Lo spirito che guarisce

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wheaton80
00lunedì 27 maggio 2013 00:46
“Lo spirito che guarisce” titola la copertina di questa settimana di Der Spiegel, il più diffuso e autorevole settimanale tedesco

24 Maggio 2013
Piero Cammerinesi



Ebbene sì – dopo anni che chi segue vie interiori cerca di trasmettere la propria esperienza, nella maggior parte dei casi invano – oggi i neuroscienziati hanno fatto la grande scoperta: lo spirito può guarire il nostro corpo[1].

Raccontano stupefatti – e ancora increduli - come l’anima possa modificare la struttura biologica del corpo e la possa aiutare a superare la malattia. Vale a dire di come qualcosa di non misurabile, pesabile, visibile, possa in qualche modo modificare il visibile, pesabile, misurabile. Meditare, fare Yoga e pensare positivamente – strilla Der Spiegel – conquistano ora la medicina ufficiale. Quello che decine di tradizioni sapienziali, di centinaia di ricercatori indipendenti e di migliaia di persone che lo praticano quotidianamente hanno sempre saputo, oggi – udite, udite – è verità scientifica! Beh, allora deve essere proprio vero… Di documentazione la rivista tedesca ne fornisce in gran quantità, compresi alcuni filmati che si possono vedere sul sito web[2]. Qui di seguito i risultati di alcune interessanti ricerche su questo argomento.

Iniziamo da due autorevoli psicologi, Vladimir Bostanov e Philipp Keune, i quali avrebbero scoperto l’azione guaritrice dello spirito sul corpo umano mediante esame neurologico - misurazione dell'attività elettrica delle cellule cerebrali - del cervello dei soggetti sotto indagine prima e dopo un corso di meditazione. I risultati di questo studio hanno evidenziato come il cervello, dopo il corso di meditazione di otto settimane, abbia significativamente incrementato la propria reattività. Il cervello dei soggetti che lavoravano meditativamente aveva imparato a non rimuginare continuamente, indirizzando le risorse di attenzione liberate concentrandosi sul test.

“Meditare aiuta i pazienti a controllare la propria attenzione – ha dichiarato il Dr.Keune – e li rende meno inclini a perdersi in pensieri negativi”. Allo stesso modo di Keune anche la psicologa Bethany Kok, sta indagando il potere di guarigione della mente. La scienziata americana studia in particolare il nervo vago. Insieme ai colleghi della University of North Carolina la Kok ha portato avanti un interessante esperimento: per nove settimane 65 donne e uomini ogni sera dovevano annotare in un questionario i sentimenti e le esperienze sia positivi che negativi della giornata. La metà del gruppo partecipava poi a un corso di meditazione dove si imparava ad esprimere emozioni come amore, gentilezza e compassione.

Bethany Kok ha presentato il risultato della ricerca sulla rivista Psychological Science[3]: ebbene, il tono del nervo vago di coloro che meditavano è aumentato in modo significativo. “Chi alimenta buoni sentimenti migliora il tono del proprio nervo vago - conclude la Kok, che oggi lavora al Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia – e questo a sua volta è collegato con una buona salute e probabilmente con un allungamento della vita”. Il nervo, da sempre poco conosciuto, potrebbe rappresentare il collegamento decisivo tra sentimenti positivi e salute fisica. “Le conoscenze acquisite – così il Dr.Thomas Schlaepfer dalla Clinica di Psichiatria e Psicoterapia dell'Università di Bonn - rendono molto verosimile che il nervo vago sia proprio la struttura di collegamento tra corpo e anima”. “È lo spirito ad edificare il corpo” scriveva Friedrich Schiller otre due secoli or sono.

Ed ecco che - passo dopo passo - la neuroscienza riconosce quello che il poeta, che peraltro era anche medico, sosteneva: vale a dire che l'anima può cambiare il corpo. In molti ospedali universitari oggi psicologi e medici stanno lavorando per abbinare tecniche meditative ricavate da Buddhismo e Induismo alla medicina moderna. Nel suo libro “La meditazione per gli scettici[4]” Ulrich Ott vom Bender dell’Institute of Neuroimaging dell’Università di Gießen illustra il sentiero della meditazione, utile “ad ampliare la coscienza ed a liberarsi dagli stereotipi di pensiero e comportamentali acquisiti”. Anche al Massachussetts General Hospital di Boston è recentemente stata eseguita una ricerca su 15 pazienti, inizialmente agitati, con sonno disturbato e pieni di preoccupazioni.

La diagnosi: disturbi d’ansia generalizzata. Per otto settimane hanno frequentato un corso di meditazione; al termine erano in grado di controllare meglio le loro paure e hanno ricominciato a dormire bene. L'indagine ha rivelato che il loro cervello, meditando, aveva subito una modificazione positiva; zone della corteccia prefrontale (deputata alla coscienza di sé) registravano una irrorazione sanguigna superiore, così come le aree deputate alla regolazione del sentimento. Inoltre si evidenziava una maggiore connessione tra la corteccia prefrontale e l'amigdala, il centro della paura nel cervello, rispetto ai pazienti che non avevano meditato.

“Nell’essere umano vi sono elementi chiave per la guarigione - sostiene Winfried Rief, del Dipartimento di Psicologia Clinica e Psicoterapia dell’Università di Marburg – egli, se vuole, può influenzare il suo recupero anche con gravi malattie fisiche”. “Per guarire con lo spirito si ha bisogno della connessione tra anima e corpo”, dice lo psicologo Manfred Schedlowski, dell'Istituto di Psicologia Medica e Immunobiologia Comportamentale dell’Università di Essen.

“Sia che io mediti o che il mio medico susciti un'aspettativa di me, produco dei cambiamenti biochimici che raggiungono i miei organi attraverso il sangue e i nervi”. Che un atteggiamento positivo verso la vita e la salute siano collegati, viene confermato anche dagli studi epidemiologici. Negli Stati Uniti, i ricercatori hanno studiato fotografie di 196 giocatori di baseball, a partire dal 1952, individuando quelli che sorridevano. Poi hanno ricercato quelli ancora in vita nel 2009. Il risultato: coloro che ridevano avevano avuto un grado di mortalità molto più basso! Ma non è tutto. Alla Duke University Medical Center hanno scoperto che anche la fede garantisce maggiore serenità.

In uno studio su 3851 anziani in North Carolina, coloro che pregano e meditano, hanno avuto una vita più lunga. La psicologa Julianne Holt-Lunstad ha analizzato 148 studi di questo tipo con dati provenienti da oltre 300.000 persone. Il risultato è che vive più a lungo chi abbia legami sociali, e con un tasso di sopravvivenza maggiore del 50%! In altre parole, essere soli è nocivo quanto fumare, non fare esercizio fisico ed essere sovrappeso. Di grande importanza ed efficacia naturalmente anche il rapporto medico-paziente; da molte ricerche condotte negli ultimi anni si è visto come un rapporto di fiducia nei confronti del medico possa aiutare enormemente il paziente ad attivare le forze di guarigione latenti in lui.

Infine, alcuni ricercatori statunitensi hanno recentemente riconosciuto come cuore e spirito siano strettamente legati. Hanno studiato 201 uomini e donne con problemi coronarici, di cui la metà praticava la meditazione trascendentale. Questi ultimi hanno potuto ridurre il proprio stress e rinforzare il cuore, con il risultato che quelli che meditavano hanno subito un minor numero di attacchi di cuore e ictus e hanno vissuto più a lungo. Insomma – concludono gli scienziati giustamente affascinati da questa straordinaria capacità dell’essere umano - la meditazione agisce sul cervello come una fontana di giovinezza.

Essa incrementa la materia grigia nelle regioni del cervello che sono collegate ad attenzione, concentrazione e memoria. In questo modo, contrasta attivamente stati di tensione e di esaurimento. Inoltre, non rafforza solo il cervello, ma anche i processi vitali del corpo. Insomma, il sistema immunitario funziona meglio, la pressione sanguigna diminuisce, aumenta l'attività degli enzimi. Vi pare poco? Poi, magari, meditare potrebbe anche aiutarci a capire meglio il mondo e noi stessi, ma quella è un'altra storia...

[1] magazin.spiegel.de/epaper/start/index.html
[2] www.spiegel.tv/themen/heilende-geist/
[3] www.psychologicalscience.org/index.php/news/releases/social-connections-drive-the-upward-spiral-of-positive-emotions-and-hea...
[4] www.goodreads.com/book/show/9649232-meditation-f-r-skeptiker

www.liberopensare.com/articoli/item/476-lo-spirito-che-...
wheaton80
00lunedì 23 settembre 2013 23:05
Dieta verde, sport, yoga e meditazione anti-stress: la ricetta che allunga la vita
Stili di vita sani possono 'invertire' i meccanismi alla base dell'invecchiamento cellulare aumentando la lunghezza dei telomeri,'clessidre' della vita

22 settembre 2013

Invecchiare per poi morire è una strada obbligata, ma rallentarla o tentare una 'retromarcia' si puo'. Scienziati americani dell'università della California di San Francisco hanno dimostrato per la prima volta che, convertendosi a stili di vita più sani, è possibile 'invertire' i meccanismi alla base dell'invecchiamento cellulare. In un piccolo studio pilota pubblicato su 'Lancet Oncology', Dean Ornish e colleghi sono riusciti ad aumentare di una media del 10% in 5 anni la lunghezza dei telomeri, i cappucci protettivi dei cromosomi che funzionano come una sorta di 'clessidre della vita': ogni volta che la cellula si divide per riprodursi queste sequenze genetiche si accorciano di un pezzetto, e quando si sono consumati del tutto significa che la cellula e' arrivata al capolinea e ha esaurito il suo ciclo vitale. Ma secondo il team Usa la ricetta per interferire con questo destino esiste. Eccola: dieta vegetariana, sport, yoga e meditazione anti-stress. Per 5 anni, gli scienziati hanno seguito 35 uomini con tumore alla prostata ai primi stadi, ancora localizzato. Tutti i pazienti sono stati inseriti in un programma di sorveglianza attiva, con monitoraggi periodici sull'evoluzione della malattia.

In più, a 10 partecipanti sono stati prescritti cambiamenti dello stile di vita: dieta ad alto contenuto di frutta, verdura e cereali integrali, e a basso tenore di grassi e carboidrati raffinati; attività fisica (30 minuti al giorno di camminata, per 6 giorni a settimana); riduzione dello stress (yoga e stretching, tecniche di respirazione ad hoc, meditazione). Questi pazienti partecipavano inoltre a gruppi di supporto settimanali. La lunghezza dei telomeri è stata misurata a tutti i 35 partecipanti all'inizio dello studio e alla fine. Al termine del quinquennio di osservazione, fra i 10 pazienti che avevano cambiato stili di vita i telomeri si erano allungati in media del 10%, mentre nei restanti 25 si erano accorciati mediamente del 3% circa. "La lunghezza dei telomeri non è stata misurata nel tessuto prostatico bensì nel sangue", precisa Ornish. Ciò significa che le osservazioni condotte possono essere considerate valide per tutti, non soltanto per gli uomini con cancro alla prostata. La ricerca è sostenuta, tra gli altri, dal Dipartimento americano della Difesa, dagli Nih e dal National Cancer Institute.

Già in precedenza, nel 2008, il team americano aveva condotto uno studio pilota per valutare gli effetti del cambiamento di stili di vita sull'attività della telomerasi, l'enzima di 'manutenzione' che ha il compito di riparare i telomeri e mantenerli abbastanza lunghi per permettere alla cellula di sopravvivere. Ora i nuovi risultati indicano che adottare una vita sana 'tira il freno a mano' all'invecchiamento cellulare. "Una scoperta fondamentale che però dovrà essere confermata da altre ricerche più ampie", avverte il co-autore Peter R. Carroll. "L'accorciamento dei telomeri aumenta il rischio di una grande varietà di malattie croniche", ricorda l'esperto. Negli ultimi anni una ridotta lunghezza dei telomeri è stata infatti associata a diverse forme di cancro, a ictus, demenza di origine vascolare, malattie cardiovascolari, obesità, osteoporosi e diabete. "Crediamo che allungare i telomeri possa aiutarci a prevenire queste condizioni e, probabilmente - auspica Carroll - ad allungare anche la vita".

Fonte: www.adnkronos.com
ilsole24h.blogspot.it/2013/09/dieta-verde-sport-yoga-e-meditazi...
wheaton80
00giovedì 5 dicembre 2013 21:46
La meditazione agisce davvero sul cervello

Meditare significa produrre effetti duraturi sul proprio cervello. Lo dice una ricerca del Massachusetts General Hospital e della Boston University pubblicata su Frontiers in Human Neuroscience. Stando ai test effettuati su due diverse tipologie di meditazione, l'effetto prodotto andrebbe oltre la pratica stessa e si proietterebbe anche a distanza di tempo. I ricercatori hanno verificato l'efficacia della meditazione compassionevole e della meditazione da attenzione consapevole. Gli effetti sono stati registrati attraverso risonanza magnetica cerebrale. Stando ai risultati, la prima ha aumentato la reazione dell'amigdala nei confronti degli stimoli negativi, aumentando in tal modo la capacità di provare compassione per gli altri. Nel secondo caso, la pratica ha mostrato una riduzione dell'amigdala destra in risposta a stimoli negativi e positivi, suggerendo l'idea che la meditazione possa aumentare l’equilibrio emotivo e allontanare lo stress.

Meditare quindi rappresenta un vero toccasana per la salute psicofisica. Lo dimostra anche una ricerca dell’Università di Sidney pubblicata sulla rivista Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine. I ricercatori, guidati da Ramesh Manoch, hanno utilizzato i dati provenienti dal programma federale National Health and Wellbeing Survey e li hanno comparati con i risultati ottenuti dalla valutazione di circa 350 australiani che erano dediti alla meditazione da almeno due anni, scoprendo che “lo stato di salute e di benessere delle persone che hanno meditato per almeno due anni era significativamente più alto nella maggior parte delle categorie salute e benessere rispetto alla popolazione australiana”. Nell’ambito della salute mentale, è emerso che i soggetti che utilizzavano la meditazione da un tempo più lungo presentavano una condizione psicofisica migliore del 10 per cento rispetto alla popolazione generale. I meditatori vivevano l’esperienza del silenzio mentale più volte in una giornata e per più di qualche minuto alla volta. Secondo gli studiosi, esisteva una correlazione forte tra frequenza della meditazione e la condizione di salute mentale. Sono ormai numerosi gli studi pubblicati, recentemente riassunti da un editoriale di JAMA, la rivista dei medici americani, che documentano l’efficacia delle tecniche antistress e meditative per combattere l’ipertensione, l’ischemia del miocardio, il dolore cronico, la malattia infiammatoria intestinale, le infezioni, le dipendenze da droga e da cibo. In queste e in altre condizioni gli studi attestano il valore aggiunto della meditazione: infatti quando essa viene affiancata alla terapia standard, i pazienti hanno un miglioramento superiore alla norma.

Per esempio, una recente ricerca sistematica del gruppo di E. Ernst ha dimostrato che in persone con depressione ricorrente e ansia cronica, l’affiancamento della meditazione alla normale psicoterapia e psicofarmacologia favorisce il recupero nei due terzi dei pazienti, percentuale non raggiungibile con il solo trattamento standard. Anche in Italia cominciamo ad avere esperienze al riguardo. Uno studio, presentato al recente Congresso della Società italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia (SIPNEI) da Francesco Bottaccioli, presidente onorario della società scientifica, da Antonia Carosella, insegnante di tecniche meditative, dalle psicoterapeute Raffaella Cardone e Monica Mambelli, dalla psicologa esperta in statistica Marisa Cemin, ha preso in esame oltre 70 partecipanti ai corsi di “Meditazione a indirizzo Pnei” condotti da Carosella e Bottaccioli. I partecipanti ai corsi sono stati studiati con il Symptom Rating Test, uno strumento scientifico che consente la valutazione del cambiamento sintomatologico. All’inizio del corso il punteggio totale della sintomatologia era di 18,9. Il test alla fine del corso (retest) ha registrato 5,8, con una riduzione dei sintomi di più di tre volte rispetto all’inizio del corso.

Il Symptom Rating Test è un questionario sintomatologico validato fin dal 1974 che contiene quattro scale per misurare ansia, depressione, somatizzazione e inadeguatezza. In generale anche la comune esperienza insegna che le persone che sono abituate a pregare, a prendersi spazi di silenzio e di riflessione, a ritagliarsi del tempo di rilassamento da dedicare a sé, sono più calme, serene e tranquille e, spesso, hanno una predisposizione migliore nei confronti della vita e degli eventi che in essa possono accadere.

Andrea Sperelli
www.italiasalute.it/News.asp?ID=2410
wheaton80
00mercoledì 8 gennaio 2014 01:06
Mezz’ora di meditazione e se ne vanno ansia e depressione

Sarà un po’ per la vita frenetica, per il momento di crisi che sta prendendo possesso di ogni mestiere e posizione sociale o forse per il costante desiderio di essere o avere cose che in realtà non abbiamo, ma è bene dire che l’ansia si sta diffondendo a macchia d’olio. Certo, si può sempre ricorrere ai farmaci per ottenere un effetto rapido e immediato sui sintomi però, a lungo andare, dovremo poi fare i conti con tutti gli effetti collaterali che questa abitudine porta con sé. Esiste invece un metodo privo di conseguenze negative che è stato collaudato da tempo, anzi, da millenni: la meditazione. Il dottor Madhav Goyal, professore presso la Divisione di Medicina Interna Generale della Facoltà di Medicina della Johns Hopkins University, ha potuto confermare attraverso i suoi studi che la meditazione offre sollievo all’ansia e i sintomi legati alla depressione alla stregua dei più tradizionali antidepressivi. Durante la ricerca è stato valutato l’evolversi positivamente dei sintomi legati a queste problematiche, tra cui anche insonnia e fibromialgia e, in misura minore, anche vere e proprie malattie mentali. Il team di ricerca ha esaminato, in particolare, gli effetti della “meditazione di consapevolezza”, o Mindfulness, una forma di meditazione molto semplice che si basa sulla concentrazione sul respiro e sulla consapevolezza dei propri pensieri. Si inizia concentrandosi sul proprio respiro, dopo di che, quando mente e corpo cominciano a divagare, si focalizza per un po’ l’attenzione e si tenta di dare un nome al proprio pensiero, alla propria emozione, tentando di riconoscerla. Infine, si ritorna al respiro. E si continua così per diverso tempo fino a che la persona, con il tempo, non impara a mantenere costantemente l’attenzione sul respiro. Tutto ciò sembra essere molto utile anche per alleviare dolore e stress. Per arrivare a determinate conclusioni sono stati revisionati 47 studi clinici condotti nel 2013 che coinvolgevano oltre 3.500 volontari affetti da depressione, stress, ansia, insonnia, malattie cardiache, dolori cronici e cancro. Dai risultati è emerso che i partecipanti avevano mostrato miglioramenti in particolare in caso di ansia, depressione e dolori cronici in seguito a un programma di otto settimane basato su mezz’ora al giorno di meditazione Mindfulness. Lo studio, pubblicato su Jama Internal Medicine, mette ancora una volta in evidenza come le pratiche antiche, in questo caso le più semplici, siano quelle da cui si possono trarre ottimi benefici.

08/01/2014
www.lastampa.it/2014/01/08/scienza/benessere/medicina-naturale/mezzora-di-meditazione-e-se-ne-vanno-ansia-e-depressione-D4RYlTs0NJXVzo7aSkuieJ/pag...
wheaton80
00venerdì 5 ottobre 2018 13:54
Così lo yoga rafforza il sistema immunitario

Il Policlinico San Matteo di Pavia ha avviato un progetto pionieristico: 12 settimane di lezioni di yoga riservate ai pazienti che soffrono di malattie infiammatorie croniche intestinali (M. I. C. I.). Chi convive con la colite ulcerosa o il morbo di Crohn non solo sopporta una serie di disturbi invalidanti (dolore e gonfiore addominale, diarrea o nausea) ma spesso è costretto a gestire anche le ripercussioni dell’infiammazione su altri organi, dal fegato al pancreas alle articolazioni. Un ridotto assorbimento dei nutrienti può anche portare a osteoporosi. Ma c’è dell’altro. Stanchezza, depressione, dimagrimento, ansia e manifestazioni cutanee affliggono spesso i malati poiché l’intestino è un crocevia di ormoni. E, come si è appreso negli ultimi anni, ospita l’85% delle cellule del nostro sistema immunitario. È per tutti questi motivi, e avendo provato i benefici dello yoga su se stesso, che il professor Antonio Di Sabatino, direttore della Clinica Medica Prima del Policlinico San Matteo di Pavia e responsabile del Centro per lo Studio e la Cura delle Malattie Infiammatorie Croniche del Policlinico, ha avviato le lezioni di yogaterapia, gratuite, in ospedale. “Il presupposto è sempre quello che le malattie infiammatorie intestinali vengano affrontate a tutto tondo. Si prescrivono i farmaci, si calibra l’alimentazione ma si deve tener conto anche dell’aspetto emozionale. Lo yoga è efficace nel ridurre lo stress e nel rimodulare la comunicazione bi-direzionale intestino-cervello (significa che ciò che accade nella testa influenza la salute della pancia ma anche il contrario)”. Così, partendo dai benefici dello yoga, ben descritti dai pazienti stessi e tali da ridurre anche in modo significativo i sintomi della malattia, si è osato di più, “misurando” la composizione del microbiota intestinale. “Abbiamo prelevato un campione di batteri intestinali, prima e dopo i tre mesi di yoga, per verificare se ai miglioramenti dichiarati corrisponda anche una diversa composizione delle colonie batteriche. Oggi si sa che la salute del sistema immunitario è associata alla presenza di batteri buoni e che la quantità e qualità dei microorganismi che convivono con noi dipende dal nostro stile di vita, da come mangiamo, da quanta attività fisica facciamo.

L’intento è quello di verificare con un dato misurabile se la pratica yoga può agire sulla qualità del microbiota”. Il progetto, che si è concluso a fine giugno, è stato possibile grazie allo studio avviato da Alessandra Cocchi, sociologa e Yoga Therapist certificata negli USA dall’ International Association of Yoga Terapist (IAYT), che ha reso accessibile l’Integral Yoga di Swami Satchidananda in funzione dei bisogni della malattia (https://www.yogaspecialistico.com/). “È importante rendere accessibile lo yoga a chi sta male; non sono indispensabili posizioni ardite ma la coltivazione della consapevolezza attraverso l’ascolto sensoriale, il respiro, l’osservazione della mente. Negli Stati Uniti lo yoga è utilizzato con eccellenti risultati anche per chi soffre di malattie cardio circolatorie, oncologiche, reumatiche, diabetiche e altro. Al contrario, sono pochissime le esperienze sul campo con le malattie croniche intestinali. Ho iniziato a collaborare con il prof. Di Sabatino nel 2015 nell’ambito di un progetto a Teramo su 10 pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali. Abbiamo elaborato e distribuito questionari (che abbiamo riproposto a Pavia) per sondare gli eventuali cambiamenti dei 25 sintomi più diffusi, sia intestinali che extra (senso di malessere, depressione, dolore alle giunture, rush cutanei, per citarne alcuni). La lezione era settimanale, il questionario andava compilato tutti i giorni. Dopo il primo mese i pazienti disponevano di una sorta di ‘cassetta degli attrezzi’ cui attingere per calmare i dolori e interrompere il circolo vizioso dell’ansia dato dall’attesa delle fitte”.

Dopo quanto tempo ha osservato miglioramenti?
“Alla prima lezione molti pazienti restavano a terra, nella paura di non riuscire a stare in piedi. Alla terza seduta si muovevano senza timori, avevano sconfitto la loro gabbia psicologica, prendevano sempre più fiducia con il proprio corpo. Dopo sette o otto incontri registravo miglioramenti dei sintomi. Alla fine dei quattro mesi erano in grado di frequentare una lezione di yoga regolare. Ho osservato lo stesso trend nei mesi scorsi a Pavia, dove ho potuto confidare sulla preziosa collaborazione di Barbara Prada, insegnante di Integral Yoga che ha condotto con me le lezioni al Policlinico”.

Oltre al prelievo dei batteri intestinali quali misurazioni avete fatto?

“Quella sulla massa muscolare. Siamo in attesa di conoscere i risultati”.

Ci fa immaginare una lezione?

“Vi è un tema per ciascuna. Ad esempio, la sincerità con se stessi (ci stiamo nascondendo qualcosa? Riusciamo a praticare un giusto distacco per osservare i nostri meccanismi mentali? Cosa stiamo portando nella pancia che non vogliamo vedere?). O anche il tema della “non violenza” (quanto ci facciamo male? Quanta aggressività manifestiamo?). O ancora quello del dolore (a cosa serve? Possiamo trasformarlo?). Si inizia sciogliendo le articolazioni con consapevolezza sensoriale, si prosegue con posizioni statiche o dinamiche che liberano le tensioni del corpo, in particolare dell’addome, e muovano via via verso una maggiore libertà e forza, nel corpo e nella mente. Segue un rilassamento profondo guidato che permette al corpo di assimilare i benefici della pratica. Infine una sessione di specifiche tecniche respiratorie e di concentrazione meditativa. Insieme con la pancia, si alleggeriscono anche mente e sistema nervoso”.

In attesa di conoscere il risultato delle analisi sul microbiota dei pazienti, ringrazio il professor Antonio Di Sabatino e Alessandra Cocchi di averci illustrato il loro progetto.

Ps. Ringrazio anche lo redazione di Yoga Journal, il mensile da cui ho attinto la notizia.

Gioia Locati
30 settembre 2018
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