Reddito minimo di cittadinanza garantito europeo

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neworacle
00mercoledì 1 febbraio 2012 08:56
Forse neanche il ministro del Welfare Elsa Fornero che l’ha proposta, si aspettava che la sua idea di introdurre anche in Italia un reddito minimo garantito, fosse accolta con tanta freddezza dalle parti sociali. Eppure i presupposti da cui scaturiva il progetto del nuovo ministro del Lavoro erano solidi: garantire un sussidio a giovani in cerca di prima occupazione oppure a ultracinquantenni espulsi dal mondo del lavoro e che avrebbero grandi difficoltà a trovare nuova occupazione.

In più bisogna aggiungere che un sussidio di questa natura, la cui entità dovrebbe aggirarsi tra i 500 e i mille euro, esiste già in quasi tutti Paesi europei, anche perché già 19 anni fa l’allora Comunità europea invitava i Paesi membri a dotarsi di un tale strumento, un invito che in questi anni l’Unione ha ribadito ben altre quattro volte.

Tutti i Paesi aderenti si sono adeguati, tanto che ad oggi le uniche realtà senza un reddito minimo garantito sono appunto l’Italia, la Grecia e l’Ungheria. Per quanto riguarda durata e importi dei sussidi, si varia da Paese a Paese. Si va da un minimo di tre mesi fino ad una durata illimitata (cioè fino a quando il soggetto non ritrova un nuovo lavoro), con importi che possono andare da 200-300 euro al mese fino al massimo di 800 euro elargiti in Irlanda.

Ma perché in Italia questa soluzione è tanto osteggiata? La ragione fondamentale ha un nome ben preciso e si chiama “cassa integrazione”. Questo modello di sussidio, che mantiene un legame contrattuale tra lavoratore momentaneamente espulso dal lavoro e l’azienda, che si impegna a riprenderlo una volta superate le difficoltà, esiste infatti solo in Italia. È l’ammortizzatore sociale su cui stanno puntando maggiormente soprattutto i sindacati nell’ambito della riforma del mercato del lavoro in discussione proprio in questi giorni.

Le organizzazioni dei lavoratori puntano infatti ad estendere questo modello di protezione a tutti i lavoratori, visto che attualmente la cassa integrazione copre solo alcune categorie, mentre le altre hanno ricevuto questo sussidio in un momento di crisi come quello attuale in deroga.

Ebbene i sindacati sono convinti che il reddito minimo garantito sia un provvedimento puramente assistenzialista, che non incoraggi seriamente il lavoratore a cercare una nuova occupazione.

È un tema che dunque non li appassiona, anche perché ritengono che in un periodo come quello attuale in cui le risorse scarseggiano, sia meglio investire tutto quello che c’è nell’estensione della cassa integrazione, come sopra accennato.

Una visione che trova d’accordo anche gli imprenditori. Da parte di Confindustria infatti c’è il timore che il reddito minimo garantito possa costare molto. Si parla di uno stanziamento di circa 5 miliardi di euro, che però la Fornero si è affrettata a precisare che potrebbero essere presi dai 20 miliardi risparmiati sul fronte delle pensioni. In ogni caso, una spiegazione che non convince le aziende, che già temono che l’allargamento delle protezioni e degli ammortizzatori in ogni caso avrà delle ricadute onerose sulle loro casse.

In questo quadro c’è da domandarsi seriamente dunque se il reddito minimo garantito troverà mai spazio nel disegno di riforma che il governo sta mettendo a punto. L’unico riferimento possibile è l’esperimento, poi bloccato, operato nel 2000 dall’allora ministro Livia Turco, che ebbe come conseguenza l’adozione in alcune Regioni di un reddito minimo garantito.

giuseppe.cordasco

Fonte: blog.panorama.it/economia/2012/01/13/il-reddito-minimo-garantito-non-appassiona-confindustria-e-si...
neworacle
00mercoledì 1 febbraio 2012 08:58
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