Bisognerebbe farli redimere!

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=Foxtrott=
00martedì 29 giugno 2010 22:52
   Ecco a Voi la più alta carica della Chiesa Episcopale in U.S.A.
Mrs. Katharine Jefferts Schori, classe 1954. Notoriamente favorevole alle coppie omosessuali è sposata sin dal 1979 con Richard Schori, professore di topologia.
Nel 2006 ottiene la nomina quale capo della Chiesa Episcopale per la durata stabilita di 9 anni.
La chiesa già nel 2003 aveva suscitato scalpore con l'elezione a vescovo di un pastore dichiaratamente omosessuale, tale Gene Robinson, gay dichiarato dal 1986, quando divorziò dalla moglie e andò a vivere con Mark Andrews nella diocesi del New Hampshire.
Nel 2007 la Chiesa Episcopale rischiò uno scisma memorabile proprio a causa di questo evento ritenuto immorale.
L’anatema venne lanciato allora dalle principali comunità africane (Tanzania e Uganda), in cui vive il maggior numero di fedeli di tutta la totalità degli anglicani (circa 75 milioni) mettendo seriamente in discussione l’autorità di Rowan Williams, già arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione Anglicana (di cui la Chiesa Episcopale fa parte, senza dover tuttavia giurare fedeltà alla monarchia inglese)
Il primate riuscì quasi miracolosamente a ricucire uno scisma giudicato inevitabile con una promessa strappata ai capi religiosi (tra cui Madame Katharine Schori) di non ordinare in futuro altri vescovi omossessuali e di non celebrare altrettanti matrimoni gay.
La promessa però si è infranta proprio in questi giorni poiché in data 5 dicembre 2009 la chiesa episcopale nomina Ms. Mary Glasspool, al grado ufficiale vescovile. La Glasspoll che è la 17ma donna a essere eletta a tale carica negli Stati Uniti d’America, intrattiene una relazione omosessuale sin dal 1988.
Monsignor Rowan Williams, , si è immediatamente opposto ritenendo che l’elezione di Mary Glasspool genererebbe delle “questioni molto
serie non solo per la Chiesa episcopale e il suo posto in seno alla comunione anglicana, ma anche per la comunione nel suo insieme”.
Ha precisato sul suo sito internet che la decisione di confermare o rifiutare questa elezione avrebbe “delle implicazioni molto importanti”.

Anche in seno alla Chiesa Cattolica assistiamo increduli a questa pagliacciata, in quanto la teologa Monika Wyss di Riehen, nel Cantone di Basilea, è stata proclamata sacerdotessa da un gruppo di tre donne vescovo (scomunicate).

Tutto il clero e i fedeli assistono a questa forma di libertà che porta il mondo attuale a un sempre maggior distacco dalla vera Cristianità. Le sacerdotesse (che aspirerebbero a diventare papesse) e anche i gay, naturalmente desiderosi di emancipazione anche sul piano spirituale, non indietreggiano più davanti alle difficoltà e a chi sostiene le antiche tradizioni.
Viene dunque da chiedersi. Siamo davvero troppo restii a concedere tali onori a donne e ad omosessuali, oppure questa è soltanto una forma di protesta in difesa dei rapporti interpersonali, coniugali, e di tutto ciò in cui la cristianità ha finora cercato di conservare?
Una cosa è certa. L’andamento della situazione volge sempre più a favore
di chi vede nella Chiesa Cattolica un ostacolo alle leggi umane, che esprimono non un miglioramento dei rapporti sociali, ma un mero esempio di soddisfacimento personale, in una società sempre più individuale e egoista.
Tutto a fronte di una notevole complicità della sinagoga di Satana, dei politici e di tutti quelli che vedono in chi va contro la Chiesa e chi se ne frega di scomuniche e robe varie un alleato formidabile.
E questo a prescindere dal loro operato, che in alcuni casi può essere ritenuto persino migliore, ma che a ben vedere viene molto edulcorato poiché
essi (donne e omosessuali) hanno tutto il consenso di chi vede nel loro esercizio un arma per cercare altrettanta approvazione delle loro azioni.


Tratto da un articolo del Corriere della Sera di Vittorio Messori:
[…]Potremmo dunque vedere, in un futuro indefinito, preti cattolici sposati (come nell' ortodossia i pope, ma non i vescovi) ma non vedremo mai, parola di Giovanni Paolo II, parroci donne. Ginofobia, tabù sessuali, maschilismo? Niente affatto, replicava il Papa: «Il fatto che Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli apostoli né il sacerdozio ministeriale, mostra chiaramente che la non ammissione delle donne all' ordinazione non può significare una loro minore dignità o una discriminazione... Il ruolo femminile nella vita e nella missione della Chiesa, pur non essendo legato al sacerdozio ministeriale, resta assolutamente necessario e insostituibile». Così - lo dicevamo - Oriente e Occidente cristiani hanno creduto e praticato sin dagli inizi, tanto che la Tradizione indivisa, qui, non ha subito alcuna eccezione in duemila anni. Ma perché questa intransigenza? Si possono trovare, certo, motivi di convenienza e di opportunità, si può fare appello a una ricca simbologia. Ma, alla fine, ricorda papa Wojtyla, il motivo di fronte al quale il credente deve inchinarsi, è quello enunciato da Paolo VI, che pure allineò molti e non irrilevanti argomenti umani: «La ragione vera è che Cristo, dando alla Chiesa la sua fondamentale costituzione, seguita poi sempre dalla Tradizione, ha stabilito così». E Giovanni Paolo II confermava: «Nell' ammissione al servizio sacerdotale, la Chiesa ha riconosciuto come norma il modo di agire del suo Signore nella scelta di dodici uomini che ha posto a fondamento della sua Chiesa». E solo uomini scelsero quegli apostoli per loro successori, in una catena maschile che giunge sino a noi. La Chiesa cattolica è, a livello istituzionale, la sola, vera «monarchia assoluta» sopravvissuta. Il Papa vi può tutto, vi è supremo legislatore, esecutore, giudice. Può tutto, tranne contraddire alla Scrittura e alla Tradizione, indiscussa e ininterrotta, che l' ha interpretata. Siamo davanti a uno dei casi in cui anche gli onnipotenti pontefici romani spalancano le braccia: «Anche se volessimo, non possumus. Così il Cristo ha stabilito e noi non siamo che suoi esecutori. Obbediamo a una rivelazione, non a una ideologia umana». Situazione, certo, comprensibile solo in una prospettiva di fede. Ma per dirla ancora con papa Wojtyla alla fine della sua Lettera apostolica: «I più grandi nel regno dei cieli non sono i preti, sono i santi». E di questi ultimi con nome femminile vi è abbondanza nel calendario cattolico. Come ricordò proprio quel Papa, tra i milioni di pellegrini di Lourdes pochi sanno il nome del parroco e forse nessuno quello del vescovo nel 1858. Ma tutti conoscono e venerano la piccola analfabeta che Maria scelse come sua portavoce e che la Chiesa, gestita da uomini, pose sugli altari, onorando questa «storia tra donne».
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