La nostra possibilità da 1000 miliardi. Petizione per colpire l'evasione delle multinazionali

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wheaton80
00martedì 11 giugno 2013 03:38
6 Giugno 2013

Tra pochi giorni i governi decideranno se colpire la gigantesca evasione fiscale delle multinazionali, del valore di mille miliardi di dollari all'anno, permettendo di raccogliere denaro sufficiente a mettere fine alla povertà, consentire a ogni bambino di andare a scuola e raddoppiare gli investimenti ecologici! Molti governi vogliono che anche le potenti multinazionali paghino le tasse, ma gli USA e il Canada non hanno ancora preso posizione. Per arrivare a un accordo abbiamo bisogno di metterli sotto pressione.

Mille miliardi di dollari è una cifra che supera le spese militari di tutti i paesi del pianeta messi assieme. E’ una cifra che supera il bilancio di 176 nazioni! Si tratta di 1000 dollari per ogni famiglia del pianeta. E, crediateci o meno, è l'ammontare di tasse che le grandi multinazionali e i ricchi magnati del pianeta evadono ogni anno.

Non dovrebbe nemmeno servire discuterne. Per dare un'enorme spinta alle finanze pubbliche dei nostri paesi in un momento di tagli dolorosi e debiti, tutto quello di cui abbiamo bisogno è che ciascuno paghi le tasse in modo equo. Ma le grandi multinazionali americane stanno facendo enorme pressione per proteggere i loro collaudati sistemi di evasione. Una forte campagna pubblica contribuirebbe a mettere sotto i riflettori due leader, il presidente Obama e il primo ministro Harper, che rischiano di difendere questo fenomeno che corrompe la società impedendo al pianeta di fare questo enorme passo in avanti. Raggiungiamo un milione di persone e Avaaz consegnerà la nostra richiesta ai leader e ai media nel bel mezzo dei negoziati

Per firmare la petizione:
www.avaaz.org/it/g8_tax_havens_p/?bQyuQbb&v=25620
wheaton80
00giovedì 15 gennaio 2015 15:59
Lotta all’evasione, dall’Ecofin norme anti-abuso per le multinazionali

Per le multinazionali diventa più difficile abusare delle leggi europee e trovare scappatoie per pagare meno tasse alle autorità fiscali dei Paesi membri. Dopo la lettera inviata dai ministri dell’Economia di Roma, Parigi e Berlino al commissario Ue agli Affari economici, che chiedeva di fissare precisi paletti contro la “pianificazione fiscale aggressiva” dei grandi gruppi, martedì l’Ecofin ha dato il via libera alla revisione della direttiva comunitaria cosiddetta “madri-figlie“, cioè quella che regola i rapporti tra le società capogruppo e le controllate, e ha approvato in via definitiva lo scambio automatico e obbligatorio di informazioni tra autorità. Così, a un mese dallo scoppio dello scandalo LuxLeaks sui privilegi fiscali concessi ai grandi gruppi dal Lussemburgo allora guidato dall’attuale presidente della Commissione Jean Claude Juncker, Bruxelles da un lato inizia a chiudere alcuni dei “buchi legislativi” che riducono gli introiti fiscali degli Stati, dall’altro mette definitivamente fine al segreto bancario. Questo proprio mentre in Svizzera, che della Ue non fa parte ma punta a uscire dalla lista nera dei paradisi fiscali, il pronunciamento di un pretore dà ragione a un istituto che ha rifiutato a un cliente italiano un corposo prelievo di contanti. Novità che avrà sicure ripercussioni sui correntisti italiani che, a valle dell’approvazione da parte di Roma della legge sul rientro dei capitali, volessero prosciugare il conto e trasferire il denaro in Paesi più compiacenti.

Dopo LuxLeaks, nella direttiva sulle multinazionali entra clausola anti-abuso
La direttiva madri-figlie, risalente al 2011, era stata concepita per evitare che i profitti realizzati da gruppi multinazionali fossero tassati due volte. Per farlo, obbligava i Paesi Ue a esentare dalla tassazione i profitti ricevuti dalle società madri da parte delle loro filiali in altri Stati membri. Le modifiche varate dal Consiglio Ecofin, l’ultimo sotto la presidenza di turno dell’Italia, accolgono le proposte fatte a novembre 2013 dalla Commissione introducendo una clausola anti-abuso che impedisce ai governi di “concedere i benefici della direttiva sulle sussidiarie agli accordi che non sono ‘genuini’ e sono stati realizzati per ottenere un vantaggio fiscale, senza riflettere la realtà economica”, spiega il Consiglio. L’intesa, secondo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, “consentirà agli Stati membri di combattere meglio la pianificazione fiscale aggressiva da parte dei gruppi di imprese, garantendo in questo modo una più equa imposizione sulle imprese nell’Unione europea”.

Stop al segreto bancario: i Paesi si scambieranno informazioni anche su dividendi e rendite
L’altro provvedimento approvato riguarda l’estensione a dividendi, interessi, rendite finanziarie e altri profitti dello scambio automatico di informazioni tra autorità fiscali. Lo scopo è non consentire ai contribuenti di nascondere capitali tassabili all’estero e al tempo stesso migliorare l’efficienza della riscossione. “L’adozione della direttiva rivista sulla cooperazione amministrativa è un passo cruciale nella lotta all’evasione”, ha detto il ministro Pier Carlo Padoan, presidente del Consiglio Ecofin, precisando che “segna la fine del segreto bancario nell’Unione europea”. E’ stata invece rinviato al 2015 l’accordo sull’introduzione di una Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, in 11 Paesi Ue della cooperazione rafforzata, fra cui l’Italia. Il dossier passerà alla presidenza di turno del Consiglio Ue, che a partire dal prossimo primo gennaio spetterà alla Lettonia.

E gli istituti svizzeri iniziano a rifiutare versamenti cash ai clienti italiani
Il pretore del distretto di Lugano, a fine luglio, ha accolto le argomentazioni di una banca citata da un cliente italiano che aveva chiesto senza successo di chiudere il conto e ricevere la liquidazione in contanti. Il giudice ticinese, come riportato da Italia Oggi, ha riconosciuto l’esigenza dell’istituto di svolgere la propria attività in modo “irreprensibile sotto il profilo reputazionale“. Un precedente che apre la strada alla possibilità, per le banche elvetiche che custodiscono i patrimoni di potenziali evasori fiscali, di rifiutarsi di eseguire i loro ordini “in assenza di idonea giustificazione“. Considerato che la legge sul rientro dei capitali appena approvata dal Senato agevola in modo particolare il rientro dalla Confederazione prevedendo sanzioni ridotte se Berna firmerà con l’Italia l’agognato e sempre rimandato accordo fiscale, i clienti che fino a oggi hanno occultato capitali in Svizzera potrebbero essere tentati di spostarli in paradisi meno rischiosi, ma questo pronunciamento complicherà loro le cose. Tanto più che il diniego potrà applicarsi anche ai bonifici verso Paesi con legislazione fiscale considerata “inadeguata”.

F. Q.
9 dicembre 2014
www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/09/lotta-allevasione-dallecofin-norme-anti-abuso-per-multinazionali/...
wheaton80
00mercoledì 18 febbraio 2015 22:44
Un'occasione unica per la giustizia fiscale

La banca HSBC aiutava a evadere le tasse migliaia delle persone più ricche del mondo, tra cui tantissimi italiani! Al posto loro noi saremmo già in carcere, ma i governi trattano questi potenti come se fossero troppo importanti per finire in manette. Dimostriamo che non è così! Ogni anno solo in Italia l’evasione fiscale ci ruba 180 miliardi di euro, siamo i peggiori in Europa. Nel mondo si arriva a 3mila miliardi di dollari: per sconfiggere la povertà estrema ne basterebbero molti meno! “SwissLeaks” è il più grande scandalo bancario di sempre, un’occasione unica per fare giustizia, ma dobbiamo agire subito. Due persone possono cambiare le cose: il ministro delle finanze inglese che si sta preparando alle elezioni e la candidata come prossimo Procuratore Generale USA che è in attesa della nomina. Entrambi sono al centro dell’opinione pubblica e la nostra campagna può spingerli ad aprire un’inchiesta e colpire l’élite dei grandi evasori, mandando un messaggio chiaro: nessuno è troppo importante per finire in manette!

Al Cancelliere dello scacchiere britannico George Osborne e alla candidata Procuratore Generale USA Loretta Lynch, ai ministri delle finanze e ai pubblici ministeri:"Le informazioni diffuse in tutto il mondo dimostrano che la HSBC ha aiutato criminali e miliardari a nascondere i loro soldi e a evadere le tasse, lasciando il resto della popolazione a pagare per mantenere i servizi pubblici. Vi chiediamo di indagare e di perseguire i banchieri che hanno facilitato l’evasione fiscale e i loro clienti che si sono arricchiti a nostre spese, e a fare leggi fiscali più severe per impedire che questo accada di nuovo".

Per firmare la petizione:
secure.avaaz.org/it/hsbc_tax_dodge_loc/?bQyuQbb&v=53940
wheaton80
00sabato 10 febbraio 2018 02:53
Elusione fiscale e multinazionali, ogni anno nascosti al fisco 600 miliardi

Distratti dall’arrivo di Donald Trump, i manager presenti all’ultimo Forum di Davos andrebbero perdonati nel caso si fossero persi un dettaglio: vale 627 miliardi di euro la base imponibile nascosta al fisco solo nel 2015 da poche grandi multinazionali di Paesi come Germania, Francia e Italia (e vari altri). In quell’anno (uno fra i molti nei quali gli stessi fenomeni si ripetono) è di duecento miliardi di euro il gettito sottratto ai governi attraverso la rete dei paradisi fiscali. Per compensare l’ammanco, hanno dunque dovuto versare più tasse i normali lavoratori dipendenti o autonomi, i pensionati e anche (attraverso l’IVA sui beni di consumo) le persone i cui redditi sono così bassi da restare al di sotto delle soglie tassabili.

Il danno per l’Italia

Per l’Italia, il trasferimento artificiale all’estero dei ricavi di alcune grandi multinazionali ha prodotto nel 2015 un’erosione di quasi un quarto della base imponibile del prelievo sulle società: 7,4 miliardi di euro in tutto, una perdita di 0,5% del reddito nazionale sul 2015, che con ogni probabilità si sta riproducendo ogni anno. In media, i Paesi dell’Unione Europea perdono così circa un quinto delle entrate alle quali avrebbero titolo dalle imprese. Ma non va malamente allo stesso modo per tutti. I tre più grandi paradisi fiscali per le grandissime imprese non sono infatti annidati in qualche isola dei Caraibi o dell’Oceano Pacifico. Al contrario, prosperano in gran parte indisturbati nel cuore della zona euro: Olanda, Lussemburgo e Irlanda sono tre piccoli Paesi (poco più del 6% della popolazione dell’unione monetaria) ma rappresentano nel complesso quasi metà dell’elusione fiscale internazionale delle grandi società. In gran parte questi tre Paesi operano in questo modo direttamente a danno degli altri, gli stessi con i quali condividono la moneta e severe regole di vigilanza sui bilanci pubblici. L’occasione per parlarne è arrivata qualche giorno fa, a Davos, in un incontro sui paradisi fiscali. È allora che sono stati presentati i risultati di uno studio pubblicato due mesi fa da tre economisti: Thomas Tørsløv e Ludvig Wier dell’Università di Copenaghen, insieme a Gabriel Zucman dell’Università di California a Berkeley. I tre hanno appena portato a termine un lavoro da veri e propri detective del sistema di contabilità internazionale.

Il loro obiettivo era calcolare l’impatto dell’elusione da parte di grandi gruppi come Apple, Facebook, Amazon, Google-Alphabet o Nike. Non è un compito facile, che infatti sfugge in gran parte agli stessi governi. Risultano infatti invisibili molti degli spostamenti ad arte di utili dal Paese in cui sono stati realizzati a un Paese che offre aliquote effettive quasi a zero, in primo luogo perché vengono registrati come proventi da attività intangibili: brevetti, ricerca e sviluppo, importazione di servizi. Non per niente, i tre studiosi notano alcuni paradossi nella contabilità di Nike, Facebook, Apple e Google. In ciascuno di questi gruppi, la somma dei profitti realizzati dalle società controllate (così come visibile nella banca dati Orbis di Bureau Van Dijk-Moody’s) bizzarramente risulta pari a una frazione minima dei profitti consolidati globali. Il caso più estremo è Facebook, i cui profitti del 2015 sono di circa 11 miliardi di euro ma la somma dei ricavi tassabili di tutte le sussidiarie resta a zero. Per individuare la reale situazione Tørsløv, Wier e Zucman cercano indizi nella quantità di ricavi tassabili in proporzione al monte-salari dei dipendenti in ogni dato Paese: i profitti trasferiti artificialmente infatti gonfiano il bilancio, ma non il numero dei dipendenti. I tre indagano anche per capire in quali Paesi risulti che la quota di profitti in mano agli stranieri sia curiosamente fuori proporzione e studiano le comunicazioni (obbligatorie) a Eurostat di tutti i Paesi europei sulla contabilità aggregata delle imprese.

Le accuse all’Olanda
Alla fine vengono fuori conferme impressionanti sui soliti sospetti. Il Lussemburgo, con aliquote bassissime su una base imponibile tanto artificiale quanto sterminata, presenta profitti societari tassabili pari a sette volte le medie europee (in rapporto al monte-salari). Del tutto fuori linea anche Irlanda e Olanda. Questi tre Paesi nel 2015 pesano da soli per 293 miliardi di euro di base imponibile societaria sottratta al resto del mondo, più di cento miliardi ciascuna per Irlanda e Olanda. Poco importa che proprio il governo dell’Aia sia stato in prima linea dall’inizio della crisi nell’esigere rigore di bilancio agli stessi Paesi ai quali nel frattempo sottraeva decine di miliardi di entrate fiscali. Ai grandi gruppi bastava registrare nei Paesi Bassi profitti realizzati nel resto d’Europa sulla vendita di servizi definiti «intangibili», perché digitali. Questi ricavi fatti apparire in Olanda con aliquote quasi a zero sono così vasti che l’avanzo estero del piccolo Paese sull’estero (80 miliardi di dollari) si avvicina ormai a quello della Cina (120 miliardi).

Il paradosso di Dublino
Dell’Irlanda era presente all’incontro di Davos il Ministro delle Finanze Paschal Donohoe. Davide Serra, il fondatore del fondo Algebris, gli ha presentato le proprie stime sulla contabilità dei rapporti di Dublino con l’Unione Europea dal momento dell’ingresso 40 anni fa: si contano 150 milioni di euro di trasferimenti netti dall’Irlanda al resto d’Europa, attraverso il bilancio comunitario; e 200 miliardi di elusione innescata da Dublino a danno degli altri Paesi. È celebre il caso di Apple, la cui aliquota effettiva ritagliata ad hoc era dello 0,005% nel 2014 (il gruppo di Cupertino di recente ha accettato una transazione). Meno noto invece il caso di Google, presentato da Serra a Davos. Nel 2015 il gruppo di Menlo Park ha realizzato ricavi per 22,6 miliardi in Europa, Medio Oriente e Africa. Tutte le entrate sono emerse contabilmente in Irlanda. Tuttavia, fra «diritti di proprietà intellettuale» pagati a altre controllate dello stesso gruppo e varie deduzioni, alla fine Google ha pagato solo 48 milioni di tasse all’Irlanda e quasi zero a chiunque altro. Si tratta un’aliquota effettiva dello 0,2% sui redditi. Sono operazioni del genere, secondo i tre studiosi di Copenaghen e Berkeley, a produrre ormai distorsioni immense: due terzi dei profitti esteri delle multinazionali americane nel 2015 (e il 45% di quelle di tutto il mondo) slittano verso i paradisi fiscali. E sulle spalle dei contribuenti ordinari degli Stati Uniti e dell’Europa pesano 60 miliardi di euro in più da pagare al posto di chi elude.

Federico Fubini
29 gennaio 2018
www.corriere.it/economia/18_gennaio_30/elusione-fiscale-multinazionali-ogni-annonascosti-fisco-600-miliardi-cc58e47c-053f-11e8-8913-7ceabd19f7b3.shtml?refre...
wheaton80
00martedì 25 settembre 2018 00:15
Così le multinazionali del farmaco sottraggono risorse agli Stati secondo OXFAM

OXFAM ha pubblicato una ricerca che mostra come quattro delle più grandi industrie farmaceutiche, Merck & Co. (che opera in Europa con il nome MSD), Pfizer, Johnson & Jonhson e Abbott, spostino i loro profitti in diversi paradisi fiscali ed evitino così di pagare le tasse nei Paesi in cui operano, molto spesso Nazioni in via di sviluppo. Privare gli Stati di somme così ingenti non fa altro che esacerbare le differenze tra le classi sociali, togliendo fondi necessari per migliorare le condizioni sanitarie di questi Paesi. OXFAM ha calcolato che nei soli Stati Uniti questa attività si traduce nella sparizione di 2.3 miliardi di dollari; nelle altre economie avanzate la cifra è minore, ma comunque ingente, e si attesta intorno a 1.4 miliardi. Per quanto riguarda i Paesi in via di sviluppo, la cifra si aggira intorno ai 112 milioni di dollari: pochi se confrontati con quanto viene spostato nei Paesi industrializzati, ma una cifra enorme che potrebbe essere investita in vaccini, cliniche e ricerca sanitaria. I governi si trovano ad avere molte meno risorse e il divario tra la parte della popolazione più ricca e quella più povera cresce. Quando i fondi vengono tagliati, le famiglie perdono l’accesso alle cure mediche e sono costrette ad indebitarsi per assistere i propri cari.

A farne le spese sono in gran parte le donne, costrette a casa a prendersi cura dei malati e impossibilitate a lavorare. Questa condizione, unita all’aumento delle tasse sui beni di consumo, metodo utilizzato dai governi per non far andare il bilancio in rosso, riduce le famiglie indigenti sul lastrico. Le analisi condotte da OXFAM hanno mostrato come i margini medi degli utili delle big del farmaco sono risultati, al lordo delle imposte, molto bassi sia nelle economie avanzate che in quelle meno sviluppate: rispettivamente, del 7% e del 5% nel triennio 2013 - 2015. Ciò che non torna è come i report delle società su scala mondiale riportassero profitti fino al 30% dei ricavi. Incassi che non sono scomparsi, visto che ne è stata trovata traccia in alcuni paradisi fiscali. Il totale di quanto spostato offshore da Pfizer, Jonhson & Johnson, Abbott e Merck & Co., alla fine del 2016, era pari a 352 miliardi di dollari. Secondo una ricerca condotta dall’economista Gabriel Zucman, nel 2015 quasi il 40% dei profitti totali dei quattro big dell’industria farmaceutica è stato spostato in paradisi fiscali.

Secondo le stime dell’organizzazione, il potenziale trasferimento degli utili verso giurisdizioni a fiscalità agevolata avrebbe comportato perdite fiscali per le economie avanzate pari a 3,7 miliardi di dollari all’anno nel triennio 2013-2015. In Italia la sotto-contribuzione fiscale potrebbe aver causato un ammanco annuo da 270 milioni di dollari. Ma dove finiscono questi soldi? Le multinazionali del farmaco hanno affermato di utilizzare le somme nel settore R&D (ricerca e sviluppo), ma la realtà è ben diversa. I profitti vengono utilizzati per pagare stipendi vertiginosi agli azionisti e ai dirigenti: tra il 2006 e il 2015, 341 miliardi di dollari sono stati aggiunti come bonus nelle buste paga o spesi in azioni. Solo il 14% dei 2.000 miliardi di profitto sono stati spesi nello sviluppo di nuovi farmaci, pari a 260 miliardi di dollari. La spesa nel settore ricerca e sviluppo è addirittura inferiore a quanto speso nel reparto marketing: Johnson & Johnson ha speso 17,5 miliardi di dollari in marketing contro gli 8,2 spesi in R&D; cifre simili si registrano anche per Pfizer, Merck & Co. e Abbott. OXFAM chiede ora ai cittadini di farsi sentire, chiedendo prezzi equi per i medicinali e più investimenti nei Paesi in via di sviluppo.

Marco Cherubini
18/9/2018
it.businessinsider.com/ultimo-rapporto-oxfam-rivela-evasione-per-4-m...
wheaton80
00domenica 8 dicembre 2019 00:51
Corruzione, Ericsson pagherà oltre 1 mld

La società svedese di telecomunicazioni Ericsson ha concordato di pagare oltre 1 miliardo di dollari per patteggiare accuse di corruzione che spaziano in un periodo di 17 anni e toccano almeno cinque Paesi, dall'Asia al Medio Oriente. Lo rende noto il Dipartimento di Giustizia USA. Anche una controllata egiziana si è dichiarata colpevole in una corte federale di New York di aver cospirato per violare il Foreign Corrupt Practices Act del 1977. "La condotta corrotta della Ericsson ha coinvolto dirigenti di alto livello e ha abbracciato 17 anni e almeno cinque Paesi allo scopo di aumentare i profitti", ha dichiarato Brian Benczkowski, capo della divisione penale del Dipartimento di Giustizia. Secondo l'accusa, la compagnia svedese era coinvolta in uno schema per pagare tangenti, falsificare i libri contabili e chiudere un occhio sulla corruzione, in Paesi come Cina, Vietnam, Indonesia e Kuwait.

07 dicembre 2019
www.ansa.it/sito/notizie/mondo/nordamerica/2019/12/07/corruzione-ericsson-paghera-oltre-1-mld_e5f1165f-6e2c-4328-8520-25536fb0a...
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