È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

 

online dal 19 ottobre 2003

 

Nuova Discussione
Rispondi
 
Stampa | Notifica email    
Autore

Attenzione alla teoria del gender!!!

Ultimo Aggiornamento: 26/04/2024 12:59
25/10/2014 16:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.889
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
piano del nuovo ordine mondiale
Possibile che in questo forum nessuno abbia iniziato a parlare di una tematica così centrale nella costruzione del NWO!
Tocca a me... ok... [SM=g27823]
[Modificato da GMU 25/10/2014 16:45]
25/10/2014 16:29
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.889
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
Uno scorcio del PROGRAMMA DI EDUCAZIONE SESSUALE DELL''OMS



Uno scorcio del PROGRAMMA DI EDUCAZIONE SESSUALE DELL''OMS.



Per i bambini dagli 0-4 anni si raccomanda masturbazione e gioco del dottore.
Dai 6-9 anni, video porno e sesso con relativi contraccettivi.

Ecco il documento originale: (da pag. 40 in poi)
http://www.fissonline.it/pdf/STANDARDOMS.pdf
 — con Dario Cordovana eGiorgio Badalamenti

[Modificato da GMU 25/10/2014 16:44]
25/10/2014 16:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.890
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
Storia e sviluppo dell’ideologia del genere
La parola “genere” è utilizzata principalmente nei seguenti modi:
1. per teorizzare la differenza tra il sesso biologico (genetico, anatomico, gonadico, ormonale...) da un lato, e il sesso psicologico e sociale (ruolo di genere) dall’altro. tale distinzione, tra sesso e “genere”, cioè tra il sesso e il modo in cui viene vissuto e percepito il proprio sesso, giustificherebbe quelle che tuttora si configurano come disforie di genere, ovvero i vari fenomeni di transessualismo e i disturbi dell’identità di genere, definiti ancora oggi come tali dalla psichiatria moderna. La possibilità che vi sia un “genere” psicologico in contraddizione, o leggermente differente, dal sesso biologico ha monopolizzato la ricerca scientifica della psicologia sociale americana durante gli anni ‘70-’80. Questo filone riconduceva le differenze tra maschi e femmine a “costruzioni sociali”: gli stereotipi di genere potrebbero allora essere contrastati e rimossi attraverso un’apposita rieducazione.
2. come un eufemismo, dall’inglese gender, usato al posto della parola sesso come termine che la sostituisce completamente. negli anni novanta il vocabolo è entrato nei documenti ufficiali di importanti istituzioni internazionali con una voluta ambiguità circa la sua declinazione e traduzione. La “decostruzione” del genere vuole arrivare a negare la differenza radicale dell’umano: la condizione di maschio o femmina in un corpo sessuato. Per questo motivo questo nuovo paradigma filosofico e sociologico si pone come ideologia. È un ideologia, propriamente parlando, perché non esprime un’opinione su un aspetto dell’uomo, della famiglia, ma si impone come idea che viola la realtà, che la nega e la sovverte, intendendo riscrivere sulla base del desiderio i fondamenti stessi dell’identità personale, familiare e sociale.

# 1.1 L’origine della distinzione tra sesso e genere: la sessuologia moderna.
L’ideologia del genere non è che l’ultima versione di un movimento di presunta liberazione dell’uomo, che da secoli vuole sciogliere l’uomo dai legami che lo costituiscono. L’obiettivo presunto di tale affermazione assoluta dell’uomo è la libertà, la speranza di renderlo libero; l’effetto è invece quello di renderlo più solo, perché privo di legami, privo di punti di riferimento, e dunque non solo perduto a se stesso, ma anche più facilmente manipolabile. È stata la battaglia del secolarismo, contro la religione, del marxismo e del comunismo, contro la proprietà privata, e oggi dell’ideologia di genere, che mira a liberare l’uomo dalla definizione sessuale di sé, per vederlo finalmente libero di autodefinirsi sotto ogni aspetto. Alla promessa di libertà si aggiunge quella di una definitiva uguaglianza: con l’eliminazione della differenza sessuale si andrebbero infatti ad abolire tutte le differenze di genere, intese come ingiustizia anziché come ricchezza. Questa lotta per l’abolizione della differenza sessuale passa attraverso l’affermazione del concetto di genere. L’archeologia del “genere” si può notare già agli inizi del 1900, quando Magnus Hirschfeld, un medico berlinese, pubblicò nel 1910 Die Trasvestiten, inaugurando la categoria del travestitismo. egli ipotizzava già allora di sostituire la “fittizia” divisione binaria dei sessi con una serie di sfumature mascoline e femminine che andavano intese lungo un continuum. La prima operazione chirurgica di riattribuzione di sesso è stata svolta proprio sotto gli occhi di Hirschfeld:
il caso fu un pittore danese trasformato in donna grazie a cinque interventi in due anni. Ad onor del vero il quarto intervento, l’impianto di ovaie, fallì a causa del rigetto d’organo e l’ultima operazione, il tentativo di un trapianto d’utero, si concluse con il rigetto e la morte della paziente. dopo la seconda guerra mondiale, in America, il dott. david Cauldwell si interessò al fenomeno dei travestitismi, mentre nel 1953 Harry Benjamin pubblicò un lavoro dal titolo Transvestitism and Transsexualism, inaugurando quella che sarebbe diventata una nuova categoria clinica, il transessualismo negli stessi anni Kinsey, un entomologo considerato il padre della sessuologia moderna, pubblicava i due rapporti sul comportamento sessuale dell’uomo e della donna. egli teorizzava che ogni attrazione sessuale (non solo l’omosessualità, ma anche la pedofilia, la zoofilia ecc.) non fosse perversione ma variante normale della sessualità umana. egli aveva infatti ridotto il comportamento sessuale ad una reazione a stimoli, scindendolo completamente dalla globalità della persona, al punto da affermare che il comportamento sessuale non possa essere detto in sé giusto o sbagliato, bensì semplicemente normale in ogni sua forma. un suo discepolo, l’endocrinologo John Money, tristemente noto per la tragica storia dei gemelli Brian e david reimer, studioso dei casi di ermafroditismo, fondò la Gender Identity Clinic e introdusse nella letteratura scientifica il termine “genere”.
Spiegò di aver preso a prestito dalla grammatica il concetto di “genere” per poter avere un “terza” categoria in cui includere le persone con genitali ambigui: nell’inglese esistono infatti i generi maschile, femminile e neutro. Poco dopo, lo psichiatra psicoanalista americano robert Stoller, che lavorava con i pazienti transessuali, nel suo Sex and Gender.
The Development of Masculinity and Feminility (1968) teorizza la distinzione tra sesso e genere, cioè tra il “substrato” biologico (sesso) e il genere che sarebbe il grado di mascolinità o femminilità presente in un individuo. Così è nato il concetto d’identità di genere (core gender identity), che si riferisce all’appartenenza soggettiva ad uno dei due sessi. Al contrario, il rifiuto di appartenere al proprio sesso biologico e quindi il desiderio di cambiare di sesso (transessualismo) è stato definito a partire dagli anni ottanta come disturbo dell’Identità di genere (o Gender Identity Disorder), considerato tuttora dall’ultima revisione del dSM v (manuale psichiatrico dell’American Psychology Association) nella categoria nosografica gender diphoria. dagli anni Settanta la divulgazione del gender in ambito scientifico è stata amplificata dalle filosofie femministe, mentre negli anni novanta il concetto di genere è stato recuperato dai militanti omosessuali e transessuali riuniti sotto la sigla LgBt oggi le combinazioni di identità ed orientamenti di genere contano fino a venti e più auto-descrizioni, che tendono letteralmente all’infinito, puntando alla condizione di “libera scelta del sesso”, una trasformazione di sé secondo il proprio piacere da realizzare più volte e in più modi nel corso della vita.

# 1.2 Il movimento femminista sponsorizza il gender
Il termine genere è nato nell’ambito della sessuologia ma è stato divulgato con il femminismo. Il movimento femminista non è stato infatti un blocco monolitico, bensì un terreno fertile attraverso il quale hanno avuto corso diverse battaglie. Si possono osservare tre fasi, corrispondenti ad alcune date storicamente significative:
– 1848: anno di grandi trasformazioni: moti carbonari e insurrezioni in tutta europa;
– 1968: anno che inaugura le proteste studentesche e la cosiddetta “rivoluzione sessuale”;
– 1989: anno dell’abbattimento del muro di Berlino e fine della guerra Fredda.
La prima fase del movimento, detta anche femminismo emancipatorio, si batteva per l’uguaglianza e la conquista di pari diritti civili da parte delle donne;
si costituisce formalmente nella seconda metà dell’ottocento, anche se le sue basi risalgano all’Illuminismo e alla rivoluzione Francese. Il passaggio dalle suffragette alla rivoluzione sessuale avviene durante le contestazioni del Sessantotto, quando le donne hanno iniziato a mettere pantaloni e jeans cercando di omologarsi anche nell’abbigliamento al modello maschile.
Simone de Beauvoir in Secondo Sesso, ancora nel 1949, tracciava un manifesto su come farsi spazio in un mondo maschilista. La seconda ondata del movimento femminista aveva infatti l’obiettivo di eliminare l’ostacolo della maternità per avere pari possibilità di carriera e di lavoro rispetto agli uomini; è così che in vari paesi vengono portate avanti leggi e misure per la legalizzazione del divorzio e dell’aborto. negli anni ottanta si sviluppa il “pensiero della differenza”, un filone filosofico interno al movimento femminista che si rifaceva ai contributi di Luce Irigaray.
Il dibattito in quegli anni ruotava intorno all’amletica domanda: uguali o diverse? negli anni novanta Judith Butler inaugura una nuova stagione del femminismo, criticando alle precedenti teorizzazioni di Beauvoir e Irigaray l’errore di aver ri-confermato di fatto la differenza binaria. È quest’ultima ad entrare nel mirino: le femministe secondo Butler dovrebbero scegliere orientamenti di genere non conformi, il lesbismo per esempio, per spezzare il dominio maschile stabilito dalla “società eteronormativa”.
Il femminismo post-moderno in questo senso porta a compimento la battaglia iniziale contro gli ostacoli biologici (come la maternità) che – a detta delle attiviste – discriminano la donna. La lotta di classe si trasforma in lotta di genere contro le strutture di potere stabilite dal desiderio sessuale a cui occorrerebbe ribellarsi con scelte identitarie alternative che si rifanno al un nuovo paradigma queer. Affrontiamo questi passaggi più nello specifico: dalla costruzione alla decostruzione del genere.

# 1.3 La costruzione del genere
Al principio degli anni settanta, la distinzione sesso-genere è passata
dalla medicina (sessuologia moderna) alle scienze sociali e storiche. Il riferimento a robert Stoller è esplicito nel lavoro di Ann oakley, Sex, Gender and Society (1972), che segna la ripresa del genere da parte del femminismo accademico. Questo femminismo accademico è il momento in cui il femminismo (la “seconda ondata”) ricerca una legittimazione accademica e scientifica: appaiano nelle università americane i dipartimenti dedicati ai Women studies o Feminist studies – diventati oggi Gender Studies, un cambiamento giustificato dalla necessità di studiare non solo le donne stesse, ma uomini e donne, nelle loro relazioni e rispettive differenze. La distinzione tra sesso e genere sembra così perfettamente adatta ad esprimere l’idea famosa di Simone de Beauvoir, “donna non si nasce: si diventa” finita in Le deuxième sexe (1949). Il sesso è determinato dalla natura, mentre il genere viene costruito socialmente dalla cultura, a prescindere dal dato sessuale da cui la persona è invece globalmente caratterizzata. negli anni ’70-’80 molte ricercatrici di ispirazione femminista si sono così dedicate a studiare sistematicamente come le varie società, attraverso stereotipi e ruoli sociali, costruiscono la differenza tra i sessi:
cosa una società particolare si aspetta nei confronti dei suoi membri femminili? Quali compiti sono assegnati alle donne? Quali tratti del temperamento (per adottare un concetto proposto dal lavoro dell’antropologa Margaret Mead sulla differenziazione sessuale in oceania) sono considerati specifici delle donne? ecc. tutti questi lavori – storici, sociologici, antropologici – miravano a sottolineare la distanza, il divario, tra il dato biologico (sesso) e il ruolo sociale (il genere).
Ciò produce un effetto potente di relativizzazione: conducono a considerare artificiale, innaturale, non spontaneo, il modo in cui i ruoli e i caratteri rispettivi degli uomini e delle donne sono stati concepiti. Questa relativizzazione a sua volta porta ad un effetto militante: giacché il genere è contingente, è possibile e generalmente auspicabile promuovere il suo sviluppo nella direzione di una maggiore uguaglianza tra uomo e donna. Il lavoro della storica femminista americana Joan W. Scott ripresenta una pietra miliare nella storia di questo concetto. In Le genre: une catégorie utile d’analyse historique (Il genere: una categoria utile di analisi storica; 1986), afferma che il genere è “un elemento costitutivo delle relazioni sociali basate sulle differenze percepite tra i sessi”.
Joan Scott aggiunge che il genere è sempre un modo di “significare relazioni di potere”. Cioè, secondo una buona logica femminista, si sostiene che qualsiasi organizzazione sociale “di genere” è basata sulla sottomissione delle donne agli uomini: questo è un luogo comune del discorso femminista per screditare qualsiasi discorso di complementarietà, interpretata unicamente come un modo per addolcire e nascondere la dominazione maschile. Il femminismo, volendo eliminare gli stereotipi, si ritrova invece a crearne di nuovi: il maschio sempre “violento” e “dominatore”.
Questa idea del genere come strumento di potere, e dunque come fattore da liberalizzare, è ormai imperante nelle scienze sociali e nella cultura comune. ed è in base a questo concetto che si è introdotta la “sensibilizzazione al genere” nel campo dell’educazione, come un mezzo per lottare contro le disuguaglianze uomo-donna, optando per l’eliminazione del “sex” a favore dell’“unisex”.
# 1.4 La decostruzione del genere: il momento “post-strutturalista”
Il lavoro di Joan Scott sopradescritto (assieme a quello di denise riley, gayle rubin e altri) è il collegamento tra due mondi: quello delle scienze sociali più o meno convenzionali, e quello degli studi letterari che, negli Stati uniti, erano il luogo di elezione della teoria francese, che risentivano del pensiero di autori come Michel Foucault, Jacques Lacan, Jacques derrida, Louis Althusser, ecc., che vengono solitamente catalogati come “strutturalisti” non è un caso che le istanze del post-strutturalismo provengano proprio dall’America, in particolare da Judith Butler che nel 1990 scrisse Gender Trouble. Butler ha dedicato tutta la sua energia intellettuale a sovvertire il genere e tutti i riferimenti apparentemente stabili, quali il sesso o l’identità stessa.
Butler inaugura un nuovo pensiero: il queer, un “paradigma” in cui l’individuo può autorappresentarsi attraverso una serie di maschere e artifici, a volte lesbica, altre volte drag, altre ancora transgender, ecc. nella fase precedente (strutturalista) delle gender theories, il riferimento rimaneva il dimorfismo sessuale: si trattava essenzialmente di mettere in discussione l’organizzazione sociale dei rapporti tra i due sessi. nella fase “post-strutturalista”, la sfida si sposta in modo significativo. non si tratta più di utilizzare il genere per cambiare il rapporto tra i sessi, ma piuttosto come uno strumento di critica radicale del dimorfismo sessuale in sé e delle sue conseguenze ritenute disastrose: “eteronormatività”, cioè il “privilegio” socialmente concesso all’eterosessualità. da lì provengono le due direzioni principali del pensiero queer: la valutazione di tutte le infinite combinazioni di orientamenti “alternativi” come varianti legittime quanto l’eterosessualità.
Anzi, in un certo modo, il lesbismo o la posizione drag diventano le uniche modalità di espressione del femminismo post-strutturalista che si ribella all’eteronormatività uscendo dagli schemi di dominio imposti dal desiderio fallico. Per quanto sia difficile identificare una tesi nei libri di J. Butler (che costantemente corregge e contraddice, in un relativismo assoluto contraddistinto da un’evoluzione perpetua del pensiero), si potrebbe riassumere una sorta di postulato: “il genere è performativo e precede il sesso”. Lo precede, lo “costruisce” attraverso il linguaggio che gli dona un’apparente esistenza, e come tale allora può essere “de-costruito”. Si intravede un nominalismo radicale: è importante rilevare che la “decostruzione” del genere per Butler è essenzialmente retorica, cioè, verbale. Attraverso complessi virtuosismi retorici Butler estremizza i contributi di Lacan facendo compiere al femminismo un giro di 360 gradi che arriva a negare la stessa categoria di “donna”.

# 1.5 Oltre il genere
Se inizialmente gli studi di Money furono utilizzati dalle femministe come base per provare la costruzione sociale dei ruoli di genere, negli ultimi anni essi sono stati accantonati dalle stesse femministe de-costruzioniste, anche in seguito alla scoperta che la sua ricerca lodata da “Science” nel 1972 fu in realtà una frode scientifica. nel 1998 Alice domurat dreger pubblicava Hermaphrodithes and the medical invention of Sex: secondo il nuovo paradigma decostruzionista il transessuale che richiede l’operazione di “riattribuzione del sesso” sarebbe in realtà vittima di un sistema di pensiero omofobo, basato su una società caratterizzata dalla differenza binaria dei sessi. Il vero atteggiamento rivoluzionario è il queer, il transgender, la maschera drag, il gender fluid. rosy Braidotti, coniugando il cyber-femminismo di donna Haraway e il soggetto eccentrico di de Lauretis, invita ad abbandonare ogni confine: non solo la dicotomia maschio/femmina, ma anche quella corpo/macchina, umano/animale, naturale/artificiale. Il pensiero queer, teorizzato da Judith Butler, non è certamente un pensiero sul “genere”, ma punta al suo superamento: il genere una volta decostruito non serve più, l’obiettivo è andare oltre! La sfida sta nel superare ogni confine/limite imposto dall’esterno, dal corpo o dalla natura. È qui estremamente evidente ed esplicito il carattere ideologico di tali posizioni, che influenza in modo significativo ogni uso del termine “genere”.
02/11/2014 23:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.891
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
fonte: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-francia-qui-la-pedofilia-e-finanziata-dallo-stato-10764.htm
 

Francia, qui la pedofilia è finanziata dallo Stato

Premi un pedale ed un pene diventerà eretto. Premilo ancora ed eiaculerà. Non si tratta di un gadget di un pornoshop bensì di uno “strumento interattivo educativo” per bambini, uno dei tanti presenti alla mostra “Zizi sexuel” che si tiene presso i padiglioni del Museo della Scienza e dell'Industria di Parigi. La parola francese “zizi” potrebbe essere da noi tradotta come “pisellino”. La mostra è rivolta ai bambini tra i 9 e 14 anni e vuole introdurre queste anime candide alla scoperta del sesso. Come se questi bambini una volta diventati ragazzini non diventeranno dei veri e propri sommozzatori nel mare magnum del sesso.

Dunque, oltre al manichino che si eccita se il bimbo pigia un pedale – e così gli imberbi penseranno che schiacciarsi un piede sia la cosa più eccitante che esista – vi sono altre curiosità pedopornografiche. C'è una campana con moltissimi profilattici colorati e ben gonfiati, una sagoma di una donna nuda senza testa dove le bambine possono metterci la loro di testa per provare l’”ebbrezza” di mostrarsi nude davanti a tutti, un letto dove i bambini guardano scene di sesso. In una stanza poi c’è la possibilità di ascoltare la descrizione di cosa sia la masturbazione o l’omosessualità. In questa stanza è vietato l’ingresso degli adulti, perché l’innocente non sa difendersi, ma papà e mamma invece monterebbero su tutte le furie se sapessero cosa passa in quelle cuffie e dunque è bene tenerli a distanza.

Vi è poi un libretto fornito a tutti i piccoli visitatori in cui accanto a scene di sesso esplicito ci sono anche scene violente. Per gli insegnanti più puritani esiste invece un vademecum sulla mostra e al fine di preservarli dallo scandalo vi sono contenute affermazioni rassicuranti come «la pornografia non recherà disturbo in merito alle condotte della futura vita sessuale dei bambini».

Il ministero dell’Educazione ha patrocinato l’iniziativa finanziandola e si è premurato di invitare migliaia di classi a questa mostra, o “mostro”, spesso all’insaputa dei genitori. All’ombra della Torre Eiffel la pedofilia è affare di Stato. Naturalmente chi ha organizzato l’evento non trova nulla da ridire sui messaggi espliciti e pornografici a cui sono esposte le verdissime coscienze del giovane pubblico. «La mostra cerca di veicolare i valori essenziali e universali: l'amore, l'amicizia, il consenso e l'uguaglianza tra l'uomo e la donna. Cerca di rispondere alle domande tipiche dei più piccoli, come nascono i bambini, che cosa è l'amore», ha spiegato la curatrice della mostra, Maud Gouy. «Penso che sia importante», ha continuato la Gouy, «che l'esposizione parli di omosessualità e che spieghi che gli insulti sessisti sono un reato. É una parte importante dell'educazione civica e alla sessualità. Chi viene alla mostra non troverà nulla di scioccante». E a proposito di reati, l’associazione Sos Education ha lanciato una petizione contro questa esposizione, anzi: esibizione. Petizione che ha raccolto sin ora 35mila firme.

Stessa aria di violenza psico-sessuale a danno dei minori la respiriamo a Trondheim, in Norvegia. Presso l’istituto Breidablkk, ai bambini di prima elementare è stato chiesto di scrivere sotto l’immagine di un elefante quale animale vedessero. Peccato che – e ci scuseranno i lettori per tanta crudezza di descrizione - l’elefante con la propria proboscide stia aspirando sperma dal pene eretto di un uomo nudo appoggiato a un albero di mele. Il compito era da fare a casa e a casa non pochi genitori sono saltati sulla loro sedia Ikea (che è svedese ma poco importa). Norvegesi liberal e disinibiti sì, ma fino ad un certo punto. Henri Merge, l’autrice del disegno, ovviamente ha detto che non ne sapeva nulla, che questo bozzetto come tanti altri è in rete e dunque a disposizione di tutti. Proprio tutti, tanto che il ministro della Cultura realizzò tempo fa anche una mostra con questi disegni.

Morale della favola. I mostri esistono e stanno presso i ministeri dell’Educazione e nelle scuole. Pare banale sottolinearlo, ma queste due vicende a tinte foschissime stanno a dimostrare che una lobby pedofila esiste, eccome, ed opera ormai alla luce del sole ed ad altissimi livelli. Dietro al pretesto di fare educazione sessuale ai bambini – intento già da censurare per mille motivi – si cela il vero intento: corrompere i bambini, abituarli alla sessualità precoce, renderli disinibiti e quindi ridurli a prede sessuali per gli adulti. A furia di maneggiare peni finti, vedere scene di sesso anche omosessuale, toccare ed essere toccati, guardare ed essere guardati, maschietti e femminucce saranno stati cucinati a dovere, pronti per essere divorati dai pedofili di Stato.


02/11/2014 23:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.892
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
1) “Corrompete la gioventù; alienatela dalla religione; fissate la loro attenzione sul sesso; lasciateli diventare superficiali; distruggete il loro idealismo; provocate con ogni mezzo il crollo delle virtù morali, dell’onestà, della purezza” (Manuale per i comunisti della Florida).

2) “Il nostro compito è di promuovere l’ondata della pornografia e di presentarla con simpatia come il fine supremo della libertà artistica” (Parola d’ordine del Partito Comunista Italiano).

3) “Se vogliamo distruggere una nazione, dobbiamo prima distruggere la sua morale; poi ci cadrà in grembo come un frutto maturo. Svegliate l’interesse della gioventù per il sesso e sarà vostra” (Lenin).

4) “Abrogate tutte le leggi contro l’oscenità. Distruggete il senso morale diffondendo la pornografia nei libri, nei periodici, nei cinema, alla radio e in televisione. Presentate le degenerazioni sessuali come normali, naturali, favorevoli all’equilibrio psichico e igienico. Distruggete la famiglia, favorendo le unioni libere e il divorzio” (Direttive impartite ai comunisti degli Stati Uniti).

5) “Quando l’uomo sarà divenuto un essere che striscia, che grugna e salta sulla femmina, e voi continuerete soltanto ad accarezzare il suo sesso e a scatenare la bestia che è in lui, allora il porcile diventerà un macello. La carne che offrite nelle vostre riviste illustrate è buona tutt’al più ad essere venduta, schernita, torturata, uccisa e bruciata” (Jean Cau, scrittore francese).

6) “La prima conquista da fare è la conquista della donna... La donna deve essere liberata dalle catene della Chiesa e della legge... Per abbattere il Cattolicesimo, bisogna cominciare col sopprimere la dignità della donna; la dobbiamo corrompere assieme alla Chiesa. Diffondiamo la pratica del nudo: prima le braccia, poi le gambe, poi tutto il resto. Alla fine la gente andrà in giro nuda o quasi, senza più battere ciglio. E, tolto il pudore, si spegnerà il senso del sacro, s’indebolirà la morale e morirà per asfissia la fede” (Piano Massonico).

7) “Abbiamo associato giovinezza, musica, sesso, droga e rivoluzione con tradimento: è molto difficile andare oltre” (Jerry Rubin, rivoluzionario americano).

E ANCHE:
"è deciso nei nostri consigli, che noi non vogliamo più cristiani; non facciamo dunque dei martiri, ma rendiamo popolare il vizio nelle moltitudini. Occorre che lo respirino con i cinque sensi, che lo bevano, che ne siano sature. Fate dei cuori viziosi e voi non avrete più cattolici [...]. Ma perché sia profonda, tenace e generale, la corruzione delle idee deve cominciare fin dalla fanciullezza, nell'educazione. Schiacciate il nemico, qualunque esso sia, dicevano le istruzioni, ma soprattutto, schiacciatelo quando è ancora nell'uovo. Alla gioventù infatti bisogna mirare: bisogna sedurre i giovani, attirarli, senza che se accorgano. Andate alla gioventù e, se è possibile, fin dall'infanzia"
( lettera inviata dal carbonaro Nubius al Fratello tripuntato Volpe il lontano 3 aprile 1824)
03/11/2014 00:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.894
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
II. Chi sostiene lo sviluppo dell’ideologia del genere?


In sintesi, possiamo identificare le aree e i settori attivisti responsabili ad oggi della diffusione o della trasmissione dell’ideologia del genere.

# 2.1 Le scienze sociali
danno il loro contributo i dipartimenti di gender studies, dove esistono, all’interno delle aree di ricerca delle scienze sociali, o alcuni specifici gruppi di ricerca che hanno una grande visibilità mass-mediatica.
I gender studies sono un campo a sé nel mondo accademico americano e più generalmente nelle università più vicine a questo modello (paesi anglofoni, europa settentrionale, ecc.). Questi dipartimenti di gender studies hanno generalmente sostituito i women’s studies o feminist studies, rami importanti dei cosiddetti cultural studies, inaugurati negli anni settanta. La tradizione accademica francese e italiana non prevede sezioni specializzate di questo tipo, ma oggi stanno nascendo anche nelle nostre università gruppi di ricerca formati spesso da militanti e attivisti. Le prospettive femministe, per esempio, sono di solito integrate nei dipartimenti di Storia, di Filosofia, di Lettere o delle Scienze sociali e della formazione. Si tratta di settori della ricerca che nascono anche in funzione del grande finanziamento concesso dagli organismi europei a tutti gli studi accademici attinenti alla tematica del gender.

# 2.2 Le istituzioni internazionali
Il ricorso alla parola “genere” sta diventando sempre più di moda nell’ambito istituzionale. Per approfondire si suggerisce il testo di o’ Leary, in cui l’autrice, che partecipò attivamente ai lavori si preparazione della Conferenza di Pechino sulle donne (1995), sottolinea che nei 300 paragrafi di testi prodotti non vi era alcun riferimento positivo alla maternità o al matrimonio, mentre il vocabolo gender compariva citato più di trecento volte. I programmi orientati verso la gender equality contengono sia riferimenti all’emancipazione femminile, con l’aggiunta di nuove espressioni come “salute riproduttiva” (contraccezione e aborto), sia contributi circa la discriminazione delle persone con tendenze omosessuali e transessuali. A titolo di esempio si vedano Principi di Yogyakarta e la recente campagna dell’onu “Born free and equal”, che nega la differenza sessuale (maschile/femminile) geneticamente presente sin dalla nascita.

# 2.3 Gli organismi e i dipartimenti nazionali
Se in Francia le gender theories stanno diventando gli argomenti principali delle riforme scolastiche de L’education national, qualcosa di molto simile accade anche nel nostro Paese. Il 4 gennaio 2013 il ministro francese dell’educazione vincent Peillon inviò una lettera a tutti i presidi, che cominciava così: “Il governo si è impegnato a lavorare sui giovani per cambiare la loro mentalità”. non diversamente si è pronunciato il dipartimento per le Pari opportunità del nostro Paese, nel documento del 2013 intitolato “Strategia nazionale per la Prevenzione e il Contrasto delle discriminazioni”, in cui si afferma di voler “dare un forte impulso a quel processo di cambiamento culturale così fortemente auspicato” sfruttando “il ruolo della scuola e degli insegnanti nel cambiare e modificare attitudini e comportamenti specifici”.
Per cambiare la società occorre agire sulla cultura e quindi sulle strutture educative: la scuola è il nuovo campo di battaglia. Il governo d’oltralpe ha dato l’avvio ad un programma sperimentale per i bambini delle elementari chiamato “ABCd dell’uguaglianza”, in cui si incentivano i bambini a sperimentare e scegliere le diverse identità di genere.
In Italia l’UNAR (ufficio nazionale Anti-discriminazioni razziali) ha pubblicato gli opuscoli “educare alla diversità nella scuola” per la scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado, ed in collaborazione con il MIur (Ministero dell’Istruzione dell’università e della ricerca) ha promosso un nuovo libretto contenente le strategie LGBT per la lotta all’omofobia.

# 2.4 Le reti d’intellettuali militanti
Molti militanti hanno raggiunto ruoli chiave all’interno di ambienti accademici, in particolar modo nelle scienze sociali, pedagogiche e psicologiche. Alcuni ricercatori legati al mondo LGBT organizzano seminari, promuovano campagne, intervengono in tv, sui mass media, nelle scuole o nelle aziende con conferenze o mostre.
A livello politico-giuridico si è costituita la rete Lenford, i cui avvocati hanno predisposto per l’Italia tre disegni di legge per l’affermazione delle istanzeLGBT : il primo, sul contrasto all’omofobia e transfobia, a firma dell’on. Scalfarotto, è già stato approvato alla Camera.

# 2.5 Le minoranze attive
Sul modello delle associazioni omosessuali e lesbiche, comparse soprattutto durante l’epidemia di AIDS, si sono costituite anche associazioni transessuali, come ad esempio Crisalide Pangender. essa in realtà persegue obiettivi leggermente diversi dalla più popolare Arcigay, che spesso monopolizza l’attenzione dei mass media sulle proprie battaglie, a detta degli attivisti trans* (con l’asterisco per non discriminare nessuna autodeterminazione che emerga dalle infinite combinazioni tra identità ed orientamento di genere, come ad esempio le translesbiche). La più importante a livello mondiale è l’ILGA (International Lesbian and gay Association), che dal 1993 riceve i finanziamenti onu, dopo aver espulso dal proprio collettivo la più grande rete pedofila americana, la NAMBLA (north American Man Boy Love Association).
09/12/2014 23:43
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.895
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
La nuova oligarchia mondiale. I saggi di Marguerite Peeters e Gabriele Kuby

fonte: http://www.vanthuanobservatory.org/notizie-dsc/notizia-dsc.php?lang=it&id=1817

La nuova oligarchia mondiale. I saggi di Marguerite Peeters e Gabriele Kuby

 
21-01-2014 - di Silvio Brachetta

Dopo il 1989, un po’ dovunque, si credette che il crollo del comunismo sovietico avrebbe determinato uno sganciamento spontaneo dell’autorità politica dalle ideologie totalitarie. Sugli anni Novanta soffiava l’ormai celebre ‘vento nuovo dell’est’ e pure nella Chiesa - che con Giovanni Paolo II aveva avuto un ruolo anticomunista significativo - si ebbe la percezione che assieme al materialismo marxista si sarebbe potuto attenuare (se non dissolvere) l’ateismo mondiale, che tanto intralciò la fede cristiana. In questo senso, molto prima della caduta del Muro di Berlino, specialmente dal Sessantotto in poi, le prospettive ateiste o laiciste s’imposero in Occidente, fagocitandone i costumi e corrompendone la cultura. Secolarismo, ateismo, laicismo. Molti nomi per uno stesso male, che si reputava sepolto sotto le macerie del Muro. 

Con la fine del secolo e del millennio, però, subentrò una cocente disillusione: il secolarismo era tutt’altro che morto, se non altro per via degli spazi sottratti alla religione dal laicismo, in ambito pubblico. E in tal modo l’ideologia, figlia di una civiltà senza Dio e sopravvissuta alla disintegrazione del socialismo reale, era di nuovo attiva e imperava di nuovo sul mondo. In che modo? In quale forma? Con che nome?
fonte: www.vanthuanobservatory.org/notizie-dsc/notizia-dsc.php?lang=it&...

«Rivoluzione culturale occidentale»

Forse una delle analisi più interessanti su quanto avvenne e su come quegli avvenimenti siano collegati alla crisi attuale, è opera dalla giornalista americana Marguerite A. Peeters, direttrice dell’Istituto interculturale “Dialogue Dynamics” di Bruxelles. Autrice di due libri sulla globalizzazione e sull’ideologia del «gender», la Peeters ha sintetizzato il suo pensiero in due articoli per “L’Osservatore Romano” (2009, 2012), nei quali scrive di una «rivoluzione culturale occidentale» («western cultural revolution»). Dal 1990 al 1996 le Nazioni Unite si sono prodigate - spiega la giornalista - nell’organizzare una serie non trascurabile di conferenze con l’intenzione di «creare un nuovo consenso mondiale», mediante una sistematica «imposizione» di un «nuovo linguaggio». In pochi anni furono coniati centinaia di nuovi lemmi, sul progetto ideologico secondo cui per cambiare le cose (rivoluzione) non servono scontri armati, ma è sufficiente cambiare il nome alle cose o il significato del nome: «buon governo», «libertà di scelta», «qualità della vita», «salute riproduttiva», «identità del genere [sessuale]» («gender»). Dietro queste locuzioni, all’apparenza rassicuranti, ci sarebbe un’intenzione inespressa - e per questo truffaldina - per dare ai concetti di «governo», di «libertà», di «vita» o di «sesso» nuovi significati etici, del tutto funzionali alla costruzione di una nuova società artificiale. Piuttosto slogans da memorizzare che parole, i nuovi lemmi sono tutti, in fondo, specificazioni di un concetto centrale - «olismo» - ossia l’idea che il tutto sia maggiore e più importante della parte. Per cui, secondo la nota visione hegeliana, lo stato è superiore ai singoli o un qualche ordine mondiale è superiore agli stati. L’individuo allora, in questo nuovo Regno globale sottratto artificiosamente alla signoria del Cristo, conta e vale sempre meno.

Il problema - secondo la Peeters - non poggia solo sulla ricostruzione del mondo con un nuovo senso morale, ma dal fatto che dietro questo progetto non c’è una maggioranza democratica, ma una minoranza prepotente, sostenuta e finanziata da poteri occulti. Sembra di capire che la matrice democratica degli stati liberali voglia essere annullata a favore dell’insediarsi di un’oligarchia ereditaria, ovvero di un governo di pochi, che consegneranno potere e danaro a persone già indottrinate.

Nuova etica del nuovo Regno

Marguerite A. Peeters, nell’opuscolo “La nuova etica globale: sfide per la Chiesa” (2006) è stata ancora più precisa. La generazione del 1968 - scrive - «aveva occupato posti-chiave all’Onu». Dopo il 1989, costoro «si sono presentati come “gli” esperti» e, «senza incontrare opposizione […] hanno esercitato una leadership normativa a livello mondiale». Figli dunque di una visione libertaria, se non anarchica del mondo, gli «esperti» hanno bypassato il tracollo social-comunista, riuscendo ad imporre un’«etica globale che si pone al di sopra di tutto», di ogni governo o religione. Questa nuova etica, che presume di ridefinire cosa sia bene e male, ha tratti ben riconoscibili. A parere della giornalista, innanzi tutto è un «diktat», una «dittatura», se non altro perché prevede un «allineamento» generale di ogni corpo sociale e il coinvolgimento acritico di tutti: se qualcuno protestasse, se non esprimesse attivamente il proprio «consenso», sarebbe immediatamente consegnato al pubblico ludibrio, mediante l’«esercizio arbitrario del potere» e dell’«intolleranza».

La Peeters lamenta, in varie parti della sua opera, l’imposizione del nuovo linguaggio, che «non è più esterno alla Chiesa». Anzi, oramai, «l’avversario è da cercarsi dentro». Già «molte ong, organismi di aiuto, università, associazioni femminili cattoliche, sacerdoti e pastori» hanno già adottato questo linguaggio. Eppure «la Chiesa resta ignorante rispetto alle sfide di questa etica» anticristiana: tanto ai «rischi», poiché «sono mortali per la vita della fede», quanto alle «occasioni» offerte dal cambiamento culturale per l’evengelizzazione.

Una montagna di danaro per distruggere la famiglia

La sociologa e saggista tedesca Gabriele Kuby, nella recente intervista pubblicata su “Tempi” (11 gennaio, a cura di Vito Punzi), ha molto apprezzato il libro della Peeters sulla «Rivoluzione culturale occidentale», perché le «ha aperto gli occhi». E soprattutto nel rivelare chi realmente sta dietro ai massicci finanziamenti che servono agli ideologi delle Nazioni Unite - e ultimamente dell’Unione Europea - per ottenere visibilità e spazi sui media: «gruppi industriali globalizzati, grandi fondazioni come Rockefeller e Guggenheim, persone molto ricche come Bill e Melinda Gates, Ted Turner e Warren Buffett, […] e l’Unione internazionale delle lesbiche e degli omosessuali (Ilga)». Grandi lobby, insomma, gruppi di potere in grado di autofinanziarsi e, dunque, di accedere ai media e controllarli in modo massiccio e continuativo.

La Kuby è una convertita, battezzata il 12 gennaio 1997. Nel 2012 ha dato alle stampe l’ultimo suo libro, “La rivoluzione sessuale globale. Distruzione della libertà in nome della libertà”, non ancora tradotto in italiano. Dopo la conversione - dice - «mi sono cadute le bende dagli occhi». Secondo la sociologa, la rivoluzione culturale odierna sta realizzando uno dei suoi programmi più nefasti: la distruzione della famiglia umana naturale, con il pretesto di promuovere una completa liberazione sessuale. L’ideologia e il «concetto di “Gender” - osserva la Kuby nell’intervista - presuppone che qualsiasi orientamento sessuale […] sia equivalente e debba essere accettato dalla società» e «chiunque si contrapponga a ciò» è «discriminato come “omofobo”». Siamo, quindi, di fronte ad «un attacco mondiale all’ordine della creazione» e, per questo, «all’intera umanità». L’obiettivo è distruggere «il fondamento della famiglia», per «ridurre la crescita della popolazione su questo pianeta». Inoltre, «sono in pochi a essere coscienti che dietro si cela una strategia delle élite di potere, dall’Onu all’Unione Europea, all’alta finanza».

I cattolici non tacciono

Se dovessimo dare una credibilità acritica ai media laici (tv, giornali, radio, informatica), sembrerebbe che il mondo cattolico e civile, in genere, su tale disegno sovversivo sia taciturno o quasi assopito. Taciturni, invece, sono i media, poiché il cattolicesimo è reattivo e non solo per le voci della Peeters, della Kuby o di altri perspicaci autori, ma in ambito civile e sociale. L’elenco delle iniziative popolari è sterminato e coinvolge centinaia di migliaia di persone: “La Manif por tous” in Francia (con distaccamenti anche in Italia), che contrasta le politiche antifamiliari e antieducative del governo socialista Hollande; i comitati italiani “Sentinelle in piedi” o “Sì alla famiglia”, attivi per motivi analoghi; forum e associazioni pro-life, come la “no194”, per l’indizione di un referendum abrogativo della legge italiana che permette l’aborto; movimenti religiosi; stampa cattolica cartacea e online.

È una battaglia che si è fatta quotidiana, specialmente dal 2005, dopo il fallimento dei referendum abrogativi della Legge 40, che riduce in Italia i mali della fecondazione artificiale. I Papi e i Vescovi hanno sostenuto e incoraggiato nel tempo le varie iniziative, importanti non solo in ambito cristiano cattolico, ma vitali per il bene comune del genere umano. Pochi giorni fa (7 gennaio), secondo quanto riferisce il Pontificio Consiglio per la Famiglia, Papa Francesco «ha incoraggiato il Vescovo di Malta ad opporsi alla legge delle adozioni gay» e nel Messaggio per la Giornata della pace 2014 (1 gennaio) è tornato sul tema della famiglia e sui ruoli «complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre».


09/12/2014 23:49
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.896
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
http://www.valeriafedeli.it/depositato-ddl-per-linsegnamento-delleducazione-genere/

È stato depositato in Senato il disegno di legge n. 1680, presentato per mia iniziativa e sottoscritto anche da molti Senatori e Senatrici di diversi partiti, per l’introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle scuole e nelle università.
09/12/2014 23:51
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.897
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE

fonte: http://radiospada.org/2014/12/perche-lallarme-omofobia-e-leducazione-sessuale-sono-parte-di-un-unico-progetto-contro-la-famiglia/
Perché l'allarme omofobia e l'educazione sessuale sono parte di un unico progetto. Contro la famiglia.

libri-educazione-sessuale-per-bambini

 

di Massimo Micaletti

 

Ricordo un lucidissimo editoriale di Marcello Veneziani di poco più di un anno fa, in cui il “Cucù”[1] rivolgeva un appello alle persone con tendenze omosessuali affinché non si facessero strumentalizzare per una battaglia che non era e non è per i loro diritti, ma per la distruzione della famiglia. Sembrano passate decine di anni, era solo il maggio 2013 e, sebbene il pericolo fosse ormai ben presente, la marea omomane non era ancora così montante e pervasiva e non sembrava incredibile che fino a poco tempo prima Fiorello alla radio si permettesse di prendere in giro questa adesso intoccabile categoria antroposindacale con degli sketch sulle vicende di due camionisti gay.

Oggi non è più così, l’isteria omomane è debordata dal politicamente corretto per sfociare – come ampiamente prevedibile – nel politicamente forzato, una grigia d’acciaio in sui si sono immediatamente inquadrati prima i soliti tizi “libberieribbelli”, ossia cantanti, scrittori, registi ed attori campati dallo Stato, seguiti dalle “bocche della verità”, quindi giornalisti, opinionisti, scientisti, analisti, cui si sono aggiunti i soliti tizi “fidatevi”, ossia politici, qualche magistrato, istituzioni di ogni ordine, grado, rango e schiatta, per essere poi raggiunti dai soliti tizi “piùbbuonidiGgesù”, ossia qualche cardinale “coraggioso” e qualche prete “chelluilaggentelacapisce”. Insomma, un blocco compatto in marcia verso gaie mete, tetragono ed omologato che manco ai tempi del fascismo.

A proposito di fascismo, cosa stavo dicendo? Ah già, Marcello Veneziani.

Dunque, le parole di Veneziani nell’editoriale cui ho fatto cenno sono forse il tentativo più coraggioso da parte di un’area non certo di sagrestia di avvertire lettori e pensatori di quale fosse il nerbo e fulcro di tutta l’operazione “mondo gaio”.

Chiaramente non condivido gran parte di quell’editoriale, perché è impregnato di quell’ipocrita e conformista tolleranza antropologica che è poi l’humus per i totalitarismi ideologici quando non politici; ma un merito è indiscusso, ed è il disvelare la trama, ossia che l’ideologia gay è rimbalzata da una parte all’altra della nostra cultura e del nostro pianeta non perché chi tesse questa trama voglia bene alle persone con tendenze omosessuali, ma perché è un’ideologia perfettamente funzionale a disarticolare la famiglia ed a veicolare la tanto sospirata dai soliti quattro intelligenti (contro milioni di persone di buon senso) educazione sessuale nelle scuole, che sarà il colpo di grazia all’ultimo sottilissimo diaframma che separa l’uomo dalla bestia.

L’educazione sessuale nelle scuole appunto. Vi siete chiesti cosa c’entrino i libretti con pisellini e masturbazione con la discriminazione delle persone con tendenze omosessuali? Intendo: al di là del dato oggettivo per cui nel nostro Paese non esiste alcuna emergenza omofobia, anche ammettendo ed assolutamente non concedendo che fosse necessaria una massiccia asfissiante martellante campagna di sensibilizzazione-educazione-normalizzazione sul tema, c’è bisogno di includere nel pacchetto lezioni di autoerotismo o vagine di pezza?

L’infondata, inesistente urgenza di far capire a bambini di quattro o sette anni che una persona con tendenze omosessuali non va perseguitata è divenuta occasione di introdurre questi poveri bimbi ad un mondo che non gli appartiene, non ha alcun senso per loro e non gli apparterrà neppure se la Maestra sorridendo tenta di fargli il lavaggio del cervello. E se vogliamo saggiare i frutti della cosiddetta “educazione sessuale” (che è oltre ad essere nel merito una boiata è praticamente un ossimoro sul piano semantico) facciamoci un giro in Nordeuropa, dove dopo anni di “consapevolezza precoce del proprio corpo” gli aborti, le malattie a trasmissione sessuale e le violenze tra i giovani sono continua ascesa.

Perché dunque abbinare la lotta alla (pretesa) discriminazione e per la (pretesa) famiglia arcobaleno alla sessualizzazione dell’infanzia? Perché i nemici della famiglia hanno colto la palla al balzo per avere truppe fresche dopo aver già bruciato femministe, sessantottini, radicali e comunisti nella crociata contro l’unica cosa che è rimasta a proteggerci dal loro sogno: l’uomo come animale che lavora, gode, consuma, paga e crepa. La famiglia è un grosso intoppo su questa via, il solo grosso intoppo rimasto (l’altro, la Fede condivisa è saltato da un pezzo) e va raso al suolo con ogni mezzo. Anche a costo di utilizzare un’ideologia ridicola, scientificamente priva di fondamento e dalle conseguenze umane e sociali devastanti come quella del gender.

Viene in mente il darwinismo, teoria indimostrata, indimostrabile e manco originale che è stata imposta al mondo scientifico e poi alle masse perché funzionale alla costruzione materialista di mondo senza Dio guidato dal caso e dalla violenza del più forte sul più debole. Come il darwinismo è stato usato per farci credere che Dio non esiste o se esiste se ne infischia di noi, così la teoria del gender viene usata per farci credere che la famiglia non esiste o se esiste ce ne possiamo infischiare. E per rafforzare il concetto, affianchiamo alle gaie pretese anche un bel programma di fondamenti della masturbazione o della copula per alunni delle elementari o bimbi dell’asilo: il risultato è che le persone con tendenze omosessuali non solo vengono lasciate nella loro condizione che anzi viene magnificata ed indicata come via privilegiata per la felicità, ma sono anche impiegate come piazzisti dell’idraulica copulativa e dei sensi insensati.

Viene in mente pure “Il mondo nuovo”, di Aldous Huxley, romanzo in cui si immagina e si descrive una società controllata con la selezione genetica, con la droga e – appunto – con la sessualità precoce, per cui i bambini  possono girare nudi e dedicarsi a giochi erotici nella totale serena indifferenza degli adulti.

A questo punto, cari paladini LGBTQ e via consolanteggiando, le ipotesi sono due.

Potete riconoscere con onestà che nel pacchetto LGBTQ non c’è solo la lotta al bullismo contro le persone con tendenze omosessuali ma anche l’introduzione alla sessualità dermoidraulica per bambini; allora però non vi meravigliate se noi diciamo che la vostra ideologia non è solo scientificamente infondata e socialmente pericolosa ma pure perversa e bestialmente carnale.

Oppure vi dissociate e chiarite una volta per tutte che la lotta al bullismo, alle discriminazioni e finanche le battaglie per matrimonio gaio e l’adozione gaia non c’entrano nulla con i piselli di peluche ed i libricini in cartonato con la mamma nuda. In questa seconda ipotesi vi assicuriamo che noi cattolici ci arrabbieremo lo stesso, ma forse un po’ meno. Forse.


 


10/12/2014 00:12
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.899
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE

10/12/2014 00:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.901
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
Prof Massimo Gandolfini alla scuola Chizzolini su Famiglia e Gender

10/12/2014 00:48
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.902
Registrato il: 15/05/2004
Sesso: Maschile
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
pazzesco... andate al minuto 11:50

16/03/2015 23:14
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.655
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Veteran
OFFLINE
Fusaro:“Dolce e Gabbana? Li attaccano perchè ora c'è la prova. Gender, siamo all'ingegneria sociale”

Il filosofo Diego Fusaro, intervistato da IntelligoNews, si schiera dalla parte di Dolce e Gabbana “al di là che abbiano ragione o torto hanno espresso un loro giudizio legittimo” e boccia il progetto politico lanciato da Maurizio Landini.

Dolce e Gabbana si sono detti contrari alle adozioni gay. L’intervista ha fatto subito il giro del mondo scatenando un pandemonio con tanto di hashtag, lanciato da Elthon John, boycott Dolce e Gabbana. Che idea si è fatto della vicenda?
«E’ interessante che Dolce e Gabbana si schierino in questo senso, è la prova che uno può essere per la famiglia tradizionale senza essere omofobo, rispettando gli omosessuali e addirittura essendo omosessuali. Stiamo assistendo alla dittatura del pensiero unico che subito diffama e propone il boicottaggio di chi sgarra. Al di là che abbiano ragione o torto hanno espresso un loro giudizio legittimo, non si può impedire a una persona, a priori, di esprimere la propria opinione».

Gabbana ha dato dei fascisti a chi li sta attaccando. E' d'accordo?
«Questo è il clima ormai di totale dominio del pensiero unico per cui se non sei allineato ti becchi la categoria di fascista o di omofobo, che è la variante sul piano dei costumi. E’ un caso interessante, non nuovo, era successa una cosa simile con Barilla».

Dopo tutte le polemiche gli asili nido di Trieste hanno fatto bene a fare retromarcia sui “giochi gender”?

«Ormai per manipolare bisogna partire anzitutto dai bambini. Siamo al cospetto di una vera e propria ingegneria sociale, è evidente, una mutazione antropologica direbbe Pasolini, si cerca di inculcare fin dalla giovane età che non esistono uomini e donne ma ognuno si sceglie il sesso che vuole. Tutto ciò per me è una sciocchezza, i sessi sono due, poi ci sono tutti gli orientamenti sessuali possibili, ma un omosessuale resta sempre un uomo così come una lesbica rimane sempre una donna».

Salvini è stato uno dei promotori di questa polemica contro i giochi gender a Trieste. Come giudica il suo comportamento sulle regionali in Veneto?

«C’è molta confusione nella Lega, ancora non hanno capito che il vero nemico è la finanza, mentre loro attaccano la sinistra e gli immigrati».

Crede invece nel nuovo soggetto politico lanciato da Landini?

«No, non ci credo più di tanto, mi sembra un progetto ampiamente criticabile. Si cercano di riesumare sinistra o destra senza capire che oggi il baricentro si è spostato ed è: capitale contro umanità. Potremmo dire che la Lega con le dicotomie italiani/immigrati, cristianesimo/islam fa il gioco del potere perché divide gli ultimi, così come la sinistra che invece ricrea le dicotomie fascisti/antifascisti, sinistra/destra. Si iscrivono tutti e due nelle fila degli utili idioti del potere».

Andrea Barcariol
16 marzo 2015
www.intelligonews.it/articoli/16-marzo-2015/24496/fusaro-dolce-e-gabbana-li-attaccano-perch-ora-c-la-prova-gender-siamo-all-ingegneria...
14/04/2019 00:11
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 3.573
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
Il caso Hart: ovvero il fallimento della “propaganda arcobaleno”



Negli ultimi dieci anni, in curiosa e non casuale concomitanza con la disgregazione economica indotta dai “piani alti” globalisti, si è assistito a una parallela e progressiva disgregazione della famiglia e dei suoi fondamenti basilari, ormai chiamati “tradizionali” come se fossero dei prodotti tipici in estinzione. Una martellante campagna ideologica, attuata con ogni mezzo, ha spacciato per possibile ogni modello familiare che esulasse dal classico schema marito/moglie/figli. I diritti LGBT, da legittime recriminazioni da parte di categorie sociali da sempre perseguitate, sono diventati col tempo il “cavallo di troia” per distruggere l’ultima barriera identitaria umana contro la logica dell'”uomo fluido”, cioè la famiglia classica (ormai dobbiamo giocoforza chiamarla anche noi così). Ma non si tratta solo di mescolanza sessuale: anche origini e identità devono essere disgregate e mischiate in un enorme melting pot. I media, ormai mero megafono delle élites “ordoliberiste”, sono schierati compatti a favore di questo processo di atomizzazione generale delle identità umane. Occorre partire da questa premessa per capire come mai in Italia la strage della famiglia Hart sia emersa nei media italiani solo un anno dopo, peraltro omettendo, con un clamoroso quanto curioso autogol, che le due donne formassero una coppia anche nella vita (Carta di Roma docet). Jennifer e Sarah Hart erano sposate da diversi anni. La prima, in particolare, aveva un tipico passato da femminista ultraradicale: assaltava i negozi con una motosega e tagliava i capezzoli ai manichini femminili, considerati “sessisti”. Col tempo, le due avevano formato una “famiglia alternativa”, adottando dei bimbi di colore. L’intenzione, nemmeno tanto velata, era quella di dimostrare come si possa creare una famiglia da elementi completamente diversi e aggirando ogni problematica etica e psicologica, in nome di una sorta di ideologia “no borders” applicata ai legami umani. Niente confini, niente barriere, nè umane nè materiali. “Solo amore”, come recita la dialettica hippie-chic.

E, in effetti, ci erano riuscite, almeno da quel che appariva in pubblico. La coppia aveva una pagina Facebook venerata dagli esegeti del melting pot umano, con tanto di foto felici e magliette con slogan sorridenti, del genere “tutti insieme appassionatamente”. Alcune foto erano diventate virali, con uno dei bimbi che esponeva il classico cartello “revolution” o che abbracciava un poliziotto bianco. Due donne omosessuali bianche e sei bambni di colore: una pacchia da copertina per la propaganda global. Peccato che la natura, le identità, le pulsioni umane escano rispettivamente fuori a recriminare il loro ruolo quando qualcuno cerca di minimizzarle in nome del “tutto è possibile”, concetto alla base dell’umanità fluida neoliberista. La realtà in quella casa era ben diversa. Le due avevano già adottato una ragazzina anni prima con esiti disastrosi, abbandonandola al suo destino. Ciononostante non avevano fatto un passo indietro e avevano adottato negli anni non uno, ma ben sei bambini, a volte a scapito di parenti di colore (zie, nonne) che erano sulla carta più adatti e vicini alle esigenze dei piccoli. La più determinata della coppia, Jennifer, gestiva la sua “famiglia feticcio” con il pugno di ferro. I bambini, provenienti da contesti difficili e ben diversi da quelli di due donne appartenenti alla middle/upper class bianca di sinistra, venivano regolarmente maltrattati, tenuti continuamente in casa, denutriti (pare anche a causa del veganesimo estremizzato delle due) e sottoposti ad abusi continui. Persino le foto su Facebook (non sorprendentemente) erano costruite artificialmente: spesso i bimbi venivano costretti a sorridere, il set delle scenette familiari era accuratamente preparato, pennarelli, giochi, mani piene di colori per mostrare il trionfo della “società arcobaleno” sul retrogrado mondo omofobo e razzista. E le due non mancavano di scriverlo nei loro post trendy e pieni di like festosi. Ma dopo quelle foto, i piccoli tornavano nelle loro camerette, come dei piccoli bambini-soldato arruolati per una lotta di principio: quella “multicolore” della coppia Hart, ansiosa di dimostrare al mondo la propria rivincita. C’è di tutto in questa storia: gli arroganti e deliranti desideri dell’ideologia “fluid gender” LGBT (uteri in affitto, maternità surrogata, adozioni improvvisate), il senso di colpa della “white class” di sinistra, che in realtà cerca di soddisfare il proprio narcisismo, le umane frustrazioni di chi si ostina a forzare la mano pur di ottenere qualcosa che, giocoforza, non può essere ottenuto. E i nodi vengono al pettine il 26 marzo 2018.

Le due, dopo aver drogato se stesse e i bambini, si lanciano con un van in un precipizio. Una fine alla Thelma e Louise, ma questa volta non c’è nessun maschio meschino ad inseguirle: anzi, con loro ci sono sei bambini di colore innocenti. Morti per il capriccio e la frustrazione di chi non vuole guardare in faccia la realtà. Ovviamente questo caso di cronaca non vuole essere una “reductio ad Hitlerum” dei nuclei familiari “arcobaleno” (tattica quasi sempre, invece, utilizzata da questi ultimi per ridurre i critici appunto a razzisti e fascisti). Nondimeno è un caso assolutamente esemplare che racchiude in sè tutte le dinamiche presenti nelle ideologie multiculturali/multigender. Le dinamiche interculturali, sessuali, interclassiste e personali non possono essere aggirate con una semplice scrollata di spalle. E se qualcuno obietterà che è un caso singolo di fronte alla strage quotidiana della vituperata “famiglia tradizionale”, vale la pena fargli leggere qualche dato sulle violenze domestiche nei rapporti “same-sex”, numericamente analoghe a quelle delle coppie tradizionali (perché l’uguaglianza non c’è soltanto nel bene, ma anche nel male). Una cosa è sicura: la retorica multicolore, ancora una volta, subisce un duro colpo. E viene meno, al contempo, la superiorità morale di chi accusa il “mondo tradizionale” di ogni nefandezza, nascondendo per bene il proprio marciume interno. Finché questo non viene fuori, chiedendo in cambio delle vite che non avevano certo chiesto di essere “salvate” dagli esportatori di civiltà alternative. In quel precipizio, oltre al van della famiglia Hart, sta finendo anche il turbine di assurdità di una società in declino. Una tragica lezione che, almeno credo, non servirà ad aprire gli occhi ai ciechi.

Filippo Redarguiti
13 Aprile 2019
www.opinione-pubblica.com/il-caso-hart-ovvero-il-fallimento-della-propaganda-arcobaleno/?fbclid=IwAR0SSekxtfG3I6FFtNNN4whSmEeFl-lZAvR0UbGIorUabxLgBOV...
08/08/2020 16:54
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 4.100
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
La rivolta delle femministe contro il DDL Zan. I paradossi del politicamente corretto

Il testo Zan di cui stiamo sentendo parlare in queste settimane sta raccogliendo infinite critiche formali e sostanziali anche nel mondo progressista. Soprattutto le femministe sembrano sul piede di guerra. Perché? Questo DDL, che è la sintesi di 5 proposte di legge a firma Boldrini, Zan, Scalfarotto, Perantoni, Bartolozzi (che per altro a loro volta sembrano usare in modo confuso tra loro i termini orientamento sessuale/motivi di genere/transfobia/omofobia e identità di genere), intende riconoscere gay, lesbiche e transessuali come soggetti particolarmente vulnerabili e quindi meritevoli di tutela specifica. Sostanzialmente aggiunge quindi la fattispecie di reato “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione basati sul genere” alle discriminazioni su base razziale, etnica, religiosa comprese nella legge Mancino.

Una legge a dir poco confusa
E’ stata criticata a monte la scelta del DDL di voler raggiungere il proprio fine di “promozione dell’uguaglianza” non lavorando sulla generalità della norma (ad esempio parlando di reati contro “la dignità della persona”), ma al contrario dettagliando un elenco di categorie meritevoli di particolare tutela. Tuttavia questo genera immediatamente un problema di istanze di riconoscimento, potenzialmente infinite (o, nel caso non divengano leggi, genera un infinito elenco di categorie discriminate): se sono meritevoli di tutela le categorie x e z perché non la y, qualunque essa sia? Vogliamo combattere la discriminazione basata sul genere sessuale? Va bene, ma allora perché non introdurre una norma per ogni categoria che possa risultare vulnerabile e sanzionare ogni possibile discriminazione basata sulla disabilità, o su un ipotetico svantaggio estetico? Hanno diritto ad esempio gli incel ad essere riconosciuti come tali o non possono essere tutelati in quanto tali articoli che collegano tale sottocultura al terrorismo li qualificano come “intrinsecamente violenti”?

Le femministe sul piede di guerra
La strada percorsa dal DDL Zan finisce per costruire innegabilmente una discriminazione perché in questo modo, ogni altra categoria che non sia esplicitamente compresa nel DDL Zan e nella legge Mancino sarà meno tutelata rispetto a quelle comprese: era davvero questa l’idea di “uguaglianza” del legislatore? C’è da dubitarne. Più precisa e interessante è la critica arrivata da buona parte delle femministe italiane: introdurre una categoria intrinsecamente fluida come “l’identità di genere” non si tradurrà nei fatti in un indebolimento della categoria donna derivata dal sesso biologico?

Cortocircuiti e paradossi del politicamente corretto
La domanda non è affatto peregrina perché esistono già esempi nel mondo anglosassone dove la scelta di privilegiare l’approccio “identità di genere” contrapposto alla “identità biologica” ha generato paradossali situazioni, per le quali le quote rosa riservate alle donne vengono occupate da uomini che “si identificano come donne”, o ha causato il noto problema degli atleti biologicamente maschi che, autodichiarando la propria femminilità, competono e stravincono in competizioni in teoria femminili (termine che ora potrebbe non significare più nulla), la qual cosa ha anche una sua pericolosità se pensiamo agli scenari legati agli sport da combattimento o di contatto. A noi non interessa entrare nel dibattito interno alla sottocultura LGBT Queer che sta dietro il DDL Zan (anche perché è relativamente incomprensibile agli occhi di un profano), rileviamo però la pericolosa scelta del legislatore di aver scelto di trasportare le categorie “morbide”, tipiche della sottocultura LGBT, nel severo mondo della legge e della giurisprudenza, aprendo la strada a non pochi possibili abusi. Abusi che evidentemente vengono rilevati da una certa parte del mondo progressista e femminista.

Guido Taietti
07 Agosto 2020
www.ilprimatonazionale.it/cultura/paradossi-politicamente-corretto-rivolta-femministe-ddl-zan...
08/03/2023 18:57
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.016
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
"Metti un gay a girare il minestrone". Platinette spara a zero sull’ideologia gender fluid e asfalta la sinistra

“L’omosessualità è un business”, che risponde essenzialmente a logiche di mercato. Platinette, prototipo televisivo della Drag Queen, al secolo Maurizio Coruzzi, asfalta una certa sinistra progressista e paladina dei diritti della comunità LGBT. Perché, in realtà, è la sua tesi, il crescente diffondersi di tali istanze non pare affatto spontaneo, quanto piuttosto eterodiretto:“La pubblicità ha capito che il business si fa se si mette un omosessuale a girare il minestrone nel pentolone”, afferma tranciante Platinette, intervistato da Giulia Cazzaniga per La Verità. I gay, dunque, sono un prodotto da “vendere” e la necessità di creare loro un’etichetta, in realtà, non fa altro che accrescerne la marginalizzazione, come mero segmento di mercato. Ad esempio, “quando cerco un film da vedere alla sera mi impressiona ancora che la dicitura LGBTQ identifichi un genere: è evidentissimo che si etichetta così un prodotto", prosegue ancora Coruzzi/Platinette, "perché attraente per il consumatore”. Una trasgressione finta, di maniera. Anche riguardo all’orientamento sessuale di Elly Schlein, strumentalmente evidenziato da molti, “bene ha fatto la Presidente di Arcilesbica, Cristina Gramolini, a prender già le distanze sull’identità di genere”, dando ragione alla Premier.

Dichiarazioni importanti di Coruzzi, già ostracizzato dalla comunità gay per le sue idee difformi, particolarmente per le posizioni contrarie alla divulgazione dell’ideologia gender fluid nelle scuole e al DDL Zan. O, ancora, per la sua ferma condanna della pratica dell’utero in affitto. Pensiero ripreso anche nell’intervista, nel seguente passaggio:“C’è prima l’affido, o l’adozione: si combatta eventualmente su queste leggi, non puntando alla comodità di chi, visto che ha centomila euro a disposizione, usa una donna come un forno del panettiere. E parlano di tolleranza e inclusione”. Smascherata “l’ipocrisia dei benpensanti”, Platinette inquadra con lucidità il vero problema, ovvero che si cerchi di far passare “un messaggio assurdo”: che l’orientamento sessuale di una persona ne determini la qualità, quella che pare più che altro una discriminazione di altro tipo. Dunque, sulla teoria (o ideologia) del Gender, “ha ragione Giorgia Meloni“. Nel lungo colloquio con Giulia Cazzaniga, Platinette smonta il mito del pericolo fascista, affermando che fascista è proprio l’impedire e ostracizzare ogni pensiero difforme, nonché i deliri del politicamente corretto, per cui anche naturali scelte semantiche possono far passare per “razzista” chi non adoperi il vocabolario progressista. Sicché Platinette, con una formula assai efficace, parla di “società igienizzata”.

Antonio Oliverio
07/03/2023
www.ilparagone.it/attualita/platinette-intervista-omosessualita-business-etichett...
[Modificato da wheaton80 08/03/2023 18:58]
22/03/2023 17:08
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.031
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
La lingua di Dante non si tocca: no a schwa e ad asteristichi. L’Accademia della Crusca boccia il linguaggio distorto della sinistra

L’Accademia della Crusca, autorevole custode della lingua italiana, ha deliberato la sentenza finale sul linguaggio del politically correct che vorrebbe deturpare la nostra sacra lingua introducendo brutture linguistiche, asterischi e schwa: ebbene, la sentenza della Crusca respinge a chiare lettere questo aberrante esperimento linguistico. Con la risposta al quesito sulla scrittura rispettosa della parità di genere negli atti giudiziari posto dal Comitato Pari opportunità del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione, è stato dunque respinto l’utilizzo di quel peculiare linguaggio gender-friendly che da diverse parti si intende promuovere. È singolare, e non affatto scontato, che in merito a tale quesito la Crusca si sia addirittura espressa in merito parlando di “un’ideologia del linguaggio del genere”, secondo la quale, dunque, tutto sarebbe lecito, anche la forzatura della lingua italiana, danneggiandone il cuore stesso. Si tratta dunque di un’ideologia, niente di più niente di meno, che intende sfruttare anche lo strumento linguistico pur di far prevalere determinate convinzioni politiche.

L’Accademia ha anche fornito delle indicazioni pratiche, che a questo punto rivestono una importanza fondamentale per scongiurare qualsiasi attentato alla nostra amata lingua e a salvaguardarla dell’immissione di assurdità linguistiche, soprattutto nel linguaggio giuridico, così elevato e solenne e che ha l’obbligo di essere rispettato. Innanzitutto, “è da escludere nella lingua giuridica l’uso di segni grafici che non abbiano una corrispondenza nel parlato, introdotti artificiosamente per decisione minoritaria di singoli gruppi, per quanto ben intenzionati. Va dunque escluso tassativamente l’asterisco al posto delle desinenze dotate di valore morfologico. Lo stesso vale per lo scevà o schwa, l’ǝ dell’alfabeto fonetico internazionale che non è presente in italiano”. Infatti, “la lingua giuridica non è sede adatta per sperimentazioni innovative minoritarie che porterebbero alla disomogeneità e all’idioletto”. Una conquista non da poco per tutti coloro che amano e rispettano la lingua di Dante, che quindi non la vedranno sminuita nella sua natura.

Sempre la Crusca sottolinea che “in una lingua come l’italiano, che ha due generi grammaticali, il maschile e il femminile, lo strumento migliore per cui si sentano rappresentati tutti i generi e gli orientamenti continua a essere il maschile plurale non marcato, purché si abbia la consapevolezza di quello che effettivamente è: un modo di includere e non di prevaricare”. È stata dunque ribadita l’esistenza di un maschile non marcato, che intende includere e nei confronti del quale nessuno dovrebbe sentirsi in difetto o discriminato, in quanto tale maschile non marcato è altresì ben vivo nella lingua nel suo uso comune. Pertanto, la reduplicazione continua di sostantivi o aggettivi produrrebbe degli effetti comici e inappropriati, specialmente in situazioni familiari o di urgenza. Inoltre, il maschile non marcato è in molti casi inevitabile: se lo si volesse annullare interpretando il maschile in maniera assurdamente rigida, “occorrerebbe rivedere tutti i testi scritti italiani, compresi quelli giuridici. Occorrerebbe insomma riscrivere milioni di pagine, a cominciare dalla Costituzione della Repubblica”. Una assurdità senza precedenti e che non trova alcuna giustificazione plausibile. Fortunatamente tale mania di dover necessariamente e obbligatoriamente produrre un cambiamento, anche nel campo della linguistica, non ha trovato terreno fertile, e grazie all’ufficialità di quanto riferito dall’Accademica della Crusca è stata ribadita la priorità della tutela del nostro patrimonio linguistico, unico ed eccezionale, che non deve essere messo in discussione neppure di fronte ad illogiche e moderne istanze.

Cecilia Carapellese
21 marzo 2023
www.lavocedelpatriota.it/la-lingua-di-dante-non-si-tocca-no-a-schwa-e-ad-asteristichi-laccademia-della-crusca-boccia-il-linguaggio-distorto-della-s...
[Modificato da wheaton80 22/03/2023 17:09]
13/04/2023 15:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.053
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
"Mi sento donna". Partecipa alla gara femminile e smaschera l'inclusione trans



Il mondo dello sport internazionale si interroga sulla possibilità per le atlete trans di partecipare alle competizioni femminili. Pochi giorni fa Swim England ha annunciato la creazione di una categoria "aperta" per garantire la correttezza delle gare, mentre World Athletics ha introdotto un severo divieto. A prescindere dall'identità di genere, a rischio vi è la regolarità dello sport, soprattutto nelle competizioni più fisiche. È il caso del powerlifting, mondo che da giorni è alle prese con il caso Avi Silverberg. Noto allenatore di powerlifting, Silverberg ha deciso di partecipare ad una competizione di distensione su panca femminile nell'Alberta in Canada. Lui, barbuto e tutto muscoli, contro decine di donne, il risultato non ha destato sorprese: vittoria e record infranto. E non di poco: ha sollevato quasi 160 chili, superando di circa 45 chili il precedente record femminile nella categoria 84 kg+. La provocazione di Silverberg è tutta qui. Il primato superato era stato fissato da un'atleta trans, Anne Andres, che ha vinto otto concorsi su nove partecipazioni, deridendo le avversarie perché "deboli". E la Andres non ha accolto sportivamente la mossa del powerlifter, definito "un codardo intollerante". Ma come è stato possibile per Silverberg partecipare alla competizione? Semplice, grazie a un regolamento pregno di inclusività forzata: secondo quanto previsto dalla politica di autoidentificazione della Canadian Powerlifting Union, chi si identifica come donna può partecipare alle competizioni femminili, non sono necessari metodi di transizione o terapie ormonali. In altre parole, è sufficiente un'autodichiarazione e il muscoloso trainer ha potuto prendere parte alla gara senza il minimo problema, alla faccia della regolarità della sfida. La provocazione di Silverberg è stata sostenuta dall'Independent Council on Women's Sports (ICONS), gruppo di atlete che sostiene l'accesso delle donne ad una competizione leale:"Silverberg ha preso in giro la politica discriminatoria della Canadian Powerlifting Union, che consente ai concorrenti di registrarsi con 'identità ed espressione di genere', piuttosto che con il sesso o il genere". Secondo le attiviste, le linee attuali che consentono agli uomini di accedere alle competizioni femminili "cancellano completamente qualsiasi integrità". Sul caso è intervenuta anche l'influencer del mondo del bodybuilding Greg Doucette:"Se un ragazzo può semplicemente presentarsi e stabilire un record in una gara femminile, non è chiaro che non è giusto? [...] Se nasci femmina non sarai mai così potente e così forte come se fossi nato maschio".

Massimo Balsamo
07 aprile 2023
www.ilgiornale.it/news/cronaca-internazionale/mi-sento-donna-partecipa-gara-femminile-e-smaschera-2135...
18/05/2023 17:28
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.087
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
Il pubblico stronca la Cleopatra “woke” di Netflix:“Punteggio di critica più basso della storia”

Anche in questa occasione l’adagio go woke, go broke trova la sua conferma: il documentario Queen Cleopatra prodotto da Netflix, al centro dalle polemiche per aver proposto una versione woke, nera e completamente antistorica della sovrana (di origine macedone-greca), ha ricevuto il punteggio più basso mai ottenuto da una pellicola sul sito Rotten Tomatoes. Si parla dell’uno per cento di gradimento del pubblico, a indicare che gli spettatori cominciano ad averne piene le tasche di queste distorsioni in salsa black di fatti storici comprovati in ossequio ai dogmi inclusivi e antirazzisti.

La Cleopatra di Netflix stroncata dal pubblico
Il documentario, facente parte della serie African Queens, esplora l’ascesa e la caduta dell’ultimo faraone d’Egitto. Netflix lo ha lanciato il 10 maggio, a un mese dalla diffusione del trailer ufficiale, che suscitò una tale mole di polemiche da costringere la piattaforma a disattivare i commenti sotto il video. Al centro delle critiche la scelta dell’attrice protagonista, caduta sull’afrobritannica Adele James. Decisamente troppo nera per impersonare Cleopatra, di discendenza greco-macedone, essendo di stirpe tolemaica. Prodotto e diretto da Jada Pinkett Smith, moglie di Will Smith, alterna interviste a vari «esperti» e momenti di azione scenica che vorrebbero fare luce sull’origine etnico-culturale della regina. Gli «esperti» adducono prove dell’africanità di Cleopatra quali «ricordo mia madre dirmi, non mi importa cosa ti dicono a scuola, Cleopatra era nera» o «la immagino con i capelli ricci come me». Molto scientifico.

La rivolta parte dall’Egitto

La rivolta contro questo ennesimo sfondone in malafede politicamente corretto è partita proprio dall’Egitto, dove l’avvocato Mahmoud al-Semary ha intentato una causa presso il Pubblico Ministero del Paese, chiedendo la chiusura di Netflix, mentre l’ex Ministro delle Antichità del Cairo, Zahi Hawass, ha condannato il documentario bollandolo come «completamente falso». «Cleopatra era greca, nel senso che aveva la pelle chiara, non nera. Gli unici sovrani d’Egitto noti per essere stati neri erano i re Kushiti della 25a dinastia (747-656 a.C.). Netflix sta cercando di provocare confusione diffondendo fatti falsi e ingannevoli secondo cui l’origine della civiltà egizia è nera». Nel denunciare Netflix, al-Semary ha affermato che lo spettacolo presentava contenuti in aperta violazione delle leggi sui media egiziani e ha accusato Netflix di tentare di «promuovere il pensiero afrocentrico… che include slogan e testi volti a distorcere e cancellare l’identità egiziana».

Cristina Gauri
16 maggio 2023
www.ilprimatonazionale.it/economia/il-pubblico-stronca-la-cleopatra-woke-di-netflix...
25/05/2023 21:05
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.094
Registrato il: 21/11/2007
Città: ROMA
Età: 43
Sesso: Maschile
Utente Master
OFFLINE
Federazione Mondiale di Atletica: no ai maschi biologici trans nelle competizioni femminili d’élite

La Federazione Mondiale di Atletica Leggera ha dichiarato di aver vietato ai maschi biologici trans di gareggiare nelle competizioni femminili d’élite e di aver inasprito le restrizioni sul testosterone per altri atleti. Ha poi sottolineato che la sua massima priorità è mantenere l’integrità della categoria femminile nell’atletica. Il Consiglio ha dichiarato di aver accettato di escludere gli atleti trans che hanno attraversato la pubertà maschile dalle competizioni femminili del World Athletics Ranking, con obbligo in vigore dal 31 marzo 2023. «Le decisioni sono sempre difficili quando coinvolgono bisogni e diritti contrastanti tra gruppi diversi, ma continuiamo a ritenere che dobbiamo mantenere l’equità per le atlete al di sopra di ogni altra considerazione», ha dichiarato il Presidente della World Athletics, Sebastian Coe. Coe ha affermato che la decisione potrà essere rivista in futuro con lo sviluppo della scienza sulle prestazioni fisiche e sul vantaggio maschile:«Man mano che saranno disponibili ulteriori prove, rivedremo la nostra posizione, ma riteniamo che l’integrità della categoria femminile nell’atletica sia fondamentale».

Atleti con DSD
Per quanto riguarda gli atleti con differenze nello sviluppo sessuale (DSD), i nuovi regolamenti richiedono loro di ridurre i loro livelli di testosterone a 2,5 nanomoli per litro per almeno 24 mesi per competere nella categoria femminile, inclusi tutti gli eventi. I regolamenti non hanno più restrizioni su eventi specifici. Gli atleti interessati che stanno già gareggiando in quelli che secondo i regolamenti precedenti erano gli eventi senza restrizioni (distanza inferiore a 400 metri e superiore a un miglio, più eventi sul campo), saranno soggetti a disposizioni provvisorie. Questi includono l’obbligo di sopprimere i loro livelli di testosterone al di sotto di 2,5 nanomoli per litro per un minimo di sei mesi prima che possano competere di nuovo. Il DSD è un gruppo di condizioni rare in cui gli ormoni, i geni e/o gli organi riproduttivi di una persona possono essere un mix di caratteristiche maschili, a volte indicato come «intersessualità». Le regole più rigide sul testosterone avranno un impatto sugli atleti con DSD, come la due volte campionessa olimpica degli 800 metri Caster Semenya, e come Christine Mboma, medaglia d’argento olimpica del 2020 nell’evento dei 200 metri. La Federazione ha affermato che, in termini di regolamenti DSD, ha alle spalle oltre dieci anni di ricerca e prove dei vantaggi fisici che maggiori livelli di testosterone apportano alla categoria femminile.

Tuttavia, attualmente non ci sono atlete transgender che competono a livello internazionale nell’atletica e, di conseguenza, il Consiglio non ha prove specifiche dell’impatto che queste atlete avrebbero sull’equità della competizione femminile nell’atletica. In queste circostanze, il Consiglio ha deciso di dare la priorità all’equità e all’integrità della competizione femminile. Tuttavia, ha convenuto di istituire un gruppo di lavoro per 12 mesi per esaminare ulteriormente la questione dell’inclusione dei transgender. Parte del compito del gruppo di lavoro sarà esaminare ulteriori ricerche non appena disponibili e presentare raccomandazioni all’esame del Consiglio. Le misure più severe su quella che è una delle questioni più controverse nello sport seguono una mossa simile da parte della World Aquatics nel 2022. Il Consiglio aveva precedentemente considerato di consentire agli atleti transgender di competere nella categoria femminile se, come gli atleti con DSD, avessero mantenuto i livelli di testosterone al di sotto di 2,5 nanomoli per litro per 24 mesi. Ma la federazione ha affermato giovedì di essere consapevole che c’era poco sostegno per una tale proposta:«Non stiamo dicendo di no per sempre», ha chiarito Coe in una conferenza stampa. Lo scorso giugno, la World Aquatics, la Federazione Internazionale del Nuoto, ha approvato con il 71 per cento del voto a favore delle federazioni nazionali, l’esclusione delle donne transgender dalle competizioni d’élite se hanno vissuto una parte della pubertà maschile. Questa decisione si è basata su prove scientifiche che dimostrano che le donne transgender, anche dopo aver ridotto i loro livelli di testosterone attraverso i farmaci, hanno ancora un vantaggio significativo.

Reazioni
Diverse donne d’élite nell’atletica leggera hanno accolto con favore la decisione, mentre un certo numero di atleti transgender l’ha condannata. L’atleta britannica e olimpionica Emily Diamond, che ha vinto il bronzo nella staffetta 4×400 metri a Rio nel 2016, ha scritto in un tweet:«Grazie per aver seguito la scienza. Un grande passo per l’equità e la protezione della categoria femminile; si spera che ora questa sia la regola a tutti i livelli, non solo negli eventi di classifica d’élite». L’olimpionica e maratoneta Mara Yamauchi ha twittato:«Buone notizie! Strano celebrare qualcosa di buon senso». Ro Edge, portavoce di Save Women’s Sports Australasia, un gruppo che si batte contro le atlete transgender nello sport femminile, ha applaudito la decisione. «Beh, non è un divieto, in realtà si muove solo per proteggere la categoria femminile per le concorrenti femminili ed è stata un’ottima decisione. Quindi è davvero rassicurante sentire il Presidente Seb Coe dire che devono mantenere l’equità della partecipazione femminile al di sopra di ogni altra considerazione». La transgender ciclista canadese Kristen Worley ha contestato legalmente le politiche di genere del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), definendo la decisione «scoraggiante e deludente». Ricki Coughlan, uno dei primi atleti transgender australiani nella corsa professionistica, ha affermato che la sentenza incoraggia le «forze dell’odio» contro le persone transgender.

Tom Ozimek
25 marzo 2023
www.epochtimes.it/news/federazione-mondiale-di-atletica-no-ai-maschi-biologici-trans-nelle-competizioni-femminili...
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:32. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com

 

 

Statistiche nwo.it

 

Statistiche Forum