Vangelo del giorno

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LiviaGloria
00venerdì 15 maggio 2009 11:22
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Venerdì della I settimana di Pasqua : Jn 15,12-17
Meditazione del giorno
Papa Benedetto XVI
Enciclica « Spe salvi », § 38-39 (© copyright Libreria Editrice Vaticana)

« Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi »

La misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la com-passione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana... La parola latina con-solatio, consolazione, lo esprime in maniera molto bella suggerendo un essere-con nella solitudine, che allora non è più solitudine. Ma anche la capacità di accettare la sofferenza per amore del bene, della verità e della giustizia è costitutiva per la misura dell'umanità, perché se, in definitiva, il mio benessere, la mia incolumità è più importante della verità e della giustizia, allora vige il dominio del più forte; allora regnano la violenza e la menzogna...

Soffrire con l'altro, per gli altri; soffrire per amore della verità e della giustizia; soffrire a causa dell'amore e per diventare una persona che ama veramente – questi sono elementi fondamentali di umanità, l'abbandono dei quali distruggerebbe l'uomo stesso. Ma ancora una volta sorge la domanda: ne siamo capaci?... Alla fede cristiana, nella storia dell'umanità, spetta proprio questo merito di aver suscitato nell'uomo in maniera nuova e a una profondità nuova la capacità di tali modi di soffrire che sono decisivi per la sua umanità. La fede cristiana ci ha mostrato che verità, giustizia, amore non sono semplicemente ideali, ma realtà di grandissima densità. Ci ha mostrato, infatti, che Dio – la Verità e l'Amore in persona – ha voluto soffrire per noi e con noi.





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LiviaGloria
00sabato 16 maggio 2009 09:39
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Sabato della V settimana di Pasqua : Jn 15,18-21
Meditazione del giorno
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Discorso 334, Nel natale dei martiri, §1

« Non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo »

« Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi ? » (Rm 8,31). È la sfida di tutti i buoni fedeli cristiani, ma soprattutto dei martiri gloriosi. Fremeva contro di loro il mondo, cospiravano invano i popoli, i principi congiuravano insieme (Sal 2,1); si escogitavano nuovi mezzi di tortura, e dalla fertile inventiva della crudeltà sortivano effetti di pene indicibili. I martiri di Cristo venivano coperti di insulti, incolpati di falsi crimini, rinchiusi in carceri intollerabili, scavati da uncini, uccisi di spada, dati in pasto alle belve, bruciati tra le fiamme e, intanto, dicevano: « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? »

Il mondo intero è contro di voi, e voi dite: « Chi sarà contro di noi? » Ti rispondono: « E chi è il mondo intero, dal momento che noi moriamo per colui che ha creato il mondo? » Dicano, dicano pure, ascoltiamo, diciamo insieme: « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » Possono infierire, possono maledire, possono calunniare, possono propagare false accuse infamanti, da ultimo, possono non solo far perire il corpo, ma pure lacerarlo; e con questo? « Ecco, Dio è infatti il mio aiuto e il Signore accoglie il mio spirito » (Sal 53,6)... A che mi nuoce il fatto che il mondo faccia perire il mio corpo, dal momento che il Signore accoglie il mio spirito?... Sarà anch'egli a restituire il mio corpo... « I vostri capelli sono tutti contati » (Lc 12,7)... Perciò, diciamo, diciamo con fede, diciamo nella speranza, diciamo nella carità più accesa: « Se Dio è per noi, chi è contro di noi? »





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LiviaGloria
00domenica 17 maggio 2009 20:33
VI Domenica di Pasqua - Anno B : Jn 15,9-17
Meditazione del giorno
Sant'Ignazio d'Antiochia (? - circa 110), vescovo et martire
Lettera ai Romani, 4-8

« Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici »

Sto scrivendo a tutte le Chiese per far sapere che sono pronto a morire per Dio, se voi però non me lo impedite. Vi scongiuro: non abbiate per me una pietà inopportuna. Lasciate che diventi pasto delle belve, per mezzo delle quali mi è dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e devo essere macinato dai denti delle fiere per poter divenire pane puro di Cristo...

A nulla mi gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. È meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che è morto per noi, voglio colui che per noi è risorto. È vicino il momento della mia nascita. Abbiate compassione di me, fratelli. Non impeditemi di nascere alla vita... Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente un uomo. Lasciate che io imiti la passione del mio Dio...

Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c'è più in me nessun'aspirazione per le realtà materali, ma un'acqua viva (Gv 4,10 ; 7,38) mormora dentro di me e mi dice: «Vieni al Padre». Non mi diletto più di un cibo corruttibile, né dei piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di Davide: voglio per bevanda il suo sangue che è la carità incorruttibile... Pregate per me, perché possa raggiungerlo.





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LiviaGloria
00lunedì 18 maggio 2009 09:26



Lunedì della VI settimana di Pasqua : Jn 15,26-27#Jn 16,1-4
Meditazione del giorno
San Cirillo Alessandrino (380-444), vescovo, dottore della Chiesa
Commento sul vangelo di Giovanni, 10

« Anche voi mi renderete testimonianza »

Cristo aveva compiuto la sua missione sulla terra, e per noi era ormai venuto il momento di entrare in comunione con la natura del Verbo (2 Pt 1,4), cioè di passare dalla vita naturale a quella che trascende l'esistenza umana... Finché Cristo infatti viveva ancora con il suo corpo insieme ai fedeli, egli stesso dispensava loro ogni bene. Quando invece giunse il momento stabilito di salire al Padre celeste, era necessario che egli fosse presente ai suoi seguaci per mezzo dello Spirito e «abitasse per la fede nei nostri cuori» (Ef 3,17).

Che lo Spirito infatti trasformi in un'altra natura coloro nei quali abita e li rinnovi nella loro vita è facile dimostrarlo con testimonianze sia dell'Antico che del Nuovo Testamento. Samuele infatti, ispirato, rivolgendo la parola a Saul dice: «Lo Spirito del Signore ti investirà e sarai trasformato in un altro uomo» (1 Sam 10,6). San Paolo poi dice: «Il Signore è lo Spirito. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore» (2 Cor 3,18).

Vedi come lo Spirito trasforma, per così dire, in un'altra immagine coloro nei quali abita? Infatti porta con facilità dal gusto delle cose terrene a quello delle sole cose celesti e da una imbelle timidezza a una forza d'animo piena di coraggio e di grande generosità. I discepoli erano così disposti e così rinfrancati nell'animo dallo Spirito Santo, da non essere per nulla vinti dagli assalti dei persecutori, ma fortemente stretti dall'amore di Cristo. È vero dunque quello che dice il Salvatore: «È meglio per voi che io me ne ritorni in cielo» (Gv 16,7). Quello infatti era il tempo in cui sarebbe disceso lo Spirito Santo.





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LiviaGloria
00martedì 19 maggio 2009 11:30
Martedì della VI settimana di Pasqua : Jn 16,5-11
Meditazione del giorno
San Cirillo di Gerusalemme (313-350), vescovo di Gerusalemme, dottore della Chiesa
Catechesi n° 16

« Lo Spirito dà vita » (2Cor 3,6)

« L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14). Intendeva parlare di un'acqua viva e zampillante di nuovo genere: zampillante, ma su quanti vogliono rendersene degni. Perché chiamò « acqua » la grazia dello Spirito? Perché l'acqua è l'elemento costitutivo dell'universo, fonte della vita vegetale e animale. La pioggia scende dal cielo con una sola forma, ma produce forme diverse... in una forma nella palma e in un'altra nella vite. È tutto per tutte le cose, ed è sempre acqua non diversa da quella di prima: la medesima pioggia, che in continuazione si trasforma, cadendo in una forma o in un'altra, e adattandosi a una struttura o a un'altra degli esseri che la ricevono fino a diventare quello che ciascun essere è.

Così lo Spirito Santo, uno, semplice e indivisibile, «distribuisce la sua grazia a ciascuno come vuole» (1 Cor 12,11). Come al contatto con l'acqua un albero già quasi secco emette nuovi polloni, così con la conversione che rende degni dello Spirito Santo l'anima già peccatrice produce grappoli di santità. Per volere del Padre e nel nome di Cristo, un solo Spirito opera in molteplici potenze.

Si manifesta nella lingua di uno come spirito di saggezza e nella mente illuminata d'un altro come spirito di profezia, conferisce a
uno il potere di scacciare i demoni e ad un altro il dono di interpretare le Scritture, elargisce a uno la forza di mantenersi casto e ad un altro la conoscenza della vera misericordia, insegna a uno le vie del digiuno e dell'ascesi e ad un altro quelle del disprezzo degli interessi corporali o della preparazione al martirio. Egli non muta in se stesso, eppure come sta scritto: «A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune» (1 Cor 12,7).





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LiviaGloria
00mercoledì 20 maggio 2009 09:22



Mercoledì della VI settimana di Pasqua : Jn 16,12-15
Meditazione del giorno
Guglielmo di Saint-Thierry (circa 1085-1148), monaco benedettino poi cistercense
Specchio, 6 ; PL 180, 384

« Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera »

«Nessuno conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui; così pure i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio» (1 Cor 2,11). Affrettati dunque a essere partecipe dello Spirito Santo. Quando lo si invoca, si fa presente, né lo si potrebbe invocare se già non fosse presente. Quando, invocato, viene, vi giunge con l'abbondanza della benedizione di Dio. È infatti un fiume in piena che allieta la città di Dio (Sal 45,5). E quando sarà venuto, se ti troverà umile e tranquillo, seppure tremante davanti alle parole di Dio, riposerà su di te e ti rivelerà ciò che Dio Padre tiene nascosto ai sapienti e ai prudenti di questo mondo (Mt 11,25). Incominceranno allora a brillare nel tuo spirito quelle cose che la Sapienza poté dire in terra ai suoi discepoli, ma che essi non potevano capire, finché non fosse venuto lo Spirito di verità, che avrebbe insegnato loro tutta la verità...

E come è necessario che quelli che lo adorano, lo adorino «in spirito e verità» (Gv 4,24), così coloro che desiderano sapere e conoscere è necessario che cerchino l'intelligenza della fede e il senso di quella pura e semplice verità solo nello Spirito Santo... Infatti nelle tenebre e nell'ignoranza di questa vita egli è luce illuminante per i poveri in spirito (Mt 5,3); egli è la carità che trascina, egli la dolcezza che affascina, egli è la via dell'uomo a Dio, egli l'amore di chi ama, egli la devozione, egli la pietà. Egli rivela ai fedeli, in un crescendo di fede, la giustizia di Dio, quando dà grazia su grazia (Gv 1,16), e fede illumintata dalla fede che nasce dall'ascolto.





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LiviaGloria
00giovedì 21 maggio 2009 16:35



Giovedì della VI settimana di Pasqua : Jn 16,16-20
Meditazione del giorno
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Trattati sulla prima lettera di Giovanni 10, 9 ; SC 75, 432-436

« Ancora un poco e non mi vedrete ; un po' ancora e mi vedrete »

Il Signore nostro Gesù Cristo, quando stava per ascendere al cielo, pronunziò le sue ultime parole ; dopo queste parole non parlò più sulla terra. Il capo, sul punto di ascendere al cielo, ci raccomandò le membra che sarebbero rimaste sulla terra ; e sparì. Ormai non trovi più Cristo che parla sulla terra : lo senti parlare, ma dal cielo. E dal cielo perché parlò ? Perché le sue membra erano calpestate qui in terra. Infatti, a Saulo persecutore disse dall'alto : « Saulo, Saulo, perché mi perseguiti ? » (At 9, 4) Sono salito al cielo, ma rimango ancora sulla terra ; lì siedo alla destra del Padre, qui ancora patisco la fame, ho sete e sono pellegrino... Ecco dove rimango, io che ascendo. Ascendo sì, perché sono il capo ; ma il mio corpo resta ancora quaggiù. Dove ? Per tutta la terra. Sta attento a non colpirlo, a non violarlo, a non calpestarlo : ecco le ultime parole di Cristo, in procinto di ascendere al cielo.

Fratelli, riflettete con sentimenti cristiani : se per gli eredi sono tanto dolci, tanto care, tanto preziose le parole di chi sta per morire, che cosa devono essere per gli eredi di Cristo le sue ultime parole, dette non quando stava per essere deposto nel sepolcro, ma per ascendere al cielo !





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LiviaGloria
00venerdì 22 maggio 2009 20:36
Venerdì della VI settimana di Pasqua : Jn 16,20-23
Meditazione del giorno
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Discorsi sul vangelo di Giovanni, n° 101

« Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà »

Il Signore ha detto : «Ancora un poco e non mi vedrete più, e un altro poco e mi vedrete» (Gv 16,16). E' breve infatti tutto questo spazio in cui si svolge il tempo presente; per cui il medesimo evangelista nella sua lettera dice: «E' l'ultima ora» (1 Gv 2, 18)... Queste parole sono una promessa per tutta la Chiesa, così come lo sono le altre: «Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Il Signore non ritarda il compimento della sua promessa: ancora un poco e lo vedremo, lassù dove non avremo più nulla da chiedergli, più nessuna domanda da fargli, perché non rimarrà alcun desiderio insoddisfatto, nulla di nascosto da cercare.

Questo breve intervallo di tempo a noi sembra lungo, perché dura ancora; allorché sarà finito, ci accorgeremo quanto sia stato breve. La nostra gioia, quindi, non sia come quella del mondo, il quale, come dice il Signore, «godrà»; tuttavia nel travaglio di questo desiderio, non dobbiamo essere tristi senza gioia, ma, come dice l'apostolo Paolo, dobbiamo essere «gioiosi nella speranza, pazienti nella tribolazione» (Rm 12, 12). Del resto, anche la donna in travaglio, alla quale siamo paragonati, gioisce per il bambino che attende più di quanto non sia triste per il suo dolore presente.





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00sabato 23 maggio 2009 11:11



Sabato della VIIsettimana di Pasqua : Jn 16,23-28
Meditazione del giorno
Sant'Anselmo d'Aosta (1033-1109), monaco, vescovo, dottore della Chiesa
Proslògion, 26

« Perché la vostra gioia sia piena »

Signore Dio mio e mio Signore, mia speranza e la gioia del mio cuore, di' all'anima mia se la sua gioia è quella stessa gioia di cui ci hai detto per bocca del Figlio tuo: «Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena». Ho trovato infatti una gioia piena anzi più che piena, poiché il cuore, lo spirito, l'animo, tutto il mio essere è ricolmo di questa gioia, questa abbonderà ancora senza misura. Non sarà essa ad entrare in coloro che si rallegrano; bensì sono loro che entreranno con tutto il loro essere in essa.

Parla, Signore! Di' al tuo servo, nel fondo del suo cuore, se la gioia che prova è quella gioia nella quale entreranno coloro che prenderanno parte alla gioia del loro maestro (Mt 25,31). Ma questa gioia, di cui gioiranno i tuoi servi, «occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d'uomo» (1 Cor 2,9) Ti prego dunque, o Dio, fa' che io ti conosca, ti ami per godere di te.

E se non lo posso pienamente in questa vita, che io avanzi almeno di giorno in giorno fino a quando giunga alla pienezza. Cresca qui la mia conoscenza di te e diventi piena nell'altra vita. Cresca il tuo amore e un giorno divenga perfetto, perché la mia gioia sia grande qui nella speranza e completa mediante il possesso definitivo nel futuro. Signore, per mezzo di tuo Figlio comandi, anzi consigli, di chiedere, e prometti che otterremo perché la nostra gioia sia piena... Io chiedo, o Signore, possa io ricevere ciò che prometti. Ne abbia fame l'anima mia, fino a quando io non entri nella gioia del mio Signore.





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LiviaGloria
00domenica 24 maggio 2009 11:57



Ascensione del Signore, solennità - Anno B : Mc 16,15-20
Meditazione del giorno
Liturgia siriana

« Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta » (Lc 15,6)

Nel giorno della tua Ascensione, o Cristo Re,
gli angeli e gli uomini ti acclamano:
«Sei santo, Signore, perché sei disceso e hai salvato Adamo,
l'uomo fatto con la polvere (Gen 2,7),
dall'abisso della morte e del peccato,
e con la tua Ascensione santa, o Figlio di Dio,
i cieli e la terra entrano nella pace.
Gloria a colui che ti ha mandato!»
La Chiesa ha visto il suo Sposo nella gloria,
e ha dimenticato le sofferenze del Gòlgota.
Invece del fardello della croce che portava,
egli viene portato da una nube di luce.
Ecco che viene elevato in alto, vestito di spendore e di gloria.

Un grande prodigio viene compiuto oggi sul monte degli Ulivi:
Chi è capace di esprimerlo?...
Il nostro Maestro era disceso alla ricerca di Adamo,
e, dopo aver ritrovato colui che era perduto,
se l'é messo in spalla,
e con gloria l'ha introdotto in cielo con lui (cfr Lc 15,4s).
È venuto e ci ha mostrato che era Dio;
ha rivestito un corpo e ha mostrato che era uomo;
è disceso negli inferi e ha mostrato che era morto;
è salito ed è stato esaltato e ha mostrato che era grande.
Benedetta sia la sua esaltazione!

Nel giorno della sua nascita, Maria si rallegra,
nel giorno della sua morte, la terra trema,
nel giorno della sua risurrezione, l'inferno si affligge,
nel giorno della sua ascensione, il cielo esulta.
Benedetto sia la sua Ascensione!





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LiviaGloria
00lunedì 25 maggio 2009 09:39



Lunedì della VII settimana di Pasqua : Jn 16,29-33
Meditazione del giorno
San Giovanni della Croce (1542-1591), carmelitano, dottore della Chiesa
Avvisi e sentenze, 173-177

« Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo »

Abbiate cura di mantenere il vostro cuore nella pace; non sia turbato da alcun evento di questo mondo; pensate che quaggiù tutto finisce.
In tutti gli avvenimenti, per quanto infausti siano, dobbiamo rallegrarci invece di rattristarci, per non perdere un bene più prezioso, che è la pace e la calma dell'animo.
Quand'anche tutto quaggiù crollasse e tutti gli avvenimenti ci fossero avversi, sarebbe inutile turbarci, poiché il turbamento ci porterebbe più danno che profitto.

Sopportare tutto con la stessa stabilità di umore e nella pace, è non soltanto aiutare l'animo ad acquistare grandi beni, ma anche disporre l'animo a giudicare meglio le avversità in cui si trova e a portarvi il rimedio adeguato.
Il cielo è stabile e non è soggetto a cambiamenti. Allo stesso modo le anime che sono di natura celeste sono stabili; non sono soggette a tendenze disordinate, o a nient'altro di simile; assomigliano in un certo senso a Dio, che è immutabile.





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00martedì 26 maggio 2009 10:17



Martedì della VII settimana di Pasqua : Jn 17,1-11
Meditazione del giorno
Papa Bendetto XVI
Enciclica « Spe Salvi » § 41,43 (© copyright Libreria Editrice Vaticana)

« Tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato »

Nel grande Credo della Chiesa la parte centrale, che tratta del mistero di Cristo a partire dalla nascita eterna dal Padre e dalla nascita temporale dalla Vergine Maria per giungere attraverso la croce e la risurrezione fino al suo ritorno, si conclude con le parole: « ...di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ». La prospettiva del Giudizio, già dai primissimi tempi, ha influenzato i cristiani fin nella loro vita quotidiana come criterio secondo cui ordinare la vita presente, come richiamo alla loro coscienza e, al contempo, come speranza nella giustizia di Dio. La fede in Cristo non ha mai guardato solo indietro né mai solo verso l'alto, ma sempre anche in avanti verso l'ora della giustizia che il Signore aveva ripetutamente preannunciato.

In Lui, il Crocifisso, la negazione di immagini sbagliate di Dio è portata all'estremo. Ora Dio rivela il suo Volto proprio nella figura del sofferente che condivide la condizione dell'uomo abbandonato da Dio, prendendola su di sé. Questo sofferente innocente è diventato speranza-certezza: Dio c'è, e Dio sa creare la giustizia in un modo che noi non siamo capaci di concepire e che, tuttavia, nella fede possiamo intuire. Sì, esiste la risurrezione della carne. Esiste una giustizia. Esiste la « revoca » della sofferenza passata, la riparazione che ristabilisce il diritto.

Per questo la fede nel Giudizio finale è innanzitutto e soprattutto speranza – quella speranza, la cui necessità si è resa evidente proprio negli sconvolgimenti degli ultimi secoli. Io sono convinto che la questione della giustizia costituisce l'argomento essenziale, in ogni caso l'argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna. Il bisogno soltanto individuale di un appagamento che in questa vita ci è negato, dell'immortalità dell'amore che attendiamo, è certamente un motivo importante per credere che l'uomo sia fatto per l'eternità; ma solo in collegamento con l'impossibilità che l'ingiustizia della storia sia l'ultima parola, diviene pienamente convincente la necessità del ritorno di Cristo e della nuova vita.





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LiviaGloria
00mercoledì 27 maggio 2009 09:04
Mercoledì della VII settimana di Pasqua : Jn 17,11-19
Meditazione del giorno
San Cirillo Alessandrino (380-444), vescovo, dottore della Chiesa
Commento sul vangelo di Giovanni, 11, 11 ; PG 74, 558

« Perché siano una cosa sola, come noi »

Quando Cristo divenne simile a noi, cioè quando si fece uomo, lo Spirito Santo l'ha unto e consacrato, benché lui fosse Dio per natura.... Egli stesso santifica il suo corpo, e ogni cosa creata è degna di venire santificata. Il mistero operato in Cristo è il principio e l'itinerario della nostra partecipazione allo Spirito.

Per unire anche noi, che siamo separati dalla differenza delle nostre individualità, delle nostre anime e dei nostri corpi, per fonderci nell'unità con Dio e fra di noi, il Figlio Unigenito ha creato e preparato un mezzo per radunarci, grazie alla sapienza sua e secondo il consiglio del Padre suo. Con un solo corpo, il corpo suo, benedice coloro che credono in lui, e, in una comunione mistica, fa di loro un solo corpo con lui.

Chi potrebbe dunque separare, chi potrebbe privare dell'unione fisica coloro che, per l'unico mezzo di questo corpo sacro, sono uniti nell'unità di Cristo? Se partecipiamo dell'unico pane, tutti siamo un solo corpo (1 Cor 10,17). Cristo infatti non può essere diviso. Per questo anche la Chiesa è chiamata Corpo di Cristo, e noi siamo chiamati sue membra, secondo la dottrina di San Paolo (Ef 5,30). Tutti uniti all'unico Cristo per mezzo del suo santo corpo, lo riceviamo, unico e indivisibile, nei nostri corpi. Dobbiamo dunque considerare i nostri corpi come se non ci appartenessero più.





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00giovedì 28 maggio 2009 09:33



Giovedì della VII settimana di Pasqua : Jn 17,20-26
Meditazione del giorno
Guigo il Certosino (?-1188), priore della Grande Certosa
Meditazione 10 ; SC 163, 187

« Voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io »

Dobbiamo seguire Cristo, dobbiamo aderire a lui, non dobbiamo abbandonarlo fino alla morte. Come Eliseo diceva al suo Maestro: «Per la vita del Signore e per la tua stessa vita, non ti lascerò» (2 Re 2,2)... Seguiamo dunque Cristo e attacchiamoci a lui! «Il mio bene è stare vicino a Dio» dice il salmista (72,28). «A te si stringe l'anima mia e la forza della tua destra mi sostiene» (Sal 62,9). E san Paolo aggiunge: «Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito» (1 Cor 6,17). Non soltanto un solo corpo, ma anche un solo spirito. Dallo spirito di Cristo vive tutto il suo corpo; mediante il corpo di Cristo, giungiamo allo spirito di Cristo. Dimora dunque mediante la fede nel corpo di Cristo e sarai un giorno un solo spirito con lui. Già mediante la fede sei unito al suo corpo; mediante la visione, sarai anche unito al suo spirito. Non perché lassù vedremo senza corpo, ma perché i nostri corpi saranno spirituali (1 Cor 15,44).

«Padre, dice Cristo, voglio che siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda»: ecco l'unione mediante la fede. E dopo egli domanda: «Siano perfetti nell'unità perché il mondo sappia»: ecco l'unione mediante la visione.

Tale è il modo di nutrirci spiritualmente del corpo di Cristo: avere in lui una fede pura, cercare sempre per mezzo della meditazione assidua il contenuto di questa fede, trovare con l'intelligenza ciò che stiamo cercando, amare ardentemente l'oggetto della nostra scoperta, imitare per quanto possibile colui che amiamo; e imitandolo, aderire a lui costantemente per giungere all'unione eterna.





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LiviaGloria
00venerdì 29 maggio 2009 09:23
Venerdì della VII settimana di Pasqua : Jn 21,15-19
Meditazione del giorno
San Giovanni Crisostomo (circa 345-407), sacerdote a Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Discorsi sul vangelo di Giovanni, 88 ; PG 59, 477

« Il buon pastore offre la vita per le pecore » (Gv 10,11)

Ciò che più di ogni altra cosa attira su di noi la benevolenza dall'alto è la sollecitudine per il prossimo. Per questo motivo Cristo esige da Pietro questa disposizione: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro? Gli rispose: Certo Signore, tu lo sai che ti voglio bene. Gli disse: Pasci le mie pecore». Perché, lasciando da parte gli altri apostoli, Gesù si rivolge a Pietro facendo riferimento a loro? È perché Pietro era il primo tra gli apostoli, il loro portavoce, il capo del loro collegio, sicché lo stesso Paolo era venuto a consultarlo riconoscendo la sua autorità. (Gal 1,18). Per mostrare bene a Pietro che doveva avere fiducia e che il suo rinnegamento era stato cancellato, Gesù gli conferisce ormai il primato tra i suoi fratelli. Non accenna al suo rinnegamento né lo svergogna a causa del passato. «Se mi ami, gli dice, sii il primo tra i tuoi fratelli; e l'amore ardente che mi hai sempre manifestato con tanta gioia, provamelo ora. La vita che eri sul punto di dare per me, dàlla per le mie pecore»...

Ma Pietro è turbato al pensiero che potrebbe avere l'impressione di amare pur non amando veramente. Quanto, dice, ero sicuro di me e categorico nel passato, tanto sono ora confuso. Gesù lo interroga tre volte, e tre volte gli dà lo stesso ordine. Gli mostra così quale valore egli dà alla cura delle sue pecore, poiché la considera la più grande prova di amore per lui.





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LiviaGloria
00sabato 30 maggio 2009 12:27



Sabato della VII settimana di Pasqua : Jn 21,20-25
Meditazione del giorno
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Discorsi sul vangelo di Giovanni , n° 124 ; CCL 36, 685

Due apostoli, due vite, una Chiesa

La Chiesa conosce due vite, che le sono state rivelate e raccomandate da Dio, delle quali una è nella fede, l'altra nella visione; una appartiene al tempo della peregrinazione, l'altra all'eterna dimora; una è nella fatica, l'altra nel riposo; una lungo la via, l'altra in patria; una nel lavoro dell'azione, l'altra nel premio della contemplazione... La prima è simboleggiata nell'apostolo Pietro, l'altra in Giovanni... E non soltanto essi; questo è quanto fa la santa Chiesa tutta intera, la sposa di Cristo che attende di essere liberata da queste prove, per entrare in possesso della felicità eterna.

Queste due vite, la terrena e l'eterna, sono raffigurate rispettivamente in Pietro e in Giovanni: per la verità tutti e due camminarono in questa vita temporale per mezzo della fede, e tutti e due godono nella vita eterna della visione di Dio. Fu quindi a vantaggio di tutti i fedeli inseparabilmente appartenenti al corpo di Cristo, che Pietro, il primo degli Apostoli, per guidarli in questa tempestosa vita, ricevette, con le chiavi del regno dei cieli, la potestà di legare e di sciogliere i peccati (Mt 16,19); e del pari fu per condurre gli stessi fedeli al porto tranquillo di quella vita intima e segreta, che l'evangelista Giovanni riposò sul petto di Cristo (Gv 13, 23.25). Non è infatti soltanto Pietro, ma tutta la Chiesa che lega e scioglie i peccati; né Giovanni fu il solo ad attingere, come ad una fonte, dal petto del Signore, per comunicarla a noi, la verità sublime del Verbo che era in principio Dio presso Dio (Gv 7,38 ; 1.1)... Anzi è il Signore stesso che diffonde il suo Vangelo in tutto il mondo, affinché tutti ne bevano, ciascuno secondo la propria capacità.





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LiviaGloria
00domenica 31 maggio 2009 12:26



Domenica di Pentecoste, Solennità - Anno B : Jn 15,26-27#Jn 16,12-15
Meditazione del giorno
San Bruno di Segni (circa 1045-1123), vescovo
Commento sull'Esodo, cap. 15

Dalla Pentecoste ebraica alla Pentecoste cristiana

Il monte Sinai è il simbolo del monte Sion... Notate a che punto le due alleanze si fanno eco l'una all'altra, con quale sintonia la festa della Pentecoste è celebrata in ciascuna di loro... Sul monte Sion, come sul monte Sinai, il Signore è sceso, lo stesso giorno e in modo molto simile...

Luca scrisse: «Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo. Apparvero loro lingue di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro» (At 2,2-3)... Sì, qui e là, un forte rumore si fa sentire, un fuoco si fa vedere. Ma al Sinai era un fumo denso, sul monte Sion lo splendore di una luce brillantissima. Nel primo caso si tratta di una «copia e un'ombra», nel secondo caso, delle «realtà» (Eb 8,5). Un tempo, si sentiva il tuono, ora si individuano le voci degli apostoli. Da un lato i lampi, dall'altro dei prodigi si manifestano in ogni luogo...

«Tutti uscirono dall'accampamento incontro a Dio e stettero in piedi alle falde del monte» (Es 19,17). Si legge negli Atti degli Apostoli: «Venuto quel fragore, la folla si radunò»... Da Gerusalemme, il popolo si radunò in piedi alla montagna di Sion, cioè nel luogo in cui Sion, figura della santa Chiesa, cominciava a edificarsi, a posare le sue fondamenta...

«Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco» dice l'Esodo (v.18)... Potevano forse non ardere, coloro che erano stati infiammati dal grande fuoco dello Spirito Santo? Come il fumo accenna alla presenza del fuoco, così con la franchezza dei loro discorsi e con la diversità delle lingue, il fuoco dello Spirito Santo manifestava la sua presenza nel cuore degli apostoli. Beati i cuori ricolmi di questo fuoco! Beati gli uomini infiammati da questo ardore. «Il monte tremava molto. Il suono della tromba diventava sempre più intenso» (V. 19)... Allo stesso modo, la voce degli apostoli e la loro predicazione divennero sempre più forti; si fecero sentire sempre più lontano finché «per tutta la terra si diffondesse la loro voce e ai confini del mondo la loro parola» (Sal 18,5)





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LiviaGloria
00lunedì 1 giugno 2009 12:12
Lunedì della IX settimana del Tempo Ordinario : Mc 12,1-12
Meditazione del giorno
Santa Caterina da Siena (1347-1380), terziaria domenicana, dottore della Chiesa, compatrona d'Europa
Dialogo della Divina Provvidenza, 23

Il Padrone della vigna

[Santa Caterina sentì Dio dirle] : « Ogni creatura che ha in sé ragione ha la vigna per se medesima, cioè la vigna de l'anima sua; della quale la volontà col libero arbitrio nel tempo n'è facto lavoratore, cioè mentre che elli vive. Ma poi che è passato ci tempo, neuno lavorio può fare, né buono né gattivo; ma mentre che elli vive può lavorare la vigna sua, nella quale Io l'ho messo. E ha ricevuta tanta fortezza questo lavoratore de l'anima che né dimonio né altra creatura gli 'l può tollere se egli non vuole; però che ricevendo el sancto baptesmo si fortificò e fugli dato un coltello d'amore di virtú, e odio del peccato. El quale amore e odio truova nel Sangue, però che per amore di voi e odio del peccato mori l'unigenito mio Figliuolo, dandovi el Sangue, per lo quale Sangue aveste vita nel sancto baptesmo...

« Divellete le spine de' peccati mortali e piantare le virtú... con la contrizione del cuore e dispiacimento del peccato e amore della virtú; e alora ricevarete il frutto d'esso Sangue. Ma in altro modo noi potreste ricevere, non disponendovi da la parte vostra come tralci uniti nella vite de l'unigenito mio Figliuolo, el quale dixe: «Io so' vite vera; el Padre mio è il lavoratore, e voi sète i tralci» (Gv 15,1.5).

« E cosí è la veritá: che lo so' il lavoratore, però che ogni cosa che ha essere è uscito ed esce di me. La potenzia mia è inextimabile, e con la mia potenzia e virtú governo tutto l'universo mondo. Veruna cosa è fatta o governata senza me. Si che Io so' el lavoratore che piantai la vite vera de l'unigenito mio Figliuolo nella terra della vostra umanità, acciò che voi, tralci uniti con la vite, faceste frutto. »





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LiviaGloria
00martedì 2 giugno 2009 09:45



Martedì della IX settimana del Tempo Ordinario : Mc 12,13-17
Meditazione del giorno
San Pietro Crisologo (circa 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chiesa
Discorsi, 148, PL 52, 596-598

In Cristo Dio ci fa passare dalla sua immagine alla sua somiglianza (Gn 1,27)

O uomo, perché hai di te un concetto così basso, quando sei tanto prezioso per Dio? Perché mai, tu che sei così onorato da Dio, ti spogli irragionevolmente del tuo onore? Perché indaghi da che cosa sei stato tratto e non ricerchi per qual fine sei stato creato? Tutto questo edificio del mondo, che i tuoi occhi contemplano, non è stato forse fatto per te? La luce in te scaccia le tenebre e ti circondano. Per te è stata regolata la notte, per te definito il giorno, per te il cielo è stato illuminato dal diverso splendore del sole, della luna e delle stelle. Per te la terra è dipinta di fiori, di boschi e di frutti. Per te è stata creata la mirabile e bella famiglia di animali che popolano l'aria, i campi e l'acqua, perché una desolata solitudine non appannase la gioia del mondo appena fatto...

Tuttavia il tuo Creatore trovò ancora qualcosa da aggiungere per onorarti. Ha stampato in te la sua immagine (Gen 1,27), perché l'immagine visibile rendesse presente al mondo il Creatore invisibile, e ti ha posto in terra a fare le sue veci, perché un possedimento così vasto, qual è il mondo, non fosse privo di un vicario del Signore... Dio, nella sua infinita bontà, prese in sé ciò che aveva fatto in te per sé. Volle essere visto nell'uomo direttamente e in se stesso. Egli, che nell'uomo aveva prima voluto essere visto per riflesso, fece sì che diventasse sua proprietà l'uomo che prima aveva ottenuto di essere solo sua immagine riflessa... Nasce dunque Cristo, per reintegrare con la sua nascita la natura decaduta.





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LiviaGloria
00mercoledì 3 giugno 2009 12:04
Mercoledì della IX settimana del Tempo Ordinario : Mc 12,18-27
Meditazione del giorno
Catechismo della Chiesa Cattolica
§ 988-994

« Non è un Dio dei morti ma dei viventi »

« Credo la risurrezione della carne » : Il Credo cristiano – professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificante – culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna. Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterà nell'ultimo giorno. Come la sua, anche la nostra risurrezione sarà opera della Santissima Trinità... Il termine « carne » designa l'uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità. La « risurrezione della carne » significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell'anima immortale, ma che anche i nostri « corpi mortali » (Rm 8,11) riprenderanno vita.

Credere nella risurrezione dei morti è stato un elemento essenziale della fede cristiana fin dalle sue origini. « La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali » (Tertulliano)... La risurrezione dei morti è stata rivelata da Dio al suo popolo progressivamente. La speranza nella risurrezione corporea dei morti si è imposta come una conseguenza intrinseca della fede in un Dio Creatore di tutto intero l'uomo, anima e corpo. Il Creatore del cielo e della terra è anche colui che mantiene fedelmente la sua Alleanza con Abramo e con la sua discendenza. È in questa duplice prospettiva che comincerà ad esprimersi la fede nella risurrezione.

I farisei e molti contemporanei del Signore speravano nella risurrezione. Gesù la insegna con fermezza. Ai sadducei che la negano risponde: « Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio? ». La fede nella risurrezione riposa sulla fede in Dio che « non è un Dio dei morti, ma dei viventi! ». Ma c'è di più. Gesù lega la fede nella risurrezione alla sua stessa persona: « Io sono la risurrezione e la vita » (Gv 11,25). Sarà lo stesso Gesù a risuscitare nell'ultimo giorno coloro che avranno creduto in lui e che avranno mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue.





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LiviaGloria
00giovedì 4 giugno 2009 16:06



Giovedì della IX settimana del Tempo Ordinario : Mc 12,28-34
Meditazione del giorno
San Giovanni della Croce (1542-1591), carmelitano, dottore della Chiesa
Avvisi e sentenze 121-143

« Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore..., con tutta la tua forza »

La forza dell'anima è nelle sue potenze, nelle sue passioni e nelle sue facoltà. Se la volontà le rivolge verso Dio e le tiene separate da quanto non è Dio, l'anima custodisce per Dio tutta la sua forza; lo ama veramente con tutto ciò che è in suo potere, come il Signore stesso lo comanda.
Ricercare se stessi in Dio, è ricercare le gioie e le consolazioni di Dio, e questo è contrario al puro amore di Dio.
È un grande danno avere in vista i beni di Dio piuttosto che Dio stesso, l'orazione e il distaccamento.

Molti sono coloro che cercano in Dio le loro consolazioni e i loro interessi, e desiderano che Sua Maestà li colmi dei suoi favori e dei suoi doni; ma il numero di coloro che cercano a piacergli e a dargli qualche cosa a loro spese è piccolissimo.
Sono pochi gli uomini spirituali, anche tra coloro che sono considerati molto progrediti nella virtù, che acquistano una perfetta determinazione per il bene. Non riescono mai a rinunciare interamente a se stessi su qualche punto dello spirito del mondo o della natura, né a disprezzare quello che si dirà o penserà di loro, quando si tratta di compiere per amore di Gesù Cristo delle opere di perfezione e di distaccamento...

Chi non vuole nulla se non Dio solo non cammina nelle tenebre, per quanto povero e privo di luce egli possa essere ai propri occhi...
L'anima che, in mezzo alle aridità e agli abbandoni, tiene sempre la sua attenzione e la sua sollecitudine fissa per servire Dio, potrà fare fatica e temere di non riuscire; ma in realtà, essa offrirà a Dio un sacrificio di soave fragranza (Gen 8,21).





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LiviaGloria
00venerdì 5 giugno 2009 11:02
Venerdì della IX settimana del Tempo Ordinario : Mc 12,35-37
Meditazione del giorno
Sant'Ambrogio (circa 340-397), vescovo di Milano e dottore della Chiesa
Commento sui salmi, 35,4-5 ; CSEL 64, 52-53

« Davide stesso lo chiama Signore »

Cerca di cogliere il mistero: dal seno della Vergine egli nacque insieme servo e Signore; servo per operare, Signore per comandare e porre le basi del Regno di Dio nel cuore degli uomini. Eppure è uno solo: non Dio generato dal Padre e uomo nato dalla Vergine; ma lo stesso che è generato dal Padre prima di tutti i secoli, prese poi un corpo dalla Vergine. Per questo è chiamato contemporaneamente servo e Signore: servo per noi, ma, per l'unità della natura divina, Dio da Dio, coeterno, uguale al Padre. Non avrebbe potuto infatti, generare inferiore e sé il Figlio, nel quale il Padre stesso disse di essersi compiaciuto (Mt 3,17)...

Conserva sempre la dignità del nome con cui viene chiamato: grande Dio e grande servo. Nella sua incarnazione, non perde l'attributo della sua grandezza la quale non ha fine» (Sal 144,3)... Egli, pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2,6-7)... Egli dunque, uguale a Dio in quanto è il Figlio, nella carne prese la forma di servo; «provò la morte» (Eb 2,9), eppure «la sua grandezza non ha fine»...

Beata servitù che rese tutti liberi, beata servitù che gli acquistò «un nome più alto di ogni altro nome»; beata umiltà, la quale fece sì che «nel suo nome ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre» (Fil 2, 10-11).





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LiviaGloria
00sabato 6 giugno 2009 10:45
Sabato della IX settimana del Tempo Ordinario : Mc 12,38-44
Meditazione del giorno
Santa Teresa d'Avila (1515-1582), carmelitana, dottore della Chiesa
Poesia « Vivo sin vivir en mí »

« Ha dato tutto »

Io vivo, ma senza vivere in me,
E la mia speranza è tale
Che muoio di non morire.

Vivo già fuori di me
Da quando muoio di amare;
Poiché vivo nel Signore
Che mi ha voluta sua.
Quando gli diedi il mio cuore,
Egli vi iscrisse queste parole:
Muoio di non morire...

Ah! Che vita amara è quella,
In cui non si gode del Signore!
E se l'amore è dolce,
Non è dolce la lunga attesa;
Dio tolga da me questo peso
Più greve dell'acciaio,
Perché muoio di non morire.

Vivo nella sola fiducia
Che devo un giorno morire,
Perché, attraverso la morte,
dalla mia speranza
mi è promessa la vita;
Morte, in cui si guadagna la vita,
Non tardare, poiché ti aspetto,
perché muoio di non morire.

Vedi come forte è l'amore (Ct 8,6);
O vita, non sii per me un fardello!
Guarda ciò che solo dimora:
Per guadagnarti, ti perdo! (Lc 9,24)
Venga la dolce morte!
La mia morte, venga presto,
Perché muoio di non morire.

Quella vita di lassù,
Che è vera vita,
Finché non viviamo di essa, non godiamo.
O morte! Non sfuggire.
Che io viva poiché già muoio,
Perché muoio di non morire.

O vita, cosa posso dare
Al mio Dio che vive in me
Se non perderti
Per meritare di assaporarlo!
Col morire voglio acquistarti
Poiché tanto desidero il mio Amato
Che muoio di non morire.






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LiviaGloria
00domenica 7 giugno 2009 15:32



Santissima Trinità, solennità - Anno B - : Mt 28,16-20
Meditazione del giorno
Sant'Ireneo di Lione (circa130-circa 208), vescovo, teologo e martire
Dimostrazione della predicazione apostolica, 6-8

« Battezzatele nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo »

Questa è la regola della nostra fede, questo dà fondamenta al nostro edificio, questo dà fermezza al nostro agire. Dapprima: Dio Padre, increato, illimitato, invisibile; Dio uno, creatore dell'universo; questo è il primo articolo della nostra fede. Secondo articolo: il Verbo di Dio, Figlio di Dio, Gesù Cristo, nostro Signore; egli è stato rivelato ai profeti secondo il genere delle loro profezie e secondo il disegno del Padre; per mezzo di lui, tutto è stato fatto; alla fine dei tempi, per ricapitolare tutte le cose, si è degnato di farsi uomo tra gli uomini, visibile, palpabile, per distruggere così la morte, fare apparire la vita e operare la riconciliazione tra Dio e gli uomini. E terzo articolo: lo Spirito Santo; per mezzo di lui, i profeti hanno profetizzato, i nostri padri hanno imparato le cose di Dio e i giusti sono stati guidati sulla via della giustizia; alla fine dei tempi, è stato effuso in un modo nuovo sugli uomini, per rinnovarli su tutta la terra, per Dio.

Per questo il battesimo della nostra nuova nascita è posto sotto il segno di questi tre articoli. Dio Padre ce lo accorda in vista della nostra nuova nascita nel Figlio suo per mezzo dello Spirito Santo. Coloro infatti che portano in loro lo Spirito Santo sono condotti al Verbo che è il Figlio, e il Figlio li conduce al Padre, e il Padre ci accorda l'immortalità. Senza lo Spirito è impossibile vedere il Verbo di Dio, e senza il Figlio non ci si può avvicinare al Padre. La conoscenza del Padre infatti, è il Figlio, e la conoscenza del Figlio si fa per mezzo dello Spirito Santo, e il Figlio elargisce lo Spirito secondo la volontà del Padre.





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LiviaGloria
00lunedì 8 giugno 2009 19:40



Lunedì della X settimana del Tempo Ordinario : Mt 5,1-12
Meditazione del giorno
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
La Santà Verginità, 27,35

« Imparate da me »

Cosa vuol dire seguire se non imitare? « Cristo infatti patì per noi, lasciandoci un esempio, come dice l'apostolo Pietro, perché potessimo seguire le sue orme » (1 Pt 2, 21).
Beati i poveri di spirito!
Imitate colui che, « essendo ricco, si è fatto povero per voi » (2 Cor 8,9).
Beati i miti!
Imitate colui che disse: « Imparate da me, perché sono mite ed umile di cuore » (Mt 11, 29).
Beati coloro che piangono!
Imitate colui che pianse sopra Gerusalemme (Lc 19, 41).
Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia!
Imitate colui che disse: « Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato » (Gv 4, 34).
Beati i misericordiosi!
Imitate colui che prestò soccorso all'uomo ferito dai briganti e abbandonato ai margini della strada mezzo morto, in condizioni disperate (Lc 10, 33).
Beati i puri di cuore!
Imitate colui « che non commise peccato e sulla cui bocca non si è trovato inganno » (1Pt 2, 22).
Beati i pacifici!
Imitate colui che pregò per i suoi carnefici: « Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23, 24).
Beati i perseguitati per amore della giustizia!
Imitate colui che « patì per voi, lasciandovi un esempio affinché ne seguiate le orme ».

Con gli occhi della fede, che tu mi hai aperto, contemplo te, o buon Gesù, che esclami e dici, come in un'adunata dell'intero genere umano: « Venite a me, e imparate da me ».





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LiviaGloria
00martedì 9 giugno 2009 08:37



Martedì della X settimana del Tempo Ordinario : Mt 5,13-16
Meditazione del giorno
Concilio Vaticano II
Decreto sull'apostolato dei laici « Apostolicam actuositatem », § 5-6

« Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo »

L'opera della redenzione di Cristo ha per natura sua come fine la salvezza degli uomini, però abbraccia pure il rinnovamento di tutto l'ordine temporale. Di conseguenza la missione della Chiesa non mira soltanto a portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche ad animare e perfezionare l'ordine temporale con lo spirito evangelico. I laici, dunque, svolgendo tale missione della Chiesa, esercitano il loro apostolato nella Chiesa e nel mondo, nell'ordine spirituale e in quello temporale. Questi ordini, sebbene siano distinti, tuttavia sono così legati nell'unico disegno divino, che Dio stesso intende ricapitolare in Cristo tutto il mondo per formare «una creazione nuova» (2 Cor 15,17): in modo iniziale sulla terra, in modo perfetto alla fine del tempo. Nell'uno e nell'altro ordine il laico, che è simultaneamente membro del popolo di Dio e della città degli uomini, deve continuamente farsi guidare dalla sua unica coscienza cristiana.

La missione della Chiesa ha come scopo la salvezza degli uomini, che si raggiunge con la fede in Cristo e con la sua grazia. Perciò l'apostolato della Chiesa e di tutti i suoi membri è diretto prima di tutto a manifestare al mondo il messaggio di Cristo con la parola e i fatti e a comunicare la sua grazia. Ciò viene effettuato soprattutto con il ministero della parola e dei sacramenti, affidato in modo speciale al clero, nel quale anche i laici hanno la loro parte molto importante da compiere « per essere anch'essi cooperatori della verità » (3 Gv 8). È specialmente in questo ordine che l'apostolato dei laici e il ministero pastorale si completano a vicenda. Molte sono le occasioni che si presentano ai laici per esercitare l'apostolato dell'evangelizzazione e della santificazione. La stessa testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio; il Signore dice infatti: « Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini in modo che vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli».





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LiviaGloria
00mercoledì 10 giugno 2009 09:17
Mercoledì della X settimana del Tempo Ordinario : Mt 5,17-19
Meditazione del giorno
Melitone di Sardi ( ? - circa 195), vescovo
Omelia pasquale (passim)

« Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento »

L'immolazione della pecora, il rito della Pasqua e la lettera della Legge, hanno condotto a Gesù Cristo in vista di cui tutto è successo nell'antica legge e ancora di più nell'ordine nuovo. Poiché la legge è diventata il Verbo, e da antica è divenuta nuova..., il comandamento si è trasformato in grazia, la figura in realtà, l'agnello è diventato Figlio, la pecora è diventata uomo, e l'uomo è divenuto Dio...

Il Signore, pur essendo Dio, rivestì l'uomo, soffrì per colui che soffriva, fu incatenato per colui che era schiavo, fu giudicato per il colpevole, fu sepolto per colui che era seppellito. Risuscitò dai morti e dichiarò a gran voce : « Chi disputerà contro di me ? Compaia qui davanti a me ! » (Is 50, 8) Ho liberato io il condannato ; ho reso io la vita al morto ; ho risuscitato io il sepolto. «Chi oserà contraddirmi ? » Sono io, disse, che sono il Cristo, che ho distrutto la morte, che ho trionfato sull'avversario, che ho legato il nemico potente, che ho portato l'uomo verso il cielo ; io, disse, sono il Cristo.

Su, venite, tutte le famiglie degli uomini, impastate di peccati, e ricevete il perdono dei peccati. Perché sono io il perdono, io la Pasqua della salvezza, io l'agnello immolato per voi, io il prezzo per il vostro riscatto, io la vostra vita, io la vostra risurrezione, io la vostra luce, io la vostra salvezza, io il vostro re. Vi porto io, con me verso il cielo ; vi risusciterò io ; vi farò vedere io il Padre che esiste da sempre, vi risusciterò io con mano potente.





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LiviaGloria
00giovedì 11 giugno 2009 18:25



San Barnaba apostolo, memoria : Mt 10,7-13
Meditazione del giorno
Concilio Vaticano II
Decreto sull'aitività missionnaria della Chiesa « Ad Gentes », § 4-5

« Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date »

Il Signore Gesù, prima di immolare in assoluta libertà la sua vita per il mondo, organizzò il ministero apostolico e promise l'invio dello Spirito Santo, in modo che entrambi collaborassero, sempre e dovunque, nella realizzazione dell'opera della salvezza. Ed è ancora lo Spirito Santo che in tutti i tempi unifica la Chiesa tutta intera nella comunione e nel ministero...

Il Signore Gesù, fin dall'inizio « chiamò presso di sé quelli che voleva e ne costituì dodici che stessero con lui e li mandò a predicare» (Mc 3,13). Gli apostoli furono dunque ad un tempo il seme del nuovo Israele e l'origine della sacra gerarchia. In seguito, una volta completati in se stesso con la sua morte e risurrezione i misteri della nostra salvezza e dell'universale restaurazione, il Signore, a cui competeva ogni potere in cielo ed in terra (Mt 28,18), prima di salire al cielo, fondò la sua Chiesa come sacramento di salvezza ed inviò i suoi apostoli nel mondo intero, come egli a sua volta era stato inviato dal Padre (Gv 20,21) e comandò loro: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho comandato» (Mt 28,19-20)...

Da qui deriva alla Chiesa l'impegno di diffondere la fede e la salvezza del Cristo, sia in forza dell'esplicito mandato che l'ordine episcopale, coadiuvato dai sacerdoti ed unito al successore di Pietro, supremo pastore della Chiesa, ha ereditato dagli apostoli, sia in forza di quell'influsso vitale che Cristo comunica alle sue membra... Pertanto la missione della Chiesa si esplica attraverso un'azione tale, per cui essa, in adesione all'ordine di Cristo e sotto l'influsso della grazia e della carità dello Spirito Santo, si fa pienamente ed attualmente presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l'esempio della vita, con la predicazione, con i sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, rendendo loro facile e sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo.





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LiviaGloria
00venerdì 12 giugno 2009 11:56



Venerdì della X settimana del Tempo Ordinario : Mt 5,27-32
Meditazione del giorno
Paolo VI, papa dal 1963 al 1978
Humanae vitae, 8-9

« Dio creò l'uomo a sua immagine, maschio e femmina li creò » (Gen 1,27)

L'amore coniugale rivela massimamente la sua vera natura e nobiltà quando è considerato nella sua sorgente suprema, Dio, che è Amore... Il matrimonio non è quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di inconsce forze naturali: è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nell'umanità il suo disegno di amore. Per mezzo della reciproca donazione personale... gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite. Per i battezzati, poi, il matrimonio riveste la dignità di segno sacramentale della grazia, in quanto rappresenta l'unione di Cristo e della Chiesa (Ef 5,32).

In questa luce appaiono chiaramente le note e le esigenze caratteristiche dell'amore coniugale... È prima di tutto amore pienamente umano, vale a dire sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e principalmente è atto della volontà libera, destinato non solo a mantenersi, ma anche ad accrescersi mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana; così che gli sposi diventino un cuor solo e un'anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana.

È poi amore totale, vale a dire una forma tutta speciale di amicizia personale, in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo arricchire del dono di sé.

È ancora amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Così infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente e in piena consapevolezza l'impegno del vincolo matrimoniale.... È infine amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite.





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LiviaGloria
00sabato 13 giugno 2009 11:16



Sabato della X settimana del Tempo Ordinario : Mt 5,33-37
Meditazione del giorno
Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo
Discorsi sui Numeri, n° 9,4 ; SC 415, 239

« Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge... : non son venuto per abolire, ma per dare compimento » (Mt 5,17)

Voglio ricordare ai discepoli di Cristo la bontà di Dio: nessuno tra voi si lasci scuotere dagli eretici se, nella controversia, dicono che il Dio della Legge non è buono ma giusto, e che la Legge di Mosè non insegna la bontà ma la giustizia. Vedano, questi detrattori di Dio e della Legge, come Mosè stesso e Aronne abbiano compiuto da precursori ciò che il Vangelo insegnò dopo. Considerate come Mosè «ama i suoi nemici e prega per coloro che lo perseguitano» (Mt 5,44)...; vedete come «prostrati con la faccia a terra», tutti e due pregano per coloro che si erano ribellati e volevano ucciderli (Nm 17,10s). Così troviamo il Vangelo in potenza nella Legge e dobbiamo capire che i Vangeli sono appoggiati sul fondamento della Legge.

Per parte mia, non chiamo la Legge col nome di Antico Testamento, quando la considero spiritualmente; la Legge non diviene «Antico Testamento» se non per coloro che non vogliono capirla secondo lo spirito. Per forza per loro essa è divenuta «antica» ed è invecchiata, perché non può conservare la sua forza. Per noi invece, che la capiamo e la spieghiamo nello spirito e nella linea del Vangelo, essa è sempre nuova; tutti e due Testamenti sono per noi un nuovo Testamento, non per la datazione, bensì per la novità del senso.

L'apostolo Giovanni non pensa forse la stessa cosa quando dice nella sua lettera: «Figlioli, vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (1 Gv 4,7 ; Gv 13,34)? Sapeva che il precetto dell'amore era stato già dato da lungo tempo nella Legge (1 Gv 2,7s; Lv 19,18). Ma siccome «la carità non avrà mai fine» (1 Cor 13,8)... afferma l'eterna novità di questo precetto che non invecchia... Per il peccatore e per coloro che non osservano il patto della carità, anche i Vangeli invecchiano; non può esserci un Nuovo Testamento per chi non «depone l'uomo vecchio... e riveste l'uomo nuovo, creato secondo Dio» (Ef 4, 22.24).





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