Niente scuola, i miei figli me li educo da sola a casa

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wheaton80
00giovedì 17 ottobre 2013 23:21
Si chiama "homeschooling", in italiano viene definita educazione parentale: in parole povere, quando la mamma diventa anche la maestra dei propri figli. Una scelta che sempre più famiglie mettono in pratica, e che contrariamente a quanto si pensa è perfettamente in regola con la legge. Abbiamo incontrato Erika di Martino, astigiana, quattro figli e una delle più convinte sostenitrici in Italia di questo tipo di istruzione


Una madre durante una lezione di botanica con i due figli

Erika Di Martino è cresciuta e ha frequentato le scuole ad Asti, qui ha perfino un passato da speaker radiofonica per l’emittente "Primaradio"dal ‘94 al ‘98, ora vive tra Milano e Pavia ed è una convinta sostenitrice dell’homeschooling - educazione parentale, in Italia. Erika ha 32 anni e dopo avere conseguito un laurea in lingue straniere ed aver fatto l’insegnante per alcuni anni, ha deciso di educare autonomamente i suoi quattro figli, in casa. Per educazione parentale si intende infatti quando una famiglia decide di assumersi la responsabilità di istruire i propri figli non mandandoli a scuola, ed Erika ha deciso che per i suoi bambini lei sarebbe stata non solo "la mamma", ma anche "la maestra". Inevitabile il richiamo alla memoria dell’antica figura dell’istitutrice, protagonista di un passato ottocentesco, ma non sarebbe corretto considerare Erika una moderna Jane Eyre perché lei è un’insegnante che attraverso l’homeschooling non istruisce i figli degli altri, ma i suoi. In Italia ci sono circa 500 famiglie che hanno preferito l’homeschooling all’istituzione scolastica e il fenomeno pare essere in crescita, tanto che queste famiglie hanno avvertito la necessità di fare rete per scambiarsi idee e consigli e creato a questo scopo il sito web www.educazioneparentale.org.

Perché educare da sé i propri figli anziché usufruire della scuola? Diverse sono le ragioni che spingono una famiglia a fare questo tipo di scelta e comunque i motivi non possono ridursi qui a una banale generalizzazione, ma risulta necessario ricercare il perché caso per caso. Proprio per questo siamo andati a cercare Erika, per saperne di più e per approfondire l’argomento con una persona che non solo ha scelto l’educazione parentale, ma che aiuta con consulenze ad hoc le famiglie che ne manifestano l’intenzione, a realizzare l’homeschooling. Erika per questo è ormai conosciuta anche dai media, è recente infatti la sua partecipazione al programma di La7 "Cristina Parodi live". L’abbiamo trovata tramite il suo sito www.controscuola.it, in cui apre tante piccole finestre sul suo mondo e sul suo modo di educare i figli.

Erika, innanzi tutto che cos’è l’homeschooling e quali sono i principi su cui si basa?

L’homeschooling si realizza quando una famiglia decide di educare i propri figli, gli educatori possono essere i genitori oppure la famiglia può decidere di avvalersi di tutor. Per quanto mi riguarda, mi avvalgo per musica di un tutor, mentre mi occupo personalmente di tutte le altre materie. La parola homeschooling può trarre in inganno e far pensare che i bambini stiano sempre in casa, mentre non è così.

Dal punto di vista legale non ha avuto problemi?

No, educare da sé i propri figli è perfettamente legale, ma è necessario presentare al dirigente scolastico del proprio circolo di riferimento una dichiarazione scritta in cui appunto ci si prende la responsabilità dell’educazione dei figli.

Perchè questa scelta, da quali motivi deriva?
Io sono stata prima allieva e poi insegnante nella scuola tradizionale e ho sempre avvertito l’ambiente scolastico come un po’ troppo statico e faticavo a fare passare metodi ed idee nuovi.
Quando mio figlio è andato alla scuola materna per esempio è stato impossibile per noi genitori perfino offrirci di dipingere i muri della scuola perché c’erano sempre difficoltà qualsiasi altra proposta facessimo non andava mai bene. Insomma ho trovato tanti muri e i muri non fanno per noi, così la scelta di occuparmi personalmente dell’educazione dei miei figli.

Per l’educazione dei suoi figli si avvale dei programmi didattici del Ministero? Avendo figli di età diverse segue programmi differenziati?

Non mi avvalgo dei programmi didattici del Ministero, ma voglio fare una precisazione. C’è differenza tra homeschooling e unschooling, io mi rifaccio a quest’ultima teoria che si basa sull’apprendimento naturale fondato sull’osservazione dei bambini.

Cioé?
Vale a dire che la nostra giornata tipo non è a schemi ed orari e nemmeno organizzata aprioristicamente per materie, osservo i miei figli, le loro curiosità e seguo il loro apprendimento naturale basato sulle esperienze che possiamo fare insieme quotidianamente, così facendo tocchiamo tutti gli argomenti. Il mio non è un insegnamento frontale come quello tradizionale, bensì un accompagnare i bambini verso la conquista dell’apprendimento che avviene naturalmente. Apprendere con il cuore significa non dimenticare, mentre nella scuola tradizionale le nozioni che si imparano spesso vengono dimenticate. Per i miei figli non uso programmi diversi in base alla loro età, ognuno di loro apprende dalla stessa esperienza in base alle proprie capacità, ma tutti imparano qualcosa sempre. Abbiamo molti strumenti, ogni bambino ha un pc, abbiamo un tablet e regolarmente andiamo a teatro e in biblioteca.

Come verifica l’istruzione dei suoi figli?
E’ diritto del genitore che educa i propri figli autonomamente richiedere l’esame di idoneità, ma questo non è assolutamente obbligatorio, i miei figli faranno poi l’esame di quinta elementare, nulla prima. Capisco che i miei figli imparano perché li osservo e noto l’avanzamento psicologico, non c’è bisogno di test, mentre di questi ultimi ha giustamente bisogno il genitore che manda i figli a scuola per verificare ciò che apprendono quando sono lontani da lui.

Per quanto riguarda il "socializzare con gli altri", come fanno i suoi figli senza una classe, con chi si rapportano?
Hanno occasione di incontrare molte persone ogni giorno, perché come dicevo non abbiamo orari rigidi e usciamo spesso. Con le altre famiglie che praticano homeschooling ci vediamo spesso e organizziamo gite tutti insieme, posso assicurarle che non mancano le opportunità per socializzare e i miei figli hanno molti amici.

Ritiene forse che la scuola Italiana non sia in grado di preparare adeguatamente i suoi figli?
No, assolutamente. Non ho nulla contro la scuola italiana, il nome del mio sito web www.controscuola.it si riferisce ad un metodo "controcorrente" e non "contro" la scuola. Piuttosto non condivido in linea generale l’impostazione della scuola tradizionale, ma a livello mondiale e non italiano. Non condivido l’essere limitati in spazi piccoli, le classi sovraffollate in cui apprendere è difficile e il non provare mai niente di nuovo.

Suo marito e la sua famiglia sono stati subito d’accordo con la decisione di educare i bambini a casa?
Mio marito sì e mi aiuta nell’educazione dei nostri figli compatibilmente con il suo lavoro. I miei genitori ed i miei suoceri in prima battuta erano perplessi, ma poi visti i risultati del metodo sui bambini si sono convinti che l’homeschooling sia una buona soluzione. Mia madre mi ha detto che se avesse saputo che fare homeschooling è legale l’avrebbe scelto anche lei ai suoi tempi.

I suoi bambini sono felici di apprendere in modo alternativo?

Sì, e sono consapevoli del "lusso" in cui possono imparare, vale a dire fare esperienze dirette di ogni cosa. Hanno tanti amici e sono sereni, ma se in futuro manifesteranno la volontà di andare a scuola io li asseconderò certamente.

Alessia Conti
14 dic 2012
www.lanuovaprovincia.net/stories/scuola/11355_niente_scuola_i_miei_figli_me_li_educo_da_sola...
wheaton80
00lunedì 15 dicembre 2014 17:16
Aperto in Italia il primo asilo nel bosco



A quale bambino non piacerebbe trascorrere la giornata all'aria aperta, giocando tra gli alberi, rotolandosi per terra, sguazzando tra i ruscelli, piuttosto che entrare in un' aula scolastica? Ma da quest'anno ha aperto in Italia una nuova realtà che unisce educazione e esperienze all'aperto: l'asilo nel bosco. Qui non ci sono aule, né banchi e soprattutto niente cemento, solo una vecchia cascina per ripararsi in caso di pioggia. Si tratta di un progetto pilota sorto nella campagna di Ostia Antica, dalla collaborazione tra l'asilo Emilio e l'associazione Manes. Ma se in Italia è una novità, non lo è per il resto d'Europa, dove le strutture analoghe, i forest kindergarten, sono molto diffusi; ad esempio in Germania sono già più di mille. Il primo asilo di questo tipo fu aperto in Danimarca addirittura negli anni '50.

Un modello educativo che si ispira alla Montessori
Alla base c'è un concetto pedagogico di stampo montessoriano: l’apprendimento attraverso l’esperienza e la natura come maestra di vita. Infatti, secondo i principi dell'educazione montessoriana, l'ambiente aperto e la natura hanno degli effetti benefici sorprendenti sia dal punto di vista della salute fisica che di quella psicologica. Mentre l'ambiente chiuso rende i bambini meno attivi mentalmente e fisicamente.

I vantaggi dell'asilo nel bosco
A dimostrare i benefici di questo tipo di asili ci sono anche le ricerche scientifiche condotte dal professor Peter Hafner dell’università di Heidelberg e dalla professoressa Michela Schenettiche, dell’università di Bologna. Questi studi hanno messo in evidenza come i bambini che frequentano l’asilo nel bosco sono molto creativi e curiosi, prestano una maggiore attenzione e si concentrano di più, rispettano di più le regole e risolvono i conflitti in modo pacifico; inoltre sembra che si esprimano in maniera più precisa e argomentino meglio le proprie opinioni. "Il nostro asilo nel bosco è un progetto pedagogico rivolto ai bambini dai 2 ai 6 anni che si propone di rispondere ai loro bisogni attraverso una quotidianità scolastica che si svolge quasi per intero all’aria aperta. Nell’asilo nel bosco la classe, intesa come spazio chiuso e sempre uguale, scompare e lascia il posto all’ambiente esterno ricco di stimoli. Così i bambini ‘imparano facendo’ attraverso diverse esperienze che stimolano la curiosità, l’immaginazione, l’autonomia e la creatività”, dice il coordinatore del progetto Paolo Mai. Inoltre nell'asilo nel bosco i bambini imparano l'educazione ambientale e il rispetto per la natura.

L'aspetto economico
A rendere l'asilo nel bosco un modello possibile per il futuro è anche l'aspetto economico. Infatti costa molto meno rispetto a una struttura tradizionale. Addirittura in Germania hanno calcolato l'80% in meno. E per il pubblico potrebbe essere un gran risparmio.

www.nostrofiglio.it/bambino/bambino-3-6-anni/scuola-materna/aperto-in-italia-il-primo-asilo-n...
wheaton80
00mercoledì 29 aprile 2015 00:26
Homeschooling:“Quattro figli e nessuno va a scuola”



Erika Di Martino è madre di quattro bambini: uno di due anni, uno di sei, una di otto e uno di dieci. I suoi figli non sono mai andati a scuola. O meglio, il più grande qualche giorno tra i banchi di una scuola materna se l’è pure fatto. Ma poi i genitori hanno optato per l’homeschooling, o meglio per l’unschooling. In entrambi i casi, i figli vengono educati a casa, senza zaini, maestre, campanelle, grembiuli e compagni di classe. La differenza è che nell’homeschooling si ricrea la scuola tra le mura di casa, seguendo dei programmi e dedicando un lasso di tempo specifico allo studio, mentre nell’unschooling i figli sono liberi di decidere come, dove, quando e soprattutto cosa imparare. I ragazzi educati a casa negli Stati Uniti sono circa 2 milioni, 70mila in Inghilterra, 60mila in Canada, 3mila in Francia e 2mila in Spagna. In Italia le famiglie che hanno scelto l’educazione parentale a casa per i propri figli sono circa un migliaio. Il trend è in continua crescita. Le conferenze sul tema sono sempre più affollate di genitori “maestri”, che a settembre si ritrovano per i festeggiamenti di “Non rientro a scuola”. E tutto è assolutamente legale. Come Erika spiega nel suo blog Controscuola, l’articolo 34 della Costituzione recita:“L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. «È l’istruzione a essere obbligatoria, non la scuola», spiega Erika. «Inoltre l’articolo 30 dice che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”. L’istruzione dei figli quindi è in primis una responsabilità dei genitori, non dello Stato». Basta inviare una lettera e comunicare ogni anno alla direzione didattica di competenza la volontà di educare i figli a casa. Alla prima lettera deve essere allegata l’autocertificazione che attesta «le capacità tecniche e le possibilità economiche dei genitori». Solo un’autocertificazione, senza che ai genitori venga richiesto un titolo di studio specifico. «La scelta di educare i nostri figli a casa», racconta Erika, «è maturata quando il più grande era in età da scuola materna. Giravo e rigiravo ma non riuscivo a trovare una struttura che sposasse l’idea di rispetto del bambino e dei suoi tempi. Alla fine ne ho trovato una bella, ma c’erano troppi episodi di violenza tra bambini e mio figlio era sempre nervoso». Così è nata l’idea di fare homeschooling, la scuola fai-da-te a casa. Erika è molto critica verso il tradizionale sistema scolastico italiano:«Ci sono troppi bambini in una sola classe, le insegnanti hanno poco tempo da dedicare individualmente a ciascun bambino e anche se si tratta di professionisti meravigliosi, alla fine lo stesso sistema scolastico non li valorizza e li porta a perdersi». Non a caso, dice, «almeno il 50% delle persone che fanno educazione parentale hanno a che fare con la scuola, o sono insegnanti di ruolo o lavorano in segreteria, e proprio perché sanno qual è la situazione nelle scuole tengono i figli a casa.

E l’interesse è in crescita, ricevo almeno cinque e-mail al giorno di genitori che vogliono sapere come fare homeschooling». Erika, dal canto suo, è un’ex insegnante, e la scuola la conosce bene. Ma pure lei l’ha lasciata per dedicarsi alla sua scuola domestica e al blog Controscuola, e sull’argomento ha scritto pure un libro, “Homeschooling: l’educazione parentale a scuola”. Anche suo marito è riuscito a ottenere il telelavoro per quattro giorni alla settimana, e collabora alle attività familiari. «I bambini», racconta Erika, «sono coinvolti ogni giorno nel lavoro dei genitori, rispettano i nostri tempi quando siamo impegnati e assistono alle dinamiche domestiche, partecipando anche ai lavori di casa. Mi aiutano a fare la spesa, a cucinare e a pulire. Sanno molto di economica domestica, sanno come gestire i soldi. Insomma, conoscono molte più cose rispetto ai bambini relegati in una classe». Con quattro figli, la casa di Erika tra Pavia e Milano è come una piccola classe. Dai due ai dieci anni, tutti apprendono insieme, a seconda dei propri interessi e delle proprie passioni. E principalmente in inglese, visto che lei è italo-americana. Il termine unschooling è stato coniato negli anni Settanta da John Holt e ribalta completamente l’idea di scuola, fatta di banchi, libri, quaderni, compiti e orari. Niente di tutto questo avviene se si fa unschooling. «Seguiamo le passioni dei bambini», spiega Erika, «è difficile raccontare una giornata tipo. Ad esempio, oggi siamo stati alla mostra sui dinosauri a Milano, quindi prima di andare abbiamo parlato dell’inizio della vita sulla Terra e del Big Bang». Si guardano molti film e documentari, si sta molto all’aperto, ma si consultano anche i libri. «Qualcuno lo prendo su Internet, qualche altro in biblioteca, ma in casa abbiamo anche i classici eserciziari». Non c’è un programma specifico, poesie da imparare a memoria, e “fiumi del Canada” da ripetere durante una interrogazione di fronte alla cattedra. «Gli argomenti vengono ripresi anche più volte e vengono coinvolti tutti, senza forzature. Io mi annoto tutte le loro domande. Se per esempio andiamo al parco e mi chiedono perché la pallina cade giù dallo scivolo, quel giorno parliamo della gravità. È tutto molto naturale». Un altro esempio? «Se programmiamo un viaggio in Spagna, prima di partire tiriamo fuori la cartina e studiamo un pò di geografia, senza la pappardella delle città della Spagna che chiedono durante le interrogazioni. Tutte informazioni che solitamente si imparano solo per una interrogazione e poi si staccano dal cervello. Unendo invece l’esperienza alla teoria, assimili molto di più. Sono esperienze e relazioni che creano la memoria». Tra i conti da fare per la spesa, le pulizie domestiche e le discussioni sui dinosauri o la gravità, lo studio è continuo, lungo tutta la giornata. Senza una campanella che sancisce l’inizio e la fine delle lezioni. «Quando pulisco con aceto e bicarbonato, i due prodotti fanno una reazione chimica. Loro lo vedono. E poi dico:“Adesso andiamo a studiare perché fanno le bolle”». Il segreto, dice Erika, «non è dare loro la conoscenza stampata su un libro, ma gli strumenti per arrivare alla conoscenza. È un modo diverso di studiare». Nell’educazione parentale non esistono classi e orari. «Andiamo molto in giro, viaggiamo molto. Ma questo non significa che abbiamo tanti soldi da spendere. Con l’homeschooling risparmiamo tanto, non avendo spese per materiali scolastici, mensa, vestiti da usare ogni giorno e rette di asili. La fortuna, poi, è che possiamo partire quando gli altri sono al lavoro, e quindi spendiamo di meno. In più ho messo la nostra casa su AirBnb: quando arrivano gli ospiti, noi partiamo con i soldi che guadagniamo».

E se c’è qualche materia che mamme, papà, zii o vicini di casa non conoscono, si chiama un insegnante esterno. «Quando mio figlio ha espresso il desiderio di voler imparare a suonare la chitarra, ho chiamato un insegnante di musica», racconta Erika. «E qualche anno fa studiavamo chimica insieme ad altre famiglie con una ragazza che aveva una laurea specifica». E la socializzazione con gli altri bambini? «Questa è la domanda che mi fanno tutti», dice Erika. «Bisogna chiedersi che tipo di socializzazione sia quella che vivono i bambini a scuola. Basta andare in una classe per capirlo. Essere chiusi in un edificio, confinati in una classe di bambini che hanno tutti la stessa età, dove bisogna stare seduti per la maggior parte del tempo, non è proprio lo scenario ideale per socializzare. Inoltre in ogni classe ci sono episodi di bullismo, situazioni di competitività esasperata, status basati sui vestiti, tabagismo o linguaggio volgare». I quattro figli di Erika fanno diverse attività pomeridiane, dalla danza alla musica, ed è lì che incontrano gli altri bambini. «Hanno molti amici scolarizzati», dice lei, «che dicono loro “quanto siete fortunati!”. La fortuna dei miei figli è che hanno tanto tempo libero e possono dedicarlo per fare e pensare a cosa gli piace fare di più. Cosa che i bambini normalmente non fanno». Un aneddoto:«Mio figlio era al parco a giocare e c’erano i suoi amici che dicevano che dovevano andare via perché avevano dieci problemi di matematica da fare. Lui è tornato raccontandomi le loro lamentele. Mi ha detto:“Non è possibile che hanno tutti questi compiti!”». Nell’unschooling i compiti non si fanno. «Perché li devo torturare? Non ne vedo l’utilità». Ma, assicura Erika, «le regole ci sono nel senso di principi, l’apprendimento però è libero». Qualche homeschooler, in realtà, i compiti e gli esami li fa. Le filosofie sono diverse. Anche nella stessa famiglia ci possono essere bambini che vanno a scuola e altri che fanno homeschooling. Qualcuno manda i figli ogni anno a fare un esame di idoneità a conclusione dell’anno scolastico, qualche altro a fine di ogni ciclo scolastico, altri non lo fanno affatto. Ma se un bambino vuole tornare a scuola, deve prima sostenere un esame. «Ogni anno all’inizio dell’anno scolastico chiedono ai miei figli se vogliono che li iscriva a scuola», dice Erika, «loro finora mi hanno detto che non ne avevano nessuna intenzione». Il figlio più grande tra poco comincerà le medie e poi arriveranno le superiori. «Farà le media in homeschooling», dice Erika. «Poi penso che si iscriverà a una high school online, ma ovviamente sarà libero di scegliere quello che vuole».

Lidia Baratta
30/11/2014
www.linkiesta.it/cos-e-homeschooling-unschooling
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