Stefano Zecchi: Dov'è finita la sobria solennità del romanico?

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Ghergon
00domenica 6 luglio 2008 10:05
Stefano Zecchi: Dov'è finita la sobria solennità del romanico?





CITTÀ DEL VATICANO
- La messa tridentina assicura maggior bellezza, ieraticità ed eleganza: le conclusioni sono del professor Stefano Zecchi, docente di Estetica all’Università di Milano, collaboratore de Il Giornale e volto noto del Maurizio Costanzo Show. Con il noto cattedratico affrontiamo il tema delle bellezza nella liturgia e nel pontificato di Papa Benedetto XVI che il professore definisce “il Papa della bellezza per il numero infinito di volte che pronuncia questo vocabolo nei suoi testi”. Professore: dal punto di vista estetico proviamo a stilare una comparazione tra la Messa secondo il rito di san Pio V e quella post conciliare.. “Da un punto di vista estetico non ho dubbi: quella tridentina garantisce ed assicura maggior solennità, spiritualità, ieraticità. La gestualità del celebrante è più diretta a Dio, vi è una dimensione verticale della liturgia, alta e lontana dalla realtà di tutti i giorni.

Insomma, si garantisce maggiormente il mistero, che poi è il centro del sacrificio della santa messa”. Parlava di ieraticità.. “Se ci fa caso anche i pontefici di una volta, come Pio XII sul cui conto sono state dette tante inesattezze erano ieratici. Poi il beato Giovanni XXIII ha contribuito al cambiamento di stile, maggiormente comunicativo. In quanto alla liturgia credo che questa ricerca del Papa Benedetto XVI verso gli ortodossi, da un lato ha una valenza ecumenica, ma credo sia influenzata da ragioni liturgiche: gli ortodossi celebrano il divino sacrificio in modo solenne, come vuole il Papa”.

Veniamo ora alla Messa post conciliare.. “Io non la condanno, fa parte dei tempi e della contemporaneità. Ma indubbiamente questa malintesa idea della creatività liturgica si è trasformata in anarchia, in ricreazione con cadute di stile e di gusto”. Il nuovo cerimoniere pontificio, monsignor Guido Marini è attento al recupero degli antichi paramenti.. “Fa bene, non è ammissibile la sciatteria in nome della creatività. Poi è giusto e sacrosanto ricercare e valorizzare la tradizione. Nessuno ha il diritto di cancellarla”. Un giudizio sull’estetica delle Chiese post conciliari.. “Per un caso del destino, presto sarò a Lecce ad un convegno sull’arte sacra. Oggi e specialmente dopo il Concilio Vaticano II non si trovano chiese belle. Sfido a trovarmene una decente. La colpa è degli architetti che male hanno interpretato il senso assembleare. Mi chiedo dove sia finita la sobria solennità del romanico o la ricerca di Dio del gotico”.

Che cosa intende per anarchia liturgica? “La creatività in se non e un male. Lo è quando si trasforma, come è avvenuto in pacchianeria e cattivo gusto, in messe che sembrano circoli ricreativi o spettacolini. Insomma, sforziamoci di recuperare al più presto la bellezza della tradizione”. Lei definisce Papa Benedetto XVI, Papa della Bellezza, perchè? “Intanto perchè questo vocabolo viene citato molte volte nei suoi testi. Negli anni 90 la bellezza estetica era un tabù, quasi una offesa alla ragione. Il Papa, invece, invoca un recupero della tradizione non fine a se stesso, ma inserito nello spirito del tempo. La bellezza è un segno esteriore, ma importante del bene e del buono, insomma della nobiltà che merita ogni esaltazione. Insomma, basta con la sciatteria e cerchiamo di rivalutare e restaurare la nostra tradizione”.

Rubrica a cura di Bruno Volpe
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