I sistemi rappresentazionali sono: quello visivo (immagini costruite), quello uditivo (costruzioni auditive) e quello cinestesico (sensazioni).
Ognuno di noi (consciamente o inconsciamente) ne privilegia uno.
Lo psicologo, per avere maggiori strumenti, deve ampliare i propri sistemi rappresentazionali e deve fare sì che lo stesso cliente possa ampliare i propri.
Senza comunicazione non si vive, ma senza comunicazione non verbale non si comunica.
LE BASI DELLA COMUNICAZIONE
Partendo dal presupposto che anche l’uomo ha una sua natura animale, lo studio dei sistemi di comunicazione degli animali dovrebbe aiutarlo a capire meglio i suoi.
I modelli comportamentali sono il risultato di una complessa integrazione, che comprende, oltre ai processi d’apprendimento, anche fattori genetici.
L’apprendimento può essere distinto in:
a)apprendimento associativo: con il quale gli animali imparano che diversi elementi dell’ambiente possono essere associati e cominciano a modificare le loro risposte comportamentali in relazione ad un dato stimolo;
b)apprendimento non associativo: con il quale, attraverso processi d’adattamento e di sensibilizzazione, gli animali imparano a modificare il proprio comportamento.
Oltre alla base biologica dei segnali, è fondamentale, per la razza umana, la cultura, il luogo dove questi segnali si sviluppano e la ragione per cui vengono utilizzati.
Alcuni studiosi (sulla scia di Lorenz) ritengono che le espressioni abbiano una base innata, altri, invece, reputano l’apprendimento la base principale, sostenendo la tesi del controllo delle espressioni da parte delle norme culturali che le modificano in base all’ambito in cui si manifestano.
Ekman formula il modello ‘neuro-culturale dell’espressione’ che affronta la questione sull’innatismo delle espressioni, indicandole come regolate da due componenti: una innata, comune a tutti gli esseri umani, l’altra culturale, influenzata dalle ‘regole di esibizione’, che variano in ogni contesto socioculturale.
Un altro ricercatore (Scherer) sviluppa tre studi: il primo è una comparazione di quattro emozioni: rabbia, paura, tristezza, gioia in otto paesi diversi, il secondo è un confronto di due culture: quella giapponese e quella americana, il terzo è realizzato con lo scopo di rispondere a qualcuno dei quesiti aperti precedentemente.
I risultati dei vari studi confermano che le emozioni sono molto simili per tutti i soggetti dei vari paesi, quindi non esiste un certo carattere d’universalità.
Le emozioni rappresentano un’esperienza individuale difficile da descrivere oggettivamente, da confrontare, da riprodurre, e dunque, da studiare.