Repubblica Ceca caccia la NATO (e la UE): niente truppe straniere nel Paese e taglio radicale spese militari

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wheaton80
00giovedì 12 giugno 2014 02:36

PRAGA - La Repubblica Ceca non ha bisogno di truppe della NATO sul suo territorio e non chiede di rinforzare la presenze militare dell’Alleanza atlantica in Europa, ha dichiarato il primo ministro ceco Bohuslav Sobotka in risposta alle dichiarazioni fatte dal presidente americano Barack Obama in Polonia. La Repubblica Ceca si oppone alle intenzioni militari americane, mentre la Polonia è favorevole. Prima di Sobotka anche il ministro ceco della Difesa Martin Stropnický si era pronunciato contro la presenza delle truppe della NATO nel suo paese. Le dichiarazioni di Sobotka e Stropnický hanno provocato la reazione critica dell’opposizione, ma un sondaggio recente mostra che almeno il 60% della popolazione condivide la posizione del governo. Secondo l’opinione pubblica ceca, è indubbio che il rinforzamento della NATO in Europa è tornato all’ordine del giorno a causa dell’Ucraina e della Russia. Il governo ceco non intende nemmeno finanziare il progetto di difesa degli alleati. Solo l’1% del suo Pil è consacrato alle spese militari, mentre NATO e Stati Uniti ne esigono almeno il doppio. La Polonia invece è una “buona allieva” e sostiene appieno i progetti espansionistici della NATO. Potrebbe apparire strano che questi due paesi limitrofi abbiano posizioni opposte, ma Dmitri Danilov dell’Istituto europeo dell’Accademia delle scienze della Russia ritiene che invece non vi sia nulla di eccezionale: “La Repubblica Ceca non si considera uno Stato frontaliero in materia di dissuasione e non vuole essere un territorio di difesa del fronte della NATO. E’ cosciente dell’importanza delle relazioni con la Russia e il governo tiene conto delle opinioni dei suoi abitanti. Per quanto riguarda la Polonia e i paesi del Baltico, dall’inizio hanno voluto rinforzare la difesa collettiva argomentando che è per questo che hanno aderito all’Alleanza. Sono convinto che molti europei condividono le preoccupazioni dei cechi, ma non hanno il coraggio di opporsi apertamente ai piani di Washington”. La situazione geopolitica potrebbe portare la NATO a dispiegare truppe terrestri supplementari negli Stati membri situati nell’Europa orientale, rinforzare la sorveglianza aerea e soprattutto i sistemi di sorveglianza a lungo raggio, oltre a prestare particolare attenzione alla cooperazione con l’Ucraina nella regione del Mar Nero. Le esercitazioni americano-ucraine previste per quest’anno sembrano confermare questa volontà.

Fonte notizia: fr.sott.net
11 giugno 2014
www.ilnord.it/c3109_REPUBBLICA_CECA_CACCIA_LA_NATO_E_LA_UE_NIENTE_TRUPPE_STRANIERE_NEL_PAESE_E_TAGLIO_RADICALE_SPESE_MILITAR...
wheaton80
00mercoledì 20 agosto 2014 03:08
Il 75% dei cittadini della Repubblica Ceca è fortemente contrario all' adozione dell' euro (così il governo ha rinviato)

LONDRA - Il presidente della repubblica Giorgio Napolitano non fa che ripetere fino alla nausea che l' euro rappresenta il futuro e chiunque sia contrario alla sua adozione è uno xenofobo reazionario che va contro il corso della storia. Ovviamente il presidente Napolitano ha sempre ignorato il fatto che i paesi che ne sono rimasti fuori stanno avendo una crescita economica molto più elevata e per sua sfortuna molti paesi dell' Europa dell' Est stanno facendo tutto il possibile per mantenere le loro valute. E l' esempio più lampante viene dalla Repubblica Ceca. L'adesione all' Unione Europea obbliga il governo ceco ad adottare la moneta unica ma fino ad ora è rimasto restìo ad abbandonare la corona ceca e per tale motivo cerca sempre di spostare in avanti la data di adozione dell' euro. Il motivo di questo procastinamento sta nel fatto che il 75% dei cittadini cechi rimane contrario all' adozione dell' euro non solo perché la sua adozione causerebbe un forte aumento dei prezzi ma anche perché temono che dovrebbero pagare più tasse per partecipare ai vari programmi di salvataggio imposti dalla troika e inoltre sanno molto bene che con l' euro perderebbero la possibilità di usare strumenti di politica monetaria per stabilizzare l'economia. Questa avversione per la moneta unica sta creando non pochi problemi sia al presidente Milos Zeman che alla classe imprenditoriale ceca, visto che entrambi vorrebbero adottare l' euro il più presto possibile, ma chiaramente sanno benissimo che andare contro la maggiornaza dell'elettorato ceco sarebbe un suicidio e probabilmente capiscono pure che nessuno crederebbe alla favola dei vantaggi della moneta unica. Ad alimentare questo euroscetticismo ci sono anche alcuni esponenti della banca nazionale ceca i quali non hanno nascosto le loro perpressità riguardo l' ingresso nella moneta unica anche se c'è chi dice che il vero motivo di tale opposizione stia nel fatto che con l' euro la banca centrale ceca perderebbe i suoi poteri di gestione della politica monetaria. Questo dibattito sarà destinato a continuare a lungo ma quel che è certo è che per il momento la Repubblica Ceca rimarrà fuori dall' euro e probabilmente ci rimarrà per sempre, con buona pace del presidente Napolitano.

Giuseppe de Santis
18 agosto 2014
www.ilnord.it/c3413_IL_75_DEI_CITTADINI_DELLA_REPUBBLICA_CECA_E_FORTEMENTE_CONTRARIO_ALLADOZIONE_DELLEURO_COSI_IL_GOVERNO_HA_...
wheaton80
00domenica 22 ottobre 2017 00:49
Il vento dell’est soffia sull’Europa. Boom degli euroscettici a Praga

Il vento dell’Est continua a soffiare sull’Unione Europea. Dopo la vittoria austriaca di Kurz, adesso è la volta della Repubblica Ceca, che vede la vittoria del partito populista “ANO 2011” di Andrej Babis, l’ex Ministro delle Finanze che da molti è ormai considerato il “Trump” di Praga. A scrutinio concluso, il partito di Babis sembra aver raggiunto il primo posto con il 29,7% dei voti. Non un trionfo, in termini di maggioranza popolare, ma tanto basta per garantirgli il primo posto in un’elezione che ha il sapore della vittoria dei partiti anti-establishment ed euroscettici rispetto a quelli tradizionali. Il Partito Civico Democratico (ODS), di idee più conservatrici ed euroscettiche, è arrivato secondo con l’11,2 %, mentre al terzo e quarto posto ci sono, a dividerli pochissimi voti di stacco, il partito anti-casta dei Pirati e quello di destra più radicale Libertà e Democrazia Diretta (SPD), che si aggirano intorno al 10,7% dei consensi.

Da registrare il crollo vertiginoso del Partito Socialdemocratico, che perde circa 12 punti percentuali, ottenendo solo il 7 per cento dei consensi. Il risultato delle elezioni ceche è in linea con quanto sta avvenendo in tutta l’Europa orientale (e non solo). I movimenti che rappresentano la protesta contro i partiti figli della classe dirigente che ha governato i rispettivi Paesi prendono consensi inimmaginabili fino a pochi anni fa, riuscendo a incanalare il sentimento comune dell’elettorato contrario alla politica tradizionale. La vittoria di Babis in Repubblica Ceca è perfettamente in linea con questa tendenza. Il leader di Ano è riuscito negli anni a proclamarsi vicino ad Obama, poi ad Orban, poi a Trump, e, nonostante questa ondivaga linea politica, è riuscito a costruirsi un’immagine di novità rispetto all’establishment. Ed era proprio quello che l’elettorato ceco si aspettava. Grazie a un impero mediatico e finanziario che lo porta ad essere il secondo uomo più ricco del Paese, Babis è riuscito a creare un movimento che in pochissimi anni ha raggiunto la maggioranza relativa del popolo ceco e oggi si ritrova a dover guidare il futuro governo.

Un governo che, stando a quanto sostenuto da Babis in campagna elettorale, sarà certamente improntato a una rottura degli schemi tradizionali della politica ceca oltre che a un rigido scontro con i burocrati dell’Unione Europea, in particolare sul tema dei migranti, su cui il leader di ANO è stato chiarissimo. Questa lotta senza quartiere alla politica migratoria imposta da Bruxelles e soprattutto alla politica delle quote di migranti è stata il centro della battaglia politica di Babis. Una battaglia con cui il leader ceco ha trascinato dietro a se tutti gli altri partiti, tanto che gli stessi socialdemocratici del Presidente uscente si sono detti contrari alla distribuzione dei migranti. E sotto questo profilo, è chiaro che il cambiamento politico avvenuto oggi a Praga assesta un altro duro colpo alle scelte centrali di Bruxelles e colloca sempre di più la Repubblica Ceca al centro di quel fenomeno culturale e politico che sta da tempo caratterizzando il gruppo Visegrad. L’euroscetticismo è ormai diventato un cardine della politica del gruppo composto da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia.

E sono in molti a ritenere che la vittoria di Kurz in Austria sia il preludio a un ingresso di Vienna non tanto nel gruppo Visegrad quanto nell’orbita dei Paesi euroscettici. E il fatto che il fenomeno migratorio abbia fatto così presa sul popolo ceco è interessante soprattutto se relazionato con l’esiguo numero di immigrati rispetto alla popolazione, che non raggiungono lo 0,23% su 10 milioni di abitanti. Quello che è evidente, dunque, è che anche in un Paese sostanzialmente poco colpito dal fenomeno migratorio, come appunto lo è la Repubblica Ceca, c’è il timore che le politiche europee possano incidere sulla sicurezza collettiva. Questo dato è interessante per comprendere anche il futuro della stessa Unione Europea, dal momento che con la vittoria di Babis a Praga, i governi che fanno riferimento alla socialdemocrazia e al centrosinistra in tutta l’Unione Europea sono rimasti cinque, di cui uno il nostro. Solo cinque su 27 Stati. Mentre è evidente la crescita esponenziale dei fenomeni euroscettici e “populisti” in ogni Stato, sia a destra che a sinistra, come conseguenza dell’incapacità dell’Europa di far comprendere le proprie politiche. Gli Stati membri sembra che stiano dicendo all’Unione di cambiare, e l’Europa orientale guida questa rivolta che sta soffiando su tutto il continente.

Lorenzo Vita
21 ottobre 2017
www.occhidellaguerra.it/vento-dellest-soffia-sulleuropa-praga-boom-degli-euros...
wheaton80
00lunedì 29 gennaio 2018 01:03
Repubblica Ceca: rivince Milos Zeman e subito tutto il mainstream si scatena

Uno dei quotidiani più letti in Italia ha parlato di “presidente filorusso e xenofobo” e di “sconfitta europeista”: la vittoria di Milos Zeman, Presidente uscente della Repubblica Ceca, che ha promosso una politica estera multivettoriale per il suo Paese e caldeggiato anche l’ipotesi di un’uscita dalla NATO (e questi sono evidentemente, agli occhi del mainstream europeista ed atlantista, le due colpe principali dell’anziano ma saggio Presidente ceco), ha subito provocato forti malumori in tutto il mondo politico e mediatico dell’atlantismo e dell’europeismo senza se e senza ma. Poco importa che Zeman, col suo partito, faccia in realtà parte del moderatissimo PSE: certe “deviazioni” o “obiezioni” alla politica di Washington e Bruxelles sono notoriamente poco concesse, come dimostrato anche dal recente caso delle sanzioni alla Polonia. Zeman, definito addirittura “russofilo nazionalpopulista xenofobo”, ha sconfitto lo sfidante, definito “europeista”, Jiri Drahos, al ballottaggio, che gli ha così regalato un secondo mandato. La vittoria è stata netta: 52% dei voti contro il 48% dell’avversario. Questa vittoria rafforza anche la posizione del cosiddetto gruppo di Visegrad nei confronti di Bruxelles e della sua “eurocrazia”, ed in particolare verso l’asse franco-tedesco ormai sempre più saldo, grazie anche alla formazione del nuovo governo tedesco con nuovamente a capo Angela Merkel, la cui intesa con Emmanuel Macron non è certamente un mistero. Zeman è conosciuto soprattutto per il suo “no” alla ripartizione dei migranti e per il suo auspicio di vedere un’Europa composta da Nazioni sovrane. Vuole la fine delle sanzioni europee alla Russia per la vicenda ucraina e crimeana e favorisce la cooperazione economica fra Praga e Mosca, oltre che con Pechino, che vede nella Cechia un’importante tappa della sua “Nuova Via della Seta”. Infine, rispedisce sempre al mittente tutte le critiche (o ingerenze? o, per essere ancora più espliciti, “fake news”?) della Commissione Europea circa il presunto snaturamento dello Stato di Diritto nel suo Paese. Durante la campagna elettorale, Zeman ha fatto ben capire all’elettorato come il suo rivale Drahos fosse agente di forze economiche e politiche esterne, che mirano a ricondurre Praga nell’alveo del “Washington e Bruxelles consensus”. Subito gli uomini di Drahos hanno manipolato la dichiarazione bollandola addirittura d’antisemitismo, dando ad intendere che Zeman si riferisse alla solita vecchia storia delle “lobby ebraiche internazionali”, ma ciò non è comunque bastato a far cambiare idea all’elettorato ceco, evidentemente non così sprovveduto. La vittoria di Zeman spiana la strada anche ad Andrej Babis, leader del partito ANO, sprezzantemente ribattezzato “Babisconi” dai suoi detrattori dell’opposizione, e a cui il Presidente ceco ha sempre riservato il proprio appoggio.

Filippo Bovo
28 gennaio 2018
www.opinione-pubblica.com/repubblica-ceca-rivince-milos-zeman-subito-mainstream-si-...
wheaton80
00domenica 15 luglio 2018 17:20
Una nuova Primavera di Praga? I comunisti sosterranno il governo anti-UE di Babis

Per la prima volta dalla fine del “socialismo reale”, il Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM) attivo nella Repubblica Ceca darà il proprio appoggio esterno (che sarà determinante) al governo di Praga, composto dai socialdemocratici del CSSD e dai centristi del movimento “Anò”, considerati populisti dai media europei, e guidati da Andrej Babis, un miliardario con un passato ai vertici della nomenklatura filo-sovietica. In una cerimonia al Castello di Praga, il Presidente della Repubblica Milos Zeman, le cui posizioni filo-russe e filo-cinesi sono note, tanto che, di recente, ha partecipato in prima persona al Congresso del Partito Comunista Ceco, ha conferito il mandato di presentare a breve una squadra di governo al miliardario. Una notizia che ha fatto scendere in piazza le élites borghesi e studentesche del Paese che sostengono invece Bruxelles e che si sono dette inorridite da questo “sdoganamento” dei comunisti. Il KSCM è una forza di circa l’8% ed è considerato piuttosto “tradizionalista” nel movimento comunista europeo, non avendo mai abiurato il marxismo-leninismo, continuando a sostenere una linea critica verso l’occidente e facendo intensa campagna contro la NATO. La decisione di sostenere una coalizione molto diversa rispetto alle idee promosse dal KSCM, è stata presa in quanto i comunisti cechi considerano prioritario in questa fase storica impedire il ritorno al governo dei settori più corrotti dell’establishment di Praga, votato al neoliberismo filo-europeista.

Tra le condizioni imposte dal KSCM per garantire il sostegno esterno dal parlamento, ci sono l’innalzamento del salario minimo, l’indicizzazione al carovita delle pensioni, la protezione delle risorse naturali dalle multinazionali straniere, l’aumento della quota del settore pubblico nella gestione dell’acqua, il blocco dei prezzi delle abitazioni, la costruzione di nuovi alloggi a pigione moderata e un’assistenza sanitaria di qualità. Babis sembrerebbe aver già ceduto a un’altra condizione dei comunisti: quella di imporre un compenso fiscale alle chiese per proprietà non restituite. Si tratta, quest’ultima, di una svolta rispetto ai passati esecutivi, che avevano difeso il diritto del clero di riprendersi quanto era stato collettivizzato durante l’epoca del “socialismo reale”. Sull’immigrazione, il segretario comunista Vojtech Filip respinge le minacce del Presidente francese Macron ai paesi dell’UE che rifiutano di accettare migranti e chiede la revisione del sistema europeo di asilo per far sì che le frontiere esterne dell’UE non siano esposte a un gran numero di rifugiati: la soluzione per il KSCM, insomma, non è la ridistribuzione delle quote di migranti tra i Paesi membri dell’UE ma l’eliminazione delle cause della crisi che spingono le persone a emigrare. E’ il secondo partito comunista dell’Europa dell’Est che chiarisce la sua linea contraria all’ideologia “No Border” della sinistra europea: il primo era stato il Partito dei Lavoratori di Ungheria, e ne avevano parlato in questo articolo (http://www.sinistra.ch/?p=5628).

1 luglio 2018
www.sinistra.ch/?p=7512
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