Sacra sindone

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LiviaGloria
00martedì 13 aprile 2010 14:05
LiviaGloria
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LiviaGloria
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LiviaGloria
00sabato 24 luglio 2010 17:21
La botanica conferma l’origine palestinese della Sindone.
In Libri consigliati e letteratura e fede, Miracoli, Scienza e Fede, Storicità cristianesimo e Archeologia biblica on 12 maggio 2010 at 14:15

L’Osservatore Romano informa che è uscito il libro di Avinoam Danin, professore emerito del Dipartimento di Evoluzione sistematica ed ecologia della Università Ebraica di Gerusalemme e maggior esperto di flora desertica israeliana (vedi qui alcune sue pubblicazioni): Botany of the Shroud: The Story of Floral Images on the Shroud of Turin (Gerusalemme, Danin Publishing, 2010, pagine 104, dollari 25), che fornisce ulteriori indizi concreti rispetto all’originalità del Sacro Lino. L’llustre botanico ebreo è famoso per aver scoperto specie di piante mai rinvenute prima in Israele, sul Sinai e in Giordania e la sua opera ha permesso la creazione di un database da cui si è potuta ricavare una mappa fitogeografica di Israele. A scanso di equivoci ha subito affermato di non essere minimamente interessato ad un eventuale significato religioso della Sindone, ha anche ricordato un dialogo avuto nel 2000 con l’allora nunzio apostolico di Gerusalemme: “Gli dimostrai il mio entusiasmo per aver visto sulla sindone le immagini delle piante che avevo visto anche sulle fotografie. Gli dissi che non provavo alcuna emozione particolare verso quell’oggetto venerato da milioni di persone e nel dire questo mi sentii quasi in dovere di giustificarmi. Mi rispose di proseguire le mie ricerche perché se non fossi stato ebreo, ma cristiano, pochi mi avrebbero creduto”. Danin ha raccolto i risultati del lavoro di 14 anni di studio sulla Sindone: come altri studiosi, anche lui e i suoi collaboratori hanno rilevato numerose piante e fiori, “un tappeto quasi omogeneo” di più di trecento corolle di fiori poste ordinatamente intorno al capo dell’Uomo della Sindone. Già anni fa aveva parlato di 28 specie diverse. Secondo i suoi studi, l’unico luogo al mondo in cui esse sono presenti tutte insieme è una ristretta area tra Gerusalemme e Gerico. I fiori sarebbero stati usati per coprire con i loro profumi l’odore della decomposizione. Molte di queste specie corrispondono inoltre a quelle dei pollini identificati da Max Frei, botanico e direttore della polizia scientifica di Zurigo che scoprì pollini assolutamente esclusivi della Palestina messianica (77 specie esclusive palestinesi + 17 europee + 2 di Urfa (Edessa) + 1 di Costantinopoli). Danin ha notato anche frammenti di una corda, la quale “è fatta di fibre vegetali secondo un antico metodo utilizzato per migliaia di anni a Gerusalemme”. A causa dell’eterogeneità ed il quantitativo del materiale ritrovato, ha escluso completamente l’ipotesi di contaminazione casuale (circa 2500km di distanza dall’Europa) e della creazione artificiosa con metodo fotografico, concordando pienamente col già citato Frei, l’archeologo Paul C. Maloney e i palinologi Uri Baruch e Orville Dahl.

Un mese fa la Società italiana di Statistica aveva pubblicato un ottimo studio, ribadendo la totale inattendibilità dei risultati dell’esame al Radiocarbonio del 1988.


LiviaGloria
00sabato 24 luglio 2010 17:23
antiuaar.wordpress.com/2010/04/16/tre-prove-a-favore-della-...


Tre prove a favore della Sindone.
In Sacra Sindone, Storicità cristianesimo e Archeologia biblica on 16 aprile 2010 at 12:32

Ipotesi a favore della Sindone. Antonio Socci, dalle colonne di Libero, ha scritto un articolo che raccoglie alcuni studi effettuati sul prezioso telo, che sembrano avvalorare l’ipotesi che la tradizione cristiana e la devozione sostengono. Non si tratta di dimostrazioni inconfutabili, ma della rilevazione di dati che si possono prestare ad alcune interpretazioni favorevoli ad associare l’Uomo della Sindone a Gesù Cristo.
Il giornalista ricorda anche alcuni dati scientifici a sostegno dell’originalità del manufatto:
1) La “non direzionalità” dell’immagine esclude che si siano applicate sostanze con pennelli o altro che implichi un gesto direzionale. E ci svela che l’irradiazione è stata trasmessa da tutto il corpo.
2) 77 pollini, alcuni dei quali tipici ed esclusivi dell’area di Gerusalemme e tracce (sul ginocchio, il calcagno e il naso) di un terriccio tipico anch’esso di Gerusalemme. Anche segni di aloe e mirra usate dagli ebrei per le sepolture.
3) Tracce di scritte in greco, latino ed ebraico impresse per sovrapposizione sul lenzuolo. Da quelle lettere emerge il nome di Gesù, la parola Nazareno, l’espressione latina “innecem” relativa ai condannati a morte e pure il mese in cui il corpo poteva essere restituito alla famiglia. Barbara Frale, dopo accuratissimi esami, mostra che doveva trattarsi dei documenti burocratici dell’esecuzione e della sepoltura di Gesù di Nazaret.
LiviaGloria
00sabato 24 luglio 2010 17:26
antiuaar.wordpress.com/2010/04/12/sindone-errori-di-calcolo-nellesame-del-carb...

La Società di Statistica Italiana: l’esame del carbonio 14 sulla Sindone è inattendibile
In Sacra Sindone, Storicità cristianesimo e Archeologia biblica on 12 aprile 2010 at 13:49

«Sis Magazine», autorevole rivista online della Società Italiana di Statistica, con un articolo firmato da quattro professori di statistica: Marco Riani, Università di Parma; Giulio Fanti dell’Università di Padova, Fabio Crosilla dell’Università di Udine e Anthony C. Atkinson della London School of Economics, ha pubblicato lo studio nel quale sulla base del metodo della “statistica robusta” viene dimostrato come il campione scelto per la datazione al radiocarbonio che nel 1988 portò a definire la Sindone un manufatto medioevale, non era attendibile. Dicono i quattro scienziati: «Il nostro studio, basato su calcoli statistici e matematici, dimostra senza alcun dubbio che la datazione del carbonio 14 effettuata nel 1988 sulla Sindone non era attendibile e l’esperimento si sarebbe dovuto ripetere».. Non solo, andrebbe come vuole la tradizione riportato al I secolo d.C.: “Se questo effetto «sistematico», dovuto con molta probabilità a una contaminazione, fosse trasferito su tutta la superfice Sindone, se cioè si considerasse il campione utilizzato per la datazione come realmente significativo e corrispondente alle caratteristiche dell’intero lenzuolo, si arriverebbe a ipotizzare «una variazione di due decine di millenni nel futuro, partendo da una data del bordo risalente al primo millennio d. C.»

Lo studio fa seguito all’analisi compiuta da altri due docenti di Statistica dell’Università La Sapienza, Livia De Giovanni e Pierluigi Conti, che hanno evidenziato un errore di calcolo che portava a considerare «non attendibile» il risultato ottenuto. Molto singolare che gli unici dati disponibili sulla datazione al radiocarbonio del 1988, siano stati forniti da «Nature», poiché i tre laboratori incaricati non hanno finora fornito i «dati grezzi» dei loro esami al committente e alla comunità scientifica, per le verifiche necessarie.

Ne parla oggi anche Andrea Tornielli su Il Giornale, riassumendo i motivi che spingono a ritenere valida la Sacra Sindone: 1) Le macchie rosse sulla Sindone di Torino sono di sangue, ed è accertato senza alcun dubbio; 2) Le macchie di sangue si sono trasferite sul lenzuolo prima che si formasse la misteriosa immagine; 3) L’immagine – che ha interessato soltanto una parte della superficie delle singole fibrille di lino – e la sua formazione rimangono a tutt’oggi inspiegabili; 4) Tutti i tentativi di riprodurre la Sindone sono falliti: quella che il prof. Garlaschelli ha realizzato, non ha nulla a che vedere con l’originale e lo si capisce anche ad occhio nudo. Inoltre, l’immagine di Garlaschelli è stata formata all’esterno di un lenzuolo che avvolgeva un uomo strofinandolo con dell’ocra, ma l’immagine della Sindone di Torino si è formata dall’interno, cioè dal corpo stesso che vi era avvolto. Inoltre, Garlaschelli ha aggiunto delle macchie di colore rosso riproducendo il sangue a posteriori, sull’immagine umana già visibile, mentre nella Sindone di Torino prima si sono trasferite le macchie e poi l’immagine umana. Non sono particolari di poco conto, non occorre essere scienziati per accorgersene e forse non sarebbe male se i convinti assertori del falso medioevale fossero un po’ meno trionfalisti nelle loro affermazioni.

Già l’11 aprile sul Il Giornale era apparsa un’altra notizia che documentava come nei risultati dell’esame al radiocarbonio sono stati scoperti macroscopici errori di calcolo nella copertura del campione, che porta il risultato assolutamente insufficiente a confermare la datazione.
LiviaGloria
00venerdì 30 luglio 2010 12:43
Il giornalista scientifico Giacobbo e la Sindone.
In Famosi credenti, cristiani, cattolici, Sacra Sindone, Scienza e Fede on 28 luglio 2010 at 20:29

Recentemente il giornalista scientifico Roberto Giacobbo, vicedirettore di Rai2, già realizzatore de La macchina del tempo, programma scientifico diretto da Cecchi Paone e conduttore attuale della fortunata trasmissione Voyager – Ai confini della conoscenza, ha dichiarato a Pontifex.it: «Lo dico con chiarezza, io sono credente, cattolico e rispettoso della Chiesa, lo sono sempre stato. Ultimamente la nostra troupe é stata a Torino per occuparsi della Sindone, la abbiamo filmata da vicino dando il meno fastidio possibile ai pellegrini. Secondo uno studio dell’Enea, ente attendibile, l’immagine impressa sarebbe frutto di una specie di esplosione di luce. Un fatto inspiegabile, mentre la datazione al radiocarbonio ha perso ogni valore. In ogni caso le confesso che davanti alla Sindone io ho provato immensa emozione, un senso di mistero». Per quanto riguarda l’esame al radiocarbonio il giornalista si sta probabilmente riferendo ai risultati dello studio della «Sis Magazine», autorevole rivista online della Società Italiana di Statistica (vedi i risultati). Quattro professori di statistica: Marco Riani, Università di Parma; Giulio Fanti dell’Università di Padova, Fabio Crosilla dell’Università di Udine e Anthony C. Atkinson della London School of Economics, hanno infatti dichiarato che sulla base del metodo della “statistica robusta” i risultati della datazione al radiocarbonio che nel 1988 portarono a definire la Sindone un manufatto medioevale, non sono assolutamente attenidbili (vedi Ultimissima 12/4/10).


antiuaar.wordpress.com/2010/07/28/il-giornalista-scientifico-giacobbo-e-la-...
Heleneadmin
00venerdì 1 luglio 2011 23:54
www.uccronline.it/2011/06/10/sindone-gli-studiosi-confutano-la-teoria-della-firma-di...

Recentemente è apparsa sui giornali una stravagante notizia: un pittore veneto, Luciano Buso, avrebbe trovato, lavorando su fotografie del Sacro Lino, nientepopodimeno che la firma di Giotto. Il pittore ci aveva provato qualche tempo fa anche con la “Gioconda” di Leonardo Da Vinci, sostenendo di aver trovato negli occhi della donna numeri e lettere, legati alla tradizione ebraico-cabalistica, quella cristiana e quella dei templari, quella magica e quella naturalistica (cfr. Italiamagazine 3/2/11), ricevendo ovviamente risposte ironiche dai grandi esperti dell’arte e di Leonardo.

E’ passato quindi alla Sindone come creazione di Giotto. Mentre Leonardo, sostengono altri teorici del complotto, avrebbe creato la Sindone disseminandola di decine di messaggi in codice (per l’eccitazione di Dan Brown), Giotto, con poca fantasia, avrebbe ripetuto tantissime volte, dappertutto, solo la scritta «Giotto 15», (cioè il nome seguito dall’anno di creazione dell’opera) un pò come fanno le teenagers di oggi sul loro diario. Antonio Lombatti, acerrimo nemico dell’autenticità della reliquia e collaboratore del CICAP l’ha subito definita «l’ultima delle idiozie sulla Sindone». Il pittore è stato anche attaccato dai teorici e fans di Leonardo da Vinci, i quali vorrebbero che fosse lui l’artefice. Gli ammiratori del Tintoretto, del Beato Angelico e del Caravaggio non rilasciano dichiarazioni, per ora. La studiosa e sindonologa Emanuela Marinelli (www.shroud.it), docente di matematica e scienze naturali e già membro dell’Istituto di Mineralogia dell’Università La Sapienza di Roma, fra le più grandi esperte mondiali della Sacra Sindone, ha invece commentato la notizia su La Bussola Quotidiana, spiegando l’impossibilità della veridicità della dichiarazione del pittore.

Ovviamente la teoria di Buso è compatibile con la data emersa nel 1988 dai risultati dell’analisi radiocarbonica, che fu però successivamente smentita da altre indagini, come quella svolta dall’Istituto di Statistica Italiana (cfr. Ultimissima 12/4/10). Un dipinto insomma, pieno di firme dell’autore, il tutto osservato da Buso ad occhio nudo su fotografie. L’altra prova portata dal pittore è la grande affinità iconografica di particolari delle braccia, delle mani e delle gambe del Cristo con i vari personaggi raffigurati da Giotto nei suoi affreschi. La Marinelli spiega però che «la presunta affinità, quand’anche ci fosse davvero, potrebbe derivare da un’osservazione della Sindone, come si nota in una celebre crocifissione di Van Dyck, dove l’artista raffigurò i chiodi nei polsi di Cristo proprio ispirandosi alla reliquia esposta a Torino. Ma nulla del genere esiste nelle opere di Giotto». Bruno Barberis invece, Professore Associato di Meccanica Razionale presso la facoltà dell’Università di Torino, ha dichiarato all’ANSA che «non ha valore scientifico una scoperta che si dice basata solo su ingrandimenti fotografici. E’ l’ultimo di tanti che negli ultimi trent’anni hanno creduto, anche in buona fede, di riconoscere nel telo le cose piu’ disparate».

FALSARIO-ARTISTA. Qualcuno dovrebbe prendersi la briga di riferire a Buso che ogni esame scientifico da più di trent’anni ha dimostrato che la Sindone non è un dipinto, non c’è direzionalità né traccia di colore. Barberis cita, ad esempio, i risultati degli scienziati statunitensi del gruppo Sturp (Shroud of Turin Research Project), i quali «hanno stabilito senza ombra di dubbio che sulla Sindone non c’e’ traccia di pigmenti e coloranti, dimostrando inoltre che l’immagine corporea è assente al di sotto delle macchie ematiche (e dunque si è formata successivamente ad esse) e che è dovuta ad un’ossidazione-disidratazione della cellulosa delle fibre superficiali del tessuto con formazione di gruppi carbonilici coniugati. L’immagine inoltre possiede peculiari caratteristiche tridimensionali assenti nelle normali fotografie e nei dipinti». L’ingrandimento della fotografia non è adatto «allo studio scientifico dell’immagine in quanto, ingrandendole, si corre il rischio di vedere figure e sagome dovute alla grana della lastra o della pellicola e non all’immagine». La certezza è che questo lenzuolo ha certamente avvolto il cadavere di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi, trapassato da una lancia al costato.

Emanuela Marinelli spiega che «l’eventuale falsario non avrebbe raffigurato Cristo con particolari in contrasto con l’iconografia medievale, avrebbe dovuto tener conto dei riti di sepoltura in uso presso gli ebrei all’epoca di Gesù, avrebbe dovuto immaginare l’invenzione del microscopio per aggiungere elementi invisibili ad occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite». Queste tracce, ha spiegato il maggior esperto di flora desertica israeliana, l’ebreo Avinoam Danin, «l’unico luogo al mondo in cui sono presenti tutte insieme è una ristretta area tra Gerusalemme e Gerico» (cfr. Ultimissima 12/5/10). Il falsario-artista avrebbe anche dovuto entrare in possesso di un telo fabbricato nel I° secolo (perché la Sindone è stata fabbricata in quel periodo come ha dimostrato Mechthild Flury-Lemberg, celebre studiosa di conservazione tessile, cfr. Ultimissima 9/4/10), avrebbe dovuto conoscere la fotografia (inventata nel XIX secolo), e l’olografia (realizzata nel XX secolo). Avrebbe dovuto saper distinguere tra circolazione venosa e arteriosa (studiata per la prima volta nel 1593), nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita ed in altri con sangue post-mortale.

Infine, ammessa la conoscenza di tutte queste nozioni scientifiche, il falsario-artista avrebbe dovuto avere la capacità ed i mezzi per produrre l’oggetto. I fisici dell’ENEA di Frascati hanno recentemente spiegato che l’immagine è «praticamente impossibili da replicare oggi e e a maggior ragione nel Medioevo o in tempi più remoti, tali da escludere che si tratti di un dipinto, o di colorazione ottenuta tramite bassorilievo scaldato o trattato con pigmenti o polvere ferrosa», il falsario medioevale per realizzare quello che c’è sulla Sindone, avrebbe dovuto possedere «una fonte di luce Laser avente le dimensioni di un intero palazzo», inesistente ancora oggi (cfr. Ultimissima 20/5/11).

FALSARIO-ASSASSINO. E’ così una follia continuare a sostenere l’ipotesi falsario-artista, e infatti molti sono passati a sostenere il falsario-assassino, complicandosi ancora di più la vita. Sarebbe stato impossibile infatti, continua la studiosa, trovare una vittima il cui volto fosse congruente in diverse decine di punti con le icone di Cristo diffuse nell’arte bizantina e, soprattutto, “pestare a sangue” l’uomo in maniera adeguata, in modo da ottenere determinati gonfiori del viso riprodotti nelle icone. Procurare alla vittima, ormai deceduta, una ferita del costato con una lancia romana, facendone uscire sangue e siero separati, non è assolutamente un esperimento facile da compiere, come anche mantenere il cadavere avvolto nel lenzuolo per una trentina di ore impedendo il verificarsi del fenomeno putrefattivo, processo accelerato dopo decessi causati da un così alto numero di gravi traumi. In particolare sarebbe stato impossibile togliere il corpo dal lenzuolo senza il minimo strappo o il più lieve spostamento che avrebbero alterato i contorni delle tracce di sangue, mentre oggi sono perfetti e per nulla “sporchi”. Ovviamente rimangono valide moltissime “impossibilità” relative al falsario-artista.

Anche lei, come gli scienziati dell’ENEA, conclude così: «La realizzazione artificiale della Sindone è impossibile ancora oggi; a maggior ragione nel Medioevo». Che i pittori se ne facciano una ragione!


Heleneadmin
00sabato 13 agosto 2011 20:44
Di Lazzaro, fisico dell’Enea: «la Sindone non è spiegabile scientificamente»
www.uccronline.it/2011/05/20/di-lazzaro-fisico-dellenea-%C2%ABla-sindone-non-e-spiegabile-scientificament...

Lunedì 16 maggio 2011 si è svolto un incontro all’Istituto di Scienza e Fede dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma nell’ambito del Diploma di specializzazione in Studi Sindonici. Vi hanno partecipato, tra gli altri, anche Bruno Barberis, docente di Fisica Matematica all’Università di Torino, Direttore del Centro Internazionale di Sindonologia e autore di circa 50 pubblicazioni su Riviste nazionali ed internazionali e Paolo Di Lazzaro, fisico e ricercatore Senior presso il Centro Ricerche ENEA di Frascati, dove si occupa dello sviluppo di sorgenti di luce LASER innovative e di studi di interazione della luce con la materia a livello atomico. Con oltre 150 pubblicazioni sulle migliori riviste scientifiche è considerato uno dei massimi esperti europei nel campo dei sistemi LASER di potenza elevata e delle loro applicazioni nei campi biologico, di micro-elettronica, di generazione di plasmi, di pulizia selettiva e superficiale di materiali. Da 5 anni si dedica allo studio della Sindone.

Bruno Barberis, si legge su Zenit, ha introdotto dicendo che «lo studio dell’immagine presenta un altissimo interesse dal punto di vista scientifico». Soprattutto in questi ultimi 40 anni la Sindone è stata «al centro di un ampio, articolato e acceso dibattito scientifico a livello interdisciplinare”, e gli scienziati “hanno cercato di comprenderne a fondo le caratteristiche e l’origine, avviando studi nei più disparati settori della scienza: fisica, chimica, biologia, informatica, medicina legale, statistica, ecc». L’approccio tradizionale, che veda la Sindone come lenzuolo funebre di Gesù, e quello scientifico «possono benissimo coesistere, a patto che ne vengano rispettati i diversi piani di competenza e non si voglia a tutti i costi mescolarli forzando le conclusioni senza rispettarne le peculiarità». E’ quello che chiedeva Giovanni Paolo II agli scienziati: «la Chiesa esorta ad affrontare lo studio della Sindone senza posizioni precostituite, che diano per scontati risultati che tali non sono. Li invita ad agire con libertà interiore e premuroso rispetto sia della metodologia scientifica sia della sensibilità dei credenti».

Il fisico Paolo Di Lazzaro ha invece dichiarato che l’immagine della Sindone «ancora non è stata spiegata in termini scientifici», poiché il “metodo scientifico afferma che «solo dopo aver replicato un fenomeno si può conoscere la natura e l’origine del fenomeno stesso», e finora «nessuno è stato in grado di replicare l’immagine sindonica in tutte le sue caratteristiche chimiche e fisiche, nonostante molti sforzi in questo senso e diversi tentativi di copie periodicamente annunciate». Uno di quelli più grossolani è stato realizzato dal CICAP sotto finanziamento da parte dell’UAAR, rivelatosi un vero flop, come abbiamo accennato in “La Sindone dell’UAAR e del CICAP è una perfetta bufala”.

RISULTATI OTTENUTI DALL’ENEA DI FRASCATI. Tentativi assolutamente più seri, sono invece realizzati da anni presso il Centro Ricerche ENEA di Frascati, ed effettivamente nel 2010 sono arrivati i primi risultati: «un gruppo di scienziati con esperienza riconosciuta a livello internazionale su sistemi Laser e meccanismi di interazione luce-materia ha effettuato esperimenti di colorazione di tessuti di lino tramite impulsi brevissimi di luce ultravioletta. Dopo anni di indagini, si è scoperto che una colorazione simil-sindonica può essere ottenuta solo in un ristretto intervallo di valori di durata dell’impulso (miliardesimi di secondo), di intensità (miliardi di Watt su centimetro quadrato) e di spettro (profondo ultravioletto) della luce. Inoltre sono state ottenute immagini cosiddette ‘latenti’, che appaiono dopo circa un anno dall’irraggiamento che al momento non ha colorato il lino».

In un articolo del 2010, apparso su 30giorni, il fisico era stato più esaustivo: dopo aver spiegato le caratteristiche uniche della Sindone, disse che «questa immagine presenta circa quaranta caratteristiche fisiche e chimiche molto particolari, praticamente impossibili da replicare oggi, e a maggior ragione nel Medioevo o in tempi più remoti, tali da escludere che si tratti di un dipinto, o di colorazione ottenuta tramite bassorilievo scaldato o trattato con pigmenti o polvere ferrosa». Il fisico ha poi dettagliato il metodo di analisi effettuato dall’Enea sul Lino. Tuttavia, «per quanto significativi, i nostri risultati ancora non permettono di formulare un’ipotesi certa e praticabile sulla modalità di formazione dell’immagine sindonica: basti pensare che, se consideriamo la densità di potenza di radiazione che noi abbiamo utilizzato per ottenere la colorazione di un solo centimetro quadrato di lino, per riprodurre l’intera immagine della Sindone con un singolo flash di luce sarebbero necessari quattordicimila Laser che sparano contemporaneamente ciascuno in una zona diversa del lino per riprodurre l’immagine stessa; per intenderci meglio, una fonte di luce Laser avente le dimensioni di un intero palazzo».

RADIODATAZIONE AL CARBONIO. Nell’articolo Di Lazzaro affronta anche la questione della datazione mediante isotopo C-14 del 1988, la quale stabilì che un piccolo lembo prelevato in un angolo del telo, e diviso in tre parti, risultò essere di età compresa tra il 1260 e il 1390 d.C. Oltre a risultare improbabile che le migliori macchine tecnologiche contemporanee non riescano a riprodurre ciò che sarebbe stato possibile nel Medioevo (quando non esisteva nemmeno la fotografia, per non parlare del Laser), lo scienziato commenta che «è però opportuno sottolineare come la radiodatazione (un metodo che, per la sua natura statistica e dipendente dalla variabilità di molti fattori, gli archeologi utilizzano sempre in comparazione con tutto il complesso degli elementi, compresi quelli storici, datanti un oggetto) ha fornito una età del telo incompatibile con la cronologia suggerita da dati e indizi di carattere storico, iconografico e tessile, concordi nel ritenere il telo sindonico molto più antico. Alcune analisi recenti suggeriscono che il lembo analizzato tramite C-14 possa non essere rappresentativo della Sindone, e che la misura stessa possa aver sofferto di errori materiali di calcolo». Poco dopo queste dichiarazioni, comunque, la Società di Statistica Italiana dimostrava che i risultati della datazione al radiocarbonio utilizzata sulla Sindone sono totalmente inattendibili e che invece la sua origine è da collocarsi al I° secolo: Ultimissima 12/4/10.. Informiamo anche che gli interessantissimi atti del convegno scientifico del 2010 organizzato all’ENEA sulla Sindone sono stati messi online: www.acheiropoietos.info
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