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San Giovanni della Croce fede e visioni

Ultimo Aggiornamento: 22/05/2010 15:34
22/05/2010 15:34
 
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CAPITOLO 22
4 — Tale è il senso del testo mediante il quale S. Paolo vuole indurre gli Ebrei ad abbandonare i modi primitivi di trattare con Dio permessi dalla legge mosaica per fissare gli occhi unicamente in Cristo: Multifariam multisque modis olim Deus loquens patribus in prophetis: novissime autem diebus istis locutus est nobis in Filio (Ebr. 1, 1-2), come se dicesse: Quel che Dio in molti modi e in più riprese disse in antico ai nostri padri per mezzo dei profeti, l’ha detto in questi giorni in una volta a noi per mezzo del Figlio suo. Con queste parole l’Apostolo vuol far capire che Dio è rimasto quasi come muto non avendo altro da dire poiché, dandoci il Tutto, cioè suo Figlio, ha detto ormai in Lui tutto ciò che in parte aveva manifestato in antico ai profeti.
5 — Perciò chi oggi volesse interrogare il Signore e chiedergli qualche visione o rivelazione non solo commetterebbe una sciocchezza, ma arrecherebbe un’offesa a Dio, non fissando i suoi occhi interamente in Cristo per andare in cerca di qualche altra cosa o novità. Invero il Signore gli potrebbe rispondere in questo modo: Se Io ti ho detto tutta la verità nella mia parola, cioè nel mio Figlio, e non ho altro da manifestarti, come ti posso rispondere o rivelare qualche altra cosa? Fissa gli occhi su Lui solo, nel quale io ti ho detto e rivelato tutto, e vi troverai anche più di quanto chiedi e desideri. Tu infatti domandi locuzioni e rivelazioni che sono soltanto una parte, ma se guarderai Lui, vi troverai il tutto, poiché Egli è ogni mia locuzione e risposta, ogni mia visione e rivelazione in quanto che io vi ho già parlato, risposto, manifestato e rivelato ogni cosa dandovelo per fratello, compagno, maestro, prezzo e premio. Dal giorno in cui sul Tabor discesi con il mio Spirito su di Lui dicendo: Hic est Filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui, ipsum audite (Mt. 17, 5).- Questo è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo, cessai di istruire e rispondere in queste maniere e commisi tutto a Lui: ascoltatelo perché ormai non ho più materia di fede da rivelare e verità da manifestare. Prima parlavo ma unicamente per promettere Cristo e gli uomini mi consultavano solo per chiedere e aspettare Lui nel quale dovevano trovare ogni bene, come ora tutta la dottrina degli evangelisti e degli apostoli fa capire. Colui che ora mi consultasse in quel modo e desiderasse che io gli dicessi e rivelassi alcunché, sotto un certo aspetto mi chiederebbe di nuovo Cristo e altre verità della fede, in cui però sarebbe debole perché tutto è già stato dato in Lui. In tal modo farebbe un grave oltraggio al mio amato Figlio poiché non solo in ciò mancherebbe alla fede, ma perché lo obbligherebbe ad incarnarsi di nuovo e ad affrontare ancora una volta la vita e la morte qui in terra. Tu dunque non desidererai né chiederai nessuna rivelazione o visione da parte mia: guarda bene il Cristo e in Lui troverai già fatto e detto molto più di quanto tu vorresti.
6 — Se vuoi che Io ti dica qualche parola di conforto, guarda mio Figlio, obbediente a me e per amor mio sottomesso ed afflitto, e sentirai quante cose ti risponderà. Se desideri che io ti sveli alcune cose o avvenimenti occulti, fissa in Lui i tuoi occhi e vi troverai dei misteri molto profondi, la sapienza e le meraviglie di Dio le quali, secondo quanto afferma il mio Apostolo, sono in Lui contenute: in quo sunt omnes thesauri sapientiae et scientiae Dei absconditi (Col. 2, 3), cioè: Nel quale Figlio di Dio sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio, tesori di sapienza che saranno per te profondi, saporosi e utili più di tutte le cose che vorresti sapere. Per questo lo stesso Apostolo si gloriava dicendo di aver fatto intendere che egli non conosceva se non Gesù Cristo e questo crocifisso (1 Cor. 2, 2). Inoltre se tu desideri altre visioni e rivelazioni divine o corporee, mira il Cristo umanato e vi troverai più di quanto pensi, poiché S. Paolo afferma a tale proposito: In ipso inhabitat omnis plenitudo divinitatis corporaliter (Col. 2, 9) - In Cristo dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità.

CAPITOLO 24
7 — Anche il demonio può causare nell’anima tali visioni usando di qualche luce naturale in cui, per suggestione spirituale, lo spirito conosce cose o presenti o assenti. Perciò, riguardo al testo di S. Matteo dove si legge che il demonio mostrò al Cristo omnia regna mundi et gloriam eorum (Mt. 4, 8) cioè tutti i regni della terra e il loro splendore, alcuni dotti interpreti affermano che il maligno si servì della suggestione spirituale perché non era possibile far vedere a Gesù con gli occhi del corpo tante cose, cioè tutti i regni del mondo e la loro gloria. Tuttavia grande è la differenza fra le visioni del demonio e quelle di Dio: gli effetti prodotti nell’anima dalle prime non sono come quelli causati dalle seconde, poiché le diaboliche non solo non producono per niente dolcezza di umiltà e di amore divino, ma generano aridità di spirito nella conversazione con Dio, e inclinazione ad inorgoglirsi e ad ammetterle e a dare loro qualche importanza. Inoltre le loro immagini non restano impresse nell’anima con la stessa soave chiarezza delle altre e non durano a lungo, ma si cancellano presto, a meno che ella non le apprezzi molto, nel qual caso la stima farà si che ella se ne ricordi naturalmente. Tale ricordo però sarà molto arido e non produrrà l’effetto di amore e di umiltà causato dalle visioni buone quando l’anima le ricorda.
8 — Queste visioni non possono servire all’intelletto come mezzo prossimo per l’unione con Dio, perché hanno per oggetto le creature con le quali il Signore non ha alcuna proporzione e convenienza essenziale. È quindi necessario che nei loro confronti l’anima si comporti in maniera puramente negativa, come ho già detto che si deve regolare con le altre, affinché possa andare avanti usando del mezzo prossimo, che è la fede. In conseguenza di ciò, ella non deve conservare quasi come in un archivio o in uno scrigno le forme di quelle visioni che le restano impresse, né deve appoggiarsi ad esse perché rimarrebbe imbarazzata da quelle figure, immagini e persone che risiedono nel suo intimo, e non camminerebbe verso Dio attraverso la negazione di tutte le cose. Ammesso il caso che tali immagini si rappresentino continuamente nel suo interno, non le arrecheranno alcun impedimento se essa non ne farà caso. Infatti se è vero che il loro ricordo spinge l’anima a qualche grado di amore di Dio e di contemplazione, molto di più ve la spingeranno e innalzeranno la fede pura e la nudità oscura di tutte quelle cose, senza che ella sappia come né da dove le vengano. Accade cosi che l’anima sia infiammata da ansie di puro amore divino senza sapere da dove le vengano e quale fondamento abbiano avuto. La ragione di ciò va ricercata nel fatto che insieme con la fede, la quale si è radicata ed è penetrata molto a fondo a causa del vuoto, delle tenebre e della nudità di tutte le cose, o povertà di spirito [cose tutte che potrebbero essere chiamate con uno stesso nome] si è molto di più approfondita e abbarbicata nell’anima la carità di Dio. Da ciò segue che quanto più ella si sforza di ottenebrarsi e annientarsi circa tutte le cose esteriori e interiori che può ricevere, tanto più fede e quindi amore e speranza le vengono infuse poiché queste tre virtù teologali progrediscono insieme.
18 — Tutte queste conoscenze, vengano o no da Dio, possono servire ben poco al cammino dell’anima verso di Lui, qualora ella intenda attaccarvisi; al contrario, se non si prenderà cura di rinnegarle, esse non solo le saranno d’inpedimento, ma le arrecheranno grave danno e la faranno cadere in molti errori. In esse infatti possono essere, in misura uguale e anche maggiore, tutti i pericoli e gli inconvenienti che si possono verificare nelle apprensioni soprannaturali di cui si è parlato fino a questo momento. Avendone quindi già dato una dottrina sufficiente quando parlavo di queste, non mi dilungo a trattarne ora, limitandomi solo a dire che l’anima deve avere una gran cura di rifiutarle sempre desiderando di andare a Dio non sapendo e di parlarne ogni volta al confessore o al maestro spirituale, alle cui decisioni deve sottostare in modo assoluto. Questi poi cerchi di far passare l’anima al di sopra di esse negando loro ogni importanza per il cammino verso l’unione, poiché di queste cose che le vengono date passivamente, rimarrà in lei l’effetto voluto da Dio senza che ella vi ponga alcuna diligenza. Non mi sembra dunque necessario parlare dell’effetto che le vere e le false producono, poiché mi stancherei senza esaurire l’argomento. Infatti i loro effetti non possono essere compresi nel giro di una breve trattazione, visto che sono molteplici e vari, come molte e varie sone le notizie, poiché le buone producono quelli buoni, le cattive quelli cattivi. Consigliando di rifiutarle tutte, è detto a sufficienza quanto basta per non cadere in errore.

CAPITOLO 27
3 — Il demonio può intromettersi molto nei confronti di questa specie di rivelazioni. Poiché esse ordinariamente avvengono per mezzo di parole, di figure, di somiglianze ecc., egli può fingere qualche cosa di simile con più facilità di quando sono puramente spirituali. Pertanto, se nell’una o nell’altra delle due maniere suddette ci fosse rivelato alcunché di nuovo o di diverso nel campo della fede, non dobbiamo acconsentirvi in nessun modo, neppure se fossimo certi che colui il quale ce lo manifesta è un angelo del cielo. Così afferma S. Paolo: Licet nos, aut angelus de coelo evangelizet vobis praeterquam quod evangelizavimus vobis, anathema sit (Gal. 1, 8), che vuol dire: Anche se noi stessi o un angelo del cielo vi annunziasse o vi predicasse cose diverse da quelle che vi abbiamo annunziato noi, sia anatema.
4 — Non essendovi quindi da rivelare, circa la sostanza della fede, altri articoli, all’infuori di quelli già manifestati dalla Chiesa, ne segue che non solo è necessario per l’anima rigettare quanto di nuovo le venga rivelato in rapporto a quella virtù, ma le conviene, per cautela, non ammettere altre verietà involute. A causa poi della purezza che deve avere nella fede, ella, anche se le vengono rivelate di nuovo verità già di fede, non deve credere ad esse per la semplice ragione che le sono nuovamente manifestate, ma perché sono già sufficientemente rivelate alla Chiesa; anzi, chiudendo loro gli occhi dell’intelletto, si appoggi con semplicità alla dottrina e alla fede di lei, la quale, come dice S. Paolo, entra attraverso l’udito (Rom. 10, 17). Infine, se non vuole essere ingannata, non presti credito né attenzione a queste verità di fede nuovamente rivelate, quantunque le sembrino conformi e vere. Il demonio infatti, per ingannare e per insinuare menzogne, alimenta in primo luogo con verità o con cose verosimili, onde genenare sicurezza e subito dopo trarre in inganno. Si comporta come la setola che si usa per cucire il cuoio: prima entra la setola rigida, poi il filo floscio, il quale non potrebbe entrare se quella non gli facesse da guida.
5 — L’anima dunque stia bene attenta a ciò poiché, ammesso il caso che non vi sia da temere di essere ingannata in tal modo, sarà conveniente che ella non desideri di intendere chiaramente le verità riguardanti la fede, onde conservarne puro e intero il merito e giungere per questa notte dell’intelletto alla divina luce dell’unione con Dio. In qualsiasi nuova rivelazione importa molto attenersi alle profezie passate; ce ne dà una dimostraziene l’Apostolo S. Pietro il quale pur avendo veduto in qualche modo sul Tabor la gloria del Figlio di Dio, nella sua lettera canonica scrive queste parole: Et habemus firmiorem pro pheticum sermonem, cui bene facitis attendentes (2 Piet. I, 19), come se dicesse: sebbene sia vera la visione del Cristo da me avuta sul Tabor più ferma e certa è la parola della profezia che ci è stata annunziata, a cui fate bene ad appoggiare la vostra anima.
6 — Se è vero che, per le cause suddette, è conveniente chiudere gli occhi alle rivelazioni che hanno per oggetto le proposizioni di fede, quanto più sarà necessanio non ammettere e non dare importanza alle altre cencernenti cose diverse dalla fede, nelle quali ordinariamente il demonio si intromette in modo da farmi ritenere impossibile che eviti di essere ingannato colui il quale non si sforza di rifiutarle, tanto è grande l’apparenza di verità e la certezza che il maligno vi pone. Questi infatti, perché vi si creda, unisce loro tante verosimiglianze e convenienze e le stabilisce nel senso e nell’immaginazione così fermamente da far sembrare all’anima che esse avverranno proprio in quel mado. La spinge inoltre ad attaccarvisi con ostinazione e se essa non sarà umile, sarà molto difficile distaccarla e farle credere il contrario. Pertanto l’anima pura, prudente, semplice e umile deve resistere con grande forza e cura alle rivelazieni e alle visioni come se fossero tentazioni pericolose, poiché non è necessario desidrarle, anzi si devono rifiutare per progredine verso l’unione di amore. A ciò vuole alludere Salomone quando disse: Qual necessità ha l’uomo di volere e di cercare le cose che sono al di sopra della sua capacità? (Eccle. 7, 1), come se dicesse: per essere perfetto l’uomo non ha bisogno alcuno di volere cose soprannaturali per via soprannaturale, il che è al di sopra delle sue capacità.
7 — Poiché alle obiezioni possibli contro tale dottrina è già stato risposto ai capitoli diciannovesimo e ventesimo del presente libro, rimandando ad essi, dico solo che l’anima, per camminare puramente e senza errore nella notte della fede verso l’unione, deve guardarsi da tutti quei favori.

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