JOHN M. ALLEGRO:
PASSIONE E CROFICISSIONE A QUMRÀN?
L’équipe internazionale.
John M. Allegro, assistente alla Manchester University, fece parte fin dal primo momento della équipe internazionale addetta alla pubblicazione dei frammenti della grotta 4Q. Baigent e Leigh mettono tutto il loro impegno a descriverlo come l’unico studioso “libero” dell’équipe, e “l’unico filologo del gruppo, che aveva già pubblicato cinque saggi su riviste accademiche. Questo faceva di lui l’unico esperto che si fosse guadagnato un nome sul campo prima di iniziare a lavorare sui rotoli. Tutti gli altri erano perfetti sconosciuti”1.
Basterà scorrere una semplice bibliografia degli altri membri dell’équipe per verificare l’esattezza di tale notizia; prendendo ad esempio padre Milik, si potrà verificare quali furono i suoi studi filologici condotti in Polonia ed al Pontificio Istituto Biblico, le lingue che conosceva (greco, latino, ebraico ed aramaico, siriaco, paleoslavo, arabo, georgiano, ugaritico, accadico, sumero, egiziano ed ittita), e le sue numerose pubblicazioni anteriori alla chiamata a Gerusalemme nel 19522. Lo stesso valga per Jean Starcky, che si laureò in lettere classiche, filosofia e teologia, specializzandosi in lingue orientali all’Institut Catholique e all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, poi al Pontificio Istituto Biblico e all’École Française di Roma; anch’egli vanta pubblicazioni precedenti il 19523.
1956 – Allegro: “A Qumràn un Messia crocifisso e risorto”.
Nel 1956, Allegro rilasciò delle interviste radiofoniche, di cui riferì un articolo apparso sul New York Times del 5 febbraio: “Le basi storiche dell’Ultima Cena, di almeno una parte del Padre Nostro e dell’insegnamento di Gesù tramandato dal Nuovo Testamento, risalirebbero alla comunità di Qumràn”. Allegro pare abbia parlato di testi di Qumràn, non ancora pubblicati, in cui si presentava il Maestro di Giustizia crocifisso e deposto in una tomba dai suoi discepoli in attesa della risurrezione, un preciso prototipo di Gesù. Tale affermazione di derivazione del cristianesimo da Qumràn la sostenne fino alla morte: nel 1986 egli affermava ancora che secondo i suoi discepoli, “il Maestro di Giustizia sarebbe ricomparso alla fine dei tempi come Messia”4.
Gli altri membri dell’équipe prepararono immediatamente una risposta che sarebbe dovuta apparire sul medesimo giornale; quando Allegro ne ebbe notizia, così scrisse al direttore dei lavori, de Vaux:
“Tenendo conto di quanto Wilson ha già detto sul rifiuto della Chiesa ad esaminare i testi con obbiettività, Lei può ben immaginare che putiferio verrà fuori. Con tutto il rispetto devo farle rilevare che qui le assurdità di Wilson sono state prese molto sul serio. In occasione di ogni conferenza sui rotoli, mi viene posta la stessa domanda: è vero che la Chiesa ha paura [...] Possiamo essere sicuri che verrà pubblicato tutto il materiale? Questa domanda può suonare come una vera sciocchezza alle nostre orecchie, ma è un dubbio molto diffuso tra la gente comune. […] Mi sembra superfluo aggiungere quale effetto farebbero le firme di tre sacerdoti cattolici sotto una lettera del genere”5.
È interessante leggere come nel 1956 Allegro consideri sciocche le illazioni di Wilson, di cui abbiamo trattato, e cerchi di usarle come deterrente nei confronti di de Vaux; pochi anni dopo egli stesso sosterrà le stesse sue opinioni.
1956 – La smentita degli altri studiosi.
Tale lettera, però, non fermò l’azione dell’équipe, la quale il 16 marzo del 1956 pubblicò sul Times la seguente smentita, firmata dal presidente e da quattro altri membri:
“ In vista della vasta ripercussione delle sue dichiarazioni, e del fatto che i materiali sui quali sono basate non sono ancora disponibili al pubblico, noi, suoi colleghi, ci sentiamo in dovere di fare la seguente dichiarazione. Non esiste alcun testo inedito a disposizione del signor Allegro oltre a quelli i cui originali si trovano attualmente nel Museo archeologico della Palestina, dove noi svolgiamo il nostro lavoro. Subito dopo la comparsa sulla stampa di citazioni delle trasmissioni del sig. Allegro, abbiamo revisionato tutti i materiali pertinenti, editi od inediti. Ci sentiamo di affermare che nei testi non ci è dato di riscontrare nessuna delle «scoperte» di Allegro. Non abbiamo trovato nessuna «crocifissione del Maestro», nessuna «deposizione dalla croce», nessun «corpo martoriato del loro Maestro» da custodire sino al Giorno del Giudizio. Non esiste quindi alcun «ben definito quadro essenico in cui la figura di Gesù di Nazareth trova posto», come dai resoconti sembra aver detto Allegro. È nostra convinzione che o Allegro ha sbagliato a leggere i testi, o ha costruito una catena di ipotesi che non trova sostegno nei documenti in questione”.
A distanza di quasi un cinquantennio, ora che abbiamo a disposizione tutti i documenti allora inediti, come possiamo valutare queste considerazioni?
Il brano che diede avvio alla polemica.
Ecco il passo che dal tempo di Dupont-Sommer ha dato adito all’interpretazione di un Maestro di Giustizia martirizzato o crocifisso, tratto dal commentario ad Abacuc (1QpHab). Il passo è assai corrotto, quindi va integrato:
8,16-17; 9,1-2: “L’in[terpretazione del passo] si riferisce al sacerdote che si è ribellato [e ha violato] gli statuti di [Dio…], per colpirlo con giudizi di empietà, e orrori di funeste infermità causarono a lui, e atti di vendetta sul suo corpo di carne”.
Le parti integrate (tra parentesi) ci fanno vedere come sia difficile una lettura univoca del testo, che resta comunque ipotetica. Ciò basterebbe per suggerire una grandissima cautela nelle congetture di ricostruzione.
Il significato nella lettura comune è questo: il Sacerdote Empio si è ribellato alle leggi divine e per questo ha meritato una punizione. Questa affermazione viene messa in relazione con la morte del sommo sacerdote Gionata Maccabeo che fu imprigionato, maltrattato e ucciso da Diodoto Trifone (143 a.C.)
Dupont-Sommer integrava invece in questo modo:
“L’in[terpretazione del passo] si riferisce al sacerdote che si è ribellato [e ha violato] gli statuti di [Dio e perseguitò il Maestro di Giustizia] per colpirlo con giudizi di empietà, e profanatori malvagi perpetrarono atti orrendi su di lui, e atti di vendetta sul suo corpo di carne”.
In questo caso, cambiando il soggetto, il perseguitato sarebbe il Maestro di Giustizia, e non il Sacerdote Empio. La traduzione italiana del Moraldi, che pur accetta la lettura “perseguitò il Maestro di Giustizia”, considera assai poco verosimile l’interpretazione secondo la quale l’oggetto della vendetta sia lui e non il Sacerdote Empio.
La lettura più diffusa è in armonia con quanto viene detto poche righe più sotto:
9,9-10: “L’interpretazione si riferisce al sacerdote empio che a causa dell’iniquità commessa contro il Maestro di Giustizia e i suoi seguaci, Dio lo consegnò nelle mani dei suoi nemici per umiliarlo con infermità, cosicché finisse nell’amarezza dell’anima, perché empiamente aveva agito contro i suoi eletti”.
Questo passo (che non ha bisogno di integrazioni ipotetiche) ci mostra senza possibilità di equivoco che il Sacerdote Empio fu perseguitato.
Non si può affermare che il Maestro di Giustizia sia stato messo a morte.
Ecco ciò che sarebbe la dimostrazione di una crocifissione del Maestro di Giustizia: un passo lacunoso, che può essere integrato in almeno tre modi diversi, nel quale nella ipotesi meno probabile si parla di una generica persecuzione del Maestro di Giustizia, senza affermare in alcun luogo che egli venne ucciso, né tanto meno come venne ucciso.
Resta pertanto valida l’interpretazione secondo cui a Qumràn, qualunque sia la traduzione di questo testo, non è dato rinvenire “alcuna asserzione inequivoca che il Maestro di Giustizia sia stato messo a morte”6, ed i passi dell’Abacuc Pesher “non comportano la descrizione specifica di un individuo torturato e ucciso”7. Milik scrisse in proposito:
“Non esiste alcun testo sicuro nel quale si affermi la morte violenta del Maestro di Giustizia; abbiamo invece diversi elementi che ci suggeriscono la morte naturale. Così ad esempio il Documento di Damasco, parlando della morte del Maestro, usa l’espressione “fu riunito” (CD 8,21), che deve evidentemente intendersi come un’abbreviazione della frase biblica “fu riunito al suo popolo, ai suoi padri”, usata per la morte pacifica, in piena vecchiaia, dei Patriarchi o di altri personaggi (Cfr. Gen. 25,9; 35,29; Deut. 32,50; Giud. 2,10)”8.
Il prof. G. Vermes, non cedendo a nessuna ipotesi di ricostruzione tanto labile quanto soggettiva, osserva: “Non sappiamo né chi fu il fondatore degli Esseni, né come, né dove, né quando egli morì”9.
Non si parla di croficissione.
Tantomeno si parla di crocifissione: le parole dell’équipe “Non abbiamo trovato nessuna «crocifissione del Maestro», nessuna «deposizione dalla croce», nessun «corpo martoriato del loro Maestro» da custodire sino al Giorno del Giudizio” sono confermate dalla pubblicazione di tutti i testi.
Solo in 4QpNah appare il verbo “appendere” (thl) riferito al supplizio inferto nell’88 a.C. da Alessandro Janneo ad 800 Ebrei ribelli, confermando la notizia di Giuseppe Flavio (Antiquitates 13); ugualmente alla colonna 64 del Rotolo del Tempio (11QTemple 64,6-13) si usa lo stesso verbo parlando della pena dei traditori della nazione. Ma mai questo verbo o verbi consimili sono riferiti al Maestro di Giustizia.
Il frammento inedito: le “sconvolgenti” interpretazioni di Allegro ed Eisenman…
Veniamo al passo allora inedito a cui faceva riferimento Allegro; neppure in esso si parla di crocifissioni. Si tratta di un frammento della grotta 4 (4Q285) assai lacunoso, che solitamente si traduce in questo modo:
“[…] il profeta Isaia […] un rampollo uscirà dal tronco di Jesse […] il rampollo di Davide. Essi entreranno in giudizio con il […] ed il Principe della Comunità lo mise (o metterà) a morte […] e con ferite, ed il sacerdote di […] comanderà […] la strage dei Kittim”.
Allegro ed Eisenman lo lessero in questa maniera:
“[…] il profeta Isaia […] un rampollo uscirà dal tronco di Jesse […] il rampollo di Davide. Essi entreranno in giudizio con il […] ed essi metteranno a morte il Principe della Comunità […] e con ferite, ed il sacerdote di […] comanderà […] la strage dei Kittim”.
Il problema è nella frase “il Principe della Comunità lo metterà a morte”; infatti, essendo il testo non vocalizzato, il verbo potrebbe essere letto in due modi: “il Principe della Comunità lo metterà a morte (wehemîtô)”, oppure “essi metteranno a morte il Principe della Comunità (wehêmîtû)”. La mancanza del segno del complemento oggetto ’t (nota accusativi) che ci si aspetterebbe in quest’ultimo caso, e che c’è appena una riga sopra, non è motivo sufficiente ad escludere grammaticalmente questa lettura.
La lettura comunemente accettata, è che il Principe della Comunità (il Messia della stirpe di Davide, cfr. CD 7,20 e 1QM 5,1) mette a morte l’empio di cui parla Isaia 11,4; nella lettura di Eisenman-Allegro, il Principe della Comunità è l’oggetto dell’uccisione.
In questo passo si tratta del Messia che deve venire. Allegro evidentemente vide in questo testo una prefigurazione della morte di Cristo, e Robert Eisenman, nel suo libro “scandalistico”, pur dando entrambe le lezioni, propende per la stessa di Allegro10. Per Eisenman, inoltre, il Maestro di Giustizia è Giacomo il Minore (anche se il testo è datato a decenni prima dell’operato di Giacomo).
… e le interpretazioni di tutti gli altri.
Il passo è stato tradotto e spiegato diversamente da tutti gli altri commentatori, tra cui Geza Vermes e Marcus Bockmuehl11 del centro di studi su Qumràn di Oxford; il prof. Otto Betz ha presentato la stessa interpretazione al simposio su Qumràn dell’università di Eichstätt nel 199312. Il passo, infatti, acquista un senso preciso se messo in rapporto con il libro di Isaia che sta commentando: la frase “un rampollo uscirà dal tronco di Jesse”che compare nel frammento è una citazione di Isaia 11,1. Ecco il testo di Isaia 11,1-4, che parla appunto del Messia che deve venire:
“Un rampollo uscirà dal tronco di Jesse ed un virgulto spunterà dalle sue radici. Riposerà sopra di lui lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di discernimento, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di timore del Signore. Troverà compiacenza nel timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze, né renderà sentenza per sentito dire, ma giudicherà con giustizia i miseri e con equità renderà sentenze in favore dei poveri del paese. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, e farà morire l’empio con il soffio delle sue labbra”.
Ecco l’empio che il Messia - Principe della Comunità dovrà mettere a morte. Inoltre, in un altro testo di Qumràn (1Q28b 5,20-26) il Maestro di Giustizia prega “per il Principe della Comunità, per stabilire in eterno la sua sovranità sul suo popolo” e per “giudicare i poveri per sempre con giustizia”. Egli dovrà “percuotere i popoli con la verga della sua bocca, devastare la terra col suo bastone e far morire l’empio con il soffio delle sue labbra”. La citazione letterale di Isaia è evidente, e la somiglianza con il nostro frammento impressionante: si afferma che il Principe della Comunità metterà a morte l’empio, come predetto da Isaia, e non che il Principe della Comunità sarà ucciso.
Lo stesso Eisenman pone il frammento appena dopo un altro frammento ad esso imparentato (n° 6), in cui si parla del Principe della Comunità, descritto come giudice dell’empietà, nemico delle forze del male, davanti al quale verrà condotto un uomo. Nulla di più facile che ricostruire il legame tra i due frammenti: come testimoniato da Isaia, il Principe della Comunità si ergerà a giusto giudice del popolo, e metterà a morte l’empio che sarà condotto dinanzi a lui.
Stona assai con queste dichiarazioni di potenza del Messia davidico, che giudicherà i popoli con verga e bastone, l’idea che egli possa essere messo a morte da qualcuno. Anche in altri testi in cui si precisa la funzione messianica del Principe della Comunità si esclude categoricamente la possibilità della sua morte: in 1QSb V,21 ss. Egli fonderà per il suo popolo un regno eterno, sarà innalzato dal Signore, ucciderà gli empi.
Corrado Martone, dell’Università di Torino, conclude un’approfondita analisi del passo con queste parole:
“Risulta dunque che tutti i testi che presentano indiscutibili affinità col nostro frammento sono assolutamente estranei al concetto di morte del Messia […] Appare di conseguenza inverosimile collegare il nostro testo che, come visto, si colloca perfettamente in una ben documentata tradizione giudaica, alla concezione cristiana del sacrificio messianico”13.
Tantomeno, senza ombra di dubbio, vi sono menzioni di «crocifissione del Maestro», «deposizione dalla croce», «corpo martoriato» da custodire sino al Giorno del Giudizio.
A Qumràn nessun testo parla della passione e croficissione.
In conclusione: nessun testo di Qumràn cita o allude a personaggi del Nuovo Testamento (Gesù, Giovanni Battista, Apostoli, etc.), né parla di passione, morte, crocifissione, deposizione, custodia del corpo del Maestro di Giustizia (fine del II sec. a.C.) o del Messia futuro.
(Cfr. anche
www.ao.net/~fmoeller/qumcon2.htm)
Naturalmente Baigent e Leigh, senza fare parola di questi documenti, ci presentano Allegro (ed Eisenman) come gli unici autentici divulgatori della verità storica, tenuta nascosta dai terribili membri dell’équipe internazionale. Nemmeno una citazione dei testi, ma la descrizione di un clima di mistificazione.
Gli studi successivi di Allegro.
Allegro l’anno dopo fu licenziato dalla sua università. Nel 1960 pubblicò, senza l’autorizzazione dell’équipe, la trascrizione e la traduzione del Rotolo di Rame14: l’edizione ufficiale apparve invece nel 1962, a cura di J. T. Milik15. In esso, fu rinvenuta una lunga lista di 64 luoghi in Palestina dove sarebbe stato nascosto un tesoro. Mentre Milik lo definì come un esempio del genere letterario popolare dei “cataloghi di tesori immaginari”, Allegro lo intese come un reale elenco dei nascondigli in cui gli Zeloti avrebbero occultato i beni del Tempio nel 68 d.C., prima della caduta di Gerusalemme. Ma si tratta (per contare solo i metalli preziosi) di 65 tonnellate d’argento e di 26 tonnellate d’oro, una ricchezza immensa, che farebbe pensare ad una cifra immaginaria. Allegro, per renderla verosimile, giunse a ridurre addirittura ad un sesto il ben noto valore delle misure del talento ebraico16. Egli organizzò anche delle campagne di scavi per ritrovare i tesori, inutilmente.
Nel 1966, si diede al teatro. Fu rappresentato infatti un suo dramma intitolato The Lively Oracles (Gli oracoli viventi), in cui il protagonista, un professore, scopre un rotolo che stravolge la tradizionale lettura di alcuni passi evangelici. Ma gli inviati del Vaticano lo fanno sparire….
Dando credito alle “ricostruzioni inquisitorie” di Baigent e Leigh, verrebbe da pensare ad un allontanamento immediato di Allegro da un’équipe internazionale preoccupatissima per tale pericoloso rivale: invece, più di dieci anni dopo, egli ne è ancora membro. Nel 1968 egli curò il quinto volume della collana Discoveries in the Judaean Desert in cui pubblicava una trentina di frammenti17. Abbiamo già detto della scarsa qualità di tale edizione, sintetizzata dal giudizio del prof. Karlheinz Müller dell’Università di Würzburg: “Senz’altro la peggiore e la più inaffidabile edizione di Qumràn che il lettore possa aspettarsi dall’inizio dei ritrovamenti”18. La correzione dei suoi errori, preparata da J. Strugnell, risultò lunga quasi quanto il libro recensito: frammenti non correttamente identificati o mal accostati, letture discutibili e confusa numerazione delle tavole19.
Epilogo.
Allegro si ritirò dagli studi di qumranistica e si dedicò ad argomenti sempre più imbarazzanti. Nel suo libro uscito nel 1970 Il fungo sacro e la Croce20 sostenne quella che diventerà una sua idea fissa: Cristo non era mai esistito, ma era una forma di allucinazione provocata dalla psilobicina contenuta in un fungo, di cui i Cristiani delle origini si cibavano all’interno di culti orgiastici.
L’opera, che questa volta non aveva a che fare con le presunte trame del Vaticano e di de Vaux, fu ugualmente demolita dalla critica, al punto che gli editori si scusarono pubblicamente per averla stampata21. In una lettera al Times del 26 maggio 1970 quattordici eminenti studiosi, come avvenuto alcuni anni prima in merito a Qumràn, confutarono le opinioni di Allegro: tra i firmatari, il maestro di Allegro stesso, il prof. Godfrey Driver, colui che lo aveva prescelto per far parte dell’équipe.
Baigent e Leigh, stavolta, ammettono che Il fungo e la croce si basa “su alcune premesse filologiche che noi, come molti altri commentatori, abbiamo difficoltà ad accettare”. Ma subito dopo, aggiungono che “si tratta di un fatto secondario”. Essi cercano di giustificare l’autore “tenendo presente il clima e l’atmosfera della fine degli anni ‘60” e parlando di una diffusa “cultura della droga” che lo avrebbe influenzato 22.
--------------------------------------------------------------------------------
NOTE AL TESTO
1 M. BAIGENT – R. LEIGH, Il mistero del Mar Morto. I rotoli di Qumràn: dalla scoperta all’intrigo, Milano, 1997, p. 44.
2 Biografia e bibliografia in «Revue de Qumràn» XVII (1996), pp. 1-20.
3 Biografia e bibliografia in «Revue de Qumràn» XV (1991), pp. 1-20.
4 Ancora in Jesus and Qumràn: the Dead Sea Scrolls, in R. J. HOFFMANN – G. A. LARUE, Jesus in History and Mith, New York, 1986, pp. 86-96.
5 M. BAIGENT – R. LEIGH, Il mistero del Mar Morto. I rotoli di Qumràn: dalla scoperta all’intrigo, Milano, 1997, p. 63.
6 R. B. Y. SCOTT, The Meaning for Biblical Studies of the Qumràn Scroll Discoveries, in «Transactions of the Royal Society of Canada» L (1956), p. 45.
7 J. DANIELOU, The Dead Sea Scrolls and Primitive Christianity, New York, 1958, p. 59.
8 J.T. MILIK, Dieci anni di scoperte nel deserto di Giuda, Torino, 1957, p. 43.
9 G. VERMES – P. VERMES, The Dead Sea Scroll: Qumràn in Perspective, Cleveland, 1978, p. 154.
10 R. EISENMAN - M. WISE, Manoscritti Segreti di Qumràn. Tradotti e interpretati i Rotoli del Mar Morto finora tenuti segreti. I 50 documenti chiave che fanno discutere l’esegesi biblica mondiale, trad. ital., Casale, 1994, pp. 24-29.
11 G. VERMES – M. BOCKMUEHL, The Oxford Forum for Qumràn Research. Seminar on the Rule of War from Cave 4, in «Journal of Jewish Studies» XLIII (1992), pp. 85-94. Vedi anche all’indirizzo
www.ibiblio.org/expo/deadsea.scrolls.exhibit/Library/warru...
12 O. BETZ, Kontakte zwischen Christen und Essenern, in B. MAYER (a cura di), Christen und Christliches in Qumràn?, Regensburg, 1992, pp. 157-175. In italiano, O. BETZ – R. RIESNER, Gesù, Qumràn e il Vaticano. Chiarimenti, Roma, 1995, pp. 127-134.
13 C. MARTONE, Un testo qumranico che narra la morte del Messia? A proposito del recente dibattito su 4Q285, in «Rivista Biblica» XLII (1994), pp. 329-336.
14 J. ALLEGRO, The treasure of the copper scroll. The opening and decipherment of the most mysterious of the Dead Sea scrolls. A unique inventory of buried treasure, London, 1960.
15 M. BAILLET - J. T. MILIK - R. DE VAUX, Les 'petites grottes' de Qumrân, Oxford, 1962.
16 Op. cit., p. 44.
17 J. M. ALLEGRO, Qumrân Cave 4. I (4Q158-4Q186), Oxford, 1968.
18 In J. SCHREINER, Einführung in die Methoden der biblischen Exegese, Würzburg, 1971, p. 310.
19 J. STRUGNELL, Notes in marge au volume V des «Discoveries in the Judaean Desert of Jordan», in «Revue de Qumràn» VII (1969-71), pp. 163-276.
20 Trad. ital. Roma, 1980.
21 Times, copia del 19 maggio 1970.
22 M. BAIGENT – R. LEIGH, Il mistero del Mar Morto. I rotoli di Qumràn: dalla scoperta all’intrigo, Milano, 1997, pp. 75-76.