I conti della Chiesa Cattolica

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Nivacrom
00domenica 23 dicembre 2007 23:56
Ecco alcuni video interessanti che potrebbero far riflettere coloro che si lamentano per le tasse.


it.youtube.com/watch?v=kuQsRk3b9i4

it.youtube.com/watch?v=PP3TtG1f6k0&feature=related
Ghergon
00lunedì 24 dicembre 2007 08:05
A parte il fatto che le cifre di cui parlano lor signori sono tutte da verificare... vorrei dire una cosa.

Io do l'otto per mille e ne vado fierissimo e poi quando posso faccio un sacco di altre offerte e faccio in modo che la Chiesa possa essere finanziata il più possibile[SM=g27811]

forse quelli che si beano nel fare questi documenti, e nel vederli, [SM=g27827] sono invece felici di pagare migliaia e migliaia di euro ai loro amati stati laici e massoni che gli succhiano il sangue[SM=g27828]






ora un aneddoto personale.


Alcuni giorni fa vado nella cappella a pregare come faccio alcune mattine quando posso.

All'uscita vedo da lontano un tizio appoggiato ad una colonna che mi guarda.
Lo guardo fisso mentre gli vado incontro e dico fra me e me ...questo l'ho già visto.

Mi guardava con gli occhi stupiti e li roteava leggermente: sembrava sotto schock e mi fissava come dire..."questa poi"..."IMPOSSIBILE"..."NON CI POSSO CREDERE"....leggevo i suoi pensieri... [SM=g27828]

Anche la bocca rimunginava, borbottava, e mi fissava [SM=g27833] ...pensava e pensava...sbigottito.. quando gli ero quasi di fronte quasi la spalancava sorpreso...sembrava avesse visto un alieno....

Io ho capito subito.


Non poteva credere che uno come me alla moda, giovanile, occhiali da sole bello dinamico e convinto entrava nella cappella a pregare...

Era stupito...



Ho compreso che quello che dice questo signore lo dice perchè ne è davvero persuaso e ho capito anche che poverino forse è in buona fede e ho provato tenerezza per lui.
Forse è salvabile al contrario di altri...


Beh quel tizio era quel tizio di cui non ricordo il nome che salta fuori dietro crozza con la barbetta e che fa l'ateo per costituzione...


mi dispiace solo di non aver compreso che era lui: Mi sarei sicuramente fermato per scambiare due chiacchiere ed invitarlo in chiesa...
ma chissa che Iddio non lo faccia lui e lo aiuti.... [SM=g27823]


Nivacrom
00lunedì 24 dicembre 2007 15:06
Sul fatto che le cifre siano sempre da verificare tutti sono d'accordo soprattutto quando sono di questa entità ma......di quanto vuoi che possano variare? [SM=x268933]

Suvvia, a meno che non si vogliano dimezzare (e voglio vedere chi avrebbe questo coraggio) le cifre sono sostanzialmente quelle e contestarle sarebbe inutile e disonesto. [SM=g27823]

Nessuno si bea di fare questi documenti, casomai prova amarezza nel fare queste inoppugnabili constatazioni. [SM=g27813]

Gli Stati moderni sono laici per definizione (In Italia dal 1946 la Costituzione repubblicana garantisce, nell'articolo 3, l'uguaglianza degli individui a prescindere anche dalla religione, il che rappresenta l'abolizione de facto della religione di stato in Italia, cui si giunse ufficialmente con la revisione dei Patti Lateranensi del 1984 (Protocollo addizionale, punto 1), e con la sentenza 203/1989 della Corte Costituzionale che sancisce che la laicità è il principio supremo dello stato) e sempre lo resteranno; permangono ancora oggi nel mondo alcuni residui di teocrazie, che presto dovranno mettersi al passo con i tempi rinunciando alla loro supremazia e cedendo il passo alla moderna laicità dello Stato, come accade nei Paesi del civile occidente. [SM=g27811]

Per quanto riguarda il tuo aneddoto personale sono piacevolmente sorpreso di quanto ci racconti: hai colto la pacatezza ed onestà del grande giornalista di La Repubblica Curzio Maltese; ciò che ti ha colpito positivamente non è nient'altro che questo. [SM=g27823]

Caro fratello, medita sulla necessità indiscutibile di uno Stato laico. [SM=g27811]

O forse devo pensare che preferiresti una teocrazia della Chiesa cattolica? [SM=g27812]

Un'ultima cosa: ma ateo per costituzione cosa vuol dire? Non ho proprio capito cosa vuoi intendere. [SM=g27833]

Ghergon
00lunedì 24 dicembre 2007 15:14
Re:
Nivacrom, 12/24/2007 3:06 PM:

Sul fatto che le cifre siano sempre da verificare tutti sono d'accordo soprattutto quando sono di questa entità ma......di quanto vuoi che possano variare? [SM=x268933]

Suvvia, a meno che non si vogliano dimezzare (e voglio vedere chi avrebbe questo coraggio) le cifre sono sostanzialmente quelle e contestarle sarebbe inutile e disonesto. [SM=g27823]

Nessuno si bea di fare questi documenti, casomai prova amarezza nel fare queste inoppugnabili constatazioni. [SM=g27813]

Gli Stati moderni sono laici per definizione (In Italia dal 1946 la Costituzione repubblicana garantisce, nell'articolo 3, l'uguaglianza degli individui a prescindere anche dalla religione, il che rappresenta l'abolizione de facto della religione di stato in Italia, cui si giunse ufficialmente con la revisione dei Patti Lateranensi del 1984 (Protocollo addizionale, punto 1), e con la sentenza 203/1989 della Corte Costituzionale che sancisce che la laicità è il principio supremo dello stato) e sempre lo resteranno; permangono ancora oggi nel mondo alcuni residui di teocrazie, che presto dovranno mettersi al passo con i tempi rinunciando alla loro supremazia e cedendo il passo alla moderna laicità dello Stato, come accade nei Paesi del civile occidente. [SM=g27811]

Per quanto riguarda il tuo aneddoto personale sono piacevolmente sorpreso di quanto ci racconti: hai colto la pacatezza ed onestà del grande giornalista di La Repubblica Curzio Maltese; ciò che ti ha colpito positivamente non è nient'altro che questo. [SM=g27823]

Caro fratello, medita sulla necessità indiscutibile di uno Stato laico. [SM=g27811]

O forse devo pensare che preferiresti una teocrazia della Chiesa cattolica? [SM=g27812]

Un'ultima cosa: ma ateo per costituzione cosa vuol dire? Non ho proprio capito cosa vuoi intendere. [SM=g27833]




chi è curzio maltese? non mi riferivo a lui ma a quello con la barbetta che si lamenta che al vaticano bevano l'acqua.

Per il resto visto che lo stato pontificio fu conquistato in armi ed inserito a forza in uno stato capitalista comunista mi sembra il minimo assisterlo economicamente.


Nivacrom
00lunedì 24 dicembre 2007 15:42
Il signore con la barbetta è Piergiorgio Odifreddi, matematico, logico e scrittore italiano, professore ordinario di logica matematica presso l'università di Torino.

Nel video non si lamenta affatto che al Vaticano bevano acqua (ma ci mancherebbe!) si lamenta del fatto che i 25 milioni l'anno di acqua che al Vaticano consumano non vengano mai pagati.

"Per il resto visto che lo stato pontificio fu conquistato in armi ed inserito a forza in uno stato capitalista comunista mi sembra il minimo assisterlo economicamente."


Questa è una tesi che nemmeno il più reazionario dei portavoce del Vaticano di oggi si è mai azzardato ad esprimere.

Te ne lascio volentieri tutta la paternità ed evito di commentare per rispettare gli accordi di pacatezza che abbiamo preso.




Ghergon
00lunedì 24 dicembre 2007 15:49
Re:
Nivacrom, 12/24/2007 3:42 PM:

Il signore con la barbetta è Piergiorgio Odifreddi, matematico, logico e scrittore italiano, professore ordinario di logica matematica presso l'università di Torino.

Nel video non si lamenta affatto che al Vaticano bevano acqua (ma ci mancherebbe!) si lamenta del fatto che i 25 milioni l'anno di acqua che al Vaticano consumano non vengano mai pagati.

ahhhh ecco!...

"Per il resto visto che lo stato pontificio fu conquistato in armi ed inserito a forza in uno stato capitalista comunista mi sembra il minimo assisterlo economicamente."


Questa è una tesi che nemmeno il più reazionario dei portavoce del Vaticano di oggi si è mai azzardato ad esprimere.

Te ne lascio volentieri tutta la paternità ed evito di commentare per rispettare gli accordi di pacatezza che abbiamo preso.

Bravo, ti conviene anche perchè non saresti in grado di controbatterre di fronte all'evidenza. [SM=g27828]








Nivacrom
00lunedì 24 dicembre 2007 16:07
Non c'è niente da controbbattere, se la tua tesi avesse qualche fondamento il Vaticano ne farebbe il suo cavallo di battaglia.

E' una tesi solo tua che non trova alcun riscontro nella politica estera dello Stato del Vaticano.

Quindi di cosa potremmo discutere?

E' una questione che nessuno pone, sei il primo dal quale sento dire una cosa del genere e non c'è mai stato dibattito in merito da nessuna parte.

E dubito ce ne sarà mai.
Ghergon
00lunedì 24 dicembre 2007 16:14
Non la si pone per quieto vivere. Ormai fa parte del passato. Allora la si poneva eccome.

Si tratta sempre della prepotenza dei figli del demonio contro i puri figli di Dio.

Nivacrom
00lunedì 24 dicembre 2007 16:39
Re:
Ghergon, 24/12/2007 16.14:

Non la si pone per quieto vivere. Ormai fa parte del passato. Allora la si poneva eccome.

Si tratta sempre della prepotenza dei figli del demonio contro i puri figli di Dio.




Se ci fossero realmente le basi per simili rivendicazioni è certo che anche il Vaticano metterebbe da parte la questione del quieto vivere.

Ti ricordo che in passato il Vaticano s'è ritrovato invischiato in faccende finanziarie che hanno fatto traballare non poco la sua credibilità.

Mi riferisco agli intrallazzi fra l'IOR guidato a suo tempo da Mons. Paul Marcinkus, Guido Calvi capo del Banco Ambrosiano e Michele Sindona il grande intrallazzatore siculo...altro che quieto vivere!

Quando ci sono di mezzo i soldi non c'è quieto vivere che tenga, neanche da parte di chi il quieto vivere dovrebbe porlo in cima ai suoi intenti.




LiviaGloria
00lunedì 24 dicembre 2007 17:02
Diciassette milioni di euro per gli ultimi sei anni, il creditore è l’Acea
Servizi idrici del Vaticano, paga lo Stato
(Dpcm. 23.4.2004 Gu 9.7.2004)
Sarà lo Stato italiano a pagare le spese, arretrate e future, dei cosiddetti “servizi idrici” della Città del Vaticano. Con il decreto del Presidente del Consiglio pubblicato nella Gazzetta del 9 luglio 2004, viene data attuazione a quella previsione di spesa contenuta nell’articolo 3 dell’ultima finanziaria che autorizza la spesa di 25 milioni di euro, per gli arretrati, e di ulteriori quattro milioni di euro per ogni anno a venire, quale ammontare dell’erogazione del contributo compensativo a carico del bilancio dello Stato a favore dei soggetti creditori, l’Acea S.p.A., per la fornitura dei servizi idrici dello Stato della Città del Vaticano. L’obbligo del pagamento di tale fornitura deriva dall’articolo 6 del Trattato tra la Santa Sede e lo Stato italiano dell’11 febbraio 1929 il quale, tra l’altro, prevede l’obbligo a carico dell’Italia di provvedere a proprie spese, a mezzo degli occorrenti accordi con gli enti interessati, affinché sia assicurata alla Città del Vaticano una adeguata dotazione di acque in proprietà e sia altresì assicurato il coordinamento dei servizi pubblici alla stessa connessi. Ma quali spese copre esattamente l’apporto dello Stato? Si legge nel decreto che il contributo compensa i costi connessi alla gestione e alla manutenzione delle reti di trasporto della dotazione di acque assicurata in proprietà dello Stato della Città del Vaticano per le esigenze di approvvigionamento all’interno delle Mura Leonine ed all’esterno delle stesse, a servizio delle sedi di dicasteri e di enti centrali della Chiesa; il contributo medesimo compensa altresì i costi connessi alla gestione e alla manutenzione delle reti e degli impianti per il collettamento e la depurazione delle acque reflue provenienti dalle utenze all’interno e all’esterno delle Mura Leonine. Considerato quindi che, in base agli impegni internazionali, la Città del Vaticano corrisponde esclusivamente un contributo periodico in riconoscimento degli oneri strumentali connessi con il trasporto delle acque e che questa volta è disposto a versare la somma di Euro 1.100.000 a titolo straordinario e senza pregiudizio del carattere gratuito dei servizi idrici, l’Italia deve compensare all’ente gestore dei servizi i rimanenti 17 milioni di euro fino al 2003 con l’impegno del pagamento in misura annua ricorrente di quelli che si determineranno in futuro. Pubblicato sulla GU n. 159 del 9-7-2004. (29 luglio 2004)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 23 aprile 2004 Modalità, criteri ed ammontare dell’erogazione del contributo compensativo a carico del bilancio dello Stato, da corrispondere, ai sensi dell’art. 3, comma 13, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, a favore dei soggetti creditori per la fornitura dei «Servizi idrici» dello Stato della Città del Vaticano.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Visto l’art. 3, comma 13, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 [1] (legge finanziaria 2004) che nell’autorizzare, ai fini e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 6, comma 1, del Trattato Lateranense con la Santa Sede [2], la spesa massima di 25 milioni di euro per l’anno 2004 e di 4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005 a carico del bilancio dello Stato ed iscritta nello stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l’anno 2004, unità previsionale di base n. 2.1.2.8 assegnata al C.R. n. 2 - Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio per le politiche del personale e gli affari generali, demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della medesima legge, il compito di stabilire le modalità, i criteri e l’entità delle erogazioni da effettuarsi a favore dei soggetti creditori;

Visto l’art. 6, del Trattato tra la Santa Sede e lo Stato italiano dell’11 febbraio 1929, reso esecutivo con la legge 27 maggio 1929, n. 810, il quale, tra l’altro, prevede l’obbligo a carico dello Stato italiano di provvedere a proprie spese, a mezzo degli occorrenti accordi con gli enti interessati, affinché sia assicurata alla Città del Vaticano una adeguata dotazione di acque in proprietà e sia altresì assicurato il coordinamento dei servizi pubblici alla stessa connessi;

Vista la convenzione stipulata in data 18 agosto 1931 tra il Ministero delle finanze, il Ministero dei lavori pubblici ed il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano;

Vista la legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni;

Vista la normativa tariffaria in materia dei servizi idrici emanata con deliberazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica;

Vista l’intesa definitivamente chiarificatrice dell’interpretazione e della attuazione del sopracitato art. 6 del Trattato Lateranense tra l’Italia e la Santa Sede in ordine al regime idrico della Città del Vaticano formalizzata con scambio di lettere, rispettivamente, in data 2 gennaio 2004, a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri, ed in data 13 gennaio 2004, a firma del Segretario di Stato Vaticano, con i relativi allegati che recepisce, tra l’altro, le indicazioni contenute nel testo di convenzione del 1982 e della relativa ultraventennale prassi attuativa concordemente osservata dalle parti;

Considerato che, in base agli impegni internazionali, la Città del Vaticano corrisponde esclusivamente un contributo periodico in riconoscimento degli oneri strumentali connessi con il trasporto delle acque;

Ritenuta quindi la necessità di compensare nella misura riconosciuta congrua l’onere che in base agli impegni internazionali vigenti vengono a gravare sul soggetto fornitore dei servizi allo Stato della Città del Vaticano in relazione ai costi per il trasporto delle acque e per il collettamento e la depurazione dei reflui, sia per quanto attiene agli oneri accumulati nel passato, sia per quelli che si determineranno in futuro, in misura annua ricorrente;

Considerata la somma di Euro 1.100.000 che, a titolo straordinario e senza pregiudizio del carattere gratuito dei servizi idrici come statuito dall’art. 6 del Trattato Lateranense, la Santa Sede si è dichiarata disposta a far versare una tantum dall’Ente fruitore al soggetto erogatore, quale contributo ai costi aggiuntivi nella gestione delle risorse idriche connessi alla salvaguardia della salute umana ed alla protezione del territorio;

Vista la relazione tecnico-illustrativa di accompagnamento all’emendamento governativo al disegno di legge finanziaria 2004, poi recepito e trasposto nell’art. 3, comma 13, della legge n. 350 del 2003 sopra richiamata acquisita agli atti dell’istruttoria, dalla quale risulta che l’arco temporale da considerare agli effetti della disposizione di cui trattasi è quello decorrente dal 1° gennaio 1998, anche in considerazione della natura giuridica ed economica assunta da quella data dal soggetto erogatore dei servizi idrici ricadenti nell’ambito applicativo del richiamato art. 6 del Trattato Lateranense;

Considerato che, ai sensi e per gli effetti previsti dall’art. 3, comma 13, della citata legge n. 350 del 2003, il soggetto erogatore dei servizi in argomento, e pertanto, creditore del contributo compensativo previsto dal presente decreto è da individuarsi nella ACEA S.p.a.;

Considerato che al regime giuridico dei servizi idrici dello Stato della Città del Vaticano, in virtù del carattere internazionale del rapporto, non si estende la disciplina tariffaria di ordine interno relativa ai predetti servizi;

Ritenuta la necessità di procedere, avuto riguardo agli obblighi ed ai diritti che derivano al soggetto gestore in dipendenza degli obblighi internazionali dello Stato italiano nei confronti dello Stato della Città del Vaticano, ad una congrua determinazione compensativa degli oneri effettivamente sostenuti;

Considerato che il contributo corrisposto dallo Stato italiano all’ACEA S.p.a., per i servizi resi allo Stato della Città del Vaticano in applicazione di un trattato internazionale, non è assoggettabile all’imposta sul valore aggiunto, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

Ritenuto, a conclusione dell’istruttoria e degli approfondimenti svolti in sede tecnica, che in mancanza dei dati inerenti i costi elementari delle componenti dei singoli servizi, relativamente al servizio di distribuzione dell’acqua potabile ed a quello di collettamento e di depurazione delle acque reflue, quale parametro di riferimento al fine della determinazione del contributo possano essere assunte le relative tariffe vigenti nel tempo applicate all’utenza con le riduzioni necessarie per tenere conto delle peculiari caratteristiche delle utenze vaticane;

Vista la nota datata 25 febbraio 2004, n. 43l/P con i relativi allegati, a firma del presidente di ACEA S.p.a., con la successiva integrazione in data 1° marzo 2004, con cui la predetta società, coerentemente con i criteri definiti secondo le intese raggiunte in sede tecnica ed indicati nella nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 319 del 20 febbraio 2004, a firma del capo del Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio per le politiche del personale e gli affari generali, ha fornito i dati di competenza relativamente a ciascun anno dal 1998 al 2003 concernenti i costi afferenti il servizio di adduzione idrica, di collettamento e di depurazione, tenendo conto del contributo per il servizio idrico a carico dello Stato della Città del Vaticano, calcolato in base al testo di convenzione del 1982, sopracitata, comprensivo della rivalutazione annuale secondo gli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati (FOI) nel tempo vigenti, come specificato in dispositivo;

Sulla proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

Decreta:

Articolo 1

Oggetto

1. Il presente decreto ha per oggetto modalità, criteri ed ammontare dell’erogazione del contributo compensativo a carico del bilancio dello Stato da corrispondere ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, comma 13, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)", a favore dei soggetti creditori per la fornitura del servizio di adduzione idrica e di quelli connessi, di collettamento e di depurazione delle acque reflue, in seguito nel loro insieme definiti "servizi idrici", dello Stato della Città del Vaticano, in virtù dell’art. 6 del Trattato Lateranense reso esecutivo con la legge 27 maggio 1929, n. 810, ed in conformità agli impegni attuativi conseguenti.


Articolo 2

Contributo compensativo dei costi dei servizi idrici

1. Il contributo da erogarsi ai soggetti creditori, nel limite massimo fissato dall’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 3, comma 13, della legge n. 350 del 2003, compensa i costi connessi alla gestione e alla manutenzione delle reti di trasporto della dotazione di acque assicurata in proprietà dello Stato della Città del Vaticano ai fini e per gli effetti dell’art. 6, comma 1, del Trattato Lateranense, per le esigenze di approvvigionamento all’interno delle Mura Leonine ed all’esterno delle stesse, a servizio delle sedi di dicasteri e di enti centrali della Chiesa a tal fine indicati nell’elenco previsto dall’intesa richiamata in premessa. Il contributo medesimo compensa altresì i costi connessi alla gestione e alla manutenzione delle reti e degli impianti per il collettamento e la depurazione delle acque reflue provenienti dalle utenze all’interno e all’esterno delle Mura Leonine, come sopra precisato.


Articolo 3

Criteri di determinazione del contributo

1. Per le esigenze di approvvigionamento per usi civili ed irrigui specificate all’art 2, ed ai fini della determinazione compensativa degli oneri connessi, la dotazione idrica di riferimento è allo stato da considerarsi, come specificato nell’art. 2 dell’intesa evocata in premessa, il totale di 1.119 once risultante dalla Convenzione del 18 agosto 1931 e successive integrazioni (60 once di acqua potabile e 1059 once di acqua non potabile, storicamente di proprietà della Santa Sede, denominata Acqua Paola), con le eventuali modifiche nelle quantità che, all’interno del totale, si rendessero opportune per le esigenze della Città del Vaticano e che venissero concordate fra le Parti, senza variazioni di oneri globali.

2. La quantificazione del contributo, è effettuata in funzione dei costi effettivamente sostenuti dal soggetto gestore, determinati secondo i criteri indicati ai commi successivi e applicati ai consumi misurati dallo stesso soggetto.

3. Per il servizio di approvvigionamento idrico, ai fini della determinazione del contributo, sono calcolati:

a) relativamente all’acqua non potabile (Acqua Paola) i soli costi di vettoriamento, da aggiornare annualmente secondo l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (FOI) del mese di dicembre;

b) relativamente all’acqua potabile, i costi del servizio di distribuzione, facendo riferimento alla tariffa base, applicata all’utenza indipendentemente dai consumi, senza applicazioni delle maggiorazioni per le eventuali eccedenze.

4. Per i servizi di collettamento e di depurazione, ai fini della determinazione del contributo, i costi sono calcolati applicando alla tariffa una riduzione forfettaria che tiene conto delle incidenza sulla struttura delle componenti di costo delle specifiche caratteristiche delle utenze vaticane. La riduzione forfettaria, determinata nella misura del 35%, tiene conto:

della mancata incidenza del costo per la remunerazione del capitale investito (7%) che non ricorre nel caso di specie;

del coefficiente di dispersione dei volumi idrici addotti, affluenti al sistema fognario-depurativo (20%);

della incidenza in termini di ammortamento del contributo straordinario da erogarsi da parte della Santa Sede, secondo l’Intesa richiamata in premessa, direttamente al soggetto gestore (3%);

della incidenza di ulteriori riduzioni ascrivibili alle economie di scala derivanti dalla dimensione gestionale, alla efficacia della dotazione infrastrutturale presente sul territorio servito, all’applicazione del principio di correlazione tra valore tariffario e qualità dell’acqua scaricata che nella fattispecie dell’acqua Paola è di qualità superiore a quella degli scarichi civili.

5. L’ammontare della componente del contributo compensativo, posta annualmente a carico del bilancio dello Stato, è determinato al netto della contribuzione periodica evocata nell’art. 3 dell’Intesa di cui in premessa, corrisposta da parte dello Stato della Città del Vaticano direttamente al soggetto gestore del servizio in riconoscimento degli oneri strumentali connessi con il trasporto di acque di proprietà dello Stato della Città del Vaticano.


Articolo 4

Importo del contributo e modalità di corresponsione

1. L’importo del contributo compensativo, calcolato con i criteri indicati all’art. 3 per la componente relativa ai costi pregressi sostenuti dal soggetto gestore dei servizi idrici risultante creditore nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 2003 e da versarsi in un’unica soluzione, è determinato in ragione di euro 16.506.614,30 di cui:

euro 2.607.071,92 per l’anno 1998; euro 2.627.743,46 per l’anno 1999; euro 2.667.952,63 per l’anno 2000; euro 2.740.869,77 per l’anno 2001; euro 2.811.088,66 per l’anno 2002; euro 3.051.887,86 per l’anno 2003.

2. Agli importi di cui al comma precedente, limitatamente a ciascuna delle annualità dal 1998 al 2002, sono altresì applicati gli interessi legali nella misura vigente nel tempo e con decorrenza, per ciascuna annualità, dal 1° gennaio successivo alla annualità di credito maturata e fino al 31 dicembre 2002, come di seguito specificato:

euro 312.897,59 per l’anno 1998; euro 243.595,10 per l’anno 1999; euro 176.218,27 per l’anno 2000; euro 82.226,09 per l’anno 2001.

3. La componente di contributo compensativo a ristoro dei costi dei servizi da erogare, posta in via continuativa a carico del bilancio dello Stato, è calcolata, con i criteri indicati dall’art. 3, sulla base delle misurazioni dei consumi a consuntivo effettuate e autocertificate semestralmente dal soggetto gestore ed è corrisposta con decorrenza dall’anno 2004 dietro presentazione di relativa nota di credito.

4. Le somme previste dai commi precedenti sono erogate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a favore dei soggetti risultanti creditori con imputazione al capitolo 1366 u.p.b. 2.1.2.8. Centro di responsabilità n. 2 Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio, per le politiche del personale e gli affari generali, dello stato di previsione della spesa dello stesso Ministero per l’anno 2004 e successivi.


Articolo 5

Soggetto creditore

1. Il soggetto creditore del contributo compensativo di cui all’art. 4, per il periodo considerato dal presente decreto decorrente dal 1° gennaio 1998, è individuato nella ACEA S.p.a., quale gestore dei servizi idrici forniti allo Stato della Città del Vaticano, o dal diverso soggetto creditore che sarà indicato dalla stessa società all’atto del pagamento, in quanto fornitore del servizio nell’arco temporale di riferimento.


Articolo 6

Misure per l’ottimizzazione dell’uso delle risorse idriche

1. Ai fini e per gli effetti dell’art. 3, comma 13, della legge n. 350 del 2003, e con imputazione di spesa al capitolo indicato all’art. 4, comma 4, potranno essere realizzate misure ed azioni volte, previa intesa fra le Parti, ad ottimizzare, nel comune interesse, l’uso delle risorse idriche.

Il presente decreto sarà trasmesso ai competenti organi di controllo.

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 23 aprile 2004


p. Il Presidente

del Consiglio dei Ministri

Letta

Il Ministro delle infrastrutture

e dei trasporti

Lunardi

Registrato alla Corte dei conti il 24 giugno 2004

Ministeri istituzionali - Presidenza del Consiglio dei Ministri,

registro n. 8, foglio n. 76

Nivacrom
00martedì 25 dicembre 2007 12:56
Liviaaaaa intanto auguroni,

e poi, ma insomma mica possiamo leggerci tutta la disposizione sull'acqua del vaticano, basta ricordare che il governo di allora ha così stabilito.

Il che non vuol dire che si possa completamente dissentire e chiedere che invece il Vaticano l'acqua la paghi.
LiviaGloria
00martedì 25 dicembre 2007 16:47
Re:
Nivacrom, 25.12.2007 12:56:

Liviaaaaa intanto auguroni,

e poi, ma insomma mica possiamo leggerci tutta la disposizione sull'acqua del vaticano, basta ricordare che il governo di allora ha così stabilito.

Il che non vuol dire che si possa completamente dissentire e chiedere che invece il Vaticano l'acqua la paghi.




Auguroni anche a té Niv. [SM=g27823]

Sí che potete....volere é potere....
E forse quando si legge ci sono cose che non si sapevano e poi si sanno...e quando si legge,forse, i discorsi vanno avanti perché non ci si ferma sulle solite domande e risposte,ma si sviluppa il discorso.
Io ho giá visto tante volte che quando si posta documenti,molti non leggono e la prova é che dopo qualche giorno l accusa o la domnda a una questione viene ripetuta come se nulla fosse stato scritto....cioé come un giro giro tondo casca il mondo,quello dei bimbi.

Hai ragione,si puo dissentire...ma un conto é che i media dicono che il Vaticano non paga l acqua e basta...e un conto é dire che non paga per contratti fatti con lo stato Italiano,quindi lo stato NON paga....
D altronde i media ci sono abituati a questi giochini nascondi non nascondi,mezze veritá e mezze bugie....e proprio per quelli che non vanno a cercare e leggere... [SM=x268926] e si affidano ai media.


Poi ,quando la cosa é chiara,e cioé che per l acqua erano accordi con lo stato Italiano....si puo proseguire il discorso guardando la cosa ai giorni di oggi e dire che non si é d accordo o meno....ma questo si fá con una giusta partenza di base a livello di onestá d informazione...per quello sarebbe giusto leggere i post anche quelli che SEMBRANO noiosi....

Nivacrom
00martedì 25 dicembre 2007 17:51
Livia, non è stato necessario leggersi tutto.

Tutti sanno che gli attuali privilegi dello Stato del Vaticano sono il frutto di accordi con lo Stato Italiano.

Se così non fosse il Vaticano sarebbe a tutti gli effetti un evasore fiscale, e, dal punto di vista formale, non è così, tutto formalmente è in regola.

Dal punto di vista morale, invece, molti, alla luce dei conti che trovi nei link del mio primo post, trovano giusti motivi per obiettare.

"Qualcuno" avanza ipotesi, come dire, fantasiose, affermando che lo status quo è un giusto risarcimento nei riguardi dello Stato del Vaticano, conquistato e sottomesso da presunti "capitalisti-comunisti" [SM=g27833]

Diciamo, più semplicemente, che si è messo fine ad uno stato confessionale che non aveva più alcuna ragione di esistere, anche in vista delle sue evidenti contraddizioni: uno stato che si proclamava cristiano dotato di un esercito belligerante? mah!

Resta un aspetto fondamentale ed è questo: il costo annuale dei privilegi vaticani grava sui cittadini italiani come una mezza finanziaria, sappiamo che ben l'80% delle entrate vaticane non sono destinate a scopi caritatevoli.

In Italia i dati Istat ci dicono quanto segue: l'11,7 % delle famiglie vive sotto la soglia di povertà con punte che arrivano a oltre il 40% nel sud.

I conti, appare evidentissimo, non tornano.

E adesso voglio vedere se e come i dati Istat vengono contestati.


LiviaGloria
00mercoledì 26 dicembre 2007 13:53
LiviaGloria
00mercoledì 26 dicembre 2007 14:17
Ici...chiesa e tutti gli enti anche statali...e altri...
25 Ottobre 2005

Gli enti ecclesiastici e l’esenzione dall’Ici*
L’imposta comunale sugli immobili, il decreto 163 del 2005 e il dibattito sull’interpretazione della Corte di Cassazione

Al tema dell’esenzione dall’ICI per alcuni degli immobili degli enti ecclesiastici è stata riservata in questo mese di ottobre un’attenzione politica e mediatica di certo sproporzionata rispetto alla norma (l’art. 6 del D.L. 163/2005) che ha dato origine al dibattito, spesso caratterizzato da una notevole e sorprendente disinformazione.
Da più parti, infatti, si sono levate proteste per la presunta nuova e generalizzata esenzione per gli immobili degli enti ecclesiastici; molti hanno espresso preoccupazioni derivanti dalle supposte perdite di gettito per le casse dei comuni italiani. In qualche caso sono state avanzate difese, basate però non sull’oggettività delle norme in questione, quanto piuttosto sulla meritorietà degli enti, ai quali - è stato sostenuto - ben si può concedere l’esenzione dal momento che svolgono attività utili alla collettività, spesso a vantaggio della parte più bisognosa della popolazione. Tali argomentazioni, che possono senz’altro essere condivise, hanno però il limite di essere completamente avulse dal tema in questione che riguarda un’esenzione in vigore da ben dodici anni.

Queste considerazioni ci inducono a trattare l’argomento anche se il decreto legge 163 è ormai decaduto (infatti, dopo l’approvazione della legge di conversione da parte del Senato, il provvedimento non è stato presentato alla Camera dei Deputati per l’analoga procedura).
La prima, necessaria, puntualizzare riguarda la natura dell’articolo 6 del decreto 163. Si trattava di una norma di interpretazione autentica, definizione tecnica che serve per indicare un intervento legislativo che ha lo scopo di precisare l’esatto contenuto di una previsione normativa già esistente; una norma di tal genere può modificare disposizioni già esistenti, né tanto meno introdurne di nuove.
Nel caso specifico il legislatore intendeva chiarire la portata di una delle norme di esenzione previste dall’articolo 7 del decreto legislativo 504 del 1992 - quello istitutivo dell’ICI - affermando che tale norma "si intende applicabile anche nei casi di immobili utilizzati per le attività di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura di cui all’articolo 16, primo comma, lettera b), della legge 20 maggio 1985, n. 222, pur se svolte in forma commerciale se connesse a finalità di religione o di culto" (D.L. 163/2005, art. 6).

Cercheremo di esaminare il merito della vicenda facendo innanzitutto riferimento al quadro normativo preesistente, chiariremo poi l’origine dell’intervento interpretativo e valuteremo infine le conseguenze della decadenza del provvedimento.

1 - Cosa prevedeva la legge sull’ICI
L’ICI, che è stata istituita dal decreto legislativo n. 504 del 1992, dalla sua origine prevede una serie di ipotesi esenzione: l’articolo 7, per l’appunto rubricato "esenzioni", identifica tutti gli immobili per i quali l’imposta non è dovuta.
Sono esenti, ad esempio: gli immobili in cui si svolgono le attività istituzionali dello Stato e quelli degli altri enti pubblici come le sedi dei comuni, delle province, delle regioni, le unità sanitarie locali, gli ospedali, le scuole pubbliche e, in generale tutti gli edifici dove l’ente pubblico eroga servizi; tutti i fabbricati della categoria catastale E; i fabbricati con destinazione ad usi culturali di cui all’art. 5-bis del D.P.R. 601/73; i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali; i fabbricati inagibili a condizione che siano recuperati e destinati alle attività assistenziali in favore dei portatori di handicap; i terreni agricoli montani, eccetera.
Alcune tra le ipotesi di esenzione, riguardano in modo particolare gli immobili degli enti ecclesiastici, come quella relativa agli edifici di culto e loro pertinenze (cf c. 1, lett. d) e quella, oggetto dell’interpretazione autentica recata dall’art. 6 del D.L. 163 che agevola gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali e «destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a) della L. 20.5.1985, n. 222 [sono le "attività di religione o di culto": "quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana"]» (art. 7, c. 1, lett. i).
Come è facile notare la disposizione prevede l’esenzione per gli immobili in relazione ai quali si verificano contemporaneamente due requisiti: devono essere utilizzati dagli enti non commerciali e devono essere destinati a quelle attività che la legge indica. A condizione che siano destinati alle attività indicate dalla legge l’esenzione spetta a perciò ad un’ampia platea di soggetti, non importa se pubblici o privati, laici o religiosi, cattolici o di altre confessioni. L’agevolazione riguarda l’intero mondo del cosiddetto non profit,: alle fondazioni come ai comitati, alle organizzazioni di volontariato come alle organizzazioni non governative, associazioni nelle varie forme e tipologie: di promozione sociale, sportive dilettantistiche, familiari, sindacali, culturali, ricreative; spetta inoltre anche a tutti gli enti pubblici territoriali e a quegli enti pubblici che rientrano fiscalmente nel concetto di ente non commerciale.

2. Perché è stata emanata la norma di interpretazione autentica
Nella primavera dello scorso anno, la Cassazione ha emanato quattro sentenze (tutte però relative alla stessa vertenza, riguardanti quattro anni d’imposta, quelli dal 1993 al 1996) nelle quali dà un’interpretazione restrittiva e non logicamente motivata dell’esenzione (cf Sentenza 4573, 4642, 4644 e 4645, tutte del marzo 2004).
Il caso, che vale la pena di ripercorrere con un minimo di analiticità, riguarda gli immobili nei quali un istituto religioso svolge delle attività che ritiene incluse tra quelle esenti ai fini ICI; si tratta di un pensionato (attività ricettiva) e una casa di cura (attività sanitaria). L’istituto applica l’esenzione e non versa l’imposta, ma il comune però nega l’agevolazione ritenendo che, a motivo della commercialità delle attività esercitate, l’istituto religioso sia carente del requisito soggettivo richiesto (ovvero essere un ente non commerciale); reclama perciò il versamento dell’imposta per tutti gli anni compresi tra il 1993 e il 1998. L’istituto ricorre ai giudici tributari eccependo che l’ente ecclesiastico è sempre qualificabile, dal punto di vista fiscale, come un ente non commerciale.

Tale qualifica, infatti, a differenza di quanto avviene per la generalità degli enti non commerciali, non può mai essere contestata dall’Amministrazione finanziaria come dimostra l’articolo 111-bis del D.P.R. 917/1986 (ora art. 149) in cui è stabilito che le disposizioni disciplinano la perdita di qualifica di ente non commerciale (a partire dalla prevalenza delle attività commerciali su quelle istituzionali e proseguendo con una serie di indicatori presuntivi) «non si applicano agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili». La Commissione Tributaria Provinciale, però, ignora la norma invocata e stabilisce che, a motivo del giro d’affari realizzato nell’ambito delle attività in questione, quelle commerciali si configurino per l’istituto religioso come attività prevalenti; ne fa conseguire l’impossibilità di classificare l’istituto religioso tra gli enti non commerciali. Contro la decisione di prima istanza l’ente ecclesiastico ricorre in secondo grado dove - singolarmente - la sentenza di primo grado viene riformata per due delle annualità in questione e confermata per le altre quattro (non è un esempio di certezza del diritto!). Per i giudici regionali che hanno confermato le sentenze favorevoli al comune, la circostanza che l’esercizio di attività commerciali costituisse per l’istituto religioso oggetto non di attività non occasionale conduce a ritenere che l’istituto non possa essere collocato tra gli enti non commerciali e, di conseguenza che non possa «essere compreso tra quelli che beneficiano dell’esenzione di cui si discute». Il contenzioso prosegue (anche se solo relativamente alle sole sentenze confermate, perché quelle riformate non vengono impugnate dal comune e diventano definitive) fino a giungere alle Sentenze della Cassazione sopra citate. Circa l’obiezione che ha motivato il rigetto del ricorso nei primi due gradi di giudizio (l’istituto religioso non è un ente non commerciale), la Cassazione arriva a conclusioni totalmente favorevoli al ricorrente. I giudici infatti, riconoscendo che l’Istituto religioso «è un ente ecclesiastico che fa parte dell’organizzazione della Chiesa Cattolica» ne fanno derivare che «rientra certamente» nell’ambito della definizione di ente non commerciale; infatti, motivano, «proprio perché ente ecclesiastico non ha, in particolare come fine esclusivo - e si deve ritenere neppure prevalente - l’esercizio del commercio». La Sentenza precisa che ai fini dell’esenzione in questione, occorre che si verifichino contemporaneamente entrambe le condizioni richieste dalla norma «quella soggettiva dell’appartenenza dell’immobile ad uno dei soggetti di cui all’art. 87, c. 1, lett. c) del TUIR, e quella oggettiva della destinazione esclusiva dell’immobile allo svolgimento di una delle attività - ritenute dal legislatore meritevoli di un trattamento fiscale di favore - elencate nella lettera i) dell’articolo 7». Secondo la Corte, la riconosciuta sussistenza del requisito soggettivo «non è sufficiente per fondare il diritto all’esenzione» dal momento che «non sussiste invece il requisito oggettivo, anch’esso indispensabile, della destinazione esclusiva dell’immobile ad una delle attività prese in considerazione dalla legge ai fini dell’esenzione».

A questo punto la Sentenza, argomentando sul requisito oggettivo che non era stato preso in esame nei precedenti giudizi, inserisce un lungo inciso ove riassume alcune disposizioni della legge n. 222 del 1985, "Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia". In particolare, viene ricordato che ai sensi dell’articolo 15 gli enti ecclesiastici "se civilmente riconosciuti, possono, nel rispetto delle leggi dello Stato, svolgere liberamente attività diverse da quelle di religione o di culto"; che l’articolo 16 della L. 222 divide in due categorie le attività di tali enti: le prime, definite "attività di religione o di culto", identificate in "quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana" (lett. a) si tratta di attività che l’ente ecclesiastico deve necessariamente svolgere, in quanto essenziali alla sua stessa natura.

Le "attività diverse da quelle di religione o di culto" sono invece attività che gli enti ecclesiastici possono svolgere, in aggiunta alle prime: "quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro" (lett. b). La Corte inoltre ricorda che mentre le attività di religione o di culto sono indicate nell’elencazione della lettera i) dell’articolo 7 della legge sull’ICI attraverso il richiamo all’articolo 16, lettera a) della legge 222 del 1985, non altrettanto può dirsi delle attività diverse da quelle di religione o di culto che gli enti ecclesiastici sono comunque legittimati a svolgere. Ma, chiarisce correttamente la Sentenza, "questo non esclude necessariamente che possano godere anch’esse del medesimo regime di favore: molte di esse (quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura), rientrano già - in via diretta e non tramite il richiamo alla legge sugli enti ecclesiastici - nella previsione della lettera i)". Ciò che invece secondo la Suprema Corte nel caso in discussione preclude il diritto all’esenzione è "lo svolgimento all’interno degli immobili da sottoporre a tassazione di attività commerciali" e ciò "indipendentemente dalla loro entità sia in valori assoluti che in termini relativi". L’Istituto religioso, sentenzia la Corte, svolgeva "attività oggettivamente commerciali come la gestione di pensionati con il pagamento di rette. Si trattava perciò di attività, che proprio perché oggettivamente commerciali, non erano soltanto ricettive o sanitarie e come tali esentate dall’ICI (perché ricomprese nella previsione della lettera i) dell’articolo 7)". Ne consegue, ad avviso della Cassazione, che "gli immobili destinati a queste attività oggettivamente commerciali non rientrano, invece, nell’ambito dell’esenzione dall’ICI, e per essi l’Istituto è tenuto al pagamento dell’imposta". La conclusione di carattere generale è pertanto che "anche gli enti soggettivamente non commerciali (e perciò anche quelli ecclesiastici) sono soggetti all’imposizione ICI per gli immobili destinati allo svolgimento di attività oggettivamente commerciali". Dagli ultimi passaggi citati si può notare come la Corte cada in contraddizione, là dove nella prima parte della Sentenza sottolinea la necessità (e la sufficienza), ai fini del diritto all’esenzione, della contemporanea presenza del requisito soggettivo (ente non commerciale) e di quello oggettivo (esclusivo utilizzo per una o più delle attività elencata dalla norma agevolativa), in seguito, invece, introduce un ulteriore condizione: l’attività svolta nell’immobile deve essere anche non commerciale dal punto di vista fiscale. Ma l’assenza del carattere commerciale dell’attività non è richiesta dalla norma; circostanza, questa, implicitamente ammessa dalla stessa Corte come emerge dal passo della Sentenza in cui si afferma che le attività svolte dall’Istituto religioso, in quanto "oggettivamente commerciali, non erano soltanto ricettive o sanitarie". In altri termini, la Sentenza non contesta che le attività svolte non rientrino tra quelle ricettive o sanitarie, piuttosto lamenta che non sono "soltanto" ricettive o sanitarie, e quindi sono "anche" commerciali.

L’art. 6 del D.L. 163 precisava, appunto, che ai fini dell’esenzione le attività indicate dalla legge dell’ICI sono agevolate indipendentemente dall’eventuale carattere di commercialità con cui le stesse vengono svolte.

3. Quali sono le conseguenze della decadenza del decreto legge
Dal momento che questa era (e rimane) disciplinata dall’articolo 7, c. 1, lett. i) della legge sull’ICI la decadenza del decreto legge 163 non comporta il venir meno dell’esenzione.

La situazione torna quindi ad essere quella preesistente: la Corte di Cassazione fornisce, in quattro sentenze (ma, come abbiamo evidenziato, riguardanti tutte lo stesso caso) un’interpretazione restrittiva e non logicamente motivata di una norma il cui tenore letterale è estremamente chiaro: l’esenzione spetta se l’immobile è utilizzato da un ente non commerciale e se è destinato totalmente ad una o più delle 8 attività indicate dalla legge; l’ulteriore condizione dell’assenza del carattere commerciale dell’attività non è richiesta dalla norma, né può esservi aggiunta in via interpretativa.

D’altra parte l’illogicità di tale lettura appare evidente se consideriamo che qualora venisse assunta come chiave interpretativa della norma agevolativa comporterebbe in pratica l’inutilità di una buona parte delle esenzioni previste dalla legge. Si pensi, ad esempio alle attività sanitarie, didattiche e ricettive: dal momento che tali attività non possono essere svolte se non come attività commerciali la loro inclusione tra quelle oggetto di esenzione sarebbe praticamente senza alcun significato. Infatti, l’unica possibilità che tali attività possano essere esercitate in forma non commerciale è l’ipotesi di esercizio gratuito e non convenzionato (esempio ambulatorio per soggetti emarginati, scuola di alfabetizzazione per extracomunitari, rifugio per persone senza fissa dimora). Se, però, questa fosse l’interpretazione corretta la loro menzione nell’elenco delle attività esenti sarebbe del tutto superflua in quanto, svolte in forma gratuita sarebbero già esenti in quanto incluse tra quelle assistenziali che la norma già prevede.

Quel che evidentemente non viene tenuto in debito conto è che l’ICI non è un’imposta sul reddito, ambito nel quale la commercialità dell’attività riveste imprescindibile rilevanza, ma un’imposta patrimoniale che colpisce gli immobili e che prevede una serie di esenzioni ai cui fini rilevano di volta in volta elementi diversi, ma mai la qualifica commerciale o non commerciale delle attività svolte negli immobili. D’altra parte, nell’ipotesi dell’esenzione prevista dalla lettera i), la ratio della norma è quella di agevolare una serie di attività alle quali il legislatore attribuisce una particolare valenza sociale, a condizione che esse siano svolte da enti non commerciali, limitazione che garantisce l’assenza del lucro soggettivo, dal momento che la caratteristica comune e imprescindibile degli enti non commerciali e la non distribuzione di utili o avanzi di gestione.

Inoltre, giova ricordare che se si può sicuramente affermare che una sentenza di Cassazione costituisce un precedente senz’altro autorevole, va anche ribadito che essa non ha validità "normativa" in altri giudizi. Infine non va escluso che la stessa Cassazione potrebbe sempre modificare il proprio orientamento su futuri casi analoghi che dovessero essere sottoposti al suo giudizio.

Testo tratto da "il consulente NON PROFIT"

di Patrizia Clementi


Nivacrom
00mercoledì 26 dicembre 2007 15:33
Livia, io cittadino italiano che paga le tasse allo Stato, mentre le sto pagando non devo essere obbligato a specificare che l'8 per 1000 va allo Stato.
Se non scelgo di destinare l'8 per mille a soggetti diversi come è consentito, dovrebbe essere sottinteso che vada tutto allo Stato.
Occorre quindi eliminare la voce Stato fra le scelte a cui destinare l'8 per mille.
Chi non si cura di finanziare volontariamente soggetti diversi dallo Stato non deve avere altre preoccupazioni.
Io pago le tasse allo Stato e la possibilità di destinare l'8 x mille ad altri soggetti non mi interessa, è una facoltà e in quanto tale la voglio ignorare e quindi pretendo che automaticamente tutte le mie tasse vadano allo Stato senza dover aggiungere altro.
Ho fatto il mio dovere di contribuente e tanto basti.
LiviaGloria
00mercoledì 26 dicembre 2007 18:46
Bé,allora non é questione di chiesa cattolica,ma di sistema "operativo" perché uguale metodo é nelle votazioni politiche...chi mette la crocetta decide per quelli che non la mettono....

E cosa dovrebbero dire quelli che non vogliono donarlo neanche allo stato???? [SM=x268919] ...forse sarebbe giusto allargare le opzioni di scelta...e credo che col tempo arriverá....tipo alla ricerca scentifica,o alla salvaguardia di qualcosa...ecc...ma per il momento le crocette sono quelle... [SM=g27823]

Quindi direi che dire che la chiesa cattolica ha colpe delle famiglie povere...mi sembra un po troppo relativo...forse sarebbe meglio gridare allo stato si tutta la percentuale rimanente(cioé quasi tutto) delle tasse dove finiscono...o no?...oppure é l 8 per mille che cambierá la vita sociale?

Poi come si é visto nei documenti riportati della legge é specificato anche l indirizzo di tali doni...ed é il 20 per cento che vá in caRITÁ...ma chi non é¨fedele non puo comprendere che la chiesa é la casa di Dio...come la mia o la tua lo sono per noi ...
In piu a livello di fede,per chi crede,i sacerdoti,i missionari,le strutture sono importantissime....proprio per poi avere la forza per altri.

Ma tu hai idea di quanti ospedali,scuole,soccorsi ha la chiesa in tutto il mondo?...piu i posti per sfamare i poveri,ecc...se tu fai la proporzione del costo della tua singola vita e aggiungi i miglioni di uomini che si aiuta,le migliaia di persone che ci lavorano,le strutture,le attrezzature.ecc...capirai che sono cifre iperboliche che neanche l intero 8 per mille servirebbe a coprirle.

Purtroppo non riesco piu a trovare la lista con tutti i riferimenti mondiali e cifre,se no te la posterei.
Nivacrom
00mercoledì 26 dicembre 2007 19:36
Chi paga le tasse non dovrebbe mettere nessuna crocetta.
Deve solo essere onesto.
Andare a votare quando ci sono le elezioni è un diritto-dovere dei cittadini.
Dover ribadire, quando si pagano le tasse allo Stato, che le proprie tasse vadano tutte allo Stato è una pretesa creata per favorire la Chiesa attraverso un escamotage e non può assolutamente diventare un obbligo.

Lo Stato è laico, io pago le tasse allo Stato e mi deve essere riconosciuto il diritto di ignorare ogni altro soggetto senza dovermi preoccupare ulteriormente mentre le sto pagando.

Assegnare l'8 x 1000 delle entrate dello Stato alle Chiese, lì dove viene espressamente specificato dal contribuente è già una grossa concessione; permettere che l'8 x mille venga concesso anche se non si dice nulla è un abuso.

Non mi si può dire siccome non dici nulla una parte delle tue tasse vanno alle Chiese.

Io ho l'obbligo di pagare le tasse, le pago e se non aggiungo altro la cosa deve finire lì, devo essere libero di considerare se destinare una parte delle mie tasse alle Chiese oppure se ignorare del tutto la cosa senza che per me nulla cambi.

E la famiglia dove la mettiamo poi?

Ma non era uno dei temi centrali della Chiesa Cattolica?

Come mai con tutti i soldi che la Chiesa incassa solo il 20% viene destinato ad opere assistenziali e di carità?

Come mai in Italia l'11,7% delle famiglie vive sotto la soglia di povertà, con punte del 40% al sud?

Perché la Chiesa intasca i soldi ignorando questa realtà?

Se i soldi, che la Chiesa trattiene per arricchire se stessa e basta, lo Stato se li tenesse per assistere chi ha bisogno, per creare posti di lavoro, quelle famiglie non starebbero meglio?

I soldi ci sono, si potrebbe stare tutti meglio e invece quei soldi che potrebbero servire per stare tutti meglio spariscono nelle tasche del Vaticano.

Ma bella roba!

=FRANCESCKA=
00mercoledì 26 dicembre 2007 20:08
Re:
Nivacrom, 26/12/2007 19.36:

Chi paga le tasse non dovrebbe mettere nessuna crocetta.
Deve solo essere onesto.
Andare a votare quando ci sono le elezioni è un diritto-dovere dei cittadini.
Dover ribadire, quando si pagano le tasse allo Stato, che le proprie tasse vadano tutte allo Stato è una pretesa creata per favorire la Chiesa attraverso un escamotage e non può assolutamente diventare un obbligo.

Lo Stato è laico, io pago le tasse allo Stato e mi deve essere riconosciuto il diritto di ignorare ogni altro soggetto senza dovermi preoccupare ulteriormente mentre le sto pagando.

Assegnare l'8 x 1000 delle entrate dello Stato alle Chiese, lì dove viene espressamente specificato dal contribuente è già una grossa concessione; permettere che l'8 x mille venga concesso anche se non si dice nulla è un abuso.

Non mi si può dire siccome non dici nulla una parte delle tue tasse vanno alle Chiese.

Io ho l'obbligo di pagare le tasse, le pago e se non aggiungo altro la cosa deve finire lì, devo essere libero di considerare se destinare una parte delle mie tasse alle Chiese oppure se ignorare del tutto la cosa senza che per me nulla cambi.

E la famiglia dove la mettiamo poi?

Ma non era uno dei temi centrali della Chiesa Cattolica?

Come mai con tutti i soldi che la Chiesa incassa solo il 20% viene destinato ad opere assistenziali e di carità?

Come mai in Italia l'11,7% delle famiglie vive sotto la soglia di povertà, con punte del 40% al sud?

Perché la Chiesa intasca i soldi ignorando questa realtà?

Se i soldi, che la Chiesa trattiene per arricchire se stessa e basta, lo Stato se li tenesse per assistere chi ha bisogno, per creare posti di lavoro, quelle famiglie non starebbero meglio?

I soldi ci sono, si potrebbe stare tutti meglio e invece quei soldi che potrebbero servire per stare tutti meglio spariscono nelle tasche del Vaticano.

Ma bella roba!








straquotooooooooooo
Nivacrom
00mercoledì 26 dicembre 2007 20:35
Re:
LiviaGloria, 26/12/2007 18.46:


Ma tu hai idea di quanti ospedali,scuole,soccorsi ha la chiesa in tutto il mondo?...piu i posti per sfamare i poveri,ecc...se tu fai la proporzione del costo della tua singola vita e aggiungi i miglioni di uomini che si aiuta,le migliaia di persone che ci lavorano,le strutture,le attrezzature.ecc...capirai che sono cifre iperboliche che neanche l intero 8 per mille servirebbe a coprirle.

Purtroppo non riesco piu a trovare la lista con tutti i riferimenti mondiali e cifre,se no te la posterei.



Livia, bisogna distinguere fra la libera iniziativa della Chiesa, Enti umanitari, Onlus etc. in giro per il mondo e gli obblighi che invece ogni Stato ha nei confronti dei propri cittadini.

Non è assolutamente possibile che si diano soldi alla Chiesa Cattolica che poi li usa in giro per il mondo per le sue opere di bene (solo il 20% però ricordiamolo sempre) e si accettino i dati Istat senza porvi immediato rimedio.

L'11,7% delle famiglie italiane vive sotto la soglia di povertà con punte del 40% al sud


Prima di preoccuparmi dei poveri e afflitti che ci sono in giro per il mondo, io voglio e devo preoccuparmi dei miei connazionali, i soldi per risolvere i problemi dei miei connazionali ci sono, che vengano impiegati per aiutarli.

Ogni Stato ha l'obbligo di provvedere prima ai suoi cittadini e poi, se ha i mezzi e la forza, al resto del mondo.

Questo deve essere chiaro e sacrosanto per tutti, cattolici e non.

LiviaGloria
00mercoledì 26 dicembre 2007 21:29
ragazzi per favore restati calmi,freddi....vorrei discutere,non litigare.

Allora Niv...io ho scritto nelmondo...non fuori dall Italia...altro post

CRONACA InviaStampaMezzo miliardo di euro, secondo fonti ecclesiastiche, viene speso in assistenza nel mondo
Un tacito patto: la mano pubblica smantella il Welfare, quella vaticana tappa le falle più evidenti
Carità, l'altra faccia dell'obolo
così la Chiesa sostituisce lo Stato
di CURZIO MALTESE


Mensa della Caritas
Il grande obolo di Stato alla chiesa cattolica, che ogni anno costa circa cinque miliardi di euro ai contribuenti, ha anche un volto e uno scopo nobili: la carità. Le fonti della Chiesa parlano di mezzo miliardo di euro speso dal Vaticano e dalle conferenze episcopali per opere di assistenza in tutto il mondo. La quota più consistente arriva dalla Cei, la conferenza episcopale italiana, che destina il 20 per cento del miliardo ricevuto con l'"otto per mille", oltre 200 milioni di euro, in assistenza e carità: 115 milioni in Italia e 85 milioni nelle missioni all'estero. Ma il flusso di carità della Chiesa avviene anche attraverso altri canali, come la Caritas internazionale, il fondo papale della Cor Unum, le associazioni di volontariato e perfino la banca vaticana, lo Ior, e la prelatura dell'Opus Dei, più note per attività meno benigne.

Si può discutere se si tratti di tanto o poco rispetto al costo complessivo della chiesa cattolica per gli italiani. Si potrebbe forse fare di più, come sostengono molte voci cattoliche. Ma nei fatti in alcune realtà parrocchie e missioni cattoliche sono rimaste sole a presidiare i confini più disperati della società, quegli stessi dai quali lo stato sociale si ritira ogni giorno. All'origine dei molti regali e favori fiscali concessi alla Chiesa, soprattutto negli ultimi vent'anni, dopo la revisione del Concordato, non ci sono soltanto il frenetico lobbyismo dei vescovi e la rincorsa di tutti i partiti al pacchetto di voti cattolici, ormai esiguo in termini assoluti (le ricerche citano un 6-8 per cento) ma sempre decisivo. Esiste un tacito patto per cui, mentre lo stato smantella pezzo per pezzo il welfare, la chiesa s'incarica del "lavoro sporco", di tappare le falle più evidenti e arginare la massa crescente di esclusi senza più diritti, garanzie, protezione. Basta girare le città italiane per vedere quanto sia estesa la rete di supplenza. Le parrocchie sono diventate in molti casi i principali centri di accoglienza per gli immigrati, gli uffici di collocamento per stranieri ed ex carcerati, i consultori per le famiglie che hanno in casa un nonno con l'Alzheimer, un figlio tossico, un parente con problemi di salute mentale. I centri Caritas della capitale sono gli unici punti di riferimento e di ricovero del "popolo della strada", senza tetto, mendicanti, alcolisti abbandonati dallo stato e dalle famiglie. Svolgono un ruolo prezioso di raccolta dati per segnalare le nuove emergenze, come la povertà giovanile italiana, la più alta d'Europa.

L'incapacità dei governi di elaborare una seria politica dell'immigrazione, oltre le sparate populiste, ha delegato nella pratica ai preti la questione sociale più importante degli ultimi vent'anni. A Milano, personaggi come don Colmegna svolgono di fatto il ruolo di "sindaci ombra" nelle periferie ormai popolate in larga maggioranza da immigrati. E non sono soltanto le politiche sociali a mancare. La comunità di Sant'Egidio a Roma è diventata un punto di riferimento internazionale per le politiche nei confronti dell'Africa e del Sud America, certo più consultata in materia della Farnesina. La stessa iniziativa della moratoria contro la pena di morte, l'unico momento in cui la politica estera italiana abbia ricevuto attenzione oltre i confini, è partita dalla comunità con sede in Trastevere. Il Patriarcato di Venezia, in particolare con l'arrivo del cardinale Scola, ha intrecciato una fitta rete di scambi culturali con l'Islam. Franato con i muri il terzomondismo della sinistra, avvelenati i pozzi della solidarietà laica nello "scontro di civiltà", ormai è l'organizzazione cattolica a detenere quasi l'esclusiva dei problemi del terzo mondo, anche quello di casa nostra. La formula è "soldi in cambio di servizi". Privilegi fiscali, esenzioni, pioggia di finanziamenti a vario titolo ma per delegare al mondo cattolico un lavoro sporco che lo stato non vuole e non sa fare. Alla fine è sempre questa la giustificazione all'anomalo rapporto economico fra stato e chiesa, al di là delle improbabili contestazioni delle cifre (che sono quelle). Il discorso è logico ma lo scambio è diseguale. Lo stato non ha nulla da guadagnare nell'ammettere la propria inettitudine. Come spesso accade, sono proprio alcuni intellettuali cattolici a rilevarlo.

Nella società spappolata dagli egoismi, come appare nell'ultima rapporto del Censis, secondo Giuseppe De Rita il ruolo di supplenza della chiesa cattolica si è evoluto fino a conquistare il cuore dei rapporti sociali: il campo dell'appartenza. "La chiesa è l'unica ormai a capire che si fa sociale con l'appartenenza. Non si tratta soltanto di fornire servizi ma anche accoglienza, valori di riferimento, identità. Un tempo in Italia erano molte le classi di appartenenza. Se penso al Pci nelle regioni rosse o ai grandi sindacati, alla rete delle case del popolo, alle cooperative, questo mondo è scomparso in gran parte, la mediatizzazione della politica ha cambiato i termini della questione. Oggi se Veltroni vuol lanciare il Partito Democratico pensa a un evento, ai gadget, alla comunicazione, ma non è la stessa cosa. Lo stato italiano, a differenza di altri, non ha mai saputo creare appartenenza e per questo non è in grado di fare politiche sociali efficaci, per quanto costose. I comuni sono l'unica appartenenza politica degli italiani". Non è un caso che siano proprio i comuni, i sindaci, a entrare più spesso in conflitto con la supplenza del clero, per esempio nella vicenda dell'Ici. Ma non è paradossale che una società sempre più laicizzata affidi compiti così importanti al clero? La risposta di De Rita è netta. "E' vero che la religione cattolica in quanto tale è in crisi. Le scelte individuali ormai prevaricano le indicazioni dei vescovi. La vera forza della chiesa non sta nel suo aspetto pubblico, mediatico, politico, ma nell'essere rimasta l'unica organizzazione con un forte radicamento nei territori e una pratica sociale quotidiana. Una pratica di solidarietà che molti laici non hanno, me compreso. La chiesa di Ruini è un altro discorso".

Ma come la pensa chi al sociale ha dedicato la vita? Don Luigi Ciotti s'incarica di combattere da quarant'anni, attraverso il Gruppo Abele e poi Libera, tutte le guerre che la politica considera perse: contro la povertà, le mafie, le dipendenze, la legge non uguale per tutti, i ghetti carcerari, le periferie insicure, le morti in fabbrica. Con il sostegno della chiesa, ma non sempre. Fu processato in Vaticano quando da presidente della Lila sostenne che l'uso del preservativo per non trasmettere l'Aids era un atto d'amore cristiano. E ancora quando parlò dal palco di Cofferati davanti ai tre milioni del Circo Massimo. La sua è una testimonianza in primissima linea. "In quarant'anni ho imparato che una società felice è quella dove c'è meno solidarietà e più diritti. La bontà da sola non basta, a volte anzi è un alibi per lasciare irrisolti i problemi. Questa bontà ci rende complici di un sistema fondato sull'ingiustizia, che poi delega a un pugno di volontari la cura delle baraccopoli perché non diano troppo fastidio. I volontari del gruppo Abele, di Libera, cattolici o no, non hanno certo rimpianti per la vita che si sono scelti, era tutto quanto volevamo fare. Ma non che potevamo fare. Si ha sempre l'impressione di rincorrere i problemi. La questione è reclamare più giustizia, non offrire come carità ciò che dovrebbe essere un diritto". La chiesa con i suoi interventi pubblici sembra richiamare l'attenzione più sui temi sessuali o sulla famiglia che non sulle questioni sociali, o è un pregiudizio anticlericale? "La Chiesa è fatta da uomini e ospita di tutto, anche mondi assai distanti fra di loro. Ma è vero che l'attenzione dei media e della politica si concentra soltanto su alcuni aspetti, Per esempio, se i vescovi criticano i Dico la polemica dura anni. Se invece Benedetto XVI si scaglia contro il precariato giovanile, la sera stessa la notizia sparisce dai telegiornali. Molti nella chiesa pensano di più agli aspetti spirituali e considerano che la giustizia non sia di questo mondo. Io non l'ho mai vista così. Penso che la strada per il cielo si prepara su questa terra".

(17 dicembre 2007)

Allora niv...anche senza essere cattolici....si puo pero essere obbiettivi...e cioé che quasi il cento per cento delle tasse lo trattiene lo stato....e mi si vuole dire che é colpa di quell á per milee...NON 8 per cento,ripeto 8 per MILLE a cui tutti urlano i problemi d Italia.

Dai,perfavore....se tu mi dici che non hai voglia di altri grattacapi giá i problemi di vita,fisco...ecc e ti devi anche "preoccupare" dell 8 per mille..posso anche capirti....ma sappi che lo stato ha concesso questo perché non voleva pagare gli stipendi ai preti e perché cosí é la chiesa ad occuparsi di molti problemi verso i "deboli" anche IN Italia.

Se tu non sei cattolico....ben venga che tu vuoi donare per i fatti tuoi ad altri enti o aiuti....ma non possiamo giustificare noi stessi o lo stato tramite stratagemmi che sono assurdi alla propria intelligenza ed onestá.

Sai niv...qui dove sono io la realtá é mooolto diversa dall italia...e ti garantisco che non vi é nessuna "influenza" vaticana in questo stato...quello che é qui é tutto frutto del braccio secolare...e posso dirti che voi siete ricchi....qui una famiglia media,che lo sono quasi il 90 per cento...guarda di consumare la carne una volta a settimana...caroniv...equi viera il regime comunista,non quello Italiano....ti garantisco che non il vaticano porta problemi alle famiglie,ma se il popolo non incomincia a NON farsi distrarre dalle false strade fatte vedere perché cosí l uomo non guarda troppo allo stato,...sarete fregati...davvero niv...guarda gli stati dove non vi é stata influenmza del cristianesimo...guarda gli stati ....guarda gli stati,NON LE religioni....
I vostri urli hanno "energia"...ma se l urlo é indirizzato dalla parte sbagliata...dove finirá tale energia?

Comunque ...piu che metterti davanti a leggi,motivazioni e altro...non posso fare.
La strada é tua,tua soltanto. [SM=g27823]
Nivacrom
00mercoledì 26 dicembre 2007 22:18
Livia, visto che ci parli di te e del luogo dove vivi...sei un'italiana che vive all'estero o una straniera?
Ghergon
00mercoledì 26 dicembre 2007 22:19
Re:
Nivacrom, 12/26/2007 7:36 PM:


E la famiglia dove la mettiamo poi?

Ma non era uno dei temi centrali della Chiesa Cattolica?

Come mai con tutti i soldi che la Chiesa incassa solo il 20% viene destinato ad opere assistenziali e di carità?

Perchè fare i conti in tasca alla Chiesa? Chi nel mondo propone queste idee è poco educato e molto demagogo.


Come mai in Italia l'11,7% delle famiglie vive sotto la soglia di povertà, con punte del 40% al sud?

Bisognerebbe chiederlo alla stato che ci governa da cinquant'anni, chiedergli perchè non ha risolto il problema..cosa c'entra la chiesa con i doveri statali che non vengono espletati... dai laici che si dovrebbero interessare?

Perché la Chiesa intasca i soldi ignorando questa realtà?

Perchè lo stato al quale gli anticlericali sono felici di donare i soldi oltre alle tasse ignorano questa realtà?
é lo Stato che dovrebbe risolvere il problema e non lo fa!
[SM=g27827]

Se i soldi, che la Chiesa trattiene per arricchire se stessa e basta, lo Stato se li tenesse per assistere chi ha bisogno, per creare posti di lavoro, quelle famiglie non starebbero meglio?

I soldi che vanno alla chiesa sono un inezia in cofronto a quelli che vanno allo stato che pur essendo straricco grazie ai soldi, oltre alle pesantissime tasse, di chi glieli dona non vuole risolvere il problema...cosa c'entrerebbe la Chiesa con questo problema...mah?? [SM=x268933] [SM=x268939]

I soldi ci sono, si potrebbe stare tutti meglio e invece quei soldi che potrebbero servire per stare tutti meglio spariscono nelle tasche del Vaticano.

E i soldi che alcuni utenti son felici di regalare allo stato COME MAI NON VANNO A RISOLVERE IL PROBLEMA? Come mai spariscono nelle tasche di ignoti?


Ma bella roba!

Davvero incredibile...davanti alle porcate di ruberie varie vere responsabili del dissesto italiano c'è chi fa ancora propaganda anticlericale e pura demagogia... [SM=g27829]





LiviaGloria
00mercoledì 26 dicembre 2007 22:21
Re:
Nivacrom, 26.12.2007 22:18:

Livia, visto che ci parli di te e del luogo dove vivi...sei un'italiana che vive all'estero o una straniera?



Ne parliamo in face to face.Qui é fuori topic. [SM=g27823] ...pero domani!...perché io tra un po vado a dormire. [SM=g27823]


Nivacrom
00mercoledì 26 dicembre 2007 22:29
Continui a fare affermazioni arbitrarie.

Ma chi sarebbero questi benefattori dello Stato che regalano i soldi?

Risposte chiare e sensate a questa domanda o meglio evitare

Ma se l'Italia da sempre si dibatte con un debito pubblico ed un'evasione fiscale fra le più alte in Europa (se non la più alta)?

Queste cose a te non risultano?

Questo si chiama ragionare dati alla mano.

Il resto sono chiacchiere inutili poiché prive di ogni fondamento.
Nivacrom
00mercoledì 26 dicembre 2007 22:31
"Bisognerebbe chiederlo alla stato che ci governa da cinquant'anni, chiedergli perchè non ha risolto il problema..cosa c'entra la chiesa con i doveri statali che non vengono espletati... dai laici che si dovrebbero interessare?"

Autogol.....

Chi è che ha governato negli ultimi 50 anni in Italia?
Ghergon
00mercoledì 26 dicembre 2007 22:34
Vedo che quando dati alla mano e con ragionamenti seri vengono smontate le solite frasi demagogiche ad effetto non rimangono argomentazioni serie da commentare! [SM=g27811]
Per fortuna la Verità è stata ristabilita e la Chiesa come sempre risulta essere il lume del mondo! [SM=g27823] [SM=g27823] [SM=g27823]
Nivacrom
00mercoledì 26 dicembre 2007 22:34
Re: Re:
LiviaGloria, 26/12/2007 22.21:



Ne parliamo in face to face.Qui é fuori topic. [SM=g27823] ...pero domani!...perché io tra un po vado a dormire. [SM=g27823]





Ok Livia...buon riposo! [SM=g27823]


Nivacrom
00mercoledì 26 dicembre 2007 22:36
Re:
Ghergon, 26/12/2007 22.34:


Per fortuna la Verità è stata ristabilita e la Chiesa come sempre risulta essere il lume del mondo! [SM=g27823] [SM=g27823] [SM=g27823]



Questo è solo oggetto della fede e non è un argomento attinente al discorso in atto.

Ghergon
00mercoledì 26 dicembre 2007 22:42
Re:
Nivacrom, 12/26/2007 10:31 PM:

"Bisognerebbe chiederlo alla stato che ci governa da cinquant'anni, chiedergli perchè non ha risolto il problema..cosa c'entra la chiesa con i doveri statali che non vengono espletati... dai laici che si dovrebbero interessare?"

Autogol.....

Chi è che ha governato negli ultimi 50 anni in Italia?



chi ha governato???? [SM=g27827]


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