Ennesimo bagno di sangue in Egitto. Venerdì 1° maggio l’ISIS ha rivendicato l’attentato contro un automezzo militare perpetrato il giorno prima nel nord del Sinai, poco a sud della cittadina di Bir al-Abd, con un bilancio totale di 10 vittime tra morti e feriti. L’annuncio è stato pubblicato su Amaq, l’agenzia di stampa degli islamisti, che non ha però fornito ulteriori dettagli. Fonti dell’esercito egiziano hanno reso noto che il mezzo blindato sarebbe stato preso di mira da un ordigno esplosivo. Il giorno successivo i militari egiziani hanno eliminato due terroristi dell’ISIS nella zona di Sheik Zuwaid, sempre nel nord del Sinai. I jihadisti avevano tentato di resistere all’arresto sparando contro l’esercito, che ha risposto al fuoco, abbattendoli. Le forze di sicurezza hanno inoltre rinvenuto armi automatiche, munizioni e ordigni esplosivi e sospettano che i due jihadisti facessero parte di un gruppo che da tempo prendeva di mira convogli militari nella zona.
L’offensiva egiziana contro i jihadisti
Lo scorso 13 marzo l’Esercito Egiziano ha ucciso Abu Fares al-Ansari, emiro dell’ISIS nella zona di Rafah, assieme a cinque altri jihadisti, infliggendo così un duro colpo alla branca dell’organizzazione attiva nel Sinai. Un mese dopo, il 14 aprile, le forze di sicurezza egiziane lanciavano un’operazione contro una cellula riconducibile all’ISIS, nascosta in un edificio della zona di Amiriyah, nella parte orientale del Cairo, ideale per nascondersi in quanto molto densamente popolata e piena di viuzze e vicoli stretti. Nell’assalto rimanevano uccisi tutti e sette i terroristi e il Tenente-Colonnello della polizia, Mohammed Fawzy al-Houfi. All’interno del nascondiglio venivano rinvenute armi, munizioni ed esplosivi. Secondo le autorità egiziane, il gruppo stava preparando una serie di attentati contro la minoranza cristiana copta in concomitanza con la festività pasquale del 19 aprile.
Tra il 28 ottobre e il 4 novembre 2019 l’Esercito Egiziano aveva dato il via a una serie di operazioni anti-terrorismo nel Sinai che aveva portano all’uccisione di una novantina di jihadisti, tra cui diversi alti esponenti dell’organizzazione, oltre all’arresto di una sessantina di sospetti terroristi; in aggiunta, venivano fatti detonare più di 370 ordigni esplosivi improvvisati da utilizzare contro obiettivi militari e di polizia. Tra novembre e dicembre erano invece una decina di membri delle forze di sicurezza a cadere sotto il fuoco jihadista.
Dai Fratelli Musulmani all’ISIS nel Sinai
Nel luglio del 2013, in seguito alla caduta del governo islamista filo-Fratelli Musulmani di Mohamed Morsi, rovesciato da una gigantesca protesta popolare sostenuta dall’esercito, l’Egitto è divenuto teatro di attacchi perpetrati da jihadisti appartenenti a una vasta galassia di gruppi e con obiettivi sia militari ed istituzionali che civili (inclusi cristiani copti ma anche turisti), in prevalenza nella capitale egiziana e nel Sinai. Tra questi gruppi spicca in particolare Ansar Bait al-Maqdis (ABM), già attiva tra il 2011 e il 2013 nel Sinai e con una serie di attacchi perpetrati anche contro il territorio israeliano. In seguito alla caduta del governo islamista, il gruppo ha intensificato la propria attività contro le forze di sicurezza, accogliendo tra le proprie fila anche elementi provenienti da Siria e Iraq e mettendo in atto attacchi come quello di al-Wadi al-Gedid nel luglio 2014, che causò la morte di 22 militari. Nel novembre del 2014 ABM giurava fedeltà all’ISIS e qualche anno dopo, il 9 aprile 2017, il gruppo perpetrava uno dei più sanguinosi attacchi della storia d’Egitto nei confronti dei cristiani copti, prendendo di mira due chiese gremite di fedeli che celebravano la Domenica delle Palme a Tanta e ad Alessandria d’Egitto, facendo detonare degli ordigni che causavano la morte di 47 persone e il ferimento di 127. L’attentato veniva rivendicato dall’ISIS.
Nel febbraio del 2018 l’Esercito Egiziano lanciava una vasta operazione, denominata “Sinai 2018“, volta a sradicare le strutture dell’ISIS nell’area e ad eliminare il più vasto numero possibile di jihadisti, tranciando anche i collegamenti per i rifornimenti. L’operazione, seppur di durata un pò più lunga rispetto al previsto (come spesso accade in tali circostanze),
ha inflitto colpi durissimi ai gruppi jihadisti nel Sinai. L’anno successivo le forze di sicurezza egiziane hanno eliminato quasi 400 jihadisti, molti dei quali di alto livello. L’eliminazione dei vertici, assieme ad una forte pressione militare, sistematica e continuativa, hanno prodotto risultati positivi, col numero di attacchi contro apparati dello Stato in diminuzione e con i vertici presi in mano da jihadisti più giovani e con minore esperienza. Chiaramente il problema è tutt’altro che risolto, in quanto la lotta al terrorismo richiede tempo, soprattutto in una zona impervia come quella del Sinai, ma in base ai dati attuali sembra che la direzione intrapresa dal Cairo sia quella giusta.
Giovanni Giacalone
4 maggio 2020
it.insideover.com/terrorismo/legitto-e-la-lotta-al-terrorismo-jihadista.html?fbclid=IwAR1dyO2D33arLmYKlUmAla4bhhkz_0MSjBbhV-_ERTtYcbP-nWD...