Scientology A BRUXELLES

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LiviaGloria
00venerdì 20 ottobre 2006 19:18

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IL MOVIMENTO SPOSTA IL PROPRIO QUARTIER GENERALE A BRUXELLES PER FARE PROSELITI E CREARE UNA FORTE LOBBY ALL’EUROPARLAMENTO

14/10/2006
Maria Maggiore

BRUXELLES Gli striscioni degli «occupanti» pendono ancora dalle finestre del bel palazzo ottocentesco sul Boulevard di Waterloo, pieno centro di Bruxelles. Le tre facciate di quest'enorme edificio in pietra, da quattro anni vuoto, sono state occupate da centinaia di famiglie senza casa. Ma l'ultimatum scade tra poche ore. E dietro la Società immobiliare che ha comprato l'immobile di 10 mila metri quadri, la Belgium Building Acquisitions, c’è Scientology.

L'organizzazione americana sta per spostare il suo quartier generale europeo dalla mite Copenaghen alla più visibile e potente Bruxelles. L’intenzione non dichiarata è strategica: tentare di convertire il più alto numero di «eurocrati», funzionari benestanti, colti, emancipati, il target ideale per la chiesa-setta in cerca d’adepti. Per gestire l'operazione è stato inviato in Belgio l'americano Neil Levin, amministratore della società che ha acquistato il palazzo ma, in precedenza, presidente di una delle più potenti sedi della Chiesa di Scientology in California. Scientology non conferma né smentisce lo sbarco nella capitale europea. E intanto la penetrazione nelle istituzioni si perfeziona. Due anni fa è stato acquistato un altro palazzo, stavolta più piccolo (circa 500 metri quadrati), nel quartiere europeo: rue de la Loi, un'arteria di grande traffico dove si trovano gli uffici della Commissione.

Ma se la lobby europea esiste già, perchè aprire una faraonica nuova sede? «Scientology è in calo d'iscrizioni», spiega Andreas Lund, un norvegese esperto di strategie della setta creata da Ron Hubbard negli Anni 60. «Gli ultimi processi in Francia e negli Stati Uniti le hanno rovinato l'immagine. E' alla ricerca di nuova credibilità internazionale che dia soldi e potere», dice Lund. E vogliono impressionare con 10 mila metri quadrati di uffici, stanze di conferenze e sale dove praticare le loro terapie di «audit». Lo scopo è essere molto visibili per convincere, come ha rivelato una giornalista di Le Soir magazine che lo scorso 8 aprile si è intrufolata in una riunione bruxellese della setta. «Siamo in guerra», aveva cominciato l'oratore annunciando l'acquisto del nuovo palazzo a Bruxelles. In guerra «contro le istituzioni europee che bisogna risvegliare e educare». Bersaglio privilegiato è naturalmente il Parlamento europeo, faraonico transatlantico, dove le lobby circolano in quasi assoluta libertà.

«S'intrufolano insidiosi - dice un deputato che preferisce restare anonimo -, sono molto presenti attraverso le due associazioni che lavorano per Scientology "Youth for Human rights" e "Citizen for Human Rights". Nei siti di queste due lobby i temi classici: lotta spietata alla psichiatria (loro propongono cure alternative), attenzione alla salute mentale dei bambini, lotta alla droga (con Narconon, hanno messo a punto un loro sistema di cura dei tossicodipendenti) e lotta alle discriminazioni. «La lobby è un pretesto, uno degli obiettivi», dice ancora il norvegese Lund. «Il loro vero scopo è il potere. Vogliono controllare le alte sfere dell'Europa per manipolarla a loro comodo».

Altro bersaglio la Commissione europea dove lavorano 20 mila funzionari. «Organizzano seminari per la lotta alla droga accanto i palazzi della Commissione. Certo, qualche funzionario con un figlio drogato ci andrà e così entrerà nella rete», dice la responsabile di un'associazione contro le sette, che preferisce restare anonima. Il 26 giugno scorso Scientology ha organizzato a Bruxelles una conferenza per celebrare il giorno internazionale delle Nazioni Unite contro le dipendenze da droghe. Nell'invito si ritrova tante volte il logo dell'Onu, ma mai quello di Scientology. L'ufficio del Presidente della Commissione Barroso ha invitato nel 2004 anche la Chiesa di Scientology a una riunione con vari rappresentanti religiosi. Attaccati poi da vari deputati europei, adesso i suoi portavoce preferiscono smentire qualunque contatto ufficiale con la setta. Anche perché tra qualche mese si aprirà il processo contro una delle sedi belghe. Tante le accuse lanciate da ex affiliati: truffa, esercizio illegale della medicina, ricatti. Lo Stato belga attacca Scientology per il suo funzionamento come un'organizzazione criminale. Ma di fronte al Palazzo di Giustizia ci sarà un esercito di volontari pronto a dissuadere i giudici.

area7
00venerdì 20 ottobre 2006 20:45
..............
ma se molte persone , solo nozionisticamente intelligenti , sono state da sempre educate al grande saggio , al superiore , al direttore , al capo , al maestro , all'autorità .In pratica a quelli che sanno di più e manovrano e possono farci stare bene , agevolarci o liberarci dalle sofferenze , darci un pò d' importanza e farci sentire qualcuno subito sotto di loro ma sotto di noi gli altri (TIRANNIA MASSONICO-PIRAMIDALE) :::dette persone saranno sempre attirate da queste strutture inanimate......Provi a discutere e ti rendi conto che la maggior parte di noi dice e crede quel che dicono i burattini dei mass-media : il giornalista ha scritto così , il ministro ha detto colà , il papa dice che... , il presidente afferma..., e Aristotele , e S.Tommaso , e Gluksmann......................................DIO ascolta e sà che posso "dire" come sono e così sorride a tutti indistintamente
LiviaGloria
00venerdì 20 ottobre 2006 22:01
Area 7
"In pratica a quelli che sanno di più "...frase con confini ampi o limitati...dipende.
Io la vedo cosí...la gerarchia é essenziale...potrebbe essere la salvezza,la sopravvivenza,la gioia...oppure potrebbe essere la morte,la prigione...

Se tu osservi la natura in generale e anche nello specifico di ogni specie...tutti hanno una gerarchia...questa é data per sopravvivenza,per apprendere e sopratutto per "amalgamarsi"...perché ogniuno ha qualcosa che un altro non ha.
Cosí,guardando il fatto che ogniuno ha una potenzialitá,una forza,un "qualcosa" che un altro non ha....non esiste chi sa di piu...ma esiste dei ruoli....e non ruoli importanti e meno importanti...ma tutti fondamentali per tutti.
Allora si puo dire che uno sa di piu...in uno specifico campo...ma non in assoluto....ed é questo pensiero moderno che cerca di denigrare il termine "gerarchia" provando a sostituirlo nel sentimento popolare al termine "dittatura".
Purtroppo la gerarchia puo diventare anche dittatura....ma non deriva dal "disegno" stesso della gerarchia....ma dal male interno all uomo che usa una sua posizione per il male.

Quindi la "gerarchia" di per se stessa é fondamentale....ma pericolosa se "tenuta" da uomini con obbiettivi egoistici...

Guarda una famiglia....é gerarchica per natura,per istintzo,per amore....
Guarda gli animali...qualsiasi...
Gli alberi,le foglie...

Questo é il problema di oggi...identificare in un termine un unica strada...o incanalare in quel termine un unica senzazione....perché é questo che vogliono....che l uomo schematizzi le parole nei pensieri e nei sentimenti.
Nelle lingue antiche un solo vocabolo,lettera...significava decine di cose....evocava decine di immagini e sentimenti...svariate possibilitá.
Oggi....la lingua,la comunicazione...viene sempre piu "schematizzata"...standardizzata...resa simile ad un compiuter....con poche possibilitá di "variabile"...e questo perché cosí la mente non é piu malmeabile alla parola che sente...ma é schematizzata giá in precedenza ad una reazione,cosí che l uomo automaticamente reagisce al suono di una parola allo stesso modo....cosí i suonatori riescono meglio a far vibrare le corde del cervello per la musica che desiderano.

Tante parole da secoli....sono giá state modificate nella percezione dell uomo che le ascolta...e portate ad essere decodificate in un certo modo.

area7
00venerdì 20 ottobre 2006 23:53
.......
si stà discutendo seriamente e con estrema intelligenza : Per favore evitiamo di giustificare le gerarchie benchè ci si senta "di parte" . Per favore superiamo le appartenenze ...Mi infastidisce leggere cose melmose. preferirei ,alla stregua, un bel "vaffanculo"..........
area7
00sabato 21 ottobre 2006 09:55
*
Gerarca = Chi era investito della suprema autorità religiosa nell'ambito di una chiesa . Durante il periodo fascista , chi occupava alte cariche nel partito . Personaggio che sottolinei in modo tronfio e chiassoso la propria presunta o reale autorità .

Hieràrkhès = dal greco -hieròs- "sacro" e -àrkhò- "essere a capo"

Gerarchia = Il complesso delle persone e delle cariche che formano i quadri direttivi ed amministrativi di un' attività regolata secondo il principio della subordinazione delle autorità inferiori alle superiori .

Famiglia = Nucleo sociale rappresentato da due o più individui , legati tra loro da un vincolo RECIPROCO di matrimonio , parentela o affinità . L'INSIEME delle persone al servizio di una casa . Gruppo di persone legate da vincoli ideali o affettivi o riconducibili a una stessa fisionomia spirituale . Insieme di curve o di superfici che dipendano da uno o più parametri VARIABILI CON CONTINUITA'. .
area7
00sabato 21 ottobre 2006 10:14
FAMIGLIA & GIOIA
La gerarchia è un' invenzione dell' uomo condizionato che s'illude di liberarsi condizionando altri uomini condizionati nel campo ristretto dei meccanismi produttivo-profittuali della nostra società e non centra nulla con la FAMIGLIA ............E non vedo come la gerarchia che sprona al desiderio di potere , di comando sugli altri , al piacere di sentirsi ammirati , considerati , importanti e con la paura che in ogni momento arrivi uno migliore e ti porti via la tua poltrona creando sofferente conflittualità . Ripeto e chiedo :"Come può esserci GIOIA in una gerarchia " ?.
Piertheoriginal
00sabato 21 ottobre 2006 10:44
Area-Livia
La struttura gerarchica in se stessa non è il male assoluto, concordo con Livia per quanto riguarda la sua "utilità", il punto è che non è una "soluzione" affidabile, era è e sarà, per come viene utilizzata, una risorsa "monca", una risorsa che non crea uguaglianze ed equità.
La delega del potere deve andare di pari passo con l'accrescimento dell'etica personale e collettiva, se deleghi a qualcun altro solo perchè lui sa più di te in quello specifico campo o settore, hai messo un potenziale "cappio" alla tua futura libertà ed autodeterminazione.
Devi fare in modo che la conoscenza specifica, tecnica o settoriale, sia controbilanciata da un'adeguata consapevolezza sociale che il ruolo occupato comporta.
Per fare questo occorerebbe maggior libertà di conoscenza ed una società impostata non sul principio dell'autorità (come oggi avviene praticamente in tutti i campi, dalla religione all'economia), ma su principi di etica e di meritocrazia.
Per quanto riguarda Scientology (conoscendola molto bene) reputo che sia il braccio armato "religioso" del nwo (c'è una strana connivenza con l'amministrazione americana, preciso che esiste un accordo segreto, sottaciuto agli adepti, che consente a Scientology di godere dell'esenzione fiscale, loro la spacciano come prova evidente del riconoscimento della natura religiosa della setta, che consente a questa "religione" di continuare a sopravvivere, basterebbe semplicemente obbligarli a pagare le tasse, giacchè più commerciale di Scientology non so cosa possa esistere, per metterli in ginocchio!!!).
Chiaramente l'obiettivo è colonizzare non solo le terre ma anche le menti, e Scientology (in un mondo "scientifico" e pragmatico come il nostro) si presta molto bene al ruolo, proponendosi come "nuova religione", come alternativa alle classiche dottrine ed ai culti un po' fuori "moda".
E' una setta molto pericolosa, riescono a fare un eccellente gioco di squadra e sono estremamente determinati (la determinazione data dal fanatismo non conosce ostacoli!!), si rischia quindi di trovarsi invischiati nelle loro spire senza quasi rendersene conto, sarebbe dunque un errore enorme sottovalutare il loro potenziale.
Per quello che mi riguarda (dopo 19 anni di triste esperienza in essa) Scientology dovrebbe essere bandita, o comunque non dovrebbe essere equiparata ad una religione in quanto non lo è assolutamente, e coloro che attualmente si considerano suoi fedeli dovrebbero avere l'opportunità di conoscere realmente chi era L. Ron Hubbard (in maniera obiettiva, reale, e non come propagandata dalla "Chiesa") e trarre le proprie conclusioni [SM=x268919] [SM=x268926] .
LiviaGloria
00sabato 21 ottobre 2006 13:42
Re: .......

Scritto da: area7 20/10/2006 23.53
si stà discutendo seriamente e con estrema intelligenza : Per favore evitiamo di giustificare le gerarchie benchè ci si senta "di parte" . Per favore superiamo le appartenenze ...Mi infastidisce leggere cose melmose. preferirei ,alla stregua, un bel "vaffanculo"..........



Io non difendo una gerarchia....io difendo la libertá delle parole di evocare sentimenti e possibilitá diverse.
....non vuoi riconoscere che la famiglia é gerarchica...perché é un esempio positivo della gerarchia...e siccome nella tua "ribellione" hai codificato il termine "gerarchico" solo in negativo...cerchi di cancellare il pensiero di famiglia gerarchica....cioé vai contro te stesso,la natura...per confermare la razionalitá della mente....
Razioonalitá....termine tremendo...anche qui altro discorso!...razionare.... [SM=g27828]
LiviaGloria
00sabato 21 ottobre 2006 13:52
Re: *

Scritto da: area7 21/10/2006 9.55
Gerarca = Chi era investito della suprema autorità religiosa nell'ambito di una chiesa . Durante il periodo fascista , chi occupava alte cariche nel partito . Personaggio che sottolinei in modo tronfio e chiassoso la propria presunta o reale autorità .

Hieràrkhès = dal greco -hieròs- "sacro" e -àrkhò- "essere a capo"

Gerarchia = Il complesso delle persone e delle cariche che formano i quadri direttivi ed amministrativi di un' attività regolata secondo il principio della subordinazione delle autorità inferiori alle superiori .

Famiglia = Nucleo sociale rappresentato da due o più individui , legati tra loro da un vincolo RECIPROCO di matrimonio , parentela o affinità . L'INSIEME delle persone al servizio di una casa . Gruppo di persone legate da vincoli ideali o affettivi o riconducibili a una stessa fisionomia spirituale . Insieme di curve o di superfici che dipendano da uno o più parametri VARIABILI CON CONTINUITA'. .



Queste "SPIEGAZIONI" SONO INTERESSANTI....TI DANNO GIÁ L IDEA DI COME CON PICCOLE PAROLE PORTANO IL TUO PENSIERO SU QUELLA PAROLA...PROPRIO IN UNA STRADA.
Es:"Personaggio che sottolinei in modo tronfio e chiassoso la propria presunta o reale autorità ."...in questo ti vogliono portare a collegare "gerarchia" a personaggio tronfio....eppure non é detto che chi ha una posizione gerarchica,debba per forza essere tronfio?!!...ma il pensiero registra questo...anche che non lo percepiamo....cosí col tempo,la mente associa "gerarchico" a "tronfio"... [SM=g27828]

E poi...chi credi che abbia sotto controllo la lingua???...i dizionari??? [SM=g27828] [SM=g27828] ...proprio quelli coi quali ti ribelli.

Della famiglia scrive "nucleo sociale"....perché un altra gerarchia non é forse nucleo sociale??? [SM=g27828] ...cosí evitano di usare gerarchia in famiglia....ma...ma ovunque c é piu di un uomo,c é gerarchia.Poi scrivono "variabili con continuitá"...che le gerarchie non variano con continuitá? [SM=g27828]
Cosa vorrei far capire é come si gioca su il detto...e sul non detto...cosí da incanalare pensieri ed emozioni.

Anche il tuo corpo ha una gerarchia....quando hai problemi di malattie,di sangue...il corpo tende a preservare gli organi vitali piuttosto che gli arti...cioé da precedenza a cio che é vitale....per la salvezza del tutto...
LiviaGloria
00sabato 21 ottobre 2006 13:58
Re: FAMIGLIA & GIOIA

Scritto da: area7 21/10/2006 10.14
La gerarchia è un' invenzione dell' uomo condizionato che s'illude di liberarsi condizionando altri uomini condizionati nel campo ristretto dei meccanismi produttivo-profittuali della nostra società e non centra nulla con la FAMIGLIA ............E non vedo come la gerarchia che sprona al desiderio di potere , di comando sugli altri , al piacere di sentirsi ammirati , considerati , importanti e con la paura che in ogni momento arrivi uno migliore e ti porti via la tua poltrona creando sofferente conflittualità . Ripeto e chiedo :"Come può esserci GIOIA in una gerarchia " ?.



Anche qui...gerarchia viene associato a "condizionare" e condizionare associato ad un sentimento negativo...é una catena..
Idem parole "potere" associato per forza a comando di altri in negativo e...piacere di sentirsi ammirati....

Ma allora...tu ricerchi la "libertá"....schematizzando gli uomini in categorie???? [SM=g27823]
Vedi che tendiamo tutti a fare gli stessi schemi ed errori???....é difficile uscire da una pressione linguistica che é giá in atto da tempo....
Mi ci metto anche io....per esempio se mi evochi la parola "bugia"...tutti i miei sistemi difensivi,muri,barriere....vanno sull assetto di guerra!!!!!!! [SM=g27828] [SM=x268939]
area7
00sabato 21 ottobre 2006 14:21
.........
stà nel nostro libero arbitrio sceglierci ognuno la propria prigione o ci siamo già ? Se si vede la gerarchia in un determinato modo dettato da proprie tradizioni ....Visto che qua ci sono tante religioni , sette ..... Allora anche se arriva scientology che ci può fregare ? Se poi guardiamo i danni che hanno fatto nella storia umana i vari gerarchi-gerarchie politico-religiose non vedo sprizzare tanta gioia . Se il dizionario che prende spunto dal greco e latino può non essere attendibile o urtare la propria ragione almeno la storia qualcosa testimonia . Liberi di vedere gerarchie ovunque negli animali , nel corpo umano , nella famiglia e liberi di gioire nel far parte della grande gerarchia globale
area7
00sabato 21 ottobre 2006 14:30
...................
nel libero arbitrio l'uomo si sente sicuro e benvoluto se si identifica in qualche categoria ...........La libertà non è oggetto di ricerca
LiviaGloria
00sabato 21 ottobre 2006 14:32
Area 7
Sí...libero arbitrio...questo termine tanto usato... [SM=g27823]

Puoi fare,se hai tempo,una ricerca sui significati dei termini,delle parole....cercando nel passato...abbastanza passato....e oggi.
A parte le proprie convinzione é una ricerca interessante...stimolante. [SM=g27823]
area7
00sabato 21 ottobre 2006 14:45
...................
è vero viene tanto usato il termine "libero arbitrio" certamente non è "far tutto quello che voglio" . Forse implica responsabilità , intelligenza , rispetto , dignità , e , forse , partendo proprio dal gradino dove sono della scala gerarchica adoperarmi ad agire nel miglior modo possibile verso il bene
Piertheoriginal
00domenica 22 ottobre 2006 16:38
Area
Esatto....tutto ciò deve essere improntato al maggior beneficio a favore sia del singolo (preservando quindi il suo "libero arbitrio") che della collettività.....ciò che è stato non per forza deve essere ciò che sarà, l'importante è "ricostruire" partendo da nuove prospettive, preservando l'esperienza positiva del passato e modellarla in base a priorità di carattere etico e sociale [SM=g27811]
area7
00domenica 29 ottobre 2006 18:00
DIVINA GRAZIA
ma le antiche e nuove religioni come vedono questa concessione DIVINA del "libero arbitrio" che è stata donata a tutti indistintamente ?
LiviaGloria
00domenica 29 ottobre 2006 18:40
Re: DIVINA GRAZIA

Scritto da: area7 29/10/2006 18.00
ma le antiche e nuove religioni come vedono questa concessione DIVINA del "libero arbitrio" che è stata donata a tutti indistintamente ?



...aaaa che domanda...ci sono stati tanti "studi"...ispirazioni,conclusioni...dibattiti...
Se vuoi ti posso cercare diverse cose.
Ci sono stati anche divisioni per il "libero arbitrio"...appunto! [SM=g27823]

Il "problema",per noi umani é concigliare il libero erbitrio con il fatto che giá tutto era predestinato...é logica umana che cio che é predestinato non é libero arbitrio...ma questo fa parte dellla famosa dualitá del mondo dove due opposti non si riescono a conciliare...se non per una certezza di fede che non é solo dire "é cosí"...ma anche sentirne e capirne la "realtá".

Con queste dualita...libero arbitrio e predestinazione...molti si sono staccati da chiesa e altre religioni creando tanti rivoli che poi si sono separati...ecc.

Io posso dirti che cosa sento iodentro me uno non esclude l altro...perché comunque in mezzo c é sempre la volontá dell uomo e la sua unicitá.
Quindi posso sintetizzare

LIBERO ARBITRIO -----VOLONTÁ UMANA-------PREDESTINAZIONE
esiste esiste esiste

Si puo dire che la volontá é l unica forza dell uomo "che non ha conoscenza"...per variare la predestinazione personale nella volontá del suo libero arbitrio.
LiviaGloria
00domenica 29 ottobre 2006 18:50
Diciamo che il libero arbitrio é il piu grande dono che Dio ci ha fatto....e con il quale spesso condanniamo Dio di quanto succede...o demandiamo la nostra responsabilitá.
...ma se pensiamo bene e con il cuore...l unico che ci ha lasciato veramente liberi...é Dio...ed é per questa libertá concessaci che dimostra quanto ci ama....ed é per questa libertá dataci che conferma quanto siamo importanti per Lui.

Quindi libertá é forza di volontá...non fare cosa si vuole,ma donare...perché donare é essere liberi...

In principio la libertá come s intende non esiste,almeno secondo me...perché io mi chiedo e chiedo a Lui....ma Dio,non esiste libertá...perché libertá di scelta vuole dire avere le informazioni,sapere tutto e cosí solo sono libero di scegliere...ma visto che io so poco...l essere umano sa poco,sa pezzettini...allora la nostra scelta é solo su "pezzettini" che abbiamo del conoscere...allora la libertá non esiste nel momento che non conosco tutto...e allora qual é la vera libertá di un uomo?...la volontá...quella é la grande forza e libertá.
Tramite la volontá noi diciamo sí a Lui,tramite la volontá desideriamo cosa desidera Lui,tramite la volontá impariamo ad amare...nulla puo essere iniziato senza volontá.

Il libero arbitrio della volontá [SM=g27823]
LiviaGloria
00domenica 29 ottobre 2006 21:45
www.filosofico.net

LUIS DE MOLINA



A cura di Alessandro Sangalli







Personalità di spicco della scolastica spagnola del Cinquecento, Luis de Molina fu anche uno dei più controversi pensatori della storia del cattolicesimo. Sulla base di precise tesi teologiche e filosofiche, elaborò una sua propria dottrina che puntava alla conciliazione del libero arbitrio con la prescienza divina e la predestinazione. Oltre al lavoro in campo teologico, dedicò molto tempo anche a temi politici e morali, interrogandosi in particolare sulla legittimazione del potere e dell’autorità politica, sulla schiavitù e su questioni economiche.





1. Vita e opere



Luis de Molina nacque a Cuenca, in Spagna, nel settembre del 1535, da una famiglia di nobile lignaggio. Nella sua città natale apprese la lingua latina, apprezzando in modo particolare Cicerone, Vergilio e Nepote. Appena sedicenne, nel 1551, si recò all’Università di Salamanca per studiare Legge e Diritto: interruppe tuttavia gli studi giuridici l’anno successivo, quando fu accolto come novizio nel collegio di Alcalà dalla Compagnia di Gesù. Per circa dieci anni, si dedicò allo studio della filosofia e della teologia vivendo tra Lisbona, Coimbra e Évora, fino a quando venne ordinato sacerdote nel 1561. Tra il 1563 e il 1567, fu Maestro delle Arti a Coimbra, ma a partire dal 1568 gli fu affidata la cattedra di Sagrada Teología all’Università di Évora, dove ottenne sempre ampio successo di pubblico. La peste che nel 1577 colpì la città e la scarsissima affluenza di studenti di quel periodo, permisero a Molina di dedicare del tempo alla stesura dei cinque volumi del De iustitia et iure (opera postuma, pubblicata per la prima volta a Venezia nel 1614).

Nel 1584 si ritirò definitivamente dall’insegnamento e si trasferì a Lisbona, per occuparsi della composizione delle sue opere: in questo periodo, scrisse la notissima Concordia, titolo con cui solitamente si indica lo scritto Liberi arbitrii cum gratiae donis, divina praescientia, providentia, praedestinatione et reprobatione concordia. Questo lavoro, uscito nel 1588, è in realtà solo una parte di un’opera maggiore, intitolata Commentaria in primam divi Thomae partem e pubblicata solo nel 1592 a Cuenca, città dove Molina aveva fatto ritorno dal Portogallo l’anno precedente. Nel 1600, ricevette un incarico come professore al Colegio Imperial di Madrid, città dove morì il 12 ottobre dello stesso anno.





2. La Concordia: grazia e libertà



La stesura della Concordia procurò a Molina violenti attacchi, soprattutto da parte degli ambienti domenicani: l’opera ottenne l’imprimatur del Tribunale dell’Inquisizione portoghese solo dopo alcune correzioni e innumerevoli difficoltà. La pubblicazione di questo scritto diede il via alla cosiddetta polemica de auxiliis, che si infiammò nel 1595, quando il domenicano Domingo Bañez rispose al gesuita Molina con la Apología de los hermanos dominicos: i due teologi si accusarono reciprocamente di eresia; il nostro fu tacciato di pelagianesimo, mentre Bañez fu accusato di aver scritto opere di stampo luterano e calvinista. Solo nel 1607, dopo la morte di entrambi i contendenti, una commissione istituita a Roma dieci anni prima da papa Clemente VIII – la Congregatio de auxiliis – stabilì che nessuno dei due testi era da considerarsi portatore di dottrine eretiche.

Secondo Molina, anche dopo il peccato originale, la natura umana è rimasta immutata: l’uomo, come essere naturale, è assolutamente libero e totalmente indeterminato fra bene e male. Ciò che l’uomo ha perso peccando sono i doni e le virtù sovrannaturali di cui Dio l’aveva dotato, passando così da uno stato di comunione con il trascendente ad uno stato puramente naturale. Quindi, l’uomo può compiere il bene naturale senza bisogno della grazia, ma col solo concorso generale di Dio; per quanto riguarda la salvezza eterna, invece, l’efficacia delle sua azioni dipende ancora dalla grazia divina: nemmeno la fede nella rivelazione, che è il primo passo verso la salvezza, è un atto di pura volontà, ma richiede la vocazione divina della grazia.

Ciononostante, l’efficacia della grazia dipende anche dalla volontà dell’uomo che riceve l’auxilium divino. La cooperazione umana è necessaria affinché la grazia divina sia efficace. Benché con le buone opere in quanto tali non sia possibile esigere o meritare la grazia, chi in vita con le sue forze fa il possibile riceve in ogni caso l’auxilium di Dio. A tal proposito, Piero Martinetti scrive molto chiaramente che «Dio non accieca e non indurisce i cuori, ma non illumina e non salva se non chi vuole essere illuminato e salvato» (La libertà, cap. I; corsivi miei). L’azione della grazia non è un impulso irresistibile che determina necessariamente il volere umano (come accade, ad esempio, per il giansenismo), ma un’illuminazione, un aiuto, un’attrazione che volge “lo sguardo” della volontà verso il bene, lasciandola nello stesso tempo libera di scegliere se compierlo o meno: detto altrimenti, l’efficacia della grazia divina dipende in ultima analisi dalla libera volontà dell’uomo, che ha il potere di decidere se accogliere o non accogliere l’illuminazione di Dio. Secondo Molina, «si dice libero quell’agente che, pur essendo posti tutti i requisiti dell’agire, può agire o non agire»: egli riconosce, dunque, il fatto che per agire occorrano dei moventi, cosicché la libertà non nasce mai, per così dire, da un punto zero; al contrario, devono esservi le cause che producono l’azione senza tuttavia essere determinanti. In tal maniera, l’uomo mantiene la sua facoltà (agostiniana) di far sì che le cause diventino attive e producano un effetto oppure di far sì che rimangano inattive. Ogni azione pertanto ha sempre i suoi moventi, cosicché non sono mai io a causare le mie azioni (ed è questa una concessione al determinismo di Lutero), ma ciononostante sono libero di lasciare che tale causa agisca, il che significa fare una cosa oppure un’altra. Se ne evince che, in siffatta ottica, il libero arbitrio altro non è se non il sospendere alla radice un meccanismo deterministicamente procedente. Per difendere la Provvidenza, poi, senza perciò seppellire la libertà, Molina ricorre ad uno scaltro quanto brillante espediente: il “concorso simultaneo”, per cui ogni evento scaturisce dalla intima cooperazione di ben due cause. La prima corrisponde all’intervento di Dio (che di tutte le cose è autore), la seconda riguarda invece l’azione di un agente creato: pertanto, da un lato Dio è il principio della causalità e, in questo senso, è autore di tutto ciò che avviene, ma, dall’altro lato, quale sia la causa specifica che si attiva in un dato momento, ciò dipende dall’intervento di una creatura. Dunque, per i fatti fisici l’azione della creatura è sempre data da un corpo naturale che non può agire altrimenti da come agisce: così il fuoco riesce a scaldare la pietra perché vi è la causalità generale garantita da Dio e, in aggiunta, la specifica proprietà di bruciare peculiare del fuoco. Nel caso dei fatti morali, poi, da una parte c’è sempre l’influsso di Dio come causa generale, ma, dall’altra, c’è la libera volontà dell’uomo, che può applicare la causalità divina o lasciarla inoperante. Ad esempio, se siamo indotti per passione a compiere un delitto, da un lato c’è la possibilità di essere causa di tal delitto (e ciò deriva da Dio), dall’altro però come causa seconda io posso decidere se rendere operante tale causalità (e compiere il delitto) o renderla inattiva (astenendomi dal compiere il delitto).





3. Il problema della prescienza e della predestinazione



È stato detto che, per farsi un’idea dei contenuti dell’Accordo tra il libero arbitrio e i doni della grazia, tenendo conto della divina prescienza, della provvidenza, della predestinazione e del castigo, sia sufficiente leggere il titolo dell’opera, il quale ben rivela il nocciolo problematico di tutto il sistema teologico del nostro autore. La difficoltà più grande che Molina dovette affrontare – e qui risiede la grandezza della sua opera – fu proprio quella di riuscire a conciliare la sua teoria della grazia e del libero arbitrio con i dogmi della prescienza e dell’onnipotenza di Dio. Se, infatti, con la sua concezione del rapporto grazia-libertà Molina «non si scosta dal semipelagianesimo scolastico […], l’originalità sua sta invece nel tentativo di accordare questa relativa indipendenza della volontà con l’onniscienza e la volontà assoluta di Dio» (P. Martinetti, La libertà, cap. I).

La visione di Molina sembra infatti contrastare con il dogma cristiano secondo il quale Dio, dall’alto della sua onniscienza, possiede una conoscenza assolutamente perfetta ed infallibile delle future azioni umane. Infatti, delle due, l’una: o godo del libero arbitrio, e allora Dio non sa cosa farò domani, in quanto le mie scelte dipendono solamente da me; o Dio conosce tutto ab aeterno, e quindi il sentirmi libero è solo una mia illusione, essendo già ogni cosa preordinata e predeterminata. Tuttavia, secondo il nostro autore, è possibile attribuire a Dio una previsione sicura dei contingenti futuri senza intaccare la libertà umana: esiste infatti in Dio, accanto alla scienza di intelligenza (con la quale egli conosce tutte le possibilità incluse nella sua potenza) e alla scienza di visione (con la quale conosce le sue libere creazioni), una forma di sapere che sta in mezzo a questi due, una scienza media tramite la quale egli conosce cosa faranno gli esseri liberi, senza che questo annulli la loro libertà di fare o di non fare. Una sorta di comprensione profonda (Martinetti la definisce «divinazione misteriosa») delle nature create, grazie alla quale Dio vede chiaramente, pur non basandosi su alcuna connessione necessaria tra antecedenti e conseguenti causali, cosa faranno gli uomini liberi nell’infinita varietà delle circostanze possibili. Per quanto possa sembrare un concetto di difficile comprensione, Molina, in un passo della Concordia, si esprime in modo così esplicito da non lasciare spazio a conflitti interpretativi: «servato integro iure libertatis arbitrii creati, Deus certissime cognoscit futura contingentia». Mutatis mutandis, è un po’ come se, conoscendo a fondo il carattere e la personalità di un nostro caro amico, fossimo in grado di prevedere con certezza le sue azioni di fronte ad ogni situazione possibile: naturalmente, questo tipo di prescienza non necessita le azioni del nostro amico, che rimane assolutamente libero e indeterminato.

È evidente come, con l’introduzione della scientia media, Molina abbia totalmente escluso l’azione necessitante della prescienza divina(nota personale:la prescienza rimane,almeno come ho inteso io lo scritto) e sia in qualche modo riuscito a salvare la cooperazione grazia-libertà. Nel suo sistema, tuttavia, rimangono oscillazioni ed ambiguità non indifferenti. Perché Dio concede la grazia agli uomini pur sapendo che essa non è sufficiente a far guadagnare loro la salvezza?(nota personale:per il libero arbitrio e perché l uomo ha bisogno di piu "cibo variegato" per nutrirsi.) Se, in sostanza, la grazia non funziona senza la buona volontà dell’uomo, si deve concludere che l’uomo “completa” un’azione che Dio da solo non può compiere?(nota personale:Dio puo compiere da solo qualsiasi cosa....quando non lo fa é per rispettare,appunto,il grande dono della nostra scelta,volontá...cioé libero arbitrio) E ancora, possiamo in questa prospettiva parlare di un Dio dotato di un’assoluta onnipotenza?(nota personale:sí,Dio rimane onnipotente...il fatto che a noi sembri che non la usi é sempre perché dobbiamo mettere la nostra volontá,collaborazione.La giustizia di Dio é insondabile...e non é come quella umana dove il potente usa tutte le armi anche ingiuste per portarci ad un obbiettivo.E qui che Dio mostra la sua immensa pazienza,amore e misericordia...trattenendo la sua potenza aspettando che noi umani decidiamo in libero arbitrio.) Non possiamo che rifugiarci ancora una volta nelle conclusioni di Martinetti, che a proposito del nostro autore scrive: «la tendenza fondamentale della sua dottrina è semipelagiana; ma le preoccupazioni dogmatiche lo traggono a cercare una conciliazione forzata con l’agostinismo. In realtà egli non riesce che ad insistere ora sull’uno ora sull’altro dei termini da conciliare: sì che, nonostante le sue evidenti simpatie per la causa della libertà umana, l’uno dei due termini è sempre in realtà, con alterna vicenda, sacrificato all’altro» (La libertà, cap. I)



LiviaGloria
00domenica 29 ottobre 2006 22:02
La storia delle dolorose
traversie dell’individuo
di Titty Rando
Mai refrattario alle emozioni, Fra’ Girolamo Gallucci provò la malinconia
che sa entrare nell’animo, raccontata in un’opera sulla predestinazione

Può l’affetto confondersi con la riconoscenza? Può. Non li distingui, almeno in superficie. E possono convivere. E convivendo li confondi. Ma la riconoscenza è una. L’affetto è altra cosa. Fra’ Girolamo Gallucci, da Dinami, autore de La Divina Predestinazione, non scrisse per riconoscenza. Tanto meno per affetto. Affondò l’inchiostro come fosse arma buona. A proteggersi. Dai pensieri. Che furono solo suoi. Perché non si riesce a contenerli tutti, i pensieri. Dopo un po’ esplodono. Per questo il suo inchiostro fu arma. Sottilissima e affilata. Di cui si servì per scacciarli da sé, i pensieri. E non perderli. Quei pensieri. Che furono parte di lui. La parte senza la quale non sarebbe stato grande. E piccolo. Verso Dio, tra riconoscenza e affetto.
Nacque in Dinami,il frate. E, per un gioco del caso, ereditò forse dall’antico nome del suo paese, di origini bizantine, Dynamos, la forza, interiore, che lo condusse ad essere il primo storico del nuovo ordine dei cappuccini, teologo e agiografo.
Visse in un periodo di nette trasformazioni, a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Un intervallo che vide, nel 1559, con la Pace di Cateau-Cambresis, passare di fatto l’Italia sotto il dominio spagnolo. Risentire, la Chiesa, della Riforma protestante e della esigenza di mutamento che già, a partire dal Medioevo, aveva caratterizzato tutta la storia religiosa, coi movimenti pauperistici e il formarsi di sette ereticali. Sino a giungere alla lacerazione cui diede luogo il monaco agostiniano tedesco Martin Lutero. Il quale riportò l’interesse sul concetto della predestinazione, non accettando che venisse passato, dalla teologia medievale, sotto silenzio, o ricondotto, attraverso una superficiale lettura del discorso di Sant’Agostino sulla Grazia, a semplice idea soggettiva di patto.
Perché Lutero avvertiva davvero una profonda affinità di vedute nei confronti di Sant’Agostino, e pure di San Paolo, legata ad una comunanza su temi come la predestinazione, il peccato radicale e intrascendibile dell’uomo. E la natura totalmente interiore della fede. Anche se, corre l’obbligo dirlo, il suo interessamento a S. Paolo e S. Agostino fu stimolato in gran parte dal fatto che vedesse nei due autori una fonte di chiarimento di alcune sue intuizioni personali in merito alla natura del rapporto Dio-uomo. Nonché un sostegno autorevole alla propria avversione verso alcuni atteggiamenti della tarda Scolastica.

Terribilmente distante la futilità del singolo dalla vita vera
Frà Girolamo, primo priore al Convento di Filogaso, cappuccino in Puglia, Bologna e Mantova, col testo Divina Predestinazione (1565), predeterminò «quietare l’huomo quanto sia possibile circa questa materia».
La predestinazione, appunto. Dottrina antica e attualissima. Sulla quale incessantemente l’uomo si interroga, e secondo la quale, in estrema approssimazione, Dio decide la salvezza eterna o la dannazione di un essere umano prima della sua nascita, e indipendentemente dal suo soggettivo volere il bene morale. Sulla quale poggiano le domande, che vogliono risposte, su come sia possibile che il Signore, Dio buono, decida in anticipo, sulla vita finita, chi sarà degno della infinita e chi no.
E se non sia più giusto pensare, invece, che il Signore offra a tutti le medesime possibilità di salvezza, adottabili, abbracciabili per mezzo del libero arbitrio che rende l’uomo emancipato. Se sia corretto intendere la predestinazione quale preparazione della grazia, e la grazia, a sua volta, effetto della predestinazione. O, ancora, in che misura Dio intenda il tempo. Sfogliando le pagine del testo, ci si accorge che Fra’ Girolamo da cinquecento anni fornisce soluzioni. Sul tempo, sostenendo che per Dio la vita dell’uomo ha la durata di un attimo umano. Sul libero arbitrio, asserendo che Dio si pone nei confronti dell’essere umano in rapporto non Dio-persona, ma persona-persona. Risponde, anche oggi, proprio a tutto, Fra’ Girolamo.
Divise, per fornire queste spiegazioni, all’epoca, la sua cinquecentina in cinque titoli. Inserendosi nel contesto a lui contemporaneo che voleva due posizioni teologiche nette. «Dei gesuiti che parlavano di una predestinazione a salvezza post praevisa merita. E dei domenicani che ponevano la predestinazione a salvezza ante praevisa merita» (Gaetano Currà).
Egli, dopo un Aviso Generale cui lascia la responsabilità di precisare la scelta di una nuova stampa d’epoca dovuta a una antecedente riproduzione pubblicata senza permesso, passa, col Titolo I, alla specificazione del concetto di predestinazione. All’analisi di tutti quegli aspetti che si risolvono, tutti, nella scienza di Dio, perfetta, a dispetto delle azioni dell’uomo, contingenti.
Fornisce, col Titolo II, una rassegna sulle diverse posizioni teologiche della materia, giungendo all’asserzione: Dio predestinò tutti a salvezza. E non si salvano solo quelli che non usano i mezzi di Dio ordinati alla salvezza. Suggerisce, col Titolo III, di confutare «tutte le contrarie» convinzioni per dimostrare la forza della propria. Evidenzia, col Titolo IV, «la risoluzione della vera e pia opinione», che trova via nei condotti di due cardinali cause. La divina volontà. Principale. Le imprese morali, l’esempio dei semplici. Secondaria ma corollario della prima. Chiarisce, col Titolo V, attraverso riferimenti e concezioni “xtologiche”, «si l’huomo può conoscere s’egli è predestinato ò reprobato». Attraverso verifiche. In Cristo, con fede e partecipazione. Nello Spirito Santo, con fervore e generosità, e bramosia di scomparire per presentarsi al Cristo, e umiliazione della Carne. E attraverso la riprova. Che è la vita morale.
Frà Girolamo, di cui si hanno poche notizie biografiche, appare essere così un uomo di personalità. Ché senza immaginazione, con cognizione ci si presenta. In un continuum, autore attualissimo. A distanza di cinquecento anni.
Personaggio che sa quasi d’invenzione. Un po’ come il Soares di Pessoa. Che vive nel libro, che è il suo diario. Che non ha una data di nascita, né una di morte. Che se ne sta dietro i vetri, come il vecchio Flaubert, a spiare la vita. Con le imposte si aprono sul fuori. E sul dentro. Quel dentro che rimanda all’Io e al mondo esterno. Esterno ma fatto di una dinamo dolcissima. E forte. Come risulta essere la visione del cristianesimo adottata da Fra’ Girolamo. «Non religione astratta, costruita su riti, leggi e verità. Ma la casa del Padre. Nella quale ci si riconosce fratelli, si vive d’amore e si annunzia la pace e la gioia che Cristo ci ha portato» (Padre Ferdinando Castelli). Verso Dio, tra riconoscenza e affetto.

Il piccolo capolavoro ritrovato dopo infinite indagini d’archivio
La Divina Predestinazione conobbe tre edizioni. Stampata a Venezia senza il suo consenso, venne attribuita a un padre domenicano. «Il che – per l’autore – non era da far’, essendo io cappuccino». Ristampata a Padova senza le dovute correzioni, fu riedita a Taranto, nel 1566. Corretta e accresciuta. Ma quel che appare di rara singolarità è la storia del suo ritrovamento.
Come spiega Angela Lustrì nella prefazione all’edizione anastatica voluta fortemente dall’Associazione culturale Pro Soreto di Dinami, le uniche tracce del tomo, nello scorrere dei secoli, sono fornite dalla bibliografia de la Bibliotheca Scriptorum Ordinis Minorum Cappuccinorum (1691), di Dionigi da Genova, e dalla menzione che se ne fa del frate nel testo Biblioteca Calabra (1753), di Angelo Zavarrone.
Dal 1961 inizia il ritrovamento veloce, non concordato, e sorprendente delle tre copie esistenti. Nel luglio di quell’anno un libraio parigino offre al professore Rhodes, direttore del British Museum, un’autentica cinquecentina del 1567, edita a Taranto.
Nel 1964 lo studioso francese Arthur Lauria rinviene nella Biblioteca Vaticana una seconda copia della Divina Predestinazione, anch’essa edita a Taranto.
Nel 1665 Rhodes fa sapere di aver rintracciato la seconda edizione, quella di Padova, ma non ancora la prima. Nello stesso anno Carlo D’Alessio scova nella Biblioteca Vaticana la prima edizione, di Venezia.
Ed ecco così «riemerse le tre edizioni dopo cinquecento anni…al di fuori di qualsiasi ricerca…ma è divertente chiedersi se è lecito parlare di caso a proposito di un libro che indaga e conosce la sapienza della divina predestinazione…» (Angela Lustrì).
Felicemente tonica, e di possente muscolatura, un’opera così sapiente meritava la ritrovata luce. E la strada cui forse il destino l’ha preservata. La via che porta alla conoscenza e a quegli angoli inediti dell’interiorità. E all’amore verso un frate cappuccino il cui paese d’origine non scorda. E neppure l’intera Calabria.

Titty Rando

(www.scriptamanent.net, anno III, n. 24, settembre-ottobre 2005)


area7
00domenica 29 ottobre 2006 22:22
DIO..............la spina nel fianco alle falsità
capisco che le religioni istituzionalizzate e ingessate nelle tradizioni provino un pò di risentimento a stò "LIBERO ARBITRIO" . avrebbero preferito che DIO creasse la condizione , il limite... Ma ha dato all'essere un che di più grande di lui e gli ha detto "gestisciti !!! che ti ho dato i mezzi : istinto-intuito-intelligenza" , ti ho fatto a MIA IMMMAGINE e SOMIGLIANZA
LiviaGloria
00domenica 29 ottobre 2006 22:36
Re: DIO..............la spina nel fianco alle falsità

Scritto da: area7 29/10/2006 22.22
capisco che le religioni istituzionalizzate e ingessate nelle tradizioni provino un pò di risentimento a stò "LIBERO ARBITRIO" . avrebbero preferito che DIO creasse la condizione , il limite... Ma ha dato all'essere un che di più grande di lui e gli ha detto "gestisciti !!! che ti ho dato i mezzi : istinto-intuito-intelligenza" , ti ho fatto a MIA IMMMAGINE e SOMIGLIANZA



..no,veramente nelle religioni c é sempre stato dibattito acceso da sempre tra pro libero arbitrio e chi predestinazione...ma non solo nella cattolica...anche musulmana e altre.
E sempre stato un argomento di fuoco. [SM=g27828]

Secondo me una non esclude l altra...ti faccio un esempio non paragonabile alle cose di Dio...ma forse riesco a farmi capire...
Noi,in questa societá ...in un certo senso siamo liberi perché domani fai cosa decidi di fare....ma in uguale tempo...siamo predestinati...
Ogni tanto cosa sento mi sembra cosí semplice...ma quando devo avere riscontro con la scrittura nella realtá delle lettere...capisco che la semplicitá del mio sentire diventa un labirinto nel mondo delle lettere... [SM=g27823]

Comunque se ti interessa l argomento ci sono tanti scritti sia religiosi che non..di qualsiasi cultura...e "tempo"...
area7
00martedì 31 ottobre 2006 19:52
....
non sono da scritti religiosi e detesto chi si veste l'uniforme e si effigia con tanto di gradi di qualsiasi religione . L' uniforme ha a che vedere , con tutto rispetto , col marziale . DIO non è di nessuna religione o politica o corrente filosofica o scritti antichi ; ma li comprende ....E ci ha donato questa "potenza in atto"
LiviaGloria
00martedì 31 ottobre 2006 22:44
Re: ....

Scritto da: area7 31/10/2006 19.52
non sono da scritti religiosi e detesto chi si veste l'uniforme e si effigia con tanto di gradi di qualsiasi religione . L' uniforme ha a che vedere , con tutto rispetto , col marziale . DIO non è di nessuna religione o politica o corrente filosofica o scritti antichi ; ma li comprende ....E ci ha donato questa "potenza in atto"

Piertheoriginal
00sabato 4 novembre 2006 10:26
A proposito....
......di Scientology....sto portando avanti un certo "progettino" [SM=x268930] .....quando saranno maturate alcune cosucce vi farò sapere [SM=g27811] [SM=x268926] !!!
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