La stampa tedesca:"L'Italia uscirà dall'eurozona perché sarà costretta a farlo. La BCE ha perso la partita"

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wheaton80
00martedì 16 settembre 2014 11:28

BERLINO - L'Italia non ha alcun motivo valido per rimanere all'interno dell'unione monetaria, e non l'ha mai avuto. Da sei anni - scrive il quotidiano tedesco "Die Welt" - l'economia italiana si trova in una profonda depressione: dal suo apice del 2007, la produzione economica è crollata drasticamente al livello di 14 anni fa. La produzione industriale è ai livelli degli anni '80. L'industria e le attività produttive continuano a morire: la disoccupazione giovanile è al 42%. In molte regioni del Belpaese il mercato immobiliare è in caduta libera, complice una tassazione asfissiante: piu' del 90% della popolazione è scontento del suo paese, una percentuale più alta di quelle registrate in Palestina o in Ucraina. L'indebitamento italiano è al 135% del Pil e quest'anno potrebbe arrivare addirittura al 140%. L'anno scorso era ancora al 130%. L'obiettivo concordato ai negoziati sull'unione monetaria tra il 1996 e il 1999 è di un rapporto debito-pil del 60%. In caso di inflazione zero, l'Italia dovrà raggiungere un avanzo primario del 7,8% per riuscire a sopravvivere affinché interessi, ammortamenti e titoli di stato possano essere utilizzati. Secondo l'analista di finanza e politica del gruppo Epm di Berlino, Erwin Grandinger, si tratta di una pura illusione. L'Italia - arriva a scrivere il quotidiano tedesco - è uno dei motivi per cui la Bce ha già perso la partita per la salvezza dell'eurozona, e si trova ora nel panico. L'Italia quindi "uscirà dall'unione monetaria perché sarà costretta a farlo". La democrazia e la politica italiana sono di fronte ad un banco di prova storico, paragonabile a quello tra l'inizio (1861) e la fine (1946) della monarchia italiana, inclusi gli intermezzi del fascismo. E il rischio è addirittura quello di una frammentazione dello Stato, se è vero che "a tenere ancora unita l'Italia sono solo pochi elementi: tassi di interesse storicamente bassi, carta bianca concessa irrazionalmente da Berlino all'Italia e a tutti gli stati membri, con la garanzia fiscale del fondo Esm e il tentativo spericolato della Bce di comprare titoli in contraddizione con il sistema, così come la distribuzione dei rischi sui contribuenti europei e tedeschi".

15 settembre 2014
www.ilnord.it/c3506_LA_STAMPA_TEDESCA_LITALIA_USCIRA_DALLEUROZONA_PERCHE_SARA_COSTRETTA_A_FARLO_LA_BCE_HA_PERSO_LA_PART...
wheaton80
00mercoledì 24 settembre 2014 03:07
Italia:"Contro il default l'unica soluzione è la lira"

La prima cosa di cui Roma ha bisogno è la crescita della sua fiacca economia e l'unico modo per ottenerla in breve tempo è uscire dall'euro e tornare alla lira. Questa l'opinione molto forte espressa dall'editorialista del Telegraph Roger Bootle, secondo cui a meno che non succeda qualcosa di imprevisto e molto grande, "preparatevi alla madre di tutti i default" sovrani. Tutti i Paesi del G7 tranne Italia e Giappone sono tornati sui livelli di Pil pre-crisi. L'economia del Canada, per esempio, si trova l'8% sopra la quota del 2008, mentre quella italiana è ancora il 9% sotto. L'economia sta subendo una contrazione, anziché un'accelerazione. Non tutte le ragioni di questa performance sottotono sono da ricercare nell'euro, secondo il quotidiano britannico conservatore. C'è un disperato bisogno di riforme ma il sistema politico bloccato sembra incapace di farlo. E l'Italia è stata uno dei primi paesi a subire le conseguenze del boom dei mercati in via di Sviluppo. Se da un lato la Germania produce beni durevoli, l'Italia è specializzata in beni al dettaglio e prodotti del "made in Italy" che la Cina e altri Stati riescono a vendere a prezzi più bassi. Anche se l'inflazione è calata, il gap concorrenziale non è stato ridotto in Italia. E anche se i prodotti italiani diventerebbero più competitivi con un indebolimento dell'euro, il maggiore problema del governo - il debito pubblico enorme - peggiorerebbe. Sebbene il deficit, pari al 3% del Pil, non sia troppo elevato, l'Italia è molto vicina a quella che gli economisti definiscono "la trappola del debito", ossia quando il rapporto tra debito e Pil sale in maniera esponenziale. In Italia lo fa per via del Pil negativo. La recessione tecnica è stata accertata e la crisi fiscale è sempre più probabile. Anche se il debito italiano è detenuto per la maggior parte dagli italiani stessi, questo non vuol dire che - in caso di rischio di default sovrano - i risparmiatori saranno sempre pronti a investire in Btp. Se la Bce e la Germania non faranno concessioni sul fronte fiscale, con l'obiettivo di stimolare la crescita italiana, l'unica opzione che rimarrà sul tavolo di Renzi sarà quella di svalutare la moneta e generare un boom degli export, unito a un balzo dei prezzi al consumo e un alleggerimento del passivo statale.

22 settembre 2014
www.wallstreetitalia.com/article/1737908/italia-contro-il-default-l-unica-soluzione-e-la-l...
wheaton80
00mercoledì 22 ottobre 2014 00:53
“Vogliamo ancora la secessione ma da Bruxelles!”. Intervista all’on. Matteo Salvini, segretario federale della Lega

1) On. Salvini, la crisi ucraina ha messo a dura prova la partnership commerciale e gli accordi internazionali tra Russia ed Europa, eppure Mosca è strategica per gli approvvigionamenti energetici e per l’export delle imprese italiane. In questa fase di grandi difficoltà economiche vale la pena mettere a rischio simili relazioni privilegiate per un capriccio ideologico come l’esportazione della democrazia?

M.S. Più che esportazione della democrazia in questo caso ci si trova di fronte alla prova provata che l’Ue va contro gli interessi dei propri cittadini e difende quelli delle multinazionali e dei centri di potere globalisti, i quali hanno tutto l’interesse di dividere gli europei dal mondo russo, per indebolire entrambi. Sono stato a Mosca al Salone del mobile dove 450 imprenditori italiani del settore esponevano i loro prodotti e tutti quelli che ho incontrato mi hanno implorato di aiutarli e far capire al governo italiano che queste sanzioni sono una follia rovinosa. Ma si vede che il governo italiano è in altre faccende affaccendato e non ascolta queste grida di dolore.

2) Lei è stato appunto recentemente in Russia ed in Crimea, accolto con tutti gli onori dalle autorità del posto, a perorare la causa delle aziende italiane che investono da quelle parti. Tuttavia, non si è trattato solo di business ma di un gesto politico molto forte da parte della Lega, prima delegazione occidentale ad entrare nella ex penisola ucraina resasi indipendente da Kiev. Quali obiettivi di politica estera si pone il suo partito?

M.S. Sono stato eletto segretario federale meno di un anno fa, a Torino, e a quel congresso federale, tra gli ospiti stranieri presenti, c’erano due esponenti di Russia Unita, conosciuti dal mio portavoce Gianluca Savoini che, insieme al nostro ex parlamentare Claudio D’Amico, ha organizzato la nostra missione in Russia. La Lega, fedele ai suoi principi, ha immediatamente riconosciuto la validità del referendum in Crimea, perché noi siamo sempre dalla parte di chi applica il principio di autodeterminazione dei popoli. E concordiamo con la visione del mondo di Vladimir Putin quando parla di difesa delle identità, della sovranità nazionale, della famiglia tradizionale, delle radici culturali profonde che non gelano mai e che anzi si stanno risvegliando in tutta Europa. Per questo motivo all’Europarlamento lavoriamo insieme al Front National di Marine Le Pen, al Fpoe austriaco, ai fiamminghi del Vlaams Belang e agli olandesi di Wilders: condividiamo la necessità di porre un argine all’immigrazione di massa che sta snaturando il nostro continente. Insieme a loro propongo di uscire da Schengen e ripristinare i confini nazionali prima che sia troppo tardi. Non è xenofobia, come cianciano i soliti gazzettini di sinistra, ma lotta all’illegalità; infatti molti immigrati regolari sono dalla nostra parte e si iscrivono alla Lega.

3) In Russia c’è un regime dittatoriale come raccontano i media occidentali?

M.S. Ma quale dittatura! I media occidentali raccontano quello che gli viene detto di raccontare. Eppure bastano tre ore di volo da Milano per rendersi conto che in Russia c’è un regime democratico. Dove democrazia si coniuga con sicurezza: ho preso la metro alla una del mattino e non ho rischiato di fare i brutti incontri che invece sono normalità nelle nostre città non solo a quell’ora, ma anche in pieno giorno.

4) La Sace, la società di credito e di assicurazione all’export che segue l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha calcolato che, nel triennio 2011-2013, l’instabilità mondiale è costata al nostro paese 36,6 miliardi di euro. Perché, nonostante questi dati preoccupanti, il governo italiano ha scelto di aprire un altro inutile fronte contro la Russia che potrebbe danneggiare ulteriormente le nostre esportazioni e approfondire la crisi del tessuto produttivo nostrano?

M.S. Dovete rivolgere questa domanda al signor Renzi o alla signora Mogherini. Quest’ultima qualche mese fa andò a Mosca a parlare con il Ministro degli Esteri Lavrov e tornò con l’idea che non fosse poi una così grande pensata mettere le sanzioni alla Russia. E’ però bastato che fosse in predicato di diventare ministro degli esteri del governo Ue e la signora ha cambiato repentinamente idea. Tutto normale: come dicevo prima l’Unione europea è contro gli europei. Per questo noi vogliamo cambiarla, perché un’altra Europa è possibile. E non sarebbe contro la Russia.

5) Anche l’Eni, la partecipata di Stato del settore degli idrocarburi, sta ricevendo forti pressioni dall’estero per rinunciare o ridimensionare la sua partecipazione nel South Stream, l’imponente gasdotto che dovrebbe garantire, per decenni, forniture gasifere certe all’Italia, aggirando sistemi politicamente instabili come l’Ucraina. Chi vuole impedire al nostro Paese di collocarsi favorevolmente sullo scacchiere europeo e mondiale in questo settore?

M.S. Nella crisi economica mondiale che stiamo attraversando vige più che mai il motto “mors tua, vita mea”. Così abbiamo certi “alleati” che vogliono allargare la propria sfera di influenza e controllo economico a discapito di altri partner più deboli, Italia per prima. Che peraltro non fa nulla a livello governativo per sottrarsi a tale destino. Scene già viste in Libia, dove l’Italia ha perso quasi tutto mentre altri hanno guadagnato molto. Il copione di questo film dell’orrore si sta ripetendo per la crisi ucraina e il gasdotto South Stream. Ma per fortuna altre nazioni stanno tenendo duro e il gasdotto si farà.

6) Per anni la Lega è stata accusata di voler sfasciare l’Italia. Oggi è l’unica forza che assume posizioni veramente nazionali contro chi intende trasformare il nostro Stato in una provincia marginale e povera dell’Europa unita. Per una ironia della Storia potrebbe essere proprio la Lega, il movimento del Nord che aspirava alla secessione, a ridare al Belpaese, nella sua interezza, la sovranità smarrita ed il benessere sociale perduto, entrambi sacrificati sull’altare dell’euro e dell’UE. Ritiene verosimile questa lettura?

M.S. La Lega la secessione vuole ancora farla, ma da Bruxelles. Da quella Ue che attraverso l’euro ha devastato i bilanci di milioni di famiglie, che non riesce a trovare soluzioni concrete contro la disoccupazione ormai catastrofica, che non ha una politica comune contro l’immigrazione e lascia che l’Italia venga invasa da un numero insopportabile di clandestini. Una Ue che pensa ai matrimoni gay come se fosse la panacea di tutti i mali, ma non riesce ad aiutare i giovani che non possono farsi una famiglia perché non hanno lavoro. Siamo ormai pronti a lanciare una Lega al sud, coordinata da pugliesi, calabresi, siciliani, campani che si trovano ad essere in prima linea sul fronte dell’immigrazione clandestina. Dobbiamo salvare l’Europa tutti insieme, da Nord a Sud, perché disoccupazione, immigrazione e crisi economica riguardano il nostro continente e non soltanto le regioni padane. Mantenendo ciascuno le proprie radici, dobbiamo lottare insieme prima che sia troppo tardi.

Gianni Petrosillo
21/10/2014
www.conflittiestrategie.it/vogliamo-ancora-la-secessione-ma-da-bruxelles-intervista-allon-matteo-salvini-segretario-federale-de...
wheaton80
00mercoledì 19 novembre 2014 19:35
Sapir:"Italia uscirà dall'euro nel 2015"

PARIGI (WSI) - Jacques Sapir, figura di grande caratura del dibattito politico economico francese, è convinto che l' Italia uscirà dall' area euro alla fine della primavera dell' anno prossimo. Nel 2012 aveva teorizzato già l' abbandono da parte della Francia della moneta unica. Ormai il governo Renzi si sarebbe rassegnato: senza un cambiamento della politica tedesca l' uscita dall' area euro è l' unica speranza per l' economia italiana. Sapir dice, senza però citare fonti, che avverrà nel giro di pochi mesi, precisando che le sue stime non sono campate per aria e si basano su alcuni colloqui tenuti con i consiglieri economici dell' esecutivo. Se così fosse l' Italia diventerebbe il primo stato membro dell’ Eurozona a tornare alla moneta nazionale. Le speculazioni di Sapir vanno prese con cautela e l' ipotesi più probabile è che il governo Renzi possa arrivare a minacciare la Germania di un' uscita pilotata e un ritorno alla lira, per poter ottenere quello che vuole dalle autorità tedesche. L' economista, inizialmente sostenitore dell'Europa Unita e della moneta unica, si batte da anni per un cambiamento della struttura attuale. Sapir è convinto che la permanenza dello status quo in Eurozona sarebbe un disastro. D' altro canto le stime sul Pil parlano chiaro. Il Fondo Monetario Internazionale stima che nel 2019 la crescita della terza economia dell' area euro sarebbe inferiore a quella del 2007 del 3,5%. L' Italia è piombata in una situazione di stagnazione del suo Pil dopo la crisi del 2008 che sembra più grave ancora di quella vista in Spagna. Solo la Grecia è messa peggio nel blocco a 18. Se gli anni di recessione diventassero dodici di fila, si tratterebbe della striscia negativa più lunga della storia delle economie industrializzate. L' economia italiana soffre chiaramente di un problema di competitività all' interno dell' area euro. Gli affari nel commercio estero di Roma avvengono in gran parte con i paesi dell'area euro (55% del commercio dei beni e circa il 64% dei servizi, secondo i calcoli di Sapir). Un ritorno alla lira provocherebbe lo smantellamento dell'area euro e la Germania molto probabilmente tornerebbe al marco. Uno scenario all' apperenza catastrofico aprirebbe invece, secondo l' economista di sinistra, una nuova finestra di opportunità per l' Italia e in particolare - una volta ristabilita la parità di monete - la ricostituzione di un blocco commerciale. Un' area euro divisa in due, con una sorta di "euro-sud", implicherebbe un impoverimento molto forte per Italia e Spagna. Ma un nuova sistema fatto di tassi di cambio variabili. La struttura dovrebbe essere basata su regole di co-variazione dei tassi di cambio sul valutario, con le parti rispettive dei paesi del blocco che potrebbero essere riviste a intervalli regolari, tenendo conto dei differenti cambi nella produttività.

Fonte: RussEurope
19 novembre 2014
www.wallstreetitalia.com/article/1777413/sapir-italia-uscira-dall-euro-nel-2...
wheaton80
00martedì 2 dicembre 2014 19:50
Der Spiegel:“Se l' Italia uscisse dall' euro, in un colpo solo diventerebbe nuovamente competitiva. E' giustificato”

BERLINO - Clamorosa presa di posizione del "Der Spiegel" sull' Italia e sull' euro. "Uno dei motivi per cui oggi esiste l' euro è l' ampio consenso politico - denuncia il settimanale tedesco - in tutti quei Paesi che più tardi l' avrebbero adottato. E anche l' approvazione dei partiti all' opposizione è stata importante perché, nel corso di 15 anni, quasi tutti sono saliti al governo: l' SPD in Germania e i Socialisti in Francia e in Spagna. L' euro ha superato anche molti cambi di governo dalla sua introduzione, quasi 16 anni fa. Ma con la crisi dell' euro questo consenso è diminuito: in Germania governo e parte dell' opposizione sono ancora favorevoli all' euro, ma "Alternativa per la Germania" ha trionfato alle elezioni regionali proprio con un programma che pone al primo punto il ritorno del marco. Anche in Francia il governo socialista è favorevole all' euro - ma l'opposizione del Front National, oggi primo partito, è nettamente avversa alla valuta unica europea. "La situazione è diversa invece in Italia - scrive lo Spiegel - dove tutti i partiti all' opposizione sono contrari all' euro. I Socialdemocratici intorno al segretario Matteo Renzi hanno una larga maggioranza in Parlamento e vantano di un grande - seppur non più schiacciante - consenso nella popolazione. Ma nelle democrazie prima o poi le opposizioni vanno al governo e quindi è ora importante sapere - precisa il tedesco "Spiegel" - se un simile governo attuerebbe una politica anti-euro". Prima delle elezioni europee il Movimento 5 Stelle, il più grande partito all' opposizione, si era detto favorevole ad un referendum sull' euro. Fino a quel momento il Movimento era sì euroscettico, ma la sua posizione non era drastica come lo è oggi. Di recente il suo leader, Beppe Grillo, si è schierato, dichiarando che i 5 Stelle vogliono lasciare l' eurozona il prima possibile. Alle elezioni regionali in Emilia Romagna il Partito democratico di Renzi ha vinto, ma la Lega Nord ha ottenuto un successo grande e imprevisto. La Lega Nord ha abbandonato le velleità di secessione del Nord Italia, per avviare invece una crociata contro l' euro: una posizione che è stata premiata dagli elettori. E Silvio Berlusconi ha accolto questa situazione con grande favore: ovviamente l' ex cavaliere non è mai stato un europeista convinto - aggiunge lo Spiegel - e, da opportunista qual’è, anche lui adesso mette in dubbio il futuro dell' euro. Ma non solo: il suo partito, Forza Italia, chiede di riconquistare la sovranità monetaria, introducendo allo stesso tempo una moneta parallela che venga scambiata liberamente con l' euro. Stipendi, salari e naturalmente anche i prezzi dei prodotti verrebbero pagati con questa nuova moneta. Inizialmente il vecchio euro affiancherebbe la nuova moneta italiana con un cambio uno a uno: successivamente la nuova moneta verrebbe emessa liberamente - operazione che farebbe subito crollare la sua quotazione del 50 per cento. In un colpo solo, quindi, l'Italia diventerebbe nuovamente competitiva. Ma per il resto dell' eurozona questo sarebbe il peggiore di tutti i possibili scenari di crisi. E' vero però che dall' entrata nell' euro l' Italia non è più cresciuta: la disoccupazione è alta, e quella giovanile spaventosa, conclude Der Spiegel - e quindi l' uscita dall' euro è ampiamente giustificata.

2 dicembre 2014
www.ilnord.it/c3847_DER_SPIEGEL_SE_LITALIA_USCISSE_DALLEURO_IN_UN_COLPO_SOLO_DIVENTEREBBE_NUOVAMENTE_COMPETITIVA_E_GIUS...
wheaton80
00lunedì 15 dicembre 2014 16:27
I veri piani del governo Renzi: patrimoniale e preparativi di crollo dell' euro

Strano, il mondo del "grande giornalismo italiano". Il Corriere della Sera pubblica in prima pagina un articolo che dovrebbe svelare i retroscena delle politiche economiche del governo Renzi, ma a stretto giro d' agenzia palazzo Chigi lo smentisce. Il quotidiano di via Solferino s' era lanciato nel dire che Renzi e Padoan siano alle prese col progetto di sforare il limite del 3% per allargare già dai primi mesi del 2015 la platea dei beneficiari degli 80 euro, allargandola a pensionati e altri ancora. In più, aveva fatto balenare l' idea di importanti finanziamenti di lavori pubblici per rilanciare l' occupazione. Tutte balle. E non perché sia impossibile mettere in pratica questi progetti, al contrario. Sforando il 3% debito-Pil (come fanno Spagna, Francia e Belgio, tanto per citare qualche nazione vicina) sarebbero attuabili. Bensì, perché a Renzi non passa nemmeno per l' anticamera del cervello di strappare la foglia di fico del 3% che malcela lo straordinario fallimento di tutte le iniziative del suo governo, il peggiore per risultati dall' epoca del pentapartito di Andreotti-Craxi-Forlani. E il fatto che Renzi non intenda sforare ci è stato confermato da una nostra fonte interna all' esecutivo. La quale fonte, quando abbiamo cercato di capire se la smentita di palazzo Chigi delle indiscrezioni del Corriere fosse formale o sostanziale, per tutta risposta s'è messa a ridere:"Caro Parisi, non sia ingenuo. La smentita di Renzi non è stata fatta al Corriere in quanto tale, ma ai suggeritori politici del Corriere, che conosco. Sono ministri del governo contrari a quello che veramente il governo sta studiando di fare. E non si stratta di altri aiuti a pioggia. Si tratta di una patrimoniale sui conti correnti. Un prelievo forzoso, in pratica. Ricorda l' Una tantum degli anni Settanta? Una cosa del genere, ma sui risparmi cash degli italiani. Dovrebbe avvenire più o meno attorno a marzo, quando la situazione economica dell' Italia sarà peggio, ma molto peggio, di ora. Almeno due studi diversi nella strategia ma concomitanti sul contenuto sono in corso in questo momento e li ha ordinati proprio Renzi. Altro che 80 euro per tutti". La nostra fonte ha tenuto a specificare che non tutto il governo è d' accordo e metà PD potrebbe votare contro, ma con un paradosso: i più contrari sarebbero proprio i "renziani" e non la vecchia guardia del PD che invece è favorevole alla patrimoniale. E' molto più di un' ipotesi di lavoro. Il Tesoro deve poter avere in cassa almeno 250 miliardi di euro, prima che tutto crolli. Già, perchè la nostra fonte ha descritto uno scenario di primavera 2015 da infarto. Nello stesso breve arco temporale, la Grecia e la Gran Bretagna andranno a elezioni politiche generali. La stabilità del governo francese sarà messa a dura prova dalla crisi, e anche in Spagna si andrà alle urne e il tutto in uno scenario economico di deflazione e disoccupazione. Draghi - ha specificato chi ci ha raccontato tutto questo - oggi è in minoranza all' interno del direttivo BCE sulla decisione di acquisto diretto di titoli di Stato. Sulla quale decisione, se Draghi buttasse sul tavolo le proprie dimissioni in caso di rifiuto, graverebbe uno sconquasso politico senza precedenti in Germania. Sul Quantitative Easing il governo Merkel cadrebbe. E la Commissione europea, ha concluso il politico che ci fatto queste confidenze, è del tutto fuori gioco, perchè il "piano Juncker da 300 miliardi" non solo non esiste nei fatti, ma non è neppure mai esistito. Juncker l' ha scodellato così per ordine di Berlino, perchè la Germania sa ormai da tempo che l' euro è finito. Quindi, impegnare la UE in debiti con nazioni dell' Eurozona in difficoltà produrrebbe dei crediti nei loro confronti che risulterebbero presto inesigibili. Perché, allora, abbiamo chiesto, la necessità di avere in cassa almeno 250 miliardi di euro? Trecento sarebbe la cifra giusta, ha precisato la fonte. Perchè il totale di titoli di Stato italiani in mano a banche e istituzioni finanziarie straniere è vicino a 600 miliardi. Quindi, garantirli con 300 miliardi per la metà del loro valore è esattamente quello che serve per impedire il default. Infatti, quando cadrà l' euro, la nuova valuta italiana varrà circa la metà del valore attuale di cambio della moneta unica europea. E il cerchio si chiude.

Max Parisi
9 dicembre 2014
www.ilnord.it/f183_I_veri_piani_del_governo_Renzi_patrimoniale_e_preparativi_di_crollo_...
wheaton80
00giovedì 18 dicembre 2014 02:52
La svolta anti euro dei dissidenti del PD

ROMA (WSI) - Una posizione così estrema contro le politiche europee e contro l'euro così com'è stato pensato non si era mai sentita nel centro sinistra italiano e nemmeno europeo, se è per quello. Quanto espresso nelle scorse settimane da Stefano Fassina, personalità di spicco del PD e molto critico nei confronti dell'esecutivo Renzi, rappresenta un unicum nel partito. Per lui l'euro va superato. L' aver dichiarato che la moneta unica è insostenibile se vengono meno le speranze di un cambiamento delle politiche europee, e che una dimensione democratica europea sovranazionale ha fallito rappresentano una "novità assoluta", come la definisce Sergio Cesaratto su Micromega. L'ex viceministro all'economia del PD ha citato inoltre la necessità di ripristinare una sovranità democratica nazionale. Anche Gianni Cuperlo, candidato dell'establishment del partito, ha evocato il mese scorso l'idea di uscire dall'area euro se le condizioni rimarranno le solite. L' ala più a sinistra del PD, insomma, valuta seriamenti l’ipotesi e "deve costruire le condizioni per un superamento cooperativo", per citare Fassina, di un ritorno alla Lira o un passaggio a un impianto monetario diversi da quello attuale. Finché prevale il modello neo-mercantilista promosso e difeso a spada tratta dal governo tedesco e dalla Bundesbank, difatti, i paesi vicini faranno fatica. La strategia - osserva Cesaratto sulle pagine della rivista bimestrale - è "tacciabile di manipolazione del cambio reale" e impoverisce i paesi più deboli come l' Italia. Da qui le polemiche frasi di Fassina, che deve essersi sentito rafforzato dalla posizione degli USA. Le sue critiche fanno infatti eco alle dichiarazioni del segretario del Tesoro USA, che peraltro non sono cosa nuova "visto che cominciarono nei primi anni ‘50 proseguendo sino alla famosa teoria delle locomotive di fine anni ‘70. Quanto al discorso delicato della sovranità nazionale, in una lettera al Corriere della Sera Fassina parla di un "arretramento storico di un sogno", lanciando indirettamente un appello per un coordinamento dei movimenti di sinistra contro un' Europa siffatta. Secondo Fassina il superamento dell’ euro non avverrà per l’uscita unilaterale e 'a freddo' di uno o più paesi. "Un superamento dell’ euro, se avverrà, sarà il combinato disposto di una serie di eventi che culmineranno nel venir meno dei presupposti politici della moneta unica". Per Micromega il pensiero di Fassina rappresenta un' importante novità a sinistra, che avrebbe "bisogno di un pensiero forte, l’opposto del mélange di pensiero politico ed economico debole, utopismo europeista e movimentismo che ha contraddistinto le poco convincenti recenti esperienze elettorali" della fazione progressista.

Fonte: temi.repubblica.it/micromega-online/la-sinistra-oltre-l%E2%80...

17 dicembre 2014
www.wallstreetitalia.com/article/1792698/la-svolta-anti-euro-dei-dissidenti-del...
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