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Novus Ordo Missae e Fede Cattolica

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    Heleneadmin
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    00 09/02/2011 18:06
    molto pericolosa nel contesto ugualitaristico contemporaneo, per cui il
    rischio di comprendere tutto – senza distinzioni – in un'ottica
    «democratica» risulta tutt'altro che chimerico.
    La prima redazione dell'IGMR ha poi messo in circolazione un
    testo (il famoso articolo 7) perlomeno gravemente ambiguo nella forma
    (definizione?) e nel contenuto (la Messa è un'assemblea?). Questo testo
    purtroppo, nonostante l'autorità lo abbia corretto e abbia dunque
    lasciato il testo modificato come unico valido, continua a circolare ...
    A queste (e ad altre che si trovano sparse nel tessuto
    dell'argomentazione) si può aggiungere una osservazione di carattere
    più generale.
    Il fatto che il NOM si presenti come un rito nuovo. Nuovo sotto
    tanti punti di vista. Quanto al modo della sua comparsa: «molto è
    successo in modo troppo improvviso – osserva il card. Ratzinger – in
    modo tale che per molti fedeli non era più riconoscibile l'intima unità
    con ciò che precedeva». Quanto alla relazione con il Messale precedente:
    «si è data l'impressione di un nuovo libro, anziché presentare il tutto
    nell'unità della storia liturgica» e con il Concilio: «qui è stato travolto
    anche lo stesso Concilio, che per esempio aveva ancora detto che la
    lingua del rito latino rimaneva il latino dando alla lingua volgare uno
    spazio conveniente. Oggi ci si può chiedere se esiste ancora un rito
    latino; una coscienza di esso è a stento ancora riscontrabile». Quanto al
    modo con cui è stato realizzato: il nuovo Messale «è stato realizzato
    come se fosse un nuovo libro elaborato da professori e non una fase di
    una crescita continuata. Una cosa simile, in questa forma, non era mai
    successa, contraddice il modello del divenire liturgico e proprio questo
    procedimento ha soprattutto provocato l'idea assurda che Trento e Pio V
    avessero fatto, da parte loro, un messale quattrocento anni fa. La
    liturgia cattolica è stata così declassata a prodotto degli inizi dell'età
    moderna e, in questo modo, si è prodotto uno scivolamento di
    prospettiva che è inquietante». Inquietante perché rischia di
    compromettere qualcosa di essenziale: «la coscienza dell'ininterrotta
    intima unità della storia della fede, che si manifesta proprio nell'attuale
    unità della preghiera proveniente da questa storia»1.

    Ciononostante dobbiamo affermare, come conclusione che ci pare
    ampiamente dimostrata dal nostro studio, che l'«intima unità» di cui
    parla il card. Ratzinger, sia sostanzialmente conservata nel NOM, anche
    se la sua manifestazione ha subito qualche attenuazione. Non si può
    legittimamente mettere in dubbio che si tratti di un rito cattolico, che
    rappresenta, rispetto alla sostanza del mistero celebrato, un
    cambiamento soltanto accidentale, espressione di un avvicinamento
    ecumenico, che può essere discutibile nella «politica» che sottintende,
    ma non può essere accusato di compromesso dogmatico.
    146
    Detto questo non possiamo non auspicare che una «riforma della
    riforma» venga a ridonare una maggiore limpidità al rito della Messa,
    fugando definitivamente ogni restante ombra e permettendo così a tutti,
    anche a coloro che un certo ecumenismo ha allontanato, di partecipare
    ancor meglio al mistero del Corpo e del Sangue del Signore, in attesa
    che, caduto il velo dei sacramenti, possiamo partecipare insieme, nella
    visione, alla Messa eterna.

    1 Das Fest des Glaubens, cit., pp. 75-78. Cfr. anche le analoghe osservazioni di
    L. BOUYER, Le métier de théologien (Paris 1979) pp. 49-80 (La réforme liturgique et ses
    malfaçons).
    APPENDICE
    Documenti del magistero che costituiscono
    il contesto remoto del novus ordo missae
    A. NATURA SACRIFICALE DELLA MESSA
    a) Documenti immediatamente precedenti il Vaticano II
    1. L'augusto Sacrificio dell'altare non è .(...) una pura e semplice
    commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un
    vero e proprio sacrificio, nel quale, immolandosi incruentemente, il
    Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla Croce offrendo al
    Padre tutto se stesso, vittima graditissima.
    (Pio XII, Lettera enc. Mediator Dei, 20 nov. 1947: Insegnamenti
    pontifici, vol. 8: La Liturgia [Roma 19592] n. 552)
    2. Sulla Croce (...) Egli offrì a Dio tutto se stesso e le sue sofferenze, e
    l'immolazione della vittima fu compiuta per mezzo di una morte
    cruenta liberamente subita; sull'altare, invece, a causa dello stato
    glorioso della sua umana natura, «la morte non ha più dominio su di
    Lui» (Cfr. san Tommaso, Somma teologica III, q. 22, a. 4) e quindi non
    è possibile l'effusione del sangue; ma la divina sapienza ha trovato il
    modo mirabile di rendere manifesto il sacrificio del nostro Redentore
    con segni esteriori che sono simboli di morte. Giacché, per mezzo
    della transustanziazione del pane in corpo e del vino in sangue di
    Cristo, come si ha realmente presente il suo corpo così si ha il suo
    sangue; le specie eucaristiche poi, sotto le quali è presente
    simboleggiano la cruenta separazione del corpo dal sangue. Così il
    memoriale della sua morte reale sul Calvario si ripete in ogni
    sacrificio dell'altare, perché per mezzo di simboli distinti si significa e
    dimostra che Gesù Cristo è in stato di vittima.
    (Ibid., n. 554)
    b) Concilio Vaticano II
    3. Il nostro Salvatore nell'ultima Cena, la notte in cui fu tradito, istituì
    il Sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, onde
    perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce, e
    per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della
    sua morte e della sua risurrezione: sacramento di pietà, segno di
    unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo,
    l'anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura.
    (Sacrosanctum concilium, n. 47: EV 1, 87)
    4. Ogni volta che il sacrificio della croce (...) viene celebrato sull'altare,
    si effettua l'opera della nostra redenzione.
    (Lumen gentium, n. 3: EV 1, 286; cfr. anche Presbyterorum ordinis, n.
    13 e Sacrosanctum concilium, n. 2)
    5. (I presbiteri) nel sacrificio della messa rendono presente e applicano
    (cfr. Concilio di Trento), fino alla venuta del Signore (cfr. 1 Cor 11,
    26), l'unico sacrificio del nuovo testamento, il sacrificio cioè di Cristo,
    che una volta per tutte si offre al Padre quale vittima immacolata
    (cfr. Ebr 9, 11-28).
    (Lumen gentium, n. 28: EV 1, 354)
    6. ... Questo sacrificio (il sacrificio di Cristo) ... per mano dei presbiteri e
    in nome di tutta la chiesa, viene offerto nell'eucarestia in modo
    incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore (cfr.
    1 Cor 11, 26).
    (Presbyterorum ordinis, n. 2: EV 1, 1247)
    7. (Necessità della predicazione della parola da parte dei presbiteri)...
    questo vale soprattutto nel caso della liturgia della parola nella
    celebrazione della messa, in cui si realizza un'unità inscindibile fra
    l'annuncio della morte e resurrezione del Signore, la risposta del
    popolo che ascolta e l'oblazione stessa con la quale Cristo ha
    confermato nel suo sangue la nuova alleanza; a questa oblazione si
    uniscono i fedeli sia con i loro voti sia con la ricezione del
    sacramento.
    (Presbyterorum ordinis, n. 4: EV 1, 1251)
    8. (I presbiteri amministrano i sacramenti)... e soprattutto con la
    celebrazione della messa offrono sacramentalmente il sacrificio di
    Cristo.
    ... I presbiteri insegnano ai, fedeli a offrire la divina vittima a Dio
    Padre nel sacrificio della messa...
    La casa di preghiera – (...) in cui la presenza del Figlio di Dio nostro
    Salvatore, che si è offerto per noi sull'altare del sacrificio, viene
    venerata a sostegno e consolazione dei fedeli – ...
    (Ibid. 1252-1256)
    c) Documenti postconciliari
    9. Giova ricordare quello che è come la sintesi e l'apice di questa
    dottrina, che cioè nel mistero eucaristico è rappresentato in modo
    mirabile il Sacrificio della Croce una volta per sempre consumato sul
    Calvario; vi si richiama perennemente alla memoria e ne viene
    applicata la virtù salutifera in remissione dei peccati che si
    commettono quotidianamente.
    (Paolo VI, Lettera enc. Mysterium fidei, 3 sett. 1965: EV 2, 415)
    10. ... Il Signore s'immola in modo incruento nel Sacrificio della Messa
    che rappresenta il Sacrificio della Croce, applicandone la virtù
    salutifera, nel momento in cui, per le parole della consacrazione
    comincia ad essere sacramentalmente presente, come spirituale
    alimento dei fedeli, sotto le specie del pane e del vino.
    (Ibid. 421)
    11. ... La Chiesa, fungendo in unione con Cristo da sacerdote e da
    vittima, offre tutta intera il Sacrificio della Messa e tutta intera vi è
    offerta. Questa mirabile dottrina, già insegnata dai Padri (cfr.
    sant'Agostino, De civitate Dei X, 6: PL 41, 284), recentemente esposta
    dal Nostro predecessore Pio XII di f.m. (cfr. Mediator Dei: La Liturgia,
    n. 570), ultimamente espressa dal Concilio Vaticano II nella Cost. De
    Ecclesia, a proposito del popolo di Dio (cfr. Lumen gentium, n. 11),
    Noi desideriamo ardentemente che sia sempre più spiegata e più
    profondamente inculcata nell'animo dei fedeli, salva però, com'è
    giusto, la distinzione, non solo di grado, ma anche di natura, che
    passa tra il sacerdozio dei fedeli e quello gerarchico (cfr. Lumen
    gentium, n. 10).
    (Ibid. 419)
    12. ... La Chiesa, nel Sacrificio che offre, ha imparato ad offrire sé
    medesima come sacrificio universale, applicando per la salute del
    mondo intero l'unica ed infinita virtù redentrice del Sacrificio della
    Croce.
    (Ibid. 420)
    13. I fedeli, quando venerano Cristo presente nel Sacramento, ricordino
    che questa presenza deriva dal Sacrificio e tende alla Comunione,
    sacramentale e spirituale insieme.
    (Sacra Congr. dei Riti, Istr. Eucharisticum mysterium, 25 maggio
    1967, n. 50: EV 2, 1350; Rituale Rom., De sacra Communione et de
    cultu mysterii eucharistici extra Missam, n. 80, ed. typ. Vat. 1973, p.
    36)
    14. ... La messa, o cena del Signore, è contemporaneamente e
    inseparabilmente:
    — sacrificio in cui si perpetua il sacrificio della croce;
    — memoriale della morte e della resurrezione del Signore che disse
    «Fate questo in memoria di me» (Le 22, 19);
    — sacro convito in cui, per mezzo della comunione del corpo e del
    sangue del Signore, il popolo di Dio partecipa ai beni del
    sacrificio pasquale, rinnova il nuovo patto fatto una volta per
    sempre nel sangue di Cristo da Dio con gli uomini, e nella fede e
    nella speranza prefigura e anticipa il convito escatologico nel
    regno del Padre, annunziando la morte del Signore «fino al suo
    ritorno».
    (Istr. Eucharisticum mysterium: EV 2, 1296)
    15. Nella Messa (...) il sacrificio e il sacro convito appartengono allo
    stesso mistero al punto da essere legati l'uno all'altro da strettissimo
    vincolo. Infatti il Signore nello stesso sacrificio della messa si immola
    quando «comincia ad essere sacramentalmente presente, come
    spirituale alimento dei fedeli, sotto le specie del pane e del vino»
    (Mysterium fidei).
    (Ibid. 1297)
    16. La celebrazione eucaristica, che si compie nella messa, è azione non
    solo del Cristo, ma anche della Chiesa. In essa infatti il Cristo,
    perpetuando nei secoli in modo incruento il sacrificio compiuto sulla
    croce, mediante il ministero dei sacerdoti, si offre al Padre per la
    salvezza del mondo. E la chiesa, sposa e ministra di Cristo,
    adempiendo con lui all'ufficio di sacerdote e di vittima, lo offre al
    Padre e insieme offre tutta se stessa con lui.
    (Ibid. 1298)
    17. Questo Sacrificio, come la stessa passione di Cristo, sebbene sia
    offerto per tutti, non ha effetto se non in coloro che si uniscono alla
    passione di Cristo con la fede e la carità... Ad essi tuttavia giova più
    o meno secondo la misura della loro devozione.
    (Ibid. 1312)
    18. La messa è e rimane la memoria dell'ultima Cena di Cristo, nella
    quale il Signore, tramutando il pane e il vino nel suo Corpo e nel suo
    Sangue, istituì il Sacrificio del Nuovo Testamento, e volle che,
    mediante la virtù del suo sacerdozio, conferita agli Apostoli, fosse
    rinnovato nella sua identità, solo offerto in modo diverso, in modo
    cioè incruento e sacramentale, in perenne memoria di Lui, fino al
    suo ritorno.
    (Paolo VI, Allocuz. nell'udienza generale del 19 novembre 1969: AAS
    61, 1969, p. 779)
    19. Tutta la tradizione della Chiesa insegna che i fedeli, per mezzo della
    Comunione sacramentale, si inseriscono in modo più perfetto nella
    celebrazione eucaristica. In tal modo infatti partecipano pienamente
    al Sacrificio eucaristico, cioè non soltanto con la fede e la preghiera,
    né si uniscono a Cristo, offerto sull'altare, soltanto spiritualmente,
    ma anche ricevono lui stesso sacramentalmente, così da attingere
    frutti più abbondanti da questo santo Sacrificio.
    (Sacra Congr. per il Culto Div., Istr. Sacramentali Communione, 29
    giugno 1970: EV 3, 2629)
    20. Questo Sacrificio non è semplicemente un rito commemorativo di un
    sacrificio passato. Infatti in esso Cristo, per mezzo del ministero dei
    sacerdoti, perpetua nel corso dei secoli in modo incruento il
    Sacrificio della Croce e nutre i fedeli di se stesso, pane di vita,
    affinché, riempiti dell'amore di Dio e del prossimo, diventino un
    popolo sempre più accetto a Dio.
    (Sacra Congr. per il Clero, Direttorio catechistico generale, 11 aprile
    1971, n. 58: EV 4, 540)
    21. Non è l'uomo che celebra l'Eucarestia, ma lo stesso Cristo; infatti per
    il ministero dei sacerdoti egli offre se stesso nel sacrificio della
    Messa. L'azione sacramentale è, innanzi tutto, azione di Cristo, del
    quale i ministri della Chiesa sono come strumenti.
    (Ibid. 534)
    22. L'Ordine configura in modo particolare a Cristo mediatore alcuni
    membri del popolo di Dio, conferendo loro il potere sacro... di fare le
    veci di Cristo nell'offrire il sacrificio della Messa e nel presiedere il
    banchetto eucaristico.
    (Ibid. 537)
    23. A questo sacrificio di rendimento di grazie, di propiziazione, di
    impetrazione e di lode i fedeli partecipano con maggiore pienezza,
    quando non solo offrono al Padre con tutto il cuore, in unione con il
    sacerdote, la sacra vittima e, in essa, loro stessi, ma ricevono pure la
    stessa vittima nel sacramento.
    (Istr. Eucharisticum mysterium: EV 2, 1300)
    24. ... Gesù morì egli stesso per i nostri peccati, e risuscitò per la nostra
    giustificazione. Per questo, nella notte in cui fu tradito e diede inizio
    alla sua passione salvatrice, istituì il Sacrificio della nuova alleanza
    nel suo sangue, per la remissione dei peccati...
    (Rituale Rom., Rito della penitenza, introd. n. 1 CEI, Roma 1974, p.
    14)
    25. Nel Sacrificio della Messa viene ripresentata la passione di Cristo; il
    suo Corpo dato per noi e il suo Sangue per noi sparso in remissione
    dei peccati, nuovamente vengono offerti dalla Chiesa a Dio per la
    salvezza del mondo intero. Nell'Eucaristia infatti Cristo è presente e
    viene offerto come «sacrificio di riconciliazione», e perché il suo santo
    Spirito «ci riunisca in un solo corpo».
    (Ibid. n. 2, pp. 14-15)
    26. Il sacramento del corpo e del sangue di Cristo, dato alla chiesa per
    costituirla, per la sua stessa natura comporta:
    — il potere ministeriale conferito da Cristo ai suoi Apostoli e ai loro
    successori, i vescovi con i presbiteri, per attualizzare
    sacramentalmente il suo atto sacerdotale con cui si è offerto una
    volta per sempre al Padre nello Spirito Santo e si è dato ai suoi
    fedeli affinché siano uno con lui...
    (Segr. per l'unità dei cristiani, Istr. In quibus rerum circumstantiis, 1
    giugno 1972: EV 4, 1627)
    27. ... Il sacramento dell'eucaristia
    [Modificato da Heleneadmin 10/02/2011 18:23]
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    Heleneadmin
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    00 09/02/2011 18:07
    27. ... Il sacramento dell'eucaristia non è soltanto un convito fraterno,
    ma è, ad un tempo, il memoriale che rende presente ed «attualizza» il
    sacrificio del Cristo e la sua offerta mediante la chiesa...
    (Sacra Congr. per la Dottr. della Fede, Dichiaraz. Inter insigniores, 15
    ott. 1976: EV 6, 2129)
    28. L'eucarestia è soprattutto un sacrificio (...).
    ... In virtù della consacrazione, le specie dei pane e del vino,
    ripresentano (cfr. Concilio di Trento), in modo sacramentale e
    incruento, il sacrificio cruento propiziatorio offerto da lui in croce al
    Padre per la salvezza del mondo.
    (Giovanni Paolo Il, Lettera enc. Dominicae Cenae, 24 febb. 1980: EV
    7, 190.195)
    29. ... Questa celebrazione eucaristica non fa numero con il Sacrificio
    della Croce; non vi si aggiunge e non lo moltiplica. La Messa e la
    Croce non sono che lo stesso e unico Sacrificio (cfr. Lettera
    Dominicae Cenae, n. 9).
    E tuttavia la frazione eucaristica del pane ha una funzione
    essenziale, quella di metterci a disposizione l'offerta primordiale della
    Croce. La rende attuale oggi per la nostra generazione. Rendendo
    veramente presenti il Corpo e il Sangue di Cristo sotto la specie del
    pane e del vino, essa rende – nello stesso tempo – attuale e
    accessibile, alla nostra generazione, il Sacrificio della Croce, che
    resta, nella sua unicità, il perno della storia della salvezza,
    l'articolazione essenziale tra il tempo e l'eternità. L'Eucaristia è così,
    nella Chiesa, l'istituzione sacramentale che in ogni periodo serve da
    «collegamento» al sacrificio della Croce, che offre una presenza
    insieme reale e operante, in modo che esso possa manifestare in ogni
    epoca la sua potenza di salvezza e di risurrezione. Grazie alla
    successione apostolica e alle ordinazioni, Cristo ha dato alle parole
    con cui ha istituito l'Eucaristia, unite all'azione del suo Spirito, forza
    e potenza fino al tempo del suo ritorno. È Lui che le pronunzia per
    bocca del sacerdote che consacra; è Lui che così ci fa partecipi alla
    frazione del pane del suo unico Sacrificio.
    (Giovanni Paolo II, Messaggio televisivo al Congresso Eucaristico di
    Lourdes, 21 luglio 1981: La traccia 7, 1981, pp. 468-469)
    30. Il sacramento più grande è la santissima Eucaristia, nella quale lo
    stesso Cristo Signore è contenuto, offerto e ricevuto e per mezzo della
    quale vive e cresce continuamente la Chiesa. Il sacrificio eucaristico,
    memoriale della morte e della resurrezione del Signore, in cui è
    perpetuato nei secoli il Sacrificio della Croce, è il culmine e la fonte
    di tutto il culto e la vita cristiana, mediante il quale è significata e
    fatta l'unità del popolo di Dio ed è perfezionata l'edificazione del
    corpo di Cristo...
    (Codex Iuris Canonici auctoritate loannis Pauli PP. II promulgatus,
    Libreria Editrice Vaticana, Roma 1983, Can. 897)
    31. La celebrazione eucaristica è azione dello stesso Cristo e della Chiesa
    in cui Cristo Signore, per il ministero dei sacerdoti, offre se stesso,
    sostanzialmente presente sotto le specie del pane e del vino, a Dio
    Padre e si dona ai fedeli, associati nella sua offerta, come cibo
    spirituale.
    (Ibid. Can. 899, 1)
    32. Ogni volta che ci raduniamo per partecipare all'Eucaristia, sappiamo
    che ci parleranno i testi ispirati della Sacra Scrittura, i brani scelti
    dall'Antico e dal Nuovo Testamento; che le nostre labbra
    pronunceranno le parole della preghiera liturgica di adorazione, di
    ringraziamento, di propiziazione, di impetrazione. Tuttavia, al di
    sopra di tutto ciò, parla la Croce invisibile del Calvario e il sacrificio
    offerto su di essa. Le parole della transustanziazione si riferiscono
    direttamente a quel Sacrificio e non soltanto lo evocano nella
    memoria, ma lo ripetono di nuovo, lo compiono di nuovo, in modo
    incruento, sotto le specie del pane e del vino...
    (Giovanni Paolo II, omelia del 23 febb. 1980: La parola di Giovanni
    Paolo II 2-3, 1980, p. 23)
    33. Sulla «mensa dominica» si rinnova l'oblazione sacrificale con cui.
    Cristo ci ha redenti. Partecipandovi, i cristiani di tutti i tempi e di
    tutti i luoghi sanno di impegnarsi a condurre un'esistenza immolata,
    grazie alla quale potranno giungere, nell'ultimo compimento, al
    mattino pasquale della risurrezione.
    (Idem, Ai vescovi italiani durante la celebrazione giubilare, 15 aprile
    1983: La traccia 4, 1983, p. 369)
    34. Il Tridentino, poi, interpretando le affermazioni degli apostoli, della
    lettera agli Ebrei e di tutta la Chiesa primitiva, afferma e spiega che
    la Eucaristia è «presenza sacrificale» di Cristo nel tempo, è cioè la
    rinnovazione del Sacrificio della Croce.
    (Idem, Alle religiose di Milano e della Lombardia, 20 maggio 1983: La
    traccia 5, 1983, p. 495)
    35. ... La celebrazione dell'Eucaristia viene spesso intesa semplicemente
    come un atto della comunità locale radunata per commemorare
    l'ultima cena del Signore mediante la frazione del pane. Sarebbe
    quindi più un convito fraterno, nel quale la comunità si ritrova e si
    esprime, che non la rinnovazione sacramentale del sacrificio di
    Cristo, la cui efficacia salvifica si estende a tutti gli uomini, presenti
    o assenti, sia vivi che defunti.
    (S. Congr. per la Dottr. della Fede, lettera Sacerdotium ministeriale
    del 6 agosto 1983: Osservatore Romano 9 sett. 1983)
    B. PRESENZA REALE
    a) Documenti immediatamente precedenti il Vaticano II
    36. Né mancano coloro che sostengono che la dottrina della
    transustanziazione, in quanto fondata su di un concetto antiquato di
    sostanza, deve essere corretta in modo da ridurre la presenza reale di
    Cristo nell'Eucarestia ad un certo simbolismo, per cui le specie
    consacrate non sarebbero altro che segni efficaci della presenza
    spirituale di Cristo e della sua intima unione con i membri fedeli del
    Corpo mistico.
    (Pio XII, Lettera enc. Humani generis, 12 agosto 1950: FdC 429)
    b) Concilio Vaticano II
    37. Per celebrare un'opera così grande (il suo mistero pasquale), Cristo è
    sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni
    liturgiche.
    È presente nel sacrificio della Messa sia nella persona del ministro,
    «Egli che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per il
    ministero dei sacerdoti», sia soprattutto sotto le specie eucaristiche.
    È presente con la sua virtù nei sacramenti, di modo che quando
    battezza, è Cristo stesso che battezza.
    È presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella
    Chiesa si legge la sacra Scrittura.
    È presente infine quando la Chiesa prega e loda, Lui che ha
    promesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in
    mezzo a loro» (Mt 18, 20).
    (Sacrosanctum Concilium, n. 7: EV 1, 9)
    38. Nella persona dei Vescovi, ai quali assistono i sacerdoti, è presente in
    mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo. Sedendo
    infatti alla destra di Dio Padre non cessa di essere presente alla
    comunità dei suoi pontefici...
    (Lumen gentium, n. 21: EV 1, 334)
    39. L'attività missionaria... con la parola e la predicazione, con la
    celebrazione dei sacramenti, di cui centro e vertice è la SS.
    Eucaristia, rende presente quel Cristo, che della salvezza è l'autore.
    (Ad gentes, n. 9: EV 1, 1109)
    40. Un pegno di questa speranza e un viatico per il cammino il Signore lo
    ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel quale gli
    alimenti naturali coltivati dall'uomo vengono tramutati
    (convertuntur) nel corpo e nel sangue glorioso di lui, come banchetto
    di comunione fraterna e pregustazione del convito del cielo.
    (Gaudium et spes, n. 38: EV 1, 1438)
    41. La casa di preghiera – (...) in cui la presenza del Figlio di Dio nostro
    salvatore, che si è offerto per noi sull'altare del sacrificio, viene
    venerata a sostegno e consolazione dei fedeli – dev'essere nitida e
    adatta alla preghiera e alle sacre funzioni. In essa i pastori e i fedeli
    sono invitati a rispondere con riconoscenza al dono di colui che di
    continuo infonde la vita divina, mediante la sua umanità, nelle
    membra del suo corpo.
    (Presbyterorum ordinis, n. 5: EV 1, 1256)
    42. I presbiteri abbiano inoltre a cuore, se vogliono compiere con fedeltà
    il proprio ministero, il dialogo quotidiano con Cristo Signore
    andandolo a visitare nel tabernacolo e praticando il culto personale
    della sacra eucaristia.
    (Presbyterorum ordinis, n. 18: EV 1, 1306)
    c) Documenti contemporanei o posteriori al Vaticano II
    43. Cristo è presente alla sua Chiesa che prega, essendo Egli colui che
    «prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi: prega per noi come
    nostro Sacerdote, prega in noi come nostro Capo; è pregato da noi
    come nostro Dio» (sant'Agostino, in Ps. 85, 1); è Lui stesso che ha
    promesso: «Dove sono due o tre riuniti in nome mio, là sono io in
    mezzo a loro» (Mt 18, 20).
    Cristo è presente alla sua Chiesa che esercita le opere di
    misericordia, non solo perché quando facciamo un po' di bene a uno
    dei suoi più umili fratelli, lo facciamo allo stesso Cristo, ma anche
    perché è Cristo stesso che fa queste opere per mezzo della sua
    Chiesa, soccorrendo sempre con divina carità gli uomini.
    Cristo è presente alla sua Chiesa pellegrina anelante al porto della
    vita eterna, giacché Egli abita nei nostri cuori mediante la fede, e in
    essi diffonde la carità con l'azione dello Spirito Santo da Lui
    donatoci.
    In altro modo, ma verissimo anch'esso, Egli è presente alla sua
    Chiesa che predica, essendo il Vangelo che essa annunzia Parola di
    Dio, che viene annunziata in nome e per autorità di Cristo Verbo di
    Dio incarnato e con la sua assistenza, perché sia «un solo gregge
    sicuro in virtù di un solo pastore» (sant'Agostino, Contra Litt.
    Petiliani, III, 10, 11). Cristo è presente alla sua Chiesa che regge e
    governa il popolo di Dio, poiché la sacra potestà deriva da Cristo e
    Cristo «pastore dei pastori» assiste i pastori che la esercitano,
    secondo la promessa fatta agli Apostoli.
    Inoltre in modo ancora più sublime Cristo è presente alla sua
    Chiesa, che in suo nome celebra il sacrificio della Messa e
    amministra i Sacramenti... Nessuno poi ignora che i Sacramenti
    sono azioni di Cristo, il quale li amministra per mezzo degli uomini...
    Ma ben altro è il modo, veramente sublime, con cui Cristo è presente
    alla sua Chiesa nel Sacramento dell'Eucaristia, che perciò è tra gli
    altri Sacramenti «più soave per devozione, più bello per l'intelligenza,
    più santo per il contenuto»; contiene infatti lo stesso Cristo ed è
    quasi la perfezione della vita spirituale e il fine di tutti i Sacramenti.
    Tale presenza si dice reale non per esclusione, quasi che le altre non
    siano reali, ma per antonomasia, perché è anche corporale e
    sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa
    presente.
    Malamente dunque qualcuno spiegherebbe questa forma di
    presenza, immaginando il corpo di Cristo glorioso di natura
    «pneumatica» onnipresente; oppure riducendola ai limiti di un
    simbolismo, come se questo augustissimo sacramento in niente altro
    consistesse che in un segno efficace «della spirituale presenza di
    Cristo e della sua intima congiunzione con i fedeli membri del Corpo
    Mistico».
    (Paolo VI, Lettera enc. Mysterium fidei, 3 sett. 1967: EV 2, 422-424)
    44. Il Concilio Tridentino, appoggiato a questa fede della Chiesa,
    «apertatamente e semplicemente afferma che nell'almo Sacramento
    della SS. Eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vino,
    nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, è contenuto
    veramente, realmente e sostanzialmente sotto l'apparenza di quelle
    cose sensibili».
    Pertanto il nostro Salvatore nella sua umanità è presente non solo
    alla destra del Padre, secondo il modo di esistere naturale, ma
    insieme anche nel Sacramento dell'Eucaristia secondo un modo di
    esistere che, sebbene sia inesprimibile per noi a parole, tuttavia con
    la mente illustrata dalla fede, possiamo intendere e dobbiamo
    fermissimamente credere che è possibile a Dio.
    (Ibid. 426)
    45. Ora questa voce (della Chiesa)... ci assicura che Cristo non si fa
    presente in questo sacramento se non per la conversione di tutta la
    sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino
    nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la chiesa
    cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione (cfr.
    Concilio di Trento: DS 1642. 1652).
    (Ibid. 427)
    46. Si istruiscano i fedeli perché conseguano una più profonda
    comprensione del mistero eucaristico, anche riguardo ai principali
    modi con cui il Signore stesso è presente alla sua Chiesa nelle
    celebrazioni liturgiche.
    È infatti sempre presente nell'assemblea dei fedeli riuniti nel suo
    nome (cfr. Mt. 18,20).
    È presente pure nella sua parola, perché parla lui stesso mentre
    nella Chiesa vengono lette le sacre Scritture.
    Nel Sacrificio eucaristico poi è presente sia nella persona del
    ministro; perché «colui che ora offre per mezzo del ministero dei
    sacerdoti, è il medesimo che allora si offrì sulla croce»; sia e
    soprattutto, sotto le specie eucaristiche. In quel Sacramento infatti,
    in modo unico, è presente il Cristo totale e intero, Dio e uomo,
    sostanzialmente e ininterrottamente. Tale presenza di Cristo sotto le
    specie «si dice reale, non per esclusione, quasi che le altre non siano
    reali, ma per antonomasia».
    (Sacra Congr. dei Riti, Istr. Eucharisticum mysterium, 25 maggio
    1967, n. 9: EV 2, 1309)
    47. Nessuno deve dubitare che «tutti i cristiani, secondo l'uso sempre
    accettato nella chiesa cattolica, rendono, nella venerazione a questo
    santissimo sacramento, il culto di latria dovuto al vero Dio. Non deve
    infatti essere meno adorato, per il motivo che fu istituito da Cristo
    Signore per essere ricevuto» (Tridentino: DS 1643). Giacché anche
    nel sacramento che è riposto si deve adorare lo stesso Signore, lì
    presente sostanzialmente per quella trasformazione del pane e del
    vino che, secondo il concilio di Trento (DS 1642. 1652), molto
    giustamente è chiamata «transustanziazione».
    (Istr. Eucharisticum Mysterium: EV 2, 1301)
    48. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore
    nell'ultima cena sono stati convertiti nel suo corpo e nel suo sangue
    che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla croce, allo stesso
    modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel
    corpo e nel sangue di Cristo glorioso regnante nel cielo; e crediamo
    che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad
    apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera reale e
    sostanziale. Pertanto Cristo non può essere presente in questo
    sacramento se non mediante la conversione nel suo sangue della
    realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le
    proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale
    conversione misteriosa è chiamata dalla chiesa, in maniera assai
    appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica che tenti
    di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo
    con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva,
    indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di
    esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il corpo
    e il sangue adorabili del signore Gesù ad essere realmente dinanzi a
    noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino, proprio come il
    Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci
    all'unità del suo corpo mistico.
    (Paolo VI, Professione di fede a chiusura dell'anno della fede, 30
    giugno 1968, nn. 24-25: EV 3, 560)
    49. Procuriamo di comprendere qualche cosa di questo mistero, perché,
    innanzi tutto, dire «sacramento» vuol dire qualche cosa di nascosto.
    Cioè di nascosto e insieme di manifestato; nascosto nella sua realtà
    sensibile, ma manifestato per via di qualche segno. Di quale realtà si
    tratta? si tratta niente meno che di Gesù Cristo. Di lui, proprio di Lui
    vero e reale, quale ora si trova in cielo, nella gloria del Padre. E per
    quale segno ci è rappresentato? Un segno che vuole ricordarcelo
    quale Egli fu all'ultima cena, anzi quale fu nel suo sacrificio della
    croce, perché anche l'ultima cena fu un segno, una memoria; ma
    non solo segno, ma segno che contiene la realtà che vuole significare,
    contiene Gesù, rivestito per noi nell'Eucaristia nei segni del pane e
    del vino, i quali contengono e sono, mediante un miracolo di
    trasformazione essenziale, la «transustanziazione», carne e sangue di
    Cristo, cioè Gesù in stato di vittima, di sacrificio.
    (Paolo VI, omelia dell'1 giugno 1972: Insegnamenti di Paolo VI, vol. X,
    Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1973, p. 589)
    50. Nella celebrazione della Messa sono gradualmente evidenziati i modi
    principali della presenza di Cristo nella Chiesa. È presente in primo
    luogo nell'assemblea stessa dei fedeli riuniti in suo nome; è presente
    nella sua parola, allorché si legge in Chiesa la Scrittura e si fa il
    commento;
    è presente nella persona del ministro;
    è presente infine e soprattutto sotto le specie eucaristiche: una
    presenza, questa, assolutamente unica, perché nel Sacramento
    dell'Eucaristia vi è il Cristo tutto intero, Dio e uomo, sostanzialmente
    e ininterrottamente. Proprio per questo la presenza di Cristo sotto le
    specie consacrate vien chiamata reale: «reale non per esclusione,
    come se le altre non fossero tali, ma per antonomasia».
    (Rituale Rom., De sacra Communione et de cultu mysterii eucharistici
    extra Missam, n. 6, ed. typ. Vat. 1973, p. 8)
    51. Per ragion del segno, è più consono alla natura della sacra
    celebrazione che nel tabernacolo dell'altare sul quale viene celebrata
    la Messa non ci sia fin dall'inizio, con le specie consacrate, la
    presenza eucaristica di Cristo: essa infatti è il frutto della
    consacrazione e, come tale, deve apparire.
    (Ibidem)
    52. L'esposizione della SS. Eucaristia, sia con la pisside che con
    l'ostensorio, porta i fedeli a riconoscere in essa la mirabile presenza
    di Cristo, e li invita alla comunione di spirito con lui: è quindi un
    ottimo mezzo per ravvivare il culto a lui dovuto in spirito e verità.
    (Ibid., n. 82, p. 38)
    53. Il confessore si ricordi che il suo ministero è quello stesso di Cristo,
    che per salvare gli uomini ha operato nella misericordia la loro
    redenzione, ed è presente con la sua virtù divina nei sacramenti.
    (Rituale Rom., Rito della Penitenza, n. 10, c. CEI, Roma 1974, pp.
    22-23)
    54. [Cristo] è presente quando si raduna l'assemblea, quando si
    proclama la parola di Dio, quando la Chiesa supplica e salmeggia.
    (Principi e Norme per la liturgia delle Ore, n. 13, promulg. il 1° nov.
    1970, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1981)
    55. L'eucaristia contiene realmente ciò che è il fondamento stesso
    dell'essere e dell'unità della chiesa: il corpo di Cristo offerto in
    sacrificio e dato ai fedeli come pane della vita eterna.
    (Segr. per l'unità dei cristiani, Istr. In quibus rerum circumstantiis, 1
    giugno 1972: EV 4, 1627)
    56. (Il sacramento dell'eucaristia) è nello stesso tempo sacramentosacrificio,
    sacramento-comunione e sacramento-presenza. E benché
    sia vero che l'eucaristia fu sempre e deve essere tuttora la più
    profonda rivelazione e celebrazione della fratellanza umana dei
    discepoli e confessori di Cristo, non può essere trattata soltanto
    come una «occasione» per manifestare questa fratellanza. Nel
    celebrare il sacramento del corpo e del sangue del Signore, bisogna
    rispettare la piena dimensione del mistero divino, il pieno senso di
    questo segno sacramentale, nel quale Cristo, realmente presente, è
    ricevuto, «l'anima è ricolmata di grazia e a noi vien dato il pegno della
    gloria futura».
    (Giovanni Paolo II, Lettera enc. Redemptor hominis, 4 marzo 1979:
    EV 6, 1254)
    57. Dalla partecipazione alla santa messa con devozione e spirito di fede,
    gli alunni siano guidati ad una più sentita devozione verso la ss.ma
    eucaristia, secondo le indicazioni dell'enciclica Mysterium fidei e
    dell'istruzione Eucharisticum mysterium. Siano pertanto esortati a
    rimanere in preghiera, dopo la comunione, per un tempo opportuno
    e a recarsi durante il giorno alla cappella del seminario per pregare
    davanti al ss.mo sacramento. In determinati giorni dell'anno poi, si
    può fare l'esposizione del ss.mo sacramento, secondo le norme
    stabilite dalla stessa istruzione e quelle date dall'ordinario del luogo.
    Nella sistemazione della cappella del seminario, il tabernacolo ove si
    conserva la ss.ma eucaristia, deve essere collocato in modo da
    favorire la preghiera privata, ed essere facilmente accessibile perché
    si onori il Signore con frequenza anche con culto privato.
    (Sacra Congr. per l'Educazione catt., Istr. In ecclesiasticam
    futurorum, 3 giugno 1979: EV 6, 1582)
    58. ... L'insegnamento del concilio di Trento sulla realtà del sacrificio
    deve essere professato in tutta la sua fermezza, come anche quello
    della «presenza reale»; l'aspetto della comunione fraterna, per quanto
    profondamente compreso, non dovrà portare pregiudizio all'aspetto
    fondamentale, che è quello del sacrificio del Cristo, fuori del quale il
    banchetto eucaristico perde il suo senso.
    (Sacra Congr. per l'Educazione catt., Lettera The document, 6
    gennaio 1980: EV 7, 68)
    59. ... Il pane e il vino, presenti all'altare e accompagnati dalla devozione
    e dai sacrifici spirituali dei partecipanti, sono finalmente consacrati,
    sì che diventano veramente, realmente e sostanzialmente il corpo
    dato e il sangue sparso di Cristo stesso.
    (Giovanni Paolo II, Lettera enc. Dominicae Cenae, 24 febb. 1980: EV
    7, 195)
    60. Nell'eucaristia (...), dopo le parole della consacrazione, la realtà
    profonda (non fenomenica) del pane e del vino è trasformata nel
    corpo e sangue di Cristo. Questa meravigliosa trasformazione viene
    chiamata dalla chiesa «transustanziazione». Perciò sotto le apparenze
    (o realtà fenomenica) del pane e del vino è nascosta, in modo del
    tutto misterioso, la stessa umanità di Cristo, non soltanto attraverso
    la sua virtù ma per se stessa (cioè sostanzialmente), congiunta con la
    sua divina Persona.
    (Sacra Congr. per il Clero, Direttorio catechistico generale, 11 aprile
    1971: EV 4, 539)
    61. ... È necessario conservare tutta la loro forza alle parole del Signore,
    così come la tradizione unanime della Chiesa, i Padri, i Concili, il
    Magistero e il senso comune dei fedeli le hanno sempre ricevute e
    comprese; cioè che il Signore Crocifisso e risuscitato è veramente,
    realmente e sostanzialmente presente nell'Eucaristia, e lo è fintanto
    che sussistono le specie del pane e del vino; a Lui è dovuto non solo
    il più grande rispetto, ma anche il nostro culto e la nostra adorazione
    (cfr. Lettera Dominicae Cenae, nn. 3, 12).
    (Giovanni Paolo II, Messaggio televisivo al Congresso Eucaristico di
    Lourdes, 21 luglio 1981: La traccia 7, 1981, p. 469)
    62. Nel contesto della società agnostica in cui viviamo, dolorosamente
    edonistica e permissiva, è essenziale approfondire la dottrina
    riguardante l'augusto mistero dell' Eucaristia in modo da acquistare
    e mantenere integra la certezza circa la natura e la finalità del
    Sacramento che si può dire giustamente il centro del messaggio
    cristiano e della vita della Chiesa. L'Eucaristia è il mistero dei
    misteri, perciò la sua accettazione significa accogliere totalmente il
    messaggio di Cristo e della Chiesa, dai preamboli della fede fino alla
    dottrina della Redenzione, al concetto di sacrificio e di Sacerdozio
    consacrato, al dogma della «transustanziazione», al valore della
    legislazione in materia liturgica.
    (Giovanni Paolo II, Allocuzione ai pellegrinaggi della diocesi di Milano
    e Alessandria, 14 nov. 1981: La traccia 10, 1981, p. 680)
    63. Presso il Tabernacolo, in cui è conservata la santissima Eucaristia,
    brilli sempre una lampada speciale, con la quale sia indicata e
    onorata la presenza di Cristo.
    (Codex Iuris Canonici 1983, Can. 940; cfr. anche can. 899, 1: n. 31)
    64. Un sacerdote – sia egli il Papa, un Vescovo o un parroco di campagna
    – nel celebrare l'Eucaristia, un cristiano nel partecipare alla Messa e
    ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo non possono fare a meno di
    inabissarsi nelle meraviglie di questo sacramento. Sono tante le
    dimensioni che in esso si possono considerare: è il sacrificio di Cristo
    che misteriosamente si rinnova; sono il pane e il vino trasformati,
    transustanziati nel Corpo e nel Sangue del Signore; è la Grazia che
    viene comunicata mediante questo alimento spirituale all'anima del
    cristiano...
    (Giovanni Paolo II, omelia a Rio de Janeiro, 1 luglio 1980: La parola
    di Giovanni Paolo II 7, 1980, pp. 31-32)
    65. Il dogma eucaristico afferma la presenza vera, reale, sostanziale di
    Cristo che si offre al Padre come sacrificio a nome nostro e si unisce
    intimamente a noi nella Comunione. Il Concilio Tridentino;
    richiamando ed interpretando con autorità definitiva le parole
    espresse da Gesù sia nel discorso del Pane di Vita (Gv c. 6) sia
    nell'Ultima Cena, così si esprimeva: ... (Sess. XIII, 3).
    (Idem, Alle religiose di Milano e della Lombardia, 20 maggio 1983: La
    traccia 5, 1983, p. 495)
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    Heleneadmin
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    00 09/02/2011 18:08
    C. SACERDOZIO MINISTERIALE E COMUNE
    a) Alcuni documenti sul sacerdozio comune dal Concilio di Trento al
    Vaticano II
    66. (Cristo) istituì la nuova Pasqua, cioè se stesso da immolarsi sotto
    segni visibili da parte della Chiesa mediante i sacerdoti... (novum
    instituit Pascha, se ipsum ab Ecclesia per sacerdotes sub signis
    visibilibus immolandum ...).
    (Concilio di Trento, XXII sessione, Decreto sul santissimo sacrificio
    della Messa, cap. I, 1562: FdC 420; DS 1741)
    67. La Chiesa è stata insignita da Cristo della dignità del sacerdozio
    esterno.
    (Urbano VIII, Sancta Mater, 5 marzo 1633: S. Tromp [edit.], Litterae
    encyclicae Pii Papae XII de mystico Jesu Christi Corpore deque nostra
    in eo cum Christo coniunctione [Pontificia Università Gregoriana,
    Roma 19634] p. 122)
    68. Gesù Cristo, come vuole che le singole membra siano simili a lui,
    così anche tutto il Corpo della Chiesa. E ciò certamente avviene
    quando essa, seguendo le vestigia del suo Fondatore, insegna,
    governa e immola il divin sacrificio.
    (Pio XII, Lettera enc. Mystici Corporis, 29 giugno 1943: Insegnamenti
    pontifici, vol. 12: La Chiesa [Roma 19611 n. 1046)
    69. Gesù Cristo (...) volle che questa mirabile unione, non mai
    abbastanza lodata, per la quale veniamo congiunti tra di noi e col
    divino nostro Capo, si manifestasse ai credenti in modo speciale per
    mezzo del sacrificio eucaristico. In esso infatti i ministri dei
    Sacramenti non solo rappresentano il Salvatore nostro, ma anche
    tutto il Corpo mistico e i singoli fedeli; in esso i fedeli, uniti al
    sacerdote nei voti e nelle preghiere comuni, per le mani dello stesso
    sacerdote offrono all'Eterno Padre, quale ostia gratissima di lode e di
    propiziazione pei bisogni di tutta la Chiesa, l'Agnello immacolato,
    dalla voce del solo sacerdote reso presente sull'altare. E come il divin
    Redentore, morendo in Croce, offrì all'Eterno Padre se stesso quale
    Capo di tutto il genere umano, così «in questa oblazione pura», non
    offre quale Capo della Chiesa soltanto se stesso, ma in se stesso offre
    anche le sue mistiche membra, poiché egli nel suo Cuore
    amantissimo tutte le racchiude, anche se deboli e inferme.
    (Ibid., 1083)
    70. ... Si deve (...) affermare che anche i fedeli offrono la vittima divina,
    sotto un diverso aspetto. Lo dichiararono apertamente già alcuni
    nostri Predecessori e Dottori della Chiesa. «Non soltanto, – così
    Innocenzo III di immortale memoria – offrono i sacerdoti, ma anche
    tutti i fedeli: poiché ciò che in particolare si compie per ministero dei
    sacerdoti, si compie universalmente per voto dei fedeli». E ci piace
    citare almeno uno dei molti testi di San Roberto Bellarmino a questo
    proposito: «Il Sacrificio – egli dice – è offerto principalmente in
    persona di Cristo. Perciò l'oblazione che segue alla consacrazione
    attesta che tutta la Chiesa consente nella oblazione fatta da Cristo e
    offre insieme con Lui».
    (Pio XII, Lettera enc. Mediator Dei, 20 nov. 1947: Insegnamenti
    pontifici, vol. 8: La Liturgia [Roma 19592] n. 565)
    71. Per non far nascere errori pericolosi in questo importantissimo
    argomento, è necessario precisare con esattezza il significato del
    termine «offerta». L'immolazione incruenta per mezzo della quale,
    dopo che sono state pronunziate le parole della consacrazione, Cristo
    è presente sull'altare nello stato di vittima, è compiuta dal solo
    sacerdote in quanto rappresenta la persona di Cristo e non in quanto
    rappresenta la persona dei fedeli. Ponendo però sull'altare la vittima
    divina, il sacerdote la presenta a Dio Padre come oblazione a gloria
    della Santissima Trinità e per il bene di tutte le anime. A questa
    oblazione propriamente detta i fedeli partecipano nel modo loro
    consentito e per un duplice motivo; perché, cioè, essi offrono il
    Sacrificio non soltanto per le mani del sacerdote, ma, in certo modo,
    anche insieme con lui, e con questa partecipazione anche l'offerta
    fatta dal popolo si riferisce al culto liturgico.
    (Ibid., 569)
    72. Che i fedeli offrano il sacrificio per mezzo del sacerdote è chiaro dal
    fatto che il ministro dell'altare agisce in persona di Cristo in quanto
    Capo, che offre a nome di tutte le membra; per cui a buon diritto si
    dice che tutta la Chiesa, per mezzo di Cristo, compie l'oblazione della
    vittima.
    (Ibid., 570)
    73. Ogni volta (...) che il sacerdote ripete ciò che fece il Divin Redentore
    nell'ultima cena, il sacrificio è realmente consumato, ed esso ha
    sempre e dovunque, necessariamente e per la sua intrinseca natura,
    una funzione pubblica e sociale, in quanto l'offerente agisce a nome
    di Cristo e dei cristiani, dei quali il Divin Redentore è il Capo, e l'offre
    a Dio per la Santa Chiesa Cattolica e per i vivi e i defunti. E ciò si
    verifica certamente sia che vi assistano i fedeli – che Noi desideriamo
    e raccomandiamo che siano presenti numerosissimi e ferventissimi –
    sia che non vi assistano, non essendo in nessun modo richiesto che
    il popolo ratifichi ciò che fa il sacro ministro.
    Sebbene, dunque, da quel che è stato detto risulti chiaramente che il
    Santo Sacrificio della Messa è offerto validamente a nome di Cristo e
    della Chiesa, né è privo dei suoi frutti sociali, anche se è celebrato
    senza l'assistenza di alcun inserviente, tuttavia, per la dignità di
    questo mistero, vogliamo e insistiamo – come sempre volle la Madre
    Chiesa – che nessun sacerdote si accosti all'altare se non c'è chi gli
    serva e gli risponda, come prescrive il can. 813.
    (Ibid., 571-572)
    b) Concilio Vaticano II
    74. ... I fedeli (...) partecipino all'azione sacra (...) offrendo l'ostia
    immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con
    lui, imparino ad offrire se stessi...
    (Sacrosanctum Concilium, n. 48: EV 1, 84)
    75. (I fedeli) Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta
    la vita cristiana, offrono a Dio la vittima divina e se stessi con essa
    (Mediator Dei); così tutti, sia con l'oblazione che con la santa
    comunione, compiono la propria parte nella azione liturgica, non
    però indistintamente, ma chi in un modo e chi in un altro.
    (Lumen gentium, n. 11: EV 1, 313)
    76. ... È attraverso il ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale
    dei fedeli viene reso perfetto perché viene unito al sacrificio di Cristo,
    unico mediatore; questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e
    in nome di tutta la chiesa, viene offerto nell'eucarestia in modo
    incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore.
    (Presbyterorum ordinis, n. 2: EV 1, 1247)
    77. ... I presbiteri insegnano ai fedeli a offrire la divina vittima a Dio
    Padre nel sacrificio della messa, e a fare, in unione con questa
    vittima, l'offerta della propria vita.
    (Ibid., n. 5, 1254)
    78. Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o
    gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di
    grado (licet essentia et non gradu tantum differant), sono tuttavia
    ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio
    modo, partecipano all'unico sacerdozio di Cristo. Il sacerdote
    ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il
    popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico in persona di
    Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del
    regale loro sacerdozio, concorrono all'oblazione dell'eucarestia, ed
    esercitano il sacerdozio con la partecipazione ai sacramenti, con la
    preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa,
    con l'abnegazione e l'operosa carità.
    (Lumen gentium, n. 10: EV 1, 312)
    79. Se chiunque può battezzare i credenti, è tuttavia potestà esclusiva
    dei sacerdoti completare l'edificazione del Corpo col sacrificio
    eucaristico (si quilibet credentes baptizare potest, sacerdotis tamen
    est aedificationem Corporis sacrificio eucharistico perficere).
    (Lumen gentium, n. 17: EV 1, 327)
    80. ... Lo stesso Signore, affinché i fedeli fossero uniti in un corpo solo,
    di cui però «non tutte le membra hanno la stessa funzione» (Rm 12,
    4), promosse alcuni di loro come ministri, in modo che nel seno della
    società dei fedeli avessero il sacro potere dell'ordine per offrire il
    sacrificio e perdonare i peccati (cfr. Conc. di Trento).
    (Presbyterorum ordinis, n. 2: EV 1, 1245)
    81. ... Il sacerdozio dei presbiteri, pur presupponendo i sacramenti
    dell'iniziazione cristiana, viene conferito da quel particolare
    sacramento per il quale i presbiteri, in virtù della unzione dello
    Spirito Santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura
    a Cristo sacerdote, in modo da poter agire in nome e nella persona di
    Cristo capo.
    (Ibid., 1246)
    c) Documenti contemporanei e posteriori al Vaticano II
    82. Ma c'è un'altra cosa che, essendo assai utile ad illustrare il mistero
    della chiesa, ci piace aggiungere, cioè la chiesa fungendo in unione
    con Cristo da sacerdote e da vittima, offre tutta intera il sacrificio
    della messa e tutta intera vi è offerta. Questa mirabile dottrina, già
    insegnata dai padri (sant'Agostino, De civitate Dei X, 6) recentemente
    esposta dal nostro predecessore Pio XII di f.m. (Mediator Dei),
    ultimamente espressa dal concilio Vaticano II nella costituzione sulla
    chiesa, a proposito del popolo di Dio (Lumen gentium n. 11), noi
    ardentemente desideriamo che sia sempre più spiegata e più
    profondamente inculcata nell'animo dei fedeli, salva però, com'è
    giusto, la distinzione, non solo di grado, ma anche di natura, che
    passa tra il sacerdozio dei fedeli e quello gerarchico (LG 10).
    (Paolo VI, Mysterium fidei, 3 sett. 1965: EV 2, 419)
    83. La celebrazione eucaristica, che si compie nella messa, è azione non
    solo del Cristo, ma anche della chiesa. In essa infatti il Cristo,
    perpetuando nei secoli in modo incruento il sacrificio compiuto sulla
    croce, mediante il ministero dei sacerdoti, si offre al Padre per la
    salvezza del mondo. E la chiesa, sposa e ministra di Cristo,
    adempiendo con lui all'ufficio di sacerdote e di vittima, lo offre al
    Padre e insieme offre tutta se stessa con lui. Così la chiesa,
    specialmente nella grande preghiera eucaristica, insieme con il
    Cristo, rende grazie al Padre, nello Spirito santo, per tutti i beni che
    nella creazione e, in modo speciale, nel mistero pasquale, elargisce
    agli uomini e lo scongiura perché venga il suo regno.
    (Istr. Eucharisticum mysterium, n. 3, 25 maggio 1967: EV 2, 1298)
    84. Questa struttura essenziale della chiesa, in quanto costituita dal
    gregge e dai pastori espressamente deputati (cfr. 1 Pt 5, 1-4), è stata
    sempre e resta normativa secondo la tradizione della chiesa stessa ...
    (Sinodo dei vescovi, Documento Ultimis temporibus, 30 nov. 1971: EV
    4, 1163)
    85. Fra i diversi carismi e servizi un solo ministero sacerdotale del nuovo
    testamento, che continua l'ufficio di Cristo mediatore, ed è distinto
    essenzialmente e non solo per grado dal sacerdozio comune di tutti i
    fedeli (cfr. LG 10), rende perenne l'opera essenziale degli apostoli...
    (Ibid., 1164)
    86. Il ministero sacerdotale raggiunge il suo culmine nella celebrazione
    dell'eucaristia, che è la fonte e il centro dell'unità della chiesa. Solo il
    sacerdote è in grado di agire impersonando il Cristo nel presiedere e
    nel compiere il convito sacrificale, nel quale il popolo di Dio viene
    associato all'oblazione di Cristo (cfr. LG 28).
    (Ibid., 1166)
    87. La permanenza per tutta la vita di questa realtà che imprime un
    segno, la quale è dottrina di fede e, nella tradizione della chiesa,
    prende il nome di carattere sacerdotale, serve ad esprimere il fatto
    che Cristo si è associato irrevocabilmente la chiesa per la salvezza
    del mondo, e che la chiesa stessa è consacrata a Cristo in modo
    definitivo, affinché la sua opera abbia compimento.
    (Ibid., 1169)
    88. Cristo, Capo del suo corpo mistico che è la Chiesa, perché
    rappresentassero lui in persona nella Chiesa, costituì come ministri
    del suo sacerdozio gli Apostoli e, per loro tramite, i Vescovi loro
    successori; e questi a loro volta, comunicarono legittimamente il
    sacro ministero ricevuto, sebbene in grado subordinato, anche ai
    Presbiteri. Si instaurò così nella Chiesa la successione apostolica del
    sacerdozio ministeriale, a gloria di Dio ed a servizio del suo popolo e
    di tutta la famiglia umana, che a Dio dev'essere diretta.
    In forza di questo sacerdozio, i Vescovi e i Presbiteri sono in certo
    modo segregati in seno al popolo di Dio, non però per essere separati
    da esso o da qualsiasi uomo, ma perché siano consacrati totalmente
    all'opera, per la quale il Signore li assume, cioè alla funzione di
    santificare, di insegnare e di governare, il cui esercizio è precisato in
    concreto dalla comunione gerarchica.
    Questa opera multiforme ha come principio e fondamento
    l'ininterrotta predicazione del Vangelo, mentre come culmine e
    sorgente di tutta la vita cristiana ha il sacrificio eucaristico che i
    sacerdoti, come rappresentanti di Cristo Capo in persona, in nome
    suo ed in nome delle membra del suo corpo mistico, offrono nello
    Spirito Santo a Dio Padre; e che è poi integrato nella sacra Cena
    nella quale i fedeli, partecipando all'unico corpo di Cristo, tutti
    diventano un corpo solo.
    La Chiesa ha cercato di indagare sempre più e meglio sulla natura
    del sacerdozio ministeriale, che fin dall'età apostolica risulta
    costantemente conferito mediante un rito sacro (cfr. 1 Tim 4, 14; 2
    Tim 1, 6).
    Con l'assistenza dello Spirito Santo, essa è così gradatamente
    arrivata alla chiara persuasione che Dio ha voluto manifestarle che
    questo rito conferisce ai sacerdoti non soltanto un aumento di grazia
    per compiere santamente le funzioni ecclesiali, ma imprime anche
    un sigillo permanente di Cristo, cioè il carattere, in forza del quale,
    dotati di appropriata potestà derivata dalla suprema potestà di
    Cristo, sono abilitati a compiere quelle funzioni. La permanenza poi
    di questo carattere, la cui natura è peraltro diversamente spiegata
    dai teologi, è stata insegnata dal concilio di Firenze e confermata in
    due decreti del concilio di Trento. Recentemente essa è stata, altresì,
    più volte ricordata dal concilio Vaticano II, e la seconda assemblea
    generale del sinodo dei vescovi giustamente ha rilevato che la
    permanenza per tutta la vita del carattere sacerdotale dev'essere
    ammessa dai fedeli, e di essa si deve tener conto per dar un retto
    giudizio sulla natura del ministero sacerdotale e sulle corrispondenti
    modalità dei suo esercizio.
    (Sacra Congr. per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Mysterium
    Ecclesiae, 24 giugno 1973: EV 4, 2584-2586)
    89. Il Concilio Vaticano II, in accordo con la sacra Tradizione e con
    numerosi documenti del Magistero, ha insegnato: «Se chiunque può
    battezzare i credenti, è tuttavia potestà esclusiva dei sacerdoti
    completare l'edificazione del Corpo col Sacrificio eucaristico» (LG 17);
    e ancora: «Il Signore stesso, affinché i fedeli fossero uniti in un unico
    corpo, nel quale però le membra non hanno la medesima funzione,
    costituì alcuni di loro come ministri, perché avessero, in seno alla
    società dei fedeli, la sacra potestà dell'Ordine per offrire il Sacrificio e
    rimettere i peccati ».
    Parimenti, la seconda assemblea generale del Sinodo dei Vescovi ha
    a buon diritto affermato che solo il sacerdote, quale rappresentante
    di Cristo in persona, può presiedere e compiere il convito sacrificale,
    nel quale il popolo di Dio è associato alla oblazione di Cristo.
    (Ibid., 2587)
    90. Cristo Signore, Pontefice della nuova ed eterna alleanza, ha voluto
    associare e conformare al suo sacerdozio perfetto il popolo acquistato
    col proprio sangue. Egli perciò ha partecipato, come dono, alla
    Chiesa il suo sacerdozio, e ciò mediante il sacerdozio comune dei
    fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico i quali, sebbene
    differenti per essenza e non solo per grado, sono tuttavia ordinati
    l'uno all'altro nella comunione ecclesiale.
    Il sacerdozio comune dei fedeli, chiamato giustamente anche
    sacerdozio regale, poiché effettua il congiungimento dei fedeli, in
    quanto membri del popolo messianico, col loro Re celeste, è conferito
    nel sacramento del Battesimo. In forza di questo sacramento, a
    causa del segno inammissibile chiamato carattere, i fedeli incorporati
    nella Chiesa, sono abilitati al culto della religione cristiana, ed
    insieme, essendo rigenerati in figli di Dio, sono tenuti a professare
    pubblicamente la fede, da lui ricevuta attraverso la Chiesa.
    Tutti quelli dunque che sono rigenerati nel Battesimo, in virtù del
    loro regale sacerdozio, concorrono all'offerta dell'Eucaristia, ed
    esercitano tale sacerdozio col ricevere i Sacramenti, con la preghiera
    e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con
    l'abnegazione e la carità operosa.
    (Ibid., 2582-2583)
    91. Senza voler toccare le questioni sui ministri dei singoli Sacramenti,
    stando alla testimonianza della sacra Tradizione e del sacro
    Magistero, è evidente che i fedeli i quali, senza aver ricevuto
    l'ordinazione sacerdotale, di proprio arbitrio si arrogassero la
    funzione di fare l'eucaristia, agirebbero, oltre che in modo
    gravemente illecito, in modo anche invalido. Ed è evidente che abusi
    del genere. qualora si siano introdotti, devono essere stroncati dai
    Pastori della Chiesa.
    (Ibid., 2587)
    92. ... L'opinione già insinuata dal prof. Küng nel libro La chiesa e
    secondo la quale l'eucaristia, almeno in casi di necessità, può essere
    consacrata validamente dai battezzati privi dell'ordine sacerdotale,
    non può accordarsi con la dottrina dei concili Lateranense IV e
    Vaticano II.
    Sacra Congr. per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Sacra
    Congregatio, . 15 febb. 1975: EV 5, 1092)
    93. ... Il sacerdozio ministeriale non è un semplice servizio di carattere
    pastorale, ma garantisce la continuità delle funzioni affidate dal
    Cristo ai dodici, e dei poteri relativi ad esse.
    (Sacra Congr. per la Dottr. della Fede, Dichiaraz. Inter insigniores, 15
    ott. 1976: EV 6, 2129)
    94. Il sacerdozio al quale partecipiamo mediante il sacramento
    dell'ordine, che è stato per sempre «impresso» nelle nostre anime per
    mezzo di un segno particolare di Dio, cioè il carattere, rimane in
    esplicita relazione col sacerdozio comune dei fedeli, cioè di tutti i
    battezzati e, in pari tempo, differisce da esso «essenzialmente, e non
    solo di grado» (LG 10). In tal modo, acquistano pieno significato le
    parole dell'autore della lettera agli ebrei sul sacerdote, il quale «preso
    fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini» (Ebr 5, 1)...
    Il nostro sacerdozio sacramentale, quindi, è sacerdozio «gerarchico»
    ed insieme «ministeriale». Costituisce un particolare ministero, cioè è
    «servizio» nei riguardi della comunità dei credenti. Non trae, però,
    origine da questa comunità, come se fosse essa a «chiamare» o a
    «delegare». Esso è, invero, dono per questa comunità e proviene da
    Cristo stesso, dalla pienezza del suo sacerdozio. Tale pienezza trova
    la sua espressione nel fatto che Cristo, rendendo tutti idonei ad
    offrire il sacrificio spirituale, chiama alcuni e li abilita ad esser
    ministri del suo stesso sacrificio sacramentale, l'eucaristia, alla cui
    oblazione concorrono tutti i fedeli ed in cui vengono inseriti i sacrifici
    spirituali del popolo di Dio.
    (Giovanni Paolo II, Lettera Novo incipiente a tutti i sacerdoti della
    Chiesa, 8 aprile 1979: EV 6, 1294, 1297)
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    00 09/02/2011 18:09
    95. A causa di alcuni usi invalsi qua e là ai nostri giorni, i futuri
    sacerdoti vengano avvertiti che la chiesa raccomanda vivamente ai
    sacerdoti la celebrazione quotidiana della santa messa, come atto
    offerto da Cristo e dalla chiesa per la salvezza di tutto il mondo,
    anche se non ne sono tenuti per obblighi pastorali o se nessun fedele
    vi partecipi.
    (Sacra Congr. per l'Educazione Cattolica, Istr. In ecclesiasticam
    futurorum, 3 giugno 1979: EV 6, 1581)
    96. I membri del sinodo sono unanimi nel professare la distinzione
    essenziale tra il sacerdozio ministeriale o sacramentale e il
    sacerdozio comune dei battezzati, e a voler vigilare sulle conseguenze
    pratiche che ne derivano.
    I membri del sinodo professano con la stessa unanimità il carattere
    permanente del sacerdozio ministeriale.
    (Conclusioni Reconnaissants envers Dieu del sinodo particolare dei
    vescovi dei Paesi Bassi, 31 genn. 1980: EV 7, 116-117)
    97. Il sacerdote offre il santissimo sacrificio «in persona Christi», il che
    vuol dire di più che «a nome», oppure «nelle veci» di Cristo. «In
    persona»: cioè nella specifica, sacramentale identificazione col
    «sommo ed eterno sacerdote», che è l'autore e il principale soggetto di
    questo suo proprio sacrificio, nel quale in verità non può essere
    sostituito da nessuno. Solo lui – solo Cristo – poteva e sempre può
    essere vera ed effettiva «vittima di espiazione per i nostri peccati ...
    ma anche per quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2, 2). Solo il suo
    sacrificio – e nessun altro – poteva e può avere «capacità di
    espiazione» (vim propitiatoriam) davanti a Dio, alla Trinità, alla sua
    trascendente santità. La presa di coscienza di questa realtà getta
    una certa luce sul carattere e sul significato del sacerdote-celebrante
    che, compiendo il santissimo sacrificio e agendo «in persona Christi»
    (sanctissimum immolans sacrificium atque «in persona Christi»
    agens), viene, in modo sacramentale e insieme ineffabile, introdotto
    ed inserito in quello strettissimo «sacrum», nel quale egli a sua volta
    associa spiritualmente tutti i partecipanti all'assemblea eucaristica.
    (Giovanni Paolo II, Lettera enc. Dominicae Cenae, 24 febbr. 1980: EV
    7, 186)
    98. ... Il celebrante è, come ministro di quel sacrificio (eucaristico),
    l'autentico sacerdote, operante – in virtù del potere specifico della
    sacra ordinazione – l'atto sacrificale che riporta gli esseri a Dio. Tutti
    coloro invece che partecipano all'eucaristia, senza sacrificare come
    lui, offrono con lui, in virtù del sacerdozio comune, i loro propri
    sacrifici spirituali, rappresentati dal pane e dal vino, sin dal momento
    della loro presentazione all'altare.
    (Ibid., 191)
    99. I sacerdoti, avendo ricevuto il Sacramento dell'Ordine, prendono in
    mezzo a voi il posto del Cristo, Capo della sua Chiesa; il loro
    ministero sacro è indispensabile per dimostrare che la frazione del
    pane, da loro realizzata, è un dono ricevuto dal Cristo che supera
    radicalmente il potere dell'assemblea; è insostituibile per collegare
    validamente la consacrazione eucaristica al Sacrificio della Croce e
    alla Cena.
    (Giovanni Paolo II, Messaggio televisivo al Congresso Eucaristico di
    Lourdes, 21 luglio 1981: La traccia 7, 1981, p. 469)
    100. Ma il vostro Battesimo fa anche di voi, ad un altro titolo e in un altro
    senso, «un popolo di sacerdoti»; grazie a questa qualifica, ciascuno di
    voi è chiamato a presentare se stesso come offerta generosa,
    accettata dal Padre nel Cristo.
    (Ibidem)
    101. Il ministro che può fare validamente il sacramento dell'Eucarestia
    nella persona di Cristo è soltanto il sacerdote ordinato validamente.
    (Codex Iuris Canonici, 1983, can. 900, 1)
    102. I sacerdoti, ricordandosi sempre che nel mistero del sacrificio
    eucaristico si esercita continuamente l'opera della nostra redenzione,
    celebrino frequentemente; anzi è caldamente raccomandata la
    celebrazione quotidiana che, anche se non si può avere presenza di
    fedeli, è sempre azione di Cristo e della Chiesa, compiendo la quale i
    sacerdoti adempiono al loro ufficio principale.
    (Ibid., can. 904)
    103. Ai soli Vescovi e ai Presbiteri, che essi hanno resi partecipi del
    ministero ricevuto, è ... riservata la potestà di rinnovare nel mistero
    eucaristico ciò che Cristo ha fatto nell'ultima Cena. Perché possano
    svolgere i loro compiti, e specialmente quello così importante di
    compiere il mistero eucaristico, Cristo Signore contrassegna
    spiritualmente coloro che chiama all'Episcopato e al Presbiterato con
    un particolare sigillo chiamato «carattere» anche in documenti
    solenni del Magistero, e li configura talmente a sé che essi, allorché
    pronunciano le parole della consacrazione, non agiscono per
    mandato della comunità ma «"in persona Christi", il che vuol dire di
    più che "a nome di Cristo" oppure "nelle veci di Cristo"...» (Dominicae
    Cenae, n. 8).
    (S. Congr. per la Dottr. della Fede, Lettera Sacerdotium ministeriale
    del 6 agosto 1983: Osservatore Romano 9 sett. 1983. Si veda tutta la
    lettera).
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