Omosessualità: "Ero gay, mi hanno curato , ora sogno di avere un figlio"

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Ghergon
00domenica 26 ottobre 2008 07:41
Il Giornale - n. 256 del 2008-10-25 pagina 19
"Ero gay, mi hanno curato , ora sogno di avere un figlio"
di Gaia Cesare


Il racconto di Luca, ex attivista dell'Arcigay, che si è sottoposto alla terapia riparativa: "Ho sposato una donna e ritrovato la felicità". "Ero un egocentrico ossessionato dal sesso. Così ho contratto l'Hiv ora aiuterò chi come me vuole cambiare"
«È successo tutto dopo un festino. Un amico stava preparando un esame di psicologia e ha dimenticato un mucchio di appunti sulla scrivania della mia stanza. Ho cominciato a leggere e ho scoperto della terapia riparativa. È iniziato tutto da lì».
Party notturni, alcol, sesso facile e promiscuo. Fino ai 27 anni Luca viveva di «festini» - come li chiama lui - di rapporti occasionali, consumati anche all'aperto, o come si dice in gergo di «cruising». «Questa era la mia vita e quella dei gay come me. Fino a quel momento», racconta disinvolto davanti a una tazza di tè, in un bar nel centro di Milano, dopo una giornata di lavoro. «Non ho fretta, no, ma poi devo prendere un treno per raggiungere mia moglie - dice sorridente -. Abitiamo fuori Milano. Stiamo così bene lontano dalla città».

Non è una doppia vita quella che Luca ha deciso di raccontarci. È una nuova vita. Fino a qualche anno fa Luca di Tolve - che ora di anni ne ha 36 - faceva public relations per i locali omosex, era un attivista dell'Arcigay: si occupava di turismo e organizzava viaggi per la comunità. Un omosessuale convinto, insomma. «Convinto sì, credevo che quella fosse la mia condizione, irreversibile. Ero un egocentrico, palestrato, schiavo dei locali notturni, ossessionato dai soldi, convinto di provare attrazione unicamente per i maschi e finito nel vortice del sesso compulsivo». «Fino a quel momento». Cioè fino a che Luca non si è imbattuto nella “terapia riparativa” dell'americano Joseph Nicolosi. Da allora, dopo un percorso lungo cinque anni, lo scorso agosto è arrivato il matrimonio con Lisa (il nome è di fantasia), è nato il gruppo di auto-aiuto che Luca dirige, il gruppo Lot, di ispirazione cattolica, è esplosa l'idea di scrivere un'autobiografia e la convinzione che come lui molti potrebbero «riscoprire la loro parte maschile, ma soprattutto smetterla di soffrire».

«Sì, perché - racconta Luca - quando ero omosessuale ero un infelice. Credevo di essere io lo sfortunato che non trovava l'anima gemella. Poi mi sono reso conto che attorno a me tutto era impostato in modo frivolo, superficiale, che ero circondato da infelici, molti dei quali ossessionati dalla pornografia e dal sesso. E poi la morte: l'ho vista consumarsi negli amici attorno a me e alla fine ho dovuto farci i conti anch'io dopo aver scoperto di essere sieropositivo». L'incubo Hiv Luca lo ha scoperto sulla sua pelle a 25 anni. «Altro che gaiezza tra gli omosessuali - dice ricordando gli anni della trasgressione -. Dopo quelle nottate estreme, tra cocaina e popper, torni a casa con un carico emozionale enorme ma con un senso di solitudine infinito. E oggi pago con la mia salute il peso enorme di quei comportamenti».

Così Luca si presenta alla libreria Babele di Milano, specializzata nelle tematiche gay. «Gli appunti lasciati quella sera da un amico parlavano delle teorie di Nicolosi, del fatto che le pulsioni nei confronti dell'altro sesso spariscono se smetti di idolatrare gli uomini perché tu non riesci ad essere come loro, che l'omosessualità può nascere da un senso di rivalsa di un bimbo che vorrebbe avere più attenzioni da un padre assente. Insomma sono entrato in libreria ma il libro di Nicolosi non l'ho trovato. E lì ho capito che c'era una realtà che il mio mondo omosessuale cercava di tenere nascosta». Così Luca comincia a incuriosirsi, si indispone anche di fronte alle teorie di Nicolosi («insisto, ero un gay convinto, non è stato facile mettermi in discussione»), fino a che non decide di provare la terapia riparativa.

«Non ero felice e volevo capire il perché. Ci ho messo cinque anni per realizzare di avere sofferto dell'assenza di un padre, di aver idealizzato i maschi perché li sentivo più forti di me e per cominciare a incuriosirmi dell'universo femminile», racconta Luca. Ma guai a parlargli di lavaggio del cervello: «Non ci sto. Sono una persona in grado di intendere e di volere come lo ero quando ero un gay. La vera violenza è dire che è impossibile uscire dall'omosessualità», si difende. E insiste: «Basta con questa accusa di omofobia. Chi discrimina è chi pensa che gay si nasce. Non esiste certo un gene. La mia scelta ha richiesto coraggio, anche perché non ho dovuto lottare solamente contro le mie abitudini, praticare l'astinenza per un periodo, ma ho dovuto rinunciare anche ai privilegi di una società in cui essere gay è trendy, ti serve a trovare un lavoro più facilmente e a fare soldi più in fretta», dice Luca attaccando la comunità omosessuale. Poi precisa: «Certo che ci sono gay che vivono la loro condizione con naturalezza e in tranquillità. Ma io voglio dire a tutti quelli che invece vivono il disagio che ho attraversato io che non devono vergognarsi, che possono rivolgersi a strutture che li aiutano e che alla fine possono trovare la felicità». Luca ci crede davvero: «Le strade sono tante, non c'è solo la terapia riparativa, ci sono i gruppi e i corsi living waters, la cristoterapia per chi - com'è successo a me - vuole trovare conforto e motivazione nella preghiera. Io voglio solo che si sappia che c'è un'omosessualità che è il frutto di un disagio e che può essere curata come si fa con la depressione o con i disturbi alimentari. Lo scriva, è importante», dice serio Luca. Che si addolcisce quando comincia a parlare di sua moglie: «L'idea di poter avere un bambino da una ragazza di cui sono innamorato mi elettrizza e mi commuove. L'ho conosciuta a Medjugorie. È stato come ricevere una grazia. Lisa mi ha accettato per quello che sono, col mio passato, senza pregiudizi e con grande amore. È bello che un rapporto si fondi sulla diversità. La favola della famiglia gay è politica, un modo per ottenere un riconoscimento. Ma i figli devono crescere con una madre e un padre, con degli esempi. Anch’io ora voglio pensare al futuro. Sono sieropositivo ma posso sottopormi a un trattamento, previsto dalla nostra legislazione e accettato anche dalla Chiesa, per avere un figlio sano. È la mia nuova vita. Non vedo l'ora».

www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=300923
viadelcosmo
00giovedì 6 novembre 2008 11:06
Bella testimonianza.
Qret
00giovedì 6 novembre 2008 17:23
Ma questa "terapia riparativa" di Nicolosi è riconosciuta dalla Medicina Ufficiale?

H4rd_Skull
00giovedì 6 novembre 2008 17:27
e poi mica l'omosessualità è una malattia ?
Qret
00giovedì 6 novembre 2008 17:55
Evidentemente se c'è qualcuno che la cura e qualcun'altro che si lascia curare loro la vedono come una malattia.

Ed è appunto questo che chiedevo, la Medicina Ufficiale riconosce la "terapia riparativa" di Nicolosi?

Perché per riconoscere una qualunque terapia prima bisogna stabilire che esiste la malattia relativa.
LiviaGloria
00giovedì 6 novembre 2008 21:29
Re:
Qret, 6.11.2008 17:55:

Evidentemente se c'è qualcuno che la cura e qualcun'altro che si lascia curare loro la vedono come una malattia.

Ed è appunto questo che chiedevo, la Medicina Ufficiale riconosce la "terapia riparativa" di Nicolosi?

Perché per riconoscere una qualunque terapia prima bisogna stabilire che esiste la malattia relativa.



Omosessualità & normalità:
Colloquio con Joseph Nicolosi1
a cura di Roberto Marchesini

"Studi Cattolici" n. 525, novembre 2004, pp. 830 - 832

Il dott. Joseph Nicolosi si occupa da diversi anni di terapia riparativa dell'omosessualità; è cofondatore e direttore dell'Associazione Nazionale per la Ricerca e la Terapia dell'Omosessualità (NARTH), membro dell'Associazione Psicologica Americana, autore di numerosi libri e articoli scientifici. In italiano sono disponibili i seguenti volumi: JOSEPH NICOLOSI, Omosessualità maschile, un nuovo approccio, Milano, Sugarco Edizioni, 2002; JOSEPH NICOLOSI, LINDA AMES NICOLOSI, Omosessualità: una guida per i genitori, Milano, Sugarco Edizioni, 2003. Il sito del NARTH, sul quale è disponibile materiale in italiano, ha il seguente URL: www.narth.com/. Roberto Marchesini ha intervistato Joseph Nicolosi per i nostri lettori.

Dottor Nicolosi, cos'è l'omosessualità?

L'omosessualità è un sintomo di un problema emotivo e rappresenta bisogni emotivi insoddisfatti dall'infanzia, specialmente nella relazione con il genitore dello stesso sesso. In altre parole: per il ragazzo che non ha avuto una connessione emotiva con il padre, e per la ragazza che non ha avuto attenzione emotiva da parte della madre, questo può indurli a sviluppare un sintomo di attrazione verso il proprio sesso, o omosessualità.

L'omosessualità è "normale"? E cosa è "normale"?

Io non penso che l'omosessualità sia normale. La popolazione omosessuale è circa il 2 %, 1.5 - 2 %. Perciò statisticamente non è "normale" nel senso che è molto diffusa. Oltre a questo, non è nemmeno normale in termini di natural design2. Quando parliamo di legge naturale, e della funzione del corpo umano... quando guardiamo alla funzione del corpo umano, l'omosessualità non è normale. E' un sintomo di qualche disordine. La normalità è ciò che adempie ad una funzione in conformità al proprio design; questo è il concetto di legge naturale - e in questo senso l'omosessualità non può essere normale, perché l'anatomia di due uomini, i corpi di due uomini, o due donne, non sono compatibili.

Quali sono le cause dell'omosessualità? Ed esiste una causa genetica?

Come ho detto, le cause dell'omosessualità risalgono all'autopercezione del bambino o della bambina nella prima infanzia. Il ragazzo ha bisogno di un legame con suo padre per sviluppare la sua sostanziale identità maschile, la ragazza ha bisogno di un attaccamento emotivo o legame con sua madre per sviluppare la sua femminilità. E' il senso di genere che determina l'orientamento sessuale; in altre parole, quando un ragazzo si sente sicuro della sua mascolinità, è naturalmente attratto dalle femmine. E la stessa cosa è vera anche per le femmine: quando una giovane ragazza si sente sicura della sua identità femminile, sarà naturalmente attratta dai ragazzi. L'omosessuale è la persona che è carente o mancante nel senso di genere, e perciò cerca di rimediare, o cerca un rimedio attraverso altre persone. Questa spinta diventa sessualizzata, ecco perché essi manifestano il sintomo dell'omosessualità.

Si fa un gran parlare circa le cause genetiche [dell'omosessualità] e più o meno vent'anni fa negli Stati Uniti si parlava in continuazione di "gene gay", o di "cervello gay"... ma nessuno studio ha dimostrato questa cosa. Infatti gli attivisti gay negli Stati Uniti non parlano più così tanto di basi biologiche o genetiche, perché nessuno studio lo ha dimostrato e ha offerto un simile riscontro. Sono molto più evidenti le cause familiari e ambientali, specialmente quella che noi chiamiamo la "classica relazione triadica" costituita per il ragazzo da un padre distante, distaccato e critico, da una madre iper-coinvolta, intrusiva e talvolta dominante e da un ragazzo costituzionalmente sensibile, introspettivo e raffinato che è esposto ad un rischio maggiore di sentirsi carente nell'identità sessuale. Noi vediamo questo schema continuamente.

Noi riconosciamo che in molte persone c'è una predisposizione costituzionale all'omosessualità, ma è cosa diversa da una pre-determinazione, o da una "causa" diretta. Cioè, il ragazzo può essere costituzionalmente incline all'omosessualità, nei termini della sua costituzione passiva o delicata, e nella sua difficoltà nel creare un legame con il padre e nel sentirsi fiducioso nei confronti del mondo maschile, ma è necessaria la "classica relazione triadica" ambientale per creare un problema omosessuale a un ragazzo con questa costituzione.

Qual è la differenza tra "gay" e "omosessuale"?

E' essenziale fare questa importante distinzione tra gay e omosessuali. Gli attivisti gay vorrebbero che noi credessimo che tutti gli omosessuali sono gay. Infatti, persino la gerarchia della Chiesa Cattolica crede che le persone omosessuali siano "gay". Noi non crediamo che essi siano gay. La parola "gay" indica una identità socio-politica. Omosessuale, invece, è semplicemente una descrizione di un problema psicologico, di un orientamento sessuale.

Le persone che vengono nella nostra clinica, che cercano un aiuto, hanno un problema omosessuale, ma rifiutano l'etichetta di gay. Non vogliono essere chiamati "gay" perché non si riconoscono in quella identità socio-politica e con lo stile di vita gay.

Il movimento gay è un movimento per i diritti umani?

Da un certo punto di vista lo è, è un movimento per i diritti umani, o per i diritti civili, perché tutte le persone, non importa quale sia il loro orientamento sessuale, devono godere dei loro diritti civili - comunque questo non significa che la società debba ridefinire il matrimonio; questo è un altro argomento e va oltre lo scopo di questa conversazione.

Noi crediamo che molti attivisti gay hanno usato la questione dei diritti civili o delle libertà civili come un modo per opprimere persone che stanno cercando di cambiare, persone che stanno cercando di uscire dall'omosessualità. C'è una intera popolazione di individui che sono uscite o che stanno uscendo dall'omosessualità, e questo fatto è una minaccia per gli attivisti gay, e gli attivisti gay stanno tentando di sopprimere e far passare sotto silenzio questo punto di vista, questa popolazione.

I ricercatori dicono che gli omosessuali soffrono molto. La causa di questa sofferenza è l'omosessualità o l'omofobia sociale?

Noi crediamo che ci sia della sofferenza per le persone omosessualmente orientate nella società, perché la cultura gay è minoritaria in questa società e perché gli obiettivi sociali del movimento gay costituiscono una minaccia per il corpo sociale perché i gay vogliono ridefinire il matrimonio, la natura della genitorialità, e la norma sociale fondamentale circa il sesso e il genere, perciò la società ha resistito alla normalizzazione dell'omosessualità e alla visibilità dei gay. E riconosciamo che questo sia difficile per le persone che si identificano come gay.

Comunque, ciò di cui non si parla è il disordine intrinseco nella condizione omosessuale. Noi crediamo che l'omosessualità sia intrinsecamente disordinata4, e contraria alla vera identità dell'individuo; e molti dei sintomi dei quali soffrono le persone gay e lesbiche non sono causate dall'omofobia sociale ma perché la condizione stessa è contraria alla loro vera natura.

Moltissimi studi mostrano che gli omosessuali sono più infelici, depressi, predisposti a tentativi di suicidio, hanno relazioni povere, sono incapaci di sostenere relazioni a lungo termine, hanno comportamenti autolesionistici e disadattati. Ma non si può semplicemente dire che tutto ciò sia causato dall'omofobia della società. In parte lo è; ma io credo che la maggior parte della sofferenza sia dovuta alla natura disordinata della stessa omosessualità - perché contrasta la nostra natura umana.

Il cambiamento è possible?

Il cambiamento è davvero possibile. Noi vediamo sempre più individui che vogliono farsi avanti pubblicamente e dare la loro testimonianza. Cinque anni fa sarebbe stato molto difficile trovare un ex omosessuale che volesse esporsi, ma fortunatamente oggi uomini e donne che erano dichiaratamente gay e lesbiche, che vivevano lo stile di vita gay, ora vogliono discutere apertamente del loro processo di cambiamento. Molti di loro sono sposati con bambini, e gli era stato detto che non avevano altra scelta che essere gay, e che avevano un gene dell'omosessualità, e che dovevano imparare ad accettarlo, ma queste persone sono state capaci di andare a fondo nelle cause della loro attrazione verso il proprio sesso. E allora hanno scoperto che molte delle loro sofferenze erano dovute a cause emotive. E quando questi bisogni emotivi sono stati riconosciuti onestamente e soddisfatti in maniera sana, il loro desiderio omosessuale è diminuito.

Cos'è la terapia riparativa?

La terapia riparativa è un particolare tipo di psicoterapia che è applicata agli individui che vogliono superare la loro attrazione omosessuale. E' una terapia particolare che guarda alle origini e alle cause di questa condizione, che aiuta il cliente a comprendersi, insegnandogli a capire cosa è successo nella sua infanzia, a capire gli eventi particolari che gli sono accaduti, specialmente nei termini delle relazioni con sua madre e suo padre, e ad andare oltre a tutto ciò... a sostenere il cliente nel creare quelle nuove relazioni che sono sane, che sono benefiche, e che compensano il vuoto emotivo che si è creato nel suo sviluppo.

La terapia riparativa studia davvero a fondo le tecniche che sono più efficaci nel diminuire l'omosessualità di una persona e a sviluppare il suo potenziale eterosessuale.

Quali sono le basi teoriche della terapia riparativa?

Fondamentalmente la terapia riparativa inizia, teoricamente, con la terapia psicodinamica, ossia quella che studia le forze inconsce che governano il comportamento delle persone.

Dal punto di vista teorico noi crediamo che i bisogni emozionali non soddisfatti vengano espressi indirettamente sottoforma di sintomi, e nel caso dell'omosessualità come attrazione omosessuale; ma che l'omosessualità non riguardi davvero il sesso, quanto piuttosto il tentativo di acquistare soddisfazione emotiva e identificazione, completamento, attraverso il comportamento sessuale; tentativo che però non funziona, ed è questo il motivo per cui le persone vengono da noi.

Molti degli sviluppi teorici sono basati sulla teoria psicodinamica classica: noi usiamo molti concetti freudiani - come è noto, Freud5 pensava che l'omosessualità fosse un disordine dello sviluppo, e che fosse una condizione che potesse essere soggetta a trattamento. Anche se lo stesso Freud fu un difensore dei diritti dei gay, credeva che il trattamento dovesse essere disponibile per quelli che volevano cambiare, e noi seguiamo la stessa linea di tradizione.

Noi usiamo anche molto della "teoria dell'attaccamento" di John Bowlby6, di quella delle relazioni oggettuali7 e della self-psychology8, molto popolare negli Stati Uniti. Noi lavoriamo anche con la famiglia d'origine, aiutando il paziente a comprendere le sue relazioni con la sua famiglia, il suo ruolo nella famiglia, e come il posto da lui occupato nella struttura familiare lo ha condotto al fallimento nella acquisizione del proprio genere.

1 L'intervista è stata revisionata dal dott. Nicolosi.

2 Il termine design, difficilmente traducibile, può essere reso con scopo, progetto, modello. Si tratta del concetto tomista di "natura": è l'essenza in relazione alla funzione o attività della cosa.

3 Cfr. IRVING BIEBER e coll, Omosessualità, Roma, "Il Pensiero Scientifico" Editore, 1977.

4 Cfr. "Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata", Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, § 3, 01/10/1986.

5 Sigmund Freud (1856 - 1939), fondatore della psicoanalisi.

6 John Bowlby (1907 - 1990), psicoanalista e psichiatra infantile, sviluppò la "teoria dell'attaccamento" sul legame affettivo tra la madre e il bambino.

7 La "teoria delle relazioni oggettuali" riguarda lo studio delle relazioni tra il soggetto e persone esterne reali, immagini e residui di relazioni con esse e del significato di esse per il funzionamento psichico. Tra i principali interpreti di questo approccio si ricordano Melanie Klein (1882 - 1960), William Ronald Dodds Fairnbairn (1889 -1964) e Donald Woods Winnicott (1896 - 1971).

8 Elaborata, a partire dalla psicoanalisi freudiana, da Heinz Kohut (1913 - 1981). La self-psychology (o psicologia del sé) individua in una inadeguata relazione bambino - adulto lo sviluppo di un sé narcisistico.




Updated: 8 February 2008

Credi solo nella medicina ufficiale?
Se qualcuno dicesse "ama e guarirai" ,ci credi?

[SM=g27823]


LiviaGloria
00giovedì 6 novembre 2008 21:42
...comunque quret,la medicina ufficiale ha le sue cose giuste e quelle non giuste...e cosí anche per la medicina non ufficiale,guarda ad esempio l omeopatia,l agopuntura e tante altre che hanno fatto a gomitate per essere accettate.

Credo che il problema sia solo uno,la medicina ufficviale diffonde informazioni solo di cose che la fanno "brillare"...ma ufficiale o no,come per tutte le cose della vita,sará il tempo a dare qualche risposta.

Per mia esperienza condivido cio che é scritto nell articolo che ti ho inviato,...ma come in tutte le cose...la volontá é la cosa principale.
Qret
00giovedì 6 novembre 2008 22:18
Va bene LiviaGloria, ma non ho ancora capito bene che posizione ha la medicina ufficiale al riguardo.
La faccenda appare delicata e potrebbero esserci anche implicazioni di carattere giuridico.
Quello che vale in America sotto il profilo legale, non è detto che valga anche altrove.
viadelcosmo
00venerdì 7 novembre 2008 16:17
Penso che l'omosessualità sia un fattore mentale psicologico di conseguenza rimovibile una volta trattato adeguatamente in psicanalisi, chiaramente, sempre se si vuole rimuoverlo.
H4rd_Skull
00venerdì 7 novembre 2008 20:49
Re:
Qret, 06/11/2008 22.18:

Va bene LiviaGloria, ma non ho ancora capito bene che posizione ha la medicina ufficiale al riguardo.
La faccenda appare delicata e potrebbero esserci anche implicazioni di carattere giuridico.
Quello che vale in America sotto il profilo legale, non è detto che valga anche altrove.



non ha nessuna posizione a rigurdo la medicina , proprio perchè l'omosessualità non è una malattina e quindi non si può curare !
Al massimo , tramite sedute psicoanalitiche , un dottore può far riconoscere ad un omosessuale che in realtà la sua vera indole sessuale è etero e la sua "pseudo-omosessualità" è una conseguenza di un qualche trauma.
Ma un'omosessuale vero e proprio non è malato e non può essere curato , proprio perchè mentalmente sano .


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