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L’Unione Europea alle corde: Polonia ed Ungheria guidano la rivolta contro la Commissione Europea

Ultimo Aggiornamento: 09/10/2021 14:22
01/03/2017 01:15
 
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Mai come in questo periodo si dimostra irreversibile lo stato di crisi che affligge quella costruzione verticistica che prende il nome di Unione Europea. E’ arrivata l’elezione di Donald Trump per mettere in chiaro che gli Stati Uniti non ripongono più fiducia in quel sistema che loro stessi a suo tempo hanno contribuito ad edificare. Privati del sostegno USA, i tecnoburocrati della UE appaiono come smarriti e perplessi di fronte ai piani occulti della nuova amministrazione USA e si aggrappano alla NATO come un prolungamento istituzionale degli organismi europei, tanto che si susseguono dichiarazioni di incrollabile fiducia nel ruolo della NATO e della coesione dei Paesi dell’Unione, affogando poi i loro discorsi nella abituale retorica dei valori europei (?) e della comune difesa di fronte alle minacce che incombono, ecc… ecc… In realtà i tecnoburocrati europei hanno la memoria corta e dimenticano di come sia nata l’Unione Europea: tralasciando i miti e le leggende della propaganda europide, i fatti ed i documenti trovati di recente gettano una luce ben diversa sui veri fondamenti ed interessi su cui era nata l’Unione Europea. Chi ha concepito, creato e finanziato l’Unione Europea aveva bisogno di un’Europa debole, di un Europa in crisi, di Stati e Governi senza potere decisionale e di popoli senza sovranità. Questa realtà documentata è venuta fuori da documenti ufficiali incontrovertibili di cui i media non hanno mai parlato. Era un progetto voluto dalla élite anglo-americana ed eseguito dal duo franco-tedesco, con il ruolo di capi zona, quello da cui nacque la CECA (Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio), promossa proprio da Francia e Germania (Schuman e Monnet) e che fu poi portato avanti da Mitterand e Kohl. Ed era implicito che un progetto franco-tedesco prevedesse il dominio della Francia e della Germania sugli altri Paesi europei, escluso il Regno Unito, affiliato diretto degli USA con il ruolo di quinta colonna degli interessi del grande capitale statunitense. Questa Unione Europea che oggi vive la sua crisi, forse definitiva, è esattamente la realizzazione di quel progetto, e in particolare l’euro, che è palesemente un fallimento dal punto di vista dei popoli e dei lavoratori ed è il successo di chi lo ha concepito (i potentati finanziari sovranazionali). Con il cambio di paradigma che sta avvenendo negli equilibri mondiali (fine della globalizzazione, tramonto del modo unipolare), si rende inevitabile una radicale modifica delle stesse basi su cui era stata edificata l’Unione Europea, che dimostra una scarsa o inesistente capacità di adattarsi ai grandi cambiamenti in corso. Comprendere le nuove realtà in corso di trasformazione non è una possibiltà alla portata di personaggi come Jean-Claude Juncker, la Mogherini, Moscovici o Cecilia Malmström, molto più adatti a trattare con i lobbisti e le grandi entità finanziarie di riferimento.

Infatti i Paesi più reattivi dell’Unione, quelli dell’Est europeo, in particolare Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia, si mostrano sempre più insofferenti alle pretese di Bruxelles e si sono coalizzati fra di loro per contestare le politiche di accentramento burocratico della Commissione Europea, che continua a pretendere di intromettersi per regolare le questioni interne dei vari Paesi dettando regole e direttive. In Polonia, nell’ottobre del 2015, è salito al potere il partito nazionalista e conservatore di Legge e Giustizia (PIS) ed uno dei suoi primi atti è stato quello di modificare il meccanismo di elezione dei giudici della Corte Costituzionale e di non riconoscere quelli eletti dalla precedente giunta politica. Questo fatto ha determinato un contenzioso con Bruxelles, che accusa il governo di Varsavia di violazione dello “stato di diritto”, della democrazia e dei “diritti umani”, minacciando sanzioni a carico della Polonia. Il Consiglio ed il Parlamento Europeo hanno manifestato la loro preoccupazione ed hanno richiesto a Varsavia di ritirare la sua riforma minacciando Varsavia con la sospensione del diritto di voto ed altre sanzioni. Questa crisi costituzionale ha dato luogo ad una serie di manifestazioni di piazza in Polonia sobillate da vari “comitati per la democrazia” e da varie ONG dietro cui si ritiene che vi sia la solita ‘manina’ di George Soros. Una prossima “rivoluzione colorata” anche in Polonia? Probabile. In ogni caso, a fianco ed a sostegno della Polonia si è schierata l’Ungheria di Viktor Orban, rifiutando di aderire alle sanzioni contro Varsavia, considerando che anche quello di Orban è un governo fortemente contestato dai “globalisti” della UE e dalla sinistra mondialista europea. I Paesi dell’Est Europa (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Rep. Ceca) hanno costituito un gruppo per la mutua difesa, denominato Gruppo Visegrad, che si oppone alle politiche dettate dalla Commissione e che in particolare respinge l’imposizione di Bruxelles di accettare le quote in tema di immigrazione e che richiede la difesa delle frontiere comuni dell’Unione Europea. Questo gruppo costituisce fra l’altro una lezione anche per i Paesi del sud Europa, come Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, Paesi che, pur avendo molto in comune, non sono stati capaci di coalizzarsi fra di loro per trattare con Bruxelles ed evitare le imposizioni subite a favore degli interessi prevalenti della Germania e del suo sistema economico che ha dettato le sue condizioni a Bruxelles a scapito degli altri Paesi. Vedi l’enorme surplus accumulato nell’export della Germania, che oggi inizia a “dare fastidio” anche agli USA di Trump. Un chiaro esempio di incapacità di tutelare i propri interesi nazionali. Al contrario di quanto hanno fatto Paesi come l’Italia e la Germania, i Paesi dell’est si sono rifiutati di aprire le loro frontiere ad una migrazione di massa incontrollata ed incontrollabile. Molto dura in proposito la posizione del Presidente della Repubblica Ceca, Milos Zeman, il quale aveva dichiarato:“I migranti, quelli che arrivano dai Paesi in conflitto, tutti giovani, single ed in età da combattimento, sono i disertori e noi non siamo moralmente obbligati ad accoglierli. Piuttosto ritornino indietro a combattere per difendere i propri Paesi”. Del tutto simile in tema di immigrazione anche la posizione dei governi di Budapest e di Varsavia.

Ungheria e Polonia hanno fatto quadrato contro le direttive della Commissione Europea anche quando questa Commissione ha imposto a tutti gli Stati di riconoscere gli effetti giuridici del matrimonio fra coppie dello stesso sesso, ovunque sia stato celebrato tale matrimonio nei Paesi della UE. Ungheria e Polonia si sono fermamente opposte dichiarando che questa direttiva costituisce una violazione del diritto sovrano di ogni Paese membro a legiferare in proprio su Istituti quali matrimonio e famiglia. Altrettanto accade per le direttive di carattere “ideologico” che Bruxelles produce alacremente in tema di educazione ‘gender’ nelle scuole, di diritto all’aborto, di eugenetica, ecc… Varsavia e Budapest hanno alzato un muro contro questa diffusione di pseudo valori relativisti che i “fratelli del compasso” della Commissione Europea vorrebbero far adottare a tutti gli Stati dell’Unione. Polonia ed Ungheria, con la loro resistenza ad adottare normative estranee ai propri ordinamenti costituzionali ed alle proprie tradizioni religiose e culturali (esattamente quelle che la UE vuole abolire) hanno dimostrato che l’Unione si è di fatto disgregata e l’omologazione richiesta da Bruxelles viene rigettata come estranea nel cuore dell’Europa. L’esempio di questi Paesi si prevede che potrà presto essere seguito da altri. La UE si è fratturata anche sulla questione delle sanzioni alla Russia: molti Paesi si oppongono alla guerra commerciale imposta da Washington all’Europa, che danneggia fortemente le economie dei Paesi più esposti e, a tre anni di distanza, non ha ottenuto alcun risultato concreto salvo esasperare i rapporti con il grande Paese euroasiatico. In alcuni Paesi crescono le resistenze e le critiche alla posizione di vassallaggio che i governi europei mantengono nei confronti delle politiche dettate da Washington e dalla NATO. Nella prospettiva a breve e medio termine sono in vista scadenze elettorali importanti che coinvolgeranno la Francia, l’Olanda, la Germania e probabilmente anche l’Italia. Questo potrebbe determinare una svolta, vista l’ascesa di movimenti e partiti definiti ‘populisti’ e anti UE che hanno in comune la volontà di un recupero della sovranità nazionale ed un affrancamento dalle politiche seguite fino ad oggi da questa Unione. La crescita di questi partiti è direttamente proporzionale alle disastrose politiche adottate dalla UE in tema di immigrazione, austerità economica e subordinazione alle grandi lobby transnazionali. Quali che siano i risultati rimane certo che si determinerà un lungo periodo di turbolenza politica in cui tutto potrà accadere e la disgregazione totale dell’Unione non è esclusa, con buona pace di quanti ne proclamavano l’irreversibilità.

Luciano Lago
26 febbraio 2017
www.controinformazione.info/lunione-europea-alle-corde-polonia-ed-ungheria-guidano-la-rivolta-contro-la-commissione-...
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