I SERPENTI CHE RIDISCESERO da edicolaweb

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LiviaGloria
00mercoledì 20 dicembre 2006 18:10
Filo d arianna...
Da leggere molto attentamente...come se si fosse spettatori...e non attori coinvolti ogniuno nel suo "vissuto"... [SM=g27823]


www.edicolaweb.it


ARCHEOLOGANDO...



I SERPENTI CHE RIDISCESERO
di Mauro Paoletti
per Edicolaweb


Prima che i mammiferi prendessero possesso di questo pianeta furono i grandi rettili a calpestarne il suolo. Sessanta milioni di anni fa si estinsero, ma l’uomo ha mantenuto in vita il mito e il culto del serpente, tramandando che fra le sue spire è racchiusa l’origine dell’umanità. Difatti il serpente viene rappresentato alato, piumato, avvolto a spirale come la forma delle galassie e noi sappiamo che per molti popoli la spirale rappresenta il segno della creazione e dell’Universo.
L’uomo ha assegnato al serpente l’antico sapere ed lo ha innalzato a creatore ed istruttore della razza umana.
Ecco sorgere dalla notte dei tempi il mito e la credenza che inquadra i serpenti, i Naga dell’India, come i remoti creatori dell’Universo: "I serpenti che ridiscesero, che fecero pace con la quinta razza, l’ammaestrarono e l’istruirono", come recitano le Stanze di Dzyan.
Ad Angkor Watt è ben illustrata la storia dei Naga e dei Deva; di Visnù che riposa fra le spire del serpente Ananta mentre concepisce la creazione dell’Universo.
Sui muri del tempio il Naga Vasuki, un cobra dalle cinque teste, come le cinque parti di 72° in cui è divisa la Terra, viene tirato da un demone originando quel movimento noto come la "Frullatura del Latte", ossia la Precessione degli Equinozi.
In Egitto Horus e Seth tirano una corda che gira intorno ad una specie di trapano con lo scopo di farlo ruotare.
La disposizione dei templi ad Angkor, ove il cobra è più volte raffigurato con il disco solare, raffigura la costellazione del Drago in terra.
Cambogia ed Egitto si gemellano in tal modo attraverso il simbolo del serpente. Il cobra si trova impresso insieme al disco solare su ogni tempio egizio, negli ornamenti delle corone reali, quale quella di Tutankamon. Simboleggia l’Uraeus, nota arma che emetteva raggi infuocati quando Orus la usava per eliminare i suoi nemici.
In Egitto Orione si riflette fra le piramidi della piana di Giza e il condotto della camera della regina punta la stella Thuban della costellazione del Drago.
Innegabile il collegamento con i Naga; gli stessi esseri dalle lunghe code intrecciate raffigurati in un rilievo ad Orissa. Anche Iside ed Osiride verranno simboleggiati da un cobra dal popolo dei Frigi che abitava l’Anatolia e la Cappadocia.
Fenici ed Egizi hanno reso divina la razza dei serpenti; i Fenici chiamavano il serpente Agathodemon, per gli Egizi era Kneph simbolo del Nilo con la coda che termina in un fiore di loto.
Agathodemon era il genio buono, conosciuto col nome di Chnoupi, l’Anima del Mondo, rappresentato da "un enorme serpente eretto su due gambe umane", dotato della conoscenza del bene e del male, della Saggezza Divina.
In Liberia si racconta di un serpente provvisto di braccia e molte teste.
È curioso che nel Libro dei Morti si raccomandi di leggere il capitolo 163 in presenza di un "serpente a due gambe", cioè un alto iniziato.
In Cina i primi discepoli dei Dhyani venivano chiamati "Draghi di Saggezza"; erano i primi adepti della Terza Razza e lo divennero per la Quarta e la Quinta. I Figli della Sapienza dimoravano presso il Drago dalle quattro bocche quando l’umanità raggiunse la sua Quinta razza.
"Serpenti di Fuoco" è il nome dato ai Leviti della casta sacerdotale quando abbandonarono gli insegnamenti di Mosè e seguirono la Magia Nera; appellativo da non confondere con i Draghi della Saggezza cinesi.
Thoth, Ermes, Ermete, Padre della Sapienza, inventore delle arti, delle scienze, della scrittura, della musica e dell’astronomia; nascose i libri della scienza, sotto due colonne. Alcune fonti riportano che la scienza fu incisa, su tali colonne, e ricopiata in tutti i templi dell’Egitto divenendo la sorgente di saggezza e di sapere del popolo.
Si racconta che le due colonne furono costruite dai "Figli del Dio Serpente", o "Figli del Drago", nome dato a tutti gli Ierofanti, gli alti iniziati di Egitto, di Babilonia, di Atlantide.
Per i Babilonesi e gli Accadi nel Mare dello Spazio viveva lo spirito di Dio, il grande Dio invisibile; questo luogo divenne l’acqua sulla Terra, la sede della grande Madre, il Grande Drago Tiamat, Il Serpente Marino.
I Serpenti sono i protagonisti nella Battaglia del Cielo fra gli Asura e le Divinità Maggiori contro le quali si schierano gli Ushana, la Legione di Venere comandata da Lucifero (il Genio della stella del giorno); i Daitya e i Danava, i Giganti nati dall’unione dei Figli di Dio con le Figlie degli uomini; e infine i Naga, chiamati anche Sarpa, serpenti, cioè i Serafini.
Lucifero viene sconfitto e cade sulla Terra con le sue schiere celesti. Ma fra gli spiriti caduti troviamo anche Brahma cacciato da Shiva; Ahriman sconfitto da Ahura Madza, il Drago Volante che beve l’ambrosia proibita.
Secondo la dottrina Maccabea, il Drago Rosso, Lucifero, il portatore di luce, l’Angelo caduto, punito da Dio per il suo atto di ribellione con l’esilio su questa terra, creò l’uomo per la necessità di disporre di corpi per inserirvi le anime dei suoi angeli.
In tal modo l’uomo diviene creazione di Lucifero, l’angelo tentatore che nelle vicende bibliche, vestendo la pelle del serpente, induce Eva al peccato. Il Drago è la raffigurazione del serpente Naga, il cobra dalle sette teste che protegge Budda dalla tempesta senza fine.
Non dissimile ai miti che vedono l’uomo come concezione dei Naga. L’episodio di Adamo, Eva ed il serpente, richiama la storia sumera di Enki, signore del regno terrestre che voleva tramandare la conoscenza all’uomo suo prediletto, creato dal potere del serpente per asservire gli Annunaki, inviati per sfruttare le risorse minerarie della terra. Il Dio è il serpente Nahash detentore dei segreti, raffigurato con due serpenti intrecciati, preludio alla spirale del DNA, l’Ankh egizia.
Il pantheon sumero comprende Enlil definito "il serpente con gli occhi splendenti", e sua moglie Ninlil, signora di Karsag, chiamata "Signora serpente".
Enki non riuscirà a compiere fino in fondo il compito prefissato perché il fratello; Enlil, signore dei cieli, gli impedirà di condurre l’uomo davanti all’Albero della Vita che dona l’immortalità. È la cacciata dall’Eden descritta nel Vecchio Testamento.
Lo sbarco degli Annunaki ricorda quello dei duecento Veglianti sul Monte Hermon, descritto anche nel libro di Enoch. Guidati da Semyaza s’invaghirono delle donne degli uomini e generarono con loro i giganti, i Nephilim definiti prole dei serpenti dal momento che i Veglianti vengono descritti come "creature dal volto di vipera". Le stesse fattezze che si osservano nelle statuette della cultura Ubaid scoperte a Jarmo nell’Iraq superiore. Figure rettiliformi con teste allungate, occhi grandi obliqui che venivano poste nelle tombe. Simili alle immagini rinvenute a Mohenjo Daro.
Nel Kurdistan iracheno gli Yezidi venerano un serpente nero simbolo di Azazel, l’Angelo Supremo conosciuto come l’Angelo Pavone.
I serpenti sono i Veglianti che trasmetteranno agli uomini la conoscenza. Amram padre di Mosè descrive questi esseri: " Vidi due Vigilanti che lottavano per me. Chiesi loro: Chi siete voi che avete tanto potere su di me? Ed essi mi risposero: Abbiamo avuto il potere su tutta l’umanità e la governiamo. Scegli, chi di noi deve governarti."
Amram li osservò e vide in uno il terribile aspetto del serpente, il suo volto era come quello di una vipera. Il suo nome era Belial, principe delle tenebre, re del male; l’altro era Michele, principe della luce, Melchisedech re di giustizia. Viso lungo e sottile, labbra piccole e occhi obliqui, "color dell’oro, brillanti come lampade accese". In pratica gialli come quelli del serpente.
Ad Abido sono stati rinvenuti crani allungati e stretti facilmente assimilabili alla razza dai volti di vipera. Infatti in Egitto vi erano esseri divini chiamati Urshu, Vigilanti, menzionati nella lista di Torino come intermediari fra gli Dei e gli Umani; gli Shemsu Hor.
Il serpente ci conduce al di là delle colonne d’Ercole, attraverso quella terra dalla quale si approda ad un più vasto continente circondato da un vero oceano; un continente che verrà scoperto, ufficialmente, solo nella metà del secondo millennio: l’America.
Qui, in queste terre, troviamo molti popoli ove il serpente riveste una rilevante importanza e segna la loro ancestrale origine. Il culto del serpente piumato introdotto dal popolo Olmeco è potente nel territorio americano. I suoi colori sgargianti, i disegni della sua pelle, influenzeranno l’architettura e l’orientamento di quei popoli secondo i quali l’intera umanità è nata nelle viscere della terra.
Nei miti Maya si ricorda l’arrivo nello Yucatan di uomini biondi e barbuti, dalla pelle bianca e gli occhi azzurri, a bordo di zattere che risplendevano "come le squame del serpente". Erano i Chanes, i serpenti, guidati da Itzamna, capace di guarire col tocco delle mani e risuscitare i morti. Così iniziò il culto del "Gran Serpente", L’Ahau Can, il Serpente Piumato, l’Azteco Quetzalcoatl. Si racconta che quest’ultimo scese sulla terra da un buco praticato nel cielo. È il serpente piumato dei Toltechi, figlio di Mixcoatl, Serpente delle Nuvole, e di Chipalman, detta "scudo Giacente"; che insegnò agli uomini le scienze, l’agricoltura, le leggi. Chiamato Viracocha dagli Incas e Kukulkan dai Maya.
Nella luce degli equinozi il serpente piumato discende i gradini della piramide a Chichen Itza e si mescola con gli uomini suoi adoratori. Proprio per somigliare ai serpenti, ai Chanes, quelle popolazioni usavano deformare i crani dei nati, per dotarli di un intelletto superiore. Molti i crani allungati rinvenuti in ogni parte del mondo; a Merida e a Ica, perfino ad Abido in Egitto.
Il mito del serpente invade l’intero globo, anche Mosè viene immortalato nelle antiche scritture mentre innalza un serpente di rame nel deserto per fronteggiare, sembra con successo, un’epidemia. Forse semplice e fortuita coincidenza, dal momento che sono le proprietà terapeutiche del rame a depurare il sangue e le cellule del nostro corpo.
Un episodio ripetuto anche nel Vangelo di Giovanni ove Gesù afferma che deve essere innalzato il Figlio dell’uomo, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, perché chi crede in lui avrà al vita eterna.
Il nostro viaggio dietro le spire del serpente prende una strana piega e ritorna indietro verso il punto di partenza. Tutti i popoli mesoamericani narrano di essere giunti dal mare sfuggiti da Aztlan e da una immane catastrofe che colpì una terra in mezzo all’oceano.
Lecito quindi supporre che la perduta Atlantide fosse la terra d’origine del popolo dei serpenti.
Ripartiamo da Cuba per il nostro viaggio di ritorno, dalle sue caverne ove sono dipinte misteriosi spirali, croci ovali e una lunga cometa serpentiforme dalle quale si dipartono anelli concentrici, simili a quelli rinvenuti dall’ingegnere russo Paulina Zelitsky fra le rovine di una città sepolta a seicento metri sotto l’oceano davanti a Cuba.
Dai fori presenti nelle caverne si può osservare il tragitto di Venere, guarda caso raffigurato dai Maya dal sonaglio del serpente. A Cuba è vivo il ricordo di un asteroide caduto migliaia di anni fa, che venne descritto come un grande rettile di fuoco.
Si ritorna alla caduta del Dragone, agli scritti biblici, alla "stella del mattino", Venere; a Lucifero indicato con tale stella.
Approdiamo nella terra degli Etruschi il cui dio dei morti, Charu, viene raffigurato sotto forma di un rettile con il becco di uccello che ricorda il serpente piumato e i draghi cinesi. Torniamo ai culti greci, ad Ofione che generò l’Uovo primordiale; ad Atene eretta dal serpente Cecrope e suo figlio Erittonio; al Culto di Atena, dea della sapienza, patrona di Atene e della civiltà Minoica, che tiene fra le mani due serpenti. Anche le dee cretesi e di Chavin ne stringono uno in ogni mano.
Troviamo Asclepio che sottrasse alla morte il figlio di Minosse usando un medicamento erbaceo indicatogli da un serpente.
Asclepio diverrà Ofiuco, salirà al cielo come tredicesima costellazione e verrà raffigurato come un uomo che stringe un serpente.
Era quindi il popolo di Atlantide quello dal volto di vipera descritto da Amram? Era quello raffigurato nelle statuette Ubaid adorate come divinità dai Sumeri?
Il Chan Hai Chin, il Libro delle Montagne e dei Mari, parla del regno di Ki Kung, un luogo abitato da strani esseri ermafroditi con tre occhi.
Come un lampo di luce improvviso che squarcia le tenebre appare inaspettata l’immagine del serpente fornita da Sanconiatone: "Un veicolo veloce coperto di squame lucenti e brillanti che illumina la notte con le sue fiamme".
Non si sarebbe trattato dunque proprio di un animale ma di un "ordigno volante"; un misterioso serpente descritto come un "oggetto luminoso fra le nubi, rombante e veloce come il lampo". I testi di Edfu parlano di un serpente fiammeggiante che scese sulla terra in tempi remoti; gli scritti della Piramide riportano: "Sono colui che è fuggito dal serpente attorcigliato". "Io sono Uadjit dalla testa serpentina, sono una emanazione dell’occhio divino di Orus".
Nel libro dei morti si legge: "Steso lungo il fianco della montagna dorme il Grande Serpente. Lungo trenta aune e largo otto (54 metri per 15). Il suo ventre è ornato da silici e piastre scintillanti. Ora io conosco il nome del serpente della montagna. Eccolo: colui che vive nelle fiamme. Dopo aver navigato in silenzio Ra lancia uno sguardo al serpente. Repentinamente la sua navigazione s’arresta."
Un chiaro riferimento ad oggetti volanti e di conseguenza ad esseri giunti dallo spazio.
Ritroviamo gli Occhi solari degli egizi, i Vimana Indù, le visioni di Ezechiele e le descrizioni di Enoch, le storie dei Sumeri, le teorie di Sitchin e quant’altro ma di questo parleremo un’altra volta.

LiviaGloria
00sabato 30 maggio 2009 14:24
www.mondimedievali.net/Immaginario/serpente.htm

In questo fantastico mondo romanico dove sogno e realtà si confondono, dove il tempo stesso si dilata e si contrae a piacimento, dove scene e personaggi possono cambiare in ogni momento forma e figura, la combinazione in serpente di talune di esse trascina il pensiero in antichi miti.

Il serpente è uno dei simboli più importanti dell'immaginario collettivo. È l'animale che si presta ad una vastissima gamma di interpretazioni e di ruoli, di direzioni simboliche crescenti, «un vero e proprio nodo di vipere archetipologico». È «l'animale-metamorfosi» per eccellenza, per la sua facoltà di rigenerazione; è il doppione animale della luna, «perché scompare e riappare con lo stesso ritmo dell'astro e conterebbe tante spire quanti giorni conta la lunazione», perciò è legato ai differenti simboli teriomorfi del Bestiario lunare.

Triplice simbolo della trasformazione temporale, della fecondità e della perennità ancestrale, il serpente scivola verso significazioni differenti e contraddittorie.

Fu simbolo del Salvatore presso alcune sette ereticali del I secolo. Gli Gnostici della setta di Seth onoravano come divinità un serpente leontocefalo a cui avevano dato il nome di Clycon e, investendolo di un ruolo messianico, l'avevano reso partecipe della natura divina, con l'attribuire al Logos, cioè al Verbo divino, la forma di un rettile perché fu uno degli antichi emblemi della Saggezza eterna unita al Verbo divino.

Contro gli Gnostici si levò sant'Ippolito che condannò la setta di Seth, dimostrando il carattere pagano delle loro credenze. Anche gli Ofiti fecero del serpente il simbolo del Signore, lo adorarono sotto quest'aspetto nelle cerimonie religiose, rappresentandolo con testa di leone, di aquila o di montone e assegnandogli un posto d'onore nella gerarchia religiosa, superiore a quello di Cristo. Fu considerato possessore e dispensatore dei tesori della terra e intermediario fra la terra e il cielo.

Soggetto a incontrollabile polimorfismo nell'arte della decadenza romana, Attila, il terribile re degli Unni vinto nel 451 a Chalons-sur Marne, fu rappresentato con volto umano e corpo di serpente che si inarca e si torce sotto i piedi dell'imperatore Valentiniano o Marciano, che stringe nella mano destra la croce vittoriosa.

La mitologia universale legata alla bestia strisciante dà ragione della polivalenza del suo simbolismo. In Egitto incarnava il "Dio Grande", triplice ed unico il cui potere era in cielo e in terra, ed era raffigurato con gambe umane ed ali. Considerati ancora come incarnazione di genii buoni, i serpenti erano adorati come protettori delle grandi città egiziane e venerati con nomi propri: KNOUMIS, AMONOU, ANK-MOUTEROU, TOKA-HER. A questi genii buoni si opponeva APOP o APOPHIS, principe del male che aveva potere su tutti gli spiriti cattivi. Altra personificazione del dio del male era TYPHON o SET.

Anche le antiche religioni orientali dell'Assiria, della Caldea, della Cina e dell'India consideravano i serpenti come divinità o come gemi del bene e del male. Sulle antiche rive del Mediterraneo orientale l'animale svolgeva un ruolo importante nelle cerimonie religiose e nei riti cultuali di ASTAROTH. La Grecia ha conosciuto serpenti misteriosi e celesti: il piú divino fu quello di ZAGREUS-DIONYSOS, il piú infernale, quello di APOLLO, il PYTHON. In Grecia come nell'antica Roma incarnava il genio del Bene, Daimon-agathos e quell'Agatho-demon fu una delle personificazioni di Bacchus-Dionysos.

Strabone racconta di una tribú detta degli Ophiogeni che credeva essere imparentata ai serpenti e dove tutti gli uomini guarivano i loro morsi con la semplice imposizione delle mani sulla ferita. Questo potere, racconta ancora Strabone, derivava dal fatto che il capostipite di quella tribú era stato un eroe che da serpente fu trasformato in uomo. Secondo Plinio il Vecchio, esisteva un'altra tribú di Ophiogeni in Frigia, che credeva discendenti di un serpente sacro, considerato come nume tutelare della famiglia e partecipante della natura divina.

Il cambiamento di pelle a cui è soggetto il serpente ogni anno, fu considerato presso gli antichi l'immagine simbolica delle felici trasformazioni spirituali e fisiche dell'uomo. Il misticismo cristiano ne ha fatto riferimento quando ha affermato che il fedele deve spogliarsi del "vecchio uomo", come il serpente si spoglia della sua indesiderabile veste per indossare la nuova. Gaston Bachelard lega la facoltà del serpente di "fare pelle nuova" all'immagine dell'uroboro, del serpente colto a mangiare indefinitivamente se stesso: «Il serpente che si morde la coda non è un semplice anello di carne, è la dialettica materiale della vita e della morte, la morte che esce dalla vita e la vita che esce dalla morte, non come i contrari della logica platonica, ma come una inversione senza fine della materia di morte o della materia di vita». Questa immersione nel mare profondo della psicanalisi di Bachelard o di Freud (che vede nella forma oblunga del serpente e nel suo modo di scivolare, la virilità del pene) è determinata sì dalla morfologia dell'animale, in uno però con l'antichità del mito ad esso relativo.

Abbiamo visto come questo animale abbia occupato costantemente un posto singolare e privilegiato nella cultura di antichi popoli e sia stato adorato e venerato come dio o demone: attributo di divinità come Asclepio e Igea, simbolo di eterna rinascita, e simbolo della luce presso i Fenici e i Caldei, emblema solare, sacro ai faraoni in Egitto.

Pur con differenti caratteristiche anatomiche, il serpente è iconograficamente associato al drago e al basilisco, dai quali, tuttavia, si discosta nell'interpretazione simbolica delle antiche e diverse culture. Se il basilisco - un po' meno il drago - ha ereditato dalla cultura pagana un ruolo negativo, tanto che gli autori dei Bestiari medievali hanno fatto di quest'ibrido animale l'immagine dello spirito del male, il serpente invece è stato accolto anche in chiave positiva dalla simbologia cristiana. Si dimentica spesso che oltre a qualità malefiche comunemente attribuitegli, è talora un simbolo di Cristo e come tale iconograficamente rappresentato: prefigurazione di Cristo già presso gli Gnostici e gli Ofiti.

A proposito del duplice senso dei simboli, negli scrittori ecclesiastici la opposta interpretazione è tratta dai noti episodi v­terotestamentari: la tentazione e caduta dei progenitori; il prodigio della trasformazione del bastone in serpente dinanzi al Faraone, compiuto da Aronne; il serpente di bronzo di Mosé capace di guarire dal morso dei serpenti vivi. Per Clemente d'Alessandria è l'animale ingannatore; per Ireneo e Giovanni Crisostomo è invidioso dei doni elargiti all'uomo da Dio; per Girolamo e Agostino è l'immagine del peccatore. Il Fisiologo ne parla in termini positivi; Rabano Mauro in termini positivi e negativi accentuandone la natura negativa. Per Isidoro di Siviglia, è il simbolo della lussuria, desideria carnis. Dall'XI al XIV secolo la figura del Salvatore è iconograficamente richiamata su numerosi pastorali di vescovi e di abati, terminanti in volute modellate a testa di serpente con la croce fra i denti, a significare la guida sicura del vescovo o dell'abate nel governo della diocesi loro affidata. D'altronde, la positività del simbolo legato al rettile è riscontrabile anche in un passo del Vangelo di Matteo (X, 16), nelle parole di Cristo ai suoi discepoli: «Siate prudenti come il serpente e semplici come colomba».

Legato, in età classica, al culto di Esculapio, dio della medicina, ancora oggi esistono in Occidente tracce che conducono il serpente a questo culto. Nella cinta di Luco c'è ancora ai nostri giorni, una "Madonna delle Grazie" che gioca col serpente, e a Bolsena, con la festa dei serpenti si festeggia santa Cristina. La Basilica di S. Ambrogio in Milano conserva un grosso serpente di bronzo fissato su un antico capitello. Antico simbolo di Esculapio o ex voto offerto al dio, la superstizione popolare milanese attribuiva ad esso, fin sulla soglia dell'età moderna, dei poteri taumaturgici capaci di guarire i fanciulli dai vermi intestinali. A1 culto della Grande Madre Angitia è riferibile ancora l'attuale festa dei Serpari a Cocullo, in provincia dell'Aquila, il primo giovedì di maggio. Cristianizzata nel primo Medioevo, la festa commemora san Domenico di Foligno (morto il 1031). Invocato contro i morsi dei serpenti, come l'antica dea Angitia, grazie al santo, narra la leggenda, le serpi intorno a Cocullo persero il veleno.

Nel Genesi, la valenza ermeneutica della bestia si capovolge sino a diventare simbolo di Satana e dei malvagi che ad essa si associano, come si legge anche in un altro passo dello stesso Vangelo di Matteo: (XXIII, 33) «serpentes genimina viperarum».

Cattedrale di Bitonto, rosone meridionale: il serpente tentatore.

La scena biblica della cacciata dal Paradiso terrestre di Adamo ed Eva, tentati e sedotti dal serpente Satana, la si legge anche nel rosone meridionale della cattedrale di Bitonto. Ai piedi di un albero, forse una palma carica di frutti, Adamo gusta il frutto proibito mentre con la mano destra abbraccia l'albero e con la sinistra copre le sue vergogne. A1 di sopra di Adamo, in una posizione verticale iconograficamente strana, appare Eva che, appollaiata sull'albero, morde il frutto. In una cornice attigua à raffigurato il serpente seduttore, un enorme bestione dalla pelle chiazzata che striscia sull'albero.

L'immagine-simbolo del serpente, fossilizzata nelle tradizioni religiose dell'intera umanità, ereditata poi dal cristianesimo, pur con orientamenti teologici mutuati, non ha subìto nel suo arcaico e meta-psicanalitico percorso interruzione di continuità. L'accertamento del suo senso simbolico - sia se la figura è isolata da ogni altro contesto, sia se inserita nella scena del peccato dei progenitori - non propone difficoltà all'interpretazione.

La diffusione dei Bestiari, a cominciare dal Fisiologo, hanno reso il serpente uno dei protagonisti principali di questo genere letterario e di quello iconologico.

Se per il serpente, per il caprone o per il delfino non si può parlare di "lenta dissolvenza di tensione allegorica", non altrettanto si può dire per altri animali sia considerati isolatamente sia in contesti iconologici complessi, come ad esempio una scena pastorale o di caccia che, in età precristiana esaltavano figurativamente certe qualità morali, in età cristiana, invece, erano difficilmente interpretabili alla luce di una nuova visione del mondo e della sua moralità. Di qui, la difficoltà di intelleggibilità in chiave cristiana, di certe scene raffigurate nell'arte cristiana medievale come le cattedrali. Un esempio molto significativo è dato dalla scultura di una scena di caccia nel rosone meridionale della cattedrale bitontina, «l'accertamento del cui senso simbolico - come ci avverte Pasquale Testini - richiede una prudenza metodologica per lo studio del prodotto artistico, frutto d'incontro di artefice e committente ciascuno portatore di cultura e di opzioni, (che) rischia di essere stravolto nel suo valore di testimonianza storica se non lo si colloca nella temperie artistica e ideologica cui specificatamente si debbono la sua forma e il suo contenuto».

Alla luce di queste acute osservazioni, incerto resta per noi il significato simbolico del cacciatore che, nel rosone bitontino, con un lungo bastone, forse un'arma da lancio, tenuta nella mano destra, cavalca un cinghiale.



Da leggere:

E. Mâle, L’art religieux du XII siècle en France, Paris 1947.

F. Zambon (a cura di ), Il Fisiologo, Milano 1975.

Charbonneau-Lassay, Le Bestiaire du Christ, Arché, Milano 1980.

R. Guènon, Simboli della scienza sacra, Milano 1987.

G. Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Bari 1972.

F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘bestiari fantastici’ delle cattedrali, Fasano 1996 (da cui sono tratte le immagini di questa pagina).

viadelcosmo
00sabato 30 maggio 2009 16:46
Livia, veramente Superbo.
LiviaGloria
00domenica 31 maggio 2009 14:55
E piaciuto molto anche a mè! [SM=g27823]
Sir_Quetzalcoatl
00martedì 2 giugno 2009 12:14
Ottima lettura davvero!!
Penso che il Santo Graal tanto ricercato dall'uomo possa essere in realtà una conoscenza, legata significativamente a gran parte di ciò che si è appena letto!
Ma dopotutto mi chiedo: il serpente, il drago o qualsiasi "culto del rettile", sono espressione divina o maligna?? O entrambi?? [SM=x268930]
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