Mito della reincarnazione

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LiviaGloria
00lunedì 17 aprile 2006 23:35
Origine di una nozione
Secondo il pensiero religioso vedico, l’uomo avrebbe in se una sostanza aerea denominata ‘Asu’ (alito vitale) e il ‘manas’ ( simile all’anima degli occidentali). E’ il manas che, al momento della morte, raggiungerebbe il mondo degli antenati, in paradiso. Nella tradizione brahamanica, il manas diviene ‘l’atman’, principio interiore, non solo dell’uomo, ma dell’intero universo. L’atman umano sarebbe una particella sprigionatasi dall’atman universale. L’uomo può giungere alla conoscenza dell’atman universale per mezzo della meditazione e grazie ad essa conseguire la redenzione e la salvezza.
Questa idea si sviluppa in seno alla tradizione brahmanica (800 a.C.), molto posteriore alla tradizione vedica (1500 a.C.), e postula la necessità di una rinascita in vite successive quale fio necessario per non aver potuto raggiungere la perfezione nella vita attuale. E’ un abbozzo di teoria reincarnazionista.
In Occidente la teoria reincarnazionista entra grazie alla visione greca della ‘metempsicosi’ (1). L’idea sarà propagandata dagli ‘orfici’, da Pitagora e da Platone. Da quest’ultimo, attraverso i movimenti neoplatonici, giunge alle prime comunità cristiane. Benché negli ambiti cristiani la reincarnazione fosse considerata un’eresia, troviamo tracce dei suoi ‘derivati’ in alcuni scritti di padri della chiesa: Giustino, ad esempio, affermò la preesistenza dell’anima; Clemente Alessandrino fece accenno alla metempsicosi e alla ‘trascorporazione’; anche Origene, nell’intento di conciliare cristianesimo e pensiero platonico, rafforza l’idea della preesistenza dell’anima. Si è ancora lontani dal concetto moderno di reincarnazione, che diverrà più concreto in seno alle correnti manichee e gnostiche. Dopo aver fatto capolino nel pensiero di uomini rinascimentali come Gerolamo Cardano e Giordano Bruno, la reincarnazione diventa dottrina conosciuta grazie ai movimenti spiritista e teosofista dell’800. E qui, l’idea si contorce, si mimetizza, si annacqua e si frantuma dando origine a una gran quantità di credenze che con quella originale non hanno quasi più nulla in comune.

Confusione reincarnazionista
I sostenitori moderni della reincarnazione affermano di credervi perché essa, dicono, spiegherebbe il problema del male e della sofferenza. Infatti, postulando l’esistenza di una vita anteriore all’attuale, si potrebbe trovare una spiegazione alle disuguaglianze tra gli uomini, alla diversità dei principi morali e dei destini individuali. Un uomo cioè, nascerebbe cieco perché in una vita precedente avrebbe commesso delle azioni riprovevoli, tali da meritare appunto un castigo da scontare nella vita attuale.
Purtroppo questa teoria non solo non risolve il problema del male, ma non lo spiega neppure. Se per poter spiegare il mio destino attuale ho bisogno di ricordare e di esaminare la mia vita precedente, vita dopo vita giungerò infine alla mia ‘prima vita’. Come doveva essere questa mia prima vita? Esente da peccato? Allora perché ci reincarniamo se non esiste peccato da scontare? La mia prima vita avrebbe dovuto avere una vita precedente; come si deve pensare questo ‘primo inizio, che rende necessaria una seconda vita? E’ forse il Creatore responsabile del mio primo peccato ? E’ in lui il male? Oppure egli ci ha già creati destinati a fare il male, e quindi costretti a rinascere?
“Una spiegazione simile – afferma il Guenon – è totalmente illusoria per i seguenti motivi: in primo luogo, se il punto di partenza non è uguale per tutti, se esistono uomini che sono più lontani e altri meno… questa è una disuguaglianza di cui essi non possono essere responsabili, e di conseguenza i reincarnazionisti devono considerarla come una ‘ingiustizia’ che la loro teoria è incapace di spiegare” (2).
Infatti, ci deve pure essere stato un momento in cui le disuguaglianze tra gli uomini sono cominciate; come pure bisogna che ci sia stata una causa. Se questa è costituita dagli atti degli uomini compiuti anteriormente, i reincarnazionisti dovrebbero spiegare come gli uomini abbiano fatto a comportarsi in modo differente gli uni dagli altri prima ancora che in loro si manifestassero le disuguaglianze. Ci pare non esiste una spiegazione. Se gli uomini sono stati all’inizio tutti perfettamente uguali , avrebbero dovuto continuare ad esserlo sempre; se hanno potuto diventare disuguali, è perché esisteva già la possibilità della disuguaglianza, fin dall’origine.

Lasciate a Dio il compito di essere Dio
In ambito reincarnazionista, non esiste soltanto contraddizione nella pretesa spiegazione del problema del male, ma anche in quello della teodicea (3).
E’ Dio il colpevole di questo stato di imperfezione delle sue creature? Cristo insegnò ai suoi discepoli che nel mondo avrebbero avuto “tribolazioni”; e Paolo aggiunge che: “Tutta la creazione geme ed è in travaglio” (4). La sofferenza, insegnano le Scritture cristiane è, soprattutto, là dove Dio è assente, ma non risparmia neppure coloro che in Lui ripongono la fiducia.
Dio non manda, né vuole, la sofferenza per le sue creature: la trasfigura e la redime subendola in prima persona. Decide di neutralizzarne gli effetti, prima, e di cancellarla completamente dal cosmo, dopo, alla fine dei tempi.
Se la sofferenza fosse conseguenza dell’incapacità di Dio, allora dovremmo concludere che Egli non è Dio, e che non esiste nessun Dio, perché non sarebbe perfetto.
E’ ciò che, velatamente, insegna la dottrina reincarnazionista; poiché Dio non sarebbe ritenuto capace di valutare e distribuire in maniera giusta e misericordiosa i destini e la sofferenza. In luogo dell’amore di Dio trionferebbe la dura e impersonale legge del karman, alla quale Dio stesso sarebbe sottoposto.
Nessun uomo può così rivolgersi alla divinità per supplicare ed ottenere il perdono della colpa commessa: la legge del karman deve fare il suo corso, e Dio è impotente a modificarla e a interromperla. Quindi, Dio prigioniero delle sue stesse leggi; incapace, se non spietato.
I reincarnazionisti, nel loro pur lodevole intento di spiegare il problema delle disuguaglianze, limitano il Dio Creatore negli angusti recinti del razionalismo umano, antropomorfizzandolo e, di fatto, privandolo di ogni prerogativa divina . E’ invece l’uomo che deve accettare di essere ‘confinato’ nei ristretti limiti creaturali, certo insufficienti a fornirci panoramiche convincenti e veritiere dell’Essere divino, ma per nulla ignominiosi : “O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? – dice Paolo apostolo – Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: ‘Perché mi hai fatto così?’”. Siamo d’accordo con Leonardo Boff che ritiene “grande saggezza…riuscire a vedere lo stesso mistero tanto nel vaso prezioso quanto nel vaso di uso ordinario. Entrambi, parlano dello stesso fondamento che tutto fonda, dello stesso vasaio creatore. La diversità non è un male, ma un bene e una ricchezza. Siamo noi che, nella nostra alienazione, non riusciamo a vedere Dio” (5).
Non è colpa di Dio se un povero soffre a causa di ricchi oppressori, o peggio, a causa di uomini indifferenti. Il Dio della Bibbia è il Dio “ Dell’orfano, del solitario, della vedova” e del povero; è il Dio che dona ricchezze affinché queste possano essere equamente distribuite. E’ l’uomo che smentisce e tradisce Dio, continuamente.

Ricordo di esserci già stato
La reincarnazione è veritiera e verificabile, ci dicono, perché numerosi sono ormai i casi di persone che sotto ipnosi hanno ricordato frammenti di una vita vissuta precedentemente.
In realtà si parla di ‘dejà vù’ (6). Secondo lo psicologo Christopher Evans:

Ci sono tre modi per spiegare questo fenomeno. Il primo consiste nel ritenerlo…una prova lampante che si sono già vissute altre vite in passato…Si potrebbe tuttavia osservare che se ciò fosse vero, la loro vita precedente doveva essere esattamente uguale a quella presente, dal momento che i luoghi, le situazioni, le persone sono le stesse. Non si tratterebbe quindi di un’altra vita, ma della stessa… Vi è poi una seconda interpretazione: quella di vivere un’esperienza di preveggenza: Ma esiste una terza spiegazione, più semplice: e cioè che il cervello sta producendo un ricordo falso (7).

Nell’esperienza del ‘ricordo falso’, ci troviamo ad affrontare una situazione simile ad una vissuta precedentemente (in questa stessa vita e non in un’altra); il cervello, erroneamente, sovrappone due diversi vissuti, sperimentati in due momenti diversi, illudendoci di averli sperimentati già in passato in un’unica situazione. Finchè perdura il falso ricordo, e quindi l’illusione, avvertiamo un senso di familiarità; quando il cervello si rende conto di aver commesso un errore, tutto svanisce nel nulla.
In psicoterapia questo fenomeno è considerato come un disturbo della coscienza. A causa di tale disturbo si ha l’impressione di rivivere, come in sogno, e sullo sfondo di un sentimento di estraneità e di irrealtà, cose già viste in passato. L’inganno che il soggetto subisce non riguarda i sensi, ma più propriamente il sentimento.
Questo fenomeno è tipico in alcuni soggetti epilettici, ma è possibile riscontrarlo anche in soggetti normali, e rivela il permanere di uno stato emozionale legato ad una situazione precedente, in cui l’adattamento del sentimento alla nuova situazione non si verifica subito a causa di un difetto psichico. Potrebbe anche essere originato dall’associazione di stimoli attualmente percepiti con esperienze precedenti (8). Una esperienza citata dal dott. Morey in un suo lavoro, renderà più comprensibile tale processo. Un uomo ebbe una ‘rievocazione’ mentre guardava, per la prima volta in vita sua, una montagna del paesaggio svizzero. Non ricordava di aver mai visto quella montagna ma, illuso dal sentimento di ‘familiarità’ provato, si convinse del contrario. Tornato a casa scoprì in un cassetto una cartolina dimenticata: era la foto della famosa montagna davanti alla quale aveva provato la sensazione di dejà-vù (9). Nessuna vita precedent’. Nessuna prova a favore della reincarnazione: solo un “falso riconoscimento” del cervello. Eppure i libri a sostegno della reincarnazione sono pieni di “esempi inequivocabili” di questo genere.

Un maggiordomo? Meglio un imperatore
Un soggetto in stato ipnotico riferì di essere la reincarnazione di uno dei cavalieri di Re Artù. Continuò a crederlo anche quando gli sperimentatori gli fecero notare che il personaggio era precisamente una delle figure più amate nel periodo della sua infanzia. Giochi dell’inconscio?
Di cavalieri simili, in giro per il mondo, ce ne sono un numero adeguato per formare un intero reggimento. Non solo cavalieri, s’intende. Circolano tra noi, oggi, dei Barbarossa, dei Cesare, dei Dante Alighieri. Raramente vi imbatterete in un semplice maggiordomo del ‘700. Chi ha mai avuto notizia della reincarnazione di un ciabattino del medio-evo?
Dunglas Home, indirizzando la sua critica ai seguaci di Allan Kardec, scriveva:

Per questa brava gente qualunque, è una consolazione credere di essere stati grandi personaggi prima di nascere e di poter essere qualcuno dopo la morte…Oltre alla disgustosa confusione a cui la dottrina conduce logicamente…per quanto sia grande l’entusiasmo bisogna pur tenere conto delle impossibilità materiali. Qualche signora potrà credere finchè vuole di essere stata la compagna di un imperatore o di un re di un’esistenza anteriore. Ma come si potranno conciliare le cose se ci imbatteremo poi, come spesso capita, in una buona mezza dozzina di donne, ognuna delle quali è egualmente convinta di essere stata la diletta sposa del medesimo augustissimo personaggio? Personalmente ho avuto l’onore di incontrare almeno dodici Marie Antoniette, sei o sette Marie Stuarde, uno stuolo di San Luigi e altri re, una ventina di Alessandri e di Cesari, ma mai un uomo qualunque (10).

Anche Papus, sull’argomento scrisse:

L’essere umano che abbia qualche coscienza del mistero della reincarnazione per prima cosa immagina quale personaggio abbia potuto essere, e, guarda caso, capita sempre che si tratti di un uomo molto considerato sulla terra… Nella riunioni spiritistiche e teosofistiche, si ritrovano pochissimi assassini, ubriaconi, ex erbivendoli…L’orgoglio è la grande trappola per molti sostenitori della dottrina della reincarnazione (11).

Stranezze reincarnazioniste
Certe pretese suscitano soltanto ilarità, altre rasentano il ridicolo e non meritano credibilità; ma alcune possono divenire vere e proprie trappole. Non sono pochi coloro che rischiano il loro equilibrio intellettuale e anche morale.
Secondo una di queste supposizioni si dovrebbe credere che sulla faccia della terra, in qualunque momento storico, sia sempre presente lo stesso identico numero di viventi, dal momento che nascite e decessi si equivarrebbero matematicamente. Ci viene detto: “Quando uno muore, ne nasce un altro che ne prende il posto”. E questo ristabilimento demografico si dovrebbe verificare anche in caso di guerra o di catastrofe.
Tale ardimento filosofico può essere sostenuto perché si crede che l’anima sia immortale: nessuna nuova anima può essere creata, e quindi aggiungersi al ciclo delle rinascite; per cui, sulla terra devono tornare sempre le stesse anime e in numero sempre costante.
Sembra incredibile, ma proprio un altro presupposto teoretico della reincarnazione, abbatte tale idea, annullandola. Si crede, in contrasto, che l’anima purificata dal ciclo delle rinascite deve, prima o poi, raggiungere la perfezione ed essere riassorbita nell’Assoluto. Ne risulta una situazione di questo genere: se il fine ultimo dell’anima è quello di essere riassorbita nell’Assoluto, ponendo fine al ciclo delle rinascite non dovendo più ritornare sulla terra; se nessuna nuova anima può essere creata, e quindi aggiunta al ciclo; ne consegue che il numero delle anime sulla terra dovrebbe continuamente diminuire, proprio per effetto dell’assorbimento di queste nell’Assoluto. Anzi, ad ogni secolo si dovrebbero contare sempre meno anime presenti sulla terra, avendo molte di esse terminato il loro ‘pellegrinaggio’ per non tornare mai più.
Affascinante teoria, ma che non tiene conto dei dati dell’esplosione demografica che, crudelmente, dipingono una situazione diametralmente opposta (12).
E’ vero che altri gruppi sostengono un’idea-correttivo; dovrebbe essere formulabile più o meno in questi termini: l’anima si purifica progressivamente e si purga del male attraverso rinascite cicliche; il risultato del processo dovrebbe essere visibile all’umanità, senz’altro migliorata dal gran numero di reincarnati sempre più vicini alla perfezione. Non è assurdo supporre che se i reincarnati di oggi hanno già trascorso secoli di purificazione, dovremmo avere in mezzo a noi un esercito di esseri meravigliosi, di santi, di geni, di benefattori, di pacifisti, di filosofi. E benché di tali personalità l’umanità non faccia certo difetto, non ci sentiamo assolutamente di dire che le generazioni di oggi siano migliori di quelle di ieri, e quelle di ieri migliori di quelle dell’altro ieri, ecc. Lontano da noi, secoli fa, c’è stato il medioevo; a due passi da noi, settant’anni fa, c’è stata la barbarie nazista, c’è stato Auschwitz.

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