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Addio CFA, benvenuto ECO: anche l’Africa vuole liberarsi dall’oppressione della BCE

Ultimo Aggiornamento: 24/04/2024 15:21
27/09/2022 16:54
 
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Burkina Faso e Russia consolidano rapporti di cooperazione

Burkina Faso e Russia vogliono consolidare la propria cooperazione bilaterale “in vista delle sfide” che il Sahel, e la situazione globale, mettono davanti: il Presidente del Burkina Faso, il Tenente Colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, a capo della giunta militare che ha preso il potere a Ouagadougou, e il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si sono incontrati ieri, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e hanno discusso del rafforzamento della cooperazione “reciprocamente vantaggiosa” per i due Paesi. Lo riporta la Presidenza burkinabè in un comunicato stampa. La cooperazione tra Russia e Burkina Faso ha più di 50 anni e “attualmente, c’è il desiderio di rafforzare ulteriormente questa cooperazione e portarla a un livello che sarà reciprocamente vantaggioso per entrambi i Paesi”, ha spiegato il Ministro degli Affari Esteri, della Cooperazione e dei Burkinabè all’Estero Olivia Rouamba, citata nel comunicato stampa. Di fronte a una crisi della sicurezza segnata da attentati terroristici dal 2015, il Burkina Faso si impegna a diversificare i propri partner per far fronte a questo fenomeno: a fine agosto il Presidente del Consiglio di Transizione burkinabé Albert Ouédraogo aveva dichiarato che il Burkina Faso si riservava di diversificare le proprie partnership, anche a costo di “offendere i partner storici”, sottolineando che “ci sono domande da porsi sulla partnership con la Francia”. Mentre nel Paese proseguono le attività della missione francese Barkhane, a differenza di quanto accaduto in Mali, anche la cooperazione militare con la Russia sembra rafforzarsi: Ouédraogo ha spiegato più volte che la diversificazione dei partenariati si basa, tra l’altro, sui principi di libertà, sincerità e indipendenza territoriale. Un secondo aspetto su cui il Presidente del Consiglio del Burkina Faso insiste da tempo in termini di cooperazione militare e umanitaria riguarda l’”ottimizzazione” dei partner:“Data la complessità della minaccia, abbiamo partner specializzati in questioni di formazione, altri in Intelligence e attrezzature, quindi spetta a noi ottimizzare i punti di forza di ogni partner”. Nei giorni del golpe militare diverse persone a Ouagadougou erano scese in piazza per offrire sostegno ai militari golpisti, molte munite di bandierine della Russia, mentre circolavano notizie circa la presenza di ausiliari del gruppo russo Wagner, sulla falsariga di quanto accaduto in Mali, a fianco dei golpisti. Notizie mai confermate.

26 settembre 2022
www.africarivista.it/burkina-faso-e-russia-consolidano-rapporti-di-cooperazione...
19/11/2022 13:30
 
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Anche il Regno Unito ritirerà il contingente militare in Mali

La Gran Bretagna ritirerà il contingente militare schierato in Mali a causa delle preoccupazioni di Londra per i legami del governo maliano con l’organizzazione mercenaria russa Wagner Group. Il Ministro delle Forze Armate James Heappey ha affermato il 14 novembre che il contingente britannico di 300 uomini assegnati a un reparto di ricognizione a lungo raggio nella missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite nello Stato del Sahel (MINUSMA) terminerà anticipatamente il suo dispiegamento triennale. Heappey ha inoltre confermato che il dispiegamento di elicotteri da trasporto CH-47 Chinook della Royal Air Force a sostegno dell’operazione francese Barkhane è stato “in effetti già ridotto” e si esaurirà con il completo ritiro delle truppe francesi ed europee dal Mali. Il Regno Unito ha completato quattro delle sei rotazioni di truppe previste a sostegno di MINUSMA, mentre la quinta consisterà in un’operazione logistica per il ritiro del contingente, determinato dopo che il Presidente Emmanuel Macron aveva annunciato a febbraio che le forze a guida francese che combattono i jihadisti nella regione si sarebbero trasferite dal Mali al Niger. Le decisioni riflettono la crescente preoccupazione nelle capitali occidentali per la sempre più stretta alleanza tra il Mali e la Russia. “Il nostro governo non può schierare le forze armate della nostra Nazione per fornire sicurezza quando il governo del Paese ospitante non è disposto a lavorare con noi per fornire stabilità e sicurezza durature”, ha detto Heappey, aggiungendo che il Governo Maliano “ha iniziato a lavorare con il gruppo mercenario russo Wagner e ha cercato attivamente di interferire con il lavoro sia delle missioni a guida francese che delle missioni delle Nazioni Unite”. Heappey ha elogiato il lavoro delle truppe britanniche in Mali definendolo “eccezionale” e ha affermato che dovrebbero essere “orgogliose di ciò che hanno ottenuto”. Heappey ha affermato che il Regno Unito sta lavorando a un progetto pilota con le Nazioni Unite da consegnare attraverso il team di sostegno alla pace britannico basato a Nairobi per sviluppare la capacità delle Nazioni che contribuiscono alle forze delle Nazioni Unite in tutta l’Africa. Il Segretario alla Difesa “ombra”, il laburista John Healey, ha chiesto perché il Regno Unito abbia impiegato “così tanto tempo” per prendere la decisione di ritirarsi. “Nove mesi dopo la Francia, otto mesi dopo la Svezia, perché la Gran Bretagna ha impiegato così tanto tempo per prendere la stessa decisione? Il ministro ha affermato che il Regno Unito continuerà a lavorare con la Francia e altri alleati per “riequilibrare” lo spiegamento del Regno Unito in Africa occidentale, dove permane una consistente attività islamista.

19 novembre 2022
www.analisidifesa.it/2022/11/anche-il-regno-unito-ritirera-il-contingente-militare-...
15/12/2022 13:38
 
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Zambia, abolita la pena di morte

Il Parlamento dello Zambia ha approvato ieri una legge per abolire la pena di morte. La legge di modifica del codice penale del 2022 è stata discussa negli ultimi due mesi e richiede solo il consenso presidenziale per entrare in vigore. “Non abbiamo obiezioni a questo processo, ma riteniamo che avrebbe dovuto iniziare prima con la legge suprema del Paese, la Costituzione; in particolare la terza parte: la Carta dei Diritti”, ha detto Stephen Kampyongo, membro del parlamento del partito di opposizione Fronte Patriottico. La pena di morte sarà ora sostituita con l’ergastolo. La Nazione dell’Africa australe ha posto una moratoria sulla pena di morte 25 anni fa.

14 dicembre 2022
www.africarivista.it/zambia-abolita-la-pena-di-morte/210410/
04/01/2023 17:23
 
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Burkina Faso: espulso l’ambasciatore francese Hallade

Il governo del Burkina Faso ha espulso l’ambasciatore di Francia Luc Hallade. Secondo quanto riferisce il quotidiano “Le Monde”, lo ha annunciato il portavoce del governo burkinabé, Jean-Emmanuel Ouedraogo, senza dare dettagli sulla questione. L’ambasciata di Francia in Burkina Faso non ha rilasciato commenti in merito. L’espulsione del diplomatico francese avviene due settimane dopo che Barbara Manzi, rappresentante delle Nazioni Unite, è stata dichiarata persona non grata. La notizia dell’espulsione di Hallade era stata anticipata ieri da fonti diplomatiche citate dall’agenzia di stampa “APA”, secondo cui lee autorità di Transizione del Burkina Faso hanno chiesto al governo francese di richiamare il proprio ambasciatore ritenendo che non sia più un “interlocutore affidabile”. La decisione arriva dopo che all’inizio di luglio l’ambasciatore Hallade aveva scritto in una lettera indirizzata ai deputati francesi che la crisi della sicurezza in Burkina è “in realtà una guerra civile”, aggiungendo che “parte della popolazione si ribella allo Stato e cerca di rovesciarlo”. Pochi giorni dopo, durante la commemorazione della festa nazionale francese a Ouagadougou, il diplomatico aveva insultato alcuni utenti sul WEB definendoli degli “utili idioti” che accusavano la Francia, senza prove, di essere coinvolta nella lotta al terrorismo nel Sahel. Descrivendo queste osservazioni come “scortesi” e “ostili”, il governo del Burkina Faso aveva protestato vigorosamente con le autorità di Parigi e alcuni cittadini avevano chiesto la sua espulsione. A metà dicembre, inoltre, due cittadini francesi accusati di spionaggio dell’esercito sono stati espulsi dal Paese africano. Se confermata, la notizia rappresenterebbe dunque soltanto l’ultimo passo nella disputa diplomatica tra Burkina Faso e Francia che va avanti ormai da diversi mesi, specialmente dopo il colpo di Stato dello scorso 30 settembre, il secondo avvenuto in Burkina nell’ultimo anno, che ha portato al potere il Capitano Ibrahim Traoré. Da allora sono state organizzate diverse manifestazioni contro la presenza di militari francesi nel Paese, in un contesto di graduale riavvicinamento alla Russia, come avvenuto nel vicino Mali.

03 gennaio 2023
www.agenzianova.com/news/burkina-faso-espulso-lambasciatore-francese-...
09/03/2023 18:52
 
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Via dal Burkina Faso, la Francia torna a casa

Il ritiro di Parigi dal Burkina Faso è diventato ufficiale quando lo scorso 22 gennaio il Ministero degli Esteri francese ha dichiarato di aver ricevuto da parte del governo burkinabè una richiesta formale di cessazione dell’accordo che regolava la presenza di Parigi nel Paese. Nelle dichiarazioni pubbliche del suo Ministero, la Francia si è impegnata a rispettare i termini dell’accordo stipulato tra i due Paesi nel 2018, ritirando le sue truppe entro un mese. La richiesta delle autorità burkinabè non coglie di sorpresa. È solo l’ultima di una lunga serie: a dicembre il Ministero degli Esteri francesi aveva già ricevuto una lettera con cui Ouagadougou chiedeva a Parigi di sostituire il proprio ambasciatore, ritenendo che non fosse più un interlocutore affidabile. Nello stesso periodo le autorità burkinabè avevano ordinato l’espulsione di Barbara Manzi, inviata delle Nazioni Unite, definendola “persona non grata” e accusandola di aver trasmesso un quadro eccessivamente negativo degli standard di sicurezza nel Paese. Al di là delle richieste formali, l’insofferenza della società civile nei confronti degli attori occidentali, ma soprattutto francesi, nella Regione era negli ultimi mesi sotto gli occhi di tutti. Manifestazioni antifrancesi hanno accompagnato il colpo di Stato, il secondo in un anno, con cui la giunta militare di Ibrahim Traoré ha preso il potere a fine settembre dell’anno scorso. Da allora le proteste non si sono fermate. Ad ottobre i manifestanti hanno attaccato il centro culturale francese nella capitale Ouagadougou. A novembre hanno preso di mira anche l’ambasciata e la base militare francese nel Paese. Le manifestazioni si sono ripetute pochi giorni prima dell’annuncio ufficiale del ritiro francese. Ad alimentare il malcontento popolare contro Parigi è una percezione generale del fallimento della missione francese nella Regione, che avrebbe dovuto supportare le forze locali nella lotta al terrorismo. Da anni il Burkina Faso lotta contro l’insurrezione jihadista, attiva nella Regione del Sahel da circa un decennio. Il Paese è preda della violenza di cellule armate legate allo Stato Islamico del Grande Sahara (ISGS), affiliato all’ISIS, e a Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (JNIM), affiliato ad Al Qaeda.

A giugno dell’anno scorso, Mahamadou Issoufou, ex Presidente del Niger e mediatore tra il Burkina Faso e l’ECOWAS, aveva dichiarato che ormai Ouagadougou controllava solo il 60% del Paese e che il restante territorio rimaneva al di fuori del controllo dello Stato. Secondo gli ultimi aggiornamenti dell’International Crisis Group sulla situazione relativa alla sicurezza nel Paese, negli ultimi mesi del 2022 la violenza jihadista è rimasta diffusa con attacchi frequenti in diverse aree del territorio burkinabè. Secondo quanto dichiarato da Al Jazeera, il militare burkinabè Ouedraogo ha giustificato la volontà della giunta militare di porre fine alla presenza francese dichiarando alla Radio-Television du Burkina che il suo esercito e il suo Paese vogliono da oggi essere “i primi attori nella riconquista del territorio”. Eppure, sono tanti gli indizi che portano a pensare che in realtà Ouagadougou sia alla ricerca di nuovi alleati. Sulle orme del vicino Mali, il Burkina Faso sembra avvicinarsi sempre di più alla Russia di Vladimir Putin, anche se il governo di Traoré non ha ancora dichiarato nessuna alleanza ufficiale. Mosca è vista sia dai vertici che dalla società civile con maggior favore rispetto alla Francia, grazie anche all’assenza di un suo passato coloniale nella regione. In più, in contesti come il Mali e la Repubblica Centroafricana, le truppe del gruppo Wagner, la società privata di mercenari russi, hanno dimostrato di essere in grado di rispondere tempestivamente alle richieste dei militari locali, nonostante le gravi violazioni di diritti umani e gli attacchi brutali alla popolazione civile annessi. Il Burkina Faso non ha ancora confermato la presenza di Wagner sul suo territorio. Lo scorso 14 dicembre, però, il Presidente del Ghana Akufo-Addo aveva accusato Traoré di ospitare i mercenari russi nel contesto di un incontro con il Segretario di Stato americano Blinken. Le dichiarazioni avevano scatenato un conflitto diplomatico che si è risolto solo con una visita del Ministro della Sicurezza nazionale ghanese a Ouagadougou qualche giorno dopo. Altri due eventi recenti sembrano testimoniare la crescente influenza russa nel territorio burkinabè. Il primo è legato al permesso concesso da Ouagadougou al gruppo russo Nordgold per lo sfruttamento dei siti minerari della regione di Yimiougou.

Il secondo invece riguarda il viaggio non ufficiale del Primo Ministro burkinabè a Mosca per discutere della possibilità di stipulare degli accordi per lo scambio di attrezzature militari. La visita ha fatto parlare di possibili incontri segreti tra il Primo Ministro e i funzionari di Wagner. Il precedente maliano rimane all’attenzione di tutti. Dopo nove anni di presenza francese nel Paese, Parigi ha completato la sua ritirata dal Mali ad agosto. Anche a Bamako il ritiro francese è stato segnato da due colpi di Stato che hanno deteriorato le relazioni diplomatiche tra i due partner, dalla crescente impopolarità di Parigi agli occhi della società civile e da un avvicinamento evidente, oggi ufficiale, alla Russia. A novembre del 2022 Macron ha dichiarato formalmente conclusa l’Operazione Barkhane che, nei suoi momenti di massima gloria, contava circa 5.500 truppe francesi dispiegate in Mali, Niger, Ciad, Burkina Faso e Mauritania. Circa 3.000 truppe erano rimaste in Niger, Ciad e Burkina Faso, con un ruolo però visibilmente ridimensionato. Private della possibilità di agire indipendentemente, le forze francesi rimaste ricoprono solo una funzione di supporto alle azioni coordinate con gli eserciti nazionali. Alla luce degli ultimi eventi, le 400 forze speciali che la Francia aveva lasciato in Burkina Faso potrebbero essere trasferite in Niger. Saranno in grado di rimanerci?

Marta Cavallaro
05 febbraio 2023
www.atlanteguerre.it/via-dal-burkina-faso-la-francia-torna...
09/03/2023 19:03
 
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Il Mali vieta le ONG, la Francia dà la colpa alla Russia

Il Mali ha dichiarato un divieto sulle attività delle organizzazioni non governative all’interno del Paese che ricevono finanziamenti dalla Francia. La mossa è arrivata sulla scia della decisione della Francia di ritirare gli aiuti allo sviluppo al Paese, mentre le sue ultime truppe si ritirano dalla regione del Sahel, segnando la fine dell’Operazione Barkhane, durata otto anni. Quella che era iniziata come un’operazione antiterrorismo in Mali, fino a poco tempo fa aveva iniziato a prendere la forma di una vetrina per la visione del Presidente francese Emmanuel Macron di una difesa europea integrata. Ora quel sogno sembra andare in frantumi a causa di un’accoglienza troppo prolungata e di prestazioni non proprio brillanti. Di chi è la colpa? Della Russia, secondo Macron. Il fatto che ci siano stati tre colpi di Stato in Mali nell’arco di un decennio è praticamente tutto ciò che bisogna sapere sul ‘successo’ dell’operazione di sicurezza e stabilità in corso della Francia. Se si gioca abbastanza a lungo con una porta girevole, si rischia di essere colpiti in pieno viso. Ed è esattamente quello che è successo quando la Francia è stata cacciata all’inizio di quest’anno dall’ultimo governo provvisorio. Macron ha poi detto che il ritiro delle truppe francesi sarebbe avvenuto gradualmente, come se stesse ancora comandando in una ex colonia francese. Il messaggio dal Mali è stato chiaro: ora ve ne andrete. Quindi Macron ha detto che le truppe francesi sarebbero state semplicemente ridislocate altrove nella regione del Sahel. Ma il 7 novembre ha annunciato che anche la missione nel Sahel sarebbe terminata, nonostante le truppe francesi rimangano ancora in Ciad e in Niger. Ciononostante, Macron ha dichiarato che entro sei mesi ci sarà una nuova strategia militare francese per l’Africa, senza dubbio orientata principalmente a trovare un modo per restare come eventuale pretesto per mettere le mani dell’Occidente sulle risorse naturali africane di cui l’Europa ha disperatamente bisogno. Perché è sempre stato così. Basti pensare allo spettacolo oscuramente esilarante di Patrick Pouyanné, l’Amministratore Delegato della multinazionale francese Total Energies, che un paio di anni fa ha chiesto all’UE di inviargli assistenza militare in Mozambico, citando la crescente presenza di Daesh (ISIS).

Questo indica che una volta che l’industria occidentale ha piantato con successo i suoi piedi all’interno di un Paese e si è assicurata le sue risorse, la lotta al terrorismo non ha più molta importanza. Gli esperti politici africani qui a Parigi hanno detto negli ultimi anni che l’operazione francese nel Sahel aveva esaurito la sua accoglienza e che la sua efficacia anti-jihadista era molto dubbia, se non addirittura disastrosa. Si potrebbe pensare che questo abbia portato a un pò di riflessione da parte di Parigi, in particolare quando il sentimento antifrancese si sta moltiplicando nel continente, con le proteste in Burkina Faso che hanno scatenato un dibattito sulla presenza di truppe in quel Paese. Ma, prima che qualsiasi introspezione avesse una possibilità, Macron ha trovato un capro espiatorio per i fallimenti africani di Parigi e dell’Europa: La Russia. “Alcune potenze, che vogliono diffondere la loro influenza in Africa, lo fanno per danneggiare la Francia, per danneggiare la sua lingua, per seminare dubbi, ma soprattutto per perseguire determinati interessi”, ha detto Macron questa settimana in occasione di una conferenza francofona in Tunisia, citando un “progetto predatorio” della Russia per spingere la “disinformazione”. Macron sembra ancora arrabbiato per il fatto che, quando il governo maliano ha cacciato le truppe francesi, ha optato invece per una maggiore cooperazione di sicurezza con la Russia, con l’ultimo di questi accordi firmato proprio questa settimana durante la visita del Ministro degli Interni del Mali Daoud Aly Mohammedine al Cremlino. Non è possibile che Macron sia così ingenuo da pensare che la concorrenza globale non esista. Né è ignaro del fatto che i Paesi si vendono costantemente come partner di altre Nazioni. L’intero corpo diplomatico di una Nazione serve a questo. Sono persone glorificate che si occupano di vendite e di pubbliche relazioni.

E se, nonostante la cooperazione di sicurezza della Francia in Mali, i jihadisti dilagano e si verificano colpi di Stato, perché quel Paese non dovrebbe esercitare il suo diritto sovrano di scegliere un altro fornitore di sicurezza? Piuttosto che assumersi la responsabilità, per Macron è più facile incolpare la Russia per i fallimenti della Francia e si adatta all’attuale narrazione occidentale dominante. Due anni fa, Facebook ha dichiarato di aver messo il dito su quello che sosteneva essere un duello di sforzi di influenza online nella Repubblica Centrafricana da parte di “individui associati all’esercito francese” che sscontravano con altri collegati alla Russia. L’incidente sottolinea che Parigi è impegnata a fondo negli sforzi per salvare la sua impronta in Africa utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione, comprese le operazioni di influenza in cui Macron finge pubblicamente che la Francia e i suoi alleati non si impegnerebbero mai. A quanto pare, il Mali non è d’accordo. Tra tutti i possibili sforzi dei vari Paesi che cercano di competere per i partenariati in Africa, il Mali ha appena individuato la Francia vietando la sua capacità di utilizzare le ONG del Paese come proxy a sostegno dell’agenda di Parigi. Quindi, nonostante le accuse di Macron che la Russia stia prendendo piede in Africa attraverso la “disinformazione”, sono le operazioni di influenza della Francia stessa che i Paesi africani come il Mali stanno effettivamente denunciando.

Cristiano Volpi
Fonte: www.thecitizen.co.tz/tanzania/oped/mali-bans-ngos-france-blames-russia...

14 febbraio 2023
africa24.it/2023/02/14/il-mali-vieta-le-ong-la-francia-da-la-colpa-alla...
11/03/2023 00:15
 
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Perché la Russia adesso ha mano libera in Africa centrale

Gli ultimi 130 soldati francesi dispiegati nella Repubblica Centrafricana lasceranno il Paese entro la fine dell’anno. La conferma di questo ritiro è stata confermata dall’ambasciatore francese a Bangui con una lettera inviata al Ministero della Difesa centrafricano. Con la partenza di questi ultimi militari finisce l’influenza di Parigi su questo ex bastione francese nell’Africa centrale. Un ritiro che era nell’aria da tempo, visto che il Paese si è messo totalmente nelle mani della Russia, con una presenza massiccia dei mercenari della Compagnia Wagner, che di fatto controlla il Paese. In tutto e per tutto Mosca ha sostituito Parigi. Adesso la Russia ha mano libera in Africa centrale. Questa partenza dalla Repubblica Centrafricana arriva a pochi mesi dal ritiro dei militari di Parigi dal Mali, avvenuta al termine del consumato divorzio tra i due Paesi e con la decisione della giunta militare di Bamako di avvalersi dei servizi degli istruttori russi per aiutare a proteggere e fronteggiare le milizie jihadiste nel Paese. Militari, anch’essi, che appartengono alla Wagner. Bamako, come Bangui, si è messa totalmente nelle mani dei russi.

Nella Repubblica Centrafricana, il contingente francese, di stanza al campo di M’Poko all’aeroporto di Bangui, fornisce la logistica ai soldati della Missione di Addestramento dell’Unione Europea (ETUM) e a un contingente della Missione delle Nazioni Unite nel Paese (Minusca). Questa missione logistica ha sostituito, nel giugno 2021, il distaccamento di supporto operativo francese a Bangui, che ha svolto cooperazione e, in particolare, addestramento militare per le Forze Armate Centrafricane (FACA). Nell’estate del 2021 Parigi ha deciso di sospendere la sua cooperazione militare con Bangui, ritenuto “complice” di una campagna antifrancese guidata proprio dalla Russia. Ex potenza coloniale, la Francia è intervenuta regolarmente e militarmente nella Repubblica Centrafricana sin dalla sua indipendenza nel 1960. Nel territorio centrafricano erano presenti due basi militari, quella di M’Poko e quella di Bouar, che insieme contavano circa 1.600 effettivi per tutti gli anni Novanta dello scorso secolo, oltre a mezzi militari, tra cui aerei ed elicotteri da combattimento, che sono progressivamente diminuiti negli anni successivi. La Repubblica Centrafricana è sempre stata un presidio militare della Francia nella regione. Oggi il Paese si è trasformato in un avamposto africano di Mosca.

Nel 2013, Parigi ha schierato più di mille soldati nel Paese nell’ambito dell’Operazione Sangaris, con il via libera della Nazioni Unite, per porre fine alla violenza tra le comunità. Operazione che è durata fino al 2016. Approfittando del vuoto creato dalla partenza del grosso delle truppe francesi, Mosca ha inviato in questo Paese, tra i più poveri del mondo, “istruttori militari” nel 2018 e centinaia di paramilitari nel 2020 su richiesta del governo di Bangui, per far fronte alla guerra civile che imperversava e imperversa ancora oggi. La Francia, come ha fatto in Mali, ha accusato regolarmente questi paramilitari, i mercenari della Compagnia Wagner, di aver commesso abusi contro i civili e di aver instaurato un regime “predatorio” delle risorse della Repubblica Centrafricana. Con la partenza dei francesi si apre una voragine nel supporto logistico alle truppe europee di EtUM, che si trovano di fronte ad un dilemma di non poco conto: trovare un’altra forza logistica in grado di fornire cibo, energia e acqua, oppure lasciare il Paese. Gli europei, tuttavia, hanno già ridotto le loro attività da diversi mesi, svolgendo più una funzione di consulenza strategica e non più di formazione.

A lasciare il paese non sono solo i militari francesi, ma anche la compagnia petrolifera di bandiera, la Total, sembra essere intenzionata a vendere le sue attività nel Paese a causa, ufficialmente, della crisi dei combustibili e del clima imprenditoriale non più favorevole alla Francia. Secondo quanto riporta Radio France international, più della metà delle stazioni di servizio della Total nella Repubblica Centrafricana sono ora chiuse per mancanza di carburante; solo quelle della capitale Bangui lavorano a singhiozzo, a seconda delle scorte disponibili, con disagi enormi per la popolazione, ma anche per i trasportatori di merci e per i servizi di taxi e mototaxi. Ultimo importatore di carburanti nel Paese, Total limita i suoi acquisti perché la vendita è stata effettuata in perdita per mesi. Il prezzo regolamentato di un litro di benzina è di 865 Franchi CFA, circa 1,30 euro, alla pompa, ma costa al fornitore dal 30 al 40% in più. Lo Stato dovrebbe sovvenzionare la differenza, ma attualmente ha un debito nei confronti della compagnia petrolifera di diverse decine di milioni di euro. Secondo un dirigente di Total sentito da Radio France, che ha mantenuto l’anonimato, il mercato centrafricano è “l’equivalente di una stazione autostradale francese”. Il disimpegno militare francese ha reso ancora più diseconomica la presenza di Total. Quello che era il bastione più importante francese nell’Africa centrale ora è totalmente nelle mani della Russia, che proprio dalla Repubblica Centrafricana ha iniziato la sua avventura di “conquista” dell’Africa.

Angelo Ferrari – AGI
16 ottobre 2022
www.africarivista.it/perche-la-russia-adesso-ha-mano-libera-in-africa-centrale...
[Modificato da wheaton80 11/03/2023 00:23]
24/03/2023 16:16
 
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Russia e Africa: legami che tendono a consolidarsi

A Mosca si è svolta il 19 e 20 marzo la Seconda Conferenza Parlamentare Russia-Africa, che ha coinvolto circa quaranta Paesi; l’incontro ha avuto anche un ruolo di preparazione del secondo vertice Russia-Africa che si terrà a San Pietroburgo il 27 e 28 luglio. Che l’interesse della Russia verso l’Africa sia in crescita è stato dimostrato anche dall’attivismo del Ministro degli Esteri Sergej Lavrov, che ha visitato nel corso di due diverse missioni, tra gennaio e febbraio, prima Sudafrica, Botswana, eSwatini, Eritrea e Angola e poi Mali, Mauritania e Sudan. E sono previste prima del vertice di luglio nuove missioni nel continente. Alla conferenza di Mosca, durante la sessione plenaria "Russia-Africa in un mondo multipolare", è intervenuto anche il Presidente Vladimir Putin, che ha annunciato la cancellazione di debiti delle Nazioni africane per oltre 20 miliardi di dollari. Inoltre, la Russia ha preso l’impegno di inviare gratuitamente cereali per i Paesi dell’Africa in difficoltà qualora l’accordo sul grano ucraino non dovesse essere rinnovato; la Black Sea Grain Initiative è stata di recente prorogata fino a maggio 2023 ma potrebbe non essere ulteriormente rinnovata qualora permanessero le sanzioni occidentali nel settore agricolo contro la Russia; Mosca si impegna però affinché questo non ricada sui Paesi africani, dove comunque il peso delle esportazioni russe era già nettamente superiore a quello dell’Ucraina.

Putin ha anche parlato del possibile sviluppo delle relazioni economiche:«Il fatturato commerciale reciproco sta crescendo di anno in anno, raggiungendo quasi 18 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno». Agli aspetti pratici utili a consolidare i legami, si uniscono altri temi, di valenza politica e psicologica; nella serata del 19 una sessione della conferenza è stata dedicata al neocolonialismo dell’Occidente e a come evitare che «la storia si ripeta». La Russia gioca una parte importante della sua partita in Africa nella forte diffidenza che il passato coloniale e un atteggiamento dell’Europa e degli Stati Uniti vissuto come paternalistico ispirano in molte Nazioni africane; la memoria del ruolo che l’Unione Sovietica ha svolto a favore dei movimenti anticoloniali può essere oggi rivisitata come un’eredità in positivo. I diffusi sentimenti antifrancesi nell’Africa Occidentale e gli accordi di cooperazione con la Russia nel campo della sicurezza e della difesa di Paesi come Mali, Burkina Faso e Sudan testimoniamo di questo orientamento. Gli accordi raggiunti con Pechino in seguito alla visita di Xi Jinping mostrano, secondo molti osservatori, come i rapporti fra i due Paesi siano assai sbilanciati e disegnino un ruolo della Russia come partner minore nello scenario globale che si sta delineando; le relazioni con il gigante asiatico e con l’Africa evidenziate dalla presenza di tante delegazioni a Mosca dimostrano però come l’isolamento internazionale di Mosca sia piuttosto relativo; anche le accuse della Corte Penale Internazionale non sembrano incidere fortemente sulle relazioni internazionali.

23 marzo 2023
www.treccani.it/magazine/atlante/geopolitica/Russia_Africa_leg...
26/07/2023 18:01
 
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Il francese non è più lingua ufficiale del Mali

In base alla nuova Costituzione, approvata con il 96,91% dei voti in un referendum tenutosi lo scorso 18 giugno e convalidato venerdì scorso, il francese non è più la lingua ufficiale del Mali. Lo era dal 20 giugno 1960, da quando ottenne l’indipendenza dalla Francia. D’ora in poi il francese sarà semplicemente considerata una “lingua di lavoro”, mentre tutte le 13 lingue nazionali parlate nel Paese riceveranno lo status di “lingua ufficiale”. In Mali si parlano circa 70 lingue locali e ad alcune di esse, tra cui bambara, bobo, dogon e minianka, è stato concesso lo status di lingua ufficiale con un decreto del 1982. Sabato, il leader della giunta del Mali, Assimi Goita, ha promulgato la nuova Costituzione. Da quando ha preso il potere con un colpo di Stato, nell’agosto 2020, l’Esercito del Mali ha sostenuto che la nuova Costituzione sarebbe stata fondamentale per la ricostruzione del Paese.

25 luglio 2023
www.africarivista.it/il-francese-non-e-piu-lingua-ufficiale-del-mali...
31/07/2023 19:00
 
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Colpo di stato in Niger: arrestati ministri e alti funzionari

La giunta militare che ha preso il potere in Niger ha arrestato altri tre alti politici del governo estromesso, ampliando gli arresti a dispetto degli appelli internazionali per ripristinare il governo democratico. L’Unione Africana, le Nazioni Unite, l’Unione Europea e altre potenze hanno condannato il rovesciamento del Presidente eletto Mohamed Bazoum. Il colpo di Stato ha sollevato timori per la sicurezza della circostante regione del Sahel. Gli Stati Uniti, l’ex potenza coloniale francese e altri stati occidentali hanno truppe in Niger e hanno lavorato con il governo combattendo le forze militanti legate allo Stato Islamico e ad al-Qaeda. La preoccupazione occidentale per il colpo di Stato è anche acuita dalla posizione del Niger come settimo produttore mondiale di uranio, il metallo radioattivo ampiamente utilizzato per l’energia nucleare e per curare il cancro. Le forze della giunta hanno arrestato il Ministro delle Miniere del governo estromesso, il capo del partito al governo, e il Ministro del Petrolio Mahamane Sani Mahamadou, che è anche il figlio dell’ex Presidente Issoufou Mahamadou. Mentre il Ministro dell’Interno, il Ministro dei Trasporti e un deputato erano già stati arrestati.

31 luglio 2023
agenpress.it/colpo-di-stato-in-niger-arrestati-ministri-e-alti-fun...
02/08/2023 11:47
 
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Niger - La Guinea annuncia che non applicherà le sanzioni imposte dall’ECOWAS e mette in guardia i capi di Stato dall’intervento militare

Dopo il sostegno espresso da Mali e Burkina Faso, il Niger può contare sull’appoggio della Guinea, altro Paese guidato da una giunta militare guidata dal colonnello Mamadi Doumbouya. In una dichiarazione pubblicata lunedì 31 luglio 2023, il Presidente del National Rally Committee for Development annuncia che la Guinea non attuerà la batteria di sanzioni prese dall’ECOWAS domenica 30 luglio 2023, durante un vertice speciale tenutosi ad Abuja. La Guinea avverte che qualsiasi intervento militare in Niger porterà alla dislocazione dell’ECOWAS, riafferma la sua visione panafricanista e invita l’ECOWAS a concentrarsi su questioni socio-economiche strategiche piuttosto che preoccuparsi del destino dei presidenti estromessi. "Il CNRD rimane convinto che le nuove autorità faranno ogni sforzo per garantire stabilità e armonia in Niger e nella sub-regione. Le misure sanzionatorie raccomandate dall’ECOWAS, compreso l’intervento militare, sono un’opzione che non può essere una soluzione al problema attuale ma comporterebbe un disastro umano le cui conseguenze potrebbero andare oltre i confini del Niger. Pertanto, il CNRD si astiene dall’applicare queste sanzioni illegittime e disumane contro il popolo fraterno e le autorità del Niger, ed esorta l’ECOWAS a tornare a sentimenti migliori. La Repubblica di Guinea ribadisce con questo comunicato stampa la sua visione panafricanista, portando la sua solidarietà alla popolazione del Niger e invitando le nuove autorità del CNSP a preservare l’unità e la coesione nazionale", indica il comunicato stampa delle autorità guineane.

Nota
Un nuovo duro colpo per i neocolonialisti francesi ed anglosassoni, che pensavano di mantenere i Paesi africani sottomessi. Al contrario, questi Paesi si stanno risvegliando e giocano di sponda con la Russia e la Cina per non rimanere vincolati alle direttive dei colonialisti occidentali. Dopo Burkina Faso e Mali, anche la Guinea si schiera con il nuovo corso segnato dal cambio di regime in Niger. Il paradosso della storia è quello che, proprio coloro che hanno seminato cambi di regime e colpi di Stato per i loro interessi in Africa, in America Latina e in Europa dell'Est, ora si trovano a deprecare quanto avviene al di fuori del loro controllo e dei loro interessi. Anglosassoni e francesi schiumano rabbia per il nuovo corso ma sono impotenti nel fermarlo. La Storia procede in avanti e lascia indietro i neocolonialisti ed i loro lacché dei governi europei (quelli del “giardino incantato” di Borrell).

Fonte: actucameroun.com/2023/07/31/niger-la-guinee-annonce-quelle-nappliquera-pas-les-sanctions-prises-par-la-cedeao-et-met-en-garde-les-chefs-detat-contre-une-intervention-mi...
01 agosto 2023

Traduzione e nota: Luciano Lago
www.controinformazione.info/niger-la-guinea-annuncia-che-non-applichera-le-sanzioni-imposte-dallecowas-e-mette-in-guardia-i-capi-di-stato-dallintervento-m...
04/08/2023 01:42
 
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Niger, i golpisti bloccano il segnale dei media francesi

Le autorità militari golpiste del Niger hanno interrotto la diffusione nel Paese dei programmi di Radio France Internationale (RFI) e di France 24. Una "decisione presa al di fuori di ogni cornice convenzionale e legale", ha denunciato il gruppo France Médias Monde, a una settimana dal colpo di Stato a Niamey. Intanto migliaia di persone hanno partecipato alla manifestazione di piazza a favore dei golpisti.

04 agosto 2023
www.tgcom24.mediaset.it/mondo/niger-golpisti-bloccano-segnale-media-francia_67969418-20230...
26/08/2023 16:49
 
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Niger, espulso l'ambasciatore francese

In Niger, il regime militare che con un colpo di Stato ha destituito il Presidente Mohamed Bazoum e ha preso il potere il 26 luglio ha espulso l'ambasciatore francese, concedendogli 48 ore per lasciare il Paese. Lo annuncia un comunicato del Ministero degli Esteri di Niamey. Di fronte "al rifiuto dell'ambasciatore francese di rispondere all'invito" del Ministero "per un colloquio" le autorità "hanno deciso di ritirare la loro approvazione al signor Sylvain Itte e di chiedergli di lasciare il territorio nigerino entro quarantotto ore", si legge in un comunicato. La Francia protesta. In un primo momento sembrava che fossero stati espulsi anche gli ambasciatori di Germania, Stati Uniti e Nigeria. Ma poco fa la smentita:"Si tratta di informazioni false", si legge nella nota. "Il provvedimento riguarda solo l'ambasciatore francese, dichiarato persona non grata". Il comunicato spiega che il Niger "eserciterà le sue prerogative" secondo la convenzione di Vienna del 1961 per far partire l'ambasciatore Itte se non rispetterà il limite delle 48 ore.

26 agosto 2023
www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/08/26/il-niger-espelle-quattro-ambasciatori_75b2f638-360f-44f5-a890-5488f74f7...
30/08/2023 18:59
 
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Golpe in Gabon: gli interessi francesi e l'esultanza della popolazione

È in costante evoluzione la situazione in Gabon, dove un gruppo di militari ha annunciato oggi, con un comunicato stampa letto sul canale televisivo statale Gabon 24, di aver preso il potere scalzando il Presidente Ali Bongo Ondimba, al potere da 14 anni. Il Generale Brice Oligui Nguema, capo della Guardia Repubblicana (GR), la guardia pretoriana del deposto Presidente, è stato portato in trionfo da centinaia di soldati poche ore dopo il colpo di Stato. Al grido di «Oligui presidente», il leader militare è stato acclamato in un video trasmesso in loop alla fine di una dichiarazione letta da un colonnello circondato da ufficiali della GR, l'unità più potente dell'esercito gabonese, che annunciava che Bongo era «agli arresti domiciliari». Ma a brindare al colpo di Stato non sono solo i soldati. Dalle foto diffuse dai media internazionali presenti sul posto, come l'AFP, almeno parte della popolazione sembra aver preso posizione, festeggiando e ballando nelle strade.

Gli interessi francesi
La Francia non ha tardato a rispondere alla vicenda. Parigi «condanna il colpo di Stato militare in corso» in Gabon, e raccomanda ai suoi connazionali nel Paese africano a «non uscire di casa». Queste le parole espresse dalla Premier Elisabeth Borne nel suo discorso alla Conferenza Annuale degli Ambasciatori di Francia, riuniti a Parigi:«Seguiamo con la massima attenzione». Non è una sorpresa: oggi la Francia mantiene una presenza militare in molti dei suoi ex territori coloniali. Secondo i dati presentati sul sito WEB del Ministero delle Forze armate francese, la missione in Gabon conta al momento 370 soldati dispiegati in modo permanente. Gli interessi economici, del resto, sono tanti ed evidenti. In Gabon opera, ad esempio, il gruppo minerario francese Eramet, attivo nell'estrazione del manganese (minerale essenziale, ad esempio, per la produzione di acciaio inossidabile). Il gigante, che ha sede a Parigi, ha dovuto annunciare nelle scorse ore uno stop delle operazioni:«In seguito agli ultimi avvenimenti in corso», il gruppo ha «messo fine» alle sue attività in Gabon e «monitora» la situazione per «proteggere la sicurezza del personale e l'integrità delle strutture», ha fatto sapere Eramet, che in Gabon conta 8mila dipendenti. L'annuncio ha fatto crollare le azioni Eramet alla Borsa di Parigi, con un calo del 18,83% a 61,85 euro intorno alle 9.55. Ma il Gabon basa la propria economia soprattutto sull'esportazione di prodotti fossili, dal gas naturale al petrolio, passando anche per il carbone. E qui, ancora, la Francia conta ancora diversi investimenti. TotalEnergies, compagnia petrolifera francese con sede a Parigi, è il principale distributore di prodotti petroliferi del Gabon, con 45 impianti e 350 dipendenti. Nelle ore seguenti il golpe, Total ha affermato di aver preso provvedimenti per garantire la sicurezza dei propri dipendenti e delle sue operazioni in Gabon.

Le critiche dell'opposizione
Mentre Parigi condanna il golpe, il leader dei radicali di sinistra di La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, ha preso posizione accusando il Presidente Emmanuel Macron di aver “compromesso la Francia” con il suo appoggio incondizionato alla famiglia Bongo, al potere da oltre 50 anni. Per Mélenchon, che si è espresso su X (ex Twitter), “il Gabon ha potuto sbarazzarsi della sua marionetta presidenziale solo con un intervento dei militari. Macron”, ha aggiunto, “ha di nuovo compromesso la Francia in un appoggio incondizionato” ad un regime “insopportabile”. “Gli africani”, secondo Mélenchon, “voltano pagina”.

30 agosto 2023
www.cdt.ch/news/mondo/golpe-in-gabon-gli-interessi-francesi-e-lesultanza-della-popolazion...
22/09/2023 01:11
 
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Siglata l’alleanza tra Niger, Mali e Burkina Faso mentre i tuareg attaccano nell’Azawad

Mali, Burkina Faso e Niger hanno firmato un patto di mutua difesa contro minacce di rivolte armate interne o aggressioni esterne. L’accordo, denominato Carta del Liptako-Gourma (la regione in cui si incontrano i confini dei tre Paesi, teatro di costanti attacchi delle milizie jihadiste), è stato firmato il 16 settembre a Bamako e istituisce l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES). Come riferisce l’agenzia di stampa Nova (molto attenta agli sviluppi politici, militari ed economici in Africa), l’accordo in 17 punti prevede che “qualsiasi attacco alla sovranità e all’integrità territoriale di una o più parti contraenti sarà considerato un’aggressione contro le altre parti”. Le parti si sono impegnate anche a collaborare per prevenire o sedare le ribellioni armate, a combattere il terrorismo in tutte le sue forme e a contrastare la criminalità organizzata nello spazio comune dell’Alleanza. L’obiettivo è “istituire un’architettura di difesa collettiva e di assistenza reciproca a beneficio delle nostre popolazioni”, ha scritto su X (Twitter) il colonnello Assimi Goita, Presidente di transizione del Mali. “La creazione dell’Alleanza degli Stati del Sahel segna una tappa decisiva nella cooperazione tra Burkina Faso, Mali e Niger. Per la sovranità e lo sviluppo dei nostri popoli, guideremo la lotta contro il terrorismo nel nostro spazio comune, fino alla vittoria”, ha affermato sullo stesso social network il Presidente del Burkina Faso Capitano Ibrahim Traoré.

I tre Stati firmatari sono guidati da giunte militari golpiste. L’alleanza militare sembra voler esercitare una sorta di deterrenza contro la minaccia di un attacco al Niger da parte della Francia e della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO/ECOWAS), ma il primo test militare potrebbe venire richiesto in Mali, dove il ritiro della missione dell’ONU Minusma sta favorendo il ritorno in azione delle milizie indipendentiste Tuareg, che hanno ripreso la lotta per il distacco della regione dell’Azawad dopo che un accordo per il cessate il fuoco era stato concordato ad Algeri nel 2015 con il precedente governo civile di Bamako. Oggi i miliziani Tuareg del Coordinamento dei Movimenti Azawad (CMA), che avevano già isolato la città di Timbuktù, hanno rivendicato la conquista di due basi militari a Lere, nel Mali centrale, avvenuta ieri. Lo ha confermato sui social un portavoce della coalizione, Mohamed Elmaouloud Ramadane, dopo che nuovi scontri sono scoppiati con l’esercito maliano, sostenuto dai contractors russi della PMC Wagner. Oggi un comunicato dello Stato Maggiore delle Forze Armate Maliane (FAMA) ha confermato l’attacco ma non la caduta della base militare e nel pomeriggio è giunta la conferma anche da fonti civili in città che gli insorti si erano ritirati da Lere, probabilmente per sfuggire ai bombardamenti dell’esercito.

Il 12 settembre i Tuareg avevano conquistato per breve tempo la città di Bourem, tra Gao e Timbuktù, nodo stradale strategico, perché qui si incrociano le vie di comunicazione tra Bamako, Niger e Algeria. Il centro abitato era stato ripreso dalle truppe maliane e dagli uomini della Wagner il giorno successivo grazie anche all’appoggio delle forze aeree di Bamako, che in questa battaglia hanno perduto il loro unico velivolo da attacco Sukhoi Su-25. Incerto il bilancio di quella battaglia: per le FAMA 46 ribelli e 10 soldati sono rimasti uccisi ma gli insorti del CMA hanno riferito di aver perduto 9 uomini uccidendo 97 militari e mettendo le mani su veicoli, armi e munizioni.

Fonti: Agenzia Nova e Governo del Mali

18 settembre 2023
www.analisidifesa.it/2023/09/siglata-lalleanza-tra-niger-mali-e-burkina-faso-mentre-i-tuareg-attaccano-nel...
26/09/2023 16:20
 
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Il Niger diventa l’Afghanistan di Parigi. La Francia ritira le sue truppe

Il Presidente francese Macron ha annunciato domenica il ritiro “nelle prossime ore” dell’ambasciatore francese a Niamey, e il ritiro delle truppe francesi entro la fine dell’anno. Dopo Mali e Burkina Faso i militari francesi si ritireranno anche dal Niger. “La Francia ha deciso di riportare indietro il suo ambasciatore“, che Parigi finora aveva rifiutato di richiamare in patria. “Stiamo terminando la nostra cooperazione militare con il Niger”, ha detto il Presidente francese in una intervista televisiva, affermando che i soldati francesi partiranno “nelle prossime settimane e mesi” e che il ritiro sarà pienamente completato “entro la fine dell’anno”. La giunta militare al potere in Niger ha accolto con favore l’annuncio del Presidente francese. “Questa domenica celebriamo il nuovo passo verso la sovranità del Niger. Le truppe francesi e l’ambasciatore francese lasceranno il suolo nigerino entro la fine dell’anno. Questo è un momento storico che testimonia la determinazione e la volontà del popolo nigerino“, viene affermato in una dichiarazione alla televisione nazionale.

All’inizio di agosto, la giunta militare nigerina aveva disdetto gli accordi di cooperazione militare con la Francia, sostenendo che i soldati francesi schierati in Niger per la lotta contro i jihadisti sono presenti “illegalmente” nel Paese. Ripetute manifestazioni popolari nella capitale ne hanno chiesto il ritiro dal Paese. La giunta militare ha poi ordinato l’espulsione dell’ambasciatore francese a Niamey, Sylvain Itté, revocandone immunità diplomatica. L’ambasciatore e i diplomatici sono rimasti rinchiusi per settimane nel compound dell’ambasciata francese, con le riserve di cibo e acqua in via di esaurimento. Fino ad ora, non riconoscendo la giunta militare salita al potere, Parigi aveva rifiutato di richiamare il suo ambasciatore.

La Francia contava sull’intervento militare della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) per ripristinare il suo controllo sul Niger ma questo è via via evaporato, anche perché il Niger ha trovato l’immediato sostegno del Mali e del Burkina Faso, dando vita ad una alleanza politico-militare africana. “Questa è la fine di questa cooperazione“, ha affermato Macron. “Ci consulteremo con i golpisti perché vogliamo che sia fatto con calma”. “Sono molto preoccupato per questa regione“, ha continuato il Presidente francese. “La Francia, a volte da sola, si è assunta tutte le sue responsabilità e sono orgoglioso dei nostri militari. Ma non siamo responsabili della vita politica di questi Paesi e ne traiamo tutte le conseguenze”. Con il ritiro delle truppe anche dal Niger, il Sahel è diventato così l’Afghanistan della Francia. I militari francesi, per ora, rimangono in Ciad, Costa d’Avorio e Senegal, dove in anni recenti e nel 2011 sono stati responsabili di ben due rovesciamenti di presidenti e, nell’ultimo caso, del sostegno all’attuale Presidente, che ha arrestato il suo oppositore e messo fuorilegge l’opposizione.

Alessandro Avvisato
26 settembre 2023
contropiano.org/news/internazionale-news/2023/09/26/il-niger-diventa-lafghanistan-di-parigi-la-francia-ritira-le-sue-truppe...
24/10/2023 20:10
 
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Niger - Espulsa la ambasciatrice delle Nazioni Unite

L’ambasciatrice e coordinatrice residente del Sistema delle Nazioni Unite in Niger, Louise Aubin, deve lasciare il Niger al più tardi entro il 13 ottobre. Lo hanno deciso le autorità golpiste del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria (CNSP) e comunicato il 10 ottobre al Segretario Generale dell’ONU. La giunta di Niamey accusa Antonio Guterres di ‘manovre subdole’, ‘sotto le istigazioni della Francia’, per ostacolare la partecipazione del Niger ai vari incontri e ai lavori delle agenzie e istituzioni delle Nazioni Unite. I rapporti tra Niamey e l’ONU si sono inaspriti nel corso della 78esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, lo scorso settembre a New York, con le accuse mosse dalle autorità nigerine contro le ‘azioni traditrici’ del capo dell’ONU, sospettato di aver ostacolato ‘la piena e completa partecipazione’ del Niger.

13/10/2023
www.congedatifolgore.com/it/niger-espulsa-la-ambasciatrice-delle-nazion...
19/11/2023 19:10
 
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La giunta militare del Mali annuncia la conquista della città strategica di Kidal

L’Esercito Maliano ha annunciato il 14 novembre la conquista della città strategica di Kidal, nel nordest del Paese, controllata da anni dai separatisti Tuareg. La conquista di Kidal rappresenta un successo importante per la giunta militare al potere, in un momento in cui il Paese sta affrontando una profonda crisi politica e di sicurezza. Decine di persone sono scese in piazza a Bamako per festeggiare. La giunta militare del Burkina Faso, un Paese alleato, ha definito la conquista di Kidal un “punto di svolta nella lotta contro i gruppi armati nel Sahel”. La settimana scorsa l’Esercito Maliano aveva lanciato un’offensiva di terra nella regione, supportata da aerei e droni. Secondo alcune fonti, all’offensiva hanno partecipato anche mercenari del gruppo russo Wagner, ma la giunta militare ha smentito. “Oggi le nostre forze armate hanno conquistato Kidal”, ha annunciato in TV il capo della giunta, il Colonnello Assimi Goita. Il Quadro Strategico Permanente per la Pace, la Sicurezza e lo Sviluppo (CSP-PSD), un’alleanza di gruppi ribelli Tuareg, ha confermato in un comunicato la perdita di Kidal, parlando di “ritiro strategico dopo aver inflitto grandi perdite al nemico”. “La guerra continua”, ha aggiunto il CSP-PSD.

Punto di passaggio per l’Algeria

Kidal, città con una lunga tradizione di rivolte separatiste e punto di passaggio verso l’Algeria, è stata abbandonata da tempo dalla maggior parte degli abitanti. I separatisti Tuareg avevano assunto il controllo definitivo di Kidal nel maggio 2014, in occasione di una visita dell’allora Primo Ministro Moussa Mara. I separatisti avevano poi raggiunto un accordo di cessate il fuoco con il governo centrale e da allora hanno garantito la sicurezza a Kidal. I jihadisti, invece, hanno continuato a combattere contro le autorità maliane e qualunque presenza straniera, estendendo le loro attività al centro del Paese e agli stati confinanti. Il recente ritiro della MINUSMA, la Missione delle Nazioni Unite nel Paese, chiesto dalla giunta militare, ha alimentato una corsa al controllo del territorio a cui hanno partecipato separatisti, jihadisti ed esercito regolare. Non è disponibile un bilancio delle vittime dei combattimenti, ma Goita ha dichiarato che l’esercito ha inflitto “pesanti perdite al nemico”. “La nostra missione non è finita”, ha aggiunto il capo della giunta. “L’obiettivo è garantire la sicurezza in tutto il Mali”.

15 novembre 2023
www.internazionale.it/ultime-notizie/2023/11/15/mali-giunta-conquista-kida...
28/12/2023 19:09
 
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La Françafrique non esiste più: il Niger caccia i soldati di Parigi

Dopo Mali e Burkina Faso, venerdì scorso i militari francesi hanno abbandonato definitivamente il Niger. Un ritiro richiesto dalla giunta militare nigerina che, insieme alla chiusura dell’ambasciata a Niamey, sancisce la fine del modello francese di lotta contro il terrorismo di matrice jihadista nel Sahel. Presente nella regione dal 2013, la Francia aveva schierato fino a 5.500 uomini nell’ambito dell’operazione anti-jihadista Barkhane, in collaborazione con gli eserciti maliano, burkinabé e nigerino. Aveva inoltre ottenuto il dispiegamento di forze speciali dei partner europei, con l’appoggio logistico della base USA a Niamey, impegnate nella missione a mandato europeo della Forza Takuba, con ancora 200 militari italiani presenti nel Paese. Dopo una serie di colpi di Stato, Mali, Burkina Faso e Niger hanno richiesto il ritiro dei militari francesi dai loro paesi a causa di un «approccio inadeguato» da parte di Parigi, con una presenza vissuta anche dalle popolazioni locali come «un prolungamento degli accordi post-coloniali con la Francia», senza «nessun risultato concreto o collaborazione attiva con i governi locali».

Anche gli Stati uniti si sono adeguati agli attuali equilibri nel Sahel, in precedenza dettati dalle indicazioni di Parigi, visto che per il momento gli oltre 1.200 militari statunitensi restano in Niger in attesa di stabilire «nuove collaborazioni legate alla sicurezza con la giunta militare al potere», come affermato dall’ambasciatrice USA a Niamey, Kathleen FitzGibbon. Una decisione che tenta di porre un freno alla progressiva espansione da parte di Mosca in tutto il Sahel. In questi anni l’unico Paese estero che ha visto progressivamente aumentare la propria sfera di influenza è stata la Russia, insieme al gruppo di mercenari della compagnia Wagner. Secondo gli ultimi dati forniti dall’ONG All Eyes on Wagner (AEW), la presenza russa si sarebbe ormai «definitivamente radicata in Mali», con i mercenari russi protagonisti anche nella lotta di Bamako contro gli indipendentisti Tuareg e la presa della città di Kidal. A Ouagadougou sono già presenti alcune decine di istruttori e addestratori militari russi, anche se le autorità non hanno confermato la loro presenza. Ed è appena stata firmata una partnership russo-nigerina a Niamey, i cui termini restano sconosciuti. Nonostante la progressiva riorganizzazione voluta da Mosca, con una supervisione diretta da parte del Ministero della Difesa sul gruppo mercenario, Wagner continua nella sua fase di espansione nel Sahel e viene considerato "fondamentale per la politica russa nel continente africano", come spiegato di recente dal Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.

"Poco importa dei massacri di civili inermi o dell’attuale ascesa dei gruppi jihadisti", ha affermato Lou Osborn di AEW. "Wagner guadagna denaro dalle miniere d’oro e serve alla Russia per gli equilibri geo-politici nell’area». Il futuro sarà deciso da un probabile confronto diretto tra i gruppi jihadisti, il Gruppo di Sostegno all’Islam e ai Musulmani (GSIM), affiliato ad al-Qaeda, e lo Stato Islamico del Sahel (EIS) e i tre paesi guidati da giunte militari, che a settembre hanno creato l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES), relativa anche a un "partenariato militare di assistenza e soccorso nella lotta al jihadismo". "I governi del Sahel continuano a investire troppo nella risposta militare, prima con la Francia e adesso con la Russia, senza ottenere risultati concreti perché trascurano gli aspetti politici, sociali ed economici nei loro paesi", ha detto al riguardo Jean-Hervé Jézéquel, Direttore dell’International Crisis Group (ICG).

Stefano Mauro
26 dicembre 2023
ilmanifesto.it/la-francafrique-non-esiste-piu-il-niger-caccia-i-soldati-d...
03/01/2024 12:48
 
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Mali - Si completa oggi il ritiro dal Paese della missione ONU MINUSMA

Gli ultimi uomini della Missione delle Nazioni Unite per il Mantenimento della Pace in Mali (MINUSMA) si ritireranno oggi dal Paese dopo dieci anni di presenza sul territorio. Lo riferisce il sito dell’ONU, ricordando che i militari saliti al potere a Bamako con un doppio colpo di Stato, nel 2020 e 2021, hanno ordinato alla missione di ritirare le sue truppe dal Paese entro oggi, 31 dicembre. La missione è stata schierata in Mali nel 2013 a seguito di una violenta insurrezione da parte dei ribelli separatisti, che tentavano di prendere il controllo del nord del Paese e di un successivo colpo di Stato guidato dai militari, compiuto nel 2012. Istituita dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la missione comprendeva in origine più di 15mila soldati e personale, che hanno prestato servizio nelle città e nei villaggi di tutto il Mali. “Penso che il nostro lavoro abbia avuto un impatto sulla vita di molti civili in Mali”, ha dichiarato il rappresentante speciale uscente del Segretario Generale e Capo della MINUSMA El-Ghassim Wane. Ieri Stéphane Dujarric, portavoce del Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, ha espresso la sua “più profonda gratitudine al personale della MINUSMA”, compreso al capo missione Wane, per aver “fornito una leadership eccezionale in un contesto difficile”.

31 dicembre 2023
www.agenzianova.com/news/mali-si-completa-oggi-il-ritiro-dal-paese-della-missione-onu-...
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