la ragione senza la fede; la libertà senza l’autorità; talvolta l’autorità senza la libertà. È un ‘nemico’ divenuto sempre più concreto, con una spregiudicatezza che lascia ancora attoniti: Cristo sì, Chiesa no [fase protestantica]. Poi: Dio sì, Cristo no [razionalismo settecentesco]. Finalmente il grido empio. Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato [comunismo ateo e agnosticismo attuali].” [liv]

Se il protestantesimo infatti può essere definito la tappa religiosa della rivoluzione, i medesimi falsi princìpi che lo partorirono (egualitarismo e liberalismo) si ritrovano anche nella sua fase ‘politica’ (rivoluzione del 1789) con la loro applicazione nella sfera temporale della civiltà cristiana.

l comunismo, a sua volta, III tappa della Rivoluzione, non fece che diffondere quegli errori nella sfera sociale, errori che poi, penetrati nel seno stesso della Chiesa cattolica, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, l’hanno gettata nella terribile temperie attuale.

La Rivoluzione quindi, ‘satanica nella sua essenza’, ha contraddistinto e contraddistingue, al di là dei momenti di stasi o di strategica ritirata, un’epoca della storia dell’Occidente cristiano, la 5a età di Holzhauser.

Quest’epoca, se non si è ancora conclusa da un punto di vista meramente cronologico, appare invece terminata almeno sotto l’aspetto logico-analitico. Oltre la tappa dell’attuale gravissima crisi religiosa neo-modernista, sembrerebbe profilarsi ormai solo quella satanista, con l’abominazione della desolazione, cioè con il regno dell’Anticristo che vorrà farsi passare per il vero Messia e pretenderà di essere adorato come Dio. Ma questi eventi, secondo l’Holzhauser e molti altri, come si è visto e come si vedrà in seguito, sono previsti soltanto per l’ultima e settima età della Chiesa, quella conclusiva, che dovrà essere però preceduta da un grande rifiorire della vera religione.


VI. Romano Impero e Islam

Il 6° e conclusivo libro dell’interpretatio - l’opera è rimasta purtroppo incompiuta - è dedicato all’esegesi dei capitoli Xii, XIII, XIV e XV dell’Apocalisse, commentando i quali l’autore ha modo di sviluppare maggiormente il suo sistema, in particolare per quel che riguarda la vicenda provvidenziale dell’Impero Romano, ossia del potere temporale al servizio della Chiesa.
Il demonio, come si sa, è simia Dei, la scimmia di Dio, imita cioè per il male e con fine malvagio le opere di Dio. al vero Cristo, uomo-dio e nostro redentore Gesù, contrappone l’Anticristo, alla vera Chiesa di Cristo, cattolica apostolica Romana, la falsa Chiesa delle eresie e quella conciliar-neo-modernista attuale. così, anche al suo regno sociale, l’Impero Romano, il diavolo usa contrapporre una meschina contraffazione. Secondo l’Holzhauser, questa brutta copia del regno sociale di Cristo, è l’Islam.

L’Islam ha una missione provvidenziale, sebbene negativa, da svolgere, che attraversa tutta la storia della Chiesa, come incarnazione del regno antisociale del demonio. L’Islam è infatti il “nemico implacabile ed ereditario” del cristianesimo, “e benché la sua forza in consolazione della Chiesa, talvolta, debba essere quasi annientata, tuttavia rimarrà qualche suo regno, finché non venga il figlio di perdizione, che lo risusciterà e sanerà la sua piaga [infertagli dal grande Monarca nella 6a epoca] e vi entrerà e sottometterà moltissimi regni e da ultimo vi regnerà e con esso Lucifero porterà a compimento il suo furore.” [lv]

La vicenda dei rapporti tra la Chiesa di Cristo, il suo regno sociale (l’Impero Romano) e l’islamismo è vista dal commentatore come una continua e implacabile guerra, che non avrà fine se non alla conclusione della storia: una guerra “la più crudele, la più terribile e lunghissima, con cui il Principe delle tenebre Lucifero, se fosse possibile, distruggerebbe la Chiesa”. [lvi]

Le vicissitudini di questa guerra sono simbolicamente svelate, secondo il Venerabile, nella celebre visione della ‘Donna ravvolta nel sole e la luna sotto i suoi piedi’ del capitolo XII dell’Apocalisse:

“E un gran portento apparve nel cielo: una donna ravvolta nel sole, e la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Ed essendo incinta gridava tra le doglie e si travagliava per partorire. E apparve un altro portento nel cielo: ed ecco un gran drago rosso con sette teste e dieci corna, e nelle sue teste sette corone; e la sua coda strascinava la terza parte delle stelle del cielo e le precipitò sulla terra. E il drago si piantò di fronte alla donna ch’era per partorire, per divorare, quand’avesse partorito, il figliolo di lei. E partorì un figlio, un maschio, il quale doveva menar qual gregge tutte le genti con bastone di ferro. E fu rapito il suo figliolo e portato presso a Dio e al suo trono. E la donna fuggì nel deserto, dove aveva un posto preparato da Dio per esservi nutrita 1260 giorni” (Ap., XII, 1-6). [lvii]

Secondo il pio interprete nella donna minacciata dal drago si deve ravvisare in primo luogo la Chiesa militante e, secondariamente, la Monarchia universale dell’impero Romano, che sarà sempre in lotta con il drago rosso, cioè il demonio e i suoi accoliti. Riguardo al figlio maschio che la Donna dà alla luce, aggiunge:

“Questo enigma della donna partoriente si riferisce non ad un solo, ma a più tempi, durante i quali Dio susciterà sempre maschi, cioè Imperatori, e Re, e Principi, che difenderanno la Chiesa e il Romano Impero, affinché questa bestia cruenta non li divori del tutto.” [lviii]

Il drago rosso, infatti, la bestia assetata di sangue, che minaccia la Donna-Chiesa, è nella sua storica manifestazione l’“impero maomettano, ossia turco, che bestia fortissima non cessa per diabolico istinto di perseguitare” [lix] i cristiani, con “l’unico fine di sterminare la Cristianità e l’Impero Romano” [lx] .

L’Impero Romano, dopo la conversione di Costantino e la fine delle persecuzioni, è stato definitivamente acquisito alla Chiesa, ed è il suo regno sociale. certo questa, divinamente istituita e, secondo la promessa del suo Divin Fondatore, per sua natura indefettibile, non ha necessità assoluta, nello svolgimento della sua missione soprannaturale, della collaborazione col potere temporale, come dimostra la storia del cristianesimo dei primi secoli, e come provano anche questi ultimi tempi, che hanno visto il progressivo abbattimento del regno sociale di Cristo, con la scomparsa del sacro Impero (1806) legittimo erede e continuatore di quello Romano, delle principali monarchie e stati cattolici, fino alla caduta dell’Impero Absburgico nel 1918, il cui ultimo Sovrano, l’Imperatore e Re Carlo I (1883-1922) fu anche l’ultimo ad essere consacrato e unto dalla Chiesa more antiquo, come Re Apostolico d’Ungheria (1916).

Se l’Impero Romano è il regno sociale di Cristo, anche il diavolo ha voluto crearsi un suo anti-regno. La prima manifestazione di questo falso dominio di Satana l’Autore ravvisa nell’Impero persiano di Cosroe, che, dopo la nascita e la diffusione della Chiesa, fu il primo pagano a conquistare la Siria, Gerusalemme e i Luoghi Santi, donde trasse anche il legno della S. Croce. la Donna-Chiesa, però, partorì un maschio, cioè l’Imperatore Eraclio, che nel 628 sconfisse in una memorabile battaglia i persiani, recuperò la vera croce e riconquistò momentaneamente Gerusalemme [lxi] . Eraclio, tuttavia, caduto poi nell’eresia monotelita [lxii] , fu abbandonato da Dio, e il suo regno finì miseramente. [lxiii] Il vero anti-regno del demonio nacque di lì a poco e fu quello fondato da Maometto, che rimarrà fino al regno dell’Anticristo, come già si è accennato.

La conseguenza più grave che si accompagnò alla diffusione dell’Islam, fu la caduta della “terza parte delle stelle del cielo” cioè della Chiesa orientale, in punizione del suo spirito scismatico, che fu abbandonata nelle mani dei mussulmani e che perse anche la corona imperiale, con la presa di Costantinopoli da parte dei turchi nel 1453. Per questo la Donna-Chiesa si cercò una nuova sede e “fuggì nel deserto”, al che Holzhauser commenta:

“Poiché Dio vide che la condizione dei Cristiani e dello stesso Impero d’Oriente, per i peccati e la malizia degli uomini, non avrebbe potuto sussistere di fronte alla bestia che stava per sorgere [l’Islam], e che la stessa fede cattolica rischiava di oscurarsi a poco a poco a causa della sua superbia e arroganza contro la Sede Romana per molti tenebrosi errori, eresie e scismi, trasferì la sua Chiesa, e poco dopo anche l’Impero Romano in Germania, che giaceva ancora per gran parte sepolta nell’errore del paganesimo e adorava gl’idoli.” [lxiv]

La Germania e in generale l’Europa Occidentale è appunto il “deserto” ove la Donna-Chiesa cerca e trova rifugio. Dopo la conversione di quei popoli, per lo zelo e il martirio di molti santi, quelle plaghe meritarono così di divenire la nuova sede dell’Impero Romano. E allora il ‘figlio maschio’ partorito dalla Donna è soprattutto Carlo Magno, che “la Chiesa diede alla luce nell’anno 800, innalzandolo all’Impero Romano, primo Imperatore di stirpe germanica, che in modo meraviglioso aiutò, esaltò, arricchì, difese, e dilatò la Chiesa Latina e Occidentale” [lxv] . Così l’Holzhauser ha ravvisato l’evento della Traslatio Imperii dall’Oriente all’Occidente, e dalla stirpe greca a quella germanica, in questi celebri versetti dell’Apocalisse. Inoltre, secondo il medesimo autore, questa traslazione è irrevocabile, poiché in Carlo Magno, riconosciuto ancora nella magna Aquila del versetto 14 dello stesso capo [lxvi] , l’Impero Romano “è stato trasferito ai Germani, come saranno tutti gli Imperatori, fino all’ultimo, che dovranno regnare ” [lxvii] .

“Così la Chiesa di Cristo fuggendo dall’Oriente dalla faccia del serpente, pose il suo nido in Occidente, e generò a Dio mille migliaia per la vita eterna, secondo il beneplacito del Padre per mezzo del suo Figlio Gesù stabilito dall’eternità […] così la Chiesa di Cristo avrà in Occidente la libertà di professare sempre la fede cattolica ‘con le ali della grande aquila’ cioè grazie alla potestà e alla protezione del Romano Impero, con cui sempre volerà, e possederà il suo nido, per condurre a compimento la sua generazione secondo il beneplacito di Dio: tutti gli Imperatori fino all’ultimo infatti saranno cattolici ”. [lxviii]

VII. Il Santo Pontefice e lo stato sacerdotale nella 6a epoca

Sul finire del suo commento all’Apocalisse, dedicato in massima parte alla descrizione dell’ultimo tempo della Chiesa, cioè a quello dell’Anticristo, il Venerabile tuttavia ha creduto di scorgere in alcuni versetti altre non equivoche allusioni alla restaurazione della sesta epoca, per quel che in particolare riguarda la condizione del clero.

I versetti 6 e 7 del capitolo XIV dell’Apocalisse parlano di un angelo che vola nel mezzo del cielo con un vangelo eterno “da evangelizzare a quanti han sede sulla terra e a ogni nazione, tribù e lingua e popolo”. [lxix] Lo spirito celeste grida a gran voce: “Temete Dio e dategli gloria, perché è venuta l’ora del suo giudizio e adorate colui che fece il cielo e la terra…” [lxx]

“La predicazione di quest’angelo – scrive Holzhauser – si deve riferire a due tempi: il primo sarà quando le genti, i popoli, le lingue e i Re ritorneranno alla fede Cattolica […] e nell’esecuzione di ciò il ceto apostolico dei sacerdoti aiuterà grandemente la Chiesa, come pure nella conversione al Signore Iddio dei peccatori per mezzo di una vera penitenza, e questo accadrà prima che la bestia (l’impero turco [l’Islam]) riceverà la ferita, e cadrà per la prima volta Babilonia, ossia il regno dei gentili.” [lxxi] Il secondo momento si riferisce all’ultima predicazione dopo la caduta dell’Anticristo.

L’angelo quindi scorto da S. Giovanni nel mezzo del cielo con il vangelo eterno “è il ceto sacerdotale (o piuttosto S. Michele in persona di lui) che negli ultimi tempi secondo il beneplacito di Gesù Cristo suo fondatore rifiorirà, e prenderà le penne, e penne si aggiungeranno a penne, e si formeranno le ali e sorgerà e progredirà e si innalzerà e volerà nel mezzo del cielo”, ossia nel mezzo della Chiesa militante, “che adornerà e allieterà con la sua santa e apostolica presenza.” [lxxii]

La futura estirpazione delle eresie [lxxiii] : così s’intitola il paragrafo che contiene il commento ai versetti 14-20 del XIV capitolo. Questo tratta di una visione, che ha per protagonista un ‘figlio dell’uomo’ incoronato e seduto su di una ‘candida nube’ con una falce nella mano. Un angelo, che esce dal tempio, lo apostrofa a gran voce, gridandogli di usare la falce, perché il tempo della mietitura è ormai giunto, “e fu mietuta la terra” [lxxiv] .

In quest’immagine della mietitura il commentatore ravvisa “la futura estirpazione e distruzione degli eretici e dei popoli turchi, che avverrà sotto quel gran Monarca che deve venire e il Santo Pontefice, poiché ancora una volta Dio consolerà la sua Chiesa, prima che giunga il tempo delle tenebre, pieno di caligine, che sarà l’estrema tribolazione dell’Anticristo.” [lxxv]

Colui che siede infatti sulla candida nube, “è il forte Monarca, poiché il suo regno, indicato dal verbo ‘sedere’, sarà santo, e stabilito nella protezione del Dio Altissimo.” [lxxvi] Egli vien definito ‘figliolo dell’uomo’, “per similitudine delle sue grandi ed ardue virtù, con cui imiterà il suo salvatore Gesù Cristo; sarà infatti umile, mansueto, verace, amante della giustizia, forte in guerra, sapiente, e zelatore della gloria divina; si compiranno in lui in un certo modo le parole di Isaia che riguardano il Messia al cap. XI: Riposerà su di lui lo spirito della sapienza, dell’intelletto, spirito di consiglio, e fortezza, spirito di scienza e pietà, e lo Spirito del timor del Signore lo riempirà ” [lxxvii] . Egli appare incoronato “poiché sarà un Re grande, ricco e potente, e sarà Signore dei Signori, vincerà i Re delle genti, e sarà pieno della carità di Dio.” [lxxviii]

la falce che tiene in pugno, invece, “è il suo grande e fortissimo esercito, con cui trafiggerà i regni delle genti, e le repubbliche, e le città fortificate […] e nessuna battaglia sarà senza uccisione di nemici o senza vittoria.” [lxxix] Il Condottiero tiene in pugno la falce, cioè il suo potente esercito, e lo dirigerà, come avvenne per Alessandro Magno, dove vorrà, e sarà perfettamente obbedito, i suoi soldati lo ameranno grandemente, e opereranno grandi, stupende e meravigliose imprese [lxxx] .

Chi incita il Monarca alla guerra è l’angelo che esce dal tempio. “è il famoso grande Pontefice, che Dio susciterà in quei giorni, e che per ispirazione divina esorterà e indurrà il Monarca a compiere quella sacra guerra” [lxxxi] . La sua voce tonante è quella “di chi esorta con veemenza alla guerra, ossia a sradicare la zizzania degli eretici e dei turchi. […] Piena è la misura dei peccati e delle abominazioni – tuonerà – per cui viene, ed è ora il tempo di strapparli e sradicarli dalla terra. E ciò il Pontefice conoscerà per divina rivelazione, per cui ecciterà i cuori dei Prìncipi e li confermerà ad intervenire nella guerra, e dio inciterà i cuori dei soldati, si ché saranno uniti da un medesimo spirito al forte Monarca.” [lxxxii]


San Luigi Maria Grignion di Montfort
San Luigi Maria Grignion di Montfort (1673-1716) è il più autorevole teologo della Restaurazione nell’età moderna. La sua opera dottrinale è della massima importanza per due motivi: innanzitutto il grande bretone si inserisce consapevolmente nella tradizione profetica medioevale che preconizzava una futura restaurazione della Chiesa cattolica; secondariamente e soprattutto, il Montfort ha approfondito con impareggiabile dottrina alcuni aspetti fondamentali di quella tradizione.

Si legge ad esempio, riguardo al primo punto, nella Preghiera infuocata, composta dal santo con lo scopo di chiedere a Dio il compimento delle profezie riguardo alla nascita dell’ordine che dovrà restaurare il regno della Chiesa sulla terra:

“Portate a compimento, o Signore, i disegni della vostra misericordia; suscitate gli uomini della vostra destra, così come li avete mostrati in visioni profetiche a qualcuno dei vostri più grandi servi, un San Francesco da Paola, un San Vincenzo Ferreri, una Santa Caterina da Siena, e a tante altre grandi anime nel secolo scorso e persino in questo che viviamo.” [lxxxiii]

S. Luigi Maria, nei suoi scritti e segnatamente nel Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, nel Segreto di Maria e ancora nella già citata Preghiera infuocata, ha approfondito la concezione che vedeva in un Ordine religioso ancora da venire, lo strumento privilegiato con cui Dio avrebbe restaurato la Santa Chiesa dopo una prova più terribile delle altre.

Innanzitutto, da spirito pratico e eminentemente missionario qual era, il Montfort si preoccupa di definire e chiarire da un punto di vista teologico la natura dell’Ordine che, preconizzato da alcuni grandi mistici del passato, veniva indicato come il gran mezzo di cui Dio si sarebbe servito per instaurare un’epoca mai vista prima di trionfo del cattolicesimo.

nel momento in cui il male avanza, l’apostasia dentro (gallicanesimo, giansenismo) e fuori (protestantesimo) della Chiesa dilaga sempre più, egli vuole indicare con la massima chiarezza e la più perfetta ortodossia il grande strumento di cui si servirà la Divina Provvidenza per attuare il trionfo. questo gran mezzo è Maria Santissima.

L’Ordine profetizzato da secoli sarà quindi un Ordine eminentemente mariano, e si fonderà precisamente sulla vera devozione alla Madonna che il santo indica nei suoi scritti. Al Montfort non interessa definire giuridicamente o canonicamente la Congregazione a venire, quanto specificarne nella misura più ortodossa possibile l’essenza, la vera natura spirituale. questa natura e quest’essenza sono appunto mariane. La consacrazione a Maria SS. altrimenti detta Santa Schiavitù alla Madonna, come il Monfort chiama la perfetta devozione, sarà il fondamento della vita spirituale degli uomini che costituiranno il nuovo Ordine.

il quadro di teologia della storia della Chiesa si arricchisce di conseguenza. Se il gran mezzo del trionfo sarà un Ordine fondato sulla devozione più perfetta alla Madonna, con la pratica della Schiavitù a Maria SS., è naturale che la settima epoca predetta dalla tradizione sarà un’epoca eminentemente mariana, sarà il ‘regno e il secolo di Maria’.

“[217] …Un sant’uomo dei nostri tempi che era completamente assorbito dal pensiero di Maria, diceva: Quando verrà questo tempo felice, in cui la divina Maria sarà padrona e sovrana nei cuori, per sottometterli completamente all’impero del suo grande ed unico Gesù? Quando verrà il giorno in cui le anime respireranno Maria come i corpi respirano l’aria? Allora succederanno cose meravigliose quaggiù, dove lo Spirito Santo, trovando la sua cara Sposa come riprodotta nelle anime, vi recherà abbondanti aiuti e le riempirà dei suoi doni, particolarmente del dono della sua sapienza, per operare meraviglie di grazia. mio caro fratello, quando verrà questo tempo felice e questo secolo di Maria, in cui molte anime scelte e ottenute dall’Altissimo per mezzo di Maria, anime che si perderanno esse stesse nell’abisso della sua interiorità, diventeranno copie viventi di Maria per amare e glorificare Gesù Cristo? Questo tempo arriverà soltanto quando si conoscerà e si praticherà la devozione che io insegno: Ut adveniat regnum tuum, adveniat regnum Mariae.” [lxxxiv]

Lo sforzo teologico di San Luigi Maria è allora indirizzato a dimostrare che la devozione alla Madonna è un requisito indispensabile alla vita cristiana, perché la missione corredentrice che Maria SS. ha svolto fin dal tempo dell’incarnazione, come Madre del redentore, non è cessata, ma continua a svolgersi e si svolgerà fino alla fine dei tempi, come Madre della Chiesa e del Corpo Mistico.

La devozione alla Madonna è necessaria quindi al cristiano per salvarsi in ogni tempo e luogo e in qualsiasi condizione, ma essa sarà specialmente necessaria negli ultimi tempi.

La tematica tradizionale di un’epoca di trionfo della Chiesa perde allora quella nota di astrattezza derivante da quello che poteva apparire una mera combinazione numerologica o un meccanico gioco di parallelismi ricavati dai testi Sacri, per ricevere una piena giustificazione teologica.

il 3° paragrafo del II capitolo del Trattato della vera devozione intitolato opportunamente: La devozione alla Santa Vergine sarà necessaria, in modo particolare, negli ultimi tempi, così comincia: “Per mezzo di Maria incominciò la salvezza del mondo e per mezzo di Maria deve essere compiuta” [lxxxv] .

il santo enuncia sette motivi per cui la Divina Provvidenza “vuole rivelare e scoprire Maria […] negli ultimi tempi” [lxxxvi] :

1. Per ricompensarla dell’umiltà praticata al tempo della vita di suo Figlio. 2. Perché, essendo il capolavoro di Dio, vuole trarne gloria e lode anche nel tempo. 3. essendo l’aurora che precede il sole Gesù Cristo, deve poter essere conosciuta perché lo sia anche Gesù. 4. essendo la via scelta da Dio per venire agli uomini la prima volta, lo sarà ancora una seconda, prima del Giudizio Finale. 5. Essendo la via maestra per giungere alla santità, essa deve essere conosciuta perché, per suo mezzo, la Trinità stessa venga maggiormente conosciuta e glorificata. 6. Maria deve essere particolarmente conosciuta in questi ultimi tempi in rapporto a tre generi di persone: come madre misericordiosa “per richiamare e ricevere amorosamente i poveri peccatori e sviati che si convertiranno e che ritorneranno alla Chiesa Cattolica” [lxxxvii] . Come fortissimo strumento della giustizia di Dio “contro i nemici di Dio, gli idolatri, scismatici, maomettani, giudei ed empi induriti, che si ribelleranno terribilmente per sedurre e per far cadere, con promesse e minacce, tutti coloro che saranno loro contrari” [lxxxviii] . Infine “deve risplendere in grazia” a vantaggio dei suoi valorosi soldati e fedeli servitori che combatteranno per i suoi interessi [lxxxix] . 7. Dio ha stabilito infine uno speciale periodo della storia della Chiesa sotto la sovranità della Madonna perché anche il demonio, e non solo gli uomini che si fanno suoi accoliti, deve provare l’amaro sapore della sconfitta. [xc] “Ma il potere di Maria su tutti i diavoli risplenderà in particolare modo negli ultimi tempi, in cui Satana insidierà il suo calcagno vale a dire gli umili schiavi, poveri figli che essa susciterà per muovergli guerra”, i quali “con l’umiltà del loro calcagno, in unione con Maria, […]schiacceranno la testa del diavolo e faranno trionfare Gesù Cristo” [xci] .

Successivamente il Montfort si dilunga a descrivere le caratteristiche di coloro che egli chiama “gli apostoli degli ultimi tempi”, i membri di quell’ordine con cui Maria restaurerà il culto e la società cristiana e per mezzo di cui regnerà sulla terra:

“Queste anime grandi, piene di grazia e di zelo, saranno scelte per opporsi ai nemici di Dio, che fremeranno da ogni parte, ed esse saranno devote in modo singolare alla Santissima Vergine […] in modo che esse combatteranno con una mano ed edificheranno con l’altra. Con una mano combatteranno, rovesceranno, schiacceranno gli eretici con le loro eresie, gli scismatici coi loro scismi, gli idolatri con la loro idolatria, e i peccatori con le loro empietà; e con l’altra mano edificheranno il tempio del vero Salomone e la mistica città di Dio, vale a dire la SS. Vergine […] Con le loro parole e col loro esempio porteranno tutti alla sua vera devozione; questo attirerà loro molti nemici, ma anche molte vittorie e molta gloria per Dio solo. […] Lo Spirito Santo sembra aver predetto ciò nel Salmo 58, di cui trascrivo le parole: Et scient quia Deus dominabitur Jacob et finium terrae; convertentur ad vesperam, et famem patientur ut canes, et circuibunt civitatem [xcii] : ‘Il Signore regnerà in Giacobbe e in tutta la terra; essi si convertiranno alla sera e soffriranno la fame come cani ed andranno attorno alla città per trovare di che mangiare’. Questa città intorno a cui gli uomini si aggireranno alla fine del mondo per convertirsi e per saziare la fame che avranno di giustizia è la SS. Vergine, che lo Spirito Santo chiama: città di Dio.” [xciii]

Riassumendo. I. Dio ha riservato un’epoca della storia della Chiesa alla Madonna.

“Gesù Cristo è venuto al mondo per mezzo della santissima Vergine Maria e anche per mezzo suo, egli deve regnare nel mondo” [xciv] .

“[58] Poiché per mezzo di Maria Santissima Iddio venne la prima volta al mondo, nell’umiliazione e nell’annientamento, non potrebbe dirsi altresì che per mezzo di Maria SS. Egli verrà un’altra volta, come l’attende tutta la Chiesa, per regnare dovunque e per giudicare i vivi e i morti? Ma chi può sapere come e quando ciò avverrà? So però bene che Dio, i cui pensieri distano dai nostri più che il cielo dalla terra, verrà nel tempo e nel modo meno atteso dagli uomini, anche dai più dotti e i più versati nella Sacra Scrittura, la quale a questo riguardo è molto oscura.” [xcv]

II. Questo secolo o regno di Maria comporterà una restaurazione della Chiesa e della società travagliate dall’immoralità e dall’empietà, cioè dalla Rivoluzione scristianizzante che, originatasi sul declinare del Medioevo, ed esplosa con l’eresia luterana, è madre di ogni altro errore che ha appestato la civiltà europea. Di ciò il Monfort è ben consapevole come si legge in un passo della Preghiera infuocata: “A Dio Padre

Memento: ricordatevi, o Signore, di questa Comunità [allude sempre al futuro Ordine], nel compimento della vostra giustizia. Tempus faciendi, Domine, dissipaverunt legem tuam; è tempo di fare ciò che avete promesso. La divina legge è trasgredita, il vostro Vangelo abbandonato; i torrenti dell’iniquità inondano tutta la terra e portan seco persino i vostri servi; il mondo intero è nella desolazione; l’empietà regna sovrana; il vostro santuario è profanato e l’abominio è fin nel luogo santo. Giusto Signore, Dio delle vendette, lascerete forse che tutto vada in rovina? Diventerà ogni luogo come Sodoma e Gomorra? Sarà eterno il vostro silenzio, eterna la vostra pazienza? Non bisogna che la vostra volontà sia fatta sulla terra come in cielo e che venga il vostro regno? Non avete mostrato ormai da tempo a qualcuno dei vostri amici un rinnovamento futuro della Chiesa? non devono convertirsi alla verità i Giudei? Non è questo ciò che la Chiesa attende? […] tutte le creature, anche le più insensibili, gemono sotto il peso dei peccati innumerevoli di Babilonia e invocano la vostra venuta per restaurare tutte le cose: Omnis creatura ingemiscit.” [xcvi]

III. Lo strumento che permetterà questa universale restaurazione di tutte le cose in Cristo e la diffusione del suo regno su tutta la terra sarà un ordine mariano, che praticherà la perfetta devozione indicata dal Monfort.

“Signore Gesù, memento Congregationis tuae: ricordatevi di dare alla Madre vostra una nuova Compagnia perché tutte le cose siano rinnovate, e perché gli anni della grazia [non parla della gloria, che riguarda l’eternità, ma di anni di grazia, cioè nel tempo] abbiano compimento per mezzo di Maria, come per mezzo di lei furono da voi cominciati.” [xcvii]

“[59] Parimenti si deve credere che verso la fine dei tempi, e più presto forse che non si pensi, Iddio susciterà grandi uomini ripieni dello Spirito Santo e di quello di Maria, per mezzo dei quali Ella, questa divina Sovrana, opererà nel mondo grandi meraviglie onde distruggervi il peccato e stabilire il regno di Gesù Cristo, suo Figliolo, sulle ruine del mondo corrotto; ed è per mezzo di questa devozione alla Vergine, di cui io non so dare che una traccia, e purtroppo ben pallida, a causa della mia pochezza, che quei santi personaggi verranno a capo di tutto.” [xcviii]

IV. Quest’epoca della Chiesa sarà prima della fine del mondo, come si evince chiaramente da questo passo sempre tratto dalla Preghiera infuocata:

“A Dio Spirito Santo

[…] Lo speciale regno di Dio Padre è durato fino al Diluvio e un diluvio d’acqua lo concluse; il regno di Gesù Cristo è finito con un diluvio di sangue, ma il vostro regno, o Spirito del Padre e del Figlio, continua tuttora e sarà terminato da un diluvio di fuoco: d’amore e di giustizia.

Quando verrà questo diluvio di fuoco del puro amore, che voi dovete accendere su tutta la terra in maniera così dolce e veemente che tutte le nazioni, i Turchi, gli idolatri e persino i Giudei ne bruceranno e si convertiranno? Non est qui se abscondat a calore eius.

Accendatur: che questo divino fuoco, da Gesù Cristo portato sulla terra, divampi prima di quello della vostra collera che ridurrà in cenere il mondo intero. Emitte Spiritum tuum et creabuntur, et renovabis faciem terrae: mandate questo spirito tutto fuoco a suscitare sacerdoti tutto fuoco, per il cui ministero sia rifatta la faccia della terra e sia riformata la vostra Chiesa.” [xcix] si noti infatti che il ‘diluvio di fuoco del puro amore’, cioè la grazia sovrabbondante che scenderà sulla terra per mezzo di Maria SS. nell’epoca che le è stata destinata, si verificherà, secondo il santo, ‘prima di quello della vostra collera’, cioè prima del diluvio di fuoco “e di giustizia” che alla fine del mondo purificherà ogni cosa.

La devozione al Sacro Cuore di gesù e la Restaurazione

A partire dall’anno 1674 e fino alla morte (1690) una suora visitandina francese del convento di Paray-le-Monial, Suor Margherita Maria Alacoque (nata nel 1647) fu favorita di alcune apparizioni del sacro Cuore di Gesù.

La devozione al Sacratissimo Cuore di gesù non era nuova nel mondo cattolico, ed anzi rimontava al lontano Medioevo. Tuttavia era sempre rimasta, per così dire, confinata nei conventi e non possedeva un culto pubblico ufficiale ed universale .

Fu proprio questo il motivo principale delle apparizioni. Il Sacro Cuore chiedeva infatti espressamente alla Santa monaca di adoperarsi per la diffusione pubblica di quell’antica devozione.

Ci si può allora interrogare sul perché di tale divina insistenza nel corso del secolo XVII, perché proprio in Francia e perché una speciale devozione per il Cuore Sacratissimo di Cristo.

Quando nel corso del 1674 S. Margherita Maria per la prima volta ebbe l’apparizione del Sacro Cuore, in Europa le potenze cattoliche (Austria, Francia e Spagna) erano ancora predominanti, e la stessa Inghilterra, governata dall’anglicano Carlo II Stuart, che non aveva mai nascosto le sue simpatie per il Cattolicesimo e si convertirà in punto di morte, sembrava prossima al ritorno all’ovile di Cristo. Se quindi il fine soprannaturale della difesa della Fede fosse stato prioritario nelle corti europee cattoliche, soprattutto in Francia, la Restaurazione del Cattolicesimo non sarebbe stata impossibile.

L’ultimo tentativo in grande stile, attuato da Ferdinando II d’Absburgo, per ripristinare la vera religione in Germania durante le prime fasi della Guerra dei Trentanni (1618-1648) era naufragato proprio a causa della cattiva volontà della Francia, che, prima, aveva sostenuto finanziariamente i nemici di Casa d’Austria, incoraggiando i prìncipi protestanti più potenti ad entrare nella lizza, e poi era scesa direttamente in guerra così da scongiurare del tutto il realizzarsi del progetto asburgico. Si è già accennato a come andarono poi le cose con la stipula della pace di Westfalia, che se, da un lato, sancì il predominio europeo della Francia, stabilì, dall’altro, il protestantesimo in Germania.

La salita al trono di Luigi XIV nel 1643 non modificò purtroppo questo stato di cose. Luigi proseguì la tradizionale politica anti-asburgica della sua nazione, appoggiandosi agli alleati di sempre, i protestanti tedeschi e l’Islam. Era sinceramente devoto, ma la sua vita privata lasciava alquanto a desiderare. Inoltre si lasciò ben presto irretire nelle pretese giurisdizionaliste dei suoi consiglieri, anche ecclesiastici, che tendevano ad un assoggettamento della Chiesa Gallicana alla Corona e alla creazione di una sorta di Chiesa nazionale sul modello protestante e quindi sganciata disciplinarmente, se non dottrinalmente, da Roma. Vennero così sottoscritti nel 1682 dal ceto ecclesiastico i 4 articoli della Dichiarazione del clero gallicano, che posero la Chiesa di Francia in una condizione pre-scismatica. Come se non bastasse un’eresia subdola e scaltra, il Giansenismo, trovò proprio nei domini del Re Sole, il terreno propizio per la sua diffusione tra il clero e i fedeli.

Nonostante ciò, nulla era ancora perduto. il peso della forza materiale, in quel lontano 1674, pendeva ancora, sulla bilancia della storia, dalla parte della vera fede, a patto naturalmente che si effettuasse, soprattutto in Francia, un mutamento completo, una conversione ai retti princìpi che avrebbero dovuto guidare una nazione cattolica. per far questo occorreva innanzi tutto una profonda metamorfosi spirituale. Questo venne precisamente a chiedere a Santa Margherita Maria Alacoque il Sacro Cuore di gesù.

Il Sacratissimo Cuore di Cristo, infatti, manifesta l’immensa carità del Redentore verso gli uomini, ricordando loro in modo pressante il debito di riconoscenza che li deve stringere al loro supremo e divino benefattore, da cui ricevono ogni bene sia temporale che soprannaturale. Questa riconoscenza deve soprattutto tendere all’imitazione delle Sue virtù: “imparate da me che sono mite ed umile di cuore” (S. Matteo, XI, 29). Da questa riconoscenza deve inoltre sgorgare copiosa la volontà di riparare le ingiurie inferte contro di lui.

Questo dovere di riparazione era più che mai stringente nel periodo storico concreto in cui Gesù parlava, poiché il processo rivoluzionario anticristiano, che aveva sconvolto l’Occidente, non desisteva dalla sua marcia di distruzione, trovando, disgraziatamente, dei cooperatori, proprio tra coloro che per primi avrebbero dovuto e potuto arrestarlo, come appunto il Re Cristianissimo Luigi XIV.

Il peso dei peccati individuali e collettivi che gravava sull’Europa richiedeva quindi, per stornare la mano della divina giustizia, innumerevoli atti d’espiazione e penitenza.

“e in verità – insegna Pio XI nell’Enciclica Miserentissimus Redemptor del 1928 – lo spirito di espiazione e di riparazione ebbe sempre le prime e principali parti nel culto con cui si onora il Cuore Sacratissimo di Gesù, ed è certo il più consono all’origine, alla natura, all’efficacia, alle pratiche proprie di questa particolare devozione […] e in vero, nel manifestarsi a Santa Margherita Maria, Gesù, mentre insisteva sull’immensità del Suo amore, al tempo stesso, in atteggiamento di addolorato, si lamentò dei tanti e tanto gravi oltraggi a Sé fatti dall’ingratitudine degli uomini, con queste parole, che dovrebbero sempre essere scolpite nel cuore delle anime buone né mai cancellarsi dalla memoria: ‹Ecco – disse – quel cuore che ha tanto amato gli uomini e li ha ricolmati di tutti i benefici, ma in cambio del suo amore infinito, non che trovare gratitudine alcuna, incontrò invece dimenticanza, indifferenza, oltraggi, e questi arrecatiGli talora anche da anime a Lui obbligate con più stretto debito di speciale amore›”.

A questo fine il sacro Cuore si rivolse, per il tramite della santa, innanzitutto alla Chiesa docente, perché istituisse una festività dedicata espressamente a tale devozione:

“Ti chiedo che il primo Venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini sia dedicato a una festa particolare per onorare il mio Cuore, offrendogli una riparazione d’onore per mezzo di ammenda onorevole, e facendo in quel giorno la Santa Comunione per riparare le indegnità che egli ha ricevuto nel tempo in cui è stato esposto sugli altari” [ci] .

All’istituzione di questa solennità da parte della suprema gerarchia della Chiesa sarebbero ridondati sulla Cristianità tutta innumerevoli benefici tanto materiali che spirituali:

“Darò loro tutte le grazie di stato. Metterò la pace nelle loro famiglie. Li consolerò in tutte le loro pene. Sarò loro sicuro rifugio durante la vita e soprattutto alla morte. Coprirò di abbondanti benedizioni tutte le loro imprese. I peccatori troveranno nel mio cuore la sorgente e l’oceano infinito della misericordia. Le anime tiepide diventeranno ferventi. Le anime ferventi si eleveranno a una grande perfezione. Benedirò le case dove l’immagine del mio Sacro Cuore sarà esposta. Darò ai sacerdoti la capacità di toccare i cuori più induriti. Le persone che diffonderanno questa devozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore, dove non sarà mai cancellato” [cii] .

Purtroppo si dovette attendere l’anno 1856 perché Papa Pio IX estendesse la festa del sacro Cuore di Gesù a tutta la Chiesa universale. La devozione, infatti, aveva trovato implacabili nemici.

in primo luogo, vi si scagliarono contro con tutta la scaltrezza di cui erano capaci, i giansenisti. Il loro freddo rigorismo di sapore calvinista, il cupo sentimento della fragilità dell’uomo, che finiva con l’allontanare a poco a poco i fedeli dalla pratica religiosa, trovava proprio nella devozione al Sacratissimo Cuore il più efficace rimedio spirituale. il Sacro Cuore trovò poi degli avversari imprevisti anche in alcuni importanti membri di quell’Ordine religioso che fino ad allora aveva difeso a spada tratta, con la dottrina e l’esemplarità della vita, la Chiesa cattolica e le sue principali devozioni: i Gesuiti.

Il Generale dell’Ordine, Padre Tyrse Gonzales, infatti, ottenne da Papa Clemente XI la messa all’indice della prima opera che, scritta dal suo confratello Croiset, narrava e difendeva le apparizioni di Paray-le-Monial [ciii] . Vi è pure chi ha visto proprio nell’ostilità dei figli di Sant’Ignazio verso tale devozione la causa soprannaturale della crescente avversione di cui da allora furono oggetto fino alla soppressione del 1773. [civ]

Se l’istituzione della solennità dedicata al Cuore di Gesù doveva ricordare all’intero Corpo Mistico la necessità di rivolgersi a Lui per trovare gli aiuti divini con cui sbarrare il passo alla Rivoluzione in marcia, con la devozione della Comunione riparatrice nei primi nove venerdì del mese, il Redentore misericordioso s’indirizzava anche ai singoli fedeli:

“Ti prometto, nell’eccessiva misericordia del mio Cuore, che il suo amore onnipotente accorderà la grazia della penitenza finale a tutti coloro che si comunicheranno ogni primo venerdì del mese, per nove volte consecutive; essi non morranno punto in mia disgrazia, né senza ricevere i SS. Sacramenti e il mio divin Cuore si renderà loro sicuro asilo in quell’estremo momento” [cv] .

Sembrerebbe che nulla manchi a questa pratica devozionale, che prospetta la possibilità di una Restaurazione morale e religiosa, insistentemente richiamando all’abbandono nelle braccia della misericordia di Dio e all’espiazione.

tuttavia, il Sacro Cuore, perché la Restaurazione fosse davvero completa, volle anche menzionare in modo tutto speciale i doveri dell’autorità temporale nei riguardi della Sua Regalità Sociale.

Si rivolse quindi con un particolare avviso al Re Cristianissimo, anch’egli compreso tra quelle “anime a Lui obbligate con più stretto debito di speciale amore”. Questa distinta attitudine di deferenza nei confronti del Sacro Cuore derivava a Luigi XIV di Borbone, non solo dall’essere il Monarca unto e consacrato di uno dei più antichi regni cattolici d’Europa, ma soprattutto dai suoi miracolosi natali.

“Fin dalla sua nascita […] il Re Sole sembrava chiamato a un grande destino. In seguito al cosiddetto ‘voto di Luigi XIII’ del 10 febbraio 1638 – che stabiliva Maria Regina della Francia e la Francia Regno di Maria – il 5 settembre dello stesso anno Dio aveva infatti accordato alla moglie del sovrano, Anna d’Austria, dopo ventitré anni di sterilità, un figlio cui fu imposto il nome di Luigi Dieudonné, donato da Dio.” [cvi]

il Sacro Cuore, infatti, nell’apparizione del 17 giugno 1689, manifestò a Suor Margherita Maria l’impellente desiderio di “entrare con pompa e magnificenza nella casa dei prìncipi e dei Re, per esservi onorato tanto quanto è stato oltraggiato, disprezzato e umiliato nella sua Passione, e riceve altrettanto piacere nel vedere i grandi della terra abbassati ed umiliati davanti a lui, come egli ha sentito l’amarezza di vedersi annientato ai loro piedi.” [cvii] E come se Luigi XIV fosse chiamato in modo speciale a darne per primo l’esempio, Nostro Signore proseguiva:

“Fai sapere al figlio primogenito del mio Sacro Cuore – alludendo al nostro Re [commenta la santa] - che, come la sua nascita temporale è stata ottenuta grazie alla devozione ai meriti della mia santa Infanzia, così egli otterrà la sua nascita di grazia e di gloria eterna per mezzo della consacrazione che farà di sé stesso al mio Cuore adorabile, che vuole trionfare sul suo e, per suo mezzo, su quello dei grandi della terra. Esso vuole regnare nel suo palazzo, essere dipinto sui suoi stendardi ed inciso sulle sue armi per renderle vittoriose dei suoi nemici, abbattendo ai suoi piedi quelle teste orgogliose e superbe e per renderlo trionfante su tutti i nemici della Santa Chiesa.” [cviii]

Come si evince da queste chiare parole, il Sacro Cuore, confermando la miracolosa venuta al mondo del Sovrano di Francia, gli chiedeva in contraccambio, d’essere lo strumento privilegiato della diffusione della sua devozione, con un atto di pubblica consacrazione di sé e del suo regno e con la pubblica ostensione del Cuore divino sulle insegne della Monarchia Cristianissima. Novello Costantino, Luigi aveva ricevuto da Dio stesso suggerimento di come formare il labaro sotto la cui protezione condursi vittorioso “su tutti i nemici della Santa Chiesa”. Che cos’era mai questo se non promettere la Restaurazione della Cristianità?

Tuttavia, gettando uno sguardo sul futuro, Cristo continuava:

“Non saranno le potenze umane a far progredire la Devozione al Sacro Cuore, ma questa e il Regno del Sacro Cuore saranno stabiliti per mezzo di persone povere e disprezzate e in mezzo alle contraddizioni, in tal modo che non si possa attribuire alcun merito al potere umano.” [cix]

Purtroppo le previsioni del Redentore si avverarono. Né Luigi XIV, né il suo diretto successore, Luigi XV [cx] , pur venendo entrambi a conoscenza delle richieste celesti, vi ottemperarono. Vi si decise Luigi XVI, prigioniero dei rivoluzionari nel Tempio, quando, spogliato della sua autorità, fece voto di procedere ad una pubblica consacrazione, qualora fosse di nuovo rientrato in possesso del Trono. Ma il 21 gennaio 1793 ebbe in sorte la ghigliottina.

Il sacro Cuore, se da un lato previde l’ingratitudine degli uomini da Lui maggiormente beneficati, dall’altro ci assicura del trionfo finale del Suo Regno. La prospettiva quindi della Restaurazione cattolica è stata in parte disattesa dall’ingratitudine umana, ma il suo compimento è assicurato. Esso verrà dilazionato nel tempo, in punizione di tanta grettezza, e anziché ridondare a gloria dei Re Cristianissimi sarà attuato “per mezzo di persone povere e disprezzate e in mezzo alle contraddizioni, in tal modo che non si possa attribuire alcun merito al potere umano.” [cxi]

Chi sono queste “povere e disprezzate persone” che ormai tante volte sentimmo menzionare dai santi che videro il futuro trionfo della Chiesa, se non i membri di quell’Ordine misterioso di cui ci attesta la tradizione profetica?
GEBURAH
00giovedì 6 aprile 2006 09:51
CONTINUO
San Giovanni Bosco e l’Imperatore d’Austria (1873)

La Rivoluzione del 1789, l’epoca napoleonica, le rivoluzioni massonico-liberali del 1821 e 1830, la tempesta del '48, il cosiddetto Risorgimento italiano, la presa di Roma, la caduta del II Impero francese e il terribile conato della Comune di Parigi del 1871, sono passate. Quale balzo in avanti nel processo di scristianizzazione e caotizzazione dell’Occidente, quanto sangue è scorso troppo spesso invano. Gli orgogliosi Borboni di Francia sono caduti, l’Italia è stata unificata in uno Stato dominato dalle sette e il potere temporale della Chiesa è scomparso dopo secoli d’indipendenza.

solo nella monarchia plurinazionale guidata dal cattolico Francesco-Giuseppe I d’Absburgo-Lorena (1830-1916) erede di quella casata che per secoli aveva detenuto il supremo potere temporale della Cristianità e nelle cui vene scorreva il sangue di Carlo Magno, si possono ormai scorgere le ultime vestigia di quel che fu l’Europa cristiana.

Eppure, ancora nel 1873, quasi duecento anni dopo gli appelli del Sacro Cuore ai Re di Francia, nulla è irrimediabilmente compromesso. la Provvidenza s’indirizza al sovrano cattolico più autorevole, per ammonirlo che deve la sua altissima posizione solo al beneplacito divino, e che, in un momento tanto grave per la Fede e la civiltà cristiana, il kaiser, nipote dei Sacri Imperatori Romani, è obbligato ad impiegare tutta la sua influenza a vantaggio del bene supremo soprannaturale della Chiesa.

In quell’anno, infatti, il sacerdote italiano Don Giovanni Bosco (1815-1888) conosciuto e apprezzato dallo stesso Pontefice Pio IX per santità di condotta ed eccezionali doni celesti, invia al monarca viennese questa singolare missiva:

“Ciò dice il Signore all’Imperatore dell’Austria: fatti animo; provvedi ai miei servi fedeli e a te stesso. Il mio furore si versa su tutte le nazioni della terra, perché si vuole fare dimenticare la mia Legge, portare in trionfo quanti la profanano e opprimere quelli che la osservano. Vuoi tu essere la verga della mia potenza? Vuoi compiere gli arcani miei voleri e divenire il benefattore del mondo? Appoggiati sulle potenze del nord, ma non sulla Prussia. Stringi relazioni con la Russia, ma non fare alcuna alleanza. Associati alla Francia cattolica; dopo la Francia, avrai la Spagna. Fate un solo spirito, una sola azione. Somma segretezza con i nemici del mio santo Nome. Con la prudenza e con l’energia diverrete invincibili. Non credere alle menzogne di chi ti dicesse il contrario. Aborrisci i nemici del Crocifisso. Spera e confida in Me, che sono il donatore delle vittorie agli eserciti, il salvatore dei popoli e dei sovrani.” [cxii]

Questa celebre lettera, recapitata a Francesco-Giuseppe nel luglio di quell’anno, esprime uno schema ormai noto. L’umanità si è allontanata dalla Legge di Dio, costringendo il Divino Monarca ad intervenire per il ristabilimento dell’ordine infranto. La punizione è quindi inevitabile. Tuttavia da essa può nascere la risurrezione e la Restaurazione dell’Occidente. Dio chiede al sovrano austriaco, ancora potente, nonostante le disavventure delle guerre d’Italia e la persistente rivalità con la Prussia, di impiegare la sua forza materiale a pro’ della religione e divenire così, compiendo “gli arcani voleri” di Dio, “il benefattore del mondo”.

A questo fine deve mostrare accortezza nella scelta degli alleati. Innanzi tutto occorre evitare di contrarre legami e patti troppi stretti e compromettenti con stati e potenze acattolici, soprattutto con la Prussia protestante da sempre acerrima rivale degli Absburgo; tuttalpiù si cerchi di mantenere buone relazioni con “le potenze del Nord”, probabilmente i regni scandinavi e l’Inghilterra, e con la Russia.

Sarà invece determinante una stretta cooperazione con la Francia cattolica, che proprio nel 1873, dopo la sconvolgente esperienza della Comune, stava orientandosi verso una restaurazione dei Borboni. Era opportuno insomma realizzare quel ‘rovesciamento delle alleanze’ che unendo le due nazioni cattoliche più potenti, assieme alla Spagna, avrebbe contrapposto al fronte nemico un baluardo insuperabile. Francesco-Giuseppe era tenuto quindi ad intervenire prudentemente negli affari francesi per agevolare la salita al trono di Enrico V, conte di Chambord, ultimo rappresentante della linea primogenita della casata di Francia.

Le cose non andarono così. Il monarca absburgico, come già Luigi XIV, non diede retta alle voci celesti, e, appoggiandosi completamente ad umani espedienti, trascinò i suoi popoli in quel baratro, da cui vanamente cercò di sottrarli, in piena guerra mondiale, il suo pronipote ed erede, il Servo di Dio Carlo I (1887-1922).

San Giovanni Bosco e la Restaurazione
L’insigne santo torinese, cui Dio svelava sovente il futuro per mezzo di visioni notturne, ha lasciato, però, un piccolo corpus di sogni ispirati, che sembrano riferirsi con buona approssimazione alla futura Restaurazione della Chiesa.

1°sogno, Le colonne in mezzo al mare (30 maggio 1862)

Il primo è intitolato “Le colonne in mezzo al mare” e fu narrato dal santo all’uditorio dei suoi allievi il 30 maggio 1862.

La scena è sul mare. Qui si scorge “una innumere flotta di navi ordinate a battaglia e con le prore terminanti a rostro di ferro”. Le navi “munite di cannoni e provviste di materie incendiarie” avanzano verso una nave molto più grande, con l’intento di “urtarla col rostro per poi incendiarla”.

La nave maestosa, che raffigura la Chiesa Romana, è circondata da imbarcazioni più piccole, che le obbediscono. Tuttavia il vento è loro contrario, e il mare agitato favorisce il nemico.

Sulla distesa marina si ergono due colonne: una più alta, sormontata da un’Ostia raggiante, sotto cui si legge Salus Credentium, l’altra più piccola con in cima una statua dell’Immacolata, con la scritta Auxilium Christianorum.

Il comandante supremo, che sta sull’ammiraglia, ossia il Romano Pontefice, vedendo “il furore dei nemici e il pericolo al quale sono esposti i suoi fedeli” decide di convocare un consiglio di guerra per stabilire il da farsi. I piloti delle altre imbarcazioni si riuniscono quindi presso il comandante, ma, a causa dell’infuriare della tempesta, sono poco dopo costretti a ritornare alle loro navicelle.

In seguito il Papa, in un momento di bonaccia, li raduna nuovamente, ma la burrasca ritorna tosto ad esplodere e il Pontefice allora guida in persona la nave ammiraglia verso le due colonne, per ancorarvisi.

I nemici compiono intanto ogni sforzo per assalire la flotta cristiana, per fermarla e affondarla. Alcuni bastimenti avversari cercano di gettare sulla nave papale del materiale infiammabile, mentre altri usano i cannoni, i fucili e i rostri. “il combattimento diventa sempre più accanito”. Tuttavia “la nave ammiraglia continua sicura e franca la propria rotta”, nonostante sia talvolta danneggiata da formidabili colpi che provocano “alla carena larghe e profonde falle”, che però miracolosamente si otturano “al soffio del maestrale, che spira dalle due colonne”. I nemici diventano allora “furibondi, combattono ad armi corte, proferendo bestemmie e maledizioni”.

Nel parossismo della lotta “il Pontefice resta colpito gravemente e cade con onore”. Viene poi ferito una seconda volta, e muore. I nemici allora gridano la loro vittoria e tripudiano sulle navi. Subentra però un altro Pontefice, eletto con straordinaria celerità dai piloti degli altri vascelli. Questa subitanea elezione getta gli avversari nello scoramento.

“Il nuovo Pontefice supera ogni ostacolo e guida la nave fino alle due colonne; giunto tra di esse, la lega con la prora a un’àncora della colonna sulla quale brilla l’Ostia; poi lega la poppa a un’altra àncora pendente dalla colonna dell’Immacolata.

Allora succede un grande rivolgimento. Tutte le navi, sulle quali si era combattuto contro quella del Pontefice, fuggono, si disperdono, si urtano e si fracassano a vicenda.” le imbarcazioni pontificie che avevano combattuto a fianco del Papa e quelle che si erano tenute a prudente distanza per non farsi affondare dal nemico, si avvicinano intanto alle due colonne per ancorarvisi anch’esse. “intanto sul mare regna una grande calma”. [cxiii]

Il santo stesso diede l’interpretazione generale del sogno: “Le navi nemiche sono le future persecuzioni contro la Chiesa; i suoi nemici sono raffigurati dai piloti che tentano di affondare la nave papale. Due soli mezzi restano per salvarsi da tanto scompiglio: la frequenza alla Comunione e la devozione alla Madonna.” [cxiv]

Il sogno tuttavia promette una vittoria finale, tanto più trionfale quanto inattesa e miracolosa. Le navi nemiche, ovvero gli avversari del Cattolicesimo, infatti, verranno sconfitti in modo repentino “con un gran rivolgimento”. poi regnerà sul mare “una grande calma”, ove non è difficile scorgere la futura condizione di pace della Chiesa dopo tante tribolazioni.

Più arduo invece individuare i particolari del sogno. Tenendo conto che San Giovanni Bosco ebbe la visione nel 1862, parrebbe di poter ravvisare nel primo 'consiglio' tenuto dal Pontefice durante la battaglia navale, e bruscamente interrotto dalla tempesta delle persecuzioni, l’indizione e l’esito sfortunato del Concilio Vaticano I, sospeso nel 1870.

Il papa, sempre secondo la visione, radunerebbe poi una seconda volta, durante un momento di bonaccia, i sottoposti. Che si alluda al Concilio Vaticano II? Il Pontefice “colpito gravemente” è forse Giovanni Paolo II, ferito dal ‘lupo grigio’ Alì Agcà nel maggio del 1981? Se così fosse, Don Bosco avrebbe profetizzato in questo sogno il suo non ancora avvenuto assassinio, oppure semplicemente, poiché egli, alla maniera profetica, non fa distinzione tra la carica e gli individui che in successione la rivestono, si intende genericamente l’assassinio di un Pontefice Romano, il cui successore dovrebbe condurre la barca di San Pietro nelle acque tranquille della Restaurazione. Si noti comunque la similitudine di questa visione di Don Bosco con la terza parte del segreto di Fatima pubblicata dal Vaticano nel giugno 2000. Anche nel messaggio di Fatima si accenna infatti alla morte violenta di un Pontefice come elemento determinante della Restaurazione cattolica.

Il dato certo, comunque, è la “grande calma” che regnerà al termine di queste oscure e dolorose vicende riguardanti la Chiesa contemporanea.



2° sogno (5 gennaio 1870)

Otto anni dopo, la vigilia dell’Epifania del 1870, Don Bosco ebbe un sogno che dovette impressionarlo non poco, poiché premise alla descrizione queste parole:

“Dio solo può tutto e vede tutto. Dio non ha né passato né futuro, ma a Lui ogni cosa è presente come in un solo punto. Davanti a Dio non v’è cosa nascosta, né presso di Lui v’ha distanza di luogo o di persona. Egli solo, nella sua infinita misericordia e per la sua gloria, può manifestare il futuro alle genti.” [cxv] .

La visione consta di vari quadri e si apre con un’affermazione di carattere generale, che dà, per così dire, il tono a quel che segue:

“Dal sud viene la guerra, dal nord viene la pace”. La guerra, infatti, come mezzo di cui Dio s’avvale per punire e convertire gli uomini, ne è il tema dominante.

Il primo quadro è dedicato alla Francia con Parigi. Sono profetizzati i tre momenti in cui il Creatore la visiterà “con la verga del suo furore”, in un crescendo di distruzione.

La prima volta Dio “abbatterà la sua superbia con le sconfitte, con il saccheggio e con la strage dei raccolti, degli animali e delle persone”.

La seconda visita vedrà Parigi “privata del capo, in preda al disordine”. Segue un’invettiva contro la ville lumiére, circondata di “case d’immoralità”, ma “esse - le dice il veggente - verranno da te stessa distrutte: l’idolo tuo, il Panteon, sarà incenerito”. I suoi nemici la porranno “tra le angustie”, venendo esposta “alla fame, allo spavento e all’abominio delle nazioni”.

Nella terza prova Parigi “cadrà in mani straniere”; i nemici “vedranno di lontano i tuoi palazzi in fiamme, le tue abitazioni divenute un mucchio di rovine, bagnate dal sangue dei suoi prodi, che non sono più” [cxvi] .

Con queste parole si chiude il capitolo dedicato alle punizioni che la Provvidenza riserva a Parigi e alla Francia. In particolare verranno colpite “le case d’immoralità”, i noti luoghi di divertimento che caratterizzano ancora oggi la capitale d’oltralpe, e il Pantheon, il monumento-simbolo della nuova Francia sorta dalla Rivoluzione del 1789, ove sono custodite le spoglie dei suoi massimi corifei (Voltaire, Rousseau ecc.).

Terminata la profezia riguardante Parigi, il veggente scorge un nuovo episodio:

“Ma ecco, un gran guerriero dal nord porta uno stendardo sulla destra, che lo regge e dove sta scritto: ‘Irresistibile mano del Signore’.

In quell’istante, il venerando Vecchio del Lazio gli andò incontro agitando una fiaccola ardentissima. Allora lo stendardo si dilatò e, da nero che era, divenne bianco come la neve. Nel mezzo di esso, in caratteri d’oro, stava scritto il nome di Chi tutto può.

Il guerriero, con i suoi, fece un profondo inchino al Vecchio e si strinsero la mano” [cxvii] .

Il senso dell’episodio è manifesto.

Un uomo di guerra invincibile, un novello Attila, flagellum Dei, proveniente dal Nord, incontra un Papa, che lo converte e stringe con lui alleanza. Non sarà azzardato, forse, ravvisare nella misteriosa figura il più volte ricordato Grande Monarca, di cui la tradizione profetica parla con tanta dovizia?

Concluso anche quest’episodio, “la voce del Cielo è al Pastore dei Pastori”, Dio, cioè, per bocca del suo servo, si rivolge al supremo gerarca dell’Ovile di Cristo, il Papa.

“Tu sei nella grande conferenza con i tuoi assessori, ma il nemico del bene non sta un istante in quiete; egli studia e pratica tutte le arti contro di te. Seminerà discordia tra i suoi assessori; susciterà nemici tra i figli miei” [cxviii] .

quest’avvenimento ha un significato abbastanza trasparente. Il Sommo Pontefice ha riunito una “grande conferenza” (il Concilio Vaticano II?), ma a causa dell’azione del Maligno, la discordia divide “i suoi assessori”, cioè i rappresentanti del clero, e i nemici di Cristo si trovano proprio tra coloro che furono da Lui prescelti per amarlo in modo speciale, “tra i figli miei”, le persone consacrate.

Le potenze mondane, ormai completamente dominate dallo spirito anticristiano, “vomiteranno fuoco e vorrebbero che le parole fossero soffocate in gola ai custodi della mia legge”. L’apostasia di molti chierici da un lato, e l’influenza nefasta dei poteri mondani dall’altro, farà sì che quasi si giunga a tacere colpevolmente la vera dottrina di Cristo. Ma “ciò non sarà. Faranno male, male a sé stessi”.

in una congiuntura tanto sfavorevole, ove terra e inferno sembrano congiurati per cancellare il Vangelo di salvezza, Dio intima perentoriamente al Pontefice di non indugiare in vane manovre ispirate più alla prudenza carnale che alla confidenza nel Signore:

“Tu accelera; se non si sciolgono le difficoltà, siano troncate. Se sarai tra le angustie, non arrestarti, ma continua finché non sia troncato il capo dell’idra dell’errore. Questo colpo farà tremare la terra e l’inferno, ma il mondo sarà assicurato e tutti i buoni esulteranno”. [cxix]

Il ristabilimento della dottrina di sempre e l’annientamento dell’errore, non saranno senza angustie per il sommo gerarca; egli, infatti, verrà abbandonato, o per malizia o per fragilità, dalla più parte dei suoi assistenti. Continua infatti il veggente:

“Raccogli dunque intorno a te anche solo due assessori, [cioè due vescovi] ma ovunque tu vada, continua e termina l’opera che ti fu affidata”, fidando nella protezione della “grande Regina” che “sarà sempre il tuo aiuto”. [cxx] Il ripristino della verità cattolica si otterrà quindi per uno speciale intervento della SS. Vergine.

Chiuso anche questo capitolo impressionante, che è forse uno degli squarci profetici più chiari sulla condizione della Chiesa Cattolica dominata dalla setta neo-modernista, il profeta volge ora lo sguardo sull’Italia.

“Ma tu, Italia, terra di benedizioni, chi ti ha immersa tra la desolazione?” non sono stati i nemici, “ma gli amici tuoi”. Gli abitanti d’Italia “domandano il pane della fede e non trovano chi loro lo spezzi? Che farò? Percuoterò i pastori, disperderò il gregge, affinché i sedenti sulla cattedra di Mosè cerchino buoni pascoli e il gregge docilmente ascolti e si nutra.

Ma sopra il gregge e i pastori peserà la mia mano; la carestia, la pestilenza e la guerra faranno sì che le madri dovranno piangere il sangue dei figli e dei mariti morti su terra nemica” [cxxi] .

L’Italia, già terra benedetta per la speciale prerogativa di contenere sul suo territorio la sede Apostolica, è ora “immersa tra la desolazione”. Tale condizione ha la sua causa, secondo il Veggente, nell’incuria religiosa in cui giace il popolo, poiché non vi è nessuno che spezzi il pane della Fede, che lo ammaestri sulle verità rivelate.

Per questo tradimento del clero, da un lato, e per i peccati del popolo indocile, dall’altro, Dio percuoterà la penisola, con “la carestia, la pestilenza e la guerra”, i flagelli temporali più gravi con cui la Provvidenza suole piegare i peccatori induriti.

L’ultimo richiamo è rivolto a Roma. La città eterna dei Sommi Pontefici ha dimenticato che la sua gloria e quella del suo Sovrano, il Papa, che ora “è vecchio, cadente, inerme e spogliato”, “stanno sul Golgota”.

Roma ha una maggiore responsabilità nel peccato. Dio la visiterà quindi quattro volte, con un’escalation di distruzione e morte. La prima volta verranno percossi soltanto le terre circonvicine. La seconda lo sterminio e la strage arriverà fino alle mura.

“verrò la terza; abbatterò le difese e i difensori e al comando del Padre sottentrerà il regno del terrore, dello spavento e della desolazione.” [cxxii]

gli eventi di questa terza prova alludono forse alla caduta di Roma nelle mani dei Savoia, nel settembre 1870, quando “al comando del Padre”, ossia alla sovranità del Papa, si sostituì la monarchia costituzionale liberal-massonica.

Comunque sia, Dio si è riservato ancora un’altra visita, quella conclusiva, con cui sarà inferta una salutare lezione ai cittadini traviati dell’Urbe.

“ Ma i miei savi fuggono, la mia legge è tuttora calpestata; perciò farò la quarta visita. Guai a te se la mia legge sarà ancora un nome vano per te! Succederanno prevaricazioni tra i dotti e fra gli ignoranti. Il tuo sangue e il sangue dei figli tuoi laveranno le macchie che tu fai alla legge del tuo Dio. la guerra, la peste, la fame sono i flagelli con cui saranno percosse la superbia e la malizia umana.

Dove sono, o ricchi, le vostre magnificenze, le vostre ville, i vostri palazzi? Sono divenuti la spazzatura delle piazze e delle strade.

Ma voi, o sacerdoti, perché non correte a piangere tra il vestibolo e l’altare per invocar la sospensione dei flagelli? Perché non prendete lo scudo della fede e non andate sopra i tetti, dentro le case, per le vie, su ogni luogo anche inaccessibile, a portare il seme della mia parola? Ignorate che questa è la terribile spada a due tagli la quale abbatte i miei nemici e rompe le ire di Dio e delle genti?” [cxxiii] .

I “savi fuggono” da Roma, la città è abbandonata alle sue iniquità, poiché anche le persone dotte e sante, rimaste fedeli alla legge del Signore, l’hanno lasciata in balia di sé stessa. La legge di Dio quindi è “tuttora calpestata”, come fosse “un nome vano”, con “prevaricazioni tra i dotti e gli ignoranti”. Ecco allora necessario il sacrificio espiatore dei figli di Roma, che “laveranno le macchie” delle prevaricazioni con il sangue.

In particolar modo i ricchi, soddisfatti della loro vita condotta tra le “magnificenze”, vedranno trasformati i bei palazzi e le ville lussuose nella “spazzatura delle piazze e delle strade”. Anche i sacerdoti non sono immuni dalla colpa, lenti come sono a rinsavire e riconoscere nella mano che li colpisce, quella potente di Dio.

“questi avvenimenti dovranno effettuarsi inevitabilmente l’uno dopo l’altro.

Le cose si succedono troppo lentamente.

Ma l’augusta Regina del Cielo è presente. La potenza del Signore è tra le sue mani: disperde come nebbia i suoi nemici.

Riveste di tutti i suoi antichi abiti il venerando Vecchio.

Succederà ancora un violento uragano.

L’iniquità è consumata; il peccato avrà fine e, prima che trascorrano due plenilunii del mese dei fiori, l’iride di pace comparirà sulla terra.

Il gran Ministro vedrà la Sposa del suo Re vestita a festa.

Su tutto il mondo apparirà un sole così luminoso, quale non fu mai dalle fiamme del Cenacolo fino ad oggi, né più si vedrà fino all’ultimo dei giorni.” [cxxiv]

Nonostante il loro lento succedersi, gli avvenimenti, si realizzeranno “inevitabilmente”.

La conclusione però, dopo le tribolazioni, che Dio invierà sulla terra, è affidata ad un intervento della Madonna, nelle cui mani è “la potenza del Signore”. La Vergine Santissima otterrà una grande vittoria. I nemici suoi e della Chiesa, che sembravano tanto potenti, saranno spazzati via “come nebbia”, quasi senza opporre resistenza.

Allora la Vergine “riveste di tutti i suoi antichi abiti” il Pontefice Romano; restaura quindi lo Stato Pontificio.

Vi sarà ancora “un violento uragano”. “l’iniquità è consumata” e “il peccato avrà fine”, e l’arcobaleno, prima che trascorra un mese primaverile con due plenilunii, comparirà sulla terra ad indicare, come fu già dopo il Diluvio, la pace ristabilita tra Dio e l’umanità peccatrice.

Il gran Ministro, cioè il Papa, vedrà allora la Chiesa, “sposa del Suo Re” Gesù Cristo, “festita a festa”, per la fine delle tribolazioni e per la vera pace, fondata sulla Fede, che regna nel mondo, illuminato da “un sole così luminoso” quali non si vide dalla nascita della Chiesa il giorno di Pentecoste fino alla fine del mondo.

come sempre, anche in questa conclusiva sezione non è facile specificare i particolari. il senso generale, tuttavia, non lascia adito a dubbi.

Grazie all’intervento speciale di Maria SS. il Papato e la Chiesa, Sposa Immacolata di Cristo, saranno restaurati nelle loro prerogative temporali e spirituali. l’umanità peccatrice, purgata dai travagli, grazie all’intercessione della Madonna, sarà perdonata da Dio e la vera pace sarà stabilita sulla terra.

3° sogno: Avvenimenti misteriosi (24 maggio-25 giungo 1873)

i due sogni descritti in precedenza abbracciano un arco temporale assai lungo. quest’ultimo, invece, per ammissione del Veggente, si riferisce ad una serie d’eventi concentrati in un lasso di tempo ristretto: quattrocento giorni.

“Tutto il tempo, che passò nel compimento di questi avvenimenti, corrisponde a quattrocento [levate di sole]”. [cxxv]

Come si noterà, tutta una serie d’assonanze indicano che questi ‘avvenimenti misteriosi’ sono un chiarimento dei fatti narrati per sommi capi nell’ultima sezione del sogno precedente.

Il sogno è incentrato sulla figura del Sommo Pontefice e sulle traversie che dovrà superare per giungere alla vittoria finale.

All’aprirsi della visione, Don Bosco vede “una notte scura”. In queste tenebre, i popoli non sanno trovare la strada per “ritornare ai loro paesi”. D’improvviso però “apparve in cielo una luce splendidissima, che illuminava i passi dei viaggiatori come a mezzogiorno”.

Vede allora “una moltitudine d’uomini, di donne, di fanciulli e di vecchi, di monaci, di monache e di sacerdoti con alla testa il Sommo Pontefice uscir dal Vaticano e schierarsi in corteo”.

Scoppia d’improvviso “un furioso temporale”, che cerca di oscurare la luce, ingaggiando con essa “una battaglia ”.

Appare probabile che quest’ultimo fatto abbia un significato simbolico che rappresenta la furia distruttiva dei nemici della Chiesa.

Il corteo guidato dal Papa, intanto, giunge “a una piazza coperta di morti e di feriti […] mentre le file della processione si diradavano assai”.

Così “dopo aver camminato per uno spazio corrispondente a duecento levate di sole, ognuno si accorse che non si trovava più a Roma”.

i rimasti allora sono preda dello sgomento e si raccolgono attorno al Papa per difenderlo. In quel momento assai critico, compaiono due angeli che gli presentano uno stendardo e gli dicono: “Ricevi il vessillo di Colei che combatte e disperde i più forti eserciti della terra. I tuoi nemici sono scomparsi, i tuoi figli con lacrime e sospiri invocano il tuo ritorno”.

Sullo stendardo v’era scritto da un lato Regina concepita senza peccato e dall’altro Ausiliatrice dei Cristiani.

Il Pontefice afferra con gioia lo stendardo, ma rimane afflittissimo al vedere l’esiguo numero di coloro che gli sono intorno. I due angeli allora soggiungono:

“va’ tosto a consolare i tuoi figli. Scrivi ai tuoi fratelli, dispersi per le varie parti del mondo, che occorre una riforma dei costumi”.

Il Pontefice riprende di nuovo la marcia e, a poco a poco, le file della processione ingrossano. Giunto a Roma, “si mise a piangere per la desolazione in cui erano i cittadini, di cui molti non erano più.” Rientrato in San Pietro, “intonò il Te Deum, al quale risposero un coro di Angeli che cantavano: Gloria a Dio in cielo e sulla terra pace alle genti di buona volontà”.

Allora cessò l’oscurità e “irradiò un fulgidissimo sole”. Città, paesi e campagne era assai diminuiti di popolazione; “la terra era pésta come da un uragano, da un acquazzone e dalla grandine, e le persone andavano una verso l’altra e dicevano: V’è Iddio in Israele.”

“Dall’inizio dell’esilio fino al canto del Te Deum, il sole si levò duecento volte. Tutto il tempo, che passò nel compimento di questi avvenimenti, corrisponde a quattrocento”.



Le grandi apparizioni mariane del XIX secolo

S. Luigi Maria Grignion insegna che la futura Restaurazione della Chiesa e della Civiltà cattoliche si otterrà grazie ad un intervento speciale della Madonna, la cui universale devozione sarà come il sigillo di quell’epoca di pace.

ben si comprende, allora, perché, a partire dai primi decenni del XIX secolo, quando, con lo scoppio della Rivoluzione francese, il processo di scristianizzazione dell’Europa entrò nella fase parossistica, una serie di apparizioni della Madre di Dio abbia segnato il cammino verso il ‘secolo di Maria’.

pure in altri tempi vi sono state simili manifestazioni soprannaturali. le più recenti tuttavia hanno dato origine a devozioni mariane universali e i messaggi della Madonna, a ben guardare, presentano il medesimo leit-motiv.



S. Caterina Labouré e la Medaglia Miracolosa (1830)

La ventiquattrenne Caterina Labouré, da poco entrata come novizia nell’Ordine delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ paoli, presso il convento di Rue du Bac a Parigi, è favorita il 6 giugno 1830, festa della Santissima Trinità, di una visione che predice la prossima caduta della Monarchia Cristianissima, a seguito della cosiddetta Rivoluzione di luglio, che porterà sul trono costituzionale Luigi Filippo d’Orléans, il Re ‘borghese’.

“Mi apparve – scrive la santa – nel SS. Sacramento come un Re, con la croce sul petto, durante la Messa. al momento del Vangelo mi sembrò che Nostro Signore fosse spogliato di tutti i suoi ornamenti, e tutto cadesse a terra, e mi sembrò che la croce scendesse sotto i piedi di Nostro Signore.

Allora ebbi i pensieri più neri e tristi. Allora ebbi il pensiero che il re della terra [Carlo X di Borbone] sarebbe perduto e spogliato dei suoi abiti regali; il pensiero, che non so spiegare, sulla perdita che si stava per fare.” [cxxvi]

La vigilia della festa di San Vincenzo, il 17 luglio 1830, Caterina è svegliata di soprassalto dal suo Angelo Custode, che la conduce nella Cappella del Convento, dove le appare la Madonna. La giovane Le si pone accanto, appoggiando le mani sulle ginocchia della Regina del Paradiso.

“Figlia mia – le dice Nostra Signora – il buon Dio vuole affidarti una missione. Avrai molto da soffrire, ma sopporterai tutto pensando che lo fai per la gloria del Buon Dio […] i tempi sono molto tristi, sciagure stanno per colpire la Francia; il trono sarà rovesciato, il mondo intero sarà sconvolto da disgrazie di ogni specie. La S. Vergine aveva l’aria molto afflitta dicendo questo, ma [continuò]: Venite ai piedi di quest’altare; qui le grazie saranno sparse su tutte le persone che le domanderanno con fiducia e fervore, saranno sparse sui grandi e sui piccoli.” [cxxvii]

La seconda ed ultima apparizione avvenne il 27 novembre 1830. Caterina vede come una rappresentazione, con la Madonna al centro, in un “quadro un poco ovale in cui stavano in alto queste parole: O Maria concepita senza peccato pregate per noi che ricorriamo a voi, scritte in lettere d’oro. Allora si fece sentire una voce che mi disse: Fate, fate coniare una medaglia secondo questo modello. Tutte le persone che la useranno riceveranno grandi grazie, portandola al collo. Le grazie saranno abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia. Immediatamente il quadro – continua S. Caterina – mi è sembrato voltarsi e ho veduto il rovescio della medaglia. Inquieta per sapere che cosa si doveva mettere dalla parte del rovescio della medaglia, dopo molte preghiere, un giorno, nella meditazione, mi è sembrato sentire una voce che mi diceva: la M [iniziale di Maria] e i due cuori [il Sacro Cuore di Gesù e quell’Immacolato della Madonna] dicono abbastanza…” [cxxviii]

La devozione della Medaglia Miracolosa, che si festeggia ai 27 di novembre, divenne ben presto popolarissima, soprattutto dopo la straordinaria conversione dell’ebreo Alfonso Ratisbonne. Questi, trovandosi a Roma nel gennaio 1842, l’indossò per scherzo e per sfida. il giorno 20, però, entrato nella Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, ebbe una visione della Madonna, dinanzi alla quale “cadde ebreo e si rialzò cristiano”. [cxxix]

La salette. 19 settembre 1846

alle tre pomeridiane del 19 settembre 1846, vigilia della festa dell’Addolorata, due fanciulli, Pierre-Maximin Giraud e Françoise-Mélanie Calvat-Mathieu, che pascolavano a 1800 metri d’altitudine sulla montagna de La Salette, nella Diocesi di Grenoble, assistettero ad un singolare prodigio. apparve loro, circonfusa in un globo luminoso, “una bella Signora”.

La Signora del Cielo si rivolse ai pastorelli in francese, ma, accortasi degli sguardi perplessi dei due, riprese a dire nel dialetto patois della zona.

“Venite avanti, bambini miei, non abbiate paura. Sono qui per annunziarvi una grande notizia.

Se il mio popolo non vuole sottomettersi, io sono costretta a lasciare la mano di mio Figlio. La Sua mano è così pesante, così pesante che non posso più trattenerla. Da quanto tempo soffro per voi! Se voglio che Mio Figlio non vi abbandoni, sono incaricata di pregarLo senza sosta. E voi altri, voi non ci fate caso. Per quanto preghiate, per quanto facciate, mai potrete ripagare il dolore che sento per voi. Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservata il settimo, e non me lo si vuole accordare. È questo che appesantisce tanto il braccio di Mio Figlio. Coloro che guidano i carri non sanno parlare senza mettervi il Nome di mio Figlio in mezzo. Queste sono le due cose che appesantiscono il braccio di mio Figlio. Se il raccolto si guasta, non è che per causa vostra. Ve l’ho fatto vedere l’anno passato con le patate, voi non ci avete fatto caso. È il contrario, quando ne trovavate di guaste, bestemmiavate e usavate il Nome di Mio Figlio. Le patate continueranno a guastarsi e a Natale non ve ne saranno più; se voi avete del grano non dovete seminarlo. Tutto quello che seminerete le bestie lo mangeranno, e ciò che crescerà cadrà in polvere quando lo batterete. Verrà una grande carestia. Prima che venga la carestia, i bambini sotto i sette anni prenderanno un tremito e moriranno tra le mani di coloro che li terranno; gli altri faranno penitenza con la fame. le noci diventeranno cattive, l’uva marcirà.” [cxxx]

A questo punto la Madonna si rivolse a ciascuno dei due veggenti, in modo che l’uno non udiva quello che l’altro sentiva. Confidò loro due segreti [cxxxi] .

In seguito, pronunciando le parole: “Se essi si convertiranno, le pietre e le rocce si cambieranno in grano e le patate si troveranno seminate nei campi”, riprese il messaggio pubblico e conosciuto.

“Dite bene le vostre preghiere bambini miei?” a che i fanciulli risposero: “oh, no Signora, non molto. ah! Bambini miei, bisogna farlo bene, sera e mattino, quando non potete fare meglio dite un Pater e un’Ave Maria, e quando avrete tempo e potrete fare meglio, ne direte di più.

Non va che qualche donna un poco anziana alla Messa; gli altri lavorano tutta l’estate la Domenica, e l’inverno quando non sanno cosa fare essi non vanno a Messa che per beffarsi della religione. La Quaresima vanno in macelleria come i cani”.

Concludendo il discorso in francese, la Santissima Vergine disse: “Bene, bambini miei, lo farete passare a tutto il mio popolo” [cxxxii] .

Secondo le parole della Madre di Dio, due sono i peccati che maggiormente attirano la vendetta divina: la bestemmia e l’inosservanza del precetto festivo. A ben guardare si tratta della trasgressione del 2° e 3° comandamento: ‘Non nominare il nome di Dio invano’ e ‘Ricordati di santificare le feste’.

la Francia e l’Europa sedicenti cristiane del 1846 - e a maggior ragione il nostro tempo - trascurano quei comandamenti che assieme al primo (‘Non avrai altro Dio all’infuori di me’) formano la prima tavola della legge e riguardano direttamente Dio. Così, svuotando di contenuto anche il primo, s’incamminano a grandi passi lungo la china dell’apostasia. Sono i ‘diritti’ di Dio, che, in un’epoca che ama soltanto ricordare quelli presunti dell’uomo, la Madonna richiama con forza. La loro inosservanza determina, come conseguenza inevitabile, il mancato ossequio anche dei comandamenti che, contenuti nella seconda tavola, afferiscono all’uomo. L’amore verso l’uomo, se non ha fondamento nell’amor di Dio, è un inganno ipocrita. Il tracollo della società attuale, ci ammonisce Maria santissima, va ricercato innanzi tutto nell’inadempienza colpevole dei doveri verso il Creatore. questo provoca lo sdegno di gesù Cristo, che si appresta a punire l’umanità per i suoi misfatti. Solo la preghiera umile e la sincera penitenza, per l’intercessione della Beata Vergine, possono stornare la tremenda punizione.

Le 18 apparizioni di Lourdes (1858)

l’11 febbraio 1858 la Madre di Dio si mostrò, con in mano il S. Rosario nell’atto di recitarlo, ad una giovinetta d’umile estrazione, Bernadette Soubirous di Lourdes, paesello ai piedi dei Pirenei francesi.

Nella seconda visita (14 febbraio 1858) la Madonna, ordinò alla fanciulla di ritornare alla grotta delle apparizioni per altri quindici giorni, aggiungendo: “Io non ti prometto di renderti felice in questo mondo, ma nell’altro”.

Il 21 febbraio, durante la sesta apparizione, Bernadette vide il volto della Vergine rattristarsi e farsi malinconico. richiesta del motivo di tanta afflizione, rispose: “Conviene pregare per i peccatori”.

Nell’ottava visita del 24 febbraio, la scena si ripetè. Bernadette, allora, voltatasi verso la numerosa folla che assisteva e cui era impedito di vedere il prodigio, con voce singhiozzante, replicò: “Penitenza! Penitenza! Penitenza!”.

La nona apparizione del 25 febbraio vide il miracolo della fonte, che sgorgò dalla terra a un piccolo colpo della fanciulla.

“Io sono l’Immacolata Concezione. Desidero che qui si eriga una cappella”, così disse la Madre Dio il 25 marzo 1858, durante la XVI apparizione [cxxxiii] .

L’insegnamento di Lourdes sta più nei fatti che nelle parole. La fonte miracolosa, con le strepitose guarigioni naturalmente inspiegabili, ricorda alla superbia dell’uomo scientista, i limiti del suo sapere e la necessità dell’intercessione della Madre di Dio.



GEBURAH
00giovedì 6 aprile 2006 09:53
CONTINUO



Fatima 1917

“Sono venuta a chiedervi di venire qui per sei mesi consecutivi, il giorno 13, a questa stessa ora. Poi vi dirò chi sono e che cosa voglio. Poi ritornerò ancora qui una settima volta.” [cxxxiv]

Così disse una misteriosa Signora di straordinaria bellezza, apparsa, nella campagna di fatima, il 13 maggio 1917, a tre fanciulli portoghesi, Lucia de Jesus dos Santos, e Francisco e Giacinta Marto.

Il 13 giugno, mostratasi la seconda volta, la Vergine accennò al fine dell’apparizione: la diffusione nel mondo della devozione al Cuore Immacolato: “A chi l’abbraccia prometto la salvezza, e queste anime saranno amate da Dio come fiori posti da me ad adornare il suo trono.” [cxxxv]

Il 13 luglio i tre veggenti ricevono la comunicazione di un segreto.

“Il segreto consta di tre cose distinte, due delle quali sto per rivelare – scrive suor Lucia nel 1941 nella terza versione delle sue Memorie – la prima, dunque, fu la visione dell’Inferno.

La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco vedemmo i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o brunite, di forma umana, che ondeggiavano nell’incendio sollevate dalle fiamme che uscivano da loro stessi insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti – simili al cadere delle scintille nei grandi incendi – senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e di disperazione che terrorizzavano e facevano tremare di paura. I demoni si distinguevano per la forma orribile e ributtante di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri. Questa visione durò un momento.

[…] In seguito alzammo gli occhi alla Madonna che ci disse con bontà e tristezza: Avete visto l’inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole istituire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato.

Se farete quello che vi dirò, molte anime si salveranno e vi sarà la pace.

La guerra sta per finire, ma se non smetteranno di offendere Dio, nel regno di Pio XI ne comincerà un’altra peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segnale che Dio vi dà del fatto che si appresta a punire il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame, e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre.

Per impedire tutto questo, sono venuta a chiedere la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le mie richieste, la Russia si convertirà e vi sarà la pace, altrimenti essa diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate; infine il mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace. In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede…” [cxxxvi]

la Santa Vergine rammenta innanzi tutto l’esistenza dell’inferno eterno, come ultraterreno luogo di pena, stabilito da Dio per i peccatori impenitenti. La Madre di Cristo inoltre ricorda all’umanità che anche su questa terra Dio si riserva d’esercitare la sua giustizia contro i popoli prevaricatori, scatenando guerre, e permettendo alle false ideologie di pervertire i cuori degli uomini. Unico rimedio il ricorso alla Madonna, per mezzo della devozione al Suo Cuore Immacolato. Il trionfo della Vergine è scritto nelle stelle, poiché, nonostante il pervertimento dei cuori e l’abbandono della legge divina, alla fine sarà Dio a trionfare e ad instaurare la devozione al Cuore Immacolato. Prima tuttavia è necessario il castigo purificatore, unico mezzo ormai per piegare la dura cervice, sorda ad ogni ammonimento, dell’uomo contemporaneo. La punizione sarà terribile; molte nazioni saranno annientate.

il messaggio di Fatima, nella terribile semplicità delle sue parole, s’inscrive in una linea di pensiero che rimonta nei secoli, e di cui riflette nella sostanza i medesimi princìpi. Alla rivolta dell’uomo contro il suo Redentore, Dio prepara una terribile prova. Il materno intervento della madonna, tuttavia, ne attenuerà la furia distruttrice, e introdurrà l’umanità in un periodo di pace (“Infine il mio cuore Immacolato trionferà”) che, come preconizzava il Montfort, avrà nella devozione alla Madonna il suo principio distintivo.

La Consacrazione della Russia e la Restaurazione

Il ciclo di Fatima presenta molte analogie con le apparizioni del Sacro Cuore a Paray-le-Monial. Come in Francia il Sacro Cuore, così in Portogallo la Madre di Dio prescrisse simili rimedi spirituali per stornare il castigo incombente sull’umanità e accelerare l’avvento del Suo trionfo: la Comunione riparatrice nei primi cinque sabati e la Consacrazione della Russia.

“A tutti quelli che per cinque mesi, nel primo sabato, si confesseranno, ricevendo la Santa Comunione, reciteranno una corona del rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti meditando sui quindici misteri del Rosario – comunicò la Santissima Vergine a Suor Lucia il 10 dicembre 1925 – io prometto di assisterli, nell’ora della morte, con tutte le grazie necessarie per la salvezza di queste anime.” [cxxxvii]

come già avvenne negli avvertimenti del Sacro Cuore a S. margherita Maria Alacoque, anche nel 1925 la Comunione riparatrice è l’eccellentissimo mezzo con cui il singolo fedele può impetrare copiose grazie dal Cielo. Questo tuttavia non è ancora sufficiente. Essendo pubblico il peccato, necessita anche di pubblica riparazione, e alla pietà individuale dei singoli, come a Paray-le-Monial, deve aggiungersi un atto pubblico solenne d’espiazione nella forma ormai nota della consacrazione.

Data la gravità del male e non restando sulla terra altra legittima autorità che quella del Vicario di Cristo, ecco che la madonna, apparendo alla veggente il 13 giugno 1929, con il Cuore Immacolato nella mano sinistra coronato di spine e in fiamme, le rivolge queste parole:

“è giunto il momento in cui Dio chiede che il santo Padre faccia, in unione con tutti i vescovi del mondo, la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato, promettendo di salvarla con questo mezzo. Sono tante le anime che la giustizia di Dio condanna per peccati commessi contro di me, e perciò vengo a chiedere riparazione…” [cxxxviii] quello stesso anno Pio XI allora regnante, venne a parte del messaggio. Sei anni dopo, il 18 maggio 1936, non avendo il Pontefice ottemperato alle voci celesti, la veggente chiese a Dio, perché non convertisse la Russia senza l’atto di Consacrazione.

Cristo rispose: “Perché voglio che tutta la mia chiesa riconosca questa consacrazione come un trionfo del Cuore Immacolato di Maria, per poi estendere il suo culto e porre la devozione a questo cuore Immacolato accanto alla devozione al mio Cuore divino.” [cxxxix]

Qualche mese dopo, in agosto, Suor Lucia ricevette una decisiva comunicazione in merito alla Consacrazione:

“Fai sapere ai miei ministri che, avendo essi scelto di seguire l’esempio del Re di Francia nel ritardare l’esecuzione della mia domanda, essi lo seguiranno anche nella disgrazia.” [cxl] “Non hanno voluto ascoltare la mia richiesta. Come il Re di Francia se ne pentiranno, e la faranno, ma sarà tardi. La Russia avrà già sparso i suoi errori nel mondo, provocando guerre, persecuzioni alla Chiesa: il santo Padre dovrà soffrire molto.” [cxli]

i Sommi Pontefici, che hanno conosciuto il messaggio di Fatima, non hanno corrisposto nei modi dovuti agli avvisi celesti.

Pio XI, infatti, non eseguì l’atto di consacrazione. Pio XII, il 31 ottobre 1942, consacrò la Chiesa e il genere umano al Cuore Immacolato, senza però menzionare la Russia. Dieci anni dopo, il 7 luglio 1952, Papa Pacelli rinnovò la medesima consacrazione, con la lettera apostolica Sacro Vergente. Paolo VI affidò il genere umano al Cuore Immacolato di Maria il 21 novembre 1964. Giovanni Paolo II, dopo l’attentato del 13 maggio 1981, consacrò due volte il mondo, senza citare la Russia, al Cuore di Maria, il 13 maggio 1982 e il 25 marzo 1984. Suor Lucia ha sempre considerato incomplete tutte le Consacrazioni fino al 1989. Dopo d’allora, tuttavia, si diffuse la notizia che la veggente riconoscesse per valida quella fatta da Giovanni Paolo II nel 1984.

Sia come sia, dopo quattordici anni dall’ultima Consacrazione, il messaggio di Fatima non ha perso nulla della sua attualità. I cattolici hanno in generale disatteso i pressanti inviti alla conversione della Madonna. La devozione al Cuore Immacolato, con la pratica dei primi cinque sabati, è caduta nell’oblio. La Russia non si è affatto convertita. il castigo incombe minaccioso sull’umanità, senza che i rimedi soprannaturali indicati dalla Madre di Dio possano, a causa della colpevole negligenza degli uomini, far molto per evitarlo.

Questo fosco quadro, tuttavia, non deve far dimenticare che dopo la punizione, unico strumento ormai per far rinsavire l’umanità peccatrice, la Vergine Santa ha assicurato il suo trionfo.

Il Terzo Segreto finalmente rivelato (26 giugno 2000)

Il 13 maggio 2000, Giovanni Paolo II ha annunciato a Fatima, in occasione della beatificazione dei due pastorelli, Jacinta e Francisco Marto, la prossima pubblicazione della terza parte del segreto.

Il 26 giugno, durante una conferenza dalla sala-stampa del Vaticano, trasmessa in diretta mondovisione, il Cardinal Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, rendeva finalmente noto, dopo quarant'anni dalla data prevista dal Cielo, il famoso e misterioso terzo segreto.

Lo scritto venne steso da Suor Lucia a Tuy, il 3 gennaio 1944, su ordine del Vescovo di Leiria. Ecco il testo nella traduzione italiana:

“…Dopo le due parti [cxlii] che ho già esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo, indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza. E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti” un Vescovo vestito di bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”. Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi, come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraverso una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della croce c’erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio.” [cxliii]

Un commento al commento

Secondo l’interpretazione del Card. Ratzinger, come si espresse già durante la conferenza stampa di presentazione del segreto, il Vescovo vestito di bianco, colpito dai soldati è Giovanni Paolo II. Egli però non è morto, poiché ogni profezia è condizionata dalla libera adesione al bene o al male da parte degli uomini. Quindi, stando alla Chiesa Conciliare, il segreto di Fatima si sarebbe già avverato nel 1981, quando Giovanni Paolo II fu “come morto”, per usare la curiosa espressione del Cardinal Sodano, sotto i colpi del terrorista turco Ali Agcà. In questa maniera il ciclo di Fatima sarebbe concluso, e quindi, il trionfo del Cuore Immacolato già avvenuto, magari con la caduta del Muro di Berlino nel 1989.

Occorre dire con forza che l’esegesi ratzingeriana del terzo segreto di Fatima, lascia molto perplessi. Siamo, infatti, del parere che gli avvenimenti indicati nella visione non si siano ancora verificati. In generale dalla lettura del testo di commento, pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, e intitolato semplicemente Il Messaggio di Fatima (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2000) si ricavano le seguenti indicazioni:

1) il messaggio celeste è, per così dire, piegato a strumento propagandistico a vantaggio della figura del regnante Pontefice, e suona come una sorta di beatificazione ante mortem di Giovanni Paolo II.

2) Il fine del commento sembra quello di svuotare la valenza e portata reale del segreto di Fatima.

3) Si pretende che il terzo segreto, a costo di cadere in parecchie contraddizioni, si sia attuato in Giovanni Paolo II.

4) Sono omessi inspiegabilmente alcuni elementi e fatti importanti.

Vediamo più attentamente però lo scritto stilato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede a commento del segreto.

Il piccolo volume si apre con una Presentazione a firma di Mons. Tarcisio Bertone, Segretario della medesima Congregazione. In essa sono già tracciate le linee interpretative del messaggio celeste. Vi si fa una breve storia del testo della terza parte del segreto, scritta il 3 gennaio 1944, di cui esiste un solo manoscritto. La busta contenente il manoscritto, fu consegnata il 4 aprile 1957 all’Archivio Segreto del Sant’Uffizio. Il 17 agosto 1959, la busta fu portata dal Commissario del medesimo, il domenicano P. Pierre Paul Philippe O.P., a Giovanni XXIII. Il Papa decise, dopo alcune esitazioni, di rinviare la busta al Sant’Uffizio e di non rivelare il segreto. Anche Paolo VI lesse il contenuto della busta il 27 marzo 1965 e non si discostò dalla linea del suo predecessore, rinviando il plico al mittente. Giovanni Paolo II richiese invece la busta all’indomani dell’attentato del 13 maggio 1981. infatti, tra il 18 luglio 1981 e l’11 agosto dello stesso anno, la busta contenente il segreto rimase a disposizione del Papa presso la Segreteria di Stato.

Giovanni Paolo II, cercando di ottemperare alle richieste espresse dalla Madonna e già note, in particolare quella di consacrare la Russia al Suo Cuore Immacolato, compose un Atto di affidamento, che avrebbe dovuto essere celebrato nella Basilica di Santa Maria Maggiore il 7 giugno 1981. Questa consacrazione venne effettivamente compiuta, ma non dal Pontefice, che era assente per uno dei suoi viaggi. Inoltre, cosa ben più rilevante, nell’Affidamento non viene fatta alcuna chiara menzione della Russia. Si parla, infatti, soltanto di “coloro il cui affidamento Tu pure attendi in modo particolare” [cxliv] . Giovanni Paolo II ripeté la preghiera il 7 giugno 1981, e di nuovo, a fatima, il 13 maggio 1982, nel primo anniversario del suo attentato. Tuttavia, il 25 marzo del 1984, l’atto di consacrazione venne rinnovato, ancora però senza un’esplicita menzione della Russia: “Ti affidiamo e consacriamo quegli uomini e quelle nazioni, che di questo affidamento e di questa consacrazione hanno particolare bisogno” [cxlv] .

Giovanni Paolo II, volendo ottemperare ad un’altra condizione indicata espressamente dalla Madonna per la validità della consacrazione, invitò tutti i vescovi del mondo intero, non si sa con quale esito, ad unirsi a lui nell’atto d’affidamento. Suor Lucia, per alcuni anni, giudicò l’atto di consacrazione del 1984 come insufficiente. La mancata menzione della Russia rispondeva ovviamente ai dettami della fallimentare Ostpolitik vaticana nei confronti del comunismo orientale. Suor Lucia, tuttavia, nel 1989, continua Bertone, giudicò quella consacrazione, prima stimata insufficiente e incompleta, come corrispondente ai desiderata della Madre di Dio. la caduta del muro di Berlino, evidentemente, e le forti pressioni vaticane aveva spinto la suora carmelitana a mutar parere.

Sul finire della Presentazione, il Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede avanza già “un’indicazione per l’interpretazione della terza parte del segreto” [cxlvi] come era stata offerta da Suor Lucia in una lettera a Giovanni Paolo II del 12 maggio 1982:

“La terza parte del segreto si riferisce alle parole di Nostra Signora: ‘Se no [la Russia] spargerà i suoi errori per il mondo, promovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte.’ (13-VII-1917)

La terza parte del segreto è una rivelazione simbolica, che si riferisce a questa parte del Messaggio, condizionato dal fatto se accettiamo o no ciò che il Messaggio stesso ci chiede: ‘Se accetteranno le mie richieste, la Russia si convertirà e avranno la pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, ecc.’

Dal momento che non abbiamo tenuto conto di questo appello del Messaggio, verifichiamo che esso si è compiuto, la Russia ha invaso il mondo con i suoi errori. E se non constatiamo ancora la consumazione completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati a poco a poco a larghi passi…” [cxlvii] . Si noti, en passant, che nel 1982, un anno dopo l’attentato a Giovanni Paolo II, Suor Lucia non credeva che la terza parte del segreto di Fatima riguardasse il pontefice allora vivente, laddove dice che “non constatiamo ancora la consumazione completa del finale” della profezia, e cioè l’assassinio del Pontefice e di gran parte del clero. Insomma, conclude Bertone, che a quanto pare non teme le contraddizioni, “la decisione del Santo Padre Giovanni Paolo II di rendere pubblica la terza parte del ‘segreto’ di Fatima chiude un tratto di storia…” [cxlviii] ossia noi vivremmo già, secondo l’interpretazione ufficiale, nel periodo storico segnato ed inaugurato dal Trionfo del Cuore Immacolato, promesso a Fatima dalla Madre di Dio!

Alla Presentazione vergata da Mons. Bertone (pp. 3-10), segue la pubblicazione integrale delle tre parti del messaggio di Fatima con la riproduzione anastatica del testo originale manoscritto di Suor Lucia (pp. 13-21). Si noti che il testo pubblicato delle due parti già conosciute è quello della terza memoria scritta da Suor Lucia il 31 agosto 1941. L’aver trascurato la memoria quarta del messaggio, scritta dalla veggente l’8 dicembre del medesimo 1941, e da lei giudicata più precisa e completa, ha una sua ragione. In quest’ultimo scritto, infatti, la suora aggiunge, a conclusione della seconda parte del segreto, la frase: “In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede…” Nel testo pubblicato dalla Congregazione, quest’inciso viene ricordato in nota a piè della pagina 16, evidentemente come elemento trascurabile, nonostante alluda chiaramente ad una generale crisi della fede cattolica durante il secolo XX!

Alla pubblicazione integrale del Messaggio celeste, segue una sezione intitolata significativamente: Interpretazione del ‘segreto’ (pp. 25-43). Questa sezione contiene una lettera di Giovanni Paolo II, datata 19 aprile 2000, e diretta a Suor Lucia, con cui si comunica alla veggente che Mons. Bertone verrà ad interrogarla in nome del Pontefice “per fare qualche domanda sull’interpretazione della ‘terza parte’ del segreto.” [cxlix]

Segue, infatti, alle pagine 28-29 il Colloquio avuto con Suor Lucia de Jesus e do Coração Imaculado. L’incontro ha avuto luogo giovedì 27 aprile 2000, nel Carmelo di Santa Teresa di Coimbra. Suor Lucia – si legge nel testo – “condivide l’interpretazione secondo cui la terza parte del ‘segreto’ consiste in una visione profetica, paragonabile a quelle della storia sacra. Essa ribadisce la sua convinzione che la visione di Fatima riguarda soprattutto la lotta del comunismo ateo contro la Chiesa e i cristiani, e descrive l’immane sofferenza delle vittime della fede nel XX secolo.” [cl]

Le viene domandato da Mons. Bertone, in maniera un po’ sibillina, se il personaggio principale della visione è il Papa? Suor Lucia risponde affermativamente. Il ‘vescovo vestito di bianco’ che campeggia nella visione è un Papa, ma quale? Bertone continua scrivendo che Suor Lucia “condivide pienamente l’affermazione del Papa: ‘fu una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte’ (Giovanni Paolo II, Meditazione dal Policlinico Gemelli ai Vescovi Italiani, 13 maggio 1994) [cli] . Suor Lucia afferma quindi che il Papa, o meglio un Papa, è il principale attore del segreto, e aggiunge di condividere l’interpretazione che Giovanni Paolo II ha dato del suo attentato, cioè che è soltanto grazie all’intercessione della Madonna cui deve la sua salvezza. Il testo gioca ambiguamente e furbescamente sull’accostamento di queste due affermazioni, come se l’una fosse la premessa e la seconda la sua logica conclusione e come se dal semplice accostamento delle due affermazioni ne scaturisse la prova che la suora creda nell’avveramento del segreto in Giovanni Paolo II.

Bertone pone alla suora un’altra fondamentale domanda. Perché la scadenza del 1960? Ed ancora: è stata la Madonna a fissare quella data per la pubblicazione del terzo segreto? Suor Lucia risponde: “Non è stata la Signora, ma sono stata io a mettere la data del 1960, perché secondo la mia intuizione, prima del 1960 non si sarebbe capito, si sarebbe capito solo dopo…” [clii]

Anche in questo caso Bertone ciurla nel manico. Dal testo si deduce che la Madonna avrebbe chiesto la pubblicazione del segreto dopo il 1960 e non proprio nel 1960. o meglio non è la Madonna, ma Suor Lucia, che per sua intuizione, avrebbe arbitrariamente fissato quella data. Da queste tormentate righe, il cui intento è giustificare la tesi di Giovanni Paolo II come coincidente con il ‘vescovo vestito di bianco’ e di glissare sul ritardo spaventoso con cui il segreto è stato reso noto, viene inferto, senza che forse Bertone se ne avveda, un duro colpo alla credibilità di Suor Lucia, se non come custode del segreto, almeno come sua interprete. Essa avrebbe fissato, per sua intuizione, e non per ordine della Madonna, la data del 1960 come scadenza per la pubblicazione del segreto. La sua intuizione è palesemente errata, visto che il segreto è stato pubblicato 40 anni dopo. D’altronde l’inattendibilità di Suor Lucia in riferimento alle date, si rileva anche in merito ai suoi giudizi sui tentativi di consacrazione operati da Giovanni Paolo II. Così la Consacrazione del 1984 fu dalla suora giudicata incompleta fino al 1989, anno in cui Suor Lucia cambiò opinione giudicandola buona! Comunque sia, non si evince rigorosamente dal testo, riportante il colloquio tra Suor Lucia e Mons. Bertone, che il Papa del segreto è Giovanni Paolo II, ma solo che la suora è convinta che il Pontefice fu salvato dalla Madonna nel tragico attentato del 1981, e che il protagonista della visione ‘il vescovo vestito di bianco’ è il Papa, ovvero, meno ambiguamente, un Papa, e non per esempio un vescovo missionario, indossante cioè una talare bianca.

Le pagine 30-31 sono dedicate alla Comunicazione di Sua Eminenza il Card. Angelo Sodano Segretario di Stato di Sua Santità. È il testo dove più esplicitamente si accredita la tesi della coincidenza tra Giovanni Paolo II e il ‘vescovo vestito di bianco’ della visione. Giovanni Paolo II, pellegrino a Fatima per beatificare i due pastorelli che con Suor Lucia condivisero la visione del 1917 - scrive il presule - vuole dare al pellegrinaggio “anche il valore di un rinnovato gesto di gratitudine verso la Madonna per la protezione a Lui accordata durante questi anni di pontificato. È una protezione che sembra toccare anche la cosiddetta terza parte del ‘segreto’ di Fatima […] La visione di fatima riguarda soprattutto la lotta dei sistemi atei contro la Chiesa e i cristiani e descrive l’immane sofferenza dei testimoni della fede dell’ultimo secolo del secondo millennio. È un’interminabile Via Crucis guidata dai papi del ventesimo secolo.” [cliii] Notiamo di sfuggita che, se è vero che i Papi della prima metà del secolo fino a Pio XII, hanno certamente guidato, con il buon esempio e soprattutto il rigore dottrinale, la Via Crucis della Chiesa perseguitata dai ‘sistemi atei’ della modernità, questo merito non si può certo attribuire a Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, i papi conciliari dell’Ostpolitik e del dialogo ad oltranza con il mondo comunista.

Sodano, tuttavia, continua: “Secondo l’interpretazione dei pastorinhos, interpretazione confermata anche recentemente da Suor Lucia, il ‘Vescovo vestito di bianco’ che prega per tutti i fedeli è il Papa. Anch’egli, camminando faticosamente verso la Croce tra i cadaveri dei martirizzati (vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici) cade a terra come morto, sotto i colpi di arma da fuoco.” Anche qui si noti la stessa ambiguità di Bertone. Che il ‘vescovo vestito di bianco’ sia il Papa, o meglio, un Papa, nulla quaestio. Più problematica l’interpretazione di Sodano, quando, per adattare il segreto alla figura di Giovanni Paolo II, vede nel ‘vescovo vestito di bianco’ descritto nel segreto, forzando la bruta semplicità delle parole di Suor Lucia (che parlano di Papa morto ammazzato dai soldati) un “come morto”, un quasi morto. Per uscire dall’evidente incongruenza, tra il ‘vescovo vestito di bianco’ morto ammazzato, e il ‘quasi’ morto, ma vivo Giovanni Paolo II, Sodano cita lo stesso Giovanni Paolo II, che nella Meditazione con i Vescovi italiani, sopra richiamata, vede un intervento della Madonna nel suo scampato pericolo. Giovanni Paolo II è quindi il ‘vescovo vestito di bianco’ descritto da Suor Lucia.

E il trionfo del Cuore Immacolato?

Sodano ha una risposta anche per questo. Se infatti il ‘quasi’ morto Giovanni Paolo II, è il ‘vescovo vestito di bianco’ morto ammazzato dai soldati nel segreto, allora deve essersi verificato anche il ‘quasi’ Trionfo del Cuore Immacolato. Così è, infatti, per l’ineffabile Segretario di Stato: “I successivi avvenimenti del 1989 hanno portato, sia in Unione Sovietica che in numerosi Paesi dell’Est, alla caduta del regime comunista [ma non in Italia, dove vive Sodano, visto che il paese è stato governato fino a qualche mese fa da una maggioranza dominata da vetero e neo-comunisti!] che propugnava l’ateismo. […] Tuttavia, in altre parti del mondo gli attacchi contro la Chiesa e i cristiani, con il peso di sofferenza che portano con sé, non sono purtroppo cessati. Anche se le vicende a cui fa riferimento la terza parte del ‘segreto’ di Fatima sembrano ormai appartenere al passato…” Insomma per Sodano, il nostro mondo scristianizzato, agnostico, ove i seguaci del social-comunismo, pur con qualche riverniciata di superficie, sia ad Est come ad Occidente, gestiscono gran parte delle leve del potere mondiale, ove dilaga a macchia d’olio l’Islam, a danno delle popolazioni cristiane, mondo scosso da una gravissima crisi spirituale che agita la Chiesa cattolica, avrebbe già visto il (quasi) trionfo del Cuore Immacolato! È davvero un ben strano trionfo!

L’ultima parte del libello è il Commento teologico scritto dal Cardinal Prefetto in persona. Il Card. Ratzinger esordisce con una velata stoccata contro i cattolici tradizionalisti, i profeti di sventura di giovannea memoria, clamorosamente smentiti dal tenore del segreto: “Chi legge con attenzione il testo del cosiddetto terzo ‘segreto’ di Fatima […] resterà presumibilmente deluso – scrive infatti il presule – o meravigliato dopo tutte le speculazioni che sono state fatte. Nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato. Vediamo la Chiesa dei martiri del secolo ora trascorso rappresentata mediante una scena descritta con un linguaggio simbolico di difficile decifrazione.” [cliv] Ratzinger è quindi sicuro che il segreto parli di cose passate, già avvenute. Ammette tuttavia che il linguaggio simbolico è di “difficile decifrazione”. Anche il cardinal Prefetto ama quindi contraddirsi. Se è così difficile interpretarne il linguaggio, come si può poi essere così sicuri che siano già avvenuti i fatti ivi narrati? Quello che importa al presule è far passare l'idea che in fondo la terribile visione del clero massacrato e ammazzato in tutta l’estensione della sua gerarchia, dal Papa ai semplici religiosi, siano fatti già accaduti, ormai trascorsi, che tutto appartenga al passato, “il secolo ora trascorso”. Noi conciliari, dice Ratzinger, noi fautori dell’Ostpolitik coi comunisti, fallita su tutta la linea, noi ecumenisti ad oltranza, noi che viviamo così bene nel mondo moderno scristianizzato, possiamo dormire sogni tranquilli, quella visione terribile non ci riguarda. Tutto è già accaduto, per fortuna. Ma, se non fosse così?

Dopo questa premessa, il testo fa distinzione tra la Rivelazione pubblica e quella privata, sottolineandone la differenza essenziale. Quello che però preme all’autore è ancora svalutare il più possibile la valenza di terribile avvertimento, di cui il segreto è pregno. A questo scopo, il Prefetto sottolinea ambiguamente che in realtà “la profezia nel senso della Bibbia non significa predire il futuro, ma spiegare la volontà di Dio per il presente e quindi mostrare la retta via verso il futuro […] Il profeta viene incontro alla cecità della volontà e del pensiero e chiarisce la volontà di Dio come esigenza ed indicazione per il presente. L’importanza della predizione del futuro in questo caso è secondaria. Essenziale è l’attualizzazione dell’unica rivelazione, che mi riguarda profondamente: la parola profetica è avvertimento o anche consolazione o entrambe insieme. In questo senso si può collegare il carisma della profezia con la categoria dei ‘segni del tempo’, che è stata rimessa in luce dal Vaticano II…” [clv] In questa lunga citazione, notiamo anzitutto un linguaggio filosoficamente impreciso, imbevuto di esistenzialismo di seconda mano, dal tono sentimentale, che farebbe rivoltare nella tomba il più sprovveduto allievo di San Tommaso. Ma lo scopo di tanta voluta ambiguità è subito scoperto: svilire la portata ‘profetica’ del messaggio. Esso non svela il futuro, è un semplice ‘stimolo’ al credente per scoprire la volontà divina.

Nel successivo capitolo viene affrontata la struttura antropologica (ossia psicologica) delle rivelazioni private. Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede distingue tre forme di visione o percezione: la visione dei sensi (visio sensibilis); la percezione interiore (visio imaginativa) e la visione spirituale (visio intellectualis). “è chiaro che nelle visioni di Lourdes, Fatima, ecc. non si tratta della normale visione esterna dei sensi.” [clvi] È pure evidente che non si tratta neppure, per le rivelazioni private, della visione intellettuale, puramente spirituale, senza immagini. “Quindi si tratta della categoria di mezzo, la percezione interiore, che certamente ha per il veggente una forza di presenza, che per lui equivale alla manifestazione esterna sensibile.” [clvii]

Questo tipo di visione non è fantasia, e tuttavia “comporta anche delle limitazioni” [clviii] . Sono, infatti, le limitazioni che interessano a Ratzinger! “… Il soggetto è essenzialmente compartecipe del formarsi, come immagine, di ciò che appare. L’immagine può arrivare solo secondo le sue misure e le sue possibilità. Tali visioni pertanto non sono mai semplici ‘fotografie’ dell’aldilà, ma portano con sé anche la possibilità ed i limiti del soggetto che percepisce.” [clix] Si noti l’afflato soggettivistico di queste frasi, di sapore schiettamente kantiano. Più sotto è ancora più chiaro: “Le immagini da essi [i pastorelli] delineate non sono affatto una semplice espressione della loro fantasia, ma frutto di una reale percezione di origine superiore ed interiore, ma non sono neppure da immaginare come se per un attimo il velo dell’aldilà venisse tolto ed il cielo nella sua pura essenzialità apparisse, così come un giorno noi speriamo di vederlo nella definitiva unione con Dio. Le immagini sono piuttosto, per così dire, una sintesi dell’impulso proveniente dall’Alto e delle possibilità per questo disponibili del soggetto che percepisce, cioè dei bambini. Per questo motivo il linguaggio immaginifico di queste visioni è un linguaggio simbolico.” [clx]

Si tratta quindi, secondo il presule, di immagini che non sono parto della fantasia di bambini ignoranti. Tuttavia, in queste visioni, l’elemento soggettivo non è kantianamente meno importante di quello oggettivo. Secondo l’interpretazione di Ratzinger, è difficile capire che cosa di oggettivamente vero i fanciulli hanno visto dell’aldilà, ad esempio, nella famosa visione dell’inferno. La visione è, infatti, sintesi tra un informe “impulso proveniente dall’Alto” e le categorie interpretative soggettivisticamente e relativisticamente proprie alla loro condizione di bambini, portoghesi, di bassa estrazione sociale, viventi all’inizio del XX secolo. Probabilmente, ci dice il Prefetto, se a percepire quell’impulso proveniente dall’alto, fosse stato un tedesco adulto, appassionato di Kant, prete modernista, della seconda metà del medesimo secolo, la sua categorizzazione dell’impulso sarebbe stata ben diversa, e non avrebbe visto, fiamme, fuoco, diavoli, e sentito grida disperate…insomma l’inferno che i bambini hanno visto non è propriamente l’inferno, piuttosto la proiezione della ‘loro’ personale concezione dell’inferno preconciliare, che ha dato forma all’impulso proveniente dall’alto. Che il Cardinale la pensi proprio così, lo svela il suo commento ad un particolare della visione del terzo segreto. I pastorelli vedono infatti due angeli che raccolgono con un innaffiatoio il sangue che cola dai martiri uccisi. Secondo Ratzinger, “la conclusione del segreto ricorda immagini, che Lucia può aver visto in libri di pietà ed il cui contenuto deriva da antiche intuizioni di Fede.” [clxi] Lucia ha quindi proiettato quelle immagini, viste in qualche catechismo di campagna, e con esse ha dato forma all’impulso proveniente dall’alto. Alcuni termini, infine, in quest’interpretazione ‘antropologica’ delle visioni di Fatima, come il più volte ricordato ‘impulso’ proveniente dall’alto o il definire “antica intuizione di fede” (come se la Fede si intuisse, quando essa è l’adesione volontaria della ragione ad una dottrina certa che viene rivelata) la concezione della valenza espiatrice del sangue dei martiri, svelano la cultura modernista del difensore dell’ortodossia cattolica. Il vezzo neomodernista del presule lo conduce ad inanellare una lunga serie di errori teologici. Gli consigliamo di rileggersi nelle ore libere quei "libri di pietà" il cui contenuto "deriva da antiche intuizioni di Fede". Ci pare che abbia ne assoluto bisogno.

Nell’ultimo capitoletto, intitolato Un tentativo d’interpretazione del ‘segreto’ di Fatima (pp. 39-44) dopo aver parlato in termini abbastanza vaghi della devozione al Cuore Immacolato, Ratzinger passa a commentare la terza parte del messaggio.

In generale si nota l’assenza di un’interpretazione del messaggio nella sua interezza. Il commento della terza parte del segreto è infatti completamente disarticolato dalle altre due da tempo conosciute. Non vi è alcun tentativo, pur essendo luogo e tempo debiti, per inserire la terza parte nel quadro completo delle apparizioni di Fatima. L’accento è quindi posto continuamente sulla natura ‘simbolica’ della visione. È l’espediente con cui disincarnare, e, per così dire, estraniare dalla storia del nostro secolo la sua valenza profetica. Non è che manchi un’interpretazione storica del messaggio, come si è visto. Ma quest’interpretazione passa al vaglio corrosivo della prospettiva irenistica del Concilio Vaticano II, che svuota di contenuto il terribile ammonimento.

Ratzinger sottolinea che la “parola chiave di questo segreto è il triplice grido: Penitenza, Penitenza, Penitenza!” [clxii] gridato dall’angelo. Tuttavia non dedica più di otto righe a commentarne il significato. Secondo il presule, l’accorato appello dell’angelo significa “comprendere i segni del tempo […] Comprendere l’urgenza della penitenza – della conversione – della fede. Questa è la risposta giusta al momento storico, che è caratterizzato da grandi pericoli …” [clxiii] Tutto qui. Nessun accenno al valore espiatorio e riparatorio della penitenza, alla necessità di essa soprattutto in questi tempi di apostasia generale, come unico mezzo soprannaturale per stornare la punizione divina sull’umanità peccatrice. L’appello alla penitenza, se non è ricollegato al suo valore espiatorio e riparatorio di sacrificio, e alla sua efficacia soprannaturale come strumento per placare l’ira divina, giustamente sdegnata con l’umanità peccatrice, e in procinto di punirla con pene fisiche e morali, risulta quasi incomprensibile. Ma questo Ratzinger non dice.

L’angelo con la spada di fuoco ricorda analoghe immagini dell’Apocalisse, dice il Prefetto. Ancora una volta, questo ‘simbolo’ della “minaccia del giudizio, che incombe sul mondo” [clxiv] sarebbe frutto di reminiscenze scritturali, proiettate dai soggetti percipienti sul dato informe di origine soprannaturale. La natura punitiva della visione dell’angelo viene completamente sottaciuta. È l’uomo stesso, si legge, che “ha preparato con le sue invenzioni la spada di fuoco” [clxv] alludendo probabilmente agli armamenti nucleari. La giustizia di Dio, che spesso punisce l’uomo sulla terra, per ricondurlo alla verità e alla virtù, non centra per nulla. Anzi Ratzinger si affretta a sottolineare come alla figura minacciosa dell’angelo armato, si contrapponga la Madonna, che con la sua potente intercessione, storna dall’umanità i meritati castighi. È ancora il solito refrain buonista dei vaticanosecondisti.

Il luogo dell’azione presenta tre elementi simbolici: una ripida montagna, una grande città mezzo distrutta e una grande croce di tronchi grezzi. Qui i simboli si stemperano ancor più nel vago. La montagna e la città “simboleggiano il luogo della storia umana: la storia come faticosa ascesa verso l’alto [sembra di sentire echi delle letture di Teilhard de Chardin] la storia come luogo dell’umana creatività e convivenza, ma allo stesso tempo come luogo delle distruzioni, nelle quali l’uomo annienta l’opera del suo proprio lavoro. La città può essere luogo di comunione e di progresso, ma anche luogo del pericolo e della minaccia estrema…” [clxvi] in quest’orizzonte storico, con le sue luci e le sue ombre (più luci che ombre) a dispetto del tenore fortemente drammatico del messaggio celeste, cui preme sottolineare soprattutto le ombre, ovvero l’empia ribellione dell’uomo moderno alla legge divina, manca completamente Dio giudice, che punisce le nazioni nella storia, ove soltanto possono, come entità collettive, meritare o demeritare, come insegna S. Agostino. È ancora e sempre la concezione buonista e irenista della mentalità neomodernista conciliare, che cerca il buono anche laddove non esiste. È il loquimini nobis placentia (diteci cose piacevoli e rassicuranti) di biblica memoria, che sembra essere lo slogan dell’attuale corso ecclesiastico.

L’immagine del corteo di ecclesiastici che sale sul Calvario dominato dalla croce di legno è “la via della Chiesa come una Via Crucis, come un cammino in un tempo di violenza, di distruzioni e di persecuzioni. Si può trovare in quest’immagine la storia di un intero secolo […] nella visione noi possiamo riconoscere il secolo trascorso come secolo dei martiri, come secolo delle sofferenze e delle persecuzioni della Chiesa, come il secolo delle guerre mondiali e di molte guerre locali, che ne hanno riempito tutta la seconda metà ed hanno fatto sperimentare nuove forme di crudeltà.” [clxvii] Notiamo ancora come si voglia accreditare la tesi che la visione si sia già realizzata, e così annullarne la portata drammatica ed attuale. Inoltre, pur essendo evidente che è il clero, in tutta la sua gerarchia, il protagonista dell’immagine celeste, con il suo sacrificio espiatorio, culminante nell’assassinio del papa (come aveva già previsto San Giovanni Bosco in un suo celebre sogno) si tende a porre sullo stesso piano l’efficace sacrificio del clero cattolico, e le sofferenze, pur deprecabili, ma soprannaturalmente inutili, qualora non vengano inferte in odium fidei, provocate dall’umana malizia. È il concetto di sacrificio e di espiazione (cui si connette naturalmente quello di punizione) che si manca completamente di far rilevare.

Il protagonista principale della visione è il Papa, che sofferente guida il corteo del clero sul Golgota. L’ecatombe dei religiosi culmina infatti con la sua morte cruenta. Tuttavia Ratzinger accredita la tesi del Papa ‘come morto’ già introdotta dal Cardinal Sodano. Giovanni Paolo II è il Papa concreto individuato dalla visione. Il suo mancato compimento, ovvero la sua morte, si dovrebbe ad un intervento speciale della Madonna.

Non si contesta qui che in tesi una profezia possa avere un esito diverso da quello indicato, poiché ogni profezia è sempre condizionata dalla corrispondenza o meno dell’uomo al piano divino di grazia. Tuttavia si può contestare alla luce dei fatti occorsi in questi ultimi decenni, l’adattamento sospetto della terribile visione di morte e distruzione a Giovanni Paolo II e al suo clero conciliare.

Si dice che il secolo XX è stato un secolo di martirio per la Chiesa cattolica ed in particolare per le persone consacrate. Questo è certamente vero, ma solo in parte. Il clero occidentale, la chiesa latina, che della Chiesa cattolica romana è la parte preponderante, non si può dire, salvo locali e brevi momenti, che siano stati martirizzati, massime dopo il trionfo del Concilio Vaticano II. il clero europeo ed occidentale è tutto tranne che un clero di martiri. A questa concezione eroica della vita consacrata contraddice decisamente, infatti, la mentalità irenistica, buonista e ‘dialogante’ dei sacerdoti sfornati dal Vaticano II! In molti di questi preti, anche e soprattutto tra i vescovi, manca quasi del tutto il ‘legno’ per formare la Croce. La vita della Chiesa romana di questi ultimi decenni è infatti caratterizzata soprattutto dai continui cedimenti in materia dogmatica e morale. Altro che martirio, altro che coraggiosa difesa della dottrina in faccia ad un mondo ribelle ed apostata!

Un segno ulteriore, che la visione non si è ancora avverata, si ricava, oltre che dai fatti esterni, anche da un elemento interno al messaggio di Fatima. Alludo al Trionfo del Cuore Immacolato, promesso dalla Madonna a compimento dei terribili eventi da Lei svelati. Dov’è allora questo trionfo? Trionfo è parola grossa. Significa una vittoria schiacciante, visibile, incontestabile, indiscutibile. È difficile vedere oggi questo trionfo, che è il segno a tutti comprensibile con cui il ciclo di Fatima si concluderà realmente. Trionfo significa infatti ristabilimento della Chiesa Romana nella sua dottrina e disciplina, cosa da cui siamo ancora lontanissimi, sotto il dominio del clero neo-modernista. Trionfo, però, indica anche la restaurazione della civiltà e società cattoliche, ossia il ritorno a forme statuali che riconoscano, come durante il Medioevo, la sovranità di Gesù cristo anche sulle umane istituzioni. Cosa che non pare ancora avvenuta.

Il cardinal Prefetto è consapevole di questa difficoltà. Per questo dedica le ultime righe del suo Commento a spiegare come si debba intendere il Trionfo del Cuore Immacolato della Madre di Dio. “Che cosa significa?”, si domanda infatti il prelato. Ma la risposta lascia del tutto insoddisfatti. Tutto svapora in un linguaggio sentimentale e generico, usuale espediente retorico con cui il modernista sfugge alle contraddizioni della sua penna. Sentiamo: “Il Cuore aperto a Dio, purificato dalla contemplazione di Dio è più forte dei fucili e delle armi di ogni specie. Il fiat di Maria, la parola del suo cuore, ha cambiato la storia del mondo, perché essa ha introdotto in questo mondo il salvatore – perché grazie a questo sì Dio poteva diventare uomo nel nostro spazio e tale ora rimane per sempre…” [clxviii] Chiudiamo qui la citazione per non tediare il lettore con altre frasi vuote e inconcludenti, che sfuggono a bella posta alla domanda iniziale.

Se questa è l’interpretazione ufficiale del segreto, non devono stupire alcune omissioni di elementi importanti del messaggio. Manca, infatti, ogni riferimento alla settima ed ultima visione che la Madonna promette a Lucia il giorno stesso della prima apparizione, come effettiva conclusione del ciclo di Fatima. Manca ancora qualsiasi accenno alla pratica della Comunione riparatrice per i primi cinque sabati del mese e in generale alla necessità di diffondere universalmente la devozione al Cuore Immacolato di Maria Santissima.

Un’interpretazione

Tenendo presente quel che già si è detto a proposito delle prime due parti del segreto, anche quest’ultima va letta nella prospettiva finale del Trionfo del Cuore Immacolato di Maria SS. La sua particolarità consiste nel fatto di riguardare principalmente il clero cattolico, in tutta la sua struttura gerarchica. Nella prima parte, la Madonna ricorda all’uomo moderno il suo destino soprannaturale ed eterno e il pericolo quanto mai presente di cadere sotto la mano punitrice di Dio (inferno). Nella seconda, invece, è protagonista il castigo temporale, che Dio ha in serbo se le nazioni cristiane continueranno nella loro apostasia. Questo castigo però, sebbene terribile (alcune nazione saranno annientate, dice la Madre di Dio) non è inutile, poiché sarà il preludio al trionfo del Cuore Immacolato, anzi suo strumento e mezzo. La Russia, in quest’ottica, assume una posizione tutta speciale. In un primo tempo è, infatti, strumento inconsapevole della furia vendicatrice di Dio, cieco esecutore della sua giusta vendetta sull’Occidente ribelle, per poi divenire, in un secondo tempo, segno visibile del Trionfo di Maria SS. con la sua miracolosa conversione alla religione cattolica.

Ecco ora il terzo tassello, che riguarda la Chiesa del XX secolo. L’angelo vendicatore estrae la spada fiammeggiante, che indica l’ira del Signore degli eserciti, la punizione terribile che si approssima. Ma anche in questo caso la punizione non è senza speranza o inutile, perché è temperata dall’intercessione materna della Madonna Mater Ecclesiae. Tuttavia Dio, per assicurare il Trionfo di Sua Madre, ha bisogno di penitenza, di sacrificio, di espiazione, di riparazione, per i peccati commessi dagli uomini, e in particolare dagli uomini di Chiesa del Vaticano II. Di qui la terribile punizione, il tremendo sacrificio espiatorio e riparatorio al Cuore Immacolato di Maria. Vediamo un Papa, vescovi, sacerdoti, persone consacrate di ambo i sessi, che salgono una montagna ripida, un Golgota sormontato dalla rozza Croce. Prima però il Pontefice attraversa una città, piena di cadaveri, mezzo distrutta. Il suo spirito è afflitto da tanta desolazione, è vecchio, inerme, vacillante. Sale infine sul monte. Prega. Ma Dio gli chiede la vita come espiazione e sacrificio e viene ucciso da soldati nemici. Anche gli altri membri della gerarchia subiscono la stessa sorte. Infine due angeli, ora non più mezzi dell’ira vendicatrice di Dio, raccolgono il sangue prezioso dei martiri, con cui Dio ha purificato la terra sconvolta dal peccato.

Questa terribile punizione che redime il Clero del XX secolo, non può non essere messa in relazione con la crisi della Chiesa cattolica, che la attanaglia da quarant’anni a questa parte. L’apostasia dell’Occidente è anche e soprattutto dovuta al tradimento del sacerdozio. Se infatti la seconda parte del segreto allude alla rivolta delle istituzioni temporali contro il loro Creatore e minaccia i più severi castighi se la società umana non ricollocherà sul trono il Suo Redentore e Sovrano Gesù Cristo, quest’ultima e terza parte indica come anche il sacerdotium, e non solo l’Imperium, ha temporaneamente tradito la Sua missione di insegnare la Verità rivelata, e di incitare gli uomini alla pratica delle virtù soprannaturali e alla vita di grazia. quest’eclisse, che sembra irreversibile ed irrimediabile (umanamente parlando) è tuttavia passeggera, poiché la Mater Ecclesiae ristabilirà l’ordine sia nella società temporale che in quella ecclesiastica. Come Cristo ristabilì la dottrina e fondò la Chiesa al prezzo del Suo sangue divino offerto in sacrificio sulla Croce, così anche la Chiesa del XX secolo, Corpo mistico di Cristo, deve offrire il suo sangue purificato dal dolore, per la Sua restaurazione e il Suo trionfo.

GEBURAH
00giovedì 6 aprile 2006 09:54
Re: CONTINUO
Pio XI e la Restaurazione.

L’enciclica Mit brennender Sorge (1937)

Al termine di questa lunga carrellata non mancheremo di citare un celebre documento magisteriale del Sommo Pontefice Pio XI (1922-1939): l’enciclica Mit brennender Sorge (Con viva ansia) del 14 marzo 1937. Essa, indirizzata all’episcopato e ai cattolici tedeschi, è giustamente famosa per l’importanza che rivestì nella condanna delle deviazioni neopagane e anticristiane che cominciavano ad affiorare nella Germania nazionalsocialista, ma è molto meno conosciuta come uno dei testi ove in maniera assai schietta e per bocca del Supremo Gerarca della Chiesa si fa riferimento certo alla prossima restaurazione del Cattolicesimo.

Nel chiudere l’enciclica, infatti, il Pontefice invita i cattolici di Germania a sfruttare il tempo di Quaresima – il documento fu reso pubblico la domenica di Passione – e la Pasqua imminente “per riempire tutto l’animo dello spirito eroico, paziente e vittorioso che si irradia dalla croce di Cristo.” E prosegue con un lungo periodo in cui l’afflato profetico è dominante:

“Allora i nemici di Cristo – di ciò siamo sicuri –che vaneggiano sulla scomparsa della Chiesa, riconosceranno che troppo presto hanno giubilato e troppo presto hanno voluto seppellirla. Allora verrà il giorno in cui, invece dei prematuri inni di trionfo dei nemici di Cristo, si eleverà al Cielo dai cuori e dalle labbra dei fedeli il Te Deum della liberazione: un Te Deum di ringraziamento all’Altissimo, un Te Deum di giubilo, perché il popolo tedesco anche nei suoi membri erranti avrà ritrovato il cammino del ritorno alla religione. Con una fede purificata dal dolore, piegherà di nuovo il ginocchio dinanzi al Re del tempo e dell’eternità, Gesù Cristo, e si accingerà, in lotta contro i rinnegatori e i distruttori dell’Occidente Cristiano, in armonia con tutti gli uomini ben pensanti delle altre nazioni, a compiere la missione che i piani dell’Eterno gli hanno assegnato.”

Come si vede facilmente questo giorno fausto, preconizzato da Pio XI, in cui il popolo tedesco “anche nei suoi membri erranti” ossia nei protestanti eretici, avrà fatto ritorno alla Chiesa e “in armonia con tutti gli uomini ben pensanti delle altre nazioni” si accingerà, lottando contro i nemici di Cristo, a compiere “la missione che i piani dell’Eterno gli hanno assegnato” è ben lungi dall’essersi verificato. E quale sarà mai la missione, che, nelle parole del Papa, Dio avrebbe affidato ai popoli germanici, nuovamente uniti e concordi nella fede romana, se non, come già vaticinava nel XVII secolo il Ven. Holzhauser, cooperare al futuro trionfo della Chiesa e della Civiltà Cattoliche?

La Restaurazione è imminente?

Alla luce di Fatima, benché i tempi di Dio non siano quelli dell’uomo, si deve rispondere in modo affermativo.

La Santa Vergine legò, infatti, il suo messaggio alla persona di Suor Lucia, promettendole una settima visita, che chiuderà il ciclo iniziatosi il 13 maggio di ottantatré anni fa. L’arco cronologico che si delinea, è così abbastanza circoscritto, tanto più se si tien conto di quello che intanto è accaduto e sta accadendo.

La svolta neomodernista impressa alla Chiesa dal Concilio Vaticano II, con il suo avventato ottimismo, smentito ogni giorno più dalla drammatica indifferenza religiosa dell’uomo contemporaneo, è un impressionante allontanamento dal messaggio di fatima.

Se la Madre di Dio rammentò il dogma dell’esistenza dell’Inferno, mostrandolo in una terribile visione a tre piccoli bambinelli, la Chiesa neo-modernista predica un dolciastro irenismo, che sempre più affievolisce il senso della gravità del peccato, vera anticamera dell’inferno.

Se la Madonna sottolineò la regalità di Dio sulla storia e sulle nazioni, indicando nella Russia lo strumento vendicatore della giustizia di Dio contro i popoli che voltarono le spalle al loro Creatore, i falsi pastori del Concilio vaticano II rifiutarono di condannare solennemente il Comunismo, quand’era al massimo della sua potenza devastatrice, sperando, per il tramite di una fallimentare strategia diplomatica (la famigerata Ost-Politik) di moderarne la spinta distruttiva. gli stessi pastori benedicono oggi gli atei o agnostici stati contemporanei, la cui legislazione (omosessualismo, pansessualismo, abortismo, divorzio) ormai conculca apertamente la legge di Dio.

Conclusione

Quanto più i mezzi umani si affievoliscono, tanto più bisogna supporre che l’intervento soprannaturale sia prossimo. È innanzi tutto il processo d’autodemolizione che sta devastando l’Ovile di Cristo per opera dei falsi pastori, che paradossalmente lo fa presagire assai vicino. Il mondo e la Chiesa, infatti, abbandonati a sé stessi, attraversano un momento eccezionale, mai prima occorso nella storia dell’uomo. Umanamente tutto sembra perduto. Come si è visto, però, scorrendo a volo d’uccello le profezie di alcuni grandi santi, ogni cosa era già stata prevista, proprio per mettere in guardia per tempo coloro che avrebbero vissuto il terribile momento a non lasciarsi abbattere dallo scoraggiamento e dalla mancanza di confidenza in Dio.

La terribilità della prova è in fondo la certezza della vittoria.

“Infine il mio Cuore Immacolato trionferà.”



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Cfr. "Civitas Christiana", nn. 22-26, settembre '99 - giugno 2000, pp. 3-17.

[ii] Venerabilis Servi Dei Bartholomaei Holzhauser, Instituti clericorum juxta Ss. Canones in Germania restauratoris, Interpretatio in Apocalypsin, Vindobonae, Typis Congregationis Mechitharisticae, 1850.

[iii] F. Vigouroux, Dictionnaire de la Bible, Paris, Letouzey et Ané, 1903, t. III, col. 735 (voce Holzhauser); t. I, col. 751 (voce Apocalypse). Cfr. P. M. M. Sales O.P., P.G. Girotti O.P., La Sacra Bibbia commentata. Nuovo Testamento. Le lettere degli Apostoli - L’Apocalisse, testo latino della Volgata e versione italiana di Mons. A. Martini riveduta e corretta, Torino, L.I.C.E.-Marietti, II, p. 615.

[iv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. IX: “in oratione perseverans dies integros, cibi et potus expers […] ab omni humano consortio separatus”. Il commento giunge soltanto al XIV capitolo del sacro testo.

[v] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 158. “…contra christianitatem et religionem Cath.[olicam] damnosissima pax…”

[vi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 170. “…piissimus et fortissimus Imperator Ferdinandus II, volens semel consulere saluti miserarum animarum errantium, cunctis viribus nitebatur reformare regnum in fide semotis magistellis tenebrarum per Imperium Romanum, et impeditus fuit, novissimeque res catholicorum per nuperam compositionem pacis in pejus ac deterius lapsa est.” Cfr. anche pp. 179, 182 e 185.

[vii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 21-22. “Istis Septem statibus congruunt septem dies Domini, in quibus operatus est, item septem mundi aetates, et septem spiritus Domini missi in die Pentecostes super omnem carnem; sicut enim Dominus Deus decursum omnium generationum ac rerum naturalium septem diebus, et septem aetatibus comprehendit, ita regenerationem in septem Ecclesiae statibus consummabit, in quorum singulis diversa gratiarum genera ad ostendendas divitias gloriae suae potissimum effundet et florere faciet […] Unde etiam fit, ut, quamvis una sit Ecclesia Christi, tamen in septem statibus distinguatur propter magnalia, quae diversis temporibus usque ad consummationem saeculi ex divina permissione contingent in ea. Porro solet quilibet status sequens ante cessationem prioris inchoari, et dum prior paulatim decrescit, status alter sucrescit, successive invalescit…” La traduzione di tutti i brani citati dall’Interpretatio dell’Holzhauser è dell’autore dell’articolo.

[viii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., pp. 22-23.

[ix] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 25.

[x] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 33. “Hoc firmamentum praefigurat firmamentum, hoc est, fortitudinem martyrum, quia Dominus eos posuit in medio aquarum omnium tribulationum…”

[xi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., pp. 32-33, 37.

[xii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., pp. 38-39.

[xiii] “… in quarto statu erat fides catholica, unanimis et valde perfecta per totum quoddammodo mundum diffusa, Ecclesiaque non habuit haeresin ultra 200 annos usque ad Berengarium, qui sub Henrico III Imperatore in Gallia surrexit anno 1048 docens corpus et sanguinem Christi non esse in SS. Eucharistia”. B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 45.

[xiv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 43. “Quartus Ecclesiae Status incipiens a Carolo Magno et Leone III summo Pontifice usque ad Carolum V et Leonem X duravit, in quo floruerunt multi Sanctissimi Reges, Imperatores et viri ecclesiastici doctrina et Sanctitate clarissimi, nullaque haeresis surrexit ultra 200 annos. Proinde merito hic status vocatur pacificus et illuminativus…” Cfr. Apocalisse, II, 18-29, in riferimento alla Chiesa di Tiatira..

[xv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 44. “…prudentissimos et Sanctissimos Reges, Imperatores, Principes et viros ecclesiasticos vita et Sanctitate eximios…”.

[xvi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 44. “Devictis enim tyrannis gentilium, et oppressis haereticorum tenebris, quievit Ecclesia in cognitione perfecta veritatis fidei catholicae stabilita fortissime et munita Principum et Regum potentia.”

[xvii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., pp. 48-49.

[xviii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 53. “Quintus Ecclesiae Status incepit sub Carolo V Imperatore et Leone X S. Pontifice circa annum circiter 1520. Durabit usque ad Pontificem Sanctum et Monarcham illum fortem, qui venturus est nostro saeculo et vocabitur ‘auxilium Dei’, hoc est restituens universa. Hic status est Status afflictionis, desolationis, humiliationis, et paupertatis Ecclesiae, meritoque vocatur Status purgativus, in quo Christus Dominus ventilavit et ventilabit adhuc triticum suum per immania bella, seditiones, famem et pestem, et mala alia horribilia.”

[xix] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., pp. 53-54. “Hic status Ecclesiae quintus est status afflictionis, status occisionis, status defectionis, et omnium calamitatum plenus, et relinquentur pauci super terram a gladio, fame, et peste; pugnabit regnum contra regnum; et alia in semetipsis divisa desolabuntur, evertentur principatus et monarchiae, et depauperabuntur quasi omnes, eritque desolatio maxima super terram; quae partim jam impleta sunt, et adhuc implebuntur.”

[xx] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 55.

[xxi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 69. “Sextus Ecclesiae status initium suum sumet a Monarcha illo forti et Pontifice sancto, et durabit usque ad Nativitatem Antichristi. Hic status erit consolativus, in quo Deus consolabitur Ecclesiam suam Sanctam super afflictione et tribulationibus maximis, quas in quinto statu fuit perpessa. Reducentur enim omnes gentes ad fidei catholicae et orthodoxae unitatem, et florebit maxime status clericalis, et sacerdotium, et homines omni sollicitudine requirent Regnum Dei, et justitiam ejus. Deus enim dabit ipsis pastores suos bonos, unde etiam vivent homines in pace, quivis sub vite sua et in agro suo, quia erit pax super terram, quam Dominus Deus dabit tunc hominibus pacem cum eo habentibus sub umbra alarum Monarchae illius fortis et successorum.”

[xxii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., pp. 69-70. “Sic in sexto statu consolabitur Deus Ecclesiam catholicam consolatione maxima; quia, etsi in quinto statu nostro videamus ubique esse maximas calamitates, dum omnia devastantur bello, dum supprimuntur Catholici ab haereticis et malis Christianis, dum Ecclesia, ejusque ministri ducuntur sub tributum, evertuntur Principatus; Monarchae occiduntur, et subditi repelluntur, omnesque conspirant in Respublicas erigendas, mirabilis tamen fiet mutatio per manum omnipotentis Dei, quam nemo sibi humanitus imaginari potest. Ille enim Monarcha fortis, qui venturus est a Deo missus, Respublicas funditus destruet, sibi subjugavit omnia, et zelabit veram Christi Ecclesiam, mittentur omnes haereses in infernum, confringetur Imperium Turcarum, et ille regnabit in Oriente et Occidente, venientque omnes gentes, et adorabunt Dominum Deum suum in vera fide Catholica et orthodoxa; florebunt plurimi viri justi et docti super terram, et homines amabunt judicium et justitia, eritque pax super universam terram, quia divina potestas ligabit Satanam per multos annos etc. donec veniat, qui venturus est, filius perditionis, ubi solvetur denuo Satanas etc. […] erit amor, concordia et summa pax, et salutabit fortis Monarcha totum quasi mundum, velut hereditatem suam, et liberabit illum adjuvante eum Domino Deo suo de omnibus inimicis et de ruinis e de omni malo”.

[xxiii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 72. “…celebrabitur maximum totius mundi concilium generale, in quo singulari Dei gratia, et potentia Monarchae illius, et S. Pontificis auctoritate, unitateque Principum piissimorum omnis haeresis, et atheismus proscribetur, et profligabitur de terra, et sensus SS. Scripturae legitimus contra omnes sectas haereticorum declarabitur, et proponetur credendus, cui adquiescetur, aperiente Deo ostium gratiae suae.”

[xxiv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 72. “…et ideo ovile erat exiguum, vile, humilitate, et contemptu plenum”.

[xxv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 73. “…nulla dignitate, ac potestate ecclesiastica praeditus, nullis divitiis…”

[xxvi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 73. “…circa finem temporum quinti status adhuc durantis exsurgent in modica virtute, quando homines fidem negabunt propter divitias; et ministri Ecclesiae propter voluptates carnis et pulchritudines ac illecebras mulierum, coelibatum deserent, et diabolus ubique erit quasi solutus, et tribulatio maxima saeviet super faciem terrae, ipsi fortissime uniti servabunt principatum suum, et custodient se immaculatos ab hoc saeculo, ideoque erunt viles apud homines, et vilipendentur, et ludibrio habebuntur, quorum patientiam, industriam, constantiam, et perseverantiam benignitas salvatoris nostri Jesu Christi respiciet, et remunerabitur in sexto statu, adjuvando eorum conatus in conversione peccatorum, et haereticorum.”

GEBURAH
00giovedì 6 aprile 2006 09:55
CONTINUO
. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 186: “… istum Angelum, qui hic S. Joanni apparuit, fuisse verum Dei Angelum, et quidem praestantissimae naturae sci. [licet] Custodem et protectorem romani Imperi…”.

[xlii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 186: “…praedictis haereticis, eorumque Haeresiarchae prorsus erit contrarius; colet enim doctrinam sanam, et zelabit maxime unam, et orthodoxam fidem Catholicam, depressis et profligatis haereticis terra marique, mores etiam habebit sanctos, et rectos, et maxime juvabit ad restaurandam fidem, et disciplinam ecclesiasticam, quam haeresiarcha ille impis cum suis spurcis asseclis solverat.”

[xliii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 186: “Erit fortis in bello, et confringet omnia instar Leonis in eo, et victoriis maximus roborabitur imperio suo, et vivet plurimis annis in eo, et humiliabit haereticos, et respublicas, et omnes gentes suo, et Ecclesiae latinae subjugabit imperio; insuper et Imperium Turcicum (ad orcum missa secta Mahometica) confringet usque ad pusillum regnum; quod stabit, sed sine potentia; usque dum veniat filius perditionis…”.

[xliv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 187: “…quia nascetur ex gremio Ecclesiae Catholicae a Deo mittetur, atque ex divina providentia praeordinatus est specialiter in consolationem, exaltationem afflictissimae tunc Ecclesiae latinae, ac depressae nimis…”

[xlv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 187: “…erit valde humilis Monarcha iste, et ambulabit in simplicitate cordis sui ab adolescentia sua […] Propterea illi Monarchae nemo poterit nocere, neque resistere…”.

[xlvi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 187: “Extirpatis enim haereticis, et gentium et Turcarum superstitionibus, erit unus Pastor, et unum ovile; et omnes principes confoederabuntur cum eo vinculo arctissimo fidei Catholicae et amicitiae, quia unicuique reddet suum, et neminem gravabit contra justitiam…”

[xlvii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 187-188: “Sic totalis erit potentia illius Monarchae; regnum enim ejus erit sustentaculum firmissimum, domus scilicet Ecclesiae Catholicae, et domus suae regiae, quia stabilietur regnum ejus ad posteros (usque dum fiat discessio a fide, et reveletur filius perditionis) et potentia ejus zelo religionis, et charitatis Dei, et proximi rutilabit, et sicut ignis domat omnia, sic ille domabit.”

[xlviii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 188.

[xlix] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., pp. 188-189: “… quod illius regnum, et propagatio verae fidei non sine clamore, et tempestate sint processura […] principes et magnates illi insurrexerunt, murmurarunt contra; […] Concilia sua deprompserunt ad resistendum, et percutiendum, sed quia hic Monarcha erit in protectione Dei, ut dictum est, haec omnia non erunt efficacia contra eum, ut noceant.”

[l] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 193: “…erit commotio magna […] non enim procedet hoc opus Dei sine magnis difficultatibus, et resistentia, et sine sanguine martyrum, quia operibus Dei semper mundus, caro, diabolus restiterunt, et resistent […] et hanc tempestatem, primo movebunt potestates saeculares, quae armis resistent magno illi Monarchae, et persequentur eos, qui ambulabunt in conversione populorum ad fidem Catholicam, quam dictus Monarcha terra, marique jubebit praedicare, et amplecti.”

[li] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 193: “Executio huius libri [della riforma della Chiesa] habebit magnam difficultatem in statu Ecclesiastico, quando penitus abolebuntur Venus, et idola auri et argenti, et vita otiosa.”

[lii] Cfr. P. Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Controrivoluzione, tr. it. di G. Cantoni, Piacenza, Cristianità, 1977.

[liii] Leone XIII, encl. Immortale Dei, n. 10, in I documenti sociali della Chiesa da Pio IX a Giovanni Paolo II (1864-1982), Milano, Massimo, 1983, p. 40.

[liv] Pio XII, Nel contemplare (Discorso agli Uomini dell’Azione Cattolica d’Italia del 12 ottobre 1952, in Discorsi e radiomessaggi, vol. XIV, p. 359.

[lv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 216: “hostis implacabilis et haereditarius […] Et quamvis robor illius in consolatione Ecclesiae sit valde deprimendum aliquando, stabit tamen aliquod regnum illius, donec veniat filius perditionis, qui illud resuscitabit, et sanabit plagam illius, et intrabit illud, et subjugabit plurima, et novissime regnabit, et in ipso complebit Lucifer furorem suum.”

[lvi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 216: “Bellum […] est omnium crudelissimum, saevissimum, et maxime diuturnum, quo Princeps tenebrarum Lucifer, si esset possibile, totaliter everteret Ecclesiam…”

[lvii] Apocalisse di S. Giovanni, in La sacra Bibbia, introduzione e note di G. Ricciotti, Firenze, Salani, 1958, p. 1772.

[lviii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 220: “Itaque hoc aenigma mulieris parturientis non ad unum, sed ad plura tempora proponitur, sub quibus Deus semper suscitabit masculos Imperatores, et Reges, et Principes, qui defendent Ecclesiam, et Romanum Imperium, ne omnino devorentur ab hac cruenta bestia.”

[lix] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 220: “Similem angustiam Ecclesia, et imperium Romanum ex tempore Mahometis patitur usque huc, subinde majorem, subinde minorem ab imperio Mahometico, sive Turcico, quae bestia fortissima non cessat ex instinctu diabolico persequi reliquias de semine ejus.”

[lx] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 220: “quia habet [il regno della bestia, cioè l’Islam] unum finem exterminandi scilicet Christianitatem et Romanum Imperium.”

[lxi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., pp. 219-220.

[lxii] Eresia che sostiene esservi in Gesù Cristo un'unica volontà, quella divina.

[lxiii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 220.

[lxiv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 225: “Postquam Deus vidit, quod res Christianorum atque ipsius imperii Orientis ante faciem bestiae mox exsurrecturae propter peccata et malitiam hominum subsistere non posset, atque ipsa fides Catholica per superbiam et arrogantiam contra sedem Romanam multis paulatim tenebris errorum, haeresum, et schismatum obscuraretur, transtulit suam Ecclesiam, atque paulo post ipsum Romanum Imperium in Germaniam, quae potissima ex parte adhuc in errore gentilitatis jacebat sepulta, et adorabit idola.”

[lxv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 231: “Hic per masculum Carolus Magnus intelligitur, quem Ecclesia peperit an. 800 evehendo illum ad Romanum imperium, qui primus Germanorum Imperator fuit, et Ecclesiam latinam et occidentalem mire adjuvavit, et exaltavit, dotavit, defendit, et dilatavit.”

[lxvi] “E furon date alla Donna le due ali della grande aquila, perché volasse nel deserto al posto suo, dove è nutrita un tempo e due tempi e la metà d’un tempo lungi dalla faccia del serpente.” Apocalisse di S. Giovanni, in La sacra Bibbia…, p. 1773.

[lxvii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 231-232: “Aquila magna Carolus Magnus est, et imperium Romanum, quod in illo translatum est ad Germanos, quales omnes Imperatores erunt, qui regnaturi sunt usque ad novissimum.”

[lxviii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 232: “Sic Ecclesia Christi fugiens ab Oriente a facie serpentis, nidum suum in Occidente posuit, et generavit millia millium Deo in vitam aeternam ex proposito voluntatis Patris per Filium suum Jesum ab aeterno. […] sic Ecclesia Christi in Occidente habebit libertatem semper profitendi fidem Catholicam alis Aquilae magnae, hoc est potestate, et protectione Romani imperii, quibus volabit semper, et possidebit nidum suum, ut generationem suam perficiat secundum propositum voluntatis Dei; omnes enim Imperatores erunt Catholici usque ad novissimum.”

[lxix] Apocalisse di S. Giovanni, in La sacra Bibbia…, p. 1174, cap. XIV, v. 6).

[lxx] Apocalisse di S. Giovanni, in La sacra Bibbia…, p. 1174, XIV, 7.

[lxxi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 257: “Porro praedicatio hujus angeli ad duo debet referri tempora; primum erit, quo gentes, et populi, et linguae, et Reges redeunt ad Fidem Catholicam […] et in executione hujus status apostolicus sacerdotum magnam praestabit Ecclesiae operam, sicut et maxime in conversione peccatorum ad Dominum Deum suum per veram poenitentiam, et haec fient, antequam bestia (Turcicum imperium) accipiet plagam, et labetur primo Babylon, quae est regnum gentium…”

[lxxii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 256: “Itaque Angelus iste alter, quem Joannes vidit volantem per medium coeli habentem in manu Evangelium aeternum etc. status est sacerdotalis (vel potius S. Michael in persona illius) qui in novissimis temporibus secundum propositum voluntatis Christi Jesu fundatoris sui reflorescet, et accipiet pennas, et pennae jungentur pennis, et coalescent in alas, et exurget, et progredietur, et exaltabitur, et volabit per medium coeli. Per coelum Ecclesia militans hic intelligitur, quam exornabit, et laetificabit conversatione sua sancta, et apostolica, quae per volatum metaphorice significatur, quod autem viderit habere illum Evangelium aeternum in manu sua, haec est interpretatio: Evangelium aeternum, elogia divina sunt, et aeterna, quae Deus per Filium suum revelavit Apostolis suis, et dedit illis in manum suam per quatuor Evangelistas.”

[lxxiii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 264: De futura extirpatione haeresum.

[lxxiv] “E vidi, ed ecco una nuvola bianca, e seduto sulla nuvola [uno] simile a figliolo d’uomo, che aveva sul suo capo una corona d’oro e nella sua mano una falce affilata. E un altro angelo uscì dal tempio gridando a gran voce a colui che sedeva sulla nuvola: ‘Mena la tua falce e mieti, ch’è venuta l’ora di mietere, perché il raccolto della terra è [già] secco’ E colui che sedeva sulla nuvola menò la sua falce sulla terra e fu mietuta la terra.” Apocalisse di S. Giovanni, in La sacra Bibbia…, p. 1175, XIV,14-16.

[lxxv] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 264: “…futura evulsio, et eradicatio haereticorum et turcicarum gentium, quae fiet sub venturo illo Monarcha magno, et Pontefice Sancto, quia adhuc semel consolabitur Deus Ecclesiam suam, antequam veniat tempus tenebrarum et caligine plenum, quod erit novissima tribulattio Antichristi.”

[lxxvi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., pp. 264-265: “Quem vidit sedere super nubem candidam Monarcha fortis est, quia regnum ejus, quod per sedere significatur, erit Sanctum, et stabilitum in protectione Dei Altissimi.”

[lxxvii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 265: “Vocatur similis filio hominis, ob similitudinem virtutum magnarum, et arduarum, in quibus imitabitur salvatorem suum Jesum Christum; erit enim humilis, mansuetus, verax, amator justitiae, fortis in proelio, sapiens, et zelator divinae gloriae; implebitur aliquo modo in eo illud Isaiae de Christo vaticinium Cap. XI, Requiescet super eum spiritus sapientiae, et intellectus, spiritus consilii, et fortitudinis, spiritus scientiae et pietatis, et implebit eum Spiritus timoris Domini.”

[lxxviii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 265: “…quia Rex erit magnus, et dives, et potens, et erit Dominus Dominantium, et Reges gentium vincet, et plenus erit charitate Dei.”

[lxxix] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 265: “Falx, quam dicitur habere in manu sua, exercitus est magnus, et fortis nimis, quo transfodiet regna gentium, et respublicas, et civitates munitas; dicitur ideo acuta, quia nullum proelium erit sine internecione hostis, sive victoria.”

[lxxx] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 265.

[lxxxi] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 265: “…magnus ille Pontifex est, quem suscitabit Deus in diebus illis, et ipse ex instinctu Dei exhortabitur, et inducet Monarcham illum ad bellum hoc sacrum expediendum.”

[lxxxii] B. Holzhauser, Interpretatio in Apocalypsin..., p. 265-266: “Vox haec, vox est exhortantis vehementer ad bellum, sive ad eruenda Zizania haereticorum et Turcarum […] impleta est mensura peccatorum et abominationum, ob quae venit, et est nunc tempus, ut abscindantur, et evellantur de terra. Et haec ex divina revelatione habebit Pontifex, quibus excitabit corda Principum, et confirmabit inire ad suscipiendum bellum illud, et Deus suscitabit corda militum, ut uno spiritu Monarchae illi forti adhaereant.”

[lxxxiii] S. Luigi Maria Grignion di Monfort, Preghiera infuocata, in Preghiere Canti Esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola ad uso interno della Fraternità sacerdotale S. Pio X, Clusone, Edizioni Regnum Crucis, 1981, p. 276.

[lxxxiv] S. Luigi Maria Grignion di Monfort, Trattato della vera devozione alla S. Vergine, traduzione di G. Ferrari, Roma, Ed. Paoline, 1953, pp. 178-179.
I due segreti, messi per iscritto, furono consegnati a Pio IX il 18 luglio 1851. Il Papa rimase assai scosso dal loro contenuto, poiché, soprattutto quello di Melania, alludevano a una terribile crisi che avrebbe scosso la Chiesa Cattolica. Da allora gli originali sono custoditi negli Archivi Vaticani. il segreto affidato a massimino, pare si riferisca principalmente alla restaurazione monarchica in Francia; quello comunicato a Melania, invece, al di là delle versioni più o meno manipolate che ne sono state pubblicate, riguarderebbe appunto la crisi della Chiesa. Eccone qualche notevole brano: “I preti ministri di mio figlio, i preti per la loro cattiva vita, per le loro irriverenze e la loro empietà nel celebrare i Santi Misteri, per l’amore del denaro, l’amore degli onori e dei piaceri, i preti sono diventati cloache d’impurità. Sì i preti domandano vendetta e la vendetta è sospesa sulle loro teste. Disgrazia ai preti e alle persone consacrate a Dio, le quali, per le loro infedeltà e la loro cattiva vita, crocifiggono di nuovo mio Figlio. I peccati delle persone consacrate a Dio gridano verso il Cielo e chiamano la vendetta, ed ecco che la vendetta è alle loro porte, perché non si trova più alcuno per implorare misericordia e perdono per il popolo. Non vi sono più anime generose e non vi sono più persone degne di offrire la Vittima senza macchia all’Eterno in favore del mondo. Dio sta per colpire come non vi sono esempi. Sventura agli abitanti della terra! Dio sta per esaudire la sua collera e nessuno potrà sottrarsi a tanti mali riuniti. I capi, chi giuda il popolo di Dio, hanno trascurato la preghiera e la penitenza. Il demonio ha oscurato le loro intelligenze. Essi sono diventati quelle stelle erranti che il vecchio diavolo trascinerà con la sua coda per farli morire. Dio permetterà all’antico serpente di mettere delle divisioni tra i regnanti, in tutte le società e in tutte le famiglie. Si soffriranno pene fisiche e morali. Dio abbandonerà gli uomini a se stessi e si vedranno castighi che si succederanno 35 anni. La società è alla vigilia dei flagelli più terribili e dei più grandi avvenimenti. Ci si deve attendere di essere governati da una verga di ferro e di bere il calice della collera di Dio. […] L’Italia sarà punita della sua ambizione volendo scuotere il giogo del Signore dei Signori. Anche lei sarà abbandonata alla guerra, il sangue scorrerà da ogni parte: le Chiese saranno chiuse o profanate. I preti, i religiosi saranno cacciati. Li si farà morire di una morte crudele. Parecchi abbandoneranno la fede e il numero dei preti e dei religiosi che si separeranno dalla vera religione sarà grande. Tra queste persone si troveranno dei Vescovi. Che il Papa stia in guardia da chi farà miracoli, perché è giunto il tempo che i prodigi più stupefacenti succederanno sulla terra e nell’aria. Nell’anno 1864 Lucifero con un gran numero di demoni saranno slegati dall’inferno: essi aboliranno a poco a poco la fede e anche nelle persone consacrate a Dio. Essi le accecheranno in tale modo che, a meno di una grazia particolare, queste persone prenderanno lo spirito di questi cattivi angeli. Parecchie case religiose perderanno interamente la fede e perderanno molte anime. I libri cattivi abbonderanno sulla terra e gli spiriti delle tenebre diffonderanno dappertutto una rilassatezza universale per tutto ciò che riguarda il servizio di Dio. Essi riavranno un grande potere sulla natura, vi saranno chiese per servire quegli spiriti. Delle persone saranno trasportate da un luogo all’altro da questi spiriti malvagi e anche dei preti, perché essi non saranno guidati dallo spirito buono del vangelo, che è uno spirito di umiltà, di carità e di zelo per la gloria di Dio. […] Vi saranno in ogni luogo dei prodigi straordinari, perché si è spenta la vera fede e la falsa luce rischiara il mondo. Sciagura ai Principi della Chiesa che non saranno occupati che ad ammucchiare ricchezze su ricchezze, che a salvaguardare la loro autorità e a dominare con l’orgoglio. Il Vicario di mio figlio dovrà soffrire molto, perché per qualche tempo la Chiesa sarà abbandonata a grandi persecuzioni. Quello sarà il tempo delle tenebre. La Chiesa avrà una crisi orrenda. La santa fede di Dio essendo dimenticata, ogni individuo vorrà guidare se stesso ed essere superiore ai suoi simili. Si aboliranno i poteri civili ed ecclesiastici, ogni ordine e ogni giustizia saranno calpestati. Non si vedranno che omicidi, odio, gelosia, menzogna e discordia, senza amore per la patria né per la famiglia. Il Santo Padre soffrirà molto. Io sarò con lui fino all’ultimo per ricevere il suo sacrificio. I malvagi attenteranno più volte alla sua vita senza poterla danneggiare, ma né lui, né il suo successore (che non regnerà a lungo) vedranno il trionfo della Chiesa […] Nei conventi i fiori della Chiesa saranno putrefatti e il demonio diventerà come il re dei cuori. Coloro che sono a capo delle comunità religiose si guardino dalle persone che essi devono ricevere, perché il demonio userà tutta la sua malizia per introdurre negli ordini religiosi delle persone dedite al peccato, perché i disordini e l’amore dei piaceri carnali saranno diffusi su tutta la terra […] I giusti soffriranno molto, le loro preghiere, la loro penitenza e le loro lacrime saliranno al Cielo e tutto il popolo di Dio chiederà perdono e misericordia e chiederà il Mio aiuto e la Mia intercessione. Allora Gesù Cristo con un atto della Sua misericordia grande per i giusti, comanderà ai suoi angeli che tutti i Suoi nemici siano messi a morte. Improvvisamente i persecutori della Chiesa di Gesù Cristo e tutti gli uomini dediti al peccato moriranno e la terra diventerà un deserto. Allora si farà la pace, la riconciliazione di Dio con gli uomini. Gesù Cristo sarà servito, adorato e glorificato. Dappertutto fiorirà la carità. I nuovi re saranno il braccio destro della Santa Chiesa, che sarà forte, umile, pia, povera, zelante e imitatrice delle virtù di Gesù Cristo. Il Vangelo sarà predicato dappertutto e gli uomini faranno dei grandi progressi nella fede perché vi sarà unità tra gli operai di Gesù Cristo e perché gli uomini vivranno nel timor di Dio…” Maria della Croce, al secolo Melania Calvat, L’apparizione della Santissima Vergine sulla Montagna della Salette il 19 settembre 1846, Castellamare, 1878 (con l’Imprimatur del Vescovo di Lecce). Cfr. Le secret de La salette à Fatima, du 19 septembre 1846 au 13 octobre 1996, in CRC, n. 324, luglio-agosto 1996, pp. 11-29.

GEBURAH
00giovedì 6 aprile 2006 09:56
CONTINUO
L'origine della Rivoluzione
di Controrivoluzionario
I secoli che vanno dal XVI al XXI sono caratterizzati da un fenomeno unico nella storia dell'umanità: la RIVOLUZIONE. È innanzi tutto un fenomeno storico e va quindi studiato e compreso nel suo evolversi temporale. La semplice descrizione del suo manifestarsi, tuttavia, non sarebbe sufficiente, se non se ne indicasse preliminarmente l'essenza meta-storica.
La Rivoluzione è, infatti, nella sua sostanza, un processo di allontanamento della società dalla verità naturale e soprannaturale, il tentativo di separare l'uomo dal Suo Creatore e Signore. Il termine 'Rivoluzione' appare, quindi, appropriato nella sua accezione di sovvertimento radicale usque ad alium a se . Presuppone un Ordine antecedente che si mira a capovolgere, sovvertire e distruggere. Ciò che il processo rivoluzionario tenta sovvertire e distruggere è la civiltà classico-cristiana del Medioevo, che fu il pallido riflesso terreno dell'Ordine metafisico del Paradiso. La Rivoluzione, quindi, è un atto di rivolta contro quell'Ordine immortale, e, in ultima analisi, una ribellione contro Dio.
Il processo rivoluzionario presenta molteplici aspetti: storico, filosofico, morale e teologico.
Dal punto di vista storico, è uno sviluppo temporale, in cui emergono alcuni momenti o tappe salienti, che permettono di coglierne con chiarezza l'essenza profonda.
Queste tappe sono:
(1) L'Umanesimo-Rinascimento (la fase culturale della Rivoluzione);
(2) Il Protestantesimo (fase religiosa della Rivoluzione, 1517);
(3) La Rivoluzione francese del 1789 (fase politica).
(4) La Rivoluzione d'Ottobre (1917) ossia il social-comunismo (fase sociale).
(5) In quest'ultima tappa si combinano, assommandosi, la Rivoluzione del '68 e la crisi interna alla Chiesa Cattolica, esplosa con il Concilio Vaticano II (1962-1965).
Dal punto di vista filosofico, la Rivoluzione è un progressivo allontanamento dalle verità naturali, intelligibili a lume di ragione, sia nell'ordine politico-sociale, che individuale.
Dal punto di vista morale, è lo sforzo di fondare la società umana sul disordine e sul peccato, ossia sulla trasgressione della legge divina (Dieci Comandamenti).
Dal punto di vista teologico, è l'aspirazione ad allontanare l'uomo dalla Verità rivelata in Gesù Cristo, ossia dal complesso di dottrine soprannaturali, a cui l'uomo decaduto, dopo il peccato originale, non è in grado di attingere con le sole sue forze, e senza di cui gli è preclusa una vita ordinata su questa terra e l'accesso al Paradiso.
Il fine ultimo della Rivoluzione è duplice: a) una società immorale e nemica di Dio e della Sua Chiesa su questa terra, e b) la dannazione del singolo nell'Inferno nell'altra vita.

La Rivoluzione nel suo archetipo

La Rivoluzione è un accadimento storico con precisi limiti temporali. Tuttavia per comprenderne l'essenza, occorre esaminare quello che ne fu l'archetipo.
Archetipo è anche sinonimo di modello. Qual è allora l'archetipo, ossia, il modello della Rivoluzione mondiale dei secoli XV e XXI?
Certamente non potremmo ricercarlo in Dio. Essendo il Sommo Bene, la Verità stessa e la pienezza dell'Essere, non v'é posto in Dio per qualcosa di malvagio. Il fenomeno rivoluzionario è però una delle tante manifestazioni del Male nella storia dell'uomo. Troveremo allora il suo archetipo all'inizio, quando il male comparve per la prima volta nel mondo o, meglio, quando le creature razionali (Angeli e uomo) fornite da Dio di ogni perfezione conveniente alla loro natura, scelsero deliberatamente di trasgredire la legge stabilita da Dio e da loro conosciuta, guastando così l'opera perfetta della Creazione.

La Rivoluzione primordiale: gli Angeli

"In principio Dio creò il cielo e la terra". Così inizia il libro della Genesi (I, 1), il primo dell'intera Bibbia. All'inizio del mondo vi è quindi il diretto intervento di Dio, che crea dal nulla degli esseri, partecipando loro le Sue perfezioni.
Primi ad essere creati furono gli Angeli, il "cielo" della Genesi, come interpreta fra gli altri S. Agostino .
Il Catechismo Tridentino, commentando le parole del Credo "Creatore del Cielo e della Terra", così si esprime riguardo alla creazione e alla caduta degli Angeli:
"Dio inoltre trasse dal nulla il mondo spirituale e gli angeli innumerevoli, perché gli fossero ministri assidui, arricchendoli poi con i doni della sua ineffabile grazia e del suo alto potere. Le parole infatti della Sacra Scrittura: 'Il diavolo non perseverò nel vero' (Giov., VIII, 44) dimostrano nettamente come esso e gli altri angeli apostati avevano dalla loro origine ricevuto la grazia. Dice in proposito S. Agostino: 'Dio creò gli angeli dotati di retta volontà, vale a dire animati da un casto amore, che a Lui li avvinceva, dando loro l'essere ed elargendo insieme la grazia. Possiamo perciò ritenere che gli angeli santi non furono mai sprovvisti di rettitudine nella volontà, cioè dell'amor di Dio' (De Civitate Dei, XII, 9). […] Purtroppo, sebbene tutti arricchiti di tali doni celesti, molti, avendo ripudiato Dio loro padre e creatore, furono espulsi dalle sublimi sedi e chiusi nel carcere oscurissimo della terra, dove pagano eternamente la pena della loro superbia. Di essi parla S. Pietro: 'Dio non ha risparmiato gli angeli peccatori, ma li ha precipitati nell'inferno, abbandonandoli agli abissi delle tenebre, dove li mantiene per il Giudizio' (II Pietro, II, 4)" .
Gli Angeli furono quindi da Dio creati dal nulla, integralmente buoni, puri spiriti, ed arricchiti della Grazia santificante e di altri doni d'ordine soprannaturale, non dovuti cioè alla natura angelica, ma dal Sommo Creatore loro gratuitamente elargiti. Essi quindi contemplavano Dio perfettamente, secondo la loro natura intellettuale, e godevano quindi di una beatitudine naturale. Non fruivano ancora però della beatitudine soprannaturale, ossia della visione beatifica dell'essenza divina.
Spiega S. Tommaso: "La stabilità ossia la conferma nel bene è propria della beatitudine [soprannaturale]. Ma gli Angeli non furono confermati nel bene subito dopo la loro creazione, il che è dimostrato dalla caduta di alcuni di loro. Quindi gli Angeli al momento della creazione non erano beati" . Il che è assai conveniente perché, essendo gli Angeli dotati di libero arbitrio, liberi di scegliere tra il bene e il male, dovevano essere sottoposti ad una prova, per meritare la conferma nel bene, cioè la visione beatifica dell'essenza divina.
A tutti gli Angeli quindi fu conferita la Grazia santificante, e tutti furono sottoposti ad una prova. Molti di loro rimasero fedeli a Dio e meritarono la visione beatifica. Altre nature angeliche invece scelsero il male, e per propria colpa peccarono e furono condannate da Dio agli eterni supplizi.
Dichiara, infatti, il Concilio IV del Laterano (1215): "Il Diavolo infatti e gli altri demoni furono creati da Dio buoni per natura, ma essi stessi sono diventati malvagi per propria colpa" .
I teologi si sono inoltre domandati quale fu il peccato degli Angeli, ed hanno comunemente risposto che questo fu un peccato di superbia. Come insegna la Scrittura, la superbia è l'inizio d'ogni peccato. Si legge, tra gli altri, nel libro di Tobia: "Non lasciare che la superbia prevalga mai nei tuoi pensieri o nelle tue parole; da essa infatti trasse origine ogni male" (IV, 14).
La ragione sta nel fatto che il peccato degli Angeli fu conforme alla loro natura immateriale, che non poteva essere attratta dai beni sensibili che sono propri del corpo, ma soltanto da quelli spirituali. Spiega l'Aquinate: gli Angeli peccarono considerando, amando e volendo la loro perfezione senza considerare, amare e volere la norma soprannaturale, secondo la quale, in base alla volontà di Dio, quella perfezione doveva essere perseguita . Il peccato angelico di superbia fu un disordinato desiderio di somigliare a Dio.
Alcuni teologi inoltre sostengono che la causa, per così dire, scatenante di tale disordinato desiderio di giungere alla beatitudine soprannaturale con le sole sue forze fu indotto nel Demonio dalla visione intellettuale del Mistero dell'Incarnazione, ossia dell'unione ipostatica della natura umana e divina nella Seconda Persona della SS. Trinità, N.S. Gesù Cristo.
Secondo Suarez "gli Angeli cattivi peccarono, perché quando fu loro rivelato il mistero dell'Incarnazione del Verbo, cui dovevano essere soggetti anche come Uomo, non si vollero sottomettere, e, capitanati da Lucifero, si ribellarono" . Lucifero non accettò quindi di sottomettersi ad un essere, l'Uomo-Dio, che, in quanto uomo, aveva una natura inferiore a quella angelica.
Gli Angeli peccatori non ottennero da Dio alcuna remissione di colpa, né fu loro concesso modo alcuno di pentirsi del loro primo ed unico peccato. Gli Angeli buoni, che avevano scelto il Sommo Bene che è Dio, sottomettendosi in spirito d'umiltà ai Suoi santi decreti, furono confermati nel bene, ottenendo il dono della Visione soprannaturale della divina essenza. Quelli malvagi, al contrario, rimasero fissi ed ostinati nel loro peccato di superbia e insubordinazione.
Dio allora creò un luogo di punizione per quei ribelli: "Allontanatevi da me maledetti nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli" (S. Matteo, XXV, 41). Così Lucifero nella sua caduta trasse con sé "la terza parte delle stelle del cielo" (Apocalisse, XII, 4), ovvero un terzo delle potenze angeliche, che indica il numero stragrande degli apostati
Gli Angeli buoni assistono gli uomini e li aiutano nel conseguimento del loro ultimo fine che è appunto la salvezza eterna. Quelli malvagi, invece, col permesso di Dio, li tentano, cioè li mettono alla prova, cercando di allontanarli dalla via della verità e della santità, anche se la prova ovvero la tentazione non è mai insuperabile, ma sempre alla portata dell'uomo.

La caduta di Lucifero

Torniamo, sempre sulla scorta del Magistero della Chiesa e della Sacra Scrittura, alla caduta degli spiriti apostati e alla loro cacciata dal cielo.
Scrive il Profeta Isaia (XIV, 12-15):
"Come sei caduto dal cielo, o Lucifero, che nascevi all'aurora! Sei stato abbattuto a terra, tu che straziavi le genti; tu che dicevi nel tuo cuore 'Salirò in cielo, al di sopra degli astri di Dio innalzerò il mio trono, sederò sul monte del convegno dei numi nei penetrali aquilonari, salirò sulla sommità delle nuvole, sarò simile all'Altissimo'. Sarai invece trascinato negli Inferi nel profondo della fossa".
Una tradizione esegetica, costante fin dai primi secoli della Chiesa, vide in questi versetti, che si riferiscono nel loro senso primo e letterale al re di Babilonia, una chiara allusione alla caduta del prototipo di tutti i superbi, ossia Lucifero, il Demonio, Satana, il dragone infernale .
Nell'Apocalisse (XII, 7-9) a sua volta si legge:
"E ci fu una gran guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli guerreggiarono col drago. E il drago guerreggiò, e i suoi angeli. E non ce la fecero, né si trovò più posto per loro nel cielo. E fu precipitato giù il gran drago, il serpente antico, ch'è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutta la terra; fu precipitato sulla terra e i suoi angeli furon precipitati con lui".
Pare che questo passo si riferisca all'ultimo combattimento che si avrà sulla terra tra la Chiesa e le potenze demoniache, al finire dei tempi, durante il regno dell'Anticristo. Tuttavia comunemente gli esegeti vi vedono anche un richiamo al primo combattimento che si ebbe nei cieli, all'inizio della creazione, tra le schiere celesti guidate dall'Arcangelo S. Michele e il ribelle Lucifero.
La terza parte delle potenze angeliche, quindi, capitanate da Lucifero, ovvero il portatore di luce, il più splendido tra tutti gli angeli, non volendo adorare, nella loro superbia, il Verbo eterno incarnato, l'Uomo-Dio, lanciarono alla Divina Maestà il grido di sfida: "Non serviam!" , 'non servirò', non obbedirò ai decreti ed alla volontà dell'Altissimo.
Dio, però, che è infinitamente potente, e che preferisce agire sempre tramite le cause seconde, ossia per mezzo di intermediari, ordinò alle schiere angeliche rimasteGli fedeli di scacciare i ribelli dal suo cospetto.
Si levò allora S. Michele, "uno dei primissimi prìncipi", come dice Daniele (X, 13), raccolse la sfida di Lucifero e gli rinfacciò: "Quis ut Deus", Chi è come Dio? Chi sei tu, semplice creatura, per rifiutarti di sottometterti ai santissimi decreti del tuo Signore e Creatore?
Michele, infatti, era tra quelli rimasti fedeli a Dio, anzi più di ogni altro si era umiliato dinanzi al mistero della potenza e sapienza Divine, adorando dal profondo del cuore e con tutte le forze le deliberazioni e leggi dell'Onnipotente.
Fu il primo a reagire all'assalto del demonio, si mise alla testa degli altri angeli buoni e li guidò contro gli apostati, facendoli precipitare dalle altezze del Cielo. In premio della sua umile fedeltà, Dio gli concesse quella preminenza, che era già stata del ribelle spodestato.
Così alla superbia di Satana si contrappone l'umiltà di S. Michele; all'empio 'Non servirò!' luciferino l'umile motto 'Chi è come Dio?'.
Il mondo angelico fu quindi messo alla prova. Per un inesplicabile mysterium iniquitatis alcuni esseri decisero di allontanarsi dalla verità e dal retto Ordine dell'Onnipotente, s'insuperbirono nel loro cuore, stimandosi da più di Dio stesso, Sommo Bene e Supremo fine di tutte le cose. Altri invece si sottomisero, guidati da S. Michele, e umilmente riconobbero in Dio il loro Signore e supremo benefattore. Ciascuno usò della sua libertà, alcuni per il bene, altri invece eleggendo il male.
L'infallibile giustizia di Dio punì gli Angeli ribelli, condannandoli all'Inferno, senza che la Sua gloria fosse in nulla diminuita.
L'Ordine voluto da Dio, nell'opera della Creazione, fu sconvolto e la Rivoluzione entrò nel mondo.

La Rivoluzione primordiale: Adamo ed il peccato originale

Infine Dio concluse la Sua opera con la creazione dell'uomo, come è narrato nei primi capitoli della Genesi (I, 26-31, II-III).
Prima di considerare la ribellione e caduta di Adamo ed Eva, occorre succintamente descrivere la natura dell'essere umano prima del peccato originale .
1) I nostri progenitori sono stati creati da Dio anima e corpo. È di fede.
2) È certo che l'anima fu creata dal nulla, mentre riguardo al corpo la sentenza comune tra i cattolici è che anch'esso sia stato creato immediatamente da Dio.
La Genesi dice che Dio formò il corpo di Adamo "dal fango della terra" (Gen., II, 7) e gli ispirò l'anima. I teologi cattolici hanno sempre interpretato nel senso ovvio e letterale le parole "dal fango della terra", ossia che Dio trasse il corpo dell'uomo da una materia inorganica preesistente. Questa sentenza è definita, tra gli altri, dal celebre teologo Tanquerey come comune e vera .
Dio, invece, trasse Eva, la prima donna, da una costa di Adamo quanto al corpo, creando pure a Lei un'anima dal nulla.
"Ma per Adamo non si trovava un aiuto simile a lui. Mandò dunque il Signore Dio ad Adamo un sonno profondo; ed essendosi egli addormentato, gli tolse una delle coste, e ne riempì il luogo colla carne. E con la costa che aveva tolto ad Adamo, formò il Signore Dio una donna, e gliela presentò" (Gen. II, 20-22).
3) L'anima dell'uomo è spirituale e immortale ed è di per sé ed essenzialmente la forma del corpo umano.
Il libro della Genesi dice al cap. II, v. 7 già in parte citato: "Formò dunque il Signore Dio l'uomo dal fango della terra, e gli inspirò in faccia lo spirito della vita, e l'uomo divenne persona vivente". Questo "spirito della vita" non è altro che l'anima spirituale, grazie alla quale l'uomo diventa "persona vivente". È quest'anima spirituale dunque che informa il corpo e sostiene anche le facoltà sensitive e vegetative. Senza di essa il corpo cesserebbe di vivere, per cui, con termine filosofico, si dice che l'anima spirituale è la forma sostanziale del corpo, il suo principio vivificatore. La morte si ha quando l'anima si separa dal corpo.
Sempre nella Genesi si legge che l'uomo fu creato da Dio "a sua immagine " (I, 27). Dio è puro Spirito. Tale somiglianza quindi non si può intendere del corpo. Vi è quindi nell'uomo una parte, l'anima appunto, che è spirituale. Dio è inoltre la pienezza dell'Essere ed immortale; anche l'anima spirituale quindi lo sarà.
4) Tutto il genere umano ha origine da un solo primo uomo, Adamo.
Numerosi passi della Bibbia lo attestano:
"Non v'era l'uomo a lavorar la terra" (Gen. II, 5). Quando Adamo fu creato, "non si trovava un aiuto simile a lui" (Gen. II, 20). Dio trasse la donna da una sua costola. Egli è detto nel libro della Sapienza (X, 1): "Padre di tutta la terra…creato da solo" ed Eva è la "madre di tutti i viventi" (Gen. III, 20). E gli Atti degli Apostoli affermano espressamente: "Fece abitare sopra la terra tutto il genere umano nato da uno solo " (XVII, 26).
5) L'anima di ogni uomo è creata da Dio, quando viene infusa nel corpo.
La Chiesa cattolica, con Papa Vigilio (a. 543), ha condannato la dottrina di Origene che sosteneva la preesistenza delle anime, prima di essere unite al corpo . Papa Anastasio II ha pure condannato la sentenza che crede che l'anima sia trasmetta dai genitori ai figli con il seme (a. 498).
La tesi comune insegnata dalla Chiesa è espressa sinteticamente da queste parole di Pio XII nell'Enciclica Humanis generis: "La fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da Dio" .

La condizione dei progenitori prima della ribellione

Dio ha arricchito l'uomo non solo dei doni naturali, ma anche di quelli preternaturali e soprannaturali.
Naturale è ciò che è dovuto ad una determinata natura; così alla natura umana sono dovuti l'anima e il corpo, dalla cui unione appunto è composto l'uomo. Un dono naturale nell'uomo è tale in quanto non supera l'essenza, le forze e le esigenze della sua natura.
Preternaturale (dal latino praeter= oltre) è ciò che supera e non è dovuto all'essenza, alle forze e alle esigenze di una determinata natura creata o creabile, ma può essere dovuto e quindi naturale ad un'altra. Così vi sono delle doti nella natura angelica, che le sono proprie, che superano quelle della natura umana. Ebbene queste doti, se fossero da Dio comunicate anche all'uomo, sarebbero un dono preternaturale. Soprannaturale invece, in senso proprio, è ciò che è al di sopra della natura, di ogni natura creata o creabile, sia della natura umana che di quella angelica, e che quindi non è loro dovuto. Così la grazia divina, che eleva l'anima ad una vita divina, è un dono soprannaturale.
Ora l'uomo, nello stato di natura innocente o di giustizia originale, prima della sua ribellione, era stato da Dio arricchito di doni naturali, cioè propri alla sua natura di uomo, preternaturali, che perfezionano la natura nel suo ordine (come per esempio l'immunità dalla morte, che, propria della natura angelica, perfeziona quella umana, senza che per questo l'uomo divenga un angelo) e soprannaturali, che innalzano la natura ad un ordine superiore cui la natura per sé non può giungere, e che non le è dovuto; così con la grazia santificante l'uomo viene innalzato all'ordine soprannaturale, divenendo figlio di Dio.

I doni soprannaturali

1) I nostri progenitori, per dono gratuito e veramente soprannaturale, furono costituiti nello stato di santità e di giustizia originale.
Con queste parole: "Stato di santità e di giustizia originale" s'indica il fatto che l'uomo fu elevato gratuitamente da Dio all'ordine soprannaturale. L'uomo, costituito in tale condizione, ricevette la grazia santificante, partecipazione della vita divina. Disponeva gratuitamente dei mezzi per conseguire il fine soprannaturale, ossia, dopo aver praticato le virtù soprannaturali durante l'esistenza terrena nella felicità del paradiso terrestre, avrebbe goduto in Cielo la visione beatifica di Dio, la contemplazione della divina essenza, il lume della gloria.
L'uomo con la grazia santificante fu arricchito delle virtù teologali della Fede, Speranza e Carità, conoscendo e amando Dio soprannaturalmente. Gli furono quindi rivelati i misteri della vita divina (Dogma della SS. Trinità) che poi egli perdette con il peccato.

I doni preternaturali

2) I nostri progenitori furono costituiti nello stato di natura integra, cioè furono costituiti immuni dalla concupiscenza, dalla ignoranza, dal dolore e dalla morte; e ciò per dono gratuito e preternaturale.
Il primo dono preternaturale che Dio concesse ai progenitori fu quello dell'integrità, ossia l'esenzione dalla concupiscenza. Per questo l'appetito sensibile, cioè la propensione per i beni sensibili o materiali, sia illeciti che leciti, era perfettamente assoggettato alla ragione. Adamo ed Eva infatti, non provando il disordine carnale, prima della caduta, erano privi di vestiti: "Ora, erano nudi ambedue, Adamo cioè e la sua moglie, e non ne arrossivano" (Gen. II, 25).
Il dono della scienza, ossia l'esenzione dall'ignoranza è il secondo dono d'ordine preternaturale. Grazie ad esso Adamo ed Eva avevano un'adeguata cognizione sia delle cose naturali e fisiche che di quelle soprannaturali riguardanti Dio.
Il dono dell'impassibilità, ovvero l'esenzione dal dolore è il terzo dono preternaturale. Il Concilio di Trento insegna infatti che "le sofferenze del corpo derivano dal peccato" originale. Dio, come si legge nella Genesi (II, 15) aveva infatti collocato Adamo in un "paradiso di delizia". La fatica e il dolore sono comminati all'uomo prevaricatore in punizione del suo peccato, non prima (Gen. III, 17-19).
Infine Dio arricchì la natura umana dell'immortalità, esentandola dalla morte, ossia dalla violenta separazione dell'anima dal corpo. Sempre il Concilio di Trento insegna che a causa del peccato i progenitori sono incorsi "nell'ira e nell'indignazione di Dio, e perciò nella morte, che Dio già prima aveva loro comminato" . Il Libro della Sapienza (II, 23, 24) infatti dice: "Dio invero creò l'uomo per l'immortalità... Ma per l'invidia del diavolo entrò la morte nel mondo…".

La ribellione di Adamo ed Eva

Dio collocò Adamo nel paradiso terrestre e gli diede una compagna simile a lui. I progenitori potevano cogliere e cibarsi di tutti i frutti degli alberi che vi si trovavano, eccetto uno.
Dio diede, infatti, ai due un solo ma preciso comando, cui corrispondeva una pena in caso di trasgressione: "Ma dell'albero della scienza del bene e del male non mangiare; perché in qualsiasi giorno tu ne avrai mangiato, di morte morrai" (Gen. II, 16).
Come era avvenuto per gli Angeli, Adamo ed Eva furono messi alla prova. Tutto avevano da Dio ricevuto gratuitamente, per pura Sua misericordia. Ora Dio voleva saggiarne la gratitudine, e, con quell'unico comando, ricordare alla coppia la sudditanza che dovevano al loro Signore e Creatore. Adamo ed Eva ubbidendo a quell'unico divieto, riconoscevano umilmente la loro dipendenza da Dio.
Il demonio li invidiava, poiché un giorno avrebbero goduto il Paradiso, mentr'egli l'aveva perduto per sempre. Dio allora permise che li tentasse.
Questi prese le sembianze di un serpente e, vista la donna appartata dal marito, le rivolse la parola. Il demonio s'indirizzò alla donna perché la sapeva più debole e la sedusse, cioè l'ingannò, istillandole il dubbio che il comando di Dio non fosse così categorico, come era in realtà.
"Ovviamente [il demonio] - scrive S. Agostino - si rivolse anzitutto alla parte più debole di quella coppia umana, per raggiungerla gradatamente nel suo complesso, pensando che l'uomo sarebbe stato piuttosto incredulo e che avrebbe potuto essere ingannato non direttamente, ma attraverso l'errore dell'altra" .
Le disse infatti: "Per qual motivo Iddio v'ha comandato di non gustare di qualsivoglia albero del paradiso?" (Gen. III, 1). Ora la donna, anziché troncare subito il discorso con il tentatore, tanto più che dovette meravigliarsi nell'udire un animale proferire parole, e quindi sospettare la presenza di un'intelligenza superiore, si fidò delle sue forze e accettò di rispondere, confermando di aver ben compreso la perentorietà del divieto divino. "…del frutto dell'albero che è in mezzo al paradiso, Iddio ci ha comandato di non mangiarne e di non toccarlo, che non abbiamo a morirne" (Gen. III, 3).
Il demonio allora replicò alle esatte parole di Eva, dicendo tutto l'opposto. "No davvero che non morirete" (Gen. III, 4) e, facendo leva sull'orgoglio di lei, dichiarò esplicitamente che Dio vietava loro quel frutto solo per invidia del loro benessere, ossia per impedire loro di divenire come Lui. "Dio però sa che in qualunque giorno ne mangerete, vi s'apriranno gli occhi, e sarete come dei, sapendo il bene ed il male" (Gen. III, 5).
La donna allora, insuperbitasi e accecata nel suo orgoglio, cominciò a guardare il frutto proibito con desiderio disordinato; infine lo colse, e ne mangiò consumando il suo peccato; poi lo porse ad Adamo, che fece lo stesso: "Vide dunque la donna che l'albero era buono a mangiarsi, bello agli occhi, e dilettoso all'aspetto; prese del suo frutto, ne mangiò, e ne dette al marito che ne mangiò" (Gen. III, 6).
Adamo peccò non perché credette alle parole del demonio, come invece accadde alla donna, ma perché "non volle rompere il vincolo dell'unione [matrimoniale], neppure nel peccato" . La colpevole compiacenza dell'uomo verso la moglie, segnò così il destino del genere umano. Adamo peccò, infatti, d'amore disordinato nei riguardi di Eva, che procedeva da superbia. Egli inoltre pensò che il peccato, perché commesso insieme alla donna, sarebbe stato giudicato da Dio con minor severità: "l'uomo finì con l'anteporre la volontà della sposa all'ordine di Dio, pensando di trasgredire in modo veniale quel precetto restando unito alla compagna della sua vita anche nel peccato" .
S. Agostino ha analizzato con mirabile finezza e ineguagliata profondità teologica, la gravità del peccato commesso dai due progenitori. "In quel precetto si raccomandava l'obbedienza, virtù che in un certo senso nella creatura razionale è la madre e la custode di tutte le altre; quella creatura infatti è stata fatta in modo che le torni utile essere sottomessa e dannoso non seguire la volontà del suo Creatore" e, sottolineando quanto sarebbe stato facile, nel paradiso terrestre, con tanta abbondanza di cibo e quando l'avidità smodata non si opponeva alla volontà di astenersene, essere fedeli a quell'unico comando, conclude: "Quell'ordine fu invece violato in modo tanto più ingiusto, quanto più facilmente poteva essere osservato" .
E ancora: "L'uomo non sarebbe caduto in potere del diavolo con il suo peccato evidente e manifesto […]se non avesse già cominciato ad amare se stesso. Si dilettò quindi di queste parole: 'Sarete come Dei'" (Gen. III, 5).
I progenitori si ribellarono a Dio loro creatore e Signore per la loro superbia, perché avevano amato e si erano compiaciuti più di se stessi che della gloria di Dio, il che è propriamente il peccato d'orgoglio. Anch'essi gridarono il loro "Non serviam" (Geremia, II, 20) 'non obbediremo', 'non ci sottometteremo alla legge di Dio'. Ed ecco, subito dopo la prevaricazione, "s'aprirono gli occhi ad ambedue. Ed avendo conosciuto d'esser nudi, intrecciarono delle foglie di fico, e se ne fecero delle cinture" (Gen. III, 7).
Orgoglio (amore disordinato di se stessi) e sensualità (amore disordinato dei piaceri sensibili e materiali) ecco le conseguenze del peccato originale, ecco i due propulsori della Rivoluzione.
Quest'amore è detto disordinato appunto perché cozza contro l'Ordine e la Legge di Dio, che prescrivono innanzi tutto che la creatura riconosca, onori ed ami il Suo Creatore e Signore.
L'orgoglio invece eleva fittiziamente la creatura al livello del Creatore; essa si fa legge a sé stessa, vorrebbe eguagliarsi, se fosse possibile, a Colui che solo è indipendente e superiore ad ogni altro. Dall'orgoglio deriva come logica conseguenza l'egualitarismo, un falso concetto di eguaglianza, in tutte le sue manifestazioni.
La falsa eguaglianza, infatti, che la mentalità rivoluzionaria intende introdurre ovunque, non è altro che la replica nella storia dell'uomo di quella falsa eguaglianza primordiale che gli Angeli ribelli prima, e i due progenitori poi, tentarono di stabilire con Dio violando la Sua Legge: 'non serviam', 'sarete come Dei'.
L'uomo, tuttavia, a differenza delle nature angeliche, è anche dotato di una parte sensibile e materiale, il corpo. La rivolta dell'anima, accecata dalla superbia, contro Dio, comportò la rivolta del corpo contro quella: la sensualità. Il desiderio dei piaceri illeciti allora si accompagnerà sempre alle manifestazioni dell'orgoglio, come suo inevitabile corollario, cercando di abbattere con la furia di passioni incontrollabili ogni freno posto dalla morale e dalle giuste leggi.

Il castigo dei progenitori

Dopo aver prevaricato, i due infelici si nascosero, pensando ingenuamente di poter sottrarsi alla vista e quindi al giudizio di Dio (Gen. III, 8).
Il Signore però li chiamò, non perché non sapesse dove si trovassero, ma per invitarli a confessare il loro peccato (Gen. III, 9). Adamo allora rispose: "Ho udito la Tua voce nel paradiso; ho avuto paura, essendo nudo, e mi sono nascosto" (Gen. III, 10).
Dio allora disse: "Chi ti ha fatto conoscere d'esser nudo, se non che hai mangiato dell'albero del quale t'avevo comandato di non mangiare?" (Gen. III, 11). Dio mostra come il desiderio carnale, per cui la coppia dei progenitori sente vergogna della nudità, sia conseguenza del peccato, ed invita Adamo, una seconda volta, a confessarlo.
Adamo però anziché ammettere l'evidenza, ancora accecato dalla presunzione, scarica la responsabilità della caduta sulla moglie, passando nel volgere di breve tempo, da un amore disordinato e carnale per lei all'accusa di essere essa sola la responsabile: "La donna che mi desti a compagna, m'ha dato di quel frutto, e ne ho mangiato" (Gen. III,12).
Dio si rivolse allora alla donna, sperando che almeno questa ammettesse la colpa. Ma quella rispose: "Il serpente mi ha sedotta ed io ho mangiato" (Gen.
A questo punto Dio emette il suo verdetto in base alla gravità della trasgressione: tocca per primo al serpente, poi ad Eva, infine al marito.
La condanna del serpente-demonio è senza attenuanti. Dio maledicendolo conferma il decreto con cui lo aveva cacciato dal cielo e confinato nell'inferno, ma ora trova modo, per accrescerne la pena, di umiliare ancor di più la sua superbia: "Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai terra per tutti i giorni di tua vita" (Gen. III, 14).
Benché di natura angelica, per effetto della condanna divina diverrà come l'incarnazione stessa della corruzione e dell'impurità, per cui verrà chiamato lo 'spirito immondo' per antonomasia. Infatti i suoi consigli e le sue suggestioni non tenderanno ad altro che ai più sordidi e vili piaceri, ed egli non avrà altri seguaci se non coloro che si involgeranno nella terra e nel fango dell'impurità e del vizio.
Perché la punizione di Satana sia ancora più grave, Dio predice l'eterna inimicizia che opporrà il demonio e la Donna, i suoi discendenti e quelli di Lei. "Porrò inimicizia tra te e la donna, e tra il seme tuo e il seme di lei. Ella ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno" (Gen. III, 15).
È inutile quindi che il demonio si rallegri della sua vittoria, perché proprio da una discendente di Colei che egli così facilmente ha sedotto e dal suo seme, egli e i seguaci riceveranno la più grande sconfitta e la maggior umiliazione.
"Questa donna è Maria, come il seme di Lei è il Cristo, il Verbo di Dio fatto carne nel seno della Vergine. L'opposizione di questa Vergine e del figliolo di lei collo spirito immondo e superbo e coi figlioli di lui, cioè gli empi, non può esser più grande" .
Come da una donna ebbe inizio la rovina del genere umano e il regno di Satana, così da una Vergine avrà inizio la riparazione degli uomini e la distruzione del peccato. Ecco il cosiddetto Protovangelo, la prima promessa fatta da Dio agli uomini riguardo al futuro Messia, che un giorno verrà a liberarli dalla schiavitù del peccato e del Demonio e a riconciliarli con Dio, meritando per essi la salute eterna che Adamo per il peccato aveva perduto.
Quella lotta che aveva visto nel cielo scontrarsi i seguaci di Lucifero con le schiere guidate da S. Michele, si trasferisce ora sulla terra tra i servi di Satana e quelli della Vergine, in una lotta che con alterne vicende, il cui esito però a favore di Lei è già deciso da Dio fin dall'eternità, si protrarrà fino alla fine dei secoli: Ella schiaccerà la tua testa e tu tenderai insidie al calcagno di lei.
In queste poche parole si delinea lo scenario di uno scontro titanico, che durerà sino alla fine del mondo. Nessuno può sfuggire alla drammatica alternativa, sia esso uomo o donna, famiglia, popolo o Stato. L'umanità intera è chiamata alla battaglia: o dalla parte del demonio e dei suoi seguaci, o sotto i vessilli della Vergine.
I due eserciti schierati in questa guerra, che non conosce tregua e che si combatte ogni giorno, hanno due diverse ed opposte parole d'ordine. I malvagi e gli empi schiavi del demonio fanno risuonare la terra continuamente del loro orgoglioso Non serviam. Gli umili soldati della Vergine invece, come già l'Arcangelo San Michele, rispondono alle parole tentatrici e si gettano nella lotta mortale al grido di Quis ut Deus? Chi è come Dio? Superbia ed umiltà, impudicizia e purezza, caos e ordine, egualitarismo e gerarchia, si combattono incessantemente fino alla fine, cercando ciascuna di modellare il mondo, la società e lo Stato a propria immagine e somiglianza. Il premio per gli uni è in questa vita il momentaneo appagamento delle loro disordinate passioni, e nell'altra il fuoco eterno dell'inferno, dove è pianto e stridor di denti. Per gli altri invece, il sacrificio e l'imitazione della Croce è il viatico alla pacifica conquista del Paradiso.
Dio, continuando nel giudizio dei malfattori che aveva dinanzi, passa alla donna, che si era lasciata ingannare dal tentatore e aveva spinto il marito, fidando sull'ascendente che aveva su di lui, a peccare con lei.
La punizione che colpisce la donna ed in lei tutte le sue discendenti riguarda in particolar modo la funzione principale assegnata al suo sesso e per cui Dio l'aveva data all'uomo: la procreazione ed educazione della prole. D'ora in avanti fino alla fine del mondo la donna partorirà nel dolore. Tuttavia quel dolore le sarà anche mezzo d'espiazione per il peccato: Io moltiplicherò i tuoi affanni e le tue gravidanze; con dolore partorirai i figlioli, e sarai sotto la potestà del marito ed egli ti dominerà (Gen. III, 16). Inoltre la donna dovrà sottostare all'autorità del marito ed essergli subordinata.
Infine, a causa del peccato di Adamo, la terra, che egli avrebbe dovuto lavorare senza fatica nella felicità del paradiso terrestre, si tramuta per lui in fonte di sofferenza e dolore. Egli la coltiverà traendone il nutrimento con grandi fatiche (Gen. III, 17). Essa infatti produrrà spine e triboli (Gen. III, 18). Solo mediante una penosa applicazione, mediante il sudore della fronte (Gen. III, 19) gli uomini si guadagneranno il pane. E al termine di una così dura esistenza ecco la morte corporale ad attenderli: poiché tu sei polvere e in polvere ritornerai (Gen. III, 19).
Un cherubino dalla spada fiammeggiante scacciò poi i due sciagurati dal paradiso terrestre e questi cominciarono a vagare sulla terra desolata (Gen. III, 23-24).

Conseguenze del peccato originale

Con il peccato, Dio privò l'uomo innanzi tutto della santità e giustizia originale, ossia della grazia santificante che, rendendolo figlo adottivo di Dio, gli dava facoltà di conseguire il fine soprannaturale, ossia di meritare, dopo la morte, la visione beatifica della divina essenza nel Paradiso.
L'umanità meritò quindi una doppia morte. Quella spirituale la rese nemica di Dio, schiava del demonio e destinata all'inferno: massa damnata, per usare la celebre espressione di S. Agostino. Le porte del Paradiso le erano chiuse.
A questa gravissima perdita si aggiunse, come inevitabile corollario, la scomparsa dei beni preternaturali di cui Dio aveva dotato la coppia dei progenitori.
Così l'uomo perse il dono dell'integrità, ossia l'esenzione dalla concupiscenza, per cui la ragione dominava perfettamente la parte sensibile, cioè il corpo. Ora invece l'uomo sente dentro di sé, in misura più o meno veemente, ma sempre incontrollabile, una disordinata inclinazione per i piaceri sensibili, che l'anima non sa moderare se non aiutata dalla grazia santificante.
Venne spogliato anche del dono della scienza: la ragione cadde nell'ignoranza, perdendo ogni cognizione soprannaturale di Dio, e venne debilitata anche nel conseguimento delle verità naturali, con grande facilità d'essere ingannata da ciò che ha apparenza di vero.
La volontà fu corrotta dal peccato. Per la sua malizia infatti è ora docile più agli allettamenti del male che alla difficile pratica della virtù. Con grande difficoltà e, senza la Grazia, solo per poco, riesce a mettere in pratica le direttive morali suggerite dalla ragione.
Il corpo di Adamo, che prima del peccato, era impassibile, cioè esente dal dolore, ora diviene soggetto a tutte le infermità, in ogni età della vita, dalla culla alla tarda vecchiaia. Non vi è parte del corpo umano che non sia colpita dalle malattie. Il clima stesso e l'ambiente in cui l'uomo vive inoltre non sempre favorisce il suo benessere, e non vi è stagione dell'anno, per quanto temperata, che non produca qualche incomodo al genere umano.
Infine il corpo dell'uomo, che era stato creato immortale, cadde sotto il potere della morte, ossia della dolorosa separazione dell'anima dal corpo.
Insomma non vi è parte del composto umano che non abbia risentito di quel fatale infortunio. L'anima ha perduto la grazia di Dio. La ragione è ignorante; la volontà inclinata al vizio e all'orgoglio; il corpo soggetto al dolore e alle malattie, nell'attesa di una morte dolorosa.
Il peccato originale consiste essenzialmente nella privazione della giustizia originale; privazione causata dall'azione volontaria di Adamo che era fonte e principio di tutta la natura umana.
Da quanto detto si comprende come il peccato di Adamo, che in lui fu volontario, sia passato a tutti i suoi discendenti, eccettuata, per privilegio particolare, la Vergine Immacolata .
Se in Adamo il peccato fu volontario di persona, nei suoi discendenti lo fu volontario di natura. In Adamo peccò insomma tutta la natura umana che in lui era potenzialmente compresa.
S Tommaso spiega: "Tutti gli uomini che nascono da Adamo possono considerarsi come un sol uomo in quanto convengono nella natura che ricevono dal primo padre […] Molti uomini derivati da Adamo, sono come molte membra di uno stesso corpo. E gli atti di un membro del corpo, per es. una mano, non sono prodotti soltanto dalla volontà della mano, ma dalla volontà dell'anima che muove le membra […] così in quest'uomo generato da Adamo, il disordine non è volontario per la sua volontà, ma per la volontà del primo padre, come la volontà dell'anima muove tutte le membra all'azione" .
Nel considerare l'attuale debolezza dell'uomo dopo la caduta, non bisogna però superare il limite segnato dal buon senso e dalla sana teologia.
È vero infatti che, come dice il Concilio di Trento, "l'uomo è stato deteriorato nell'anima e nel corpo" , essendo privo, nello stato di natura decaduta, dei doni soprannaturali (la grazia santificante) e di quelli preternaturali. Tuttavia questo stato di debolezza congenita non è tale da impedire completamente all'uomo l'uso retto delle facoltà dell'anima. La ragione raggiungerà, pur con difficoltà, la cognizione di verità certe ed obiettive, anche se, senza la Rivelazione, tali conoscenze non sono bastanti a fargli conoscere Dio nel debito modo. La volontà, a sua volta, illuminata dalla ragione, giungerà a praticare il bene, ma senza la grazia, tale pratica non sarà perseverante. Di qui ancora la necessità della Rivelazione e della Grazia.
Non si può dire quindi, come sostengono gli eretici protestanti, che l'uomo, dopo il peccato, sia intrinsecamente e completamente malvagio. Venuta meno, tuttavia, l'armonia tra l'anima e il corpo, conseguenza del peccato, le forze naturali hanno perduto l'inclinazione alla virtù che Dio aveva loro concesso, e trovano ora maggiori ostacoli nell'esercizio delle loro facoltà. L'uomo per il peccato originale è stato spogliato delle cose gratuite e ferito in quelle naturali , dice S. Agostino.
L'uomo quindi, con le sole sue forze, può certo esercitare, seppure con difficoltà e non in maniera perseverante il bene. Tuttavia non ha la forza per conseguire il fine soprannaturale, cioè meritare il Paradiso. Di qui la necessità della Rivelazione e dei mezzi di grazia per praticare con merito le virtù.
Ne segue che, come recita il Concilio di Firenze: "Le anime di coloro che muoiono in peccato mortale attuale [commesso volontariamente e consapevolmente] o col solo peccato originale [come nel caso di bambini che muoiano prima di essere giunti all'età di ragione o dei pazzi o minorati] subito vanno all'inferno, ma puniti con pene differenti" .

Conseguenze sociali del peccato originale

Come insegna Aristotele, l'uomo è per natura un animale sociale. Il vivere in società non è per l'uomo viatore sulla terra una condizione accidentale, ma una legge iscritta nel suo cuore, che ha per Suo supremo autore Dio stesso.
Nel paradiso terrestre la condizione sociale dell'uomo è evidente con la creazione della donna, che, unita al marito, forma la prima famiglia della storia, ossia la società domestica.
Dalla prima famiglia, accresciuta di nuovi membri, i quali poi formarono nuove famiglie, sono sorte le tribù, specie di famiglie allargate, e da queste i popoli e le nazioni che nel corso di un lungo arco di tempo hanno abitato la terra.
Anche la vita in società ha subito gli effetti del peccato originale. All'interno della famiglia così l'inclinazione al male, frutto del peccato, porta la moglie a disubbidire al marito, rifiutandosi di sottostargli in ciò che è lecito, e il marito ad abusare della sua autorità comandando alla moglie cose illecite. I figli poi tendono a sottrarsi alla tutela dei genitori ecc.
Nella società civile, cioè nello Stato, ove convengono numerose famiglie per conseguire il bene comune temporale sotto una medesima autorità, non manca chi cerchi di sottrarsi ai giusti comandi di chi detiene l'autorità, come può accadere che l'autorità usi per un fine privato la sua supremazia sulla collettività.
Può accadere poi che Stati diversi, a seguito di torti reciproci presunti o reali, entrino in conflitto tra loro. Ecco allora sorgere quelle tipiche contese tra Stati che sono le guerre.
Tutti questi fatti or ora succintamente descritti sono conseguenze del peccato originale.
La natura poi, come si evince dai passi biblici sopra citati, si è a sua volta ribellata all'uomo. Secondo il piano di Dio, il dominio del genere umano sul mondo vegetale e animale avrebbe dovuto essere pacifico e facile. Anch'esso ha risentito, dopo il peccato, del turbamento inferto all'ordine di Dio dalla rivolta dei progenitori. Così tutti gli eventi naturali nocivi all'uomo, come carestie, cataclismi naturali, epidemie ecc., sono conseguenza del peccato originale.
L'uomo si ribellò contro Dio, la natura a sua volta si è rivoltata contro il suo signore.
La ribellione della creatura razionale (Angeli, uomo) contro il Creatore e Signore, è così il modello e l'archetipo d'ogni altra rivoluzione storicamente determinata.
Anche se il moto rivoluzionario sembrasse a tutta prima generato dalle più lodevoli intenzioni e senza un fine dichiaratamente cattivo, vicissitudine storica d'uomini contro altri uomini, ci si accorgerà tuttavia ad un'analisi attenta che esso altro non è che una replica di quell'archetipo primordiale, e che il fine ultimo anche di quella rivoluzione contingente non è altri che il rifiuto della legge divina, dell'ordine del mondo stabilito eternamente da Dio e quindi un rifiuto di Dio stesso.
La Rivoluzione nega per principio la dottrina sul peccato originale. Crede nell'immacolata concezione dell'uomo. Constatando poi la presenza corrosiva del male e del dolore nella vita dei singoli e degli Stati, ne addebita la causa alla società. L'uomo, buono 'per natura', è corrotto dalla vita associata fondata sulla gerarchia e la disuguaglianza delle condizioni.
La negazione del dogma del peccato originale non ha però conseguenze soltanto nell'ambito politico-sociale. Se l'uomo è buono 'per natura', infatti, non vi è bisogno alcuno di un Redentore, e quindi non v'è alcuna necessità della Religione Rivelata e della Chiesa. Il Sangue di Cristo sparso sulla Croce del Calvario, la Sua dottrina immortale, non ha senso alcuno. È soltanto un'immane menzogna. La Grazia santificante, che sola permette all'uomo la pratica delle virtù soprannaturali, è inutile. L'uomo si salva da se stesso, con le sole sue forze. Dall'accettazione o meno del dogma sul peccato originale, quindi, procedono due opposte concezioni dell'uomo, della società, dello Stato e delle loro relazioni con Dio.

LiviaGloria
00giovedì 6 aprile 2006 13:29
"1. L'universale predicazione del Vangelo. 2. L'universale apo-stasia. 3. "La distruzione totale dell'imperio e nome romano" cioè della Chiesa cattolica e del regno sociale di Gesù Cristo. 4. La venuta ed il regno dell'Anticristo. 5. La venuta di Enoc ed Elia, con la conver-sione finale degli ebrei "

Questa é la cronologia a cui anche io credo...comunque vado avanti a leggere...un pochino piu lungo? :D :S
GEBURAH
00giovedì 6 aprile 2006 13:41
Re:

Scritto da: LiviaGloria 06/04/2006 13.29
"1. L'universale predicazione del Vangelo. 2. L'universale apo-stasia. 3. "La distruzione totale dell'imperio e nome romano" cioè della Chiesa cattolica e del regno sociale di Gesù Cristo. 4. La venuta ed il regno dell'Anticristo. 5. La venuta di Enoc ed Elia, con la conver-sione finale degli ebrei "

Questa é la cronologia a cui anche io credo...comunque vado avanti a leggere...un pochino piu lungo? :D :S

ahahahahahahahahahah...............
se vuoi posto altro materiale!?ahahahahahahah....... :up: :D :P

[Modificato da GEBURAH 06/04/2006 13.41]

GEBURAH
00venerdì 7 aprile 2006 15:08
Livia
Livia hai letto bene il mio post 346?
LiviaGloria
00venerdì 7 aprile 2006 15:38
Geburah
Scusa...ma se mi dici il numero...non so!Come lo cerco..dove?
GEBURAH
00venerdì 7 aprile 2006 15:43
Livia
E' in questa discussione, circa a metà della pagina, parla del papa e del monarca.
LiviaGloria
00venerdì 7 aprile 2006 17:09
Geburah
Sí...sto leggendo un pezzettino alla volta...conoscevo giá questi pensieri...S.Agostino....adesso devo andare avanti...
Pero ti voglio dire che loro hanno fatto dei ragionamenti,studiato,approfondito,cercato....come altri santi che invece non vil monarca....S.Agostino...non era ancora arrivato ad approfondire quel discorso...lo doveva ancora sviluppare...
Infatti se tu noti molti santi cercano di interpretare...quarta etá,quinta etá...e non tutti sono concordi nella cronologia...
Per questo io leggo quelle cose,cerco di comprendere e sviluppare...ma non le do per certe...neanche loro lo facevano.
Io cerco sempre la risposta nelle parole di Gesu...e nella bibbia.
GEBURAH
00venerdì 21 aprile 2006 15:02
kattolico

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