Crisi sistemica globale

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-Ocean-
00mercoledì 18 ottobre 2006 17:58
Crisi sistemica globale: la nuova fase
Maurizio Blondet
18/10/2006
Il ministro delle Finanze USA, Henry PaulsonLe elezioni americane di novembre saranno il catalizzatore: la liquefazione del sistema politico-finanziario globale cambierà marcia, entrando in una fase accelerata; così assicura il LEAP, Laboratoire européen d’Anticipation Politique nel suo bollettino numero 8.
Tutta una serie di barometri indicano tempesta imminente: aggravamento della crisi nucleare, dopo l’Iran la Corea del Nord; impotenza generale degli USA in tutte le crisi aperte in questi mesi, compreso il conflitto israelo-palestinese; guerra civile in Iraq e impantanamento delle forze d’occupazione USA «almeno fino al 2010»; sensazione di una imminente sconfitta delle armi occidentali in Afghanistan (ne sono convinti ormai 89 europei su cento: naturalmente non gli italiani, beatamente tenuti all’oscuro dai loro media).
A questi fattori infausti si aggiungano: il crollo in USA dei valori immobiliari, sui quali i consumatori americani hanno acceso ipoteche per mantenere i loro enormi livelli di consumi. Volatilità crescente della finanza sregolata dei derivati, con l’implosione di un «hedge funds», Amaranth, che ha perso 6 miliardi di dollari.
Inizio della recessione economica americana.
Aggravamento dei deficit commerciali e dei pagamenti USA.
Indebitamento crescente della famiglie americane.
Indebolimento continuo del dollaro.
Tutti questi indicatori segnalano, secondo il LEAP, che la crisi sistemica non è più nella fase d’accelerazione: è entrata ora nella «fase d’impatto», che sarà caratterizzata da crisi «brutali ed esplosive» che si estenderanno per contagio all’intero sistema globale.
Questa fase durerà da sei mesi ad un anno, e «coinvolgerà direttamente e fortemente gli operatori dei mercati finanziari, i detentori di attività a reddito fisso in dollari (buoni del Tesoro USA e obbligazioni), i fondi pensione e i rapporti strategici fra gli USA da una parte, ed Europa ed Asia dall’altra».



Il settore finanziario sarà il primo ad essere colpito.
Per un motivo, secondo il LEAP, che è interessante segnalare: il settore finanziario negli Stati Uniti «si è mobilitato per preservare al partito repubblicano il controllo sul Congresso, ciò che ha portato ad ‘euforizzare’ l’opinione pubblica e gli operatori del settore, in modo che i repubblicani potessero esibire un preteso buon bilancio economico del loro governo».
Questa «strumentalizzazione di un intero settore del sistema globale a scopi elettorali interni agli USA ha impedito agli attori del sistema finanziario di anticipare correttamente le rotture prossime»: ciò accresce notevolmente il potenziale esplosivo della fase d’impatto, perchè gli speculatori e i cosiddetti investitori finanziari saranno presi in contropiede.
Il LEAP denuncia come responsabile di questa strumentalizzazione la Goldman Sachs: l’attuale ministro delle Finanze USA, Henry Paulson, è stato presidente di Goldman Sachs ed è probabilmente all’origine della decisione della sua banca di tenere artificialmente basso il prezzo della benzina, manipolando al ribasso, con i derivati, l’indice del prezzi (Goldman Sachs Commodity Index) che si riferisce al mercato delle materie prime di Chicago.
A causa di ciò, gli operatori hanno dovuto vendere di colpo 100 miliardi di dollari di «futures» petroliferi tra agosto e settembre: la bancarotta del fondo Amaranth ne è stata una conseguenza.
Per adesso la sola visibile.

Ma i fraseggi allarmati sulla necessità di «regolamentare gli hedge funds» da parte di Banche Centrali e di istituzioni globali indicano che le fratture di questo settore devono essere più preoccupanti.
Peggio.
Esiste in USA un «Gruppo di lavoro sui mercati finanziari», creato per decreto presidenziale nel ‘98, con lo scopo di «mantenere la fiducia degli investitori in caso di grave crisi»: non a caso
questo gruppo assai riservato è denominato comunemente «Plunge Protection Team», squadra di protezione dal crollo (delle Borse).
In teoria, in caso di insolvenze a catena tipo 1929, esso dovrebbe inondare i mercati di denaro liquido.
Ma invece, il «Plunge Protection Team», presieduto da Paulson, è stato utilizzato politicamente per ribassare la benzina in USA.
La Goldman Sachs controlla ormai questo strumento che dovrebbe essere neutrale per un partito;
e peggio, la Goldman Sachs è diventata un colossale hedge funds, mentre i 9 mila altri hedge funds esistenti si trasformano sempre più in banche d’affari, in quanto sono entrati massicciamente nell’acquisto di crediti svenduti dalle banche.
I gestori di hedge funds, che intendono il loro mestiere come quello degli avvoltoi (si lanciano a spolpare aziende in difficoltà), diventano «investitori e soci» di dette aziende: lo sciacallo invitato a pranzo dal bufalo ferito.



Dopo le elezioni di novembre svanirà l’euforia artificialmente ottenuta, una vera «guerra di percezione» illusionista, volta a convincere gli americani e gli speculatori «che l’avvenire è radioso» nonostante tutti gli indici negativi (disoccupazione, salari calanti, inflazione e incapacità di dominare i rischi strategici).
I primi a cadere saranno «i settori od operatori più esposti sui mercati finanziari, i possessori di attivi americani (la Cina è il più grande accaparratore di Treasury Bills in dollari, seguita dal Giappone e dagli altri Paesi asiatici), il settore immobiliare».
E, Dio ci scampi, i fondi pensione.
Gli hedge funds acquirenti di crediti dalle banche (che non li tengono più nei loro libri contabili, ma li confezionano in parcelle e li vendono come titoli-cambiali) hanno sparso i debiti, come coriandoli, nell’intero sistema finanziario e sui loro clienti.
Ciò viene dipinto come «mutualizzazione del rischio».
Nella fase di crisi, diverrà quello che è sempre stato: «contagio sistemico dei rischi».
Le insolvenze dei grossi attori coinvolgeranno i piccoli risparmiatori, a cui sono state rifilate decine di Ernor, Parmalat e Argentina.
E siccome il grosso del debito è a carico dei risparmiatori e non delle grandi banche, non ci sarà nessun «salvataggio» pubblico a soccorrere i truffati.

A meno che non crollino anche i «primary dealers», ossia le banche per lo più ebraiche (come Lazard) che comprano alle prime aste i titoli del debito americano, di fatto finanziando il Tesoro ad interesse e a prezzi di favore.
L’unica speranza è che il crack coinvolga anche questi attori influenti e riservati, che reclameranno per sé il soccorso pubblico.
Dopo, dice il LEAP, «comincia tutta un’altra storia».
In attesa del prossimo bollettino del Laboratoire, si può leggere l’Apocalisse: «E’ caduta, è caduta/ Babilonia la grande!/ E’ diventata rifugio di demoni… dal vino provocante della sua fornicazione bevvero tutte le genti; con il lusso sfarzoso di lei arricchirono i mercanti della terra».
Con quel che segue.

Maurizio Blondet
www.effedieffe.com

Alounak
00sabato 21 ottobre 2006 22:59
mah.... speramu de na.... che me scappa da rie....
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