Ripulire gli oceani dai 7 milioni di tonnellate di plastica? Si può fare

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wheaton80
00sabato 30 marzo 2013 23:34




Milioni, miliardi di tonnellate di rifiuti plastici fluttuano negli oceani. In particolare, distribuiti tutt'attorno al Pianeta, cinque enormi agglomerati di scarti inquinanti non riciclabili - risultato dell'accumulo progressivo di immondizia - avanzano come isole galleggianti per le acque dei mari mondiali, trasportati dalle correnti.

Uno di questi, ribattezzato "North Pacific Gyre", localizzato – appunto – nella parte settentrionale del Pacifico, misura due volte la superficie degli Stati Uniti. Trattandosi di plastiche, e quindi di sostanze non biodegradabili derivate dal petrolio, per quanto rapida e globale possa essere la conversione della popolazione mondiale all'uso di materiali alternativi, gli attuali banchi di rifiuti impiegheranno secoli, se non millenni a dissolversi. Pesci e uccelli, confusi da questi oggetti natanti, li ingeriscono ingenuamente scambiandoli per elementi commestibili, morendo poi per soffocamento. Le microparticelle che riescono a ingerire, invece, contengono sostanze quali DDT e PCB, altamente tossiche, che attraverso il consumo di carne e pesce contaminano l'alimentazione umana.

Che fare quindi per arrestare questo lento suicidio collettivo? Il giovane imprenditore Boyan Slat propone una soluzione: sviluppare una serie di apparecchi da distribuire per i mari del Pianeta al fine di ripulirli dai 7 milioni di tonnellate di plastica (vale a dire 1000 volte il peso della Torre Eiffel) stimate sinora nei cinque più grandi agglomerati di rifiuti.

L'apparecchio, da ancorare al fondo del mare, dovrebbe costituirsi di piattaforme pensate per riportare in superficie i depositi di immondizia, col metodo della pesca a strascico. Plancton e microorganismi, fondamentali per la nutrizione di pesci e uccelli, verrebbero rimossi e reintrodotti in acqua per mezzo di una centrifuga. Il progetto, presentato da Slat nel 2012, prevede il riciclo delle enormi quantità di plastica raccolte. Se si presenteranno le condizioni per la sua realizzazione, che necessita di impegno e finanziamenti, si darebbe il via a una grande rivoluzione ecologica.

www.agoravox.it/Ripulire-gli-oceani-dai-7-milioni.html
wheaton80
00lunedì 22 luglio 2013 20:58
Creata la spugna "magica" che assorbe l'inquinamento dalle acque



Per ripulire le acque dall'inquinamento una soluzione potrebbe essere fornita dalle "spugne magiche" realizzate dai ricercatori del Dipartimento di Fisica di Tor Vergata a Roma. Grazie al nuovo materiale fatto di nanotubi di carbonio, le speciali spugne potranno essere prodotte a partire da materiali a basso costo e facilmente reperibili e saranno in grado di assorbire una quantità di olio pari a 150 volte il loro peso.

Grande più o meno quanto una moneta da 20 centesimi, la spugna pesa solo 1,5 mg (circa 4000 volte più leggera della moneta stessa). Al suo interno sono presenti dei nanotubi del catalizzatore metallico che assorbono i veleni dalle acque. Galleggiando nell'acqua inquinata, le micro-spugne ultra-leggere sono direzionabili a distanza per via delle loro proprietà magnetiche e possono essere guidate sulla superficie dell'acqua con una calamita, senza alcun contatto diretto, fino a raggiungere le chiazze di olio. Dopo l'uso, le spugne potranno inoltre essere riutilizzate un numero infinito di volte dopo essere state strizzate o bruciate per eliminare gli inquinanti precedentemente assorbiti.

Spiegano i ricercatori di Tor Vergata che in entrambi i casi, la spugna viene completamente rigenerata e può essere riutilizzata per un numero elevato di volte. La comubustione infatti altera solo l'olio assorbito, lasciando intatti i nanotubi di carbonio. Inoltre, la spugna è molto elastica e può essere compressa fino al 75% della sua lunghezza iniziale e tornare esattamente alla forma originale.

"La spugna può essere pensata come una matassa formata da milioni e milioni di nanotubi intrecciati dove circa il 90% del suo volume è costituito dagli spazi vuoti tra i nanotubi stessi, il che le conferisce una straordinaria leggerezza – ha detto Maurizio De Crescenzi, professore di Struttura della materia e coordinatore del gruppo di Ricerca del Dipartimento di Fisica dell'Università Roma Tor Vergata -. Grazie a questa sua particolare struttura, la spugna risulta super-idrofobica, dunque repelle completamente l'acqua, ma al tempo stesso è capace di assorbire efficacemente gli eventuali inquinanti disciolti in essa immagazzinandoli negli spazi vuoti". Altro punto a suo favore il fatto che la produzione del materiale "multifunzionale" della spugna è stata realizzata partendo da materiali a basso costo e facilmente reperibili.

www.greenme.it/informarsi/ambiente/10573-creata-spugna-assorbe-inquinamen...
wheaton80
00mercoledì 6 novembre 2013 02:14
Lo strumento che depura acque radioattive. Gli esperti: "Prospettive illimitate. Non c'è tecnologia comparabile"

L'esame di maturità per Wow comincia un anno e mezzo fa, quando al Lena di Pavia, diretto dal dottor Andrea Salvini, il fisico Sergio Manera, specialista in misure di radioattività, effettua con altri tecnici i primi test sullo strumento, con il supporto scientifico del professor Massimo Oddone del dipartimento di chimica, processando una soluzione contaminata. «A noi non interessava la tecnologia della distillazione - dice Manera - ma il risultato. E il risultato effettivamente è stato incredibile. Si confermano fattori di decontaminazione mai raggiunti da alcuna tecnologia».

«Abbiamo simulato una soluzione assai più radioattiva di quella dell’impianto giapponese. I valori sono rimasti stabili per i quaranta giorni di test. L’acqua che esce è decontaminata di 7.500 volte, quindi nel pieno rispetto delle formule di scarico di impianti nucleari. Se le trattative con il Giappone andassero a buon fine metterebbero ancora una volta l’Italia in prima fila per le grandi scoperte».

Conferma tutto Massimo Oddone, professore associato di chimica generale e responsabile dell’area di radiochimica all’Università di Pavia, autore di quasi 500 pubblicazioni in materia, uno degli ultimi radiochimici viventi in Italia, ha condotto gli esperimenti nel dipartimento di chimica dell’ateneo. «La soluzione utilizzata conteneva un’alta concentrazione di Cesio 137, l’elemento radioattivo di Fukushima, per vedere quanto si riusciva ad abbatterlo. La radioattività è rimasta concentrata in un paio di litri nella macchina, su un volume trattato di 10 mila. E i residui radioattivi si trovavano allo stato di liquido concentrato. Questo, per lo smaltimento, è importantissimo».

«La macchina - dice il docente - ha prospettive enormi e può essere applicata su suoli contaminati anche da altro, come i metalli pesanti. Se i fumi ed i vapori di certe fabbriche vengono convogliati in una soluzione liquida, Wow concentra i metalli e restituisce l’acqua quasi a temperatura ambiente. Il sistema sarebbe applicabile anche all’Ilva, con un sistema di abbattimento fumi». Prima d’ora i distillatori riuscivano a per concentrare i residui al massimo di 10-100 volte. «Le prospettive dal punto di vista industriale sono davvero immense. In Italia nessuno è profeta in patria e gli interessi sono enormi, ma difenderò scientificamente questo inventore, tanto umile quanto geniale, fin quando avrò voce in capitolo. Le cose buone non devono andarsene dall’Italia, mi auguro che il Paese non si faccia sfuggire questa occasione. Oltretutto potrà formare tutta una serie di radiochimici e di ingegneri nucleari che potremmo esportare nel mondo come i nostri maestri pittori e scultori del passato».

Enrico Fovanna
31 ottobre 2013
www.ilgiorno.it/pavia/cronaca/2013/10/31/974807-strumento-acque-potabili-tecnolog...
wheaton80
00venerdì 4 aprile 2014 02:45
Fukushima: testata con successo la Soluzione Keshe



Straordinario successo su tutti i fronti per i test che si sono svolti in Giappone a cura della Fondazione Keshe in collaborazione con organizzazioni governative. Lavorando su campioni di acqua e di terreno, provenienti dalle zone più critiche della centrale nucleare di Fukushima andata distrutta durante lo tsunami del 2011, la radioattività dell’acqua, delle parti metalliche coinvolte, delle scorie di varia natura presenti in sospensione, Yukako Saito, knowledge seeker attualmente in stage presso la sede italiana ed inviata in missione, ha potuto ridurla in un brevissimo intervallo di tempo a ZERO. Data l’assoluta eccezionalità del responso del test, che si è svolto in livestream pubblico per la massima trasparenza nei confronti della popolazione giapponese, esso è stato ripetuto con esito identico e poi ripetuto ancora da altri due laboratori indipendenti. Anche in questi casi il responso è stato sovrapponibile. La Fondazione rilascerà ora un annuncio ufficiale non appena i papers scientifici con i tabellari e grafici saranno pronti per la pubblicazione. In queste ore si lavora per preparare i documenti in modo mai prima d’ora adottato in quanto a facilità di lettura e immediato controllo su video reso possibile all’immenso pubblico. Una nuova era è prossima a schiudersi per le bonifiche da materiali altamente tossici e radioattivi, non solo per quella location critica che rappresenta una priorità assoluta tra le emergenze, ma per il resto del mondo, ivi compresi tutti quei siti lungo la nostra penisola dove risultano stoccati materiali che per la salute umana sono estremamente pericolosi. E l’Italia, paese nel quale l’ing. Mehran Keshe si è stabilito da circa un anno, potrebbe avere un ruolo diplomatico di estrema importanza in questo processo.

www.livestream.com/spaceshipinstitute/video?clipId=pla_15bfd6dc-61fe-40b3-a48d-9e9a261fed8b&utm_source=lsplayer&utm_medium=ui-content&utm_campaign=spaceshipinstitute&utm_content=spaceshipi...

Jervé
www.iconicon.it/blog/2014/04/fukushima-testata-con-successo-la-soluzion...
wheaton80
00venerdì 26 giugno 2015 18:25
Plastica: l'idea di un ragazzo per ripulire gli oceani è realtà. In Giappone dal 2016



The Ocean Cleanup Array, cosa vi ricorda? È il progetto ideato dall'allora 19enne Boyan Slat che aveva ideato una soluzione per eliminare le microplastiche dagli oceani. Dal 2013, quando è stato annunciato per la prima volta, Ocean Cleanup Array ha fatto tanti passi avanti. Ma dal 2016 diventerà ufficialmente il primo sistema di pulizia degli oceani. Un'idea semplice, ma in grado di raccogliere 7.250.000 tonnellate di rifiuti in soli 5 anni, come confermato dallo studio di fattibilità, lo scorso anno. Il dispositivo è formato da una piattaforma a cui sono collegate due lunghe panne, in grado di intercettare e trattenere i rifiuti galleggianti anche di piccole dimensioni. È stato lo stesso Boyan, oggi ventenne fondatore e CEO di The Cleanup Ocean, ad annunciare che il suo Array sarà il primo sistema al mondo utilizzato per ripulire passivamente l'inquinamento prodotto dalla plastica negli oceani. La conferma è arrivata in occasione della conferenza dedicata alla tecnologica più grande dell'Asia, il Seoul Digital Forum, in Corea del Sud. Si parte proprio dall'Asia, precisamente dal Giappone, dove l'Array verrà distribuito e messo in funzione nella seconda metà del 2016. Le prime acque ad essere ripulite dalla plastica saranno quelle al largo della costa di Tsushima, un'isola situata tra il Giappone e la Corea del Sud, oggi oggetto di ricerca. Come funziona? L'Ocean Cleanup Array, lo ricordiamo, è formato da due lunghe braccia che si trovano a pelo d'acqua. Il dispositivo è profondo circa 3 metri, in modo tale da intercettare la maggior parte della plastica che si trova in mare. I rifiuti vengono così catturati dalle panne che non si muovono dalla loro posizione ma che agiscono come una sorta di grande imbuto, dove la plastica viene spinta proprio dall'angolo dei bracci. Una volta fatta arrivare alla piattaforma di raccolta, viene filtrata, separata dal plancton e conservata per il riciclo. Quello in funzione in Giappone, il prossimo anno, avrà le due braccia lunghe circa 2.000 metri, diventando così la più lunga struttura galleggiante mai stesa in mare (battendo il record attuale di 1000 metri detenuti dal Tokyo Mega-Float). Ocean Cleanup Array sarà operativo per almeno due anni, durante i quali eliminerà la plastica prima che essa possa raggiungere le coste dell'isola di Tsushima. Quest'ultima sta anche valutando se i rifiuti raccolti possano essere utilizzati come fonte di energia alternativa. Perché Tsushima? Una scelta non casuale visto che qui il problema dell'inquinamento in mare è molto grave. Ciò ha portato i il governo locale a cercare soluzioni innovative per risolverlo. “Prendersi cura del problema rifiuti degli oceani del mondo è una delle più grandi sfide ambientali che l'umanità si trova ad affrontare oggi”, ha detto Boyan Slat, secondo cui si tratta del primo passo verso l'obiettivo di ripulire la Great Pacific Garbage Patch. “Questa distribuzione ci permetterà di studiare l'efficienza e la durata del sistema nel tempo”. Diffondere il più possibile questa soluzione è un'importante pietra miliare della missione del Cleanup Ocean per eliminare l'inquinamento della plastica dagli oceani. Entro cinque anni, dopo una serie di installazioni, Cleanup Ocean prevede di implementare un sistema di 100 chilometri per ripulire circa la metà della Great Pacific Garbage Patch, tra le Hawaii e la California.







Francesca Mancuso
4 giugno 2015
www.greenme.it/informarsi/ambiente/16708-plastica-ocean-cleanup-ar...
wheaton80
00giovedì 3 ottobre 2019 13:43
"Ora funziona": lo spazzino degli oceani inizia a ripulire il Pacifico

Dopo una serie di tentativi, il prototipo "System 001/B", la barriera galleggiante progettata per rastrellare rifiuti nel Pacifico spinta solo dall'azione delle correnti, sta funzionando. Lo annuncia il suo inventore, il danese Boyan Slat, che nel 2012, all'età di 17 anni, fondò l'organizzazione no-profit The Ocean Cleanup con l'obiettivo di ridurre le dimensioni della famigerata "isola di plastica" tra California e Hawaii, e che ha raccolto fondi per 35 milioni di dollari anche grazie all'intervento di alcuni miliardari, tra cui il fondatore di Paypal Peter Thiel. Varato nel giugno 2019 a Vancouver, il prototipo System 001/B rappresenta il secondo tentativo di mostrare l'efficacia del sistema e, secondo Slat, il grande braccio galleggiante starebbe raccogliendo con successo rifiuti di ogni genere, dalle reti da pesca abbandonate alle ruote di automobili, fino ai minuscoli frammenti di plastica dalle dimensioni di 1 millimetro. Lo scorso anno, trainata in mare aperto, la barriera subì una rottura causata dall'intensità del vento e dall'azione delle grandi onde oceaniche e le riparazioni avevano richiesto diversi mesi. Inoltre, nel primo tentativo, la barriera non era riuscita a raccogliere rifiuti poiché il suo movimento, determinato dalla spinta delle correnti marine, era solidale con quello dei rifiuti stessi. Per ovviare a questo problema il nuovo prototipo è stato dotato di un'ancora galleggiante, una sorta di "paracadute subacqueo" in grado di rallentarne la deriva consentendogli di intrappolare i rifiuti che si muovono più velocemente. L'organizzazione di Slat, una delle poche attivamente impegnate nella raccolta dei rifiuti negli oceani, intende ora proseguire con lo sviluppo del sistema, producendo nuove barriere di dimensioni sempre maggiori. Il Trash Free Seas Program dell'Ocean Conservancy, un'organizzazione ambientale senza scopo di lucro, stima che ogni anno vengono abbandonate o perse in mare durante le tempeste tra le 600.000 e le 800.000 tonnellate di attrezzi da pesca. Altre 9 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, tra cui bottiglie, buste, giocattoli e altri oggetti, affluiscono ogni anno nell'oceano attraverso spiagge e fiumi. Slat intende rafforzare il dispositivo Ocean Cleanup per renderlo più forte e affidabile, in grado di restare in mare più a lungo ed essere "svuotato" una volta l'anno:"Ci aspetta ancora molto lavoro".

03 ottobre 2019
www.rainews.it/dl/rainews/media/Ocean-Cleanup-funziona-spazzino-degli-oceani-inizia-a-ripulire-il-Pacifico-488d54ea-6427-45cd-bd04-d0d45a21326a.htm...
wheaton80
00giovedì 20 febbraio 2020 17:42
Galapagos: tolte 8 tonnellate di rifiuti

QUITO - Squadre di guardaparchi e volontari intervenuti su cinque isole dell'arcipelago ecuadoriano delle Galapagos hanno raccolto in quasi quattro settimane di lavoro oltre otto tonnellate di rifiuti, soprattutto plastici, nell'ambito del 'Piano di pulizia delle coste 2020'. In un comunicato, i responsabili del Parco Nazionale Galapagos hanno indicato che l'intervento è stato realizzato in 26 punti diversi di cinque isole e che nel complesso è stato possibile recuperare, in mare e su 87 chilometri di costa, 8,38 tonnellate di residui dannosi per l'ambiente. Le isole interessate dal progetto del Ministero dell'Ambiente e dall'intervento di 245 volontari fra il 21 gennaio ed il 15 febbraio sono state quelle di Isabela, Santa Cruz, Floreana, San Cristóbal e Baltra. Composto da 13 isole vulcaniche (sette maggiori e sei minori) situate nell'Oceano Pacifico, a circa 1.000 chilometri dalla costa dell'Ecuador, l'arcipelago delle Galapagos è stato dichiarato patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1978.

20 febbraio 2020
www.ansa.it/sito/notizie/mondo/americalatina/2020/02/20/galapagos-tolte-8-tonnellate-di-rifiuti_b99a021c-c51c-4498-b33f-5a6f371a0...
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