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Germania, il boom degli anti euro spaventa la Merkel

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    wheaton80
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    00 30/06/2020 23:47
    Wirecard: scappano anche gli obbligazionisti, ex CEO arrestato


    Markus Braun

    La crisi Wirecard sta continuando a far discutere l’intero settore finanziario. Qualche giorno fa, le azioni sono letteralmente crollate in Borsa nel momento in cui la società di revisione Ernst & Young si è rifiutata di certificare il bilancio della tedesca, lamentando un buco di 1,9 miliardi di euro. Come era ovvio che fosse, la crisi Wirecard è finita sulle prime pagine dei giornali mondiali e la Germania è stata travolta dallo scandalo, che ha portato qualche ora fa la stessa azienda ad ammettere la possibile inesistenza di quel denaro mancante. Alla fuga degli azionisti, ormai terrorizzati dall’idea del default, ha fatto seguito quella degli obbligazionisti. Il tutto mentre l’ex CEO Markus Braun, che ha rassegnato le dimissioni venerdì, è stato arrestato con l’accusa di aver gonfiato i bilanci.

    Crisi Wirecard: obbligazioni collassano, rendimenti decollano
    Nelle ultime due sedute della scorsa settimana le azioni societarie hanno lasciato sul campo più di 80 punti percentuali, mentre soltanto ieri il titolo ha bruciato un altro pessimo 11 % sul DAX di Francoforte. Una vera e propria fuga degli azionisti, spaventati da una crisi improvvisa e inaspettata. Non è andata tanto meglio alle obbligazioni che, in virtù dello scandalo, sono letteralmente affondate, per una conseguente impennata dei relativi rendimenti. Si pensi a quanto accaduto al bond in scadenza l’11 settembre del 2024 con cedola 0,50 % e valore nominale di 500 milioni di euro. Fino alla giornata di mercoledì 17 giugno, poco prima dell’esplosione della crisi Wirecard, questa obbligazione ha continuato a scambiare sopra gli 80 centesimi. Poi, il giorno dopo, il tracollo. Il prezzo del bond è affondato intorno ai € 36 a Berlino e ai $ 26 in Lussemburgo, mentre il relativo rendimento di quest’ultimo è decollato oltre il 60 %.

    Situazione orribile

    La crisi Wirecard ha travolto anche l’autorità di vigilanza, accusata di non aver svolto in modo corretto il proprio lavoro. “Non siamo stati abbastanza efficaci da impedire che succedesse una cosa del genere”, ha ammesso lo stesso Presidente della BAFIN (una sorta di CONSOB tedesca), definendo la situazione come la più orribile nella storia del DAX, che a molti ha ricordato quella della nostrana Parmalat. Non è chiaro in che modo verrà risolta la crisi di Wirecard. Fondamentale adesso sarà ottenere la fiducia delle banche creditrici per evitare l’interruzione delle linee di credito all’azienda.

    Cristiana Gagliarducci
    23 giugno 2020
    www.money.it/crisi-Wirecard-obbligazioni-crollano-rendiment...
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    wheaton80
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    00 03/07/2020 16:35
    L'attacco alla Germania continua e non più in silenzio... Ma pochi se ne sono accorti

    Molti ci dicono che non sta succedendo niente, tante chiacchiere e pochi fatti, ma in realtà bisogna capire come unire i punti, perché questa è anche una guerra di informazioni. Q ci annunciava a maggio che l'Europa, intesa come prigione a cui gli Stati avevano ceduto le loro singole sovranità, stava crollando. Nonostante i soliti vili politici come Prodi, Monti, Napolitano, Mattarella, Renzi e Conte continuassero a fare le solite filippiche sull'importanza di chinarsi al dominio europeo e sul continuare a cedere pezzi della nostra libertà e sovranità ad un organismo crudele e sanguinario (vedi caso Grecia e ora Italia), analizziamo invece quali sono le cannonate che stanno arrivando inesorabili da oltre oceano. Sorvolando il discorso Brexit, in cui il Regno Unito si è sganciato dalla morsa mortale europea, i colpi più feroci arrivano alla Germania da tutte le parti, come Stato membro egemonico all'interno di un Impero con tanti feudi:

    1) Partiamo dalla storica sentenza della Corte Costituzionale tedesca contro il sogno di un’Europa federale del 5 maggio 2020. Per la prima volta nei suoi 70 anni di vita, l’Unione Europea deve registrare l’esistenza di un conflitto giurisdizionale tra la Corte di Giustizia Europea (unica istituzione comune degli Stati membri legittimata a giudicare norme di interesse comune) e la Corte Costituzionale di uno Stato membro, seppur fondamentale come quello tedesco. Questa sentenza apre scenari importanti, dalla produzione di moneta sovrana alla delegittimazione dell'Europa stessa. Q lo aveva anticipato giorni prima con le solite frasi sibilline e profetiche e questo ci fa capire molto a riguardo

    2) Due settimane fa circa, Trump attaccava frontalmente la Germania e i tedeschi, chiamandoli "delinquenti" 4 volte in un discorso di 3 minuti, con la scusa di non pagare le spese come Stato appartenente alla NATO e ritirava circa 25.000 militari americani dalle basi in Germania, ma ovviamente abbiamo capito che i motivi sono ben altri

    3) In questi giorni su tutti i giornali esce la notizia devastante sulla Bibbiano tedesca e della presenza di una rete immensa di pedofili in Germania di circa 30.000 persone. "L'unità di criminalità informatica nello Stato del Nord Reno Westfalia:"Vogliamo trascinare gli autori e i sostenitori degli abusi sui minori fuori dall'anonimato di Internet"

    4) Cinque giorni fa, la Bayer patteggiava con 10,5 miliardi di dollari per chiudere 95mila azioni legali contro il diserbante accusato di causare il cancro (il Roundup della Monsanto, da poco acquisita). Ma non è una pietra tombale sulla vicenda, perché restano in piedi circa 25mila richieste di risarcimento da parte di individui che non hanno accettato la transazione

    5) Il 25 maggio c'era già stata la sentenza sul Dieselgate: Volkswagen deve risarcire i clienti danneggiati

    6) Ieri esce la notizia del crollo di SisalPay: carte bloccate e conti congelati. SisalPay nel caos dopo il disastro Wirecard, società tedesca leader mondiale nei servizi finanziari e tecnologici finita su tutti i giornali, nelle scorse ore, per il colossale buco da 2 miliardi di dollari emerso nei suoi conti. Oltre al drammatico crollo in borsa dei suoi titoli, pari al 70%, il suo fondatore, Markus Braun, si è dimesso, per essere subito arrestato su richiesta della Procura di Monaco di Baviera e rilasciato dopo il pagamento di una cauzione di 5 milioni di euro

    7) Alla luce di questi fatti e, crediamo noi, per scongiurare lo scoppio della bomba Deutsche Bank, (piena zeppa di migliaia di miliardi di titoli tossici pronti a scoppiare), la Merkel gela gli europeisti dichiarando in sintesi:

    - Scordatevi che cambio la Costituzione per andare verso un’unione fiscale
    - L’Europa federale potete solo sognarla

    In mezzo a questo scenario, abbiamo ancora Giuseppi che vorrebbe continuare a sussurrare alla Merkel, reduce dall'ennesimo tradimento su suolo italiano a Villa Pamphili, in cui aveva invitato il nemico europeo nei panni del suo Presidente (Sassoli) e la Troika al completo!! Ma molto presto, come vi abbiamo già anticipato, il Governo PD a 5 Stelle sarà solo un brutto, anzi orribile ricordo!!

    The Q Italian Patriot
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    wheaton80
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    00 26/07/2020 21:03
    Wirecard voleva comprare Deutsche Bank

    Dopo lo scandalo collegato alla mancata esistenza di 1,9 miliardi di euro nei suoi conti correnti, la finanziaria tedesca Wirecard AG si è completamente dissolta nell’arco di pochissime giornate, dimostrando un’instabilità di base davvero senza precedenti. Tuttavia, sino al 2019 le sue fondamenta e soprattutto la sua reputazione sul mercato erano considerate decisamente solide, al punto da renderla potenzialmente senza eguali tra i titoli quotati al Dax30 di Francoforte. I fitti legami di conoscenze messi in campo dall’ex Amministratore Delegato Markus Braun e soprattutto dall’azionista Jan Marsalek avevano permesso di raggiungere un successo inatteso alla vigilia della sua fondazione. E in questo scenario, l’alta dirigenza societaria si era trovata nella posizione di poter agire liberamente sui mercati, mettendo nel suo mirino anche lo stesso sistema bancario della Germania, nella figura della più grande banca tedesca: Deutsche Bank.

    Lo scopo dell’Operazione Pantera

    Aveva preso il nome di “Operazione Pantera” il tentativo di scalata al colosso bancario tedesco da parte di Wirecard AG, avvenuta, secondo le fonti e come riportato dalla testata finanziaria Bloomberg, nella scorsa primavera. Alla base del progetto, infatti, ci sarebbe stato il tentativo di acquistare una quota di rilevanza dell’istituto bancario Deutsche Bank grazie al suo relativamente piccolo valore di mercato rispetto alle attività della banca, all’epoca inferiore rispetto al valore della finanziaria basata ad Asscheim. Benché il piano alla fine non sia andato in porto, i dialoghi tra i dirigenti di Wirecard AG e di Deutsche Bank sarebbero andati avanti per giorni, con l’obiettivo di trovare una soluzione che accomunasse le parti. Lo scopo dell’operazione, infatti, sarebbe stato quello di dare i natali ad una collaborazione che unisse l’immenso portafoglio clienti delle due aziende, allargando al business delle carte prepagate tutti i servizi che possono normativamente essere forniti soltanto dagli istituti bancari. E in questo scenario, l’accomunamento di una società bancaria e di un’azienda tecnologica avrebbe segnato una svolta epocale per il settore, garantendo prospettive di utili in grado di accrescere anche le potenzialità di manovra sui mercati.

    Il fallimento delle speranze di Braun

    Nonostante il tentativo messo in campo e nonostante i molti punti di forza che effettivamente avrebbero potuto giocare a favore di Wirecard AG, il discorso fatto con i vertici di Deutsche Bank si è molto presto arenato. Sebbene non sia stato possibile ottenere il punto di vista di nessuna delle parti in causa, l’arco temporale in questione coinciderebbe comunque con il periodo in cui i primi sospetti riguardo all’emittente di carte prepagate sono venuti alla luce. E in questo scenario, dunque, risulta plausibile come proprio la sfiducia nei confronti dei bilanci e soprattutto dell’operato della società potrebbe aver convinto i dirigenti di Deutsche Bank, ben consci inoltre del modus operandi dell’istituto di vigilanza tedesco, a rifiutare la trattativa. Questa mancata opportunità ha però segnato una gravissima battuta d’arresto per la società guidata da Braun, che dalla riuscita di un accordo avrebbe ottenuto dei vantaggi importanti.

    Primi tra tutti, una possibilità per il ripianamento dei conti ed una maggiore liquidità che avrebbero scongiurato lo stesso fallimento avvenuto nel giugno del 2020, forse reale obiettivo dell’Operazione Pantera. E in secondo luogo, soprattutto, ha messo per la prima volta in rilievo la fallibilità di Wirecard AG e della sua dirigenza, sino a quel momento pensati capaci di compiere continui miracoli economici e finanziari. Ad una analisi più approfondita, infine, appare evidente come la curva di discesa della società sia incominciata proprio in quel periodo, a seguito della prima vera battuta d’arresto delle mire aziendali. Una serie di circostanze che aveva portato la stessa Deutsche Bank a “cartolarizzare” i propri finanziamenti concessi all’Amministratore Delegato Braun; ipotesi questa che sembra avvalorare la tesi secondo la quale a Monaco di Baviera si siano accorti che qualcosa nei bilanci di Wirecard non tornasse. E forse, proprio la diffusa sfiducia all’interno del mondo bancario potrebbe aver aperto il vaso di Pandora che ha portato, gradualmente, all’implosione del più grande emittente europeo di carte prepagate.

    Andrea Massardo
    26 luglio 2020
    it.insideover.com/economia/wirecard-voleva-comprare-deutsche-bank.html?fbclid=IwAR3ToYhC4GYVv3nv7oOY-4psP00M7aVQqG8sNRbwaFd7bq7m2Fs...
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    wheaton80
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    00 26/07/2020 21:05
    Wirecard Papers

    Era considerata una delle società finanziarie più promettenti dell’Unione Europea la Wirecard AG, l’emittente di carte prepagate con sede nella città di Asscheim, in Baviera, che nell’arco di meno di 20 anni era riuscita a gestire un portafoglio di gran lunga superiore a quello di molte banche europee. Considerata uno dei primi e riusciti “unicorni” della Germania, la società guidata dal 2010 dall’Amministratore Delegato Markus Braun aveva creato un impero operativo non soltanto nel vecchio continente ma anche in Asia (Cina compresa, dal 2019). Tuttavia, la situazione si è bruscamente invertita in questo 2020 e non a causa della pandemia di coronavirus come si potrebbe pensare. Bensì, a causa di un ammanco di 1,9 miliardi di euro dichiarati in conti fiduciari inesistenti nelle Filippine. Da quel momento in avanti, per Wirecard AG, la Dax di Francoforte, l’istituto di vigilanza finanziaria tedesco (la Bafin) e per lo stesso governo di Berlino è iniziato un inferno destinato a cambiare per sempre il volto della finanza della Germania. E con loro, forse, anche lo stesso modo in cui viene gestita l’operatività degli attori finanziari a livello comunitario.

    "Quei soldi, probabilmente, non esisteranno"
    “Il Consiglio di Amministrazione della Wirecard AG, in base ai dati in possesso, ha valutato che gli 1,9 miliardi di euro precedentemente dichiarati come saldi in conti fiduciari molto probabilmente non esisteranno”. Era il 22 giugno 2020 quando, con questa frase, il nuovo Consiglio di Amministrazione della società e il nuovo Amministratore Delegato nominato in sostituzione di Braun si sono arresi all’evidenza di uno scandalo troppo grande per essere coperto. D’altro canto, non c’erano le possibilità economiche e neppure il tempo per poter coprire un ammanco da oltre due miliardi di dollari, dopo la smentita da parte delle stesse banche filippine dell’esistenza dei conti fiduciari dichiarati presso i loro istituti. Ma com’è stato possibile che in dei bilanci per anni revisionati dalla stessa società di revisione, la Ernest&Young, di punto in bianco siano stati considerati così falsi da non poter essere approvati? E soprattutto, come hanno fatto per anni la stessa E&Y, la società di revisione incaricata dal Dax (la KPMG) e soprattutto l’istituto di vigilanza tedesco della Bafin a non accorgersi che le cose non stessero andando nel verso giusto? Erano passati infatti appena quattro giorni dal 18 giugno, quando il bilancio approvato dal Consiglio di Amministrazione guidato ancora da Braun e comprendendo un altro importante attore della vicenda, Jan Marsalek, era stato respinto dalla E&Y. Quattro giorni che, però, sono bastati ai due personaggi per dimettersi dai rispettivi incarichi e, nel caso di Marsalek, per far perdere le proprie tracce (disperso, secondo le fonti, tra le Filippine, la Cina, la Corea del Sud e la Bielorussia). E soprattutto, quattro giorni che hanno tenuto il mondo politico e finanziario tedesco col fiato sospeso, conscio che a seguito dello scandalo nulla sarebbe mai più stato come prima.

    L'arresto di Braun e la fuga di Marsalek

    Era la notte tra il 22 e il 23 giugno quando l’ex Amministratore Delegato della società Markus Braun si era costituito alla Procura di Monaco di Baviera, a seguito del mandato d’arresto per lo scandalo del colosso finanziario Wirecard AG. Interrogato per tutta la notte, è stato liberato nella giornata successiva, a seguito del pagamento di una cauzione di 5 milioni di euro. Tuttavia, dal suo interrogatorio non sono emerse quelle certezze che la procura stava cercando ed era chiaro che l’uomo che si stavano trovando di fronte non poteva essere la mente dietro alla peggiore frode finanziaria che la Germania abbia mai affrontato. Il vero autore, identificato in quel momento nella persona di Jan Marsalek, era ancora in libertà ed aveva fatto perdere le sue tracce. E a differenza di Braun, non è stato sufficiente emettere un mandato d’arresto per farlo uscire allo scoperto. Nonostante ciò, il suo interrogatorio e l’analisi degli ultimi andamenti del titolo azionario (che nell’arco di pochi giorni aveva perso oltre il 90% del proprio valore) erano bastati per capire come l’operatività di Wirecard, in realtà, fosse semplicemente una copertura per il vero business di Braun e Marsalek: la speculazione finanziaria. Una pratica fraudolenta, soprattutto perché attuata sulla loro stessa società e con l’unico obiettivo di pomparne gli utili per aumentare il suo valore di borsa, anche a costo di dichiarare attività di bilancio inesistenti, come nel caso dei conti fiduciari delle Filippine. E soprattutto, protrattasi per anni, in grado di innescare una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all’altro: esattamente come accaduto lo scorso 18 giugno, a seguito della bocciatura del bilancio da parte di E&Y.

    Com'è possibile che la Bafin non si sia mai accorta di nulla?
    A sconvolgere l’intero panorama politico e finanziario sono state le grandissime omissioni dei controlli sulla Wirecard AG, imputabili esclusivamente all’istituzione che dovrebbe teoricamente garantire la qualità delle aziende attive sul territorio tedesco: la Bafin. Nonostante le accuse siano state inizialmente respinte da parte dello stesso capo dell’istituto di vigilanza, è chiaro ed evidente come uno sguardo più attento ai bilanci societari avrebbe potuto evitare alla situazione di gonfiarsi sino al punto in cui è arrivata a cavallo tra il 2019 e il 2020. Soprattutto, poiché nel corso degli anni erano state molteplici le segnalazioni di operazioni fraudolente e di supporto all’evasione fiscale messe in atto dalla società e soprattutto effettuate da più voci indipendenti tra di loro. Tra queste, un noto fondo d’investimenti americano che aveva avanzato perplessità riguardo agli utili della compagnia e in modo analogo anche una denuncia da parte degli economisti del Financial Times. Tutte segnalazioni che, però, sono cadute nel dimenticatoio: in parte per gli interessi, possibili, delle parti in causa e in parte per l’estrema fiducia che anche l’istituto di vigilanza tedesco riponeva in Braun, conosciuto da tutti con il nome di "Mr. Wirecard". Tuttavia, a seguito di queste gravi mancanze, non è stato soltanto il governo federale a chiedere spiegazioni alla Bafin: la stessa Unione Europea è scesa in prima linea per avere maggiori dettagli riguardo all’accaduto. Dopo aver seguito l’evoluzione dei fatti, infatti, ESMA (European Securities and Markets Authority), per la prima volta nella sua storia, è arrivata a mettere sotto inquisizione un organo di vigilanza nazionale, assestando un duro colpo d’immagine a Francoforte.

    Vendite allo scoperto e supporto all'evasione: il vero business di Braun e Marsalek
    Come messo in luce dal proseguimento delle indagini, è diventato evidente come, in realtà, l’emissione e la gestione delle carte prepagate fosse in realtà soltanto una parte (e nemmeno la più redditizia) del business portato avanti dalla società finanziaria con sede ad Asscheim. Secondo quanto già evidenziato negli anni passati dalla stampa, infatti, gli interessi della società spaziavano dal mercato del porno, al supporto all’evasione fiscale per le agenzie clandestine del gioco d’azzardo alla “semplice” messa a punto di strumentazioni volte a favorire l’elusione fiscale. Una macchina da soldi, in sostanza, che per buona parte fondava però il proprio piano d’azione su operazioni al limite, se non al di fuori, della legalità. Ma se questa prima parte rientrava all’interno dell’operatività dell’azienda, un altro aspetto è quello che ha invece reso guadagni da capogiro a Marsalek e Braun: la contrattazione delle azioni della Wirecard AG. Secondo infatti quanto messo in luce dal Der Spiegel, la coppia avrebbe per anni perpetrato la compravendita nel breve delle azioni dell’azienda tramite società di comodo per guadagnare dall’incremento del valore delle azioni. Spesso tramite lo stesso indebitamento degli attori (come nel caso del mutuo di Deutsche Bank, che non diventerà una sofferenza soltanto grazie alla sua cartolarizzazione già negli scorsi mesi, prima dello scoppio della bolla) e spesso tramite la vendita allo scoperto del titolo azionario. Ultimo dei quali, secondo gli inquirenti, proprio poco prima della dichiarazione circa l’ammanco di oltre 2 miliardi di dollari dai bilanci societari: una vendita allo scoperto parsa come una sorta di spettacolo pirotecnico finale, prima che il circo chiudesse i battenti.

    Il governo tedesco, la Bafin e la Dax probabilmente sapevano
    Sempre secondo quanto riportato dal Der Spiegel, c’è un'alta possibilità che la politica e la vigilanza finanziaria della Germania sapessero esattamente quello che stava succedendo all’interno dei palazzi di Asscheim. In modo particolare, a causa del filo rosso che legava Markus Braun all’ex Ministro dell’Economia e della Tecnologia della Germania Karl-Theodor zu Guttenbergs e il segretario odierno del Ministero della Finanza Joerg Kukies. In modo particolare, la presenza di documentazione resa segreta su incontri avvenuti tra Braun e Kukies all’interno del Ministero avrebbe scandalizzato il parlamento tedesco, che ha richiesto chiarimenti e indagini sull’accaduto; generando un terremoto potenzialmente in grado di arrivare sino alla cancelliera Angela Merkel. La Cancelliera, infatti, nel 2019 si sarebbe recata in Cina assieme a importanti imprenditori tedeschi e con lo stesso Guttenbergs col fine di promuovere la collaborazione tra i due Paesi. Quest’ultimo, su mandato della Wirecard AG, avrebbe concluso delle trattative volte a fare entrare la finanziaria tedesca in operatività anche dentro al mercato della valuta digitale cinese: quasi esclusivamente di competenza di Pechino fino a quel momento.E in questa situazione, la sensazione che la stessa Cancelliera Merkel fosse all’oscuro delle operatività del gruppo è alquanto improbabile, soprattutto se si considera l’importanza strategica di Wirecard all’interno del piano di espansione commerciale di Berlino in Cina. Scenario che, a ragion veduta, avrebbe potuto garantire lo sguardo rivolto da un’altra parte su delicate questioni che avrebbero potuto incriminare la società.

    Marsalek, il vero cartaio di Wirecard
    Come già sottolineato, il proseguire delle indagini ha messo sempre più in evidenza la figura di Jan Marsalek, azionista ed ex CFO di Wirecard AG, all’interno delle logiche criminali della società. In modo particolare, come riportato per la prima volta dalla testata giornalistica britannica Financial Times, egli avrebbe perpetrato per anni tentativi, spesso andati a buon fine, di manipolazione del mercato per convincere potenziali acquirenti ad investire sulla sua società. E per fare questo, egli avrebbe sempre cercato di mostrare la sua figura come quella di un uomo potente con agganci presso le più alte élite mondiali; in possesso, come riscontrato, della documentazione sul velenosissimo novichok e di file importanti appartenenti al Ministero degli Interni austriaco. In questo modo, egli per anni avrebbe ostentato una solidità della propria società basata anche sull’appoggio del ceto politico asiatico ed europeo, fornendo così garanzie (mendaci) aggiuntive riguardo la stabilità del titolo azionario. Tuttavia, anche in questo caso si è trattato principalmente di frodi finanziarie nei confronti di fondi d’investimento e di privati, messi in atto da una mente che appare sempre più il vero cartaio dietro alle mosse della società di Asscheim.

    Andrea Massardo
    26 luglio 2020
    it.insideover.com/schede/economia/wirecard-papers.html?fbclid=IwAR0QfSr_hPX3PST_D1-XUdL7irgTsd9NNkZrINhlqMg2ipJYvHu...
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    wheaton80
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    00 30/07/2020 18:22
    Arnaldo Vitangeli - La verità sul Recovery Fund e la Germanexit: Europa è più forte o in procinto di crollare?

    www.youtube.com/watch?v=KmbWEooRzFE&t=6s&fbclid=IwAR0fRsdWOl74neTMkU4FMblr_oZjSGD8rrYU2fVaLH2ZQbx-njp...

    Con l'accordo sul recovery fund le forze europeiste festeggiano e cantano vittoria. I media ci assicurano che, grazie all'Europa, l'Italia avrà i soldi necessari per rilanciare l'economia, ma è falso. Questi fondi sono insufficienti, arriveranno tardi e prevedono condizionalità, ossia limitano ulteriormente la sovranità nazionale e impongono le tristemente note misure di austerità. Eppure, mentre si festeggia la resurrezione dell'UE dopo una lunga trattativa, all'orizzonte si vedono nubi nere. La sentenza della Corte Costituzionale tedesca ha imposto alla Banca Centrale della Germania di uscire dal programma di acquisti di titoli pubblici della BCE ed ha ribadito che la Costituzione viene prima dei trattati UE, una bomba che, se non disinnescata, potrebbe fare esplodere l'intera struttura dell'Unione Europea.

    Ne parliamo in questa intervista con Beatrice Silenzi su Radio Linea 1.
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    wheaton80
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    00 15/08/2020 16:53
    Wirecard, quella morte misteriosa legata a Marsalek

    Dopo la dichiarazione di insolvenza da parte della società Wirecard AG, quotata al Dax30 di Francoforte, sono emersi particolari che hanno fatto tremare la totalità del comparto finanziario tedesco. Ma non solo: perché assieme alla credibilità dei settori tecnologici e finanziari di Berlino la società di Asscheim ha generato un buco bancario del valore stimato di oltre un miliardo e mezzo di euro e ripartito su quindici massimi istituti europei. Tra questi, ci sarebbero la francese Crédit Agricol, la tedesca Commerzbank e l’olandese ING, che con gli oltre 100 milioni di euro prestati cadauna alla società tedesca si sono di fatti “bruciati” una cifra superiore agli utili trimestrali. E proprio mentre questi particolari relativi all’esposizione di Wirecard stanno venendo alla luce, dalle Filippine, dove tutto era cominciato lo scorso giugno, è stato reso noto un fatto allarmante: un ex gestore della società a Manila di 44 anni, molto vicino all’ex Direttore delle vendite Jan Marsalek, sarebbe stato trovato morto.

    Una morte dai mille sospetti

    Secondo quanto messo in luce dagli inquirenti, la figura in questione sarebbe stato uno degli uomini di fiducia di Marsalek e suo diretto referente per quanto riguardava i rapporti tra l’ex numero due di Wirecard e le Filippine. Considerando come, tra le varie ipotesi al vaglio degli investigatori, proprio le Filippine sarebbero state una delle destinazioni durante la fuga dalla Germania, la vittima potrebbe essere stata l’unica persona informata della reale posizione di Marsalek. E forse proprio per questo, la sua morte potrebbe essere stata un omicidio collegato allo scandalo di Wirecard AG, che adesso lascia l’ambito prettamente finanziario per assumere anche una tinteggiatura di rosso.

    Marsalek avrebbe prelevato contanti a Manila

    Quando venne alla luce l’ammanco di 1,9 miliardi di euro dai conti bancari di Wirecard AG, essi erano stati imputati a conti fiduciari inesistenti e collocati proprio nell’arcipelago asiatico dove è avvenuto l’omicidio. Mentre però gli inquirenti tedeschi si sono “distratti” concentrandosi sull’unico uomo della dirigenza che erano riusciti ad arrestare, Markus Braun, il vero cartaio delle truffe dell’emittente di carte prepagate era riuscito a far perdere le proprie tracce. E come dice un detto del mondo investigativo, “l’assassino torna sempre sulla scena del delitto”. Secondo quanto riportato da Businessinsider, sarebbero state proprio le Filippine la prima destinazione di Marsalek, con lo scopo di prelevare un alto quantitativo di contanti per proseguire la sua fuga (alla volta della Cina, della Corea del Sud o forse della Bielorussia, sulla quale gli investigatori si sono concentrati negli ultimi giorni). Tuttavia, la sua latitanza al momento ha avuto esito positivo, rendendolo irreperibile e lasciando almeno al momento in mano agli inquirenti tedeschi un puzzle con troppi tasselli ancora mancanti. Ma l’omicidio avvenuto nelle Filippine adesso potrebbe cambiare le carte in tavola.

    Adesso si può seguire una traccia
    Mentre prima erano sconosciuti tutti i movimenti di Marsalek, adesso appare chiaro come la prima tappa fu proprio Manila, da dove ebbe inizio il tracollo di Wirecard AG. Potendo concentrarsi su questa pista, e nonostante forse l’unica persona informata dei fatti sia stata trovata morta, adesso è possibile cercare di tracciare gli spostamenti dell’uomo dopo il suo prelievo nell’arcipelago asiatico. E grazie a questa informazione ed aiutati dal basso numero di voli di quel periodo a causa degli ancora elevati stop agli spostamenti aerei, forse Marsalek potrebbe essere finalmente rintracciato.

    Andrea Massardo
    14 agosto 2020
    it.insideover.com/economia/wirecard-quella-morte-misteriosa-legata-a-marsalek.html?fbclid=IwAR0Ro31FxL89OlMz5HVWxS-DDYhD1cS7FIala4cbFuG56yLh_yg...
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    wheaton80
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    00 20/10/2023 19:32
    Una disfatta dopo l’altra: Scholz è in difficoltà e la Germania fa tremare l’Europa

    Olaf Scholz ha affrontato in Germania una sconfitta dopo l’altra in un processo di disaffezione del Paese dalla “Coalizione semaforo” tra i suoi socialdemocratici (SPD), i Verdi e il Partito Liberale (FDP). I voti di inizio ottobre in Baviera e Assia hanno segnato l’ennesimo arretramento della SPD e della quota di voti totali dei tre partiti di governo. In particolare, dall’inizio del mandato di Scholz, a fine 2021, a oggi, la SPD ha perso nettamente in Bassa Sassonia, Schleswig-Holstein, nella capitale Berlino, nei due più importanti Länder tedeschi, la citata Baviera e il Nord-Reno Vestfalia, e appunto in Assia, avanzando solo nella città-stato di Brema e nella Saarland. I Verdi sono “rimbalzati” in Vestfalia e non sono affondati in Baviera e a Berlino, riducendosi nettamente altrove. I Liberali, tornati in doppia cifra alle elezioni 2021, sono sprofondati quasi ovunque: sotto la soglia del 5%, sono rimasti senza seggi in Baviera, a Berlino, in Bassa Sassonia, Saarland e non hanno superato altrove il 5,9% toccato a Brema e in Vestfalia. Scala posizioni la CDU di Friedrich Merz, che rilancia rigorismo, visioni conservatrici, critiche alle politiche di spesa e alle posizioni di politica estera del governo relativamente al Patto di Stabilità, la riforma dell’Unione Europea, il ritorno al rigore che divide l’esecutivo, la posizione sulla guerra in Ucraina. E vola anche l’ultradestra di Alternative für Detuschland. In Assia la CDU ha vinto col 34,6%, crescendo dal 27% di cinque anni prima, e AFD è arrivata seconda col 18,4%, relegando la SPD al terzo posto.

    In Baviera la CSU, partito gemello della CDU nella regione cattolica, si è mantenuta al 37% davanti agli Elettori Liberi, partito populista e conservatore, e proprio all’AFD, attorno al 15,5 e al 14,5% dei consensi rispettivamente. Solo quarti e quinti Verdi e SPD rispettivamente. Tutto questo può produrre dinamiche politiche cinetiche capaci di ripercuotersi sull’intera Europa. Una fase di consensi calanti per un esecutivo può mettere il cancelliere tedesco di fronte alla necessità di andare incontro alle richieste di un elettorato che ha vissuto con apprensione gli effetti della crisi energetica e della caduta in recessione del Paese. E il cui “fallo di reazione” può essere quello di un irrigidimento sulla madre di tutte le partite europee, ovvero la riforma dei trattati e del Patto di Stabilità. Christian Lindner, Ministro delle Finanze e segretario dei Liberali, “falco” per eccellenza nel governo, si è sempre rapportato con attenzione alle linee della maggioranza che nel suo complesso spinge per una versione più lasca del Patto di Stabilità e dell’austerità. Ma nelle ultime settimane Lindner e il governo tedesco hanno promosso una maggiore attenzione ai temi del rigore di ritorno e dell’austerità.

    Di fronte a una proposta della Commissione Europea di riforma del Patto di Stabilità che guarda maggiormente all’espansione fiscale e meno alla censura di bilancio, Lindner, nota il Financial Times, “ha affermato che la sua posizione critica sulle proposte della Commissione ha avuto il sostegno di altre capitali dell’UE falche e ha avvertito che la riforma deve in ultima analisi riflettere l’importanza di finanze pubbliche stabili”. Anche Scholz ha di fatto sostenuto la linea più dura del suo ministro: ora Berlino “vuole una regola che stabilisca che il rapporto debito/PIL dei Paesi fortemente indebitati scenda di 1 punto percentuale ogni anno, una richiesta che alcuni Stati membri hanno respinto come troppo dura. La Germania prevede inoltre che i Paesi meno indebitati riducano i loro rapporti di 0,5 punti percentuali all’anno” nella sua bozza. L’approccio della Germania è chiaro: uno stallo farà comunque tornare le regole europee pre-Covid, che fanno gioco a Berlino, capitale capace di avere tutto l’interesse nell’intransigenza per correggere la riforma. Le sconfitte elettorali dei membri della coalizione hanno segnalato, tra le altre cose, che CDU e AFD spingono fortemente sul tema del contrasto al lassismo fiscale e fanno del rigore, in modo diverso, un cavallo di battaglia. Se Scholz e i suoi faranno partire la gara a chi è più rigorista e austero, ovviamente, l’Europa tremerà. E potrà farlo duramente visti i tempi duri che ci attendono in termini di sfide legate a inflazione, carovita, tassi e future politiche industriali ed energetiche. Il sussulto rigorista rischia di produrre un disastro comunitario. E il governo di Berlino di accelerarlo, pensando, così, di recuperare terreno sui temi degli avversari.

    Andrea Muratore
    13 ottobre 2023
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