Fine vita

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Heleneadmin
00sabato 15 gennaio 2011 18:57
antiuaar.wordpress.com/2011/01/14/tirelli-loncologo-dellistituto-tumori-di-aviano-%C2%ABveronesi-sbaglia-nutrizione-e-idratazione-non-sono-terapi...

Tirelli, l’oncologo dell’Istituto tumori di Aviano: «Veronesi sbaglia, nutrizione e idratazione non sono terapia»
InContraddizioni, assurdità atei, Eutanasia e Testamento biologico su 14 gennaio 2011 a 14:31

L’oncologo Umberto Veronesi ha definito in questi giorni «vita artificiale» gli stati vegetativi o addirittura di qualsiasi persona «priva di coscienza e di vita di relazione». Il sottosegretario Roccella ha subito risposto dichiarandosi «stupita», poiché questa definizione «includerebbe molte forme di disabilità o l’Alzheimer». La ricerca, infatti, ha dimostrato come molte persone apparentemente non coscienti «mostrano invece un’attività cerebrale inaspettata». E «non è affatto escluso che si possano trovare nuove terapie» come suggerirebbero alcuni “risvegli” ottenuti «con nuove e semplici tecniche». Né l’autodeterminazione, poi, «può essere un criterio assoluto scisso dal contesto scientifico, medico e relazionale», altrimenti qualunque paziente potrebbe esigere «un trattamento che il medico giudica inappropriato o dannoso». Anche il direttore del Dipartimento di oncologia medica dell’Istituto nazionale tumori di Aviano, Umberto Tirelli, ha criticato la posizione contraria alla legge sul “fine vita”, calendarizzata in questi giorni dalla conferenza dei capigruppo della Camera, da parte di Umberto Veronesi, che è anche senatore del PD. «Ritengo invece – ha dichiarato l’esperto – che la nutrizione e l’idratazione siano un diritto di qualsiasi essere umano a prescindere dalle sue condizioni di salute». D’altraparte nemmeno per la mozione presentata dal Pd al Senato, idratazione e nutrizione sono considerate terapie. Il ministro Sacconi ha affermato: «Solo in un caso, quello di Eluana Englaro, si è posto il problema di sottrarre una persona, così viva che a nessuno verrebbe in mente l’espianto degli organi, all’idratazione e all’alimentazione. E in questo caso si è reso necessario un percorso di forte determinazione nella conduzione a morte che non possiamo non definire eutanasico».
Heleneadmin
00venerdì 21 gennaio 2011 20:10
antiuaar.wordpress.com/2011/01/19/lanestesista-caldiroli-%C2%ABle-nuove-tecniche-scientifiche-contro-i-talebani-delleutanasi...

L’anestesista Caldiroli: «le nuove tecniche scientifiche contro i talebani dell’eutanasia»
InEutanasia e Testamento biologico su 19 gennaio 2011 a 14:57

Confinate a una lettera a pag. 55 de Il Corriere della Sera, appaiono le parole di Dario Caldiroli, direttore Unità Operativa di Neuroanestesia e Rianimazione Fondazione Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta di Milano. Vi si legge che «all’ospedale di Venezia la stimolazione magnetica transcranica ha permesso l’emergere di uno stato di maggiore consapevolezza di sé e dell’ambiente a una persona considerata in stato di minima coscienza a causa di un’emorragia cerebrale. Se questo si dimostrerà il veicolo per entrare nel cervello di queste persone ed esplorarne il contenuto (sensazioni, emozioni, memoria, insomma intelligenza) la medicina avrà finalmente trovato lo strumento che mancava per sconfiggere con prove scientifiche i talebani dell’eutanasia, che di fronte a queste evidenze ancora sostengono l’equivalenza dello stato vegetativo con qualcosa di simile alla morte. Questo curioso convincimento è stato anche esplicitato paragonando l’emergere della coscienza alla contrazione delle zampe della rana negli esperimenti di Alessandro Volta (al quale sarebbe interessante chiedere se la sua rana fosse in uno stato di minima coscienza). Con queste dichiarazioni viene di fatto negato il diritto di emergere a una coscienza nascosta che non trova più la strada per manifestarsi e proprio il risveglio, anche se temporaneo, permetterà di capire quali potenzialità di recupero vi saranno. Diceva Pasolini: «la morte non è nel non poter comunicare ma nel non poter più essere compresi». Forse lo strumento per comunicare la medicina l’ha trovato e i pazienti per farsi capire anche, E allora usiamolo!».

Il bioetico Carlo Bellieni commenta queste parole e approfondisce il discorso dal punto di vista scientifico su Il Sussidiario. Riportiamo sue brevi riflessioni: «Lettera che colpisce perché fa due cose che normalmente non è dato trovare, soprattutto non assemblate: riporta chiaramente un dato scientifico e trae conclusioni etiche. Lasciarli morire o mettere in atto azioni eutanasiche nell’ipotesi che “non sentano nulla” è antiscientifico. L’autore della lettera evidentemente si riferisce al clima che spinge sempre più verso il considerare la vita che non è autonoma come vita che manca degli attributi propri della persona umana».
Heleneadmin
00venerdì 21 gennaio 2011 20:15
antiuaar.wordpress.com/2011/01/20/psicobiologi-spagnoli-risposte-cerebrali-in-stato-vegetativo-e-di-minima-co...

Psicobiologi spagnoli: risposte cerebrali in stato vegetativo e di minima coscienza
InEutanasia e Testamento biologico su 20 gennaio 2011 a 16:48

Un team di scienziati del Dipartimento di Psichiatria e Psicobiologia Clinica dell’Università di Barcellona ha pubblicato i risultati di un recente studio su Publmed. Hanno valutato le risposte cerebrali su un campione di pazienti in stato vegetativo (VS) in stato minimamente cosciente (MCS), dopo una lesione cerebrale traumatica. Hanno concluso, contrariamente ai fautori dell’eutanasia, che diversi pazienti in SV e MCS possono preservare le risposte cerebrali a stimoli uditivi e di linguaggio. Quindi queste persone possono sentire, ascoltare e apprendere, come hanno testimoniato moltissimi di coloro che si sono improvvisamente svegliati (leggere qui, ad esempio, la storia incredibile di Salvatore Crisafulli). La risonanza magnetica funzionale è molto utile per identificare queste reazioni.
Heleneadmin
00mercoledì 26 gennaio 2011 16:26
antiuaar.wordpress.com/2011/01/25/il-neurochirurgo-gandofini-contro-leutanasia-e-il-riduzionismo-l...

Il neurochirurgo Gandofini contro l’eutanasia e il riduzionismo laicista
InEutanasia e Testamento biologico su 25 gennaio 2011 a 19:11

Massimo Gandofini, è un primario di neurochirurgia e direttore del dipartimento di Neuroscienze della Fondazione Poliambulanza di Brescia. E’ anche membro dell’associazione Scienza & vita, di cui è presidente a Brescia. Il neurochirurgo sa bene che la ricerca scientifica è perfettamente in sintonia con il disegno che Dio ha inscritto nella creazione: «Sarà forse la frequentazione dei santi ad aiutarmi -confessa riferendosi all`impegno come consulente della omonima congregazione vaticana – ma da quando nel 1990 ho iniziato a occuparmi di neuroscienze ho avuto ancora motivi di stupore per la complessità e la bellezza di cui è portatore l`uomo anche nelle sue strutture cerebrali». Gandofini, rispondendo alle domande di Avvenire, si augura un uso virtuoso delle neuroscienze: «Grazie a Dio queste applicazioni sono già in atto. Basti pensare alle recenti acquisizioni in tema di studio della coscienza negli stati vegetativi. Solo trent’anni fa dichiaravamo con certezza che lo stato vegetativo (allora si chiamava “coma apallico” o “coma vigile”) era caratterizzato dalla “assenza” di coscienza. Ora il neuroimaging ci ha dato la prova che non è esattamente così: la coscienza è gravemente lesa, “frantumata” o “sommersa”, ma è presente. La prima conseguenza di queste scoperte è prettamente scientifica: dobbiamo studiare possibili strategie terapeutiche per tentare un recupero. La seconda è etica: contrastare tentazioni di abbandono di questi pazienti, o peggio di eutanasia, con il comodo alibi della “irreversibilità clinica”». L’argomento approda poi al riduzionismo che certo laicismo scientista tenta di promuovere: è in sostanza il tentativo di spiegare deterministicamente la complessità di pensiero e di comportamenti dell’uomo sulla base delle sue reti neuronali. Come all’indomani della lettura del genoma ci fu chi sentenziò che “l’uomo è i suoi geni”, oggi c’è chi pensa di poter affermare che “l’uomo è i suoi circuiti neuronali”. Si parte da alcuni reperti scientifici incontestabili per approdare poi ad impostazioni riduzionistiche inaccettabili, filosofiche non scientifiche, quindi confutabili sul piano empirico».
Heleneadmin
00mercoledì 26 gennaio 2011 16:28
Heleneadmin
00venerdì 28 gennaio 2011 11:10
antiuaar.wordpress.com/2011/01/27/la-francia-boccia-nuova-proposta-di-legge-sulleu...


La Francia boccia nuova proposta di legge sull’eutanasia
InEutanasia e Testamento biologico su 27 gennaio 2011 a 18:20

Il Senato francese ha bocciato la proposta di legge relativa all’assistenza medicalizzata per morire. Contro il provvedimento che, se fosse stato approvato, avrebbe spianato la strada all’eutanasia in Francia, una forte mobilitazione bipartisan, delle associazioni antieutanasiche e, a sorpresa, un deciso no del premier François Fillon, che ha scelto la stampa come veicolo per comunicare pubblicamente il suo no: «Dobbiamo stabilire se la società sia in grado di legiferare per riconoscersi il diritto di dare la morte – ha scritto in un lungo articolo – ritengo che questo limite non debba essere superato». Della proposta di legge il premier ha criticato anche la definizione ambigua di fine vita e l’assenza di un obbligo specifico di consultare la famiglia del malato. I due emendamenti votati ieri dall’assemblea hanno eliminato il primo controverso articolo del testo che consentiva a ogni persona maggiorenne e in grado di intendere, affetta da un male incurabile allo stadio terminale causa di una sofferenza fisica o psichica insanabile, di chiedere assistenza medica per ottenere una morte rapida e indolore.
Heleneadmin
00martedì 16 agosto 2011 21:52
www.uccronline.it/2011/05/16/gli-anziani-e-i-disabili-temono-la-legge-sulleu...


Anche in Inghilterra il dibattito sull’eutanasia è aperto. Il British Medical Journal ha dato spazio ad un articolo di Kevin Fitzpatrick, un ricercatore dell’associazione per i diritti dei disabili e contro eutanasia e suicidio assistito, chiamata “Not dead yet” (“Non ancora morto”).

Fitzpatrick ricorda che anche le persone disabili «hanno bisogno di sentirsi al sicuro». La legge sull’eutanasia «andrebbe ad intaccare un senso di sicurezza già traballante traballante nell’assistenza medica, e rappresenterebbe una minaccia ulteriore per il benessere dei disabili, per il proseguimento delle cure, e per la vita stessa». Il ricercatore dice che il giudizio dei sostenitori del suicidio assistito, si basa «sull’idea di una “vita non degna di essere vissuta”. Si tratta di dire: “Non vorrei, non poteva vivere così”, cioè una sentenza del valore di un altro, sulla vita di una persona disabile, non credo che i medici abbiano il diritto di farlo. Inoltre, quel che insopportabile per uno, non è necessariamente vero anche per un altro». Permettendo l’eutanasia dunque «si potrebbe rafforzare questa posizione, decidendo la dignità della vita di un altro sulla base di un giudizio morale, piuttosto che una realtà medica». «La minaccia -dice ancora Fitzpatrick- si estenderà anche e inevitabilmente alla vita degli anziani e dei semplici disabili».

Il ricercatore cita proprio le parole di un chirurgo olandese, McColl, il quale informa che «molte persone anziane negli ospizi dei Paesi Bassi hanno così paura dell’eutanasia che portano un cartellino con scritto che loro non la vogliono». L’argomento dell’eutanasia è dunque un “pendio scivoloso”. Si inizia dai casi estremi e si arriva a tutti, come infatti accade negli Stati in cui è stata legalizzata: Ultimissima 28/2/11 e Ultimissima 21/3/11.

Fitzpatrick conclude accennando al “diritto di morire”, che i sostenitori dell’eutanasia rivendicano continuamente. Eppure «la morte è inevitabile e non è “un evento nella vita”: è la fine della nostra esperienza di vita nel mondo, non ha senso parlare di un “diritto” di morire. Chi lo fa tende a mascherare il fatto che sta chiedendo il diritto di ricevere un aiuto per terminare la vita, il diritto a una morte prematura, il che è affatto un evento inevitabile». L’altro errore che si fa è passare «dal particolare al caso generale». Cioè: questa persona disabile vuole suicidarsi, quindi tutte le persone nella loro situazione lo vogliono o lo avrebbero voluto. E conclude: «La vita di molte persone disabili dipende dalla resistenza dai tentativi di introdurre una legge che legalizza di fatto l’atto intenzionale all’omicidio».
Heleneadmin
00mercoledì 31 agosto 2011 21:09
Il neurologo Zampolini: «non sono credente ma dico no al testamento biologico»
4 aprile, 2011
Quando si parla di bioetica c’è una falsa percezione: da una parte i cattolici e dall’altra i laicisti. In realtà le cose sono molto più complesse. Esistono credenti e sedicenti “cattolici” (senza alcun consapevolezza del termine) che sostengono testamento biologico (apertamente) ed eutanasia (meno apertamente) come Ignazio Marino e non credenti che sono “contro”, come ad esempio Mauro Zampolini, direttore del Dipartimento di riabilitazione Asl 3 della Regione Umbria e dell’Unità gravi cerebrolesioni all’ospedale di Foligno.

Intervistato da Avvenire, Zampolini parla a 360° delle questioni più scottanti: eutanasia, Eluana Englaro, testamento biologico, Dichiarazioni anticipate di volontà, alimentazione e idratazione, stati vegetativi ecc.. Subito sostiene che «ogni essere umano ha il diritto di poter scegliere come vuole morire, ma per le persone in stato vegetativo il problema si complica e un obbrobrio come quello della volontà presunta accaduto con il caso Englaro non deve più accadere». Si ritiene «un uomo di sinistra e un non credente, ma tutto questo non c’entra: parlo come medico che da sempre si occupa di cerebrolesioni gravissime. Chi da decenni segue queste cose sa molto bene che uno stato vegetativo è una persona a tutti gli effetti, un paziente con una gravissima disabilità ma ben vivo. E allora stare intorno al suo capezzale a discutere se cibo e acqua siano una terapia francamente è solo un escamotage per non chiamare le cose con il loro nome: diciamo chiaro che il vero obiettivo è l’accompagnamento alla morte».

IL TESTAMENTO BIOLOGICO E’ PERICOLOSO: TANTI CAMBIANO IDEA. Secondo l’esperto, «sostenere che alimentare e idratare un disabile non autosufficiente è una terapia significa voler percorrere una scorciatoia verso un accompagnamento lento e doloroso alla morte per fame e per sete». Anche lui sottolinea l’enorme pericolosità del testamento biologico, poiché «non possiamo non sapere che in generale per tutti i pazienti incapaci di comunicare c’è un problema oggettivo che riguarda la volontà espressa in passato. Non a caso tanti malati di Sla – ovvero pazienti lucidi fino alla fine – che un tempo avevano dichiarato di non voler essere salvati, quando invece stanno per morire chiedono la tracheotomia. Lo stesso avviene molto spesso con le neoplasie… Insomma, quando una persona entra davvero nella condizione di malattia grave, anche se prima aveva chiesto di morire alla fine sceglie di vivere». Lo avevamo dimostrato raccontando una storia come esempio, quella di Richard Rudd (cfr. Ultimissima 15/7/10).

ELUANA ENGLARO. La “volontà presunta” non lo convince per nulla: «Nel caso di Eluana Englaro c’era un padre che diceva “mia figlia in passato ha detto che avrebbe preferito morire”. È una prospettiva grave, che potrebbe porre scenari molto problematici: chi è che presume le volontà altrui? Su quali basi? Posto anche che a farlo sia una brava persona, chi può escludere che nel frattempo il paziente abbia cambiato idea, o che quelle parole dette un tempo siano state buttate lì senza una vera cognizione?»

IGNAZIO MARINO. Una frecciatina al medico e politico Marino: «Alcuni colleghi con cui dialogo spesso e volentieri hanno il difetto di non chiamare le cose col loro nome. Così capita che Ignazio Marino dica di non volere l’eutanasia, ma la sospensione di cibo e acqua sì… L’evento finale è lo stesso. Se si vuole parlare di eutanasia, almeno si abbia il coraggio di proporre metodiche più adeguate».

NEGLI STATI VEGETATIVI C’E’ COSCIENZA. In Ultimissima 29/3/11 abbiamo visto come la scienza abbia dimostrato che gli Stati Vegetati (S.V.) non sono irreversibili e c’è la persistenza di uno stato di coscienza. Zampolini, quotidianamente a contatto con questi pazienti, lo conferma: «Per noi che da molti anni riabilitiamo gli stati vegetativi, la questione è lampante: sono tutt’altro che dei “vegetali”, non sono mai del tutto distaccati dall’ambiente, sono sensibili a suoni, voci, situazioni di pericolo e molto altro. Le più recenti ricerche dimostrano la presenza di una coscienza anche minima, ma noi lo abbiamo sempre saputo a partire dalle nostre osservazioni cliniche. Sono persone che percepiscono quanto avviene loro intorno, ma non possono comunicarlo: si parla di una “coscienza nucleare”, un nucleo di coscienza per cui elaborano e ributtano fuori le cose più semplici, ecco allora i famosi sorrisi o le espressioni di paura che davvero si vedono sui loro volti». Lo stato vegetativo è un passaggio transitorio che va dal coma a un successivo miglioramento. Zampolini cita uno studio «condotto sui 50 centri italiani di gravi cerebrolesioni raccogliendo i dati di 2.600 persone, e di questi un quarto arriva in stato vegetativo ma solo una minima parte ci resta. Io mi sono fatto un’idea empirica: che tutti gli stati vegetativi col tempo evolvono in stati di minima coscienza. Di questo occorre dibattere seriamente, non di togliere cibo e acqua!». Inoltre le tecniche di riabilitazione e di supporto alla vita sono sempre più efficaci e i casi di sopravvivenza aumentano: «Io lo vivo nei ricoveri quotidiani: giovani che ci arrivano con un’emorragia cerebrale e che cinque anni fa sarebbero morti ora ce la fanno, e poi giungono da noi per la riabilitazione».

A Foligno, racconta «la famiglia viene accolta, li rendiamo attivi e coscienti rispetto al problema, teniamo le riunioni tra medici alla loro presenza, e tale strategia è sempre vincente. Questo aiuta a non rifiutare con spavento la disabilità, a non fare scelte sbagliate, a non staccare i sondini ma a stare loro accanto per cogliere quei segnali di vita che sempre ci sono. E per fare questo nessuno è più addestrato dei familiari più cari».

Heleneadmin
00mercoledì 31 agosto 2011 21:12
Il medico Scapagnini ritrova la fede dopo un pre-morte: «ora contro l’eutanasia»
1 luglio, 2011
Il neuroendocrinologo Umberto Scapagnini, già ricercatore e docente presso l’Istituto HAYMANS dell’Università di Gand (Belgio), la YC Medical Center San Francisco, California, al MIT di Boston, consulente della NASA e professore ordinario presso l’Università degli Studi di Catania, ha voluto mettere per iscritto nel suo libro “Il cielo può attendere” (Piemme 2011) la sua esperienza pre-morte.

Scapagnini, autore di oltre 500 pubblicazioni scientifiche su prestigiose riviste internazionali, co-editore di oltre 20 volumi scientifici e decano della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Catania, ha voluto raccontare quel che gli è accaduto nel 2008. Lui stesso presenta così il volume: «È un incrocio tra la dimensione scientifica del mio lavoro, il rapporto tra cervello sistema endocrino e sistema immunitario, e una dimensione spirituale. Alla fine questa seconda, lo confesso, ha prevalso. E per chi, come me, viene da studi scientifici non è poco. Ho sentito che c’è qualche altra cosa rispetto ai dati scientifici e alla fisicità razionale della realtà che ci circonda».

Nel 2007 gli è stato asportato un melanoma sotto al muscolo temporale e nel 2008 in un violento incidente stradale sbatte la testa e il petto, venendo ricoverato in situazione disperata. Sempre nello stesso anno i medici ritrovano il tumore dandogli un mese di vita. Si sottopone ad un anticorpo monoclonale ma gli effetti collaterali lo portano al coma premortale. Scapagnini riceve due estreme unzioni e ricorda un tunnel di luce: «Stavo morendo. La mia mano sinistra fu fermata da mia mamma, morta un anno prima. Poi ho visto Padre Pio, che mi ha detto: “Devi seguire la volontà del Signore”». In quel momento si è svegliato e ha raccontato ai medici presenti l’accaduto, per poi ritornare in coma per ancora 70 giorni. Nel libro viene ovviamente raccontata a fondo questa sorta di vita parallela e misteriosa: «riconobbi la mia trisnonna in piazza dei Martiri a Napoli. Ma io non l’avevo mai vista prima! Poi mio fratello Sergio mi portò una vecchia foto in cui ebbi la conferma che si trattava proprio della nostra ava». Il tumore intanto è completamente sparito.

La sua storia, non certo isolata, si inserisce ovviamente nel dibattito intorno al fine vita. Al settimanale Oggi ha raccontato:«Prima che mi accadesse tutto questo ero favorevole all’eutanasia. Ma quando ero in coma ho combattuto come un leone per restare vivo. E una forza superiore all’uomo mi ha dato l’energia per resistere e vincere la lotta contro le cellule maligne. Mentre mi trovavo nel buio del coma, riuscivo a percepire l’amore, le sensazioni e a momenti le parole che mi dicevano, anche se non potevo rispondere. Anche per questo adesso ho cambiato idea sul testamento biologico. Non firmerei più a favore, perché ora so cosa vuol dire sentire e non poter reagire, sapere e non poter dire. Non possiamo mai sapere realmente cosa pensa quella persona immobile sul letto. E se quella persona volesse vivere? Prima avrei firmato, adesso no».

In questo video è lui stesso a raccontare la sua esperienza durante la trasmissione “Maurizio Costanzo Talk” del 15/3/11.

Heleneadmin
00mercoledì 31 agosto 2011 21:15
Regno Unito: l’80% dei medici contro eutanasia e suicidio assistito
23 marzo, 2011
Una rassegna delle ricerche effettuate per più di 20 anni suggerisce che i medici del Regno Unito sembrano opporsi decisamente all’eutanasia (AVE) e al suicidio medico-assistito (PAS). I risultati – che appaiono nell’ultimo numero della rivista Palliative Medicine pubblicato da SAGE – evidenziano un netto divario tra gli ‘atteggiamenti dei medici e quelli del pubblico britannico.

Lo studio, effettuato dal dottor Ruaidhri McCormack e i colleghi dott. M. Clifford e dott. M Conroy presso il Dipartimento di Medicina Palliativa del Milford Care Centre in Irlanda, ha valutato la letteratura scientifica tra il 1990 e il 2010, trovando 16 studi chiave. Gli autori, guidati dall’ European Association for Palliative Care (EAPC) , hanno cominciato delineando le definizio di eutanasia e suicidio assistico che emergevano da questi documenti. L’eutanasia è definita: «l’intenzionale uccisione da parte del medico di una persona attraverso la somministrazione di farmaci, su richiesta volontaria e competente di quella persona». Il suicidio assitito (PAS) è stato ulteriormente definito come «un aiuto intenzionale da parte del medico verso il suicidio di una persona attraverso farmaci auto-somministrati, su richiesta volontaria e competente di quella persona».

I ricercatori mostrano che la maggioranza dei medici si oppone all’eutanasia (in tutti gli studi esaminati tranne uno) e al suicidio assistito (in tutti tranne 2). Inoltre gli studiosi hanno domandato ai medici se praticherebbero queste azioni se venissero legalizzate. Solo un quarto di loro sarebbe disposto: il 25% per il suicidio assistito e il 23% per l’eutanasia. Uno dei maggiori fattori motivanti questa scelta è la religiosità, con i più religiosi meno inclini a considerare opportuna la morte assistenza o il supporto verso una sua introduzione nel Regno Unito. Altri fattori costantemente evidenziati sono l’efficacia delle cure palliative, capaci di ridurre notevolmente la sofferenza, limitando così la necessità di una morte assistita, la necessità di maggiori e più adeguate garanzie verso la morte assistita e l’idea che una professione che facilita questa pratiche non deve includere i medici. Lo studio -i cui risultati sono divulgati dal sito di ScienceDaily- è la prima revisione sistematica che studia specificamente l’atteggiamento dei medici del Regno Unito.

Heleneadmin
00lunedì 21 novembre 2011 20:28
www.uccronline.it/2011/02/09/giornata-stati-vegetativi-plauso-dalle-famiglie-dei...

Il 9 febbraio 2009 moriva Eluana Englaro. Si concludeva una vicenda che sconvolse l’Italia e scatenò un acceso dibattito politico. Dopo 17 anni di stato vegetativo dovuto ad un incidente stradale, la 39enne di Lecco venne lasciata morire di fame e sete in una clinica di Udine dal padre Beppino. Il 9 febbraio è stata così dichiarata Giornata nazionale degli Stati vegetativi, per favorire “l’attenzione e l’informazione su questo tipo di disabilità, che coinvolge oltre al malato, in maniera assai rilevante, anche i familiari”, come afferma il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella. Secondo l’esponente del Governo, la giornata sarà anche «un appuntamento per fare il punto scientifico per tutte le scoperte su queste situazioni di cui sappiamo ancora troppo poco. E potrà rappresentare una finestra di visibilità per queste persone e le famiglie che le accudiscono amorevolmente, troppo spesso coscientemente accantonate dai media che si rivolgono al grande pubblico». La Giornata è anche l’occasione giusta per ribadire la necessità di «colmare un vuoto legislativo in materia di Dichiarazioni anticipate di trattamento», come affermano in un comunicato congiunto il vice presidente del gruppo parlamentare Pdl della Camera, Di Virgilio, il questore della Camera, Mazzocchi, il deputato della Lega Nord, Polledri, le deputate dell’Udc, Binetti e Santolini e i deputati del Fli, Rosso e Di Biagio.

E sono proprio le associazioni delle famiglie di chi è in stato vegetativo a provare gioia per questo evento: «Questa prima “Giornata degli stati vegetativi” è il riconoscimento ufficiale dell’esistenza di una categoria di “Persone”, con la maiuscola – spiega Claudio Taliento, vicepresidente dell’”Associazione Risveglio” (Roma) ad Avvenire – che nella loro esistenza sono state “improvvisamente” catapultate in una realtà di vita estrema, in una condizione che riflette il massimo della disabilità: la summa delle minoranze psichiche e fisiche». Nessuno vuole strumentalizzare questa Giornata, che «non ha nulla a che vedere con il fine vita e il testamento biologico – sottolinea chiaro e tondo Fulvio De Nigris, dell’“Associazione amici di Luca” (Bologna) – chi vuole ricondurla a queste tematiche non vuol vedere la condizione delle persone in stato vegetativo», cioè «una situazione di gravissima disabilità che coinvolge migliaia di famiglie cui serve assistenza e condivisione», che «rivendicano un diritto di cura»

La giornata di oggi si articolerà anche su tre appuntamenti. A Udine alle 17 ci sarà un convegno dal titolo “Vivere oltre la disabilità”. A Bologna in serata andrà in scena al teatro Duse lo spettacolo “Vivo e vegeto, ma soprattutto vivo”. Infine a Roma, al Centro congressi Roma eventi di via Alibert 5, fin dalla mattina, i massimi esperti dello stato vegetativo si confronteranno sui risultati attuali dei loro studi.

Qui sotto una delle migliaia di storie di risvegli dal coma e dallo stato vegetativo. E’ quella di Francesco un ragazzo ricoverato alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris.

Heleneadmin
00lunedì 21 novembre 2011 20:33
www.uccronline.it/2011/03/29/i-neurologi-gandolfini-e-gigli-%c2%abterapia-per-stati-vegetativi-non-sono-irreversibil...

L’Associazione Scienza & Vita ha pubblicato un editoriale curato dal dott. Massimo Gandolfini, Direttore del Dipartimento Neuroscienze e Primario Neurochirurgo della Fondazione Poliambulanza di Brescia e dal dott. Gian Luigi Gigli, Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Udine e membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Neurologia (SIN). Il documento aiuta ad avere una visione scientificamente aggiornata sullo Stato Vegetativo.

RISCHI DI ENTRARE IN STATO VEGETATIVO. Qualche dato iniziale. in Italia sono circa 150mila le persone che vanno in coma a seguito di un trauma cranico. Di questi circa il 15% muore, il 10% si salva riportando gravi lesioni neurologiche e lo 0,5% entra in Stato Vegetativo (SV). Il restante 74,5% può ritornare ad una vita normale o con disabilità non gravi. Chi è invece colpito da “Ictus” (malattie cerebrovascolari acute), sono 180mila pazienti all’anno: il 20% muore, il 10% riporta gravi deficit neurologici, l’1% entra in SV ed il restante 70% circa può riprendere la propria vita, anche con qualche disabilità.

DIFFERENZE TRA “COMA”, “STATO VEGETATIVO” (SV) E “STATO DI MINIMA COSCIENZA” (SMC). Il coma è uno stato di abolizione della coscienza e delle funzioni somatiche (corporee). Ciò significa che il paziente giace immobile, ad occhi chiusi, non risvegliabile, e non presenta risposte finalizzate (cioè congrue) evocate da stimoli esterni (dolorifici, acustici, visivi). Lo Stato Vegetativo è connotato dalla conservazione della vigilanza (il paziente ha gli occhi aperti e presenta una certa conservazione del ritmo sonno-veglia) e dalla “non evidenza” della consapevolezza di sé e dell’ambiente (non essendo in grado di comunicare con l’esterno). Esiste un terzo quadro clinico, lo “Stato di Minima Coscienza” (SMC). Il paziente è in grado di esprimere una qualche limitata consapevolezza di sé e dell’ambiente, presenta una certa verbalizzazione (con risposte verbali o posturali, tipo si/no) a stimoli esterni. Può anche rappresentare uno stato temporaneo di evoluzione positiva dallo SV alla restituito ad integrum, più o meno completa.

LO SV “SENTE MA NON PERCEPISCE”, LO SMC “SENTE E PERCEPISCE”. Mentre il coma è caratterizzato dalla mancanza di vigilanza e consapevolezza, lo Stato Vegetativo è connotato dalla conservazione della vigilanza (il paziente ha gli occhi aperti e presenta una certa conservazione del ritmo sonno-veglia) e dalla “non evidenza” della consapevolezza di sé e dell’ambiente (non essendo in grado di comunicare con l’esterno). Le certezze acquisite tramite il “Multimodal Brain Imaging” (quattro tecniche: PET (tomografia a positroni), fRMN (risonanza magnetica funzionale), l’EEG/TMS (elettroencefalogramma con stimolazione magnetica transcranica), DTI (tomografia a gradiente di spostamento di molecole d’acqua) sono queste:
1) lo Stato Vegetativo non è caratterizzato dalla “morte corticale” o dalla “morte cerebrale”: la stimolazione passiva (acustica, visiva e dolorifica) ha documentato che le cosiddette “aree cerebrali primarie” sensoriali (corticali e sottocorticali), bersaglio degli stimoli, sono attive ed attivate. Invece le “aree secondarie” e le “aree associative” appaiono “spente”, cioè non attivate. Questo comporta che non c’è consapevolezza piena di un certo stimolo. Si può dire che il paziente in SV, allo stato attuale delle nostre conoscenze, “sente ma non percepisce”, cioè percepisce lo stimolo ma non produce una risposta. Nulla si può dire però di quanto avviene “ad intra”, cioè circa la “percezione interna” del paziente stesso.
2) Diversamente, un paziente in Stato di Minima Coscienza, “sente e percepisce”.
3) Tutto ciò ha portato ad accantonare definitivamente il concetto di “assenza” di coscienza, propendendo verso il più prudente concetto di “non evidenza” di coscienza. Sul piano strettamente pratico, questa mancanza di sicurezza assoluta circa la “non percezione” fonda il dovere clinico e deontologico della somministrazione della terapia antalgica: in un paziente in SMC il trattamento contro il dolore è imperativo, così come lo deve essere in un paziente in SV in ottemperanza ad un giusto principio di precauzione.

NON ESISTE LO “STATO VEGETATIVO PERMANENTE” (O IRREVERSIBILE). Nel 1994 la MultiSociety Task Force on PVS aveva decretato che uno SV che perdurava da più di tre mesi da un danno cerebrale anossico e da più di un anno da un danno cerebrale traumatico doveva essere considerato (e dichiarato) “permanente”. Oggi la ricerca scientifica ed il progresso tecnologico ci consentono di attenuare sensibilmente quell’affermazione: sono numerosi i casi documentati di “uscita” dallo SV verso uno Stato di Minima Coscienza, così come molto numerosi sono i casi di errore di diagnosi fra SV e SMC (tra il 18 e il 43%). Sulla base di queste considerazioni, la comunità scientifica ha accantonato la dizione “permanente” (oggi utilizzata più in termini ideologici ed utilitaristici che scientifici), assumendo un atteggiamento più prudente (si noti che dietro il concetto di “permanente” c’è il concetto di “irreversibile”) con il termine “persistente” o “prolungato”, che lascia la porta aperta all’ulteriore ricerca sia diagnostica che terapeutica. Il rapido evolversi delle nostre conoscenze in tema di funzionamento cerebrale e di possibile rigenerazione neuronale (cellule staminali neuronali locoregionali) rende impossibile porre un limite temporale oltre il quale si può dichiarare impossibile qualsiasi forma di recupero. Studiando uno degli ultimi casi di “risveglio” dopo uno SVP durato 19 anni (Terry Wallis), le indagini RMN/DTI hanno documentato che le fibre assonali danneggiate erano “ricresciute”, ricomponendo e riattivando networks neuronali bloccati da molti anni. Un interessante studio svolto presso l’Università di Cambridge nel 2009 ha documentato che, sottoponendo soggetti in SV e SMC a test di condizionamento “negativo” (secondo lo schema di Pavlov), è documentabile una certa capacità di “apprendimento”, che non si ottiene nei volontari sani anestetizzati con Propofol.

CONCLUSIONE: CURA “ATTIVA” E TERAPIA PER SV, NO ALL’ABBANDONO. Le conclusioni sono che occorre assumere sempre un atteggiamento di cura “attivo” nei confronti di queste persone, rifuggendo derive di rassegnazione o, peggio, di abbandono, fino ad invocare azioni eutanasiche. Dovere di cura verso ogni paziente ed in ogni circostanza, escludendo ogni forma di accanimento terapeutico. La razionale speranza di un miglioramente clinico è scientificamente fondata. Occorre veicolare – in termini non solo scientifici – la cultura di un diverso approccio agli “stati vegetativi”: da un atteggiamento passivo che pone queste persone nel novero dei “pazienti terminali”, a un approccio responsabile, fatto di cura e di terapia, verso persone con massima disabilità.

Heleneadmin
00lunedì 21 novembre 2011 21:27
www.uccronline.it/2011/04/06/stati-vegetativi-un-casco-dimostra-la-loro-coscienza-e-...

L’ingegnere Daniele Salpietro, da mesi impegnato tra i 24 stati vegetativi ricoverati al Centro don Orione di Bergamo, descrive il nuovo software, chiamato “Elu1″, ideato proprio nei giorni del caso Englaro, per provare a ricostruire un “dialogo” tra i pazienti e i loro cari. E’ un casco (acquistabile con 90 euro) applicato a un amplificatore cerebrale che moltiplica di un milione di volte gli impulsi neuronali, in modo da poter captare anche i minimi “spifferi” di volontà. Il nostro cervello quando pensa, cioè quando appunto ha coscienza (seppur minima come nel caso di SV), emette un segnale elettrico con delle frequenze, e i moderni sensori sanno leggere tali impulsi neuronali, in pratica “vedono” il pensiero prima che si traduca in azione.

Salpietro ha applicato il casco su vari stati vegetativi (definiti da qualcuno “irreversibili”), ad esempio su Cristina. Alla richiesta di un comando non segue alcun movimento pratico, eppure «con il caschetto che misura la volontà, ogni volta che le davo questo ordine vedevo schizzare a mille il segnale sul monitor. In pratica sentiva e desiderava pure obbedire, il problema quindi non era la coscienza, ma solo la possibilità di tradurla in movimento». Una situazione già raccontata da tanti “risvegliati”, come Max Tresoldi, uscito da 10 anni di stato vegetativo e testimone oggi del fatto che «coglievo tutto ma non riuscivo a dirvelo». Per Cristina, il solo fatto di sentirsi capita, l’ha spronata ad “uscire” dallo SV per passare a quello che la medicina chiama “stato di minima coscienza”, fino addirittura a parlare: «Dite ad Aldo che sono felice».

L’ingegnere rivela ad Avvenire che «nel 2008 chiesi al padre di Eluana di poter fare l’esperimento sulla figlia, di valutare cioè il suo grado di coscienza, ma non mi rispose. Certo che dagli indizi che abbiamo avrebbe dato risposte sorprendenti: una notte chiamò persino “mamma”, mentre il suo respiro cambiava all’udire le diverse voci e davanti a più testimoni alcune volte ha sorriso». Salpietro spiega che è accertato che per il 40% dei cosiddetti “stati vegetativi” la diagnosi è sbagliata perché si usa come parametro il movimento. Invece «è la loro volontà che va accertata. Ciò che conta è se, al nostro comando, il loro cervello invia l’ordine di fare una cosa, indipendentemente dal fatto che poi la riescano a fare davvero».

Domenico, ad esempio, prende a “obbedire” solo quando gli ordini partono dalla voce della sorella, in dialetto bergamasco: il segnale sul video schizza in alto e, dopo una settimana, l’uomo ha già imparato a chiudere gli occhi su comando. E così Loredana (dimessa da un centro specialistico come “priva di coscienza”) quando le si avvicina improvvisamente la mano agli occhi non fa una piega, ma sul monitor rivela senza dubbio una rapida “risposta alla minaccia”: gli occhi non li chiude, ma ha la volontà di farlo. Conclude lo specialista: «Ma allora è chiaro che hanno bisogno di una nuova riabilitazione mirata, non più solo di essere lavati e girati in un letto… Ma quanto costa dar loro tutto questo? Più facile ed economico darli per persi e magari avviarli alla dolce morte, no?». Sul sito www.amicidieluana.it è possibile approfondire il contenuto del progetto Elu1.

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