Cosa dice la scienza?
Omoerotismo.
Quando si tratta di ragazzi ancora in fase evolutiva è bene fare moltissima attenzione a non confondere quegli atteggiamenti psico-affettivi tipici della fase adolescenziale, che viene chiamata «fase omoerotica», con l'omosessualità. Si tratta, infatti, di una fase dell'età evolutiva che ogni adolescente prima o poi vive. Questa tappa è caratterizzata dalla prima apertura dell'adolescente verso gli altri, ma poiché le persone dell'altro sesso appaiono come «strani esseri», anche se attraenti, egli preferisce aprirsi ai compagni del proprio sesso, per timore di essere rifiutato. E l'età dell'amico/a del cuore del proprio sesso, e talora questa preferenza può tingersi di una connotazione sentimentale, ma è importante non confondere tutto ciò con l'attrazione omosessuale.
L'omofilia.
L'atteggiamento di attrazione verso le persone del proprio sesso limitata al piano dell'affettività(=star bene insieme), viene chiamata «omofilia»,che è cosa diversa dalla omosessualità vera e propria, caratterizzata anche dal comportamento omosessuale.
Omosessualità di situazione: un comportamento omosessuale attuato in circostanze di vita particolari non sempre depone a favore di una vera e propria omosessualità.
L'omosessualità
L’omosessualità è un’inclinazione sessuale verso persone del proprio sesso. Essa non è determinata dal comportamento sessuale: vi sono infatti persone con tendenze omosessuali che vivono in castità ed eterosessuali che hanno esperienze omosessuali.
Essendo un’inclinazione — o tendenza, o preferenza — non è uno «stato», un’«identità» o una «condizione » non costituisce infatti un aspetto essenziale della persona, ma un accidente.
Per questo motivo, correttamente, il Magistero della Chiesa Cattolica insiste sulla locuzione «persone omosessuali», o «persone con tendenze omosessuali» piuttosto che «omosessuali » tout court (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, dell’1-10-1986, n. 16).
L’omosessualità, pur riguardando l’orientamento sessuale, ha le sue origini in un problema dell’«identità di genere» ; ciò non significa che gli uomini con tendenze omosessuali credono di essere delle donne, quanto piuttosto che — per vari motivi — non si sentono abbastanza virili da soddisfare le aspettative della società rispetto agli individui del loro genere. L’omosessualità è dunque il sintomo di una ferita che la persona ha subito nella sua identità di genere.
Non esistendo una natura omosessuale, non si può parlare di «omosessualità latente» (cfr. Irving Bieber e coll., Omosessualità, trad. it., «Il Pensiero Scientifico » Editore, Roma 1977, p. 241); si può invece correttamente affermare che le persone con tendenze omosessuali hanno una eterosessualità latente, che per qualche motivo è impedita od ostacolata.
Il termine «omosessuale» non è sinonimo di gay; infatti, laddove il termine «omosessuale» designa semplicemente la persona con tendenze omosessuali, il termine gay indica un’identità socio-politica, rappresentata da una minoranza — per quanto chiassosa — di persone con tendenze omosessuali, che s’identifica nello stile di vita gay e crede che l’omosessualità sia normale e buona per sé e per la società.
L'omosessuale si percepisce esattamente in accordo al proprio sesso fisico (se maschio si percepisce come maschio, se femmina come femmina) ma non è attratto dal sesso opposto.
L'omosessualità non è una malattia, al massimo può essere inquadrata come patologia dell'identità . Tra gli studiosi vi è un generale accordo nell'affermare che si tratta di un disturbo dell'orientamento sessuale.
Circa le cause dell'omosessualità si sono avanzate diverse ipotesi: è fortemente dubbio che ci sia una sessualizzazione cerebrale anomala nei soggetti omosessuali.
Per la psicanalisi (soprattutto Freud e Caprio), si parla di fissazione e regressione a livello infantile, nella fase edipica, fase in cui si manifestano narcisismo, complesso di castrazione, e attaccamento alla madre.
Alla base di questa ipotesi sta l'idea che nello sviluppo sessuale di ogni individuo vi siano una componente omosessuale e una eterosessuale, dovute al fatto che il bambino è il risultato dell'unione dei due sessi. Da questa teoria della bisessualità Freud e la scuola freudiana dedussero che l'omosessualità è una fissazione a questo primo stadio dello sviluppo sessuale. In realtà, la psicanalisi cerca di affrontare il problema dell'omosessuale partendo non tanto dalla causa per eliminarla quanto affrontando la nevrosi che la tendenza omosessuale scatena nell'individuo e che è dovuta alla repressione che il soggetto attua sulla tendenza stessa.
Vi sono poi teorie psicodinamiche che fanno risalire la causa dell'omosessualità a influenze educative negative (Feldman, Bacon). Secondo questi autori le cause vanno ricercate: nella cattiva relazione che si è strutturata tra il padre e la madre del soggetto, più che in quella che si è instaurata tra la madre e il bambino, ed anche nella difficoltà e nella paura che ha caratterizzato la relazione dell'individuo con l'altro sesso, dovuta non tanto a singoli eventi traumatici quanto ad una situazione di vita costantemente traumatica, che lascia nel bambino ricordi penosi di frustrazione.
Alcune sociologie sostengono che le influenze sociali sarebbero la causa dell'omosessualità e in particolare le iniziazioni omosessuali nell'adolescenza, periodo in cui, come già spiegato in precedenza, siamo di fronte ad una ambivalenza sessuale .
Taluni autori ritengono di dover far risalire la causa dell'omosessualità allo scolorimento della identità di uomo e donna a livello sociale: è un dato di fatto che una società che tende a misconoscere o addirittura ad annullare il concetto di dimorfismo sessuale (cioè di un modo maschile e di uno femminile) rende difficile l'identificazione del soggetto con il proprio sesso e quindi il corretto orientamento eterosessuale. E' frutto delle influenze sociali anche la paura dell'uomo nei confronti della donna, che taluni autori ritengono sia alla base dell'omosessualità maschile, in particolare per l'incapacità di comprendere quale sia il ruolo maschile nella società attuale e di assumerlo.
Si può affermare con ragionevole sicurezza che alla base dell'omosessualità vi è
- o un'educazione sbagliata, che genera «paura dell'altro sesso»,
- o la presenza di un abuso, da parte dell'educatore, dell'autorità di cui dispone, tale da favorire la strutturazione di un «io» molto debole, che non riesce ad orientarsi a dei fini e a quei valori oggettivi che sono alla base del comportamento maturo, e tutto ciò causa il ripiegamento.
- Ma anche l'atteggiamento educativo che spinge ad esaltare una libertà troppo spesso intesa come licenza non permette la maturazione dell'io, in quanto si tratta di una libertà priva del riferimento ai valori assoluti e assoggettata all'edonismo imperante. Ne è indice l'atteggiamento di coloro che sono disposti ad un'esperienza omosessuale «tanto per provare».
Si può affermare che l'omosessuale ha un atteggiamento infantile non solo però nel senso di un blocco a una fase pregenitale, ma più globalmente nel senso di un vuoto interiore: è questo vuoto interiore la causa di tale comportamento che il soggetto poi riempie con ciò che trova, anche l'esperienza omosessuale, in grado di dargli l'illusione di un senso di riempimento dei vuoto.
L'omosessuale appare come un individuo che non ha una chiara identificazione sessuale, ma dietro questa facciata appare una carenza personologica. Egli è un individuo interiormente insicuro (anche se apparentemente aggressivo), ripiegato su se stesso, alla ricerca di qualcosa che lo appaghi, che dia un senso alla sua esistenza.
Secondo alcuni psicoterapeuti se all'omosessuale si offrono del valori esistenziali con cui riempire il vuoto dovuto alla loro mancanza e per i quali valga la pena di lottare contro le proprie tendenze omosessuali, egli può trovare la volontà di intraprendere il cammino verso la «liberazione», per aprirsi ad una affettività eterosessuale.
Omosessualità. Una guida per i genitori
Joseph Nicolosi e Linda Ames Nicolosi, Omosessualità. Una guida per i genitori, con Presentazione di Chiara Atzori, trad. it., Sugarco, Milano 2002, pp. 240, euro 18,40
Il dottor Joseph Nicolosi è uno dei punti di riferimento della terapia riparativa dell’omosessualità; è cofondatore e direttore del NARTH, l’Associazione Nazionale per la Ricerca e la Terapia dell’Omosessualità (www.narth.com), e membro dell’APA, l’Associazione Psicologica Americana. Ha pubblicato diversi studi sul tema dell’omosessualità (cfr. Omosessualità maschile: un nuovo approccio, trad. it., con Presentazione di Chiara Atzori e Postfazione di Livio Fanzaga S.P., Sugarco, Milano 2002 ); esercita la professione presso la Thomas Aquinas Clinic di Encino, in California.
Nicolosi ha scritto con la moglie Linda Ames Omosessualità- Una guida per i genitori per rispondere alle numerose domande di genitori e di educatori circa il comportamento non conforme al proprio genere che un numero sempre maggiore di bambini mostrano; dunque, si tratta di un’opera a quattro mani, nella quale però le parti propriamente cliniche sono del solo dottor Nicolosi, da cui l’alternanza del «noi» e dell’«io» per indicare la paternità delle affermazioni (cfr. p. 18, nota).
L’opera si compone di una Presentazione del medico infettivologo Chiara Atzori (pp. 5-8), di una pagina di Ringraziamenti (p. 9) e di nove capitoli, lungo i quali gli autori accompagnano genitori ed educatori alla comprensione e alla prevenzione dell’omosessualità (pp. 11-220); l’esposizione è corredata da numerosi esempi clinici e dall’apparato critico (pp. 221-234).
Nell’Introduzione (pp. 11-18) gli autori espongono la loro esperienza rispetto al sempre maggior bisogno, da parte di genitori e di educatori, di un’informazione chiara e onesta sull’omosessualità. Questa necessità nasce non solamente dall’incremento del numero dei bambini che presentano il GID, il Gender Identity Disorder, «Disturbo dell’Identità di Genere», ma anche dagli esiti della propaganda gay che, in modo sempre più efficace, sta manipolando l’informazione circa l’omosessualità (cfr. il mio «After the Ball»: un progetto «gay» dopo il baccanale, in Cristianità, anno XXXIII, n. 327, gennaio-febbraio 2005, pp. 7-11).
I coniugi Nicolosi affermano che, al di là delle convinzioni etico-politiche di ognuno, prevenire l’omosessualità è possibile ed è necessario perché espone le persone a una serie di rischi psico-fisici molto seri, nei confronti dei quali gli eterosessuali sono maggiormente tutelati.
Infatti gli omosessuali sono più frequentemente soggetti a depressione maggiore, a disturbo d’ansia generalizzato, a disturbi del comportamento, a dipendenza dalla nicotina, e ad abuso o a dipendenza da altre sostanze (cfr. David M. Fergusson, L. John Horwood e Annette L. Beautrais, Is sexual orientation related to mental health problems and suicidality in young people?, in Archives of general psychiatry, vol. 56, n. 10, Chicago 1-10-1999, pp. 876-880); hanno più frequentemente episodi suicidari (cfr. ibid.; Richard Herrell, Jack Goldberg, William R. True, Visvanathan Ramakrishnan, Michael Lyons, Seth Eisen e Ming T. Tsuang, Sexual orientation and suicidality: a co-twin control study in adult men, in Archives of general psychiatry, vol. 56, n. 10, cit., pp. 867-874; Gerard van den Aardweg, Una strada per il domani. Guida all’(auto) terapia dell’omosessualità, trad. it., Città Nuova, Roma 2004, pp. 62-63; e Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, il Mulino, Bologna 2001, pp. 54-58) e hanno un’aspettativa di vita media decisamente inferiore rispetto a quella degli eterosessuali (cfr. Paul Cameron, The gay nineties, Franklin, Adroit 1993, cit. in G. van den Aardweg, «Matrimonio» omosessuale & affidamento a omosessuali, in Studi Cattolici. Mensile di studi e attualità, anno XLII, n. 449/50, Milano luglio-agosto 1998, pp. 499- 509, [ p. 501]).
Nell’opera è sottolineato un fatto curioso.
L’attivismo gay è riuscito a espungere dai manuali diagnostici l’omosessualità come disturbo,
anche se, a dire il vero, nel Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, versione IV-TR, (trad. it. DSM-IV-TR. Criteri diagnostici, Masson, Milano 2004), il manuale diagnostico dell’APA, American Psychiatric Association, è presente un Disturbo Sessuale Non Altrimenti Specificato, che può essere diagnosticato quando è riscontrabile un «persistente e intenso disagio riguardo all’orientamento sessuale» (cfr. ibid., disturbo F52.9); si tratta, in altri termini, dell’«omosessualità egodistonica» (cfr. DSM-III. Criteri diagnostici, trad. it., Masson, Milano 1983, disturbo 302. 00), ossia quella degli omosessuali che non si riconoscono nell’identità gay.
Tuttavia è singolare che nei manuali diagnostici sia tuttora presente il Disturbo dell’Identità di Genere dei bambini, altamente predittivo di un futuro sviluppo dell’omosessualità: «Nei bambini, l’anomalia si manifesta con uno dei seguenti sintomi: nei maschi, affermazione che il proprio pene o i testicoli li disgustano, o che scompariranno, o affermazione che sarebbe stato meglio non avere il pene, o avversione verso i giochi di baruffa e rifiuto dei tipici giocattoli, giochi, e attività maschili; nelle femmine, rifiuto di urinare in posizione seduta, affermazione di avere o che crescerà loro il pene, o affermazione di non volere che crescano le mammelle o che vengano le mestruazioni, o marcata avversione verso l’abbigliamento femminile tradizionale» (DSM-IV-TR. Criteri diagnostici, cit., disturbo F64.2). Secondo i Nicolosi
«[...] la professione psichiatrica ha creato un’incongruenza di fondo, considerando i disordini dell’identità sessuale una patologia psichiatrica [nel bambino], e il loro esito conclusivo nell’adulto (l’omosessualità) una condizione normale» (p. 186).
Nel capitolo 1, La mascolinità è una conquista (pp. 19-32), gli autori espongono brevemente le cause relazionali dello sviluppo dell’omosessualità riprendendo e approfondendo le tesi dalla teologa ortodossa e psicologa inglese Elizabeth Moberly sull’origine familiare dell’omosessualità, proposte nell’opera Homosexuality: A New Christian Ethic (James Clarke & Co, Cambridge 1983). Secondo i Nicolosi,
le persone omosessuali, anziché sviluppare un soddisfacente attaccamento emotivo nei confronti dei genitori del proprio sesso, sentendosi rifiutate sviluppano invece un «distacco difensivo» (ibid., p. 6) che li protegge da ulteriori frustrazioni.
Le cause di questo mancato attaccamento possono essere le più svariate e coinvolgono tutti gli elementi del sistema familiare; l’esito sarà «un problema di grave mancanza di autostima e di senso di inadeguatezza sessuale» (p. 31). Il mondo maschile rappresenterà sempre un fortissimo richiamo e una minaccia; crescendo, il desiderio affettivo assumerà una connotazione sessuale. Secondo gli autori
«il cuore della condizione omosessuale è l’autoinganno. [...]
È una rivolta contro la realtà, una ribellione contro i limiti insiti nella natura umana» (p. 22).
In questo capitolo gli autori colgono l’occasione per ribadire la differenza fra gay e omosessuali: «[...] il termine gay ha un’accezione politica che implica un enorme bagaglio di questioni ideologiche e [...] il termine scientifico più adatto [per indicare una persona attratta da altri dello stesso sesso] è omosessuale» (p. 20).
Nel capitolo 2, Il bambino preomosessuale (pp. 33-55), i coniugi Nicolosi espongono in modo sintetico ma efficace il delicato tema dell’identità e della natura della persona; cioè mostrano come
la questione relativa alla maggiore o minore naturalità dell’omosessualità non è di competenza della scienza: «Contrariamente a quanto spesso si sente dire, la scienza ha dei limiti intrinseci: essa descrive la realtà, può dirci “ciò che è”, ma non “ciò che dovrebbe essere”» (p. 35).
Gli autori utilizzano un esempio per chiarire il concetto: «Possiamo affermare che l’obesità è la sua [di Jack, il ragazzo dell’esempio] vera natura? Non è più giusto dire che la sua condizione è il frutto di una combinazione di fattori biologici, influenza familiare, influenza sociale esercitata dai suoi coetanei e una personale scelta comportamentale (esattamente come per l’omosessualità)? (p. 36). L’essere umano non è destinato all’obesità; abbiamo il dovere di rispettare le persone affette da questo problema e sostenere la loro battaglia, ma non possiamo affermare che l’obesità è parte integrante della loro identità.» «Questo è lo stesso comportamento da tenere nei confronti degli adolescenti confusi sulla loro identità sessuale» (ibidem).
Secondo l’esperienza del dottor Nicolosi,
i bambini confusi nella loro identità sessuale possono evitare una futura omosessualità se le relazioni nel sistema familiare si modificano in modo da fornire loro un modello maschile positivo al quale essi possano ispirarsi nelle sfide della vita.
Nel capitolo 3, Omosessuali si nasce? (pp. 56-66), gli autori s’impegnano nella confutazione delle teorie secondo le quali l’omosessualità sarebbe una condizione innata. Queste teorie sono propalate dagli attivisti gay nell’intento di convincere l’opinione pubblica che l’omosessualità sarebbe «normale», seguendo un ragionamento di questo genere: se una persona nasce omosessuale nessuno ne ha la responsabilità, e non vi si può fare nulla, anzi! Ogni tentativo di cambiamento sarebbe una violenza alla «vera natura» della persona. Tuttavia questo ragionamento sarebbe fallace anche se l’omosessualità avesse una causa genetica: per esempio, la sindrome di Down è innata, ma nessuno la considera normale.
Le teorie innatiste dell’omosessualità si basano principalmente su due esperimenti.
Il primo è quello condotto nel 1991 dal biologo statunitense Simon Le Vay — omosessuale e attivista gay —, il quale sezionò alcuni cadaveri fra i quali quelli di uomini presumibilmente omosessuali. Le Vay scoprì che il terzo nucleo interstiziale dell’ipotalamo — chiamato INAH-3 — aveva dimensioni simili nelle donne e negli omosessuali, mentre mostrava dimensioni maggiori nel caso degli uomini dei quali non era disponibile alcuna informazione sull’orientamento sessuale. Sostanzialmente, questo ricercatore ha confrontato l’ipotalamo di omosessuali con quello di uomini dall’orientamento sessuale sconosciuto. Oltre a ciò va considerata la plasticità del cervello; non è possibile cioè escludere che un comportamento omosessuale abbia un’influenza sulle parti dell’encefalo. Oltre a tutto questo, fu lo stesso Le Vay a dichiarare: «Bisogna considerare ciò che non sono riuscito a dimostrare. Non ho provato che l’omosessualità è genetica, né ho trovato una causa genetica dell’omosessualità. Non ho dimostrato che omosessuali si nasce» (p. 57).
Il secondo esperimento è quello pubblicato nello stesso anno da J. Michael Bailey e Richard Pillard (cfr. A genetic study of male sexual orientation, in Archives of general psychiatry, vol. 48, n. 12, Chicago 1-12-1991, pp. 1089-1096). Questo studio, che secondo gli attivisti gay avrebbe dimostrato l’origine genetica dell’omosessualità, in realtà dimostra l’esatto contrario. I due scienziati presero in esame coppie di fratelli nelle quali almeno uno dei due aveva un orientamento omosessuale. I gemelli omozigoti — che condividono l’identico patrimonio genetico — erano entrambi omosessuali nel 52% dei casi; è una percentuale tutt’altro che trascurabile, ma se l’omosessualità avesse un’origine genetica la percentuale avrebbe dovuto essere il 100%. Ma le sorprese non sono finite: i gemelli non identici erano entrambi omosessuali nel 22% dei casi, mentre i fratelli non gemelli lo erano nel 9.2% dei casi. Curiosamente, nel caso dei fratelli adottivi — che non condividono nulla del patrimonio genetico — la percentuale era del 10.5%, cioè superiore a quella dei gemelli biologici.
Nel capitolo 4, Il ruolo della famiglia (pp. 67-97), gli autori indagano sui ruoli e sulle dinamiche familiari connesse con lo sviluppo dell’omosessualità. Emerge con evidenza come
il fattore scatenante l’omosessualità non sia solamente un padre di un certo tipo, ma la relazione fra il padre e il figlio; e quale influenza abbia la madre su questa relazione, e quale relazione quest’ultima intrattenga con il marito e il figlio.
Pare quindi importante considerare la famiglia come un «sistema», e non solamente come la somma d’individui; è questo una conferma e un superamento della «relazione triadica classica» (p. 74) individuata dallo psichiatra e psicoanalista statunitense Irving Bieber (1908-1991, basata su caratteristiche individuali dei membri della famiglia: «Siamo portati a pensare che la triade caratterizzata da un’intimità vischiosa materna e dal distacco-ostilità paterno sia il modello “classico” più favorevole alla promozione dell’omosessualità o di gravi problemi omosessuali nel figlio» (I. Bieber e Collaboratori, Omosessualità, «Il Pensiero Scientifico» Editore, Roma 1977, p. 153). In questo capitolo, i coniugi Nicolosi forniscono alcune utili indicazioni per i genitori alle prese con questo problema.
Nel capitolo 5, Amici e sentimenti (pp. 98-118), gli autori affrontano il delicato tema dei rapporti dei bambini affetti da GID (= Gender Indentity Disturb , Disturbo dell’Identità di Genere n.d.r.) con i coetanei dello stesso sesso. I bambini affetti da GID, infatti, tendono a isolarsi e a mantenere comportamenti solitari; eventualmente giocano e frequentano preferibilmente amici del sesso opposto, ma difficilmente hanno amici dello stesso sesso. Questo atteggiamento, secondo i coniugi Nicolosi, è la conseguenza dell’opinione — formatasi in famiglia — che questi bambini hanno di sé: «[...] il bambino prova un profondo disagio in compagnia di altri uomini e non si sente all’altezza del mondo maschile» (p. 31); secondo lo psicoterapeuta olandese Gerard van den Aardweg, inoltre, i rapporti con i coetanei dello stesso sesso sarebbero ancora più determinanti delle relazioni familiari nel produrre un senso d’inferiorità in riferimento al proprio genere (cfr. G. van den Aardweg, Omosessualità e speranza, trad. it., Ares, Milano 1995; e Idem, Una strada per il domani, cit.). Inoltre, nello stesso capitolo,
gli autori mettono in guardia i genitori da associazioni che propagandano lo stile di vita gay sfruttando il momento di difficoltà dei genitori, e sottolineano l’importanza dell’attività sportiva per il superamento delle difficoltà di genere elencando gli sport che a loro parere possono aiutare a sviluppare un sano potenziale eterosessuale.
Nel capitolo 6, Verso l’adolescenza (pp. 119-155), i coniugi Nicolosi affrontano una fase importante dello sviluppo della persona, in particolare di quella che ha difficoltà con la propria identità di genere. Questo periodo è particolarmente delicato perché le pulsioni affettive cominciano a erotizzarsi — e quindi comincia per il ragazzo o per la ragazza il rischio di intraprendere comportamenti pericolosi — e perché gli adolescenti sono particolarmente sensibili al bombardamento mediatico, e
la strategia gay prevede un massiccio uso dei mass media per «[...] diffondere la convinzione che l’omosessualità debba essere considerata una condizione normale» (p. 179).
I coniugi Nicolosi, infatti, sottolineano come nel caso di diversi adolescenti da loro incontratil’essere omosessuale o meno sia una questione di moda, e il parteggiare per il movimento omosessualista sia vissuto come una lotta per i diritti civili. Gli autori, ricorrendo a ricerche e alla letteratura scientifica, dimostrano come gli adolescenti con problemi di omosessualità siano particolarmente esposti a problemi psichiatrici o a comportamenti antisociali e autodistruttivi, come tentativi di suicidio, fughe da casa, tossicodipendenza, alcolismo e prostituzione; infatti, per molti omosessuali, l’adolescenza è il momento dei primi contatti con il mondo gay. Vista la criticità dell’età adolescenziale, per i ragazzi che hanno problemi d’identità di genere,
gli autori mettono in guardia i genitori nei confronti di programmi educativi scolastici miranti a presentare l’omosessualità come «normale» e la critica nei confronti dell’omosessualità e del mondo gay come «omofobia». Questi programmi esistono anche in Italia: sono condotti dall’AGEDO, l’Associazione di Genitori, Parenti e Amici di Omosessuali (
www.agedo.org/index_i.html) e sono finanziati con fondi pubblici.
Questo capitolo è anche l’occasione per ricordare i legami fra lo sviluppo dell’omosessualità e abusi subiti in età infantile o adolescenziale.
I coniugi Nicolosi dedicano il capitolo 7, Da maschiaccio a lesbica (pp. 156-175), a un tema spesso dimenticato nei dibattiti e sui mass media, ossia quello dell’omosessualità femminile, cioè del lesbismo. Il dottor Nicolosi afferma:
«Credo che alle origini del lesbismo vi sia il rifiuto inconscio della propria identità femminile. Solitamente, le donne che diventano lesbiche decidono a livello inconscio che essere femmine è rischioso o indesiderabile. A volte perché hanno subito le molestie sessuali di un uomo, oppure (e questo è il caso più frequente) perché si confrontano con una figura materna ai loro occhi debole o negativa» (p. 157).
Anche in questo caso vengono analizzate le dinamiche familiari, ma non vengono taciute le responsabilità del femminismo, responsabile di diffondere un rifiuto della «ricettività» (p. 160) definita «l’anima della femminilità» (p. 160).
Nel capitolo 8, La politica della cura (pp. 176-191), gli autori affrontano il tema delle politiche culturali dell’omosessualità e il loro ruolo nella confusione sessuale dei giovani. Questo tema riguarda forse l’ostacolo maggiore che i genitori incontrano nel loro cammino di comprensione e di riparazione delle ferite dell’identità sessuale dei propri figli. Lo strumento più potente di queste politiche culturali è la scienza;
Nicolosi ribadisce che la scienza non può stabilire cosa è normale e cosa non lo è, ma deve limitarsi a descrivere il fenomeno: «I dati scientifici forniscono una descrizione del mondo e mettono a disposizione di tutti dei fatti utili alla comprensione della realtà in cui viviamo, ma l’essenza umana, l’identità più profonda dell’uomo, è una questione che compete alla filosofia e alla religione.
La scienza può svolgere solo una funzione descrittiva, la filosofia e la teologia forniscono una prospettiva più ampia al di là del mondo materiale, ossia un’immagine della pienezza umana» (p. 178).
Purtroppo — sostiene Nicolosi —, il mondo della scienza è dominato da correnti ideologiche assolutamente favorevoli all’omosessualismo (cfr. R. Marchesini [a cura di], La terapia riparativa dell’omosessualità. Colloquio con Gerard J. M. van den Aardweg, in Studi Cattolici. Mensile di studi e attualità, anno XLIX, n. 535, Milano settembre 2005, pp. 616-622). Un esempio chiarissimo di questa contaminazione, che talvolta si trasforma in una vera manipolazione, è data dal celebre «10%», che corrisponderebbe alla percentuale di omosessuali presenti nella società secondo gli studi dell’entomologo statunitense Alfred Kinsey (1894-1956); questo dato, propalato dagli attivisti gay, non è mai stato confermato da nessun’altra ricerca, ed è frutto di una pesante manipolazione (cfr. Judith A. Reisman ed Edward W. Eichel, Kinsey, sex and fraud. The indoctrination of a people, Lafayette, Huntington 1990).
Nel capitolo 9, Il processo terapeutico (pp. 192-220), gli autori descrivono e trascrivono alcune sedute terapeutiche con i genitori di bambini sessualmente confusi, ma anche quelli di adolescenti alle prese con nuovi impulsi omosessuali, e contiene consigli educativi per i genitori per accompagnare i loro figli alla scoperta del loro potenziale eterosessuale. Merita la trascrizione di un brano presente nell’ultima pagina di questo capitolo: «È nostra convinzione che l’umanità debba vivere in conformità con l’ordine naturale, al fine di realizzarsi pienamente. Noi crediamo che la complementarietà sessuale e l’eterosessualità siano il fondamento di quest’ordine naturale. Tutte le volte che neghiamo l’importanza delle differenze sessuali, non rispettiamo l’integrità della condizione umana» (p. 220).
Per quanto riguarda l’omosessualità, l’opera dei coniugi Nicolosi appare decisamente apprezzabile perché risponde all’invocazione sempre più pressante di genitori e di educatori preoccupati per i comportamenti dei bambini loro affidati; oltre a questo, è ricco di osservazioni e d’informazioni in maniera tale da poter essere lo strumento per un primo approccio al tema dell’omosessualità per chiunque.
Eppure il testo si rivela, a una lettura approfondita, collocato sullo sfondo del più grande tema della lotta spirituale che la nostra natura decaduta deve affrontare ogni giorno per reagire alle ferite che ognuno di noi si porta dentro e liberare così il nostro pieno potenziale umano:
«È sempre un grave errore credere che in un dato momento della vita le nostre lotte interiori siano “concluse”; in realtà, come esseri umani siamo estremamente vulnerabili, sia che la nostra lotta riguardi l’omosessualità che l’alcolismo, la tossicodipendenza, la golosità o persino l’orgoglio» (p. 152).
Roberto Marchesini
Cristianità, 330-331 (2005)
LA QUESTIONE OMOSESSUALE NELLA BIBBIA
di Gianfranco Ravasi (da: Famiglia Cristiana)
Non tutti testi della Bibbia che toccano questo e altri problemi sono da assumere letteralmente; bisogna interpretarli alla luce dell'insieme della Rivelazione e della Tradizione per individuare il filo costante del messaggio biblico. Così, alcuni passi considerati classici sul tema della omosessualità sono da usare con riserva perché l'autore sacro ha di mira prima di tutto la condanna di un altro peccato.
L'episodio di Lot
Il l testo che ha dato il nome tradizionale alla «sodomia', cioè il capitolo 19 della Genesi, ove alcuni abitanti di Sodoma chiedono a Lot di consegnare loro gli ospiti "angeli" «perché possiamo abusarne»: l'orrore dell'autore sacro e la sua condanna riguardano la violazione della legge sacra dell'ospitalità (qualcosa dì simile si ha in Giudici 19). Non è escluso anche un riferimento polemico contro l'idolatria cananea che, nei suoi culti della fertilità, conosceva l'omosessualità (leggi Deuteronomio 23,18-19, ove sono di scena i «prostituti sacri» -uomini che si prestavano a riti religiosi a sfondo omosessuale-che vengono definiti spregiativamente «cani»).
Tuttavia esiste un filo da inseguire all'intemo della Bibbia in cui il discorso si fa più diretto ed esplicito.
(Levitico 18,22; 20,13)
Nel libro del Levitico si leggono moniti indiscutibili: «Non avrai relazioni con un maschio come si hanno con una donna: è un abominio... Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte» . La pena di morte nell'antico Israele aveva anche un valore teologico oltre che giuridico. era in pratica la sanzione della «scomunica» dalla comunità santa.
A questa prospettiva è da rimandare anche un testo paolino.
(Romani 7,24-32)
In una lista di vizi che escludono dal Regno di Dio, l'Apostolo introduce due classi di persone: i malakoi, letteralmente «i teneri, i dolci», cioè gli effeminatì, il partner omosessuale passivo,
(1Corinzi 6,9-10)
e gli arsenokoitai, vocabolo ignoto, in greco classico ma etimologicamente chiaro, indicante gli omosessuali attivi . A questa linea si può riportare anche la lista di vizi contrari al Vangelo citati in
( Matteo 1,10)
appaiono la fornicazione in senso lato, gli arsenokoitai già citati e gli andrapodistai, cioè i sequestratori di ragazzi per pederastia.
(Sapienza 13-15)
Un'altra coppia di testi merita una particolare attenzione. Nel trattatello di sull'idolatrial'autore, probabilmente un giudeo d'Alessandria d'Egitto che scrive nel 30 a.C., elenca un alfabeto di 22 vizi. Si tratta dì un elenco costruito partendo
2a lettera t, l'ultima dell'alfabeto ebraico , per giungere alla a, la prima, così da indicare simbolicamente le perversioni dell'ordine morale. In questa lista si parla anche della «inversione della generazione».
Idolatria e vizio
Non è chiaro a che cosa afluda il sapiente: per alcuni sarebbe in causa l'omosessualità, per altri ogni frustrazione della furizione generatrice. Sitíficativa resta, comunque, la connessione tra idolatria e vizio sessuale. Dalla decadenza religiosa nasce la perversione morale. Ora, la stessa tesi è ribadita da Paolo nel suo famoso ritratto della miseria morale e religiosa dei mondo pagano presente in
( Romani 1,26-27)
Qui, però, è nettamente in questione l'omosessualità: «Le donne hanno cambiato i rapporti naturali in, rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini». Anche qui la degenerazione sessuale è vista come conseguenza della deviazione religiosa. La perdita del senso di Dio fa precipitare nel gorgo del vizio da cui ci può liberare solo la grazia salvatrice.
Certo, dobbiamo riconoscere che la Bibbia non considera le implicazioni psicologiche e il groviglio antropologico dell'omosessuale. Il suo giudizio è squisitamente teologico e si àncora - come sempre quando si affronta la questione morale rivelata - alle radici fondamentali della morale dell'alleanza: la relazione col progetto di Dio sull'essere umano creato da Dio «maschio e femmina» (Genesi 1,27).
La tradizione cristiana
E' in questa traiettoria che si pone l'antica tradizione cristiana a partire dalla Didaché, che ammonisce a «non commettere adulterio e ad evitare pederastia e fornicazione», e da san Policarpo (II sec.) che nella sua lettera ai Filìppesi cita 1Corinzi 6,9-10. L'appello, comunque, non si affida a motivazioni filosofiche o di morale naturale (inversione o perversione), ma si basa su ragioni squisitamente religiose e si modella sulle esigenze del Regno di Dio. Tra l'altro non bisogna dímenticare che Paolo, tra i frutti dello Spirito ricevuti dal cristiano nel battesimo, pone anche «íl dominio di sé» (Galati 5,23) e il «non soddisfare i desideri della carne» (Romani 6).
Un'annotazione marginale.
Nel 1978 veniva pubblicato a Filadelfia un libro: Jonathan loved David. Homosexuality in Biblical times («'Gionata amò Davide. L'omosessualità in epoca biblica»), scritto dall'americano Toni Homer. In esso si sosteneva che l'amicizia tra Gionata e Davide era di tipo omosessuale (2Samuele 1,26) «La tua amicizia era per me preziosa più che amore di donna»). Il libro, però, è stato demolito da un coro di critiche. Soprattutto si riuscì a dimostrare inequivocabilmente che il verbo usato per indicare questa relazione (ahab) ha in realtà un significato di tipo politico: esprimerebbe piuttosto una coalizione tra il membro di un clan dinastico al potere (Gionata) e un aspirante perseguitato ma con un suo seguito popolare (Davide).
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Orientamenti educativi sull'amore umano
(a cura della Congregazione per l'Educazione Cattolica Significato della sessualità )
4. La sessualità è una componente fondamentale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l'amore umano. Perciò essa è parte integrante dello sviluppo della personalità e del suo processo educativo: "Dal sesso, infatti, la persona umana deriva le caratteristiche che, sul piano biologico, psicologico e spirituale, la fanno uomo o donna, condizionando così grandemente l'iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella società". La sessualità caratterizza l'uomo e la donna non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico e spirituale, improntando ogni loro espressione. Tale diversità, connessa alla complementarietà dei due sessi, risponde compiutamente al disegno di Dio secondo la vocazione a cui ciascuno è chiamato.
5. La genitalità, orientata alla procreazione, è l'espressione massima, sul piano fisico, della comunione d'amore dei coniugi. Avulsa da questo contesto di reciproco dono - realtà che il cristiano vive sostenuto e arricchito in modo particolare dalla grazia di Dio - essa perde il suo significato, cede all'egoismo del singolo ed è un disordine morale.
6. La sessualità, orientata, elevata e integrata dall'amore, acquista vera qualità umana. Nel quadro dello sviluppo biologico e psichico, essa cresce armonicamente e si realizza in senso pieno solo con la conquista della maturità affettiva, che si manifesta nell'amore disinteressato e nella totale donazione di sé.
Alcuni principi fondamentali
21. Ogni educazione si ispira a una specifica concezione dell'uomo. L'educazione cristiana tende a favorire la realizzazione dell'uomo attraverso lo sviluppo di tutto il suo essere, spirito incarnato, e dei doni di natura e di grazia di cui è arricchito da Dio. L'educazione cristiana è radicata nella fede che "tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo". Concezione cristiana della sessualità La corporeità
22. Nella visione cristiana dell'uomo, si riconosce al corpo una particolare funzione, perché esso contribuisce a rivelare il senso della vita e della vocazione umana. La corporeità è, infatti, il modo specifico di esistere e di operare proprio dello spirito umano. Questo significato è anzitutto di natura antropologica: "il corpo rivela l'uomo", "esprime la persona" ed è perciò il primo messaggio di Dio all'uomo stesso, quasi una specie di "primordiale sacramento, inteso quale segno che trasmette efficacemente nel mondo visibile il mistero invisibile nascosto in Dio dall'eternità".
23. C'è un secondo significato di natura teologale: il corpo contribuisce a rivelare Dio e il suo amore creatore, in quanto manifesta la creaturalità dell'uomo, la sua dipendenza da un dono fondamentale, che è dono d'amore. "Questo è il corpo: testimone dell'amore come di un dono fondamentale, quindi testimone dell'amore come sorgente da cui è nato questo stesso donare".
24. Il corpo, in quanto sessuato, esprime la vocazione dell'uomo alla reciprocità, cioè all'amore e al mutuo dono di sé. Il corpo, infine, richiama l'uomo e la donna alla loro costitutiva vocazione alla fecondità, come a uno dei significati fondamentali del loro essere sessuato. La distinzione sessuale
25. La distinzione sessuale, che appare come una determinazione dell'essere umano, è diversità, ma nella parità di natura e di dignità. La persona umana, per sua intima natura, esige una relazione di alterità, implicante una reciprocità di amore. I sessi sono complementari: simili e dissimili nello stesso tempo; non identici, uguali però nella dignità della persona; sono pari per intendersi, diversi per completarsi reciprocamente.
26. L'uomo e la donna costituiscono due modi di realizzare, da parte della creatura umana, una determinata partecipazione dell'Essere divino: sono creati ad "immagine e somiglianza di Dio" e attuano compiutamente tale vocazione non solo come persone singole, ma anche come coppia, quale comunità di amore. Orientati all'unione e alla fecondità, l'uomo e la donna sposata partecipano dell'amore creatore di Dio, vivendo la comunione con lui attraverso l'altro. Degenerazione
27. La presenza del peccato, che oscura l'innocenza originaria, rende meno facile all'uomo la percezione di questi messaggi: la loro decifrazione è diventata cosi un compito etico, oggetto di un difficile impegno, affidato all'uomo: "L'uomo e la donna dopo il peccato originale perderanno la grazia dell'innocenza originaria. La scoperta del significato sponsale del corpo cesserà di essere per loro una semplice realtà della rivelazione e della grazia. Tuttavia, tale significato resterà come impegno dato all'uomo dall'ethos del dono, inscritto nel profondo del cuore umano, quasi lontana eco dell'innocenza originaria". Di fronte a questa capacità del corpo di essere nello stesso tempo segno e strumento di vocazione etica, si può scoprire un'analogia tra il corpo stesso e l'economia sacramentale, che è la via concreta attraverso la quale giunge all'uomo la grazia e la salvezza.
28. Poiché l'uomo "storico" è inclinato a ridurre la sessualità alla sola esperienza genitale, si spiegano le reazioni tendenti a svalutare il sesso, come se per sua natura fosse indegno dell'uomo. I presenti orientamenti intendono opporsi a tale svalutazione. Nel mistero di Cristo
29. "Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" e l'esistenza umana acquista il suo pieno significato nella vocazione alla vita divina. Solo seguendo il Cristo, l'uomo risponde a questa vocazione e diventa così pienamente uomo, crescendo fino a raggiungere "lo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo".
30. Alla luce del mistero di Cristo, la sessualità ci appare come una vocazione a realizzare l'amore che lo Spirito Santo infonde nel cuore dei redenti. Gesù Cristo ha sublimato tale vocazione col sacramento del matrimonio. Verginità
31. Gesù ha indicato, inoltre, con l'esempio e la parola, la vocazione alla verginità per il regno dei cieli. La verginità è vocazione all'amore: rende il cuore più libero di amare Dio. Libero dai doveri dell'amore coniugale, il cuore vergine può sentirsi, pertanto, più disponibile all'amore gratuito dei fratelli. La verginità per il regno dei cieli, di conseguenza, meglio esprime la donazione del Cristo al Padre per i fratelli e prefigura con maggiore esattezza la realtà della vita eterna, tutta sostanziata di carità. La verginità, certo, implica la rinuncia alla forma di amore tipica del matrimonio, ma la rinuncia è compiuta allo scopo di assumere più in profondità il dinamismo, insito nella sessualità, di apertura oblativa agli altri e di potenziarlo e trasfigurarlo mediante la presenza dello Spirito, il quale insegna ad amare il Padre e i fratelli come il Signore Gesù. Sintesi
32. In sintesi, la sessualità è chiamata ad esprimere valori diversi a cui corrispondono esigenze morali specifiche. Orientata verso il dialogo interpersonale, contribuisce alla maturazione integrale dell'uomo, aprendolo al dono di sé nell'amore. Legata, inoltre, nell'ordine della creazione, alla fecondità e alla trasmissione della vita, è chiamata ad essere fedele anche in questa sua interna finalità. Amore e fecondità sono comunque significati e valori della sessualità, che si includono e richiamano a vicenda e non possono quindi essere considerati né alternativi né opposti.
33. La vita affettiva, propria di ciascun sesso, si esprime in modo caratteristico nei diversi stati di vita: l'unione dei coniugi, il celibato consacrato scelto per il regno, la condizione del cristiano che non ha raggiunto il momento dell'impegno matrimoniale o perché rimane tuttora celibe, o perché ha scelto di conservarsi tale. In tutti i casi questa vita affettiva deve essere accolta e integrata nella persona umana.
Omosessualità e verità del Vangelo: verso una efficace cura pastorale
di Robert A. Gahl, Jr., Pontificia Università della Santa Croce
1. Amore umano e sessualità
"Non è bene che l'uomo sia solo" (Gn 2, 18). Con queste parole il libro della Genesi introduce la creazione di Eva, la prima donna. Il racconto ispirato della creazione spiega l'origine della differenza fra uomo e donna indicando che gli esseri umani, creati ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1, 26), sono chiamati ad una comunione d'amore.
Secondo il racconto della Genesi, la complementarità fra uomo e donna, un riflesso dell'"interiore unità del Creatore", è orientata a questa comunione (1).
Sin dalla creazione dei nostri progenitori, le relazioni sessuali hanno sempre avuto il significato di essere una fondamentale espressione dell'amore umano al servizio della fecondità nella famiglia e dell'unità fra marito e moglie. La Chiesa pertanto "celebra nel sacramento del matrimonio il disegno divino dell'unione amorosa e donatrice di vita dell'uomo e della donna" (2).
Di conseguenza, in concordanza con la legge naturale, la Chiesa insegna che ogni uso della facoltà sessuale al di fuori della relazione coniugale è immorale e quindi può solo condurre alla frustrazione ed alla separazione piena di rimorso dal Creatore Divino.
2. Omosessualità: definizione e valutazione
Quando Adamo ed Eva abusarono della loro libertà disobbedendo a Dio, essi commisero il peccato originale che ferì la natura umana. Gli effetti del peccato originale sono sperimentati da ciascuno di noi. Il peccato oscura la somiglianza dell'uomo con Dio, offusca la nostra percezione del significato sponsale del corpo umano, e rende difficile il permanente e non egoistico amore fra marito e moglie (3).
A motivo del peccato originale, la natura umana è ferita nelle sue proprie forze naturali ed è inclinata al peccato (4). L'omosessualità è una delle molte manifestazioni del disordine nelle inclinazioni umane introdotto dal peccato originale. L'omosessualità è la condizione di coloro "che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso" (5).
Come ogni altro disordine introdotto dalle conseguenze di tale peccato nella natura umana, l'esperienza delle inclinazioni omosessuali è una provocazione al combattimento spirituale (6).
La Chiesa distingue fra tendenze e attuazione di queste tendenze.
La Chiesa pertanto distingue anche fra persone che sperimentano tentazioni omosessuali e atti omosessuali. Uomini e donne che sperimentano inclinazioni sessuali orientate predominantemente verso membri dello stesso sesso sono considerate persone omosessuali. Gli atti sessuali volontari, od ogni forma di contatto sensuale per una gratificazione sessuale, fra persone dello stesso sesso è considerata attività omosessuale.
Mentre il peccato originale è la causa remota dall'omosessualità, la causa prossima sembra essere una combinazione di vari fenomeni non totalmente spiegati dalla scienza. Dal momento che contraddicono il piano del Creatore, gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati. Chiunque acconsenta liberamente ad una pratica omosessuale è personalmente colpevole di peccato grave (7).
L'attività omosessuale annulla il ricco simbolismo, significato e fine presente nel disegno del Creatore. Nella sua intrinseca sterilità esso contraddice la vocazione ad una vita di auto-donazione nell'amore espressa dall'unione complementare coniugale fra uomo e donna (8).
L'attività omosessuale manca della finalità essenziale indispensabile per la bontà morale degli atti sessuali. La Sacra Scrittura condanna l'attività omosessuale come una seria depravazione e addirittura "come la triste conseguenza del rifiuto di Dio" (9) (cfr Rm 1, 24-27).
La Chiesa aiuta le persone omosessuali a lottare coraggiosamente contro inclinazioni disordinate e a conformarsi allo splendore della verità che si trova in Gesù Cristo (cfr Gv 14, 6).
"Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l'omosessualità, la Chiesa... difende la libertà e la dignità della persona" (10). L'armonia sociale dipende, in parte, dalla realizzazione corretta del mutuo sostegno e complementarità fra i due sessi, motivo per cui la Chiesa non può appoggiare una legislazione civile che protegga "un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto" (11).
Mentre si oppone ai rapporti omosessuali, la Chiesa anche difende le persone omosessuali da quelle forme di discriminazione che sono ingiuste (12) e cerca di aiutarle a trovare gioia e pace nel vivere la virtù della castità. Coloro che soffrono per inclinazioni omosessuali non sono necessariamente responsabili della loro condizione. Nessuno dovrebbe giudicare tali persone come inferiori.
La lunga esperienza della Chiesa dimostra che con l'aiuto della grazia di Gesù Cristo, la recezione frequente dei sacramenti della Riconciliazione e della Santa Eucaristia, l'impegno ascetico, e - in taluni casi - una terapia medica, essi possono evitare il peccato e fare progressi nel cammino verso la santità. Tutti devono lottare per compiere ciò che è giusto, ed è solo con la grazia di Dio e con un grande sforzo che uomini e donne riescono a realizzare la loro propria perfezione interiore.
La Chiesa riconosce l'eguale dignità di tutte le persone ed offre un'accoglienza materna a coloro che sperimentano inclinazioni omosessuali. Allo stesso tempo la Chiesa condanna in modo assoluto ogni malizia in parole o azioni nei confronti di persone omosessuali ed insegna che tale comportamento mette in pericolo i principi più fondamentali di una sana società. Di conseguenza la Chiesa insegna che la legge umana dovrebbe promuovere il rispetto per la dignità intrinseca di ogni persona (13).
3. Orientamenti per una pastorale delle persone omosessuali
Nella sua azione pastorale la Chiesa apre le sue braccia a tutti gli uomini e a tutte le donne. "La Chiesa è il luogo in cui l'umanità deve ritrovare l'unità e la salvezza" (14).
"Ogni salvezza viene da Cristo-Capo per mezzo della Chiesa che è il suo Corpo" (15).
Con iniziativa creativa motivata dalla carità, e senza alcun timore, il fedele cristiano esprime il paterno amore di Dio per tutti andando alla ricerca di ciascuno e venendo incontro al suo desiderio di salvezza. Convinta che la perfezione salvifica della libertà umana può essere trovata solo nella verità di Gesù Cristo, la Chiesa deve sempre proclamare coraggiosamente la morale cristiana, anche quando incontra opposizione o, in casi estremi, persecuzione e martirio (16).
Pertanto, ogni impegno pastorale o apostolato a favore delle persone omosessuali dovrebbe adempiere alle seguenti condizioni:
1) Il rispetto per l'eguale dignità delle persone omosessuali esige di riconoscere che le azioni peccaminose, come gli atti omosessuali, ledono la dignità umana. I ministri della Chiesa perciò devono vigilare perché nessuna persona omosessuale loro affidata sia fuorviata dalla diffusa opinione erronea che l'attività omosessuale è una inevitabile conseguenza della condizione omosessuale (17).
2) Per essere efficace, autentica e fedele, ogni cura pastorale di persone omosessuali deve far conoscere la grave peccaminosità del comportamento omosessuale. Senza respingere nessuna persona di buona volontà, la pastorale per i fedeli omosessuali deve comunicare, quanto prima possibile, le esigenti ma attraenti condizioni della verità morale. Dal momento che alcune persone possono sentirsi respinte dalla Chiesa, la cura pastorale delle persone omosessuali raggiunge i maggiori risultati quando le aiuta a riconoscere che la Chiesa le accetta come persone, mentre le aiuta a comprendere l'insegnamento della Chiesa.
3) Con il loro sforzo di vivere secondo il Vangelo, le persone omosessuali raggiungono la pace e il dominio delle loro tendenze disordinate. Essi sono incoraggiati ad imparare che con l'amore di Cristo, "possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana" (18).
Ogni attività pastorale con le persone omosessuali dovrebbe pertanto privilegiare l'impegno ascetico personale, la generosa accettazione della volontà di Dio, il riconoscimento di essere un figlio di Dio, e l'unione delle proprie sofferenze e difficoltà al sacrificio della croce del Signore (19).
Con una comprensione ricca di compassione la cura pastorale della Chiesa dovrebbe incoraggiare il fedele omosessuale a sperare nella potenza della risurrezione del Signore, con la fiducia che lo Spirito Santo produrrà in loro "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé" (Gal 5, 22). Così come San Paolo scrive ai Galati, "ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri" (Gal 5, 24). Le persone omosessuali pertanto dovrebbero far uso dei mezzi sperimentati per crescere nella virtù della castità, fra cui la frequente recezione dei sacramenti della Penitenza e della Santa Comunione.
4) L'autenticità della pubblica proclamazione del Vangelo da parte della Chiesa deve essere garantita dall'assicurazione che tutti coloro che sono impegnati nella pastorale delle persone omosessuali, specialmente il clero ed i religiosi, siano personalmente convinti della dottrina della Chiesa e pronti a professare la dottrina della Chiesa come la loro propria. L'affidabilità pubblica dei ministri della Chiesa esige che essi credano e professino gli insegnamenti della Chiesa. Per attirare nuovi membri alla Chiesa si esigono convinzioni personali ferme ed impegno. Un'efficace pastorale in favore delle persone omosessuali, anche con quelle che possono sentirsi emarginate dalla Chiesa, esige prontezza nel comunicare la dottrina morale della Chiesa con un'adesione personale. La riluttanza nell'esprimere la totalità della morale cristiana soltanto danneggia la cura pastorale delle persone omosessuali e pertanto reca loro una grave ingiustizia.
5) Ogni impegno pastorale pubblico nei confronti delle persone omosessuali dovrebbe essere fatto in stretta unità e sotto la guida del Vescovo locale allo scopo di garantire che la pastorale rifletterà sempre la pienezza della dottrina cattolica.
6) La pastorale nei confronti delle persone omosessuali non dovrebbe mai rifuggire dal proclamare la verità per timore di critiche, e dovrebbe parlare coraggiosamente contro la pretesa che la condanna dell'attività omosessuale sia una specie di discriminazione ingiusta delle persone omosessuali o una violazione dei loro diritti (20).
Coloro che accettano la condizione omosessuale come se non fosse disordinata e legittimano gli atti omosessuali "sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo" (21). Anche se non se ne rendono conto, la loro approvazione dell'omosessualità riflette "una ideologia materialistica, che nega la natura trascendente della persona umana, così come la vocazione soprannaturale di ogni individuo" (22).
7) Per evitare malintesi o confusioni, la pastorale in favore delle persone omosessuali deve sempre essere totalmente indipendente da ogni gruppo che favorisca uno stile di vita "gay" o pretenda che la condizione omosessuale sia equivalente o in qualche modo superiore alla castità vissuta nel matrimonio o nel celibato. Gli operatori pastorali impegnati a favore delle persone omosessuali non dovrebbero associarsi con organizzazioni che promuovano mutamenti nella legislazione civile che offuschino il riconoscimento giuridico del matrimonio e della famiglia equiparandovi le unioni omosessuali (23).
La Chiesa è consapevole della responsabilità di dover conservare il dono inestimabile della Rivelazione e di doverlo difendere contro ogni influenza nefasta. I programmi pastorali, quando sono intrapresi in conformità con la verità della Rivelazione, contribuiscono al benessere umano e spirituale delle persone omosessuali, ed all'integrità della società. Non si deve mai dimenticare che "ogni allontanamento dall'insegnamento della Chiesa, o il silenzio su di esso, nella preoccupazione di offrire una cura pastorale, non è forma né di autentica attenzione né di valida pastorale. Solo ciò che è vero può ultimamente essere anche pastorale.
Quando non si tiene presente la posizione della Chiesa si impedisce che uomini e donne omosessuali ricevano quella cura, di cui hanno bisogno e diritto" (24).