La politica di Gesù
Lo ha ricordato qualche giorno fa il ministro Bindi con la sua usuale franchezza: “amo la Chiesa che si occupa delle cose di Dio”. Le fanno eco in molti tra benpensanti e intellettuali cattolici che risultano infastiditi dai continui e pressanti richiami del Vaticano su temi etici. Tra i tanti è intervenuto nel dibattito anche il filosofo Emanuele Severino che – pur segnalando alcuni rischi e paradossi della democrazia - in un articolo del Corriere del 16 febbraio, afferma “ è una follia che la Chiesa [cattolica, ovviamente] non debba ingerirsi nella vita dello Stato”. L’idea è contagiosa. Lo è stata nel passato, lo è ancora oggi. Sono in molti a pensare la propria fede cristiana come inadeguata ad offrire un orizzonte pubblico e a suscitare una proposta etica e sociale coerente con il Vangelo. Ci si accontenta piuttosto di un vacuum spiritualistico, che rasserena e lascia fare. O poco più.
Certo, ci sono diversi motivi per pensare in questo modo. Ad esempio la storia del XIX e XX secolo – per non andare troppo in là – è densa di dolorosi eccessi e misinterpretazioni della relazione tra cristianesimo e politica, tra fede e società. Ci sono state e ci sono, poi, numerose testimonianze che interferiscono (piuttosto che incoraggiare) e disturbano (piuttosto che attualizzare) il pieno annuncio del Vangelo. Tutto questo, però, non riesce a giustificare la proposta di una teologia del silenzio.
La fede in Gesù Cristo e il rispetto obbediente alla Bibbia, piuttosto che alle tendenze e alle mode culturali, legittimano a pensare pubblicamente? Non è la Bibbia anche una esplicita rivelazione pubblica e politica? E se lo è, come è possibile - nelle nostre ermeneutiche e teologie - procedere diversamente? La persona e l’opera di Gesù Cristo non ha anche un peso politico e sociale? E se lo è come è possibile per chi si dice discepolo di Gesù procedere diversamente?
Pensiamo all’Antico Testamento. Dio forma una nazione che è oggetto di liberazione e redenzione. A questa nazione Dio offre un sistema legale, sociale e politico, delle vere e proprie strutture efficienti di governance. L’influenza che questo paradigma ha avuto nella storia umana è semplicemente incalcolabile.
Sempre nell’Antico Testamento è Dio che si relaziona con i potenti, con i popoli e le nazioni. E il compito principale dei profeti è quello di proclamare la Parola di Dio ai leader politici, alle nazioni. Dio poi si prende cura dei poveri e degli ultimi e pretende la giustizia. Nulla mi sembra che vada verso un sostegno di spiritualità marginali e auto-contemplative.
Dio, infatti, non è mai marginale. E non lo è neanche la sua rivelazione. Egli è al centro, sempre. Non è marginale neanche la proposta che fa il Nuovo Testamento. A questo punto, le strategie interpretative ed ermeneutiche adottate sono di questo tipo: il cuore della salvezza è apolitico (cioè spirituale, religioso – come se Dio si accontentasse delle sole anime …) al limite il solo contesto (una cornice sostanzialmente eliminabile) è socio-politico, ma quest’ultimo è sempre da superare. Chi si occupa di problemi sociali, etico-politici corre il rischio – secondo quest’approccio – di diluire il Vangelo.
Gesù però reclama ogni autorità, ogni potere. Il suo messaggio è politico, il suo regno ha una straordinaria valenza sociale, oltre che spirituale e personale.
Da Betlemme alla croce, è il re dei Giudei, che non è tanto un innocuo titolo onorifico o cerimoniale. È il figlio di Davide, e dappertutto si sottolinea la sua discendenza regale. E’ il figlio dell’uomo – si pensi alle profezie di Daniele – ed ha una dimensione cosmica, profondamente e inevitabilmente politica. E’ il Messia, colui che sosterrà le nazioni (secondo le profezie di Isaia). Davanti a Pilato, Gesù sa che una sua risposta minimamente affermativa alla domanda se egli sia veramente il Re dei Giudei farebbe seguire una immediata condanna. Eppure risponde semplicemente: “tu lo dici”.
Il suo messaggio, il regno di Dio, ha una dimensione anche politica ed è questo che suscita la reazione di tutti i gruppi del tempo: erodiani, farisei, zeloti, romani, sadducei …Gesù è percepito come minaccia pubblica, e per questo è da eliminare. Egli reclama molta più autorità di quanto gli altri reclamino per loro stessi. E questa autorità supera l’autorità politica, ma non la rinnega. Per non parlare, poi, delle sue interazioni con il Sinedrio.
L’impegno politico di Gesù non segue sicuramente le coordinate del tempo. A lui non interessano le cose che tutti gli altri cercano: potere, popolarità, controllo, ricchezza, conquiste militari ….Anzi spesso mostra la pericolosità ultima di questo tipo di ambizioni. La via di Dio non coincide con gli interessi nazionali, con le piccole passioni politiche. La politica di Gesù è diversa, nuova, completa, radicale, multidimensionale.
Il Vangelo non è allora un insieme di istruzioni su come fuggire o uscire dal mondo. Il Vangelo è che Gesù crocifisso e risorto è il Signore del mondo e dell’universo. La sua morte e la sua resurrezione trasformano il mondo e possono trasformare ognuno di noi. Evangelizzazione e azione sociale, testimonianza e politica vanno sempre assieme. Abbiamo accolto acriticamente l’errore del modernismo, la sua proposta di fare virtù della separazione tra fede e vita reale, tra Vangelo e società. Neanche l’uso improprio e manipolatorio che politicamente viene fatto – ed è stato fatto - del cristianesimo ci autorizza a ritirarci nell’apolitico. Gesù è il Re dei Re! Il suo regno, è vero non è di questo mondo (Gv 18). Ek tou kosmoutouton. Cioè, non ha origine in questo mondo, ma è per questo mondo. Questo è il cuore della missione cristiana e il senso dell’adorare Dio che ha creato ogni cosa e ci inonda in Cristo del suo amore.
La scelta tra Vangelo e impegno sociale, tra fede e politica è una quindi una falsa opzione. Quantomeno non appartiene al pensiero biblico. Dio sta spesso al di fuori delle chiese.
La politica di Gesù è realmente alternativa a tutte le opzioni religiose e secolari presenti. La sua ricchezza deve essere opportunamente (soprattutto con umiltà e lungimiranza) presentata e annunciata pubblicamente. La sfida è quella di onorare la rivelazione biblica, pubblica e politica della Vangelo di Gesù Cristo. Il Vangelo trasforma ogni cosa, esso è talmente multidimensionale che non riusciremo mai a diluirlo in una soluzione silenziosa.
Pubblicato da girizza a 3:20 PM
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