Zapatero rivela: ecco come e perché i leader europei fecero fuori Berlusconi

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wheaton80
00giovedì 12 dicembre 2013 01:52

Vorremmo dire «clamoroso», ma non è così perché sapevamo da tempo, e lo abbiamo più volte scritto, che non solo in Italia ma anche dall’estero arrivavano pesanti pressioni per far fuori Silvio Berlusconi. L’ultima prova, che conferma la volontà di rovesciare un governo democraticamente eletto, la rivela l’ex premier spagnolo Luis Zapatero, che nel libro El dilema (Il dilemma), presentato martedì a Madrid, porta alla luce inediti retroscena sulla crisi che minacciò di spaccare l’Eurozona.

Il 3 e 4 novembre 2011 sono i giorni ad altissima tensione del vertice del G-20 a Cannes, sulla Costa Azzurra. Tutti gli occhi sono puntati su Italia e Spagna che, dopo la Grecia, sono diventate l’anello debole per la tenuta dell’euro. Il presidente americano Barack Obama e la cancelliera tedesca Angela Merkel mettono alle corde Berlusconi e Zapatero, cercando di imporre all’Italia e alla Spagna gli aiuti del Fondo monetario internazionale. I due premier resistono, consapevoli che il salvataggio da parte del Fmi avrebbe significato accettare condizioni capestro e cedere di fatto la sovranità a Bruxelles, com’era già accaduto con Grecia, Portogallo e Cipro. Ma la Germania con gli altri Paesi nordici, impauriti dagli attacchi speculativi dei mercati, considerano il vertice di Cannes decisivo e vogliono risultati a qualsiasi costo. Le pressioni sono altissime.

Zapatero descrive la cena del 3 novembre, con il tavolo «piccolo e rettangolare per favorire la vicinanza e un clima di fiducia». Ma l’atmosfera è esplosiva. «Nei corridoi si parlava di Mario Monti», rivela il premier spagnolo. Già, Monti. Che solo una settimana dopo sarà nominato senatore a vita da Napolitano e che il 12 novembre diventerà premier al posto di Berlusconi. Il piano era già congegnato, con il Quirinale pronto a soggiacere ai desiderata dei mercati e di Berlino.

La Merkel domanda a Zapatero se sia disponibile «a chiedere una linea di credito preventiva di 50 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale, mentre altri 85 sarebbero andati all’Italia. La mia risposta fu diretta e chiara: no», scrive l’ex premier spagnolo. Allora i leader presenti concentrano le pressioni sul governo italiano perché chieda il salvataggio, sperando di arginare così la crisi dell’euro.

«C’era un ambiente estremamente critico verso il governo italiano», ricorda Zapatero, descrivendo la folle corsa dello spread e l’impossibilità da parte del nostro Paese di finanziare il debito con tassi che sfiorano il 6,5 per cento. Insomma, i leader del G-20 sono terrorizzati dai mercati e temono che il contagio possa estendersi a Paesi europei come la Francia se non prendono il toro per le corna. Il toro in questo caso è l’Italia. «Momenti di tensione, seri rimproveri, invocazioni storiche, perfino invettive sul ruolo degli alleati dopo la seconda guerra mondiale…», caratterizzano il vertice. «Davanti a questo attacco – racconta l’ex leader socialista spagnolo – ricordo la strenua difesa, un catenaccio in piena regola» di Berlusconi e del ministro dell’Economia Giulio Tremonti. «Entrambi allontanano il pallone dall’area, con gli argomenti più tecnici Tremonti o con le invocazioni più domestiche di Berlusconi», che sottolinea la capacità di risparmio degli italiani.

«Mi è rimasta impressa una frase che Tremonti ripeteva: conosco modi migliori di suicidio». Alla fine si raggiunge un compromesso, con Berlusconi che accetta la supervisione del Fmi ma non il salvataggio. Ma tutto ciò costerà caro al Cavaliere. «È un fatto – sostiene Zapatero – che da lì a poco ebbe effetti importantissimi sull’esecutivo italiano, con le dimissioni di Berlusconi, dopo l’approvazione della Finanziaria con le misure di austerità richieste dall’Unione europea, e il successivo incarico al nuovo governo tecnico guidato da Mario Monti». Un governo, ora sappiamo con certezza, eletto da leader stranieri nei corridoi di Cannes e non dalla volontà popolare degli italiani.

Riccardo Pelliccetti
28 novembre, 2013
www.ilgiornale.it/news/interni/zapatero-rivela-cav-obiettivo-attacco-dei-leader-europei-971...

wheaton80
00lunedì 19 maggio 2014 00:32
Ora anche Londra conferma:"Colpo di Stato contro il Cav"

Il complotto contro Berlusconi ci fu e forse fu un vero e proprio colpo di Stato. Lo dicono l'americano Edward Luttwak, esperto di geopolitica e da sempre voce in Italia delle amministrazioni Usa e l'inglese Ambrose Evans-Pritchard, uno dei massimi analisti di economia internazionale. Il primo, intervistato ieri su Radio24, ha confermato che il complotto «fu ordito da Sarkozy e la Merkel con l'appoggio di molte persone in Italia». Di nomi ne fa due: Giorgio Napolitano e Giuseppe Pisanu. Il nome di Napolitano è stato ampiamente indicato in molte ricostruzioni di quel periodo come il protagonista italiano del complotto. Lo stesso Mario Monti confessò ad Alain Friedman che già nei mesi precedenti alla famosa crisi finanziaria dell'autunno 2011, il presidente della Repubblica gli aveva indicato la necessità che lui prendesse il posto di Silvio Berlusconi. Il nome di Pisanu invece compare per la prima volta ed è ampiamente credibile come parte della congiura: l'ex democristiano che a Berlusconi doveva tutta la sua carriera politica, già nel settembre 2011 rilasciò un'intervista a Repubblica auspicando un governo di larghe intese senza il Cavaliere. Il suo nome ricorre inoltre nel 2009, insieme a quello di Gianfranco Fini e Giulio Tremonti, in un documento riservato dell'ambasciatore americano in Italia David Thorne (pubblicato da Wikileaks) tra coloro che «stavano gettando le basi» per la successione a Berlusconi.

Luttwak specifica che l'obiettivo del complotto «era rovesciare un governo democraticamente eletto». Questo è il motivo per cui gli americani si rifiutarono di partecipare. Il politologo americano, pur ritenendo che «ciò che accadde non fu un vero e proprio colpo di Stato ma un complotto dietro le quinte», confessa: «non so quanto in linea con la Costituzione». In altre parole Luttwak conferma che il presidente della Repubblica (che doveva essere il garante della nostra sovranità) partecipò attivamente a un'operazione organizzata da governi stranieri, tesa a eliminare il premier italiano legittimo e sostituirlo con un altro gradito dai mandanti internazionali. Ancora più clamoroso ciò che ha scritto Ambrose Evans-Pritchard in un articolo pubblicato ieri sul prestigioso The Telegraph. Partendo dalle recenti dichiarazioni di Tim Geithner sulle pressioni dell'Ue per rovesciare il governo Berlusconi, egli scrive che «ciò che ha rivelato l'ex ministro americano concorda con quanto noi sapevamo all'epoca circa le manovre dietro le quinte e l'azione sui mercati obbligazionai». Evans-Pritchard è chiarissimo nel suo giudizio: «Io ho sempre trovato bizzarro ciò che accadde». Fino a poco tempo prima «l'Italia era ritenuta un esempio virtuoso, uno dei pochissimi Stati dell'Ue che si avvicinava a un surplus del bilancio primario» e «non era in grave violazione del deficit». Poi clamorosamente aggiunge: «La crisi italiana dell'autunno 2011 fu scatenata dalla Bce che alzò per due volte i tassi provocando una profonda recessione double-dip (il tipo di recessione che segue le fasi di limitata crescita artificiale). Eppure, la colpa di questo disastroso errore politico fu fatta ricadere sul governo italiano».

In altre parole il famoso imbroglio dello spread, con il quale si manipolò l'opinione pubblica facendo credere che il nostro Paese fosse a rischio default, fu costruito per generare una pressione politica violentissima contro Berlusconi e il suo governo. Evans-Pritchard è netto: quello che è avvenuto contro Berlusconi «è uno scandalo costituzionale di prim'ordine»; ciò che fu fatto in Italia (così come in Grecia con la destituzione del premier Papandreou) «furono colpi di Stato sicuramente nello spirito se non anche nel diritto costituzionale». Fuori dall'Italia, dove la democrazia è ancora una cosa seria e non un giocattolo in mano a vecchi comunisti e maggiordomi dei poteri forti, il tema del complotto contro Berlusconi sta scandalizzando e aprendo questioni politiche importanti sul futuro dell'Europa. Ciò che da mesi sta emergendo dalle rivelazioni internazionali non riguarda un archivio di storia, né attiene al semplice destino di un singolo un uomo politico; ciò che emerge è la fine della democrazia e della nostra sovranità.

Giampaolo Rossi
17/05/2014
www.ilgiornale.it/news/interni/ora-anche-londra-conferma-colpo-stato-contro-cav-1019...
wheaton80
00domenica 29 giugno 2014 04:23
Mario Monti vuota il sacco: “Al potere per volere della Merkel e l’Italia è considerata una colonia”

In una lunghissima intervista realizzata da Alan Friedman nel corso della trasmissione “Il Gattopardo", Mario Monti decide di raccontare le sue verità sull’ascesa al potere e su come ci considerano in Europa.

wheaton80
00martedì 4 novembre 2014 13:54
"Silvio Berlusconi voleva uscire dall'euro". Parola di Hans -Werner Sinn, presidente di Ifo-Institut

Clamoroso: Silvio Berlusconi aveva avviato le trattative in sede europea per uscire dalla moneta unica. A rivelarlo è Hans-Werner Sinn, presidente dell'istituto di ricerca congiunturale tedesco, Ifo-Institut, durante il convegno economico "Fuehrungstreffen Wirtschaft 2013" organizzato a Berlino dal quotidiano "Sueddeutsche Zeitung". Quella di Sinn è una voce autorevole, tanto che potremmo paragonare l'istituto da lui presieduto all'italiano Istat . "Sappiamo - ha detto Sinn - che, nell'autunno 2011, l'allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha avviato trattative per far uscire l'Italia dall'Euro". Intervenendo in un dibattito dedicato alla crisi europea e agli effetti sui paesi meridionali dell'eurozona, Sinn ha aggiunto di "non sapere per quanto ancora l'Italia ce la farà a restare nell'Unione Europea: l'industria nel nord del paese sta morendo, i fallimenti delle imprese sono ormai alle stelle e la produzione industriale è in continuo calo". La possibilità di un'uscita, forzata o voluta, "è sempre concreta per Francia, Grecia e Italia", ha detto ancora il presidente di Ifo-Institut, sottolineando che, in ogni caso, il salvataggio di due paesi come la Francia e l'Italia, con un ammontare di crediti in percentuale del pil pari a quelli concessi alla Grecia, "ci costerebbe qualcosa come 4.500 miliardi di euro". Ma tornando a quell'autunno di due anni fa, se il tentativo di Berlusconi di uscire dall'Euro c'è stato veramente, di certo non gli portò fortuna. È proprio in quel frangente che per l'ultimo governo guidato del Cavaliere tutto cominciò a precipitare. Lo spread iniziò a salire, già dall'estate, arrivando a toccare vette allarmanti e l'economia del Paese andava verso il collasso. L'esecutivo era sempre più logoro, tanto che l'11 novembre del 2011 il Cavaliere rassegnò le dimissioni. Fu quella l'anticamera della nascita del governo tecnico presieduto dall'ex commissario europeo Mario Monti. C'è chi poi, in questi passaggi concitati, ha visto un complotto ai danni dell'allora premier. Non una persona qualunque, dato che stiamo parlando di Lorenzo Bini Smaghi, ex membro della Bce, la Banca centrale europea. In un suo recente libro intitolato "Morire di austerità" (editrice Il Mulino), l'economista spiega come "la minaccia di uscita dall'Euro non sembra una strategia negoziale vantaggiosa (...). Non è un caso che le dimissioni (...) di Berlusconi siano avvenute dopo che l'ipotesi di uscita dall'Euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi di altri paesi".

Giacomo Galanti
22/11/2013
www.huffingtonpost.it/2013/11/22/silvio-berlusconi-volevo-uscire-euro-sinn_n_4322...
wheaton80
00venerdì 14 novembre 2014 18:31
Sei indizi sono più di una prova. E Napolitano che dice del golpe?

Che sia stato un complotto ormai non vi sono più dubbi. E pensare che nell' autunno 2011 chi scriveva o affermava pubblicamente che la caduta del governo Berlusconi fosse frutto di una congiura orchestrata all' estero era considerato un folle in preda al delirio. Tre anni dopo, tutti quei deliri si sono magicamente trasformati in verità inoppugnabili. È stato un complotto, anzi, un «colpo di stato» per abbattere Silvio Berlusconi, con il pieno appoggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L' ultima testimonianza sulla congiura è arrivata dalle rivelazioni che il Financial Times attribuisce all' ex segretario del Tesoro americano Timothy Geithner, il quale rivela l'esistenza di un «patto» per disarcionare il premier italiano. Geithner era presente al fatidico vertice del G-20 a Cannes, il 3-4 novembre 2011, e descrive i tedeschi come «furibondi» con l'Italia. L' ex segretario USA racconta che alcuni leader europei (Merkel e Sarkozy in primis) invitarono l' America a non sostenere un prestito del FMI all' Italia «se Berlusconi rimane primo ministro». «Era pazzesco, interessante - racconta Geithner - Dissi di no». Lo stesso presidente della Commissione UE, Josè Manuel Barroso, conferma che a quel G-20 c' erano alcuni paesi che «volevano mettere l' Italia sotto il controllo del Fondo Monetario». Ma neppure lui frenò il fronte Merkel-Sarkozy, anzi, a un ministro italiano disse che «era necessario staccare la spina a Berlusconi». Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del board della BCE, sostiene addirittura che la minaccia del Cavaliere di abbandonare la moneta unica generò «un clima di sfiducia». «Non è un caso che le dimissioni di Berlusconi siano avvenute dopo che l' ipotesi di uscita dall' euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi degli altri Paesi». Ma su quel vertice di Cannes i racconti postumi sono numerosi, come quello dell' ex premier spagnolo Luis Zapatero, che parla di clima ostile nei confronti del governo italiano. Un' atmosfera esplosiva. «Nei corridoi si parlava di Mario Monti», rivela Zapatero. A sostenere la tesi del piano ben congegnato è soprattutto il reporter americano Alan Friedman. Conversando con Monti, Friedman ricostruisce gli eventi del 2011. Alla domanda «Lei non smentisce che, nel giugno-luglio 2011, il presidente della Repubblica le abbia fatto capire o chiesto esplicitamente di essere disponibile?», l'ex premier replica: «Sì, mi ha dato segnali in quel senso». Quindi, il capo dello Stato allertò Monti addirittura cinque mesi prima che Berlusconi si dimettesse. «La discussione sul fatto che Napolitano sia andato oltre i suoi poteri costituzionali può essere lasciata agli storici», è stata la conclusione di Friedman. Inevitabile il riesplodere delle polemiche, con Forza Italia furiosa dopo l'ennesima conferma del «golpe». «Crediamo di aver documentato sin dal 2011 il grande imbroglio che stava alla base di una strategia tesa a speculare sul debito sovrano del nostro paese e a cancellare la democrazia in Italia, costringendo Berlusconi alle dimissioni, sulla base dell' invenzione dello spread », afferma il presidente dei deputati azzurri Renato Brunetta. «Aumentano di giorno in giorno le testimonianze e i riscontri oggettivi. Proprio per questo motivo, diventa sempre più urgente l'istituzione, da noi richiesta, di una Commissione parlamentare d' inchiesta», sottolinea Brunetta, il quale ora chiede risposte:«Il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, ha niente da dire? Ha niente da dire il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano?».

Riccardo Pelliccetti
13/11/2014
www.ilgiornale.it/news/politica/sei-indizi-sono-pi-prova-e-napolitano-che-dice-golpe-1067...
wheaton80
00mercoledì 4 marzo 2015 01:59
Quei dubbi su Morgan Stanley che controlla l'agenzia S&P: così specularono sull'Italia

Qualcosa, anzi molto, non torna nei fatti che si susseguirono in quei mesi che portarono Mario Monti a Palazzo Chigi. Si è parlato a lungo del golpe bianco che obbligò l'allora premier Silvio Berlusconi a fare un passo indietro. Adesso la procura di Trani aggiunge un tassello molto importante all'inchiesta legando gli strani rapporti tra la Morgan Stanley e Standard & Poor's. Nel 2011 il governo italiano fu costretto a pagare alla banca statunitense 2,5 miliardi di euro dopo il downgrade subito da Standard & Poor’s. Come spiega il Corriere della Sera, la multa è regolamente prevista, in caso di declassamento, da una clausola di un contratto di finanziamento. Peccato che Morgan Stanley risulti tra gli azionisti di Mc Graw Hill, gigante dell’informazione che controlla proprio Standard & Poor’s. Giovedì prossimo, a Trani, riaprirà il processo contro le agenzie di rating Standard & Poor's e Fitch che nel 2011 contribuirono a spingere l'Italia a un passo dal default. Le due agenzie di rating sono, infatti, accusate di aver manipolato il mercato generando il panico e alimentando speculazioni ai danni del Belpaese. Nel mirino i report dell'8 e dell'11 luglio 2011 che, declassando il sistema Italia, causarono un ribasso senza precedenti a Piazza Affari e portarono lo spread tra i BTP e i Bund tedeschi ai massimi di sempre. Proprio in seguito al downgrade Morgan Stanley, che possiede parte di Standard & Poor's, ha deciso di far valere la clausola che obbligava l'Italia declassata a sborsare 2,5 miliardi di euro. Il capo della direzione debito pubblico del Ministero dell'Economia, Maria Cannata, ha spiegato ai pm che il dicastero non provò a rinegoziare la clausola per evitare che il mercato gli si rivoltasse contro. Dal momento che non c'erano nemmeno i tempi tecnici per consultare l'Avvocatura dello Stato, il Ministero si limitò a chiedere che non tutta la somma dovuta venisse liquidata subito. Sul banco dei testimoni è finito anche l'ex premier Mario Monti che, secondo un retroscena mai smentito, definì il declassamento "un attacco all’Europa". Davanti ai pm, però, il Professore ha ridimensionato il giudizio:"Non ero in grado allora, e non sono in grado oggi, di dire se è giudizio corretto o no. E anche se lo avessi detto allora sarebbe stato un giudizio viziato da parzialità". "Il rating è materia opinabile - ha aggiunto davanti ai pm - scelsi di non criticare S&P perché, anche se quella tripla B portava a una conseguenza negativa per l’Italia, le motivazioni dell’analisi mi davano molto conforto. Perché sottolineavano come fattore positivo il caso italiano e la politica che, al governo da due mesi, avevamo messo in atto". Peccato che, come fanno notare i pm, a Morgan Stanley vennero liquidati nel decreto Salva Italia.

Sergio Rame
01/03/2015
www.ilgiornale.it/news/economia/quei-dubbi-su-morgan-stanley-che-controlla-lagenzia-sp-cos-1100...
wheaton80
00sabato 7 marzo 2015 20:53
PM di Trani:“Gli italiani sono stati truffati dalle agenzie di rating e la politica italiana pilotata”

Massimo supporto per il pm di Trani Michele Ruggiero, l'unico in grado di combattere contro lo strapotere criminale delle agenzie di rating, coloro che stanno massacrando i popoli europei e di tutto il mondo, soprattutto i ceti medio-bassi. In sintesi la storia: tra il maggio 2011 e il gennaio 2012 quattro report delle principali agenzie di rating mondiali declassano l'Italia, diffondendo informazioni sul Paese che scatenano un terremoto finanziario e politico. Lo spread tra i bond italiani e i bund tedeschi schizza a livelli vertiginosi (il massimo raggiunto fu 575 punti) e costringe il governo Berlusconi alle dimissioni.

Da LIBERO del 3 marzo 2015 - intervista di Giacomo Amadori al PM Michele Ruggiero
"A me non interessa chi ha assicurato quella clausola unilaterale, ma chi se ne è avvalso. Mi interessa dimostrare che il declassamento dell'Italia da parte di Standart and Poor's era illegittimo e che il Ministro dell'Economia (allora guidato dal premier Monti ndr) forse poteva aspettare un pò a pagare quei soldi a una banca che faceva parte dell'azione di chi ci ha declassati". "Io so che nel semestre in cui S&P ha bastonato l'Italia, c'è stata una banca, Morgan Stanley, che ha battuto cassa con il nostro governo grazie a una clausola legata anche al nostro declassamento. E guarda caso questa banca partecipa all'azionariato di S&P. Questo dimostra l'enorme conflitto d'interessi in capo a queste agenzie". "Ci furono 4 o 5 azioni di rating nei confronti dell'Italia, compresa una bocciatura preliminare quando era ancora ufficiosa la manovra correttiva di Giulio Tremonti (il Ministro dell'Economia del governo Berlusconi). Fu un semestre assolutamente caldo per l'Italia". "Il reato ipotizzato è la manipolazione di mercato nella misura in cui un immeritato declassamento rappresenta un'informazione falsa al mercato. Infatti tutte le volte in cui sono partiti quei colpi contro l'Italia, l'agenzia sapeva che non li meritavamo". "Le prove sono le intercettazioni telefoniche e le email intercorse tra gli analisti di S&P che abbiamo sequestrato. Il responsabile italiano aveva avvertito i colleghi che quello che stavano scrivendo dell'Italia non corrispondeva a verità e per questo li pregava di togliere il nostro dai Paesi destinatari del rating negativo. Se questo lo mettevano nero su bianco loro stessi, è chiaro che quel declassamento era un'informazione falsa ai mercati". "All'attuale Ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan, allora autorevole capo economista dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), chiesi se fosse d'accordo con quella retrocessione. Rispose che non lo era assolutamente perché i dati economici fondamentali dell'Italia dicevano altro. Durante le indagini abbiamo raccolto un coro unanime di pareri simili. Tutti, dico tutti, da Monti a Tremonti a Draghi, hanno assicurato che l'Italia non doveva essere declassata". "C'è un regolamento europeo che stabilisce che quando un'agenzia di rating ha maturato un report o altri atti di questo tipo, non può tenerli nel cassetto, deve subito riferirli al mercato; questi signori invece indugiavano, pilotavano la tempistica e questo significa influire anche sulla politica. Un progetto che qualcuno può chiamare anche complotto".

6 marzo 2015
www.pressnewsweb.it/2015/03/pm-di-trani-gli-italiani-sono-st...
wheaton80
00giovedì 23 aprile 2015 04:13
Ora anche Londra conferma:"Colpo di Stato contro il Cav"

Il complotto contro Berlusconi ci fu e forse fu un vero e proprio colpo di Stato. Lo dicono l'americano Edward Luttwak, esperto di geopolitica e da sempre voce in Italia delle amministrazioni USA e l'inglese Ambrose Evans-Pritchard, uno dei massimi analisti di economia internazionale. Il primo, intervistato ieri su Radio24, ha confermato che il complotto «fu ordito da Sarkozy e la Merkel con l'appoggio di molte persone in Italia». Di nomi ne fa due: Giorgio Napolitano e Giuseppe Pisanu. Il nome di Napolitano è stato ampiamente indicato in molte ricostruzioni di quel periodo come il protagonista italiano del complotto. Lo stesso Mario Monti confessò ad Alan Friedman che già nei mesi precedenti alla famosa crisi finanziaria dell'autunno 2011, il presidente della Repubblica gli aveva indicato la necessità che lui prendesse il posto di Silvio Berlusconi. Il nome di Pisanu invece compare per la prima volta ed è ampiamente credibile come parte della congiura: l'ex democristiano che a Berlusconi doveva tutta la sua carriera politica, già nel settembre 2011 rilasciò un'intervista a Repubblica auspicando un governo di larghe intese senza il Cavaliere. Il suo nome ricorre inoltre nel 2009, insieme a quello di Gianfranco Fini e Giulio Tremonti, in un documento riservato dell'ambasciatore americano in Italia David Thorne (pubblicato da Wikileaks) tra coloro che «stavano gettando le basi» per la successione a Berlusconi. Luttwak specifica che l'obiettivo del complotto «era rovesciare un governo democraticamente eletto». Questo è il motivo per cui gli americani si rifiutarono di partecipare. Il politologo americano, pur ritenendo che «ciò che accadde non fu un vero e proprio colpo di Stato ma un complotto dietro le quinte», confessa: «non so quanto in linea con la Costituzione». In altre parole Luttwak conferma che il Presidente della Repubblica (che doveva essere il garante della nostra sovranità) partecipò attivamente a un'operazione organizzata da governi stranieri, tesa a eliminare il premier italiano legittimo e sostituirlo con un altro gradito dai mandanti internazionali.

Ancora più clamoroso ciò che ha scritto Ambrose Evans-Pritchard in un articolo pubblicato ieri sul prestigioso The Telegraph. Partendo dalle recenti dichiarazioni di Tim Geithner sulle pressioni dell'UE per rovesciare il governo Berlusconi, egli scrive che «ciò che ha rivelato l'ex ministro americano concorda con quanto noi sapevamo all'epoca circa le manovre dietro le quinte e l'azione sui mercati obbligazionari». Evans-Pritchard è chiarissimo nel suo giudizio:«Io ho sempre trovato bizzarro ciò che accadde». Fino a poco tempo prima «l'Italia era ritenuta un esempio virtuoso, uno dei pochissimi Stati dell'UE che si avvicinava a un surplus del bilancio primario» e «non era in grave violazione del deficit». Poi clamorosamente aggiunge:«La crisi italiana dell'autunno 2011 fu scatenata dalla BCE, che alzò per due volte i tassi provocando una profonda recessione double-dip (il tipo di recessione che segue le fasi di limitata crescita artificiale). Eppure, la colpa di questo disastroso errore politico fu fatta ricadere sul governo italiano». In altre parole il famoso imbroglio dello spread, con il quale si manipolò l'opinione pubblica facendo credere che il nostro Paese fosse a rischio default, fu costruito per generare una pressione politica violentissima contro Berlusconi e il suo governo. Evans-Pritchard è netto: quello che è avvenuto contro Berlusconi «è uno scandalo costituzionale di prim'ordine»; ciò che fu fatto in Italia, così come in Grecia, con la destituzione del premier Papandreou) «furono colpi di Stato sicuramente nello spirito se non anche nel diritto costituzionale». Fuori dall'Italia, dove la democrazia è ancora una cosa seria e non un giocattolo in mano a vecchi comunisti e maggiordomi dei poteri forti, il tema del complotto contro Berlusconi sta scandalizzando e aprendo questioni politiche importanti sul futuro dell'Europa. Ciò che da mesi sta emergendo dalle rivelazioni internazionali non riguarda un archivio di storia, né attiene al semplice destino di un singolo un uomo politico; ciò che emerge è la fine della democrazia e della nostra sovranità.

Giampaolo Rossi
17/05/2014
www.ilgiornale.it/news/interni/ora-anche-londra-conferma-colpostatocontrocav1019...
wheaton80
00giovedì 15 ottobre 2015 23:36
"Così Napolitano ha ordito un intrigo internazionale"

"Il mio libro ha fatto incazzare, incavolare, Napolitano perché ho rivelato che lui e Mario Monti erano in combutta da sei mesi per la caduta di Berlusconi". Ai microfoni della ‘Zanzara’ Alan Friedman mette a tacere l'ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che dopo il via libera al DDL Boschi ha attaccato a testa bassa Silvio Berlusconi accusandolo di avere "ossessioni patologiche". Un attacco affidato a una lettera inviata al Presidente dei Senatori Azzurri Paolo Romani. "Dovrei querelarlo - arriva a dire il senatore a vita - se non volessi evitare di affidare ai magistrati giudizi storico-politici". Le accuse e le minacce di Napolitano cadono, però, nel vuoto davanti al resoconto di Friedman che, in questi giorni, ha affidato alle librerie un nuovo libro, “My Way, Berlusconi si racconta a Friedman”. Anche qui, come già in “Ammazziamo il Gattopardo”, il giornalista torna sulle manovre di potere che hanno portato alle dimissioni di Berlusconi e all'incoronazione di Monti. Manovre che nascondono un periodo buio della storia della nostra Repubblica. "Non sono un esperto - dice - ma Napolitano e Monti hanno strapazzato la Costituzione". Per dirlo, Friedman ha indagato alla Casa Bianca, a Bruxelles, a Berlino e a Madrid. Ha parlato con l'allora presidente della Commissione UE José Manuel Durão Barroso e l'ex Premier spagnolo José Luis Zapatero e raccolto documenti segreti. "C'è stato un intrigo internazionale per far cadere Berlusconi - denuncia senza mezzi termini - Napolitano fece parte di questo intrigo, anche se io non uso mai la parola golpe o complotto". "Napolitano - racconta Friedman - ha fatto una telefonata molto strana, molto particolare, a Barroso durante il vertice di Cannes e Barroso capisce che Berlusconi sarebbe stato sostituito". Insieme a francesi e tedeschi chiedono aiuto alla Casa Bianca per far cadere Berlusconi. E anche Napolitano era al telefono con Angela Merkel, Barroso e Nicolas Sarkozy. "Napolitano era la sponda domestica di questo intrigo - conclude il giornalista - aveva già contattato Monti".

Sergio Rame
15/10/2015
www.ilgiornale.it/news/politica/cos-napolitano-ha-ordito-intrigo-internazionale-1183...
wheaton80
00lunedì 12 giugno 2017 01:00
Derivati, l'accusa della Corte dei Conti:"Tesoro negligente"

ROMA - "Sconcertante". E' la parola che descrive meglio la vicenda che tra il 2011 e il 2012 ha portato lo Stato italiano a versare nelle casse della banca d'affari, Morgan Stanley, 3,1 miliardi di euro pubblici per chiudere quattro contratti derivati e rinegoziare due coperture sulle valute. A scriverla nell'inedito atto di citazione è la Corte dei Conti, che ha contestato ai presunti colpevoli un danno allo Stato di 4,1 miliardi e che il mese scorso ha spedito la Guardia di Finanza al Ministero dell'Economia a raccogliere altri documenti.

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Eppure, dopo cinque anni, Morgan Stanley continua a far parte dell'elenco degli specialisti che insieme con il Tesoro gestiscono il debito pubblico e il Direttore del Dipartimento è ancora Maria Cannata. L'elenco delle banche è stato rivisto nel 2016, e ne sono uscite Credit Suisse e Commerzbank, mentre Morgan Stanley è rimasta tra gli specialisti. Cannata, invece, nella veste di Direttore del Debito Pubblico, continua, ininterrottamente dal 2000, a trattare emissioni e derivati con le principali banche del mondo. Anche dopo aver fatto sottoscrivere al Tesoro contratti che la Corte dei Conti ha definito speculativi, perché lasciavano non allo Stato, ma alle banche, la scelta di attivarli. E li attivavano solo se favorevoli a loro: per una commissione di 47 milioni nel 2004, Morgan Stanley nel 2012 ha incassato un miliardo su un solo derivato. Secondo la Corte dei Conti, la banca sarebbe responsabile del 70% dei danni causati, mentre il restante 30% se lo suddividono Cannata, con un ruolo preponderante (un miliardo di euro), il suo predecessore Vincenzo La Via e gli ex Direttori del Tesoro, Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli. La colpa di Morgan Stanley è di essersi approfittata del suo ruolo di specialista, un compito che viene regolato dalla legge. Tra i vantaggi di esserlo, c'è quello di poter stipulare contratti derivati con lo Stato Italiano. Ma esistono anche degli obblighi, che la banca USA avrebbe tranquillamente disatteso. Gli specialisti non sono semplici collocatori di Buoni del Tesoro, devono contribuire alla gestione del debito pubblico, alle scelte di emissione "anche mediante attività di consulenza e ricerca" (Dm 13 maggio 1999, n.219).

Morgan Stanley doveva aiutare il Tesoro a gestire il debito nel tempo, trovando di volta in volta le soluzioni migliori per ridurlo. Nel 2011 la banca USA aveva 19 contratti derivati aperti con lo Stato Italiano, in diverse valute pari a oltre 10 miliardi di euro, 2,2 miliardi di sterline, 1,1 miliardi di franchi svizzeri e 2 miliardi di dollari, con durate dai 10 ai 40 anni. Prima, nel 1994, quando al Tesoro c'era ancora Mario Draghi, Morgan Stanley aveva ottenuto la possibilità di uscire da tutti i contratti derivati qualora il valore della sua esposizione creditizia nei confronti della Repubblica avesse superato una soglia che variava dai 50 ai 150 milioni a seconda del rating dello Stato Italiano. Diciassette anni dopo la banca decide di azionare la clausola e chiuderli tutti, contravvenendo al suo ruolo di "gestore del debito " di lungo periodo:"Ha commesso - scrive la Corte - palesi violazioni dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione contrattuale". La banca ha cercato di giustificare la sua scelta con il repentino aumento dello spread, quello che portò alla caduta di Berlusconi e all'arrivo di Monti; ma per l'accusa la motivazione non regge, perché la clausola di risoluzione non era per nulla legata allo spread, ma all'aumento dell'esposizione della banca, la cui soglia era stata già superata da almeno dieci anni, e al cambiamento di rating dell'Italia, che però avvenne a opera di S&P e Moody's ben dopo la risoluzione dei contratti.

I dirigenti del Tesoro, invece, hanno altre colpe, prima fra tutte "la negligenza". "Personalmente - dichiara a verbale Cannata - non avevo conoscenza di tale clausola sino al momento in cui non abbiamo dovuto assorbire il pacchetto dei contratti ex ISPA (2006)". Eppure la dirigente aveva firmato tutti i contratti e, in conflitto di interesse, anche i relativi decreti di approvazione. E ha continuato a firmarli anche dopo, aumentando il rischio per i contribuenti. Il Tesoro non predispone nemmeno le garanzie collaterali (soldi o titoli) che per contratto avrebbero potuto neutralizzare la chiusura dei derivati. Di fronte a un pegno vincolato, una sorta di garanzia che i soldi c'erano, Morgan Stanley non poteva agire. Dall'inchiesta, però, è emerso che il Tesoro non solo non era capace di predisporre i collaterali, ma aveva perfino "carenza di risorse strumentali e di personale adeguato", tanto da non essere in grado di ponderare il rischio dei contratti che andava sottoscrivendo. Il Tesoro era in balia della banca: nel 2008 si accolla un derivato ISPA, peggiorando a suo danno le condizioni contrattuali e accetta di cambiare come controparte Morgan Stanley Derivative Products con Morgan Stanley & Co International, che a differenza della prima, che manterrà il rating A fino a dicembre 2009, nello stesso 2008 viene declassata per ben due volte sotto il livello minimo di eleggibilità. La situazione di deferenza del Tesoro è evidente. Anche nella chiusura dei derivati: accetta di dividere in due l'operazione con un aggravio di oltre 500 milioni. Del resto gestire 2.200 miliardi di debito pubblico senza l'intermediazione delle banche d'affari è impossibile. Chi ha debiti, è da sempre in mano alle banche. Come vadano, poi, le carriere dei Direttori del Tesoro è sotto gli occhi di tutti: Draghi approdò in Goldman Sachs, Siniscalco in Morgan Stanley e Grilli in JP Morgan.

Alberto Custodero, Walter Galbati
06 giugno 2017
www.repubblica.it/economia/finanza/2017/06/06/news/derivati_l_accusa_della_corte_dei_conti_tesoro_negligente_-16...
wheaton80
00giovedì 28 dicembre 2017 21:22
Prodi ammette:“Berlusconi fu fatto fuori, pagò l’amicizia con Gheddafi e Putin”

Niente più alibi. Chi si ostina a negare ancora le circostanze politiche che portarono alla fine prematura il governo Berlusconi dovrà farsene una ragione. Se non altro dovranno prendere in seria considerazione le parole di Romano Prodi che, intervistato nel libro dell`ex Direttore del «Sole24Ore» Roberto Napoletano, «Il Cigno nero e il Cavaliere bianco - Diario italiano della grande crisi» (ed. La nave di Teseo), afferma cose importanti. Cose che sapevamo: già l`ex Premier spagnolo Zapatero e l’ex Ministro del Tesoro USA Timothy Geithner più volte avevano descritto i termini del cosiddetto “golpe bianco”, con la regia di Giorgio Napolitano. Ora Il Giornale pubblica per gentile concessioni dell’editore ampi stralci delle dichiarazioni di Romano Prodi raccolte da Roberto Napoletano.

“Le mani forti della speculazione”
Crisi del 2011, spread, pressioni internazionali portarono alla caduta del governo Berlusconi. Cosa accadde veramente? quale fu la tempistica? Leggiamo dal sito del Giornale:«Resto di pietra, un brivido mi corre lungo la schiena. In modi diversi, con parole e sfumature differenti ma all’unisono, guru e big della comunità degli affari e della finanza, la massima autorità monetaria europea e la massima autorità monetaria italiana, mi hanno detto la stessa cosa: l’Italia sta saltando, i suoi fondamentali dell’economia non giustificano minimamente il fallimento della repubblica, ma tant’è. Ricerco e ascolto altri operatori di mercato, ne traggo la conclusione che sono al lavoro le mani forti della speculazione e puntano alla disintegrazione dell’euro. Scoprirò dopo che, oltre alla diffidenza comprensibile nei confronti dell’Italia, accompagnata da una buona dose di pregiudizi, pesano sui mercati gli interessi geopolitici francotedeschi, sullo sfondo di uno storico scontro tra americani e russi dove sono in ballo energia, Intelligence e sicurezza. Il giudizio unanime di condanna per l’incapacità di governare dell’esecutivo Berlusconi, logorato da un estenuante braccio di ferro tra il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti e dal decoro violato delle istituzioni, contribuisce in modo decisivo a rendere concreto uno scenario terribile, che mina le fondamenta dello Stato italiano e mette a repentaglio la ricchezza privata del Paese», si legge.

Quando Prodi disse:“C’è qualcosa che non mi quadra”
«Alzo ancora il telefono - sono parole dell’autore - e chiamo Romano Prodi, l’unico che ha battuto due volte nelle urne il Cavaliere e che ha un passato da Presidente della Commissione Europea in un momento storico per il vecchio continente. Mi dice:«Sono di ritorno dagli Emirati e sentirmi salutare all’aeroporto dall’ambasciatore arabo con un bel “bunga bunga” non mi ha fatto piacere. C’è qualcosa, però, che non mi quadra in questo indignarsi collettivo; c’è qualcosa che va oltre il colore e il gossip. La mia sensazione è che questa volta i mercati vogliano far pagare a Berlusconi anche la posizione italiana a favore di Putin, di Gheddafi e della stabilità iraniana. Si tratta di una scelta di campo giusta per tutelare l’interesse nazionale e io la condivido, ma ha scatenato le mire francesi sulla Libia, l’interesse tedesco per la partnership con i russi che ci danneggia, l’insofferenza americana per un’alleanza storica che reputano tradita. Purtroppo è un dato di fatto che, alla fine, l’errore della guerra della Libia lo paghiamo noi…». Del resto, altre voci autorevoli ebbero l’onestà intellettuale di ammettere qual’era realmente la situazione economica nel settembre 2011. Tra tutte quella di Luca Ricolfi , sociologo ed editorialista non sospetto di simpatie berlusconiane, che descrisse bene come i “fondamentali” dell’economia italiana a quel tempo non erano così neri come fu fatto credere con pretesa di verità.

4 dicembre 2017
www.secoloditalia.it/2017/12/prodi-ammette-berlusconi-fu-fatto-fuori-pago-lamicizia-con-gheddafi-...
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