Sfuma il sogno del Nabucco

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wheaton80
00giovedì 11 luglio 2013 04:21
Svanisce il progetto del gasdotto americano, pensato per strappare le regioni dell'Asia Centrale dall'influenza russa e ottenere energia a prezzi più contenuti

5 luglio 2013
Rakesh Krishnan Simha, Russia Oggi

La tacita guerra energetica per la conquista delle risorse del Caspio si è conclusa con una scottante sconfitta per l’Occidente e con il fallimento del gasdotto americano Nabucco. Il progetto del Nabucco è fallito perché aveva una motivazione politica: la conduttura del gas, per un valore di 31 miliardi di dollari, era stata ideata per strappare l’Asia Centrale dall’influenza russa. La gigantesca pompa era stata progettata per allontanare dai gasdotti russi 30 miliardi di metri cubi di gas, pari a quasi il 10 per cento del consumo annuo in Europa. Istigati dagli Stati Uniti, gli europei hanno iniziato a fantasticare sulla possibilità di ottenere energia a prezzi stracciati, proveniente da una regione che naviga letteralmente su un mare di petrolio e di gas. Al pari di poco lungimiranti acquirenti, oltretutto, hanno dimenticato che, al di là dei battibecchi del 2006 con l’Ucraina, i russi sono stati fidati fornitori di gas siberiano per oltre trent’anni. I russi tuttavia hanno avuto l’intuito – e la forza diplomatica – di capire che il progetto sarebbe fallito. Nel giugno 2009, quando gli europei erano in procinto di mettere per iscritto un accordo sul Nabucco, un commentatore di Mosca mise in ridicolo le loro “caotiche tiritere”. Aleksandr Knyazev, direttore della sezione regionale dell’Istituto della Comunità degli Stati Indipendenti, ha detto che il sostegno al progetto gli ricordava l’ossessionante coro degli schiavi ebrei nell’opera di Verdi, “bello, ma al contempo struggente e senza speranza”. La sua è stata un’osservazione inaspettatamente lungimirante.

Nabucco: finalità alquanto dubbie
La bibbia geopolitica di Washington è "The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives" (Il grande scacchiere: il primato americano e gli imperativi geostrategici). In questo tomo mal ispirato, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski afferma che, creando instabilità in ogni Paese confinante con la Russia, specialmente negli Stati cosiddetti “stan” dell’Asia Centrale (quei Paesi dell'Asia Centrale che in passato hanno fatto parte dell'Urss, eccezion fatta per l'Afghanistan, ndr), e in Ucraina, e interrompendo il flusso degli approvvigionamenti di gas e petrolio, gli Stati Uniti possono isolare la Russia, così che Mosca cessi di essere una grande potenza. Brzezinski sposa apertamente la tesi dell’induzione dell’instabilità sfruttando le differenze etniche e religiose della regione. Negli anni Settanta entrò in uso l’espressione “Arco di instabilità” per alludere alla “Mezzaluna musulmana” che si estende dall’Afghanistan a tutti i Paesi “stan” nella parte meridionale dell’ex Unione Sovietica. Il gasdotto Nabucco è stato uno dei mezzi con i quali gli Stati Uniti hanno cercato di trasformare questa disastrosa fantasia in realtà.

La Russia investe nel gas
Di fatto, il gasdotto Nabucco era il piano B dell’Occidente. Il gasdotto originario prevedeva di importare il gas dal Turkmenistan e perfino dall’arcinemico Iran. Tuttavia, il vero problema è che il Turkmenistan non è mai sembrato decidersi. Non occorre un luminare del settore petrolifero per intuire che i russi possono aver esercitato pressioni. Tuttavia, a convincere il Turkmenistan a tirarsi indietro, alla fine, è stato il vistoso aumento dell’instabilità nel vicino Uzbekistan, dopo che il Paese si è aperto agli occidentali. Saggiamente, i turkmeni hanno deciso che tutti i petrodollari di questo mondo non valevano la pena, se ciò avesse significato che l’Occidente si sarebbe intromesso nei loro affari interni. L’Iran è diventato il nuovo testimonial per l’Europa. In ogni caso, mentre gli Stati Uniti perseguivano l’Iran per il suo presunto programma di armamento nucleare, il gas iraniano è diventato più aria fritta che realtà. Le tessere del domino hanno iniziato a cadere. Europa e Stati Uniti adesso hanno deciso semplicemente di aggirare il Turkmenistan e di partire dall’Azerbajgian. Il nuovo tratto è stato denominato Nabucco. Il problema adesso è che il gasdotto ha perso di vista il suo obiettivo principale: affrancare le repubbliche dell’Asia Centrale dall’influenza russa. E così si è trovata una nuova ragion d’essere per questo gasdotto. Nabucco, dicevano i suoi sostenitori, doveva essere un mezzo per indebolire l’influenza russa sull’Europa, riducendo la dipendenza dal gas siberiano. In realtà, l’Occidente ha speso una fortuna per reclamizzare un pessimo prodotto.

Flussi di gas
Dato che l’unico scopo del Nabucco era quello di intaccare i guadagni della Russia, i russi si sono impegnati vendicativamente. Prima di tutto le società conglomerate russe del settore del gas hanno assorbito come una spugna gigantesca tutto il gas naturale disponibile in Asia Centrale e nel mar Caspio per evitare che esso rifornisse il Nabucco. In secondo luogo nel 2007 Vladimir Putin ha illustrato, o per meglio dire ha dato il via, a South Stream. South Stream è un gasdotto fortemente competitivo da 39 miliardi di dollari che attraversa Russia, Bulgaria, Serbia, Ungheria, Slovenia e Italia, portando gas in tutta Europa. La cosa più importante è che questo gasdotto si tiene alla larga dalla problematica Ucraina, che pareva voler fare proprio ciò che intendevano gli Stati Uniti: fermare il gas russo. In seguito, con la velocità di una colonna meccanizzata – e scagliandosi contro ogni ostacolo frapposto dalle nazioni dell’Europa dell’Est – i russi, con il supporto dei tedeschi, hanno costruito Nord Stream. Questo gasdotto di 1.222 chilometri di lunghezza convoglia il gas naturale da Vyborg, nella Russia settentrionale, a Greifswald, in Germania. Anch’esso aggira i Paesi Baltici, eliminando così l’eventualità di un’interruzione negli approvvigionamenti. Nord Stream ha rivestito un’importanza fondamentale per la strategia energetica russa, perché ha dimostrato all’Europa occidentale – il suo cliente più importante per il gas –, che Mosca faceva sul serio nel garantire un flusso ininterrotto di energia all’Europa. Smentendo così tutte le presunte accuse secondo le quali la Russia voleva strangolare l’Europa. La strategia di Putin per lo Stream ha portato buoni frutti. Mentre il Nabucco continua ad accorciarsi, attori sempre nuovi e scattanti hanno visto palesarsi un’opportunità e sono saltati sul carro. Alla fine il gasdotto transadriatico (Tap, Trans-Adriatic Pipeline) ha ricevuto il segnale di via libera. Poiché il Tap può trasportare soltanto un terzo di quello che avrebbe dovuto trasportare il Nabucco, non costituisce una minaccia per gli interessi russi.

Il day after del Nabucco
È la natura stessa della guerra del gas a rendere estremamente alta la posta in gioco. Dato che i gasdotti sono molto costosi nella fase di realizzazione e non possono cambiare direzione (come le navi), è normale che acquirenti e venditori redigano contratti a lungo termine, spesso ventennali o trentennali. Ciò avvicina produttori e consumatori, come pure i Paesi di transito, in una specie di alleanza per il gasdotto. Poiché tutte le nazioni nelle quali esso transita ricevono dai proprietari del gasdotto una percentuale; ci sono ottime ragioni perché tutti mantengano tra loro stabili rapporti. Per gli americani questa è una pessima notizia. I rapporti della Russia con la Germania, per esempio, si sono fatti particolarmente stretti dopo che negli anni Ottanta Mosca ha costruito il gasdotto per il gas naturale siberiano nel cuore dell’Europa. Quel gasdotto fu realizzato malgrado le enormi pressioni americane volte a far naufragare l’intero progetto.

Chi ci ha rimesso di più
Tra chi ci ha rimesso più di altri, al primo posto si possono contare gli Stati Uniti; al secondo la Turchia. Nutrendo aspirazioni geopolitiche esagerate, la Turchia aveva sperato di attirare fuori dall’orbita russa i Paesi “stan” dell’Asia Centrale. Inoltre, diventando il principale snodo di transito del gas proveniente dall’Asia Centrale e diretto in Europa, la Turchia aveva sperato di entrare in rapporti più stretti con l’Europa, che ha respinto tutti i tentativi fatti da Ankara di entrare a far parte dell’Unione Europea. Germania e Francia hanno affermato più che chiaramente che per loro l’Europa finisce alla frontiera turca. Con il Nabucco, la Turchia sperava di ridisegnare quel confine. I turchi sono stati tra i più strenui sostenitori del Nabucco, dato che speravano di poter contare su una cifra per il transito di 680 milioni di dollari. Ma quel bonus annuale non ci sarà.

Fine dei giochi
Se al Cremlino sicuramente alzeranno i calici di cristallo, resta da capire se South Stream procederà come pianificato. In un prossimo futuro il grosso del gas russo sarà canalizzato verso Est, non a Ovest. Sono le fameliche economie asiatiche, infatti, Cina in testa, che in futuro sosterranno il settore energetico. Mentre l’Europa rimane ancora in ginocchio. Al momento non sono in vista nuovi accordi europei, ma la Russia ha firmato un contratto di 25 anni per la fornitura di gas alla Cina, per la quale Pechino pagherà un anticipo senza precedenti di 60 miliardi di dollari. Resta da vedere se, sullo sfondo di questa intesa, l’Europa otterrà qualche rimasuglio o se riprenderà il suo posto nella strategia delle esportazioni russe. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la cancellazione del Nabucco, sopraggiunta subito dopo le rivelazioni sullo spionaggio globale, è un assaggio di come andranno le cose in futuro in un mondo sempre più multipolare.

russiaoggi.it/economia/2013/07/05/sfuma_il_sogno_del_nabucco_25...
wheaton80
00martedì 21 gennaio 2014 00:28
L’Ungheria afferma l’indipendenza energetica con South Stream



La decisione di Budapest può essere il “colpo finale” al ritardato gasdotto Nabucco, scrive Bloomberg. Il segretario di Stato ungherese per gli affari energetici, Pál Kovács, è stato laconico quando ha parlato del Nabucco quale potenziale alternativa: “Prima di tutto, la società internazionale Nabucco non ha fatto tutto ciò che poteva per garantirne il successo. Devo sottolineare che apparentemente dieci anni non sono abbastanza per adottare un concetto realistico e competitivo; durante tale periodo hanno solo stancato tutti e raccolto tasse e stipendi impressionanti, ma dopo dieci anni abbiamo un quadro più chiaro“. A questo punto, South Stream è l’unica via praticabile per l’Ungheria nel consolidare la propria posizione regionale come centro di transito. Il South Stream Transport di Ungheria, una joint venture al 50% tra Gazprom e l’azienda elettrica statale (MVM) ungherese, ha deciso di terminare la costruzione a tempo di record. Le parti hanno convenuto l’accelerazione di progettazione e lavoro di indagine, nonché pianificazione e valutazione dell’impatto ambientale sul tratto ungherese di 229 chilometri del South Stream. Le prime forniture di gas russo sono attese già per il 2017. Il Ministero dello Sviluppo Nazionale ungherese ha affermato, “il governo farà tutto quanto in suo potere per eliminare ogni ostacolo alla realizzazione del gasdotto South Stream e all’adozione di una soluzione accettabile per tutte le parti.” In altre parole, l’ambiente in Ungheria è maturo per l’investimento. La cooperazione energetica sarà sicuramente all’ordine del giorno durante la visita di Viktor Orbán a Mosca. Le due nazioni trattano l’aggiornamento della centrale nucleare ungherese, per cui la Russia fornirebbe un prestito di 10 miliardi di euro. Tuttavia, al centro vi sarà il South Stream. Il ministro dello Sviluppo Zsuzsa Németh ha spianato la strada ai colloqui. A novembre, in una conferenza dal titolo “South Stream: l’evoluzione di una pipeline”, ha dichiarato che tutte le soluzioni energetiche ungheresi seguono la politica energetica dell’Unione europea, al fine di garantire forti partnership a lungo termine. La Russia gode dello status unico d’importante partner strategico dell’Ungheria nelle questioni energetiche. Al fine di accelerarne coordinamento e attuazione, il governo ungherese ha dichiarato che South Stream è un progetto di particolare importanza per l’economia nazionale. Nel 2008, l’allora primo ministro Ferenc Gyurcsány e Vladimir Putin firmarono un accordo per la partecipazione dell’Ungheria al progetto del gasdotto russo. E nell’estate del 2010, Orbán e il suo partito Fidesz improvvisamente sostennero politicamente l’accordo con la Russia. Il primo ministro dell’Ungheria utilizza una retorica dura in politica interna, ma sembra capire l’importanza di adottare un approccio su più fronti e per diversificare le forniture di gas. Tale politica non è rara in Europa orientale. South Stream può mancare del pieno sostegno dell’UE, ma i più importanti attori regionali come l’Austria, lo vedono quale pietra angolare della sicurezza energetica europea. Ad esempio, Deutsche Welle ha notato che Gerhard Mangott, professore di scienze politiche presso l’Università di Innsbruck e noto consigliere politico, ritiene discutibile la posizione critica dell’UE verso South Stream. Secondo il prof. Mangott, il progetto South Stream difatti aumenta la sicurezza energetica dell’UE. “Non è questione di gas supplementare e di maggiore dipendenza dalla Russia, si tratta di un oleodotto alternativo più moderno e solido.” Fino a poco tempo prima la Commissione europea non aveva obiezioni sui piani per l’indipendenza energetica dell’Ungheria. Nel suo discorso del 2011 sul South Stream, il commissario UE per l’energia promise che “La commissione europea non imporrà alcun irragionevole o ingiustificato requisito amministrativo o regolamento sul South Stream e agirà lealmente.” Ma oggi i rapporti tra Budapest e Bruxelles sono tesi. Il governo sovrano dell’Ungheria viene ritratto dai media dell’UE come la peste della comunità. Si può solo sperare che la Commissione europea rispetti la politica energetica sovrana dell’Ungheria, perché ha un approccio competitivo e un ambiente imprenditoriale assai trasparente secondo i parametri del libero mercato dell’UE. In non piccola misura la stessa Unione europea ha bisogno del gas della Russia per diversificare le forniture e avere combustibile pulito per riattivare la propria industria. In tali condizioni, è controproducente gravare un progetto d’interesse per tutti con una burocrazia inutile. Ancora peggio, la burocratizzazione (o meglio eurocratizzazione?) del South Stream sembra correlata con la controversa strategia di Bruxelles verso Kiev. Di conseguenza, la Commissione europea cambia posizione sul contratto per il più grande progetto infrastrutturale del continente a seconda gli impulsi della politica estera. E’ lecito supporre che la “mano invisibile” del mercato europeo sia stata offesa dal fallimento di Kiev?



Igor Alekseev, Route Magazine – Nsnbc
20 gennaio, 2014
Traduzione di Alessandro Lattanzio
aurorasito.wordpress.com/2014/01/20/lungheria-afferma-lindipendenza-energetica-con-south...
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