Esposti Codacons, Eataly ritira prodotti "ingannevoli"

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wheaton80
00lunedì 26 gennaio 2015 20:39

(AGI) - Dopo due diffide e cinque esposti presentati dal Codacons all'Antitrust, Eataly è stata costretta a ritirare dai propri scaffali alcuni prodotti "ingannevoli" per i consumatori, ricevendo inoltre un monito da parte dell'Autorità. A darne notizia è la stessa associazione dei consumatori, sottolineando di aver ricevuto "apposita comunicazione dall'Autorità garante per la concorrenza". La vicenda nasce quando il Codacons, "dopo una verifica effettuata presso lo store Eataly di Roma, rilevava la presenza di prodotti la cui etichettatura non appariva conforme alle norme di legge". "Ad esempio - continua il Codacons - nei cartelloni posti in prossimità di un bancone frigo si leggeva:'Latte, yogurt, latticini a km zero' laddove "il frigorifero conteneva beni alimentari anche di altra tipologia (tipo pesto) e la maggior parte degli yogurt in vendita risultavano prodotti e confezionati nel Trentino o altri luoghi distanti dal Lazio". Accertata la rimozione dal commercio dei prodotti e dei cartelloni contestati dal Codacons, l'Autorità ha ritenuto di archiviare parzialmente l'istanza. "Siamo felici di apprendere che anche il potentissimo Farinetti ha dovuto cedere e fare un passo indietro di fronte all'esigenza di tutelare i consumatori - spiega il presidente dell'associazione, Carlo Rienzi - Critichiamo però duramente la lentezza mostrata dall'Antitrust nel definire la vicenda, e il grande sforzo legale cui il Codacons è stato costretto per far valere i sacrosanti diritti degli utenti, ai quali deve essere sempre garantita trasparenza e correttezza".

26 gennaio 2014
it.notizie.yahoo.com/esposti-codacons-eataly-ritira-prodotti-154953...
wheaton80
00mercoledì 11 marzo 2015 01:52
Etichette alimentari, petizione per dire sì allo stabilimento di produzione
Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade raccolgono firme destinate alla ministra Federica Guidi



Etichette alimentari: sì all’indicazione dello stabilimento di produzione. È questo il tema della petizione che Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade hanno promosso su Change.org per chiedere al governo italiano di ripristinare l’obbligo di inserire sulle etichette di prodotti alimentari e bevande la sede dello stabilimento di produzione. Le firme raccolte sono indirizzate principalmente a Federica Guidi, ministra dello sviluppo economico cui spetta il compito di notificare subito a Bruxelles la norma che già a partire dal 1992 consentiva ai prodotti italiani di indicare lo stabilimento di produzione. La richiesta è supportata da diverse organizzazioni dei consumatori, tra cui Altroconsumo, dalle principali catene di supermercati (Unes, Conad, Coop, Selex, Simply, Auchan, Eurospin, NaturaSì), da numerose imprese industriali, da diversi parlamentari del Movimento 5 Stelle e di altri partiti e dallo stesso ministro delle politiche agricole Maurizio Martina. Premesso che l’indicazione dello stabilimento di produzione non ha nulla a che vedere con l’origine delle materie prime (tema oggetto di discussione a Bruxelles), chiediamo al Ministero dello sviluppo economico di cogliere l’occasione per rilanciare in Europa il valore indispensabile dell’informazione in etichetta sullo stabilimento di origine. I motivi che rendono utile e necessaria l’indicazione dello stabilimento sono diversi:

Sicurezza alimentare
Nei casi di allerta alimentare, la disponibilità immediata della notizia della sede dello stabilimento consente alle autorità di controllo di risalire in tempo reale alla causa del problema e di intervenire con efficacia per ritirare il prodotto, anche al di fuori dei giorni feriali e degli orari di ufficio. Nella gestione delle crisi di sicurezza alimentare il tempismo è cruciale, e l’indicazione dello stabilimento può sicuramente abbreviarlo. Su questo tema è interessante sottolineare le lamentele del Ministero della salute che in un recentissimo documento sul sistema di allerta da attivare nei casi di crisi scrive:“In taluni casi si assiste ancora ad una poca efficacia per la rintracciabilità da parte degli Operatori del settore alimentare (OSA) che, a volte, ha comportato un rallentamento nelle indagini e negli interventi mirati. Infatti, in taluni casi è stato necessario effettuare numerosi solleciti e comunicazioni per l’acquisizione di documenti necessari a garantire la completezza delle informazioni (in particolar modo sui provvedimenti adottati in ambito territoriale, compreso il ritiro/richiamo)”. Se tutto ciò accade quando l’indicazione dello stabilimento sulle etichette dei prodotti è chiara figuriamoci cosa può succedere quando per esempio il venerdì nel tardo pomeriggio si scopre un caso di botulino su un vasetto di conserve vegetali e l’indirizzo sul prodotto indica una sede situata a Bruxelles o a Londra.

Sovranità alimentare e occupazione
I consumatori hanno il diritto di fare scelte consapevoli che incidono in misura significativa sull’economia e sull’occupazione nelle filiere agroalimentari scegliendo prodotti confezionati nel proprio Paese. Senza l’indicazione dello stabilimento i gruppi multinazionali dell’industria alimentare e della distribuzione possono trasferire le produzioni e gli approvvigionamenti da un Paese all’altro – dentro e fuori l’Unione Europea – senza informare gli acquirenti.

Protezione dei cittadini

In assenza di informazioni sulla sede di produzione, i gruppi multinazionali che hanno acquistato marchi legati a un Paese (o a una sua Regione) possono ingannare i consumatori, utilizzando questo marchio su prodotti realizzati altrove. È il caso marchi italiani legati a formaggi, insaccati, pizze, pasta, gelati, olio che verrebbero acquistati da consumatori convinti di comprare un alimento prodotto in Italia. Si deve perciò affermare il diritto dei cittadini a conoscere il luogo di produzione, a sapere se una pizza Margherita a marchio Buitoni è made in Germany, se un Cornetto Algida è made in UK, se un olio Bertolli è imbottigliato in Spagna, e così via. In assenza di un intervento volto a tutelare il made in Italy, come pure il made in France o il made in Spain… diventa impossibile per i cittadini identificare l’origine degli alimenti confezionati con il marchio delle catene di supermercati e di grandi gruppi industriali, che troverebbero sull’etichetta solo l’indirizzo di una sede legale. Tutto ciò a discapito dell’identità e della cultura materiale, del valore del lavoro in ciascun distretto produttivo, e delle rispettive economie.

La petizione è stata inviata a:
Federica Guidi, Ministra dello sviluppo economico
Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole
Beatrice Lorenzin, Ministra della salute

Per sottoscrivere la petizione:
www.change.org/p/federica-guidi-s%C3%AC-all-indicazione-dello-stabilimento-di-produzione-sulle-etichette-dei-prodotti-al...

Roberto La Pira
5 febbraio 2015
www.ilfattoalimentare.it/etichette-alimentari-petizione.html
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