Riuscire

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LettereDiBerlicche
00giovedì 1 ottobre 2009 22:49
Prendere contatto con l'altro è accoglierlo in sè
Poichè stringono la mano a molti uomini, poichè dànno loro un colpetto sulla spalla, poichè bevono un bicchiere con loro, poichè abitano, parlano, discutono con loro, alcuni uomini pensano: «Ho molte relazioni, conosco molta gente ».

S'ingannano; l'uomo può es­sere solo in mezzo ad una moltitudine di cosiddette relazioni, se non ha gli occhi bene aperti e il cuore disposto per vedere e accogliere i suoi simili.

Aspetti l'autobus da parecchio tempo. Esso passa... «completo ». Impazienza, sfiducia: « E’ sempre così su questa linea! ».

Così, a sentire certuni, in essi non c'è mai posto. Saltano le fermate e circolano rapidamente in mezzo a coloro che li attendono. Tutto occupato!

Sulla tua linea, non passi spesso troppo in fretta e « completo »? Eppure, nessuno all'infuori di te si fer­merà proprio in quel luogo, proprio a quell'ora, perchè la tua linea è unica e l'orario preciso.

Se vuoi allenarti a stabilire dei contatti, devi eserci­tarti dapprima a guardare. Per guardare, cammina lentamente, datti la pena di fermarti e sii intelligen­temente curioso di tutto ciò che può permetterti di conoscere meglio gli uomini: la loro vita professionale, familiare, i loro svaghi, il loro quartiere; i loro gusti, le loro aspirazioni, le loro difficoltà, le loro lotte... Bisogna aver sete di conoscere per comprendere ed amare.

Per stabilire il contatto non basta scorgere l'altro, bisogna accoglierlo. C'è una crisi di alloggi assai più grave che la carenza di abitazioni, è la penuria di uomini interiormente disponibili per i loro fratelli.

Sii una casa sempre aperta, con «ingresso libero». Senza alcun “attenti al cane!” che faccia star lon­tani: il tuo carattere, il tuo orgoglio, il tuo egoismo, la tua gelosia, la tua ironia, la tua sgarbatezza, la tua poca delicatezza. Affinchè l'altro non si ritiri dicendo: « Non ho osato, avevo paura che mi mandasse al diavolo, che si facesse beffa di me, che non mi capisse... ».


Senza nessuna attesa che faccia esitare: subito li­bero (non fosse che per una stretta di mano o per un sorriso se non hai il tempo di far sedere il visitatore. Un minuto di attenzione totale » basta per «accogliere » l'altro).

Nessun mobile ingombrante: l'appartamento è vuoto, disponibile. Non imporre i tuoi gusti, le tue idee, il tuo punto di vista. Senza «pretese» che pesano: se offri qualche cosa, fallo gratuitamente, non aspettarti nulla in cambio.

Nessun vincolo: si entra, si esce a piacere, senza formalità, senza impegni.

Il Cristo ti dirà un giorno: « Grazie per quel rifugio nel tuo cuore », oppure: «Sventurato! non ho trovato in te nemmeno un sasso su cui posare il capo! »: Se accogli l'altro in te, è perchè si riposi.

Sei contento di trovare il deposito alla stazione per non trascinarti i bagagli; sii dunque un buon deposito per gli altri. Che essi possano depositarvi i loro pacchi, troppo pesanti ed ingombranti, e che ripartano leggeri per la loro strada.

Non sei in contatto con tutte le persone che ti pas­sano accanto, perchè il contatto si trova al di là del­l'incontro dei corpi; è il misterioso accordo tra due persone, tra due anime.

Il valore profondo di un uomo si misura, tra l'altro, dalla sua potenza di contatto, ma la potenza di con­tatto non è essenzialmente un insieme di qualità este­riori: amabilità, giovialità, spigliatezza nella parola e nel gesto...; e non solo frutto di qualità interiori: acuta sensibilità, raccoglimento e attenzione. La disinvoltura nei contatti trae vantaggio da tutte queste qualità, le quali non sono che l'inizio del vero incontro. Fonda­mentalmente, la potenza del contatto è commisurata alla disponibilità interiore, al vuoto che uno sa fare in se stesso.

Se vuoi prendere contatto con i tuoi simili, fa il de­serto in te, ma accettando che gli altri vengano a popolarlo. Fa il silenzio in te, ma accettando che gli altri vi portino il rumore.

L'altro, che cosa incontrerà entrando da te? Se per tuo merito si trova faccia a faccia con il Dio che ti abita, ripartirà appagato, fortificato, lieto, pieno di vita, perchè, in sostanza, il vero contatto deve met­tere in presenza di Dio.

Ogni mattina, per alcuni istanti, incontra il Si­gnore e in Lui, nella notte della Fede, senza riconoscerne i visi, senza capirne le parole, senza toccarne le mani, accogli tutti coloro che ti passeranno accanto durante la tua giornata; amali in Lui, e poi va per la tua strada, in pace, disponibile, con lo sguardo più puro, l'orecchio più attento per cogliere gli inviti di Dio, col cuore più grande e soprattutto più abitato per ricevere regalmente.

Suonano. Bussano.

Passami la pialla.

Signora Rossi, ci siete?

Signor Bianchi, una parola per favore!

oppure

Un libro, un giornale, la radio, il cinema, un ma­nifesto,

oppure

Un sorriso. Un silenzio.

Una parola che ferisce. Una testa abbassata...

Ecco il Signore che chiama, sono i suoi inviti a en­trare in contatto.
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