TTIP: Raccolto un milione di firme contro il trattato commerciale USA-UE

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wheaton80
00domenica 14 dicembre 2014 01:20

Askanews - Gli opponenti del discusso trattato commerciale USA-UE hanno raccolto oltre un milione di firme per una petizione che sperano possa convincere Bruxelles ad abbandonare l’intesa. I negoziatori europei e statunitensi lavorano da oltre un anno per creare la più grande intesa mondiale per il ibero commercio e gli investimenti, la Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). L’ambizioso trattato punta a un mercato unico di un miliardo di consumatori in metà del globo, con l’armonizzazione della normativa e l’abolizione dei dazi dall’Alaska ai Baltici. Ma i negoziati, che inaugurano un nuovo round a febbraio, hanno attirato pesanti critiche su una serie di questioni, dalla possibilità di superare le leggi locali alle accuse che i colloqui sono segreti a beneficio degli interessi delle grandi società. La coalizione Stop TTIP, composta da ONG e attivisti, ha annunciato di aver raggiunto un milione di firme nell’ambito dell’European Citizens Initiative che chiede alla UE di lasciar cadere l’intesa così come un accordo dello stesso tenore con il Canada. “Stop TTIP ha raccolto più di un milione di firme in tempi record” ha detto John Hilary, membro della coalizione che raccoglie 320 gruppi di 24 Paesi. “E’ particolarmente imbarazzante per la Commissione Europea che ha tentato a più riprese di bloccare il coinvolgimento dei cittadini nel modo in cui questi trattati vengono negoziati e nell’esito che dovrebbero avere i colloqui” ha detto. In base alle norme UE, una iniziativa che raccoglie oltre un milione di firme obbliga la Commissione Europea a rivedere le sue scelte e a essere ascoltata dal Parlamento Europeo. Ma già a settembre la Commissione ha respinto preventivamente l’iniziativa, affermando che l’obiettivo dichiarato di fermare un negoziato in corso non è valido sul piano legale. Stop TTIP si è rivolta alla Corte di giustizia UE.

4 dicembre 2014
www.imolaoggi.it/2014/12/04/ttip-raccolto-un-milione-di-firme-contro-il-trattato-commerciale...
wheaton80
00venerdì 19 dicembre 2014 18:02
Cameron fa saltare il TTIP

Il primo ministro del Regno Unito, David Cameron, ha bocciato la proposta dell' Italia, presidente di turno dell' Unione Europea, di un accordo commerciale ad interim tra l' UE e gli Stati Uniti, dichiarando, in un discorso tenuto prima del vertice di Bruxelles, che bisogna resistere alla tentazione di scorciatoie e affrontare tutte le difficoltà del negoziato per giungere a un trattato completo, il più inclusivo possibile. Nonostante le esortazioni britanniche, riferisce il ''Financial Times'', l' ipotesi di concludere la Transatlantic Trade & Investment Partnership (TTIP) entro la fine del 2015 non è considerata realistica dai paesi membri, tanto più che Washington sta dando la priorità a un' altra piattaforma multilaterale con i paesi del Pacifico. Nel 2016 si terranno le prossime elezioni presidenziali statunitensi; senza un' intesa entro il 2015, bisognerà aspettare l' insediamento della nuova amministrazione per riavviare i colloqui, con una conclusione improbabile prima del 2017.

19 dicembre 2014
www.ilnord.it/i-431_CAMERON_FA_SALTARE_IL_TTIP
wheaton80
00venerdì 19 dicembre 2014 18:08
Violente proteste a Bruxelles contro il TTIP



Proteste a Bruxelles contro il Trattato per l’area di libero scambio con gli Stati Uniti, noto come TTIP. I manifestanti denunciano scarsa trasparenza per un accordo che una volta approvato rappresenterà un pericolo per la qualità di prodotti alimentari, cure mediche e tutele ambientali. “Protestiamo perchè il trattato transatlantico una volta approvato aprirà la strada all’importazione di carne e latte prodotti negli Stati Uniti, di bassa qualità. Noi vogliamo prodotti di qualità” dichiara a Euronews un giovane manifestante. Stesso tono per un altro ragazzo belga sceso in piazza contro il TTIP: “Gli agricoltori statunitensi stremano le mucche per ricavarne la maggior quantità di latte possibile, dopo appena due mungiture sono finite. Se questo accordo passerà avremo dei prodotti pessimi”. Le proteste arrivano a un giorno dalla decisione dei leader europei di voler chiudere i negoziati sul TTIP entro la fine del 2015. “Lavoro nella sanità e tutti sanno bene qual è il livello della sanità pubblica negli Stati Uniti” spiega a Euronews una manifestante “Le persone non hanno diritto alle cure pubbliche, tutto è privatizzato. Vogliamo che la gente possa continuare a mangiare dei prodotti sani, e che possa curarsi, così come possa istruirsi. E non soltanto perché può permetterselo, ma perché sono dei cittadini come tutti gli altri. Vogliamo che la solidarietà tra le persone continui a esistere”. Ad oggi le critiche riguardano anche la segretezza con la quale stanno procedendo gli incontri bilaterali. La piazza promette battaglia e dà appuntamento al mese di febbraio, quando a Bruxelles riprenderà il nuovo round di negoziati tra i delegati comunitari e statunitensi.

19 dicembre 2014
www.imolaoggi.it/2014/12/19/video-violente-proteste-a-bruxelles-contro-...

wheaton80
00sabato 2 maggio 2015 21:23
TTIP, valanga di proteste su meccanismo risoluzione controversie minaccia accordo

Non si tratta semplicemente di un considerevole numero di pareri contrari: quello che ha sommerso la Commissione Europea è un vero tsunami di risposte negative, dubbi e obiezioni. Un anno fa l’esecutivo comunitario ha lanciato una consultazione pubblica sull’aspetto più controverso del già discusso accordo commerciale tra UE e Stati Uniti: il cosiddetto ISDS (Investor-State Dispute Settlement), ovvero il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori stranieri e Stato. Ebbene ora la risposta è arrivata. Anzi, di risposte ne sono arrivate ben 150mila, oltre cento volte quelle mai arrivate in qualsiasi precedente consultazione in ambito commerciale. E di queste oltre il 97% esprimeva parere negativo. “Dalla consultazione emerge chiaramente un notevole scetticismo nei confronti dello strumento ISDS”, ammette la Commissaria UE al Commercio, Cecilia Malmström, secondo cui a questo punto occorre “intavolare una discussione aperta e franca sulla protezione degli investimenti e sull’ISDS nell’ambito del TTIP con i governi UE, con il Parlamento Europeo e con la società civile, prima di varare qualsiasi raccomandazione politica in questo ambito”. Insomma, con questa consultazione “si è chiarito che la decisione finale se includere o meno l’ISDS deve essere adottata nella fase finale dei negoziati”, chiarisce la Commissione. Un ostacolo da non sottovalutare visto che non solo gli Stati membri all’unanimità hanno chiesto di inserire l’ISDS nel trattato, ma anche gli Stati Uniti lo hanno sempre indicato come un elemento centrale per la partnership transatlantica. “Gli Stati Uniti hanno dichiarato che per loro è importante, quindi la questione esiste”, ammette Malmstrom, “ma come affrontarla lo vedremo nei prossimi mesi”. Non c’è una data precisa in cui presentare la proposta ma “verso la primavera si vedrà come procedere”, sottolinea Malmstrom.

Certo è che il traguardo di concludere l’accordo entro l’anno, più volte indicato dalla Commissione, potrebbe allontanarsi. A sollevare la contrarietà contro il meccanismo internazionale di risoluzione delle controversie è il fatto che, se questo fosse attuato, una multinazionale o una qualsiasi società che investe in un Paese avrebbe la facoltà di sfidare il governo nazionale di quel Paese attraverso il ricorso a procedure di arbitrato internazionale, scavalcando di fatto l’ordinario sistema giudiziario. Secondo i critici potrebbe essere quindi usato per aggirare le salvaguardie nazionali su temi come salute, alimentazione, ambiente. L’opposizione, mostrano le risposte, è particolarmente forte in Paesi decisamente “pesanti” all’interno dell’UE. “Il 35% delle risposte sono arrivate dalla Gran Bretagna mentre un altro 30% da Austria e Germania”, riporta Malmstrom, aggiungendo che il 70% delle risposte è arrivato da 7-8 Paesi. La gran parte delle risposte, circa 145mila, sono arrivate attraverso formulari online precompilati, ma la Commissione ha ricevuto anche circa 3mila risposte individuali da cittadini e da circa 450 organizzazioni tra ONG, organizzazioni imprenditoriali, sindacati, gruppi di consumatori, studi legali e ricercatori. I temi su cui i cittadini si sono concentrati maggiormente sono stati: la tutela del diritto di regolamentazione, la creazione e il funzionamento di tribunali arbitrali, la correlazione tra l’ordinamento nazionale e l’ISDS e il riesame della correttezza giuridica delle decisioni ISDS ad opera di un meccanismo d’appello.

Letizia Pascale
13 gennaio 2015
www.eunews.it/2015/01/13/ttip-accordo/28377
wheaton80
00giovedì 7 maggio 2015 03:18
Clamoroso! L'ONU chiede la sospensione dei negoziati sul TTIP

Il TTIP è una minaccia per i diritti umani. L'allarme arriva da un alto funzionario delle Nazioni Unite che, in un'intervista al The Guardian (http://www.theguardian.com/global/2015/may/04/ttip-united-nations-human-right-secret-courts-multinationals), avverte i cittadini europei sulle conseguenze dell'approvazione del Trattato di libero scambio fra Stati Uniti ed Europa, i cui negoziati sono entrati nella fase cruciale. "L'ONU non vuole un ordine internazionale post democratico - dice il rappresentante dell'ONU Alfred de Zayas - Bisogna fare tesoro delle lezioni passate. Già in altri trattati internazionali le multinazionali sono riuscite a bloccare le politiche dei governi grazie all'aiuto di tribunali segreti che operavano al di fuori della giurisdizione nazionale. Lo stesso meccanismo si vuole riproporre con il TTIP". Si contano ben 600 casi in cui queste "corti" sono intervenute scavalcando la libera volontà dei rappresentanti dei cittadini. Fra le più clamorose quella del gruppo svedese Vattenfall, attivo nella produzione di energia nucleare, che ha fatto causa al governo tedesco contro la sua decisione di dismettere le centrali nucleari a seguito del disastro di Fukushima. Altra causa è stata intentata contro il governo egiziano dal gruppo francese Veolia, leader mondiale nel trattamento dei rifiuti. La ragione? Con una legge ha alzato la soglia del reddito minimo e non potrà più sfruttare i lavoratori egiziani. Il TTIP deve essere sospeso perché le multinazionali lo userebbero per indebolire i diritti umani. L'articolo 103 della Carta delle Nazioni Unite è chiaro: a dirimere i contrasti tra i suoi membri c'è la stessa Carta e non segreti Tribunali che rispondono non si sa a chi... (http://www.onuitalia.it/nu/statuto/cap16.html). Nessun giornale ospiterà questo monito dell'ONU contro il TTIP. Il Movimento 5 Stelle è l'unica forza politica italiana a denunciare tutto questo. Il TTIP è dannoso non solo per la democrazia, ma anche per la salute dei consumatori e per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese, vera ossatura dell'economia europea. Una vittoria dei pro-TTIP darebbe carta bianca alla Commissione europea. Ecco perché è importante far sentire forte la voce dei cittadini all'interno del Parlamento europeo, dove adesso la battaglia politica entra nel vivo. Bisogna stare col fiato sul collo dei negoziatori. Molte Commissioni del Parlamento europeo hanno già espresso pareri che sconfessano, di fatto, i negoziatori. In quattro Commissioni - Affari costituzionali, Ambiente, Petizioni e Giuridica - sono stati votati pareri in cui è esplicitamente inserita la contrarietà all'ISDS (l'arbitrato che dovrebbe dirimere le discordie fra le multinazionali e gli Stati). Adesso tocca alla Commissione Commercio Internazionale decidere. I portavoce che ne fanno parte, David Borrelli e Tiziana Beghin, hanno già presentato 44 emendamenti per smantellare il TTIP. Il 28 maggio questa Commissione voterà il testo finale che verrà poi discusso in plenaria a Strasburgo nella sessione di Giugno.

#StopTtip
05.05.2015
www.beppegrillo.it/movimento/parlamentoeuropeo/2015/05/clamoroso-lonu-ch...
wheaton80
00domenica 14 giugno 2015 17:10
La sinistra blocca Obama sul libero scambio

Tradito dai suoi, Barack Obama subisce una pesante sconfitta sul libero scambio. Fatale è stata la diserzione in massa dei deputati democratici, compresa la loro capogruppo Nancy Pelosi. Coi voti contrari del suo stesso partito, non è bastato l’appoggio pur consistente tra i repubblicani. Per bloccarlo i democratici alla Camera oggi hanno bocciato una proposta di legge inserita da loro stessi, a difesa dei lavoratori licenziati per causa delocalizzazioni o per altri shock esterni dovuti alla concorrenza estera. Nancy Pelosi e i suoi hanno spiegato che quella tutela non era sufficiente. In realtà, bocciando quell'articolo, osteggiato anche da alcuni repubblicani in quanto ‘assistenzialista’, i democratici hanno trovato il modo per far saltare tutto. Obama non ottiene quel “fast-track”, corsia legislativa veloce che gli avrebbe consentito di firmare in tempi ragionevoli il trattato di liberalizzazione del commercio e degli investimenti con l’Asia-Pacifico. E’ la cosiddetta Trans Pacific Partnership (TPP), che con gli Stati Uniti coinvolge paesi come il Giappone e l’Indonesia. Senza l’approvazione del “fast-track” alla Camera i tempi si allungheranno molto. E’ incerto a questo punto se Obama riuscirà a firmare il trattato prima della fine del suo mandato, cioè prima del gennaio 2017. Gli europei per ora stanno alla finestra: l’analogo trattato che li riguarda, cioè la Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), è ancora più indietro nei negoziati. Ma la battuta d’arresto subìta dall’analoga liberalizzazione con l’Asia-Pacifico, di riflesso riduce le possibilità di un successo rapido nella partita USA-UE. Obama aveva avuto un presentimento, quando nelle ultime 48 ore si era precipitato a parlare personalmente coi notabili democratici al Congresso, per un tentativo in extremis di riconquistare qualche voto. Troppo tardi, però. Nelle settimane precedenti lui aveva sottovalutato il livello di mobilitazione contraria al trattato, nella base del suo partito. Erano scesi in campo tutti i sindacati, i movimenti della sinistra di base come Move On, e molte organizzazioni ambientaliste. Con loro si erano schierati due dei leader più rappresentativi dell’ala sinistra del partito, la senatrice Elizabeth Warren del Massachusetts e il sindaco di New York Bill de Blasio. La loro tesi: il nuovo capitolo delle liberalizzazioni non si distingue dai precedenti episodi dell’apertura globale (dal NAFTA al WTO), e quindi rappresenta una minaccia per i posti di lavoro americani, nonché per l’ambiente. Obama ha contrapposto la sua versione, simmetrica e contraria. Ha spiegato che il TPP e TTIP, proprio perché negoziano nuove regole fra nazioni già sviluppate, consentono di inserire tutele dei lavoratori, della salute e dell’ambiente. La sua frase preferita:“Se non siamo noi a stabilire le nuove regole della globalizzazione, allora lo farà la Cina, e il risultato non sarà favorevole ai nostri interessi”. La sua base non si è lasciata convincere, e ha inflitto al presidente una sconfessione bruciante.

12 giugno 2015
rampini.blogautore.repubblica.it/2015/06/12/lasinistrabloccaobamasulliberoscambio/?re...
wheaton80
00domenica 14 giugno 2015 17:37
Battuta di arresto per il TTIP, una vittoria dei movimenti

C’è chi cinguetta e chi telefona. Poi valanghe di email, ma soprattutto un monitoraggio congiunto e continuativo dei negoziati del Trattato Transatlantico (TTIP) e di quello Transpacifico (TPP), accomunati dalla volontà di egemonizzare il governo del commercio globale proprio quando la crisi economica, ambientale e sociale globale richiede, invece, un governo condiviso e ragionevole della cosa pubblica globale. È il lavoro che le campagne stop TTIP, CETA e TISA, su entrambe le sponde dell’Atlantico, portano avanti insieme da oltre due anni per bloccare la deregulation verticale di servizi, commerci e soprattutto standard e normative di sicurezza e qualità che questi trattati comporterebbero. La rilevanza dell’operazione di rafforzamento della democrazia e della trasparenza dei negoziati lo dimostrano gli ultimi risultati ottenuti da queste campagne, che vedono al lavoro insieme associazioni, ONG, sindacati, ma anche consumatori e piccole imprese, presenze inedite in azioni come queste. Aver tenuto sotto tiro per dieci giorni su Twitter, via email e su Facebook tutti quei parlamentari europei che sostenevano la versione peggiorativa della Relazione Lange sul TTIP, licenziata dalla Commissione per il Commercio Internazionale del Parlamento UE, chiedendogliene conto motivato e invitandoli a cambiare posizione, ha portato il Parlamento a non approvare il testo in quella versione e a riaffidarlo alla Commissione competente. I parlamentari della maggioranza, per di più, hanno votato secondo coscienza se discutere o no della scelta del rinvio, mostrando chiaramente agli elettori chi, a prescindere dagli schieramenti, avesse a cuore le loro ragioni o no. Dall’altra sponda dell’Atlantico c’è chi ha organizzato addirittura dei “call in” – ossia delle giornate coordinate di telefonate a tappeto ai congressisti eletti nel proprio stato – per invitarli a non concedere al presidente Obama la “corsia preferenziale” (fast track) per negoziare i trattati commerciali, che li sottrarrebbe al controllo democratico del Congresso.

E i centralini di Washington sembra siano stati messi a dura prova dall’azione, se non fossero bastati i leaks di Assange, che hanno rivelato ampi stralci dei testi negoziali del TPP, che puntano all’attacco dei servizi sanitari ed essenziali di molti paesi ricchi e poveri dell’area pacifica. Il punto, ribadiamo, non è promuovere una sterile polemica sul ruolo del commercio internazionale per il benessere condiviso, che pur si presta a letture molto diverse. Le campagne rivendicano, a una voce, il cui prodest. Guadagni commerciali risicati, riduzioni potenziali della sovranità nazionale e regionale ingenti, ma soprattutto la subordinazione di regole, standard, privacy e diritti, basi del patto sociale e della sostenibilità ambientale alle ragioni del commercio: sono questi i temi di cui oggi, finalmente, si discute in Europa e negli USA, non solo tra i “secchioni” del commercio internazionale e dello sviluppo, ma sempre più tra persone che si percepiscono come cittadini, consumatori, elettori, produttori, lavoratori, soggetti e non solo oggetti di politiche distanti quanto invasive. Il prossimo appuntamento per il movimento ‘Stop TTIP’ è il 13 luglio, quando i negoziatori europei e statunitensi si incontreranno a Bruxelles per un nuovo round di negoziati transatlantici. E il 10 ottobre, quando le capitali europee torneranno a rivendicare il diritto dei cittadini ad avere un ruolo nella governance globale. Verso un governo delle persone: più democratico, inclusivo, ridistribuivo e sostenibile.

Monica Di Sisto (vicepresidente di Fairwatch, tra i promotori della Campagna Stop TTIP Italia)
12 giugno 2015
www.eunews.it/2015/06/12/battuta-di-arresto-per-il-ttip-e-anche-merito-dei-movimen...
wheaton80
00martedì 16 giugno 2015 12:59
G7, il TTIP e la fase suprema della globalizzazione



Il dato più preoccupante del recente incontro del G7 è la promessa di realizzare in tempi brevi il TTIP, come ha rassicurato la cancelliera Merkel, ormai unica voce in rappresentanza dei Paesi europei, che non a casom per fare un piacere a Obama, non ha dimenticato di minacciare un inasprimento delle sanzioni alla Russia, colpevole di aver violato la sovranità dell’Ucraina quando tutti ormai sanno il gioco sporco che USA e UE hanno fatto e stanno facendo in quella regione. Se non fosse per l’irrilevanza di queste riunioni annuali, che non fanno altro che ribadire progetti e decisioni prese in altri contesti molto meno pubblicizzati, si potrebbe relegare il tutto all’ennesimo carrozzone messo in piedi dai Paesi più industrializzati, su impulso e direzione degli Stati Uniti che escludono i BRICS dalle loro riunioni, non abbastanza ligi alla visione del mondo che hanno a Washington, e ora anche la Russia. La cancelliera Merkel ha promesso a Obama di concludere le trattative sul TTIP entro la fine di quest’anno. Il Transatlantic Trade and Investment Partnership, o preferibilmente Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti, è un trattato di libero scambio che serve a modellare l’economia e il commercio europeo a immagine e somiglianza di quello statunitense. Ad una prima lettura superficiale può apparire sorprendente che la Germania, il Paese che di fatto guida l’Unione Europea imponendole l’austerity e il modello economico tedesco, possa aderire ad un Trattato che distruggerebbe il vantaggio competitivo che ha accumulato in questi anni a discapito dei Paesi dell’Europa del Sud. Non lo è poi tanto, se si considera che la Germania stessa commette un suicidio per la sua politica commerciale, quando continua ad applicare sanzioni economiche nei confronti della Russia, uno dei suoi partner commerciali più importanti. La dichiarazione della Merkel è dunque la conferma che l’Unione Europea non è che una periferia nella quale gli USA possono far valere i propri interessi politici e commerciali. Il TTIP è l’ultimo passo per l’abdicazione della sovranità degli Stati europei e la nascita di un’unica area commerciale dominata dall’egemonia di Washington. I cittadini europei e italiani ne sanno ancora ben poco perché su questo trattato e i suoi contenuti è stato mantenuto il più stretto riserbo. I documenti sulle trattative sono trapelati solo grazie al contributo di Wikileaks. Se avessimo atteso che le autorità europee e americane rendessero possibile l’accesso ai documenti avremmo dovuto attendere 30 anni, un tempo giudicato sufficientemente lungo dal capo delle negoziazioni dell’UE Ignacio Garcia Bercero, che ha ribadito il suo impegno alla controparte americana a non diffondere in alcun modo il contenuto delle trattative. Perché imporre la segretezza su un accordo che cambierà completamente l’assetto del commercio europeo e la sua economia? Chi è il vero beneficiario di questo trattato? I documenti descrivono un mercato senza più barriere e controlli, quella liberalizzazione totale che darebbe alle corporation americane l’opportunità di esportare le loro merci nei mercati europei, senza tutte quelle regolamentazioni che oggi ostacolano il commercio Europa-Usa. Il vantaggio dunque è solo americano. Quale sarebbe però l’impatto per le nostre economie? Forse è questa segretezza che ha spinto il Presidente dell’Europarlamento Martin Schulz a sancire che non deve esserci né voto né dibattito sul TTIP, suscitando forti tensioni nell’aula plenaria, che ancora una volta dimostra un grave deficit democratico delle istituzioni europee.

Aumento della disoccupazione
La storia recente insegna che gli accordi di libero commercio sono svantaggiosi per i Paesi che hanno più protezioni a livello salariale o diritti più solidi in materia di legislazione del lavoro, e vantaggiosi per chi ha deregolamentato il mercato del lavoro. Una volta che il Trattato entrerà in vigore, le imprese potranno aprire sedi in tutte le aree interessate dall’accordo ed essere trattate allo stesso modo delle imprese locali. Lo Stato in questo modo perde il potere di porre delle condizioni di entrata al suo mercato e non può regolamentare l’apertura di imprese straniere, che avranno lo stesso trattamento di quelle locali. Il mercato europeo e quello statunitense hanno ancora profonde differenze; il primo ha costi del lavoro più alti e sindacati più forti; il secondo ha costi del lavoro più bassi e una protezione sindacale molto più debole. E’ quindi facile immaginare che la creazione di un’unica area di libero scambio incentivi la migrazione di imprese europee sul suolo americano, attratte da costi più bassi. Sarebbe una riedizione del fenomeno della delocalizzazione di imprese europee verso l’Europa dell’Est e l’Asia, con gli Stati Uniti come nuovo mercato di riferimento e un conseguente aumento della disoccupazione interna per i Paesi che subiscono la chiusura delle imprese locali.

Sicurezza alimentare e ambientale
Gli standard europei sono decisamente più alti anche in questo settore. Circa il 70% dei cibi industriali nei supermercati americani contengono OGM, mentre in Europa, nonostante il lobbysmo delle multinazionali verso la Commissione Europea, ci sono norme molto più restrittive. Il TTIP sarebbe il cavallo di Troia perfetto per portare gli organismi geneticamente modificati sulle nostre tavole, e corporation come la Monsanto avrebbero il modo di dominare completamente il mercato dell’agricoltura europeo. L’industria delle biotecnologie in Europa sta lavorando a stretto contatto con quella statunitense proprio per aumentare la diffusione di OGM nel mercato alimentare europeo. Con le norme attuali, circa il 40% dei cibi americani non potrebbe essere venduto in Europa, a causa delle restrizioni sugli interferenti endocrini che vengono utilizzati ad esempio nelle carni americane, sottoposte ad un trattamento a base di ormoni della crescita oppure trattate con cloro; una procedura espressamente vietata dall’UE nel 1997.

Privatizzazioni

Cosa non è stato ancora toccato dalle privatizzazioni? Attualmente la sanità pubblica non è ancora stata privatizzata, anche se le politiche dei tagli al bilancio l’hanno fortemente indebolita. Le compagnie assicurative americane che controllano la sanità americana vedono nell’Europa un importante mercato di sbocco e il TTIP rappresenta l’occasione attesa da tempo per sostituire i servizi pubblici sanitari europei. La logica è quella del business: al monopolista pubblico che ha esigenze e interessi diversi, si sostituisce l’oligopolio privato che vuole fare profitti. Sono interessate a questa dinamica anche le compagnie dei trasporti aerei, ferroviari e marittimi, le quali dovrebbero essere vendute a compagnie private transnazionali che in questo modo potrebbero gestire i servizi strategici essenziali dei Paesi europei.

Multinazionali superiori agli Stati nazionali

Questa forse è la parte più grave e inquietante. Negli accordi di investimento bilaterali esiste una clausola specifica che consente di mettere su un piano giuridicamente uguale o addirittura superiore le corporation rispetto agli Stati stranieri. Si tratta dell’ISDS (Investor-State Dispute Settlement), ovvero la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, uno strumento già presente nel trattato di libero scambio nordamericano (NAFTA). Invocando questa clausola, le multinazionali avrebbero il potere di trascinare gli Stati in tribunali internazionali per esercitare una richiesta di danni contro quelle nazioni che non hanno permesso la vendita dei loro prodotti sul proprio territorio. Una situazione che ha dovuto fronteggiare il Canada alle prese con ricorsi di corporation straniere che si sono appellate a questo strumento. USA e UE stanno trattando per inserire questa procedura nel TTIP, e l’impatto di questa misura potrebbe essere devastante non solo per la sovranità degli Stati, che si troverebbero alle prese con i ricorsi (costosi) delle compagnie straniere, ma anche per i sistemi giuridici nazionali che verrebbero sottoposti al giudizio di tribunali internazionali. Non sarà neppure necessario passare prima per il giudizio di un tribunale nazionale, in quanto questa procedura consente alle corporation di scavalcare le giurisdizioni nazionali e ricorrere direttamente al giudizio dei tribunali internazionali, spesso espressione di corti fittizie patrocinate dagli avvocati delle stesse compagnie che ricorrono in giudizio. Non è difficile immaginare che questi tribunali sosterranno le ragioni delle compagnie transnazionali a discapito di quelle degli Stati nazionali. In conclusione, il TTIP non è solo una manifesta sottomissione degli interessi europei alla politica estera e commerciale statunitense, ma una definitiva trasformazione degli Stati che compongono l’Europa, che saranno completamente privati della loro sovranità in ambito economico, come già con l’euro sono stati privati della loro sovranità monetaria. Il TTIP è, insomma, la fase suprema della globalizzazione.

Paolo Becchi, Cesare Sacchetti
12 giugno 2015
www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/12/g7-il-ttip-e-lafasesupremadellaglobalizzazione/...
wheaton80
00mercoledì 1 luglio 2015 19:52
TTIP, a Bruxelles fallito il tentativo di insabbiare il dibattito

ROMA - Due minuti. Tanto è durata la riunione della Commissione Commercio Internazionale (INTA), chiamata a dar seguito alla richiesta - imposta dal presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz con tre gruppi parlamentari nella plenaria del 10 giugno - di scremare gran parte dei 116 emendamenti presentati in aula alla relazione Lange sul TTIP. Il documento dovrebbe dar conto della posizione del Parlamento Europeo sui negoziati di liberalizzazione commerciale e finanziaria tra USA e UE. “Posizione che al socialdemocratico Schulz era parsa non abbastanza favorevole al TTIP, tanto da trovare l'escamotage per rinviarne il voto in Aula”, sottolineano i promotori della campagna “Stop TTIP”, che sottolineano come Schulz “si era appellato all'art. 175 del regolamento dell'Eurocamera, secondo cui oltre i 50 emendamenti si può chiedere un riesame degli stessi alla Commissione competente, in modo da evitare lungaggini. In realtà, si trattava del maldestro tentativo di non finire in minoranza su temi caldissimi come l'introduzione di un arbitrato privato per la difesa dei diritti degli investitori contro le decisioni degli Stati (il famigerato ISDS), che ha suscitato forti contrarietà tra le fila degli stessi socialdemocratici”. La campagna però può cantare vittoria, visto che i membri della Commissione INTA hanno liquidato il tema prendendo atto che due emendamenti erano stati ritirati, uno soppresso e rispedendone dunque alla plenaria, con decisione condivisa da tutti i gruppi politici, ben 113. “Una pessima figura per il presidente Schulz e per tutto il blocco socialdemocratico e popolare cui hanno rispedito la patata bollente, dimostrando l'inutilità del rinvio in Commissione. Restano in piedi 113 obiezioni ad un testo già abbastanza contraddittorio e poco ambizioso, sia secondo i sostenitori sia secondo i contrari al TTIP. E quel dibattito approfondito nel merito che Schulz ha tentato, con questa mossa disperata, di rimandare, non pare più rinviabile anche a giudizio di tutte le famiglie politiche parlamentari”. Da ricordare che dalle 16.30 i profili di nove europarlamentari italiani sono inondati di tweet. All'inizio del voto, infatti, è scattata la nuova azione della campagna Stop TTIP anche sui social. Il Parlamento Europeo, però, nella prossima plenaria deve già discutere la questione greca, e quindi rischia di mandare la Commissione UE ad affrontare il prossimo round negoziale - al via il 13 luglio prossimo - a mani libere, senza specifiche indicazioni.

“Uno schiaffo ulteriore ai rappresentanti eletti da parte del presidente Schulz, e un ingiustificabile via libera di fatto per la Commissione, il cui operato invece è messo in dubbio in più passaggi dalla pur morbida Relazione Lange”, spiegano ancora i promotori della campagna. "Grazie alla pressione quotidiana della società civile, anche questo tentativo di insabbiare il dibattito sul TTIP non è andato a buon fine”, dichiara Elena Mazzoni, tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP. Il Parlamento Europeo vuole discutere a fondo questa Relazione, esponendone tutte le criticità. E noi continueremo a spingere perché le preoccupazioni di un numero sempre crescente di cittadini europei, e degli oltre 54mila italiani che hanno firmato la petizione ‘Stop TTIP’, prevalgano e fermino il negoziato". Criticità già evidenziate in passato, che nel testo originale restano tutte: diritti, ambiente, tutela dei beni comuni, lavoro. Il TTIP metterebbe a repentaglio ciascuno di questi macro settori, peggiorando una situazione che per l'Italia si sta facendo insostenibile anche senza aver ancora sottoscritto il trattato:"Basti pensare alla diffida che l'Unione Europea ha inviato al nostro Paese”, ricorda Monica Di Sisto, tra i portavoce della Campagna, “chiedendo la fine del divieto di utilizzo del latte in polvere per produrre formaggio e altri derivati. C'è una parte dell'Italia che guadagna dalla qualità, e un' Europa - la stessa che guarda Oltreoceano e sostiene il TTIP come strumento di forzatura delle regole - che considera la protezione delle produzioni di qualità come un ostacolo al principio di libera circolazione delle merci. E' questa l'Europa che vogliamo mettere in discussione fermando il TTIP e aprendo un dibattito nel Paese sia sulle sue modalità d'azione sia su quello che, invece, vorremmo rappresentasse". Anche da pericoli come l'ISDS l'Italia non è esente:“Il vice Ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, dopo aver più volte assicurato che non abbiamo nulla da temere dall'arbitrato internazionale, è stato smentito dai fatti. Il governo ha appena subìto una denuncia all'ICSID da parte di tre investitori esteri, appellatisi al Trattato sulla Carta dell'Energia per contestare i tagli al fotovoltaico legati (presumibilmente) al decreto Romani del 2011. Con il TTIP aumentano le probabilità che i processi salgano di numero e colpiscano molti altri ambiti della nostra vita sociale. Ecco perché la Campagna ‘Stop TTIP’ continuerà a chiedere l'esclusione dall'accordo, i cui termini sono oggi sempre più contestati in tutta Europa”.

30 giugno 2015
www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/486738/Ttip-a-Bruxelles-fallito-il-tentativo-di-insabbiare-il-d...
wheaton80
00giovedì 2 luglio 2015 00:20
TTIP, Stiglitz:"Non firmate!"



Il premio Nobel per l'economia (2001) Joseph Stiglitz, ospite del Parlamento italiano il 24 settembre 2014, parla del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership)
wheaton80
00mercoledì 15 luglio 2015 16:29
TTIP: trattato USA-UE sul commercio, lati oscuri e rischi che i governi non contino più nulla

ROMA - Il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), pur avendo negoziati segreti tra USA e UE, porta avanti l'obiettivo dichiarato di abbattere dazi e dogane tra Europa e Stati Uniti. La Campagna Stop TTIP, che coinvolge associazioni, società civile e ONG, assieme alle considerazioni dell'economista Leonardo Becchetti, illustrano come il Trattato potrebbe mettere in ginocchio gli Stati contro le multinazionali.

Cos'è il TTIP
Il Trattato transatlantico di liberalizzazione commerciale, che mira alla più completa liberalizzazione del commercio UE-USA, è uno degli argomenti più dibattuti in campo socio-economico. Viene definito "accordo di seconda generazione", perché non si occupa soltanto di tariffe, ma anche di regolamentazioni. Il TTIP è stato siglato nel luglio 2013, ma già il 22 novembre 1990 si firmava la prima di una serie di dichiarazioni e accordi transatlantici che inauguravano vertici annuali fra Europa e Stati uniti per promuovere il libero scambio. Dopo 13 anni, il TTIP si propone di creare il più grande mercato del mondo, con il 50% del PIL globale e oltre 800 milioni di consumatori.

Un muro contro i Paesi emergenti
"Il trattato è costituito da accordi privati tra UE e Stati Uniti - dichiara Monica Di Sisto, portavoce nazionale della campagna Stop TTIP - con lo scopo di arginare l'avanzata indiscutibile di Paesi emergenti quali Cina, India, Brasile, attraverso l'introduzione di organismi tecnici molto potenti, come l'Investor State Dispute Settlement. L'ISDS è un meccanismo di protezione degli investimenti che consentirebbe alle imprese USA e UE di citare gli opposti governi qualora introducessero normative, anche importanti per i propri cittadini, atte a ledere i loro interessi passati, presenti e futuri".

L'ISDS e le aziende contro gli Stati
Il meccanismo di protezione degli investimenti (ISDS), cioè, con l'approvazione del Trattato, darebbe alle aziende la possibilità, anomala rispetto alle norme vigenti, di citare in giudizio direttamente gli Stati, per qualsiasi intromissione nei loro affari, e le vertenze non verrebbero giudicate da tribunali ordinari, ma da un consesso riservato di avvocati commerciali (ICSDS), che giudicherebbe, sulla base del trattato stesso, se uno Stato sta creando danni a un'impresa. Se venisse trovato colpevole, quello Stato potrebbe essere costretto a ritirare il provvedimento o a risarcire l'impresa. Secondo i dati dell'UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development, organo delle Nazioni Unite per il commercio, investimenti e sviluppo), attualmente gli Stati vincono nel 36% dei casi, le imprese nel 24% e la restante parte riguarda patteggiamenti. A oggi, in Paesi come Australia, Uruguay, Germania, Canada, l'ISDS impone ai governi di pagare multe assai onerose.

ICSDS: il tribunale per le multinazionali
"Il punto più controverso del TTIP - spiega Leonardo Becchetti, professore di Economia politica dell'Università Tor Vergata, Roma - è l'affidamento delle controversie a un tribunale arbitrale internazionale (l'ICSDS, come sù accennato). Per gli Stati sarà molto difficile far valere i principi di difesa, salute, ambiente, tutela del lavoro. I tribunali arbitrali internazionali sono infatti quei luoghi dove la Vattenfall (azienda svedese di energia elettrica) ha chiesto alla Germania 4 miliardi di euro di risarcimento per aver abbandonato l'energia nucleare; dove la Veolia (società francese di servizio pubblico) ha reclamato all'Egitto di risarcirla per l'aumento del salario minimo; e dove l'Uruguay è stato citato per danni dalla Philipp Morris per la pubblicità antifumo e per il divieto delle sigarette ai minori di 18 anni. I vantaggi di quest'accordo? Soltanto qualche decimo in più di PIL".

I settori più a rischio: agricoltura, chimica, carta
La società di analisi e ricerca economica Prometeia SPA, nel 2013 ha diffuso un rapporto nel quale descrive i settori coinvolti nel TTIP e sottolinea quelli che risulterebbero più a rischio: filiera chimica, industria della carta e del legno e soprattutto produzione agricola potrebbero essere vittime sacrificali del TTIP.

Una questione di democrazia, oltre che di economia
"Se si concluderà questo negoziato - conclude Monica Di Sisto - a rischio saranno le micro e piccole imprese, le produzioni tipiche, gli standard agroalimentari. Ma il TTIP non è soltanto una questione economica. Come denunciato dall'europarlamentare liberale francese Sylvie Goulard a proposito della Grecia, c'è un progressivo spostamento delle decisioni dal dibattito democratico a gruppi sempre più ristretti di tecnici e commissari e il TTIP è coinvolto in questo meccanismo. La segretezza dei negoziati, per esempio, è un modo per negare il controllo dei cittadini su decisioni che impongono austerity, decimando così diritti e tutele e liberalizzando i mercati a vantaggio degli interessi forti".

ICE, Banca Etica, ONG e la petizione per bloccare il TTIP
Fino al 6 ottobre 2015, associazioni, ONG (tra cui Legambiente, Greenpeace, Mani Tese, Fairwatch, Funzione Pubblica, CGIL, ATTAC, COSPE, AIAB, Banca Etica) e l'Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), portano avanti una petizione (http://stop-ttip.org/firma) per evitare l'approvazione di uno tra i Trattati più controversi dei nostri tempi.

Marta Rizzo
09 luglio 2015
www.repubblica.it/solidarieta/equoesolidale/2015/07/09/news/ttip_il_trattato_della_discordia_sul_commercio_usa-ue-11...
wheaton80
00sabato 1 agosto 2015 20:45
TPP: Obama sconfitto in Asia

Un nuovo smacco per il cosiddetto ''Pivot to Asia'', la strategia asiatica del Presidente USA Barack Obama: i negoziati per la Partnership Trans-Pacifico (TPP), cioè l'area di libero scambio tra 12 Paesi sostenuta dagli Stati uniti, non hanno portato a un risultato. Dopo diversi giorni di trattativa nelle Hawaii, il rappresentante del commercio USA Michael Froman, in un comunicato a nome dei 12 Paesi partecipanti, ha insistito che sono stati fatti ''progressi significativi'' ma niente accordo. Sono otto anni che gli USA cercano di chiudere questa partita, iniziata da Obama già nel primo anno del suo primo mandato. Quello della TPP è uno schema che non convince le opinioni pubbliche di diversi Paesi, le quali vedono nell'accordo più un favore alle grandi multinazionali che un reale vantaggio per le economie nazionali. Da notare che l'omologo atlantico di questo trattato voluto da Obama e fallito in Asia trova le medesime obiezioni e resistenze in Europa: per quale motivo spianare la strada alle multinazionali americane i cui prodotti sono l'esatto contrario, per esempio nel settore alimentare, di qualità e salute? In Asia hanno detto ''no'', nell'Unione Europea invece gli euroburocrati non vedono l'ora di dire sì.

1 agosto 2015
www.ilnord.it/i-1562_TPP_OBAMA_SCONFITTO_IN_ASIA
wheaton80
00domenica 11 ottobre 2015 14:28
TTIP, in 250 mila per dire no al trattato: in Italia è silenzio mediatico

Tace (per ora) la stampa mainstrem in Italia sull’incredibile manifestazione che si è tenuta poche ore fa a Berlino: 250 mila persone hanno ribadito il loro no al TTIP, il Trattato commerciale tra USA e UE. La manifestazione di oggi apre una settimana di eventi che si terranno in tutta Europa, fino al 17 ottobre, per ribadire al governo europeo che i cittadini del vecchio Continente non sono soddisfatti delle trattative in corso, peraltro tenute segrete, circa gli accordi commerciali con gli Usa. Gli organizzatori della manifestazione attendevano 50 mila partecipanti, dunque un successo ben oltre le aspettative la presenza di circa 250 mila persone giunte da tutta Europa per chiedere la sospensione di un Trattato economico che di fatto renderebbe la globalizzazione un enorme svantaggio per il vecchio continente.



In Europa sono state già raccolte 3 milioni di firme di cittadini che hanno così dichiarato che non sono soddisfatti del Trattato di libero scambio, che peraltro, viene discusso e deciso in totale segretezza. In Italia si è tenuta oggi 10 ottobre una piccola manifestazione a cura di Greenpeace Italia, dove nelle principali piazze del centro storico di Genova, i volontari del gruppo locale di Greenpeace hanno effettuato una attività di volantinaggio e sensibilizzazione riguardo i rischi connessi al TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), un accordo su investimenti e commercio tra Unione europea e Stati Uniti. Afferma Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia:“È assolutamente inaccettabile il livello di segretezza che circonda queste trattative e che non consente un dibattito trasparente e partecipato. Solo dopo mesi di protesta è stato dato un limitatissimo accesso ai contenuti, e persino gli europarlamentari hanno estreme difficoltà a consultare l’immensa documentazione. Per questo oggi i nostri volontari sono in piazza, per informare i cittadini e chiedere trattative trasparenti a chi sta negoziando i termini del TTIP”.

www.youtube.com/watch?t=8&v=i3BLN8U4fTY

10 ottobre 2015
iljournal.today/blogeko/2015/10/10/ttip-in-250-mila-per-dire-no-al-trattato-in-italia-e-silenzio-me...
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00mercoledì 28 ottobre 2015 01:49
ONU, parla l’esperto: l’ISDS è contro i diritti umani, stop ai negoziati TTIP

Non ha contribuito allo sviluppo, anzi: ha minato le fondamenta dell’ordine internazionale, con impatti devastanti sui diritti umani. Il dispositivo ISDS, contenuto in centinaia di accordi di libero scambio siglati nell’ultimo quarto di secolo, ha responsabilità pesanti, e nemmeno la riforma proposta dalla Commissione Europea mette al sicuro le società dalle drammatiche ricadute. Lo afferma Alfred de Zayas, esperto indipendente delle Nazioni Unite, nel suo quarto rapporto sulla “Promozione di un ordine internazionale equo e democratico” (http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/70/285). Il commercio, secondo de Zayas, deve essere plasmato in modo da «funzionare per i diritti umani e lo sviluppo, e non contro di essi». Nella relazione, presentata lunedì all’Assemblea Generale, l’esperto concentra l’analisi sull’impatto degli accordi sugli investimenti e chiede l’abolizione dell’ISDS. Un attacco durissimo al sistema che, prima di una sollevazione pubblica, l’Unione Europea voleva inserire nel TTIP. E il rischio è tutt’ora in piedi. «Negli ultimi venticinque anni – ha denunciato Alfred de Zayas – i trattati bilaterali e gli accordi di libero scambio con gli ISDS hanno influenzato negativamente l’ordine internazionale e minato i principi fondamentali delle Nazioni Unite, la sovranità dello Stato, della democrazia e dello Stato di diritto. Ciò induce una vertigine morale nell’osservatore imparziale. […] L’ISDS ha compromesso le funzioni regolatorie dello Stato e ha portato a crescere le disuguaglianze». A suffragio della propria tesi, l’esperto cita una sfilza di casi in cui la clausola – che consente alle imprese estere di trascinare uno Stato dinanzi ad opache corti arbitrali private e sovranazionali – è stata invocata per la presunta violazione degli accordi commerciali. La conclusione è questa: non vi è alcuna necessità di privatizzare la giustizia, perché «gli investitori possono sempre adire i giudici nazionali […] o fare affidamento sulla protezione diplomatica e le procedure inter-statali di risoluzione delle controversie». De Zayas non ha risparmiato nemmeno la recente proposta della Commissione Europea di cucire su misura per il TTIP un Investment Court System (http://stop-ttip-italia.net/2015/09/16/riforma-isds-ttip-333/), più “morbido” dell’ISDS vecchia maniera.

Infatti, questa corte «soffre di difetti fondamentali e potrebbe essere adottata solo se fosse garantito il primato dei diritti umani, e se le aree essenziali di regolamentazione dello Stato, tra cui il controllo del tabacco, degli standard del lavoro e la tutela dell’ambiente fossero esclusi dalla sua giurisdizione». Concessioni che né Bruxelles, né tantomeno Washington, sono d’accordo a fare. I due blocchi, anzi, vorrebbero accelerare il negoziato con l’obiettivo di concluderlo entro l’Amministrazione di Barack Obama. Ma per il consulente dell’ONU è inaccettabile: va posta una moratoria su tutti i negoziati in corso fino a che tutte le parti non siano state consultate. Questo significa che anche i sindacati, le unioni dei consumatori, gli operatori sanitari, gli esperti ambientali, di diritti umani e tutto l’articolato mondo della società civile hanno il diritto di esprimere un parere. Gli accordi che non sono figli della partecipazione del pubblico e senza una valutazione di impatto in termini di diritti umani (ex ante ed ex post), devono considerarsi privi di ogni legittimità democratica. «Gli Stati hanno obblighi, contenuti nei trattati sui diritti umani, di informare in modo proattivo il pubblico, garantire l’accesso alle informazioni, consultare l’elettorato e garantire partecipazione pubblica significativa nella conduzione degli affari pubblici – ha osservato de Zayas – La società civile dovrebbe esigere trasparenza e responsabilità da parte dei governi, invocare le disposizioni della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, e chiedere che l’adozione di eventuali futuri accordi bilaterali o multilaterali che hanno il potenziale di influenzare la vita e i diritti di milioni di persone siano oggetto di referendum». Con questo rapporto, l’esperto delle Nazioni Unite mostra quanto è distante il TTIP dal concetto di sostenibilità spesso declamato dalla Commissione Europea e dai Governi dell’UE. La stessa Organizzazione delle Nazioni Unite è chiamata a rispondere: Alfred de Zayas ha chiesto anche di indire una Conferenza mondiale degli accordi sul commercio e gli investimenti, al fine di renderli compatibili con la Carta delle Nazioni Unite e le norme sui diritti umani. «L’Assemblea Generale – ha reclamato – deve fare riferimento, per tali questioni giuridiche, alla Corte Internazionale di Giustizia, chiedendo un parere consultivo sulla priorità che i trattati sui diritti umani dovrebbero avere rispetto ad altri accordi, con la dovuta applicazione dell’articolo 103 della Carta delle Nazioni Unite, la quale prevede che in caso di conflitto essa prevalga su qualsiasi altro accordo internazionale». Oltre alla Corte Internazionale di Giustizia, il consulente ONU ha anche invitato la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la Corte Americana dei Diritti dell’Uomo e della Corte dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli Africani a testare la compatibilità degli accordi di libero scambio con le rispettive Convenzioni.

27 ottobre 2015
stop-ttip-italia.net/2015/10/27/onu-esperto-isds-contro-diritti-umani-stop-t...
wheaton80
00sabato 31 ottobre 2015 14:58
Grillo: la Germania blocca il trattato TTIP, ora tocca all'Italia

"Il TTIP è un accordo commerciale tra USA e UE di cui si sa poco o nulla. Non solo a causa dell'informazione italiana (al 73° posto nel mondo) che evita di sollevare il dibattito sul tema, ma anche perché i documenti relativi all'accordo sono tenuti segreti. La negoziazione dei termini del trattato è avvenuta tra un gruppo di burocrati. Gli stati membri UE non sono entrati nel processo negoziale e ora vengono interpellati solo per la ratifica". Lo scrive Beppe Grillo sul suo blog, lanciando contemporaneamente un sondaggio via Twitter: "Il parlamento tedesco blocca il TTIP, ora tocca all'Italia. Secondo te l'Italia dovrebbe fare altrettanto?". "Senza passare - sottolinea il leader del Movimento 5 stelle - dall'approvazione del popolo, basterà la firma di capi di governo non eletti da nessuno (è il caso dell'Italia e del Portogallo), che degli interessi nazionali se ne fregano. In Germania qualche settimana fa duecentomila cittadini informati sono scesi in piazza a dire no al TTIP con una manifestazione imponente che ha invaso la città di Berlino con centinaia di iniziative tra flashmob, presidi, seminari ed eventi pubblici". "Non sono passati inosservati, perché subito dopo Norbert Lammert, presidente del Bundestag (il Parlamento Federale della Germania), ha detto:“Escludo categoricamente che il Bundestag ratifichi un contratto commerciale tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti, non avendo mai partecipato ai negoziati e non avendo nemmeno potuto prendere in considerazione opzioni alternative”.

Insieme al Ministro dell'Economia Sigmar Gabriel, Lammert ritiene che l'accesso finora limitato alle informazioni da parte statunitense sia inaccettabile, sia per il governo che per il parlamento”. Del TTIP "le istituzioni italiane - accusa Beppe Grillo - non parlano. Laura Boldrini a giugno aveva incontrato Cecilia Malmstrom, commissaria UE che si occupa del TTIP. All'epoca la Boldrini aveva parlato di un'intesa a rendere più trasparente il trattato e a non 'trattare al ribasso su salute e ambiente'. Parole vuote. Dopo mesi il trattato non è più trasparente e non vi è alcuna garanzia per salute e ambiente: Boldrini batti un colpo!". A giudizio del leader M5S, "le istituzioni italiane e il governo vogliono ratificare il TTIP e fare gli interessi delle lobby e delle multinazionali americane. Non muoveranno un dito per tutelare gli interessi dell'Italia. Non possiamo fidarci di loro. Il popolo deve difendersi. I cittadini italiani devono potere esprimere il loro volere sul TTIP, che porterà nelle loro tavole pollo al cloro e altre aberrazioni alimentari e darà la mazzata finale alle PMI nostrane e il M5S si sta organizzando per fare in modo che questo avvenga il prima possibile. Il Parlamento dovrà prenderne atto".

30 ottobre 2015
it.notizie.yahoo.com/grillo-la-germania-blocca-il-trattato-ttip-ora-182147...
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00domenica 1 novembre 2015 18:54
TTIP, a Miami il negoziato non avanza: lontana anche l'intesa sui dazi

Gli anti-TTIP esultano. L'undicesimo round di negoziati per l'accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione Europea - andato in scena dal 19 al 23 ottobre a Miami - si è concluso con un nulla di fatto. E l'intesa si allontana. Di più: il dodicesimo incontro tra le due delegazioni che si sarebbe dovuto tenere in Europa a dicembre probabilmente slitterà a febbraio. Insomma, a meno di improbabili colpi di coda, il TTIP non vedrà la luce prima del 2017, poi dovrà essere approvato dal Consiglio Europeo e dell'Europarlamento. Infine, per entrare in vigore, avrà bisogno della ratifica di tutti e 28 i Paesi membri dell'UE: basterà un "no" a far saltare tutto. "Un'intesa entro l'anno prossimo è fuori discussione", ha più volte ribadito Bernd Lange, relatore sul TTIP della Commissione Commercio Internazionale dell'Europarlamento:"Parliamo di uno scambio di valori globali ed è per questo che sono disponibile a negoziare. Poi vedremo se l'accordo sarà buono. Se non lo sarà il Parlamento potrà respingerlo". Intanto i negoziati procedono al rilento:"L'ultima è stata una settimana di duro lavoro, ma davanti la strada è ancora lunga. Di certo la cooperazione è possibile solo se il livello di protezione per i cittadini non cambia o migliora", dice Ignacio Garcia Bercero, capo dei negoziatori europei, di ritorno dal tavolo delle trattative, facendo il punto con i parlamentari comunitari. Le parti, però, restano lontane. Eppure la volontà dei tecnici è quella di chiudere sotto l'amministrazione Obama, entro il prossimo autunno. Dal loro punto di vista, uno slittamento sarebbe pericoloso: nel 2017 la Francia torna al voto insieme alla Germania e in Gran Bretagna si terrà il referendum sulla permanenza nell'Unione Europea. Nel 2018, poi, toccherà all'Italia. Difficile che i candidati siano disposti a cedere al pressing americano, davanti alle crescenti proteste di piazza. Dall'altra parte dell'Atlantico, invece, la corsa alla Casa Bianca entrerà nel vivo proprio a gennaio: anche in questo caso i candidati alla successione di Obama potrebbero giocare un ruolo fondamentale. Neppure loro avranno intenzione di cedere alla richieste europee.

Insomma, per il momento sono più le "buone intenzioni" dei negoziatori dei fatti concreti. E i temi a dividere sono sempre tanti. "L'unico obiettivo raggiunto è la comune volontà di cancellare i dazi sui beni per il 97% dei prodotti, ma le offerte delle parti sono ancora lontane", dice l'Europarlamentare del M5s Tiziana Beghin, che aggiunge:"Per alcuni beni alimentari le tariffe doganali resteranno, ma non è stato ancora deciso quali saranno e per gli americani il capitolo agricolo è molto sensibile. E' una cosa dalla quale non possono prescindere, così come noi non possiamo cedere su carne e coltiviazioni OGM. Poi non è neppure stato affrontato il tema dell'auto, che in termini economici sarebbe il settore a beneficiare maggiormente dell'intesa. Per noi, mai come in questo caso, nessuna nuova è una buona nuova". Dopo quasi tre anni di trattative, i punti di frizione tra le parti sono sempre gli stessi: agricoltura e alimentazione; protezione e accesso agli investimenti; trasferimento di dati e accesso alle informazioni. E in questi settori non vengono fatti progressi. Il tema delle etichettature con la protezione dei prodotti DOC e IGP è ferma ai blocchi di partenza perché per gli americani resta un tabù. Gli stessi americani che, invece, vogliono accesso al mercato europeo con il loro carico di OGM, che pure non sono oggetto di trattativa, ma rappresentano gran parte delle coltivazioni USA. A Miami, invece, Bruxelles avrebbe dovuto formalizzare la sua nuova proposta per una corte d'arbitrato che risolva le dispute tra Stato e imprese al posto del contestato sistema dell'ISDS, la clausola a tutela degli investimenti delle imprese, ma l'offerta europea è rimasta chiusa nel cassetto. D'altra parte il commissario UE al Commercio Internazionale, Cecilia Malmstroem, ha ribadito che "le cose si stanno muovendo ma ci vuole tempo". Probabilmente la proposta europea non è neppure stata presentata dopo che - informalmente - gli americani avevano fatto sapere che l'offerta non andava nella giusta direzione.

L'ISDS voluto dagli americani è un meccanismo di protezione degli investimenti perché permette alle imprese di citare in giudizio gli Stati che approvino norme, anche importanti per i propri cittadini, potenzialmente nocive per i loro profitti: troppo, almeno per alcuni Paesi europei. Se il tema del flusso di dati non è stato neppure accennato, quello della trasparenza è stato affrontato solo marginalmente. L'UE si sta impegnando per migliorare l'accesso alle informazioni sullo sviluppo delle trattative coinvolgendo di continuo il Parlamento Europeo, ma problemi tecnici e legislativi americani impediscono di trovare una soluzione più facile per accedere alla documentazione. Tra gli altri temi trattati c'è quello degli appalti pubblici: le discussioni sono cominciate a livello federale, ma non statale. Di fatto manca un'offerta formale da parte degli Stati Uniti per liberare l'accesso al mercato, che resta chiuso con il 'buy american', che rende più difficile lo sbocco. C'è, invece, la garanzia che non verranno toccati i servizi pubblici. Nel frattempo, secondo i calcoli fatti propri dalla Commissione UE, dal TTIP, l'economia europea ne trarrebbe un vantaggio calcolabile in un aumento del PIL di quasi 120 miliardi di euro l'anno. Un aumento che andrebbe a regime, però, solo nel 2027, dopo 10 anni di funzionamento del patto. Tradotto: l'economia europea crescerebbe di mezzo punto di PIL nell'arco di dieci anni: dunque, lo 0,05 per cento in più l'anno. Molti, invece, temono che il trattato distrugga posti di lavoro, causando disoccupazione dove i diritti dei lavoratori sono più elevati (in questo caso in Europa). Tra i casi citati ricorre spesso quello del NAFTA, l'accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Canada e Messico: in 12 anni gli USA hanno perso un milione di posti di lavoro, anziché crearne migliaia di nuovi.

Giuliano Balestrieri
31 ottobre 2015
www.repubblica.it/economia/2015/10/31/news/ttip_bercero-126083...
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00domenica 17 aprile 2016 15:33
Salute alimentare, con il TTIP si corrono grossi rischi. L'allarme della CGIL

Sul TTIP, il Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti, ci sono "moltissimi rischi, specialmente per i consumatori. Ogni anno negli USA ci sono 48 milioni di persone colpite da cibi contaminati" che portano alla morte 3mila persone per le conseguenze da 'avvelenamento'. Pietro Ruffolo, responsabile delle politiche europee di FLAI/CGIL, intervenuto ieri alla Camera alla conferenza stampa di presentazione della campagna 'Stop TTIP Italia', preludio della manifestazione di protesta contro il TTIP in programma il 7 maggio a Roma, cita numeri molto precisi nella sua denuncia. "In Europa ogni anno ci sono 70mila persone che si ammalano per cibo contaminato - spiega Ruffolo - mentre i numeri statunitensi sono nettamente superiori". Alla base di questa differenza c'è un approccio diametralmente opposto tra le due coste dell'Atlantico. "Da noi - osserva il responsabile politiche europee FLAI/CGIL - esiste la precauzione preventiva. Prima si controlla un prodotto e poi lo si immette sul mercato. In USA avviene il contrario: si immette il prodotto e poi, eventualmente, è il consumatore a spese sue che fa partire una class action".

16 aprile 2016
www.controlacrisi.org/notizia/Economia/2016/4/16/47090-salute-alimentare-con-il-ttip-si-corrono-grossi...
wheaton80
00domenica 17 aprile 2016 15:50
7 maggio contro il TTIP
Nuova finanza pubblica. Dopo la grande manifestazione di ottobre a Berlino, con oltre 250.000 persone, dopo la consegna, sempre a ottobre, di oltre 3 milioni di firme all’Unione Europea e data la fase in cui sta entrando il negoziato, la campagna Stop Ttip Italia ha deciso di convocare un grande appuntamento nazionale sabato 7 maggio a Roma

A quasi tre anni dall’avvio, il Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP), in corso di negoziazione tra USA e UE, sta entrando in una fase decisiva. Nonostante i ripetuti tentativi, dapprima di mantenerlo segreto, e poi di presentarlo come un accordo «tecnico», è ormai più che evidente di come in realtà si sia di fronte ad un pericoloso attacco ai diritti e alla democrazia. Sono in gioco il cibo e la sicurezza alimentare, l’acqua, i beni comuni e i servizi pubblici, l’istruzione e la sanità, i diritti del lavoro e l’occupazione, la tutela ambientale e sociale, e sono a rischio interi comparti produttivi delle piccole e medie imprese. Ma è a rischio soprattutto la democrazia, con la possibilità per le imprese multinazionali di chiamare in giudizio i governi e le autorità pubbliche per normative che ostacolino i loro investimenti e relativi profitti. Nei prossimi mesi i negoziati entreranno in una fase di accelerazione. Infatti, nonostante gli incontri negoziali siano ben lungi dall’aver trovato un accordo su molti dei punti in agenda, esiste una forte pressione per produrre una sintesi prima che le elezioni statunitensi entrino nel vivo, con il rischio di regalare ai cittadini un esito molto pericoloso: un accordo quadro generico, che permetta a USA e UE di sbandierare il risultato raggiunto, per poi procedere alla sua applicazione dettagliata attraverso tavoli «tecnici», che opereranno con ancor più segretezza e opacità di quelle che da tempo i movimenti sociali denunciano. È l’ennesimo tentativo di depotenziare una protesta che in questi tre anni si è estesa a macchia d’olio su entrambe le sponde dell’Atlantico, mettendo assieme comitati, associazioni di movimento, organizzazioni contadine e sindacali, consumatori, cittadine e cittadini, che hanno rivendicato trasparenza e sfidato la segretezza che ha circondato tutto il negoziato sul TTIP.



Una campagna che denuncia il delinearsi di un nuovo quadro giuridico pericoloso per i diritti e la democrazia, nel quale i profitti delle lobby finanziarie e delle grandi multinazionali prevarrebbero sui diritti individuali e sociali, sulla tutela dei consumatori, sui beni comuni e sui servizi pubblici, negando ogni possibilità a un altro modello sociale che non sia quello liberista, nell’epoca della finanziarizzazione della società e dell’intera vita delle persone. In questi tre anni, anche in Italia è nata e si è diffusa la campagna Stop TTIP, costruendo – territorio per territorio – informazione, sensibilizzazione e mobilitazione sociale. Dopo la grande manifestazione di ottobre a Berlino, con oltre 250.000 persone, dopo la consegna, sempre a ottobre, di oltre 3 milioni di firme all’Unione Europea e data la fase in cui sta entrando il negoziato, la campagna Stop TTIP Italia ha deciso di convocare un grande appuntamento nazionale sabato 7 maggio a Roma. Una giornata con manifestazione nazionale, che chiede a tutte le donne e gli uomini da sempre attivi in difesa dei diritti e dei beni comuni, ai sindaci, ai comitati, alle reti di movimento, alle organizzazioni sindacali, alle associazioni contadine e dei consumatori, agli ambientalisti, al mondo degli agricoltori e delle piccole imprese e a tutti quanti hanno a cuore la democrazia, di essere presenti per dimostrare concretamente il rigetto del TTIP e la rivendicazione di un altro modello sociale, più giusto e solidale. Governi e lobby economico-finanziarie considerano ineluttabili le politiche liberiste e di austerità e chiedono rassegnazione. E’ venuto il momento di rispondere con la partecipazione, per dire forte e chiaro che il futuro non si vende. Tutte e tutti insieme è possibile.

Campagna Stop TTIP Italia

Web: stop-ttip.italia.net
Facebook: www.facebook.com/StopTTIPItalia/
Twitter: StopTTIP_Italia
E-mail: stopttipitalia@gmail.com

Marco Bersani
16.04.2016
ilmanifesto.info/7-maggio-contro-il-ttip/
wheaton80
00martedì 26 aprile 2016 00:00
Germania, in decine di migliaia in piazza a Hannover contro il TTIP tra USA e UE

Alla vigilia della visita di Barack Obama a Hannover, in Germania, decine di migliaia di persone sono scese nelle strade del capoluogo della Bassa Sassonia, per protestare contro il Trattato Commerciale che viene negoziato da Stati Uniti e Unione Europea. Diverse, ma pur sempre rilevanti, le stime sul numero dei partecipanti: 35mila secondo la polizia, 90mila secondo gli organizzatori dell’iniziativa. Simone Peter, co-presidente del Partito Verde, afferma che il trattato, denominato TTIP, preoccupa non solo i tedeschi e gli europei, ma anche gli americani. “Il nostro messaggio per Obama – dice – è che siamo al fianco della società civile negli Stati Uniti”. “Diverse ONG – sostiene l’attivista Hanni Gramann – hanno avuto accesso ai documenti, ad esempio a quelli del Trattato di Libero Scambio tra Unione Europea e Canada, e possiamo dire che i nostri non sono soltanto timori. E’ un fatto che le multinazionali avranno diritti speciali e che il principio di precauzione non sarà più rispettato. Questi sono fatti”. Il TTIP sarà tra i temi che verranno affrontati nell’incontro di domenica tra Obama e Angela Merkel, alla grande Fiera dell’Industria di Hannover. Entrambi hanno già difeso il valore dell’accordo, dicendosi convinti che contribuirà a creare posti di lavoro e a migliorare gli standard di vita su entrambe le sponde dell’Atlantico.

23 aprile 2016
it.euronews.com/2016/04/23/germania-in-decine-di-migliaia-in-piazza-a-hannover-contro-il-ttip-tra-u...
wheaton80
00lunedì 2 maggio 2016 22:24
Trattato USA-UE sul commercio, Greenpeace pubblica 240 pagine segrete:“Zero tutele su sicurezza e ambiente”

E’ TTIP-leaks. Mentre si allungano i tempi per la chiusura dell’accordo, una nuova grana si abbatte sul trattato sul commercio tra Stati Uniti e Unione Europea. Fino ad oggi sui testi è stata mantenuta la massima segretezza, anche nei confronti dei parlamentari dei Paesi coinvolti. Ma ora Greenpeace Olanda ha pubblicato 240 pagine di documenti della trattativa, rinnovando l’allarme sui pericoli per i consumatori delle due sponde dell’Atlantico. “Avevamo ragione: confermati rischi per clima, ambiente e sicurezza dei consumatori”, ha accusato l’associazione ambientalista. La paura è che in Europa cadano le tutele da OGM e carne trattata con ormoni e passi in secondo piano anche la protezione dell’ambiente. E le carte riportano scontri USA-UE sugli appalti e sulla difesa della denominazione originale dei vini europei. Intanto, rivela il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung, gli Stati Uniti minacciano di bloccare le facilitazioni per l’industria europea dell’auto se non saranno ascoltate le proprie richieste. Così, la campagna Stop TTIP prepara una manifestazione nazionale per il 7 maggio a Roma, mentre il Movimento 5 Stelle chiede al governo di fermare i negoziati e riferire in aula.

“Cadranno protezioni su OGM e carne trattata con ormoni”
Greenpeace ha messo in evidenza i punti più sensibili:“Il principio di precauzione, inglobato nel Trattato UE – sottolinea l’associazione ambientalista – non è menzionato nei capitoli sulla “Cooperazione Regolatoria”, né in nessuno degli altri 12 capitoli ottenuti. Invece la richiesta USA di un approccio “basato sui rischi” che si propone di gestire le sostanze pericolose piuttosto che evitarle, è evidente in vari capitoli”. Il principio di precauzione, vigente in Europa, prevede che, prima di vendere un prodotto, l’azienda debba provare l’assenza di rischi nella sua commercializzazione. Negli USA, invece, vale il principio dell’evidenza scientifica: il prodotto può essere venduto senza problemi fino a quando qualcuno, a proprie spese, non dia la dimostrazione scientifica della sua nocività. E su questo punto, la Sueddeutsche Zeitung, che ha analizzato i documenti pubblicati, ha spiegato che “gli americani attaccano i principi di fondo di precauzione della tutela del consumatore europeo che oggi proteggono 500 milioni di consumatori dall’ingegneria genetica negli alimenti e dalla carne trattata con ormoni”.

Greenpeace:“Nessuna tutela su ambiente e clima”
Ma le questioni sollevate dagli attivisti riguardano anche la tutela ambientale. “Nessuno dei capitoli che abbiamo visto fa alcun riferimento alla regola delle Eccezioni Generali (General Exceptions) – scrive Greenpeace – Questa regola, stabilita quasi 70 anni fa, compresa negli accordi GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) della World Trade Organization, permette agli Stati di regolare il commercio ‘per proteggere la vita o la salute umana, animale o delle piante’ o per ‘la conservazione delle risorse naturali esauribili'”. Da qui, la conclusione:“L’omissione di questa regola suggerisce che entrambe le parti stiano creando un regime che antepone il profitto alla vita e alla salute umana, degli animali e delle piante”. E l’associazione ambientalista aggiunge che, nonostante l’allarme lanciato dall’ultima conferenza di Parigi, “non c’è alcun riferimento alla protezione del clima nei testi ottenuti”.

“Gli USA minacciano ritorsioni sul mercato dell’auto”
E il punto è anche politico, come sottolinea la Sueddeutsche Zeitung. “Mentre l’UE rende pubbliche le sue proposte, gli USA si ostinano a mantenere segrete le posizioni, garantendosi così uno spazio di manovra tattico – scrive il giornale tedesco – E Washington minaccia di bloccare le facilitazioni sulle esportazioni per l’industria automobilistica europea. Il governo americano si affretta a chiarire che i progressi sui componenti di auto sono possibili solo se l’UE si muove sulle dogane per i prodotti agrari”.

Gli Stati Uniti non fanno aperture all’Europa sugli appalti

Le carte pubblicate confermano la resistenza degli Stati Uniti ad aperture sul tema degli appalti. Gli USA, come rileva Repubblica, pur riconoscendo il libero accesso alle proprie gare, tengono il punto sulla legge “Buy American”: in poche parole, qualunque azienda può vincere un appalto, ma il 50% dei prodotti utilizzati per i lavori devono provenire dagli Stati Uniti. La questione è nota negli ambienti vicini al dossier. In audizione al Senato, il dirigente del Ministero dello Sviluppo Economico Amedeo Teti ha spiegato:“Il problema è che gli USA non sono stati capaci di fare aperture all’Europa nemmeno in ambiti come gli appalti pubblici e i servizi“.

Scontro sui vini: resistenza Usa sui “tarocchi” di Chianti e Marsala

Dai documenti emerge anche uno scontro frontale tra Stati uniti e Unione Europea sulle norme per tutelare i vini europei. In particolare, sul fronte europeo, si ribadisce che il Trattato Transatlantico dovrà includere le regole complessive vigenti sui vini, in modo da escludere che un produttore americano possa usare a piacimento le 17 denominazioni di vini UE. Gli Stati Uniti, invece, dal canto loro, hanno ribadito il loro fermo dissenso, rifiutando la richiesta UE di non poter usare le denominazioni “semigeneriche” dei vini europei, come gli italiani Chianti, Marsala, il greco Retzina, il portoghese Madeira e i francesi Chablis e Champagne.

UE:“Non abbasseremo mai la tutela dei consumatori”

Di fronte alla fuga di notizie, la Commissione Europea cerca di gettare acqua sul fuoco. La Commissaria al Commercio Cecilia Malmstrom continua ad assicurare che non farà passi indietro nelle norme che difendono la sicurezza dei cittadini:“Nessun accordo commerciale ad opera della UE abbasserà mai il nostro livello di tutela dei consumatori, o della sicurezza alimentare, o dell’ambiente. Non cambieranno le nostre leggi in materia di OGM, o sul nostro modo sicuro di produrre carne di manzo, o il modo di proteggere l’ambiente. Qualsiasi accordo commerciale potrà solo cambiare i regolamenti per renderli più forti”. E ancora:“Potremmo essere d’accordo con il partner sul fatto che, ad esempio, la sicurezza sui medicinali possa essere più dura di prima, ma mai più debole”. Quello che Greenpace chiama “testo consolidato”, sostiene il Commissario Europeo, non è in alcun modo “il risultato” del negoziato, ma solo “l’insieme delle posizioni dei due lati negoziali”. “Ed è normale – aggiunge – che entrambi le parti di una trattativa vogliono raggiungere il numero maggiore possibile di propri obiettivi”. Insomma, conclude Malmstrom, “ciò non significa che c’incontreremo a metà strada. Ci sono zone che registrano distanze eccessive su cui non c’è accordo”. Intanto Michael Froman, Rappresentante americano per il Commercio, ha bollato le rivelazioni di Greenpeace come “nel migliore dei casi fuorvianti e nel peggiore completamente sbagliate”.

La campagna Stop TTIP prepara la manifestazione

Intanto, anche in Italia continua la mobilitazione contro la firma dell’accordo. “La documentazione resa pubblica oggi – sottolinea Marco Bersani, tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia, “dimostra che il TTIP è un attacco generalizzato ai diritti e alla democrazia. Se ad oggi era la democrazia a definire i limiti del mercato, con il TTIP sarà il mercato a definire i limiti della democrazia. Per opporsi a tutto questo, tutte e tutti in piazza a Roma il prossimo 7 maggio”. La manifestazione nazionale è sostenuta da oltre 300 organizzazioni e sindacati e da oltre 50 comitati locali che lottano contro la segretezza e la portata del TTIP.

M5S chiede al governo di fermare i negoziati e riferire in aula

“Il governo venga a riferire in Aula per aver tenuto parlamentari e cittadini italiani all’oscuro dei contenuti allarmanti del TTIP diffusi oggi – scrivono in una nota i deputati del Movimento 5 Stelle – Perché in Germania per i parlamentari tedeschi è stato possibile consultare il testo del TTIP mentre in Italia l’esecutivo non si è mai degnato di rispondere alle interrogazioni del M5S sull’apertura della sala di lettura e sulle relative modalità di accesso?”. Gli eletti del M5S rilanciano:“Chiediamo che il governo, oltre a riferire in Aula, d’ora in poi metta in campo al più presto tutte le azioni necessarie per fermare i negoziati“.

F.Q.
2 maggio 2016
www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/02/trattato-usa-ue-sul-commercio-greenpeace-pubblica-240-pagine-segrete-zero-tutele-su-sicurezza-e-ambiente/...
wheaton80
00lunedì 2 maggio 2016 22:34
wheaton80
00mercoledì 4 maggio 2016 22:14
La Francia pronta a dire no al TTIP: Stati Uniti all'angolo

MILANO - L'accordo è cattivo. E la Francia dirà "no". Il Presidente francese, François Hollande, coglie la palla al balzo: sfrutta i leaks pubblicati da Greenpeace e sbatte la porta in faccia agli americani. Una mossa più politica che economica che serve all'Eliseo per far dimenticare agli elettori francesi la riforma del Lavoro: nonostante le proteste di Piazza, il Jobs Act transalpino prosegue il suo iter parlamentare. Insomma davanti alla scelta del totem da lanciare dalla torre Hollande non sembra avere dubbi:"Allo stato attuale" delle negoziazioni la "Francia dice no" al TTIP, il trattato transatlantico di libero scambio tra UE e USA, perché "non siamo per un libero scambio senza regole. Mai accetteremo la messa in discussione dei principi essenziali per la nostra agricoltura, la nostra cultura, per la reciprocità all'accesso dei mercati pubblici", ha dichiarato il Capo dello Stato chiudendo le celebrazioni dell'ottantesimo anniversario del Front Populaire. Una presa di posizione che ricalca quella italiana, ma anche quella della Commissione Europea. D'altra parte i documenti pubblicati da Greenpaece non svelano nulla di nuovo, semplicemente mettono in mostra la realtà dei negoziati: Stati Uniti ed Europa sono ancora troppo lontani per raggiungere un'intesa che non livelli verso il basso le tutele e i diritti dei cittadini. Gli americani chiedono piene liberalizzazioni inconciliabili con la cultura e la natura europea e per questo le trattative proseguono al rilento. Insomma, la dura presa di posizione di Hollande arriva in un momento politicamente delicato per il Presidente, a caccia di una rielezione da dodici mesi, ma dal punto di vista fattuale non cambia lo stato delle cose dei negoziati. Il TTIP, infatti, ancora non esiste. Gli sherpa di Washington e Bruxelles continuano a scambiarsi offerte e proposte, ma non c'è alcun testo consolidato. Difficile anche poter arrivare a una bozza entro l'estate. Qualora poi le parti giungessero a un accordo, oltre al via libera del Consiglio dei Ministri Europeo servirà il voto favorevole del Parlamento - e gli eurodeputati promettono battaglia da mesi.

Una volta ratificato il trattato a livello europeo, poi, la parola finale spetterà ai 28 Parlamenti nazionali degli Stati membri: la bocciatura di uno solo dei legislatori nazionali basterebbe a mettere la parola fine al Trattato. E oggi - con il montare di nazionalismi, dalla Polonia all'Ungheria, fino all'Austria - nessuno scommette sulla riuscita del TTIP. Anche perché se sulle tariffe è stato raggiunto un accordo per la liberalizzazione del 97% dei prodotti, il problema vero riguarda gli appalti pubblici e l'agricoltura. Gli americani - in un'ottica di piena reciprocità - non hanno problemi a riconoscere il libero accesso alle loro gare, ma non hanno intenzione di derogare alla legge "buy american": in sostanza chiunque può aggiudicarsi un appalto, ma il 50% dei prodotti utilizzati per i lavori deve essere americano. Come a dire che un'impresa europea per costruire un’autostrada americana dovrebbe utilizzare solo cemento a stelle e strisce. Una condizioni inaccettabile per Bruxelles perché discrimina i prodotti europei, non crea lavoro nel vecchio continente e non alimenta il PIL. Utile, quindi, solo per le multinazionali, ma in contrasto con gli obiettivi dichiarati dal TTIP, che punta a una crescita dell'economia - a regime - nell'ordine di 120 miliardi di euro con l'aumento dell'occupazione. Dal punto di vista politico è proprio questa la difficoltà maggiore: quante concessioni è disposta a fare la UE sul fronte dell'agricoltura e della tutela dei nomi in cambio dell'accesso ai mercati? Se gli USA hanno un atteggiamento offensivo sul fronte alimentare, su quello degli appalti pubblici giocano con il "catenaccio". Ma senza una tutela delle denominazioni IGP e DOC, i prodotti europei che competono sulla qualità anziché sui prezzi ne uscirebbero ancora più danneggiati. E questo, per la Francia, ma anche per l'Italia, è inaccettabile.

Giuliano Balestrieri
03 maggio 2016
www.repubblica.it/economia/2016/05/03/news/la_francia_dice_no_al_ttip_stati_uniti_all_angolo-138997...
wheaton80
00domenica 8 maggio 2016 02:31
Trentamila alla prima marcia Stop TTIP a Roma



C’era molto cibo, oltre a campagna, alberi, acqua, sugli striscioni, sui cartelli fatti in casa, nella manifestazione contro il TTIP – il Trattato Transatlantico in discussione tra USA e UE in stanze segrete – che ha sfilato ieri per le vie di Roma. Un comitato della Maremma porta cartelli mono-persona con disegni di polli al cloro sbarrati, altri sono tanto grandi da rimanere piegati nelle strade di sampietrini come quello in dialetto veneto:«Paroni del mondo gavì tocà el fondo». Cinquantamila presenze secondo gli organizzatori, ma anche fossero stati la metà, tantissimi per un argomento così ostico, con una sigla quasi impronunciabile, inglese – Transatlantic Trade and Investment Partnership – e pochissima, quasi nulla, informazione mainstream. Il popolo «Stop TTIP» che si è ritrovato per questa prima manifestazione nazionale in Italia era più composito del solito. Agricoltori con canne al posto delle aste per le bandiere, attivisti di associazioni locali, persino raggruppamenti che sfoggiavano il marchio di emittenti radio, lavoratori dei servizi, e tanti, tantissimi giovani, complice anche la concomitanza con la annuale Million Marijuana March romana per la liberalizzazione della cannabis che, sgombrata a piazza della Repubblica dalla polizia, è in gran parte confluita nel corteo dietro il camion che sparava musica reggae dei Giovani Comunisti. Bandiere di partito non moltissime. Al concentramento, quando si è fatto avanti un gruppetto con qualche decina di bandiere del Movimento Cinque Stelle, si è formato un capannello di fotografi col telefonino: una rarità. Hanno srotolato uno striscione su pali con la scritta:«Elezioni subito» e sono rimasti in coda al corteo, quasi separati dal resto della gente. Più visibili le insegne dei sindacati, dalla CGIL all’USB, dalla CISL alla FIOM, dai COBAS Scuola agli alimentaristi della FLAI, riconoscibili dal cappello di paglia, alle insegne giallo-verdi della Coldiretti e persino alle bandiere quadrate rosso-nere degli anarchici dell’USI, con un loro camioncino.



E poi le associazioni ambientaliste, le vere protagoniste e portabandiera della campagna: Legambiente e Greenpeace, ma anche ATTAC e Fairwatch. Stefano Fassina, Susanna Camusso, Angelo Bonelli sfilano tra mamme «No OGM» e sindaci con la fascia. Quando il serpentone è passato su via Merulana, Greenpeace ha srotolato da una finestra un grande drappo verticale con la scritta «Yes we can stop TTIP» e il disegno di un Obama parlante col microfono, un fake, visto che proprio l’attuale inquilino della Casa Bianca ha lanciato e strenuamente difeso l’accordo tra le due sponde dell’oceano Atlantico per l’abbattimento delle barriere non tariffarie, un bel regalo alle corporation multinazionali e un bel Cavallo di Troia per accelerare la privatizzazione di beni e servizi nel vecchio continente, come hanno sottolineato i tantissimi interventi all’altoparlante del camion di testa del corteo, dietro lo striscione «Le persone prima dei profitti». Padre Alex Zanotelli, tra gli altri, ha ricordato la segretezza con cui stanno andando avanti da un paio di anni le trattative a Bruxelles. Anzi, «l’ombra – le sue parole – nella quale, come vampiri, si muovono le oligarchie europee e USA». Eleonora Forenza, eurodeputata della Lista Tsipras spiega che «l’obiettivo con l’abbattimento delle barriere non tariffarie è un attacco finale ai servizi pubblici, ai beni comuni e al principio di precauzione ambientale e alimentare». Maurizio Landini, segretario FIOM, dice che «in ballo ci sono soprattutto i diritti e il lavoro perché si vuole rendere tutto gestibile dal mercato senza più vincoli sociali e la disoccupazione e l’aumento vertiginoso delle diseguaglianze che stiamo già vivendo è frutto di questo disegno per cui i soldi possono fare quello che vogliono e le leggi devono essere su misura delle lobbies». Sul palco di piazza San Giovanni, mentre i manifestanti si ristorano nei banchetti del mercatino contadino di Slow Food, tocca allo storico dell’arte Tomaso Montanari agganciare la protesta del mattino Emergenza Cultura con la Stop TTIP March, «gemellate perché contro questo governo Renzi, che senza legittimità, come con la riforma costituzionale, vuole espropriare i cittadini del loro patrimonio di diritti».

Rachele Gonnelli
08.05.2016
ilmanifesto.info/trentamila-alla-prima-marcia-stop-ttip...
wheaton80
00giovedì 12 maggio 2016 22:43
Il Ministro Fekl:"Ecco perché all'Italia, come alla Francia, conviene dire no al TTIP"

"Noi francesi e voi italiani abbiamo molti interessi in comune, ma gli americani non vogliono ascoltare. E noi, possiamo forse accettare che le cose non cambino? Se le condizioni sono queste, allora diciamo di no al trattato di libero scambio tra Europa e USA". Così parla la Francia, o meglio, così parla Matthias Fekl, il 37enne che da Parigi regge le fila del dossier "TTIP". Il Segretario di Stato per il Commercio Estero è al fianco di François Hollande in quella che chiama "la lotta", e che lui combatte, diplomaticamente, dal Quai d'Orsay. "Gli americani devono aprire di più i loro mercati", dice Fekl, che spiega le ragioni della contrarietà di Parigi al TTIP: le troppe poche concessioni fatte dagli USA, la difesa del made in France (o del made in Italy) e di "una certa qualità della vita", la tutela dell'ambiente e dell'accordo sul clima, l'equità, la trasparenza dei negoziati.

Perché la Francia dice "no" al TTIP?
"Gli europei danno la sensazione, a volte, di considerare un onore il fatto stesso di negoziare con gli USA, senza considerare con concretezza e precisione se i negoziati vanno o no in una direzione favorevole per le nostre economie. Ad oggi, gli europei hanno fatto molte offerte assai precise, gli americani invece non hanno dato alcun segnale positivo. Allo stadio attuale dei negoziati, ci sono ragioni di fondo per dire forte e chiaro "no" al TTIP".

Potenzialmente l'accordo può essere vantaggioso per l'Europa?

"E' una battaglia diplomatica in cui Francia e Europa hanno interessi ben definiti. E' nostro interesse che UE e USA lavorino insieme per fissare i grandi standard commerciali del secolo, perciò negoziamo. Ma non ci sarebbe nulla di peggio che subire regole definite altrove, senza che Francia o Italia abbiano diritto di parola. L'Europa è la prima potenza commerciale al mondo: deve affermarsi come tale, far valere i suoi interessi e la sua idea di società. E' una lotta. Lo ha detto molto bene su Repubblica Carlo Petrini: spetta a noi difendere una certa idea di "qualità della vita". Spero che il dibattito sul TTIP avvii una presa di coscienza europea".

Anche l'Italia ha buoni motivi per dire no al TTIP? Quale presa di posizione auspica dal nostro governo?

"Francia e Italia hanno molti interessi in comune, interessi che non vengono tenuti abbastanza in conto. Anzitutto, entrambi abbiamo a cuore le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche. Questa è una gran posta in gioco, ma gli americani non ne vogliono sapere! L'Italia ha 280 prodotti a denominazione d'origine protetta (esclusi gli alcolici). E' il più gran numero d'Europa! E non sono protetti, negli USA. Un rapporto di Montecitorio stima che, sui 24 miliardi di euro annui del giro d'affari di alimenti spacciati per essere italiani, solo 3 miliardi lo sono davvero. E' un problema che anche la Francia conosce bene. Possiamo accettare che le cose non cambino? Poi c'è la questione della reciprocità: i mercati pubblici europei sono aperti al 90% e passa, quelli USA a meno del 50%. Si tratta di una sfida chiave per le piccole e medie imprese, per le PMI e le ETI dei nostri Paesi. Perché i negoziati procedano, gli americani dovrebbero accettare di aprire di più il loro mercato. Non c'è abbastanza coscienza, in Europa, delle restrizioni imposte ai nostri prodotti: non possiamo neppure esportare yogurt e burro, noi, negli USA!"

La Francia, nell'opporsi a "un certo tipo di libero scambio", invoca anche la questione ambientale.
"Le regole del commercio internazionale devono incorporare anche i vincoli per la protezione dell'ambiente: è cruciale. Non avrebbe alcun senso aver plaudito al successo diplomatico dell'accordo sul clima di COP21 se poi, poco tempo dopo, venisse firmato un trattato che di fatto lo smantella. L'ambiente è il tema del secolo: ho proposto ufficialmente alla Commissione che, negli accordi commerciali, le disposizioni ambientali e sociali vengano ritenute altrettanto vincolanti di quelle puramente commerciali".

Merkel ha detto che è favorevole ad accelerare i tempi dell'accordo. Come giudica questa presa di posizione?

"Per quel che ci riguarda, non abbiamo alcuna intenzione di sacrificare la sostanza in nome del calendario".

La Francia dice no, allo stadio "a noi noto" dei negoziati. E' come ammettere che c'è un problema di trasparenza dei negoziati?
"Alla crisi democratica europea bisogna rispondere con la trasparenza a tutti i livelli. Succede troppo spesso, oggi, che le lobby scavalchino i cittadini e persino i parlamentari nell'accesso alle informazioni. E' inaccettabile: io sono per gli "open data" nei negoziati commerciali. Se non puoi assumerti la responsabilità di un accordo davanti al popolo europeo, allora vuol dire che non va negoziato!"

Attivisti e intellettuali hanno ragione a sostenere che il TTIP rappresenti un problema anche in termini di equità e democrazia? Con il TTIP, dicono, un privato potrà far causa a un governo se ritiene i suoi interessi lesi: il riferimento è ai tribunali privati ISDS (Investor-State Dispute Settlement), e alla versione alternativa, gli ICS (Investment Court System). E' vero che il TTIP antepone gli interessi delle multinazionali ai diritti dei cittadini?
"Questo è uno dei temi su cui c'è ancora una forte divergenza con gli Stati Uniti. La Francia ha proposto di archiviare definitivamente il sistema ISDS, che non era più accettabile proprio per le ragioni che lei ha richiamato. Con l'aiuto di numerosi Stati membri, tra cui l'Italia, la proposta alternativa francese è ormai nel cuore delle richieste europee, affinché vengano instaurate vere e proprie "Corti Pubbliche d'Investimento" (al posto dei tribunali privati). Con l'elezione di Trudeau in Canada, questa proposta progressista è stata accolta nel CETA, l'accordo di libero scambio tra l'UE e il Canada. Ci aspettiamo che gli USA facciano lo stesso, ovvero che accettino l'idea di una Corte Pubblica Multilaterale. Con la globalizzazione degli scambi, serve anche quella delle regole. Su questo l'Europa tiene saldo il proprio ruolo: dobbiamo far valere i nostri principi e valori per il futuro".

Francesca De Benedetti
11 maggio 2016
www.repubblica.it/esteri/2016/05/11/news/il_ministro_fekl_ecco_perche_all_italia_come_alla_francia_conviene_dire_no_al_ttip_-13...
wheaton80
00giovedì 19 maggio 2016 19:59
La7 - Crozza nel Paese delle Meraviglie. Arriva il TTIP, niente dazi, niente limiti al commercio, regole uguali per tutti

wheaton80
00domenica 22 maggio 2016 03:01
Stop TTIP, per i diritti e la democrazia

Oltre 30mila persone hanno partecipato sabato 7 maggio a Roma alla riuscitissima manifestazione nazionale promossa dalla Campagna Stop TTIP, una rete di oltre 250 associazioni e di 70 comitati locali. Una piazza plurale, allegra e determinata, che riassumeva in sé l’ampia composizione sociale che, in oltre due anni di lavoro nei territori, si è aggregata intorno a questa battaglia: c’erano i produttori agricoli e le piccole imprese, i sindaci di diversi Comuni, le reti dell’altra economia, del commercio solidale e del consumo critico, le associazioni ambientaliste e di movimento, i sindacati e le forze politiche. E, soprattutto, tantissime donne e uomini da tutta Italia che hanno deciso di scendere in campo per fermare un trattato che mette a repentaglio diritti e democrazia. Perché di questo si tratta. Il Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP) è un negoziato tra Unione Europea e USA, avviato nel luglio 2013 nella più totale segretezza e opacità, che solo l’azione dei movimenti e della società civile ha potuto in qualche modo rompere, rivelando a tutti la vera posta in gioco. Il trattato si prefigge l’abbattimento di tutte le barriere “non tariffarie”, che – a detta delle multinazionali e delle lobby finanziarie – ostacolano la piena libertà d’investimento tra le due sponde dell’Atlantico. Peccato che le barriere non tariffarie siano esattamente tutte le leggi, le normative e i regolamenti attualmente esistenti che tutelano i diritti del lavoro, la salute, l’ambiente, la sicurezza alimentare, i servizi pubblici, la sanità e l’istruzione. Sono quindi oggetto di negoziazione tanto l’esistenza del contratto collettivo di lavoro quanto il principio di precauzione ambientale, nonché tutte le norme di sicurezza alimentare che vietano gli OGM, l’uso massiccio di pesticidi, la clorinatura dei polli, la carne agli ormoni. E sono sotto attacco il sistema pubblico scolastico e sanitario, nonché tutti i servizi pubblici locali.

Culmine di tutto questo processo è la possibilità per ogni impresa transnazionale di citare in giudizio uno Stato o qualsiasi autorità pubblica, presso corti private di arbitrato commerciale internazionale (ISDS), ogni volta che queste ritengano che una legge o una normativa approvata nuoccia alle aspettative di profittabilità del proprio investimento. Si tratta, a tutti gli effetti, di un attacco alla democrazia e del tentativo di passare dallo stato di diritto allo stato di mercato: se fino ad oggi è infatti la democrazia a definire i vincoli del mercato, con il TTIP sarà il mercato e definire i vincoli della democrazia. Per molto tempo le istituzioni europee e il governo italiano hanno accusato la campagna Stop TTIP di allarmismo e di dietrologia, cercando di rassicurare l’opinione pubblica in merito al fatto che mai i diritti e le tutele acquisite nella storia dell’Europa sarebbero state messe in discussione. Sono stati ancora una volta smentiti, grazie alla recentissima pubblicazione da parte di Greenpeace di gran parte del testo consolidato su cui è attualmente attestato il negoziato, che conferma quanto la campagna Stop TTIP dice dall’inizio.

Il TTIP rappresenta il tentativo di costruire un quadro giuridico nuovo, all’interno del quale la libertà delle imprese non abbia alcun limite e i diritti divengano variabili dipendenti dai profitti. Con questo trattato, gli USA cercano di legare a sé, dentro la competizione economica internazionale con Cina e Russia, più aree geo-economiche possibili: non a caso, il TTIP dovrebbe essere la tappa che segue l’avvenuta approvazione del TPP, l’analogo trattato siglato dai Paesi – Cina esclusa – che si affacciano sull’Oceano Pacifico. Se gli interessi statunitensi sono dunque espliciti, continua ad essere poco comprensibile l’adesione dell’UE a questa prospettiva, se non constatando come quest’ultima sia ormai prigioniera dell’ideologia liberista e delle politiche di austerità, da perseguire nonostante gli evidenti insuccessi delle stesse: le stesse previsioni economiche dei fautori del TTIP – studio CEPR del 2011 – dicono che, a TTIP in vigore dal 2017, si avrà un aumento del PIL dello 0,48% a partire dal 2027! Ma i giochi non sono andati come i padroni del vapore avrebbero voluto. Trattati come questi possono essere siglati a due soli condizioni: la segretezza e la velocità. Fallita la prima, la seconda non ha potuto essere messa in campo, e il trattato, la cui conclusione era prevista nel dicembre 2014, è a tutt’oggi incagliato, tra l’incudine di una mobilitazione sociale che è cresciuta in tutta Europa e al di là dell’Atlantico e i conflitti interni emersi tra interessi nazionalistici e poteri industriali: il recente disimpegno del governo francese, le titubanze della stessa Germania sono solo i primi scricchiolii di una costruzione edificata in fretta e senza attenzione alla solidità delle fondamenta.

La grande e bella manifestazione del 7 maggio apre il fronte italiano della partita: il governo Renzi, sino ad oggi uno dei massimi fautori del TTIP, non può più ignorare la domanda di democrazia che sta emergendo nel Paese, né può più richiedere fiducie in bianco su un tema che stravolgerà la vita quotidiana delle persone. Stanno provando, grazie alla trappola artificiale del debito pubblico, ad aprire la strada della mercificazione della società, della vita e della natura consegnandole ai grandi interessi finanziari; dicono che nessun’altra strada sia possibile e chiedono, se non il consenso, una mesta rassegnazione. Le donne e gli uomini che lo scorso 7 maggio hanno riempito di allegria e determinazione le strade di Roma hanno detto a chiare lettere che non ci stanno e che nessuno può permettersi di spacciare per uscita dalla crisi lo smantellamento dei diritti e dello stato sociale. Se i poteri forti possono fare a meno della democrazia, non è così per le persone che, grazie alla stessa, hanno avuto accesso ad una vita degna e ad una possibilità di futuro. Quelle donne e quegli uomini hanno capito che tutte e tutti insieme è possibile.

* Attac Italia

Marco Bersani
12/05/2016
Fonte: Adista Segni Nuovi n° 19 del 21/05/2016

www.adista.it/articolo/56280
wheaton80
00lunedì 27 giugno 2016 13:35
CETA e TTIP violano i diritti umani

Il giorno dopo il Sì al Brexit, arriva un'altra doccia fredda per la Commissione Europea. Dalle Nazioni Unite viene una condanna dura dei trattati di libero scambio TTIP e CETA, che la Commissione sta negoziando - in segreto - con Stati uniti e Canada, rispettivamente. “La ratifica del CETA e del TTIP potrebbe avviare una corsa al ribasso in termini di diritti umani e potrebbe compromettere seriamente lo spazio di regolamentazione degli Stati. Tutto ciò è contrario agli scopi e ai principi della Carta ONU e andrebbe a rappresentare un serio ostacolo al raggiungimento di un ordine internazionale democratico e giusto”. Sono le parole di Alfred de Zayas, esperto di diritti umani delle Nazioni Unite, che avverte dei pericoli a cui andremo incontro scavalcando i parlamenti nazionali nei controversi accordi commerciali. Infatti i negoziati di TTIP e CETA stanno avvenendo a porte chiuse da mesi, nonostante la pressione forte della società civile, soprattutto in Nord Europa. Secondo de Zayas, “gli accordi non hanno alcuna legittimità democratica, perché sono preparati in totale segretezza, escludendo alcuni soggetti fondamentali, come i sindacati, le associazioni dei consumatori, gli esperti di salute e ambiente”. Diversi studi confermano che con i nuovi trattati commerciali sono a rischio la tutela ambientale, i diritti del lavoro e la stessa salute pubblica, dato che andremmo a importare prodotti alimentari e chimici da Stati Uniti e Canada, dove gli standard sono notoriamente diversi. Tutto questo di certo non favorirebbe le piccole e medie imprese italiane, in particolare nel comparto agroalimentare, in rapporto asimmetrico rispetto alle multinazionali alimentari americane.

Altro punto inaccettabile è il cosiddetto ISDS, una clausola di salvaguardia per quelle grandi imprese che potrebbero rivalersi sui singoli Stati nel caso cambiassero le leggi a tutela di cittadini e consumatori, con riduzione dei profitti. Il monito ONU arriva a una settimana dal voto in Consiglio Europeo sulla competenza del CETA, il trattato tra UE e Canada, ovvero si deciderà se includere i parlamenti dei singoli Paesi europei nella ratifica oppure se sarà solo la Commissione a decidere. Il Ministro dello Sviluppo Economico italiano, Carlo Calenda, è il primo e più determinato sostenitore della seconda opzione, che negherebbe il coinvolgimento dei parlamenti. Migliaia di cittadini si stanno mobilitando con petizioni online in questi giorni, per chiedere al Ministro di consentire una discussione democratica. De Zayas invita i governi ad assicurare una corretta informazione e la consultazione popolare sui trattati, anche perché da un sondaggio della Commissione Europea del 2014 risulterebbe che ben il 97% degli europei è contrario ai contenuti del TTIP e per il CETA il discorso non cambia. "Non sono certo gli Stati a dover garantire i profitti agli investitori o alle multinazionali, il loro unico compito è di legiferare e regolamentare in nome dell'interesse pubblico, della salute e dell'ambiente, dei diritti del lavoro e della sicurezza alimentare”, ha precisato il funzionario ONU.

Vittorio Longhi
24 giugno 2016
longhi.blogautore.repubblica.it/2016/06/24/ceta-e-ttip-violano-i-diritt...
wheaton80
00lunedì 29 agosto 2016 00:09
«TTIP, negoziati falliti»: salta il trattato di libero scambio USA-UE

Il Vicecancelliere e Ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, ammette il fallimento dei negoziati USA-UE sul trattato di libero scambio (TTIP). «I negoziati con gli Stati Uniti sono effettivamente falliti perché come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane», ha detto il Ministro socialdemocratico in un'intervista alla rete tedesca ZDF, sottolineando come ormai «non ci sarà più alcun passo avanti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente». Gabriel ha anche sottolineato che in 14 round di colloqui le parti non hanno trovato un'intesa su un solo capitolo dei 27 sul tavolo. I negoziati, avviati nel 2013, non hanno mai avuto vita facile. Non solo la Germania ma anche la Francia non ha mai nascosto le perplessità per quello che sembrava uno strumento unilaterale americano. In realtà non giunge inaspettata una dichiarazione del genere, vista la congiuntura politica di qua e di là dell’Atlantico. Già a maggio sui media americani si poteva leggere che l’accordo sul TTIP era morto quando il candidato repubblicano Donald Trump e la candidata democratica Hillary Clinton hanno iniziato a dire le stesse cose: il primo lo attacca ogni giorno, le ultime dichiarazioni della seconda sono state all’insegna di «dubbi e preoccupazioni».

L’America aspetta infatti le elezioni presidenziali di novembre e Hillary Clinton ha fatto marcia indietro sul TTIP, che un tempo appoggiava in linea con Obama, perché la questione in patria è tutto fuorché popolare: in tempi in cui i due candidati alla Casa Bianca promettono il ritorno di manodopera che non tornerà più, parte dell’opinione pubblica vede nel trattato una ulteriore minaccia alla working class americana impoverita. Una paura che Trump ha cavalcato da subito e a cui Clinton ha ceduto anche per non perdere quell’elettorato democratico che ha sostenuto il suo sfidante interno, Bernie Sanders. Allo stesso tempo, l’attuale Presidente Obama ha il potere dell’anatra zoppa (lame duck) - così si chiama il Presidente a fine mandato - e un Congresso ostile. In Europa chi dovrebbe decidere non se la passa meglio: sia la Francia sia la Germania aspettano le elezioni nel 2017, per cui prima della fine del prossimo anno qualsiasi iniziativa sarebbe improduttiva perché manca un mandato forte agli attuali leader. E perché, come in America, parte dell’opinione pubblica si è schierata contro l’accordo in nome della tutela dei posti di lavoro e dell’ambiente, nonché per la paura per gli OGM. All’inizio dell’estate, già il Ministro italiano dello Sviluppo Economico Carlo Calenda aveva avvertito che il TTIP era in bilico:«Il TTIP - aveva detto - secondo me salta perché siamo arrivati troppo lunghi sulla negoziazione», quindi «sarà molto difficile che passi e sarà una sconfitta per tutti».

28 agosto 2016
www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-08-28/ttip-negoziati-falliti-salta-trattato-libero-scambio--usa-ue--165927.shtml?refr...
wheaton80
00mercoledì 31 agosto 2016 16:32
TTIP, anche la Francia dopo la Germania dice no al negoziato

Dopo la Germania, anche la Francia non ci sta. E chiede di porre fine ai negoziati in corso sulla partnership commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti (TTIP) per rivedere completamente l’accordo. Lo ha detto oggi il Ministro del Commercio, Matthias Fekl, parlando ai microfoni di RMC, aggiungendo che presenterà formalmente la richiesta al prossimo vertice dei ministri che si terrà a fine settembre a Bratislava. L’Italia invece, per bocca del Ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, purtroppo chiede di andare avanti. Domenica scorsa il Ministro tedesco dell’Economia, Sigmar Gabriel, aveva detto che i negoziati sono praticamente falliti, dopo che l’Europa ha rifiutato alcune proposte americane. Ma Michael Forman, portavoce della Rappresentanza Commerciale USA, ha detto invece che le trattative sul TTIP stanno segnando progressi, scrive oggi il settimanale tedesco Der Spiegel. “Quello che chiede la Francia è la semplice e definitiva conclusione dei negoziati”, ha detto il francese Fekl. “Perché sono stati avviati in modo opaco. Occorre mettere un punto netto e chiaro per poter poi riprendere le discussioni su buone basi”. Tre anni di negoziati non sembrano essere riusciti a risolvere le numerose differenze tra UE e USA, comprese quelle su temi come la sicurezza alimentare e ambientale, anche se il negoziatore americano ha insistito sui progressi in corso. La Casa Bianca ha detto nei giorni scorsi che punta ad arrivare a un’intesa entro la fine dell’anno. E anche la Commissione Europea resta ufficialmente impegnata a raggiungere l’accordo. “Ormai è difficile chiudere nei prossimi mesi, ma dobbiamo andare avanti. Per l’Italia questo accordo è essenziale. Gli USA sono il mercato a più alto potenziale di sviluppo per il nostro export”, ha detto il Ministro Calenda in un’intervista pubblicata oggi dal Corriere della Sera. Secondo i suoi sostenitori, il TTIP (Partnership Transatlantica per il Commercio e l’Investimento) vale oltre cento miliardi di dollari, mentre i critici (giustamente) sostengono che il trattato dà troppo potere alle multinazionali a spese di consumatori e lavoratori.

Adolfo Spezzaferro
30 agosto 2016
www.lavocesociale.it/ttip-anche-la-francia-dopo-la-germania-dice-al-ne...
wheaton80
00sabato 22 ottobre 2016 15:42
Falliti negoziati con Vallonia su CETA

E' fallito il tentativo di mediazione per arrivare a un'intesa con la Vallonia sull'accordo di libero scambio UE-Canada, il CETA. Lo ha annunciato il Ministro canadese del Commercio Chrysta Freeland, parlando di "fine e fallimento delle discussioni con la Vallonia" mentre lasciava la sede del governo regionale a Namur. "E' un'opportunità mancata", ha dichiarato, dicendosi "molto delusa". "Nel corso degli ultimi mesi, abbiamo lavorato molto con la Commissione e gli Stati membri, ma sembra evidente che l'UE non è in grado ora di avere un accordo internazionale, nemmeno con un Paese che ha dei valori così europei come il Canada, nemmeno con un Paese così gentile, così paziente", ha detto la ministra Christya Freeland sull'orlo delle lacrime. "Il Canada è deluso, io sono personalmente molto delusa, ho lavorato molto molto duramente" ma ora "abbiamo deciso di ritornare a casa, sono davvero molto molto triste, e domattina sarò a casa mia con i miei tre figli", ha aggiunto, distrutta.

21 ottobre 2016
www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2016/10/21/falliti-negoziati-con-vallonia-su-ceta_aed7fa9c-1d32-48a5-a03a-b2698c365...
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