Serbia e Macedonia sfidano la UE. Hanno deciso di non applicare le sanzioni alla Russia:''Sono contro i nostri interessi''

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wheaton80
00mercoledì 17 settembre 2014 19:29

LONDRA - Probabilmente nessuno è al corrente del fatto che lunedì scorso a Skopje il ministro degli esteri serbo si è incontrato con la sua controparte macedone ed effettivamente questa notizia potrebbe tranquillamente rimanere nell' ombra se non fosse per il fatto che i due ministri hanno deciso di ignorare i diktat di Bruxelles e di non aderire alle sanzione che l'Unione Europea ha deciso di imporre contro la Russia. E difatti Nikola Poposki e Ivica Dacic, rispettivamente ministro degli esteri di Macedonia e Serbia, hanno giustificato il loro rifiuto col fatto che tali sanzioni sarebbero contro gli interessi economici dei loro paesi e quindi hanno deciso di astenersi dall' applicarle. Da parte sua, Ivica Dacic ha sottolineato come l' Ucraina al momento può esportare liberamente in Russia e quindi sarebbe folle lasciare che siano gli stati europei gli unici a pagare il prezzo di questa guerra commerciale. Da tempo i burocrati di Bruxelles stanno facendo pressione su questi due paesi affinché si rifiutino di trarre vantaggio dalla decisione del governo russo di vietare le importazioni di prodotti agroalimentari provenienti dai paesi UE, ma anche se Serbia e Macedonia vogliono entrare a far parte dell'Unione Europea, i loro governi si guardano bene dall' adottare decisioni folli che possano costare caro alle loro economie. E difatti, si sono rifiutati di obbedire ai diktat dei parassiti di Bruxelles. Ovviamente anche l' Italia, se fosse un paese normale, farebbe lo stesso, ma per nostra sfortuna siamo governati da una classe politica incapace e asservita il cui unico interesse è quello di danneggiare il popolo italiano per garantirsi "l' amicizia" delle oligarchie di Bruxelles. Ad ogni modo, onore al merito di due piccoli, poveri, ma orgogliosi Stati quali sono la Serbia e la Macedonia che hanno il coraggio di sfidare la potente e corrotta Unione Europea.

Giuseppe de Santis
17 settembre 2014
www.ilnord.it/c3519_SERBIA_E_MACEDONIA_SFIDANO_LA_UE_HANNO_DECISO_DI_NON_APPLICARE_LE_SANZIONI_ALLA_RUSSIA_SONO_CONTRO_I_NOSTRI_I...
wheaton80
00giovedì 19 marzo 2015 18:21
Croazia: No al diktat UE

Il governo croato ha rinunciato al progetto di dare in concessione quasi mille chilometri della rete autostradale, in primo luogo le principali arterie nazionali, la Zagabria - Spalato e la Zagabria - Fiume. Lo ha annunciato il primo ministro, Zoran Milanovic, spiegando che la decisione sarebbe motivata dalla forte opposizione dell'opinione pubblica che a un possibile referendum in materia quasi sicuramente si sarebbe pronunciata contro la concessione a trenta o quarant'anni delle principali autostrade del Paese. Il piano per la concessione era uno dei principali progetti del governo socialdemocratico - dietro precise ''indicazioni'' della Commissione europea che lo aveva di fatto imposto - che in questo modo sperava di ridurre il debito delle società che gestiscono le autostrade, ora interamente in mani pubbliche. Nel frattempo una coalizione di associazioni e di sindacati è riuscita a raccogliere quasi mezzo milione di firme per indire una consultazione referendaria contro il progetto del governo. Secondo il premier croato l'idea della concessione sarebbe ''la migliore'' e nel ''miglior interesse nazionale'', ma alla rinuncia si è arrivati dato che non avrebbe retto la prova del referendum. In Croazia, immediati referendum contro decisioni del governo sono ammessi per legge.

17 marzo 2015
www.ilnord.it/i-967_CROAZIA_NO_AL_DIKTAT_UE
wheaton80
00mercoledì 13 maggio 2015 23:32
Fallisce il golpe USA in Macedonia


Il primo ministro macedone, Nikola Gruevski, annuncia la fine dell’aggressione contro i terroristi

Il caso di Kumanavo
La polizia macedone ha lanciato il 9 maggio 2015, all’alba, un’operazione volta ad arrestare un gruppo armato che si era infiltrato nel paese e che sospettava stesse preparando diversi attentati. La polizia aveva evacuato la popolazione civile prima di dare l’assalto.



Dopo che i sospetti hanno aperto il fuoco, è seguita una dura battaglia che ha lasciato 14 morti dal lato dei terroristi e 8 dal lato delle forze dell’ordine. Ben 30 individui sono stati fatti prigionieri. Si calcolano parecchi feriti.



Non un’azione terroristica, ma un tentativo di colpo di stato
La polizia macedone era manifestamente ben informata prima di lanciare la sua operazione. Secondo il ministro degli Interni, Ivo Kotevski, il gruppo stava preparando un’operazione molto importante per il 17 maggio (vale a dire in occasione della manifestazione indetta dall’opposizione albanofona a Skopje). L’identificazione dei sospetti ha permesso di stabilire che erano quasi tutti ex membri dell’ UÇK (l’Esercito di Liberazione del Kosovo). [1]




Il covo del gruppo armato a Kumanovo, dopo l’aggressione

Tra questi troviamo:

• Sami Ukshini detto “Comandante Sokoli”, la cui famiglia ha svolto un ruolo storico in seno all’ UÇK
• Rijai Bey, ex guardia del corpo di Ramush Haradinaj (lui stesso trafficante di droga, capo militare del dell’UÇK e poi Primo Ministro del Kosovo. Fu processato due volte dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia per crimini di guerra, ma assolto perché 9 testimoni cruciali furono uccisi durante il suo processo)
• Dem Shehu, attuale guardia del corpo del leader e fondatore del partito BDI albanese, Ali Ahmeti
• Mirsad Ndrecaj detto il “Comandante della NATO”, nipote di Malic Ndrecaj comandante della 132ma Brigata dell’ UÇK
I principali responsabili di questa operazione, tra cui Fadil Fejzullahu (morto durante l’assalto) sono vicini all’ambasciatore degli Stati Uniti a Skopje, Paul Wohlers.


Fadil Fejzullahu, un leader del gruppo armato è morto durante l’assalto, qui con il suo capo, l’ambasciatore degli Stati Uniti a Skopje Paul Wohlers

Quest’ultimo è figlio di un diplomatico statunitense, Lester Wohlers, che ha giocato un ruolo importante nella propaganda atlantista e ha diretto il dipartimento cinema della US Information Agency. Il fratello di Paul, Laurence Wohlers, è attualmente ambasciatore presso la Repubblica Centrafricana. Lo stesso Paul Wohlers, ex pilota della US Navy, è uno specialista di controspionaggio. È stato vice direttore del Centro per le operazioni del Dipartimento di Stato (ossia il servizio di sorveglianza e protezione dei diplomatici).


Sebbene la Macedonia non faccia parte della Nato, Jens Stoltenberg "seguiva" l’operazione di polizia a Kumanovo

Perché non v’è alcun dubbio circa i mandanti, il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, è intervenuto persino prima della fine dell’assalto. Non per dichiarare la propria condanna del terrorismo e il suo sostegno al governo costituzionale di Macedonia, ma per trasformare il gruppo terroristico in un’opposizione etnica legittima:«È con grande preoccupazione che seguo gli eventi in corso a Kumanovo. Rivolgo le mie condoglianze alle famiglie delle persone uccise o ferite. È importante che tutti i dirigenti politici e responsabili di comunità lavorino insieme per riportare la calma e procedano a un’indagine trasparente per determinare quel che è accaduto. Faccio vivamente appello a tutti affinché diano prova di moderazione e evitino un’ulteriore escalation, nell’interesse del paese e dell’intera regione». Bisogna essere ciechi per non capire.


Quando era governatore della regione di Strumica, Zoran Zaev è stato accusato di aver favorito la costruzione di un centro commerciale e arrestato per corruzione. Per sostenerlo, il suo partito si ritirò dal Parlamento. Alla fine, fu graziato dal Presidente della Repubblica, Branko Crvenkovski, che allora presiedeva il suo partito. È stato eletto presidente del SDSM a giugno 2013

Nel mese di gennaio 2015, la Macedonia sventava un tentativo di colpo di Stato in favore del capo dell’opposizione, il socialdemocratico Zoran Zaev. Quattro persone venivano arrestate e Zaev si vedeva confiscare il suo passaporto, intanto che la stampa atlantista cominciava a denunciare una "deriva autoritaria del regime" (sic). Zoran Zaev è pubblicamente sostenuto dalle ambasciate degli Stati Uniti, del Regno Unito, della Germania e dei Paesi Bassi. Ma non c’è finora nessuna altra traccia nel tentativo di golpe che della responsabilità degli Stati Uniti. Il 17 maggio, il partito socialdemocratico (SDSM) [2] di Zoran Zaev doveva organizzare una manifestazione. Doveva distribuire 2.000 maschere in modo da impedire alla polizia di identificare i terroristi in mezzo al corteo. Durante l’evento, il gruppo armato camuffato con queste maschere doveva attaccare varie istituzioni e lanciare una pseudo "rivoluzione" di piazza paragonabile a quella della Maidan di Kiev. Questo colpo di Stato era coordinato da Mile Zechevich, un ex dipendente di una delle fondazioni di George Soros. Per comprendere l’urgenza di Washington di rovesciare il governo di Macedonia, dobbiamo tornare alla guerra dei gasdotti. Per la politica internazionale è una grande scacchiera dove ogni movimento di un pezzo provoca conseguenze sugli altri.

La guerra del gas


Il gasdotto Turkish Stream dovrebbe passare attraverso la Turchia, la Grecia, la Macedonia e la Serbia per rifornire l’UE del gas russo. Su iniziativa del presidente ungherese Viktor Orbán, i ministri degli Esteri dei paesi coinvolti si sono incontrati il 7 aprile a Budapest per coordinarsi di fronte agli Stati Uniti e all’Unione europea

Dal 2007, gli Stati Uniti tentano di tagliare le comunicazioni tra la Russia e l’Unione europea. Sono riusciti a sabotare il progetto South Stream, costringendo la Bulgaria ad annullare la sua partecipazione, ma il 1° Dicembre 2014, in mezzo alla sorpresa generale, il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato un nuovo progetto riuscendo a convincere il suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan a fare un accordo con lui, benché la Turchia sia un membro della NATO [3]. Si era convenuto che Mosca avrebbe consegnato del gas ad Ankara, che a sua volta ne consegnerebbe all’Unione europea, aggirando l’embargo anti-russo di Bruxelles. Il 18 aprile 2015, il nuovo primo ministro greco, Alexis Tsipras, dava il suo gradimento affinché il gasdotto attraversasse il suo paese. [4] Il primo ministro macedone, Nikola Gruevski, aveva – a sua volta - discretamente negoziato nel mese di marzo. [5] Infine, la Serbia, che faceva parte del progetto South Stream, aveva indicato al ministro dell’Energia russo Aleksandar Novak, quando lo ha ricevuto a Belgrado ad aprile, che anche il suo paese era pronto a passare alla progetto Turkish Stream [6]. Per fermare il progetto russo, Washington ha moltiplicato le iniziative:

- In Turchia, sostiene il CHP contro il presidente Erdoğan sperando di fargli perdere le elezioni
- In Grecia, l’8 maggio ha inviato Amos Hochstein, direttore dell’Ufficio delle risorse energetiche, per richiamare il governo Tsipras affinché rinunci al suo accordo con Gazprom
- Ha previsto – a ogni buon conto – di bloccare il tracciato del gasdotto piazzando uno dei suoi fantocci al potere in Macedonia
- In Serbia, ha rilanciato il progetto di secessione del pezzo di territorio che permette la giunzione con l’Ungheria, la Vojvodina [7]

Ultima osservazione e non di minor conto: il Turkish Stream alimenterà l’Ungheria e l’Austria mettendo fine al progetto alternativo mediato dagli Stati Uniti con il presidente Hassan Rouhani (contro il parere delle Guardie Rivoluzionarie) basato sull’approvvigionamento di gas iraniano [8].

Thierry Meyssan
Traduzione: Matzu Yagi

Note
[1] «L’UÇK, une armée kosovare sous encadrement allemand», par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 15 avril 1999
[2] Il partito SDSM è membro dell’Internazionale socialista
[3] “Come Vladimir Putin ha ribaltato la strategia della NATO”, di Thierry Meyssan, Traduzione Emilio M. Piano, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 8 dicembre 2014
[4] “Möglicher Deal zwischen Athen und Moskau: Griechenland hofft auf russische Pipeline-Milliarden”, Von Giorgos Christides, Der Spiegel, 18 April 2015
[5] “Геннадий Тимченко задержится на Балканах. Вместо South Stream "Стройтрансгаз" построит трубу в Македонии”, Юрий Барсуков, Коммерсант, 12 марта 2015 r
[6] «Énergie: la Serbie souhaite participer au gazoduc Turkish Stream», B92, 14 avril 2015
[7] «La Voïvodine, prochain pseudo-État en Europe?», par Wayne Madsen, Traduction Milko Terzić, Strategic Culture Foundation (Russie), Réseau Voltaire, 18 février 2015
[8] “Dietro l’alibi anti-terrorismo, la guerra del gas nel Levante”, di Thierry Meyssan, Traduzione Luisa Martini, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 3 ottobre 2014

13 maggio 2015
www.voltairenet.org/article187582.html
wheaton80
00martedì 2 ottobre 2018 14:15
I macedoni si pronunciano contro l’adesione alla NATO e all’Unione Europea



Il 30 settembre 2018 ai macedoni è stato chiesto di rispondere al seguente quesito [referendario]:«Siete favorevoli all’adesione alla NATO e all’Unione Europea accettando l’accordo tra la Repubblica di Macedonia e la Repubblica di Grecia?». L’accordo con la Grecia era stato negoziato dall’ambasciatore degli Stati Uniti ad Atene, Geoffrey R. Pyatt, noto per aver organizzato il putsch di Kiev con l’aiuto del partito nazista Settore Destro. L’accordo prevede di modificare il nome dell’ex repubblica jugoslava di Macedonia in «Macedonia del Nord» e che venga abbandonato ogni riferimento storico ad Alessandro Magno. Il conflitto risale all’indipendenza della Grecia (1822), quando Atene voleva liberare l’intera Macedonia dall’occupazione ottomana. Oggi la Macedonia storica è divisa in una parte greca e in una parte indipendente. La memoria di Alessandro Magno è rivendicata sia da Atene sia da Skopje, che ne ha innalzato la statua equestre al centro della città (foto). L’allievo di Aristotele, fondatore di un impero che univa Oriente e Occidente, è nato nel settore greco della Macedonia, ma per molto tempo fu considerato un “barbaro” dai greci, che ne riconobbero l’autorità solo con la forza. Alessandro Magno ideò un impero che rispettava le peculiarità culturali dei sudditi (inclusi i greci) e mantenne al potere i sovrani vinti. Al contrario, NATO e UE, seguendo la tradizione di Giulio Cesare, si presentano come sovrastrutture che fagocitano ciascun membro all’interno di valori comuni obbligatori. Questi due modelli storici sono inconciliabili. Il Segretario della Difesa degli Stati Uniti, Generale James Mattis, si è recato a Skopje per accertarsi del regolare svolgimento del referendum. Al suo arrivo non c’erano membri del governo ad accoglierlo all’aeroporto, solo l’ambasciatore USA. Il quesito posto dal referendum, che associa NATO e UE, è perfettamente logico poiché, dal punto di vista statunitense, le due strutture sono il versante militare e il versante civile di una medesima organizzazione. Le autorità macedoni sono profondamente divise. I socialisti e i musulmani del governo di Zoran Zaev hanno chiesto di votare “Sì”. Mentre i nazionalisti, in maggioranza ortodossi, tra cui il Presidente della Repubblica, Gjorge Ivanov, hanno esortato a boicottare le urne. Solo il 33,75% degli elettori hanno risposto “Sì”. Da giocatrice molto disonesta, la stampa atlantista dell’Europa occidentale si è ipocritamente felicitata della vittoria del “Sì”, sottolineando come il 91,46% dei votanti si siano espressi a favore, omettendo però di dire che il 63,09% degli elettori non si è recato alle urne. In conformità alla Costituzione, che fissa un quorum per la validità del referendum, la commissione elettorale ha annullato la consultazione.

Traduzione: Rachele Marmetti
2 ottobre 2018
www.voltairenet.org/article203249.html
wheaton80
00martedì 27 agosto 2019 16:03
La Serbia rafforza la collaborazione militare con Russia e Cina: obiettivo stop alle destabilizzazioni

Il Ministro della Difesa della Serbia Aleksandr Vulin, ha detto che a Belgrado ci sono stati incontri con Russia e Cina per l’acquisto di armi per la difesa del Paese, in caso di conflitto armato nei Balcani. «Pur ribadendo la nostra neutralità internazionale, se ci fosse un riesplodere di conflitti nei Balcani, in un area dove si sa, i conflitti possono essere… guidati, nessuno potrebbe aiutarci se non noi stessi. Ma noi contiamo anche sull’aiuto della Russia e di molti altri amici… Noi cercheremo di fare sempre tutto il possibile per evitare altri conflitti», ha dichiarato Vulin a giugno in un'intervista a Life Journal. «Dobbiamo tornare ad essere militarmente forti e l’assistenza tecnica e militare della Federazione Russa è per noi importante. Abbiamo bisogno di pace. Ma per avere la pace, dobbiamo essere pronti a tutto… Anche la Repubblica Popolare Cinese è un Paese amico su cui possiamo contare e con cui stiamo sviluppando ottime collaborazioni militari», ha aggiunto il Ministro serbo.

Il 17 agosto anche il suo omologo russo Sergej Shoigu, dopo un incontro con Vulin a Mosca, ha dichiarato che «la cooperazione militare tra Russia e Serbia si sta sviluppando attivamente e anche i passi in questo ambito si stanno moltiplicando di anno in anno. In questo ultimo incontro abbiamo discusso una serie di questioni relative alla nostra cooperazione militare e tecnica. La cooperazione militare si sta sviluppando attivamente e gli avvenimenti aumentano ogni anno… I preparativi per nuove esercitazioni militari congiunte sono nelle fasi finali. Sono sicuro che si terranno con successo come è già successo prima», ha sottolineato il Ministro russo. «La nostra cooperazione militare e tecnica si sta sviluppando in modo piuttosto spedito, nonostante tutti gli ostacoli che altri stanno ponendo sulla nostra strada. Tuttavia, tutto procede secondo i piani prefissati, ciò che è stato fissato per quest’anno sarà raggiunto… Russia e Serbia hanno in programma molti eventi per il prossimo anno, in particolare in ambito militare-tecnico, educativo e di altro genere…», ha inoltre aggiunto Shoigu. A sua volta, il Ministro serbo Vulin ha condiviso l’opinione che la collaborazione tra Russia e Serbia nella sfera militare sia ai massimi livelli della storia.

Secondo lui, i due Paesi non hanno mai tenuto una tale quantità di eventi comuni come ora. Quest’anno ce ne sono stati circa 90. Vulin ha anche affermato che il Presidente Vucic ha invitato Shoigu a Belgrado per valutare i risultati raggiunti dall’Esercito Serbo. «Il nostro Presidente e Comandante in Capo Aleksandar Vucic ha trasmesso i più calorosi saluti e un invito personale a venire a Belgrado in Serbia, per vedere di persona quanto è migliorato l’Esercito Serbo nei suoi sviluppi, grazie al vostro coinvolgimento, con il risultato di essere diventato molto più esperto nelle sue capacità nel combattere», ha detto Vulin, che ha aggiunto:«La nostra opinione è che più l’Esercito Serbo è preparato nel combattere, più ci saranno condizioni di pace nei Balcani… Come si sa, la Serbia è uno Stato militarmente neutrale e rimarrà tale. Fino a quando il Presidente Vucic guiderà il Paese, non si unirà alla NATO, sceglierà gli amici e prenderà decisioni su come agire da sola», ribadendo che questa è la posizione di Belgrado. In giugno la Serbia ha ospitato nella base della Brigata Speciale delle Forze Armate serbe a Pancevo, delle esercitazioni militari congiunte di “Fratellanza Slava” con truppe d’élite provenienti da Serbia, Russia e Bielorussia. Paracadutisti serbi con le truppe d’élite di Russia e Bielorussia per l’esercizio della Confraternita Militare Slava.

Circa 600 militari, tra cui più di 200 delle forze aeree russe, circa 300 delle forze armate serbe e circa 60 soldati dalla Bielorussia, oltre a più di 50 veicoli da combattimento, hanno preso parte alle esercitazioni. Secondo Lyubinka Milincich, capo dell’agenzia di stampa Sputnik Serbia, a Belgrado ci sarebbe la fondata convinzione che, qualsiasi cosa possa succedere, la Russia non permetterà più alla NATO di bombardare la Serbia. Anche riferendosi alla sempre più delicata situazione in Kosovo, dove va ricordato, lo scorso mese, i ROSU (Reparti Speciali della Polizia Albanese Kosovara), avevano malmenato Mikhail Krasnoshchekov, rappresentante russo della Missione delle Nazioni Unite in Kosovo, indicandolo come un collaborazionista delle politiche serbe nella provincia, suscitando ire e diffide dalla Russia, più che dalle Nazioni Unite. Va sottolineato che le valutazioni della Milincich non sono opinioni personali di una giornalista qualunque: la giornalista è inclusa nella classifica delle persone più influenti del Paese dell’ex Jugoslavia, spesso davanti a ministri e dozzine di altri alti funzionari.

In una intervista dell’Agenzia di Stampa Federale Serba, ella ha fermamente indicato nelle politiche occidentali legate alla NATO la responsabilità delle continue tensioni e rischi di nuovi conflitti nei Balcani. Riguardo alla situazione nella provincia del Kosovo ha dichiarato:«In Kosovo, senza l’aiuto dei loro “amici occidentali”, gli albanesi non oserebbero fare le molte provocazioni che fanno… Si sentono sicuri solo perché sanno di avere una grande forza alle loro spalle. Dietro di loro c’è la leadership politica degli Stati Uniti e della Germania, in ogni caso il loro comportamento non può essere definito normale. Come nel caso del pestaggio del diplomatico russo Mikhail Krasnoshchekov, quello che fanno ha l’obiettivo di spaventare la gente serba del posto e non solo».

«È difficile da credere, ma nel mondo moderno, nell’Europa moderna, il Kosovo è un ghetto… Il Kosovo è l’unico territorio al mondo in cui esiste un ghetto per i serbi, il mondo intero sta a guardare e nessuno fa niente. Non può essere normale che un papà porti un bambino a scuola scortandolo… temendo che possa essere rapito. Possono rapire, possono uccidere, possono fare qualsiasi cosa… Le prospettive della situazione in Kosovo sono molto incerte e delicate. Belgrado subisce una terribile pressione da parte dell’Occidente e sta cercando di perseguire in qualche modo la propria politica in modo che i serbi in Kosovo rimangano ancora lì, questa è la cosa più importante. Ed è importante non fare mosse avventate che causerebbero pretesti per nuovi disordini e violenze sulla gente di lì. Per esempio, nella parte meridionale del Kosovo, in una notte potrebbero essere uccisi cinque, dieci o cinquanta serbi e nessuno potrebbe impedirlo… La Serbia deve vigilare molto. In effetti, Belgrado deve osservare molto da vicino e non chiudere gli occhi su qualsiasi incidente che coinvolga i serbi», ha aggiunto la nota giornalista serba.

Enrico Vigna
23 agosto 2019
www.opinione-pubblica.com/la-serbia-rafforza-la-collaborazione-militare-con-russia-e-cina-obiettivo-stop-alle-destabiliz...
wheaton80
00martedì 12 novembre 2019 17:54
La Serbia compra difese aeree russe nonostante le minacce degli USA

La Russia intende fornire alla Serbia i sistemi missilistici di difesa antiaerea Pantsir-S già “nei prossimi mesi”, nonostante gli USA abbiano avvertito il Paese balcanico di essere pronti a imporgli sanzioni nel caso in cui l’affare vada in porto: lo ha annunciato il 6 novembre alla Tass il capo dell’agenzia statale russa per l’esportazione di armi Rosoboronexport, Aleksandr Mikheyev. I sistemi missilistici “vengono assemblati” e gli specialisti serbi “vengono addestrati”, ha spiegato Mikheyev precisando che “tutto procede secondo i piani e non ci sono ritardi. L’addestramento, ha proseguito il capo di Rosoboronexport, verrà presto completato e cominceranno le forniture. Il contratto verrà eseguito nei prossimi mesi”. Il 24 ottobre il Presidente serbo Aleksandar Vučić ha annunciato che Belgrado ha ordinato il sistema da difesa aerea Pantsir-S. Due giorni dopo, il Ministro della Difesa serbo Aleksandar Vulin ha dichiarato che il Pantsir-S stava diventando parte dell’armamento dell’Esercito Serbo “. A fino ottobre l’inviato speciale USA per i Balcani occidentali Matthew Palmer ha avvertito la Serbia che l’acquisto di armi russe “espone al rischio” di sanzioni statunitensi in base al Countering America’s Adversaries Through Sanctions (CAATSA) istituito dal Congresso.

L’ acquisizione di armamenti russi da parte della Serbia costituisce un rischio per l’imposizione di sanzioni, e speriamo che i nostri partner serbi saranno attenti su questo tema”, aveva detto Palmer in un’intervista con la televisione macedone Alsat M. Un approccio che conferma la sempre più asfissiante pretesa statunitense di imporre agli alleati di acquisire armi “made in USA” e ai Paesi neutrali di non acquisire armi russe minacciando sanzioni che non hanno alcun fondamento per il diritto internazionale e ledono i basilari principi di sovranità degli Stati. “La Serbia si dota di armamenti esclusivamente a scopi difensivi, e non intende acquistare armi per le quali sarebbe passibile di sanzioni”, ha detto il Presidente Aleksandar Vucic. Parlando in una intervista alla TV pubblica RTS, Vucic ha sottolineato che il suo Paese non intende attaccare nessuno. “La Serbia si dota di armamenti poiché è un Paese libero e neutrale. Un Paese piccolo circondato da tutte le parti da Paesi membri della NATO, e con i quali vogliamo avere buoni rapporti”, ha affermato il Presidente. “Non è ammissibile che la Serbia sia debole come negli anni ’90, a tal punto da non essere in grado di difendersi”, ha detto Vucic.

La NATO ha mosso guerra ai serbi di Bosnia nel 1995 e alla Serbia nel 1999 in sostegno alla causa degli albanesi kosovari ma nè la Serbia nè la Russia riconoscono la dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 2008. Quanto alle armi missilistiche russe, se le minacce americane potevano trovare una giustificazione nel caso di acquisizione da parte dei serbi del sistema da difesa antiaerea e antimissile S-400 a lungo raggio (schierato temporaneamente da Mosca in Serbia per attività addestrative congiunte nell’ottobre scorso), queste non hanno alcuna ragion d’essere nel caso del Pantsir-S ordinato dai serbi, che è destinato alla difesa ravvicinata con missili il cui raggio d’azione raggiunge i 30 chilometri e cannoni a tiro rapido da 30 millimetri efficaci contro bersagli fino a 4 chilometri di distanza e 3mila metri di altitudine.

12 novembre 2019
Gianandrea Gaiani
www.analisidifesa.it/2019/11/la-serbia-compra-difese-aeree-russe-nonostante-le-minacce-degli-usa/?fbclid=IwAR1ZdTqWA1GBqhwd4BDc9LRLxkt2BXvkJ2KVaGsNWQmiIco7ybk...
wheaton80
00venerdì 24 gennaio 2020 15:46
Balcani: operazione polizia contro trafficanti esseri umani

Le forze di polizia di diversi Paesi dei Balcani hanno inferto un duro colpo a gruppi della criminalità organizzata che operano nella regione, arrestando 72 sospetti trafficanti di esseri umani e 167 trafficanti di migranti in un'operazione guidata dall'Interpol. Lo ha reso noto mercoledì la stessa organizzazione internazionale della polizia criminale. Hanno partecipato all'operazione le autorità di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Moldova, Macedonia del Nord, Romania, Serbia e Turchia. L'operazione, denominata in codice "Teseo", è stata realizzata con la partecipazione di 3.000 agenti dei servizi di immigrazione, della polizia e da unità specializzate, che hanno operato in punti di confine, treni, stazioni degli autobus e in altri luoghi tra il 9 e il 16 dicembre scorso, ha precisato l'Interpol. Durante l'operazione, le autorità hanno identificato 2.000 migranti e hanno salvato circa 89 vittime della tratta di esseri umani, tra cui sette minori, sottoposte a sfruttamento sessuale, lavoro forzato e accattonaggio forzato, ha informato l'Interpol. "I gruppi criminali organizzati sfruttano persone vulnerabili e le aiutano ad attraversare illegalmente le frontiere per ingenti somme. Per alcuni, il rapporto" con i criminali "termina con l'arrivo a destinazione, ma per altri è solo l'inizio di un cupo futuro di sfruttamento", ha sottolineato il Segretario Generale dell'Interpol, Jürgen Stock. Nell'operazione sono state confiscate anche dieci armi da fuoco, 60 kg di droga, contanti per un valore di 200.000 dollari, imbarcazioni usate per il contrabbando e gommoni. Sono stati inoltre sequestrati oltre 1.500 passaporti e carte d'identità false, segnale di quanto i gruppi criminali organizzati si basino sulla disponibilità di "documenti illegali per trasportare persone da un Paese all'altro", ha aggiunto l'Interpol.

23 gennaio 2020
www.ansa.it/nuova_europa/it/notizie/rubriche/politica/2020/01/23/balcani-operazione-polizia-contro-trafficanti-esseri-umani_b8d20b69-890c-49d6-9502-fa742ee72...
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