Un altro medioevo...

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LiviaGloria
00venerdì 9 marzo 2007 15:42
http://groups.google.cz/group/it.scienza/msg/85ffaee012ba64d7?&hl=cs&q=VESCOVI+FEUDATARI+NEL+MEDIOEVO+controversie



manuali di storia della scuola dell'obbligo sono, per comodità, divisi in
capitoli. Solo che questi non si limitano ad essere numerati, bensì recano
dei titoli. E questi titoli, contrariamente a quel che si pensa, non si
limitano a descrivere il contenuto del capitolo ma danno anche un giudizio
di valore.
Esempio: "Medioevo", "Rinascimento", "Risorgimento", "Resistenza".

Analizziamo i termini. "Medioevo" significa, come tutti sanno, "età di
mezzo", laddove "Rinascimento" sta per "nuova nascita". Se si rinasce vuol
dire che prima si era morti, ma anche che prima di essere morti si era già
nati una volta, per cui adesso si "rinasce". Dunque il Medioevo, epoca
precedente al Rinascimento, era il tempo in cui l'umanità era stata morta.
Quanto dura il Rinascimento? Pochi decenni, verso la fine del Quattrocento.
Poi? Si ha l'Età Moderna, e tutti tiriamo un respiro di sollievo. (!!!)


Anche se, a ben vedere, le guerre e le catastrofi sembrano moltiplicarsi a
ritmi parossistici: guerre tra Francia e Inghilterra, tra Francia e Spagna,
tra cattolici e protestanti, tra lanzichenecchi e tutti gli altri, guerre di
successione, di devoluzione, delle due dame, dei tre imperatori, dei quattro
papi e dei cinque eserciti.


La Riforma: finalmente Lutero spezza le catene del dogma e della Chiesa.


Controriforma: l'Italia ricade nell'oscurantismo. Solo a ben guardare si
scopre che le guerre di religione stavano tutte nei paesi protestanti,
mentre in Italia si stava tranquilli.


Il Medioevo, i "secoli bui".
Quanto è durato? Dalla caduta dell'Impero Romano fino alla scoperta
dell'America. Così dice il Manuale. Dunque mille anni e qualcosina. Mille
anni! Sbrigativamente catalogati come "età di mezzo". Cribbio, che lunga
morte!
Ma "in mezzo" a cosa? All'Età Classica e al Rinascimento. Vuol dire che si
era vivi ai bei tempi di Atene e Roma, poi si morì per mille anni e si
rinacque infine alle soglie del Cinquecento. Infatti nel Rinascimento
riappaiono, nell'arte, i trionfi di Bacco ed Arianna, Ercole, Apollo e
Minerva. Cioè il paganesimo antico. Ecco la "rinascita". Tra un paganesimo
(quello antico) e l'altro (quello rinascimentale) c'era un periodo di mille
anni che quelli che ci abitavano chiamavano "Cristianità". Ergo: durante i
secoli cristiani eravamo morti, mentre si era ben vivi nei tempi pagani.
Letta così la storia dell'Europa sembra un continuo tentativo di scrollarsi
di dosso il Cristianesimo. E lo è. Solo che tutto ciò nei manuali di storia
è dato come positivo.


Il motivo si capirà leggendo questo articolo. Ma fin da subito possiamo
anticipare che furono i liberali nel secolo scorso a impostare lo studio
della storia in questo modo, cioè in senso ideologico. I nostri Padri della
Patria statalizzarono la scuola, la resero obbligatoria ed uguale per tutti
e cominciarono a mettere in galera quelli che non ci mandavano i figli.
Cavour & Soci imposero uno studio della storia di tipo manicheo, cioè con i
buoni da una parte e i cattivi dall'altra, in cui i buoni erano loro. Il
Fascismo tentò una rivalutazione e una rilettura del Risorgimento
appropriandosi dei suoi miti più importanti e la Repubblica lasciò le cose
come stavano, limitandosi ad aggiungere il capitolo sulla Resistenza. Infine
il Sessantotto ha virato il tutto in senso marxista.


Et voilà, tutti siamo riciclati nella convinzione che: Garibaldi e Napoleone
erano i buoni, così come i Nordisti negli Usa, mentre i Borboni erano
cattivi perché non volevano cedere volontariamente il Sud ai Piemontesi. E
pure il Papa, che "per il suo bene" avrebbe fatto meglio a regalare Roma a
Vittorio Emanuele II. Ancora: i Sudisti americani erano cattivi perché
volevano tenere in schiavitù i neri e i Nordisti divennero cattivi quando
sterminarono gli indiani. Che erano buoni e saggi.


Qualcuno, da adulto, per avventura scopre che forse la verità è diversa.
Tutti gli altri, quelli che si occuperanno di banca o di artigianato o di
commercio, continueranno a credere quel che la scuola ha loro insegnato.
Spesso anche gli insegnanti di storia rimarranno in tale stato. Infatti
all'università si sono occupati solo di approfondire quel che avevano
assorbito da piccoli. E come l'hanno imparata la ripetono. Non solo. Poiché
sono laureati non ammetteranno mai che hanno passato la vita a studiare cose
in fondo opinabili, né accetteranno di ricominciare a studiare da zero per
rimettere in discussione quel che hanno imparato. Spesso, dunque, si
trasformeranno nei più feroci difensori di quelle quattro cose che credono
di sapere. E il sistema andrà avanti da solo, in una spirale perversa che
mantiene tutti nell'idea che questo sia il migliore dei mondi possibili e
che le soluzioni per migliorarlo debbano essere cercate all'interno del
"progresso", che è partito dalle oscurità medievali per approdare al radioso
presente.


Per inciso, qui non ci troverete né date né fatti; solo una diversa
interpretazione. Chi avrà la pazienza di leggere non troverà tanto una
controverità quanto la possibilità di scegliere, dopo aver sentito -
adesso - tutte le campane, con qual musica vuol ballare. Lo spirito critico,
infatti, si acquista solo dopo aver avuto la possibilità di vedere le cose
da tutti i lati.


Se potessi tornare ai miei anni di liceo vorrei che alla storia venisse
consacrata un'intera giornata settimanale: alla prima ora un insegnante
marxista, alla seconda uno liberale, alla terza uno cattolico, e così via.
Tutti dovrebbero trattare lo stesso argomento, ognuno dal suo punto di
vista. Al pomeriggio (o la settimana successiva) il dibattito con gli
allievi. La classe avrebbe una possibilità concreta di diventare veramente
pluralista, nel senso che ogni studente aderirebbe alla concezione che più
lo convince. O a nessuna, se vuole. Più democratici di così...


Ebbene così funzionavano le lezioni nel tanto vituperato Medioevo, epoca
talmente "buia" da far concepire a san Tommaso d'Aquino la sua Summa
Teologica perché i suoi studenti non avevano un manuale di teologia. Si
tratta di un'opera che oggi comporta ben trentatré volumoni, per di più
comprensibili solo ai filosofi più dotti. Ed era un semplice manuale per
studenti. Studenti che, come si è detto, potevano intervenire, mettere in
discussione e dibattere col loro docente. Ah, il "buio" Medioevo!


La preistoria


La teoria dell'evoluzionismo ci dice che i nostri antenati erano scimmioni
che si aggiravano sulla terra ricoperti di peli e picchiando le femmine in
testa con la clava. Erano comparsi parecchi miliardi di anni dopo il big
bang e dopo la sparizione dei dinosauri. Ma quel che la teoria
dell'evoluzionismo non ci dice è che essa è appunto una teoria, così come
quella del big bang. Infatti il darwinismo e il neodarwinismo sembrano
spiegare molte cose, ma sono più quelle che non riescono a spiegare. Negli
Usa almeno il cinquanta per cento degli scienziati non ci crede. Da dove si
origina la vita? Dal caso? Troppo intelligente sarebbe, anche perché le
"coincidenze" casuali sono troppe, tutte in fila come se il Caso sapesse
esattamente dove andare e cosa fare. Allora non si vede perché continuare a
chiamarlo Caso.


Non solo. Perché mai i nostri progenitori sarebbero dovuti essere pelosi?
Come si può, partendo dalle ossa, sapere se la pelle sopra lo scheletro
aveva i peli o no? È una domanda che si è posta la prestigiosa rivista
"Science" la quale, alcuni anni fa, mise in copertina la ricostruzione di un
uomo di Neanderthal senza peli. Somigliava perfettamente a un aborigeno
australiano. Ma, come tutti sanno, gli aborigeni esistono ancora, e alcuni
di essi sono anche laureati. Sembra dunque più corretto ipotizzare che la
razza di Neanderthal sia semplicemente estinta e non è progenitrice di
niente.


Le teorie scientifiche si trasformano in certezze solo di fronte a prove.
Quando una teoria non può essere verificata (e questa dura da ben due
secoli), allora la si abbandona e si passa ad altra teoria. Così dice la
Scienza. Invece nulla di tutto ciò è stato fatto per l'evoluzionismo, il
quale viene dato come certo.


Invece è ancora tutto da dimostrare. Nei primi decenni di questo secolo, a
Piltdown, Inghilterra, credettero di aver trovato un "anello mancante", cioè
dei frammenti ossei di un individuo mezzo uomo e mezzo scimmia. Era la
"prova" che l'uomo si era evoluto lentamente passando dalla scimmia all'Homo
Sapiens. Così come si dice che lo Pteranodonte è l'anello intermedio tra il
rettile e l'uccello (in realtà era solo un rettile volante, anzi planante, e
nient'altro: i pipistrelli sono "intermedi" tra gli uccelli e i topi?
Via...). Bene, ci volle mezzo secolo e la scoperta del metodo di datazione
dei fossili col Carbonio 14 per rendersi conto che l'uomo di Piltdown era un
falso clamoroso, orchestrato da un paio di dilettanti per rendersi famosi.
Un po' quel che accadde con le false teste di Modigliani "scoperte" a
Livorno da due studenti burloni.


A tutt'oggi, a intervalli irregolari, i paleontologi scoprono uno scheletro
di "uomo" anteriore all'ultimo "ominide" scoperto. E devono retrodatare la
comparsa dell'Homo Sapiens sulla terra. Lo stesso gli archeologi, che devono
anch'essi continuamente spostare all'indietro la data della comparsa della
scrittura. Infine l'ipotesi del big bang stesso comincia a scricchiolare. Ma
l'ostinazione di quanti pretendono che le scoperte di oggi non possano
essere contraddette da scoperte future permane inalterata. E questo con la
Scienza non ha niente a che vedere.


Insomma, a tutt'oggi, non ci sono prove convincenti che


a) l'universo si sia formato da solo e per caso;
b) che la vita sia comparsa da sola e per caso;
c) che l'uomo sia comparso da solo e per caso.


Dunque, ipotesi per ipotesi, la storia narrata dalla Genesi biblica continua
a sembrarci l'unica ipotesi che tutto spiega. Diceva Isaac Singer (premio
Nobel 1978): "Parecchi pensatori hanno attribuito al cieco meccanismo
dell'evoluzione più miracoli e prodigi di quanti ne abbiano mai potuti
attribuire a Dio tutti i teologi del mondo".


Prima dei romani


La civiltà prima di Roma presenta, grosso modo, la situazione seguente:


a) imperi mesopotamici e mediorientali (Assiri, Babilonesi, Caldei, Ittiti,
etc.);
b) Egitto faraonico;
c) città-stato greche;
d) barbari;
e) popoli e civiltà indiane e cinesi;
f) popoli e civiltà precolombiane (forse, ma si sa poco);
g) regni e popolazioni tribali africani.


Giustamente i manuali di storia si concentrano su quel che accadde nei
luoghi più civilizzati, cioè la Grecia e il vicino Oriente.


Qui ci imbattiamo in due misteri: Atene e Israele. Perché parliamo di
"misteri"? Perché si tratta delle uniche due realtà sopravvissute fino ad
oggi, nel senso che continuano a influenzare l'attuale nostra civiltà.
Infatti sono completamente spariti i Faraoni e Sparta, Nabucodonosor e
Ammurabi. Ma gli Ebrei ci sono ancora, così come l'idea di democrazia e la
filosofia ellenica. Ma procediamo con ordine. Quando si pensa alla Grecia di
allora vengono in mente nomi di città come Tebe, Sparta, Micene. Città
abitate da poche migliaia di abitanti, sempre in guerra tra loro.


Ma Atene era diversa. La democrazia ateniese ancora oggi è oggetto di
studio, diversamente da Sparta, per esempio (che pure colpisce la nostra
immaginazione).


Ancora oggi gli studenti devono cimentarsi con i teoremi di Euclide e di
Pitagora, con la filosofia di Platone e Aristotele, con le tragedie di
Eschilo e di Sofocle. Ma non si studiano più, per esempio, il pensiero di
Ramsete II né l'astrologia caldea. Insomma il pensiero greco è un unicum,
tant'è che i Romani conquistatori lo fecero proprio in toto, dèi compresi.
Invece si tennero culturalmente alla larga dagli altri popoli conquistati.
Perché? Boh.


Altro boh: gli Ebrei. Il loro capostipite, si sa, è Abramo. Ma Abramo era
della città di Ur, e Ur era una città caldea. Ora i Caldei sono un popolo
così antico che le sue tracce si perdono nella leggenda e nella notte dei
tempi. Dunque gli Ebrei sono antichissimi. Non solo. Essi erano diversi da
tutti gli altri popoli. Non avevano arte, pittura, scultura, letteratura,
architettura. Niente. Solo la Scrittura.


L'unica cosa a cui si dedicavano era la Scrittura e il continuo commento ad
essa. Vietate le immagini e le statue, l'unica costruzione che si ricorda
era il Tempio. Anche il governo era in mano ai sacerdoti. Eppure questo
popolo ha attraversato i millenni ed è ancora tra noi, sempre attaccato, nei
più, a quella sua Scrittura e a quell'antichissima Promessa. Due misteri,
dunque, nella storia antica, cui andiamo subito ad aggiungere il terzo.


Roma


Chi voglia laurearsi in giurisprudenza, oggi, deve sostenere gli esami di
Diritto Romano, Storia del Diritto Romano e Istituzioni di Diritto Romano. A
parte il fatto che anche chi vuol laurearsi in Medicina parte handicappato
se non conosce il greco e soprattutto il latino, osserviamo subito che
nessuna istituzione del mondo antico continua a condizionarci come Roma.
L'ossessione per le strutture dell'Impero Romano ci accompagna da sempre.


Contrariamente a quel che si crede i cristiani rimpiansero Roma; infatti,
alla prima occasione, ne ripristinarono l'Impero con Carlo Magno, Impero che
fu Sacro e Romano. I monaci medievali copiarono pazientemente tutte le opere
antiche, tanto da permetterne un grande revival nell'Umanesimo e nel
Rinascimento. Chi si lamentava dei mali d'Italia, come Machiavelli e
Guicciardini, guardava con nostalgia all'Impero Romano. Tutti i fondatori di
imperi, successivamente, innalzarono aquile e labari, da Napoleone (il suo
"stile impero" era tutto pepli, colonne, fasci littori, lauri) a Mussolini,
a Hitler.


Perfino gli Usa tengono l'aquila nell'emblema e i politologi americani
ancora studiano con accanimento quell'antico Impero europeo. Perché mai?
Perché ancora oggi le nostre strutture statali hanno nomi romani? Prefetto,
questore, provincia, democrazia, tributo, fisco, comizi, scrutini, eccetera.
I carabinieri sono divisi in "legioni" e la Chiesa in "diocesi". I popoli di
tradizione cattolica sono detti "latini" e la Chiesa cattolica continua a
chiamarsi "romana". Insomma, il mondo civilizzato non potrebbe essere quello
che è senza Roma. Roma era speciale.


Innanzitutto era una repubblica, e tale rimase anche quando il suo supremo
magistrato prese il titolo di Imperator. Prima di Augusto il Senato eleggeva
due consoli, uno dei quali, a turno, comandava l'esercito (l'Imperator). Poi
le due cariche si fusero, ma l'Imperatore rimase sempre un magistrato
designato; cosa che distingueva Roma dai circostanti popoli, i quali
conoscevano solo la monarchia ereditaria in cui il re era anche sacerdote
supremo e dio egli stesso. Negli ultimi tempi alcuni imperatori romani
ricorsero all'artifizio di adottare il proprio successore, proprio perché la
legge vietava l'ereditarietà delle cariche. Già, la legge. Ecco il genio
romano: la legge. I Romani ne avevano il culto, e qualsiasi barbaro sapeva
che avrebbe trovato più giustizia presso un magistrato romano che non
davanti al suo stregone. Per questo i popoli confinanti cercavano di entrare
nell'Impero, un po' come oggi il sogno di molti profughi è la cittadinanza
americana.


Sappiamo che grandi rivolte scoppiarono perché i popoli federati con Roma o
legati ad essa da vincoli di vassallaggio volevano partecipare della
cittadinanza romana. Negli Atti degli Apostoli vediamo san Paolo
imprigionato durante un tumulto, ma poi liberato con tante scuse quando
rivela di essere cittadino romano. Non solo. Il palestinese Paolo in
quell'occasione si appella a Cesare, com'è suo diritto, e riceve dal
proconsole una scorta di settanta cavalieri e duecento soldati perché lo si
porti a Roma da Claudio Nerone.


La religiosità romana


I Romani avevano, sì, i loro dèi (quelli greci, con i nomi variati:
Zeus=Giove, Hera=Giunone, Athena=Minerva, e così via), ma erano molto
superstiziosi e temevano di offendere le nuove divinità che incontravano man
mano nell'espandersi. Per questo avevano il Pantheon (dal greco: "tutti gli
dèi"), tempio in cui tutte le divinità dell'Impero erano venerate. Per
sicurezza ci tenevano anche un altare al "dio ignoto".


Tiberio, saputo che in Palestina era sorta una nuova religione, propose
addirittura al Senato di innalzare nel Pantheon una statua a quel Cresto che
alcuni dicevano risorto. Non se ne fece nulla per l'opposizione degli Ebrei
(per i quali Gesù non era affatto il Messia ma solo un rabbi eretico; del
resto gli Ebrei non potevano adorare immagini) e dei cristiani, che non
acconsentivano di vedere il loro Dio in mezzo ai falsi idoli.


I Romani nelle loro province si limitavano a imporre le tasse e a riservarsi
la pena capitale (per questo il Sinedrio fa condannare Gesù da Pilato); per
il resto erano rispettosissimi dei costumi locali. Ma, come si è detto,
erano superstiziosi e tutta la loro vita veniva scandita da una serie di
riti, cerimonie e scongiuri per ingraziarsi una folla enorme di divinità, da
quelle "della soglia" a quelle del focolare, della guerra, della pace, del
grano, della pioggia, eccetera. Lo Stato distingueva però tra religioni
"lecite" e "illecite".


Queste ultime erano quelle i cui riti contrastavano notevolmente con
l'ordine pubblico, i costumi e la giustizia romana. Le persecuzioni nei
confronti del Cristianesimo, per esempio, furono dovute a una serie di
incidenti che convinsero alcuni imperatori a classificare la religione
cristiana come "illicita". Stessa sorte, tuttavia, ebbe il manicheismo
persiano, per il quale Diocleziano stabilì la pena del rogo.


Innanzitutto è bene chiarire che il Cristianesimo non si presentò affatto
come "religione dei poveri". Il messaggio cristiano fu subito
interclassista: pensiamo ai Magi; a Lazzaro, che il Vangelo ci dice ricco e
"amico dei romani"; a Zaccheo, "capo dei pubblicani" (i pubblicani erano gli
esattori delle imposte, che riscuotevano in appalto per gli occupanti
romani); a Giuseppe d'Arimatea (il seppellitore di Gesù), "membro distinto
del Sinedrio". Non solo.


Lo stesso Gesù vestiva con una tunica talmente pregiata ("tessuta in un
pezzo solo") che i soldati sotto la croce preferirono giocarsela a dadi pur
di non dividerla. Il discorso cristiano sulla povertà era in realtà di
ordine interiore: condannava solo l'avidità e l'attaccamento al denaro, cose
che possiamo benissimo leggere anche negli occhi di un mendicante. Già ai
tempi di san Paolo vediamo il Cristianesimo penetrare negli strati alti
della società romana e perfino dentro la stessa casa imperiale. Ancora oggi
la Chiesa venera come Santi senatori, consoli, alti funzionari romani (san
Sebastiano, per esempio, era un alto ufficiale dei pretoriani, la
sceltissima guardia del corpo dell'Imperatore; santa Flavia Domitilla era
parente stretta di Vespasiano).


Le persecuzioni anticristiane furono in realtà sporadiche, localizzate e non
da tutti i funzionari periferici applicate. Anzi, nel clima corrotto della
decadenza, in molti luoghi i cristiani riscuotevano grande simpatia perché
ricordavano le antiche virtù stoiche che avevano fatto grande Roma. L'ultima
persecuzione, quella di Diocleziano, fu particolarmente feroce e cruenta
solo perché questo imperatore aveva creato un'efficiente e capillare
burocrazia e si proponeva di accentrare nelle sue mani tutte le funzioni
dello Stato. La prima persecuzione fu quella di Nerone, ma si limitò alla
sola città di Roma.


Pare vi sia stato spinto dalle donne di cui era succube (come Poppea), le
quali praticavano la religione giudaica e vedevano il culto del falegname
risorto come un'eresia blasfema. Le successive furono provocate da eresie
interne al Cristianesimo, come quella montanista. I montanisti (così detti
dal loro capo, Montano) rifiutavano il servizio militare e il giuramento di
fedeltà allo Stato, perseguendo fanaticamente il martirio con l'abbattere
idoli pagani e incendiare templi. Invece il Cristianesimo ortodosso era
perfettamente leale con l'Impero, tant'è che le legioni pullulavano di
cristiani. Ma gli imperatori non erano avvezzi a sottili distinguo in quella
che per loro era solo una delle tante religioni dell'Impero e, di fronte
all'"obiezione di coscienza" dei soldati montanisti, se la prendevano con
tutti i cristiani. Allora molti autori cominciarono a indirizzare agli
imperatori delle "Apologie", cioè degli scritti in cui spiegavano tutto e
cercavano di far intendere che Roma nulla aveva da temere dai cristiani. Il
più famoso di questi apologeti fu Tertulliano. Ma quasi mai riuscirono nel
loro intento.


In realtà la posizione del Vangelo nei confronti del servizio militare e
della lealtà allo Stato era chiara. Giovanni Battista, di fronte a una
domanda precisa, aveva detto a dei soldati non di cambiare mestiere, ma di
contentarsi della paga e di non angariare nessuno.


Cristo elogia pubblicamente il centurione di Cafarnao per la sua fede. Il
primo pagano convertito al cristianesimo è Cornelio, il capo della Coorte
Italica di stanza a Cesarea. Gesù dribbla il tranello dei farisei quando
dice loro di "dare a Cesare quel che è di Cesare"; e rassicura Pilato
affermando che il suo "regno non è di questo mondo". Insomma Cristo non si
presentò come eversore, tant'è che lo stesso Pilato, capitolo, voleva
salvarlo. In molti processi a soldati montanisti si vede il magistrato che
obietta come i loro commilitoni cristiani non abbiano nulla in contrario a
giurare davanti alla statua dell'Imperatore.


Ma alcuni imperatori fecero di ogni erba un fascio e, per tagliare la testa
al toro, ordinarono a tutti i cittadini - soldati compresi - di sacrificare
agli dèi dello Stato. Questo i cristiani non potevano farlo; da qui la
persecuzione. Intere legioni vennero sterminate perché composte da
cristiani.


Ma come mai si aveva una presenza di cristiani così forte nelle armate
imperiali? Si tenga presente che la stessa parola "pagano" è di origine
militare. Paganus era l'abitante del pagus, cioè del borgo, e il termine
veniva usato dai soldati così come quelli odierni chiamano "borghesi" o
"civili" i non militari.


La parola passò a indicare i non cristiani sia per la fortissima presenza
cristiana nelle legioni sia per la dottrina "militante" del Cristianesimo.
San Paolo nelle sue Lettere usava continuamente termini militareschi ("lo
scudo della fede", "l'elmo della salvezza", "la spada della parola di Dio",
eccetera) e paragonava alla vita militare il combattimento spirituale
cristiano contro il peccato e il male. Infatti le ritualità, il portare
un'uniforme, la gerarchia, l'obbedienza, il coraggio, la frugalità, il
lavoro di squadra, lo sprezzo della vita e la difesa dei deboli sono comuni,
se ci si fa caso, sia ai monaci cristiani che ai soldati.


La democrazia antica


La democrazia antica non ha nulla a che vedere con quella moderna.
Nell'Atene di Pericle votavano solo i cittadini maschi e liberi che pagavano
le tasse, in base al principio che solo chi sovvenzionava la cosa pubblica
aveva il diritto di metterci bocca.


Non solo. Si trattava di una comunità di poche migliaia di anime, che
votavano su argomenti precisi e alla portata di tutti. Per esempio se dare
l'ostracismo (cioè l'esilio) o meno a qualcuno ben conosciuto; naturalmente
gli argomenti "alti" erano al di sopra del voto. Infatti Socrate venne
condannato a morte perché metteva in dubbio l'esistenza degli dèi.


A Roma era la stessa cosa. Anche ai tempi dell'Impero chi votava erano i
cittadini di Roma; e, tra essi, solo quelli provvisti di un certo "censo",
cioè i più facoltosi. Infatti la carica di Censore designava il magistrato
che periodicamente immetteva nelle liste elettorali i nuovi aventi diritto e
ne espungeva quelli caduti al di sotto di un certo reddito. Com'è noto a un
certo punto anche i plebei vollero almeno un magistrato che li
rappresentasse collettivamente, il "tribuno della plebe".


Schiavi e donne non avevano alcun peso pubblico. Erano letteralmente
proprietà del capofamiglia. Lo schiavo fuggiasco veniva inchiodato allo
stipes, la stanga che chiudeva la porta della casa. La pena di morte per i
non Romani era la stessa, solo che lo stipes veniva sospeso al patibulum,
formando una croce. San Pietro, palestinese, venne infatti crocifisso; san
Paolo, cittadino romano, ebbe l'onore della decapitazione. La schiavitù era
una condizione giuridica che prescindeva dalla ricchezza personale.


Infatti si dava il caso di schiavi ricchi ancora giuridicamente legati al
padrone caduto in miseria. Non tutti gli schiavi assurti a ricchezza avevano
voglia di spendere per affrancarsi e diventare liberti.


Qualcuno lo faceva, altri no. Il fatto è che la schiavitù era considerata
un'istituzione antica come l'uomo, nella natura stessa delle cose. Le
rivolte servili (come quella del famoso Spartaco) non erano rivoluzioni tese
a sovvertire l'ordine costituito: gli schiavi ribelli volevano affrancare
solo se stessi. Va da sé che, potendolo, avrebbero comprato anche loro degli
schiavi.


Il Cristianesimo non abolisce la schiavitù: avrebbe provocato solo un bagno
di sangue Si limita a minare l'istituzione dall'interno, dicendo che davanti
a Dio siamo tutti uguali e che il padrone deve amare lo schiavo come suo
prossimo. Anche quando il Cristianesimo diventa religione, prima autorizzata
e poi di Stato, la schiavitù non viene soppressa. La si aggira tramite
istituzioni caritative che pagano l'affrancazione di schiavi solo dopo aver
potuto garantire ai liberti un pezzo di terra per mantenersi. Diversamente
accadrà dopo la Guerra di Secessione americana: gli schiavi, dichiarati
liberi, si ritrovarono liberi di morire di fame come disoccupati.


La condizione della donna nel mondo antico non era dissimile. Nemmeno nel
civilissimo mondo romano. Difficilmente, studiando la storia di Roma, ci si
imbatte in nomi femminili. Si ricordano madri (come Cornelia) o amanti
imperiali (come Messalina). Non solo. I nomi di donna che si incontrano non
sono nemmeno nomi: sono cognomi. Giulia, Cornelia, Flavia erano infatti il
nome della casata, perché i Romani premettevano il cognome al nome proprio.
Poiché le donne non avevano personalità giuridica era inutile fornirle di
nome proprio.


Di più: i padri, avendo diritto di vita e di morte sui figli, lasciavano
vivere i nati maschi ed "esponevano" la maggior parte delle femmine (le
neonate indesiderate, se sufficientemente robuste da sopravvivere, venivano
portate via dai mercanti di schiavi).


Sarebbero state un peso: andavano provviste di dote e sposate, cosa non
sempre facile. Avendo dunque, il più delle volte, una sola figlia femmina
era inutile darle un nome proprio; bastava quello di famiglia. La donna poi
passava dalla tutela del padre a quella del marito, e faceva parte della
proprietà come i figli e gli schiavi. Il mondo romano era un mondo maschile,
di funzionari e soldati.


La novità cristiana consisteva nel dichiarare "persona" anche le donne e gli
schiavi. Infatti le martiri dei primi secoli non vennero uccise in quanto
cristiane bensì perché, in quanto cristiane, si ribellavano all'autorità del
padre. Infatti, rifiutando le nozze per consacrarsi a Dio, infrangevano la
struttura più intima dell'ordinamento giuridico col rivendicare un diritto
(quello di decidere della propria vita) che non potevano avere. Dunque
meritavano la morte. Qui sta l'unica "rivoluzione" (se così la si vuol
chiamare) apportata dal Cristianesimo; il quale, tra l'altro, mai si sognò
di praticare quel "comunismo primitivo" che alcuni pretendono. I primissimi
cristiani (ma non tutti e non in tutti i luoghi) mettevano liberamente a
disposizione della comunità i loro averi, cosa fattibile in piccoli
aggregati, ma poi lasciata cadere per ovvii motivi pratici appena la
cristianità si allargò.


Il Cristianesimo


Il Cristianesimo si presenta subito come una religione "desacralizzante".
Cristo dimostra di essere Dio e di padroneggiare sia gli elementi che i
demoni.


Egli dice che l'uomo non deve avere più paura delle forze ostili che lo
circondano, naturali o sovrannaturali, perché tutto è sottomesso all'unico
Dio che è padre buono. Ora, poiché tutto quel che Dio ha creato è buono (la
Genesi lo ripete sei volte: "...e vide che ciò era buono"), l'investigazione
della natura adesso non solo è possibile ma anche raccomandata.


Per questo il Cristianesimo accolse subito la filosofia greca (lo vedremo
meglio parlando del Medioevo). La Risurrezione di Cristo produce negli
affranti discepoli una sorta di esplosione di gioia. La storia dimostra che
quello sparuto manipolo, dileguatosi dopo la morte del Maestro,
immediatamente si lanciò in un'attività pubblica senza precedenti,
diffondendo il nuovo messaggio a macchia d'olio. Ora, senza i miracoli, ciò
non sarebbe potuto avvenire.


Infatti gli Ebrei volevano le prove che Gesù fosse davvero il Messia, e gli
scettici pagani credevano più ai fatti che non alle chiacchiere. Ma
inizialmente la predicazione cristiana si concentrò sugli Ebrei.


Infatti la concezione che la Promessa del Messia riguardasse solo i
discendenti di Abramo era condivisa anche dagli Apostoli, i quali
predicavano esclusivamente nelle sinagoghe. Poi san Pietro riceve una
visione soprannaturale che gli ordina di non considerare "impuro" più
nessuno. Così la predicazione viene estesa ai pagani. Tuttavia la Chiesa
nascente dibatte sull'opportunità o meno di circonciderli, cioè di farli
aderire alla religione ebraica, sia pure nella nuova versione cristiana. Ma
Paolo si oppone e la spunta. Tuttavia anche Paolo inizialmente si rivolge ai
soli Ebrei. Fino al giorno in cui gli appare Cristo e gli dice di andare a
Roma. Dicono gli Atti degli Apostoli che egli voleva ancora predicare in
Asia Minore, ma "lo Spirito glielo vietò". Poi ebbe la visione di un
Macedone che lo pregava di aiutare il suo popolo. Ora la Macedonia era in
Europa. La conferma Paolo la ebbe mentre era in carcere.


Al solito i giudei avevano aizzato contro di lui una sommossa, e il
proconsole romano lo aveva fatto incatenare. La notte gli era apparso Cristo
il quale gli aveva ordinato di andare a Roma. Solo allora Paolo rivela di
essere cittadino romano e di avere diritto ad appellarsi a Cesare, cioè
all'imperatore Nerone. Così il proconsole lo fa scortare fino a Roma. Qui le
donne di cui era succube Nerone (Poppea e Agrippina) erano "proselite"
giudaiche, cioè convertite alla religione degli Ebrei. Esse spinsero Nerone
ad accusare i cristiani dell'incendio di Roma, nel 64 d.C. Fu la prima
persecuzione, quella in cui persero la vita Pietro e Paolo.


Dunque il Cristianesimo riceve una spinta da Dio stesso a rivolgersi verso
il mondo greco-romano, quasi contro la volontà degli stessi Apostoli. Dal
mix tra Cristianesimo, filosofia "razionale" greca e organizzazione romana
nasce quella che oggi chiamiamo "civiltà occidentale".
Il Sacro Romano Impero


Non è vero che il Cristianesimo abbia contribuito alla dissoluzione
dell'Impero Romano. È vero il contrario. Secondo i Padri della Chiesa, anzi,
l'Impero era stato voluto da Dio per tenere a bada le forze oscure del caos.
All'interno del suo perimetro c'era ordine, disciplina e tranquillità:
finché fosse durato le forze dell'Anticristo non avrebbero prevalso. Questa
era anche l'opinione di san Paolo. In effetti alcune coincidenze sono
singolari: l'ultimo imperatore romano fu Romolo Augusto, detto Augustolo
perché giovanissimo. Romolo era stato il mitico re fondatore di Roma,
Augusto aveva creato l'Impero. Fu ritenuto provvidenziale che Roma finisse
con un capo che riassumeva in sé i nomi dei due fondatori.


Costantino sarà il fondatore dell'Impero Orientale, Bisanzio. Ebbene
l'ultimo imperatore bizantino, che cadrà sugli spalti contro i Turchi, si
chiamerà anch'egli Costantino. Non solo. L'Impero Romano fu ripristinato,
adesso "Sacro", da Carlo Magno. L'ultimo rappresentante del Sacro Romano
Impero si chiamerà anch'egli Carlo, e sarà il nipote di Francesco Giuseppe
d'Austria.


Dunque i cristiani si considerarono legittimi eredi dell'Impero Romano, e lo
ripristinarono alla prima occasione. Cioè quando un capo cristiano (Carlo
Magno) fosse riuscito in qualche modo ad assicurare ordine e stabilità.
Carlo assunse su di sé questo compito, che portò avanti tutta la vita
difendendo l'Impero Sacro e Romano contro i pagani esterni.


La nascita del Medioevo


Senza le legioni a garantire l'ordine pubblico e a tenere a bada i barbari
che premevano ai confini l'Europa sprofondò nel caos. Proprio da questo caos
nacque, in modo del tutto naturale, quello che chiamiamo con termine
improprio Medioevo (infatti sarebbe più appropriato chiamarlo Cristianità).


In una situazione di estrema insicurezza è istintivo cercare di mettersi
sotto la protezione di un potente. Facciamo un esempio. Orde di banditi
infestano le strade, quasi non posso nemmeno uscire ed ho tre figlie femmine
da proteggere. Dall'altra parte del fiume c'è uno che ha sei figli maschi,
giovani e forti; in più ha denaro, terra e armi. I banditi si guardano bene
dall'attaccarlo. Allora gli chiedo protezione, dò le mie figlie in mogli ai
suoi figli più grandi e mi dichiaro pronto a intervenire al suo fianco in
caso di bisogno. Ecco nato il patto feudale, con l' "omaggio" (che vuol dire
"io sono uno dei tuoi uomini") e lo scambio di protezione contro fedeltà.


La parola "feudo" viene dal latino fides, che vuol dire appunto "fedeltà",
"affidamento". Altri vicini seguono il mio esempio e, qaundo siamo in numero
cospicuo, chiamiamo il nostro signore "barone" o "conte" (comitis =
compagno; del re, in questo caso) e lo aiutiamo a costruire un castello
fortificato. In esso ci trincereremo in caso di attacco.


Il signore dovrà governarci, cioè dirimere le nostre controversie e
difenderci. Egli, con tutti noi, suoi uomini, a sua volta ha giurato fedeltà
a uno più potente, e così via. In cima ci sarà il re. Ecco creata una
struttura politica dal basso, basata solo sulla parola data. Infatti nel
Medioevo l'insulto più sanguinoso era "fellone", cioè spergiuro. Sembra
incredibile come un'intera società abbia potuto crearsi e durare mille anni
sul solo fragile legame del giuramento. Eppure è così. E' un po' quel che
accade oggi nelle organizzazioni criminali di tipo mafioso: se ti rubano la
macchina (non solo in certi centri siciliani, ma anche in Giappone, o nel
Bronx) tu sai che se ti rivolgi alla polizia difficilmente rivedrai la tua
auto. Ma se ti rivolgi al boss locale la riavrai la sera stessa e vedrai il
ladro circolare con un occhio nero, se non peggio. Ovviamente quando il boss
in questione avrà bisogno che tu gli ricambi il favore non potrai tirarti
indietro.


Bene, si immagini un sistema del genere, però legale e addirittura
istituzionalizzato per necessità. Certo poteva degenerare, ma qui intervenne
la Chiesa. Infatti gli uomini di Chiesa erano gli unici ad aver conservato
un minimo di organizzazione in mezzo allo sfacelo generale. Essi sapevano
leggere, sapevano parlare in pubblico, sapevano stilare un atto giuridico e
conoscevano le antiche leggi. In più erano disciplinati e provvisti
dell'autorevolezza necessaria. Nei loro monasteri avevano conservato e
salvato, copiando e ricopiando, tutta la sapienza, la cultura, i documenti
del tempo in cui il mondo era civile e prospero. I barbari, che restavano
stupiti davanti ai palazzi romani in pietra e marmo, le statue, le terme, i
teatri, capivano che conveniva loro farsi insegnare le regole di una civiltà
immensamente superiore. E, man mano che accettavano di farsi cristiani,
introiettavano il sogno della ricostituzione dell'Impero Romano. A quei
predoni feudali (che potremmo paragonare, per propensione alla violenza, ai
teppisti di una qualsiasi curva di stadio), la Chiesa disse: "Avete voglia
di menare le mani? Bene, fatelo in difesa della vedova e dell'orfano, della
civiltà e dei deboli, e ne avrete lustro, onore e riconoscenza da parte di
Dio". Nacque così la Cavalleria.


Re, regine e cavalieri


Il re medievale aveva autorità, non potere. Esempio: mio padre è anziano e
più bassino di me, ma gli obbedisco perché è mio padre, non perché può
obbligarmi. Cioè egli ha autorità su di me, ma nessun potere. Così era il re
medievale, solo primus inter pares, "fratello maggiore" tra i suoi baroni.
Se voleva scendere in guerra doveva chiedere ai suoi baroni di seguirlo. E
non poteva costringere chi rifiutava. Se ne aveva la forza allora poteva
farlo, sennò doveva rinunciare. Le guerre medievali tra Francia e
Inghilterra furono appunto dovute al fatto che il re d'Inghilterra, per via
di matrimoni, era vassallo del re di Francia. Tutti i re, poi, erano
(formalmente) soggetti all'autorità dell'Imperatore Sacro e Romano. Ma il
Barbarossa, per esempio, dovette intervenire con la forza per far rispettare
i patti ai comuni della Lega Lombarda che si erano unilateralmente
dichiarati "liberi".


La Cristianità medievale non conosce distinzioni tra donne e uomini, tra
bambini e adulti. Le cose le faceva chi le sapeva fare, maschio o femmina,
vecchio o giovane. Ecco perché troviamo l'epoca medievale piena di regine
(dunque le donne potevano accedere alla massima autorità politica) e di re -
e pure cardinali - adolescenti. La maggiore età giuridica praticamente non
esisteva: la titolarità dei diritti era esercitata a partire dal momento in
cui uno era effettivamente in grado di assumersela, cosa che poteva
benissimo accadere a tredici anni.


L'infanzia, come la giudichiamo oggi, non esisteva. Cioè i bambini venivano
trattati come gli adulti. Infatti, secondo la concezione dell'epoca,
l'infanzia era (ed è) un periodo di totale soggezione, dal quale era carità
cercare di farne uscire al più presto i bambini. Non esistevano i
giocattoli, solo attrezzi di lavoro più piccoli per imparare osservando
l'opera del padre. Anche per gli uomini d'arme era così.


Manovrare un cavallo con una sola mano in mezzo a una battaglia e combattere
con l'altra richiedeva un'addestramento continuo e iniziato da piccoli, per
una "carriera" che durava suppergiù quanto quella di un calciatore odierno.
Da qui i tornei continui, per tenersi in allenamento in periodo di pace. Da
qui anche la decima parte dei prodotti della terra da versare al signore; il
quale, dovendo occuparsi di giustizia, amministrazione e difesa, non aveva
certo tempo per lavorare.


Il cosiddetto "diritto di maggiorasco", secondo il quale tutta la proprietà
andava in eredità al figlio maggiore (e gli altri restavano a bocca
asciutta), come tutte le cose che riguardano il Medioevo è un concetto che
va rivisto. Innanzitutto ogni luogo aveva le sue usanze, che per giunta
variavano nel tempo. Per esempio in certi posti della Francia e della
Germania il "maggiorasco" era un "minorasco", poiché era il figlio minore a
ereditare tutto. Perché? Perché era quello che restava più a lungo con i
genitori, provvedendo così alla loro vecchiaia.
Comunque il maggiorasco aveva una sua logica: la maggiore ricchezza era la
terra la quale, se troppo spezzettata, non produce più niente. Non solo. Il
figlio maggiore era anche quello che prima degli altri era in grado di
difendere il feudo e la proprietà.


Gli altri figli, se maschi, potevano combinare buoni matrimoni, darsi alla
Cavalleria o al clero. Per quelli di non alto lignaggio il problema non si
poneva neppure.


Il feudo


"Jus primae noctis" e servitù della gleba. Due leggende da revisionare. Il
primo fu trovato dai missionari cristiani in qualche tribù pagana del
Nordeuropa, e subito fieramente combattuto.


Rimase, in alcuni posti, come tassa da pagare al signore. Poiché il
linguaggio medievale era molto fiorito "diritto della prima notte" rimase a
significare la tassa matrimoniale da versare al signore. Il quale doveva
contraccambiare con un regalo e porre la sua mano sul letto nuziale nel
corso della cerimonia. Ma anche questa forma castigata sparì presto, per
l'opposizione della Chiesa: una tassa sul matrimonio collideva con la
libertà del sacramento.


Servitù della gleba. Il temine fa pensare a poveri cristi pressoché schiavi
perché "comprati e venduti" con il feudo. Anche oggi si parla di "mobilità
del lavoro", solo che i lavoratori non ne vogliono sapere. Infatti a loro
interessa più la "stabilità" del lavoro. Cioè la sicurezza del posto.
Infatti, se guardiamo le cose dal suo punto di vista, il servo della gleba
era sì legato alla terra, ma nel senso che non poteva essere licenziato se
la terra cambiava padrone. Il quale era direttamente interessato alla sua
prosperità (altrimenti avrebbe percepito la decima di niente). La tassa
matrimoniale serviva appunto a scoraggiare i matrimoni fuori dal feudo,
perché avrebbero finito per far spostare lo sposo o la sposa. Quando lo zar
Alessandro II, nel secolo scorso, abolì in Russia la servitù della gleba,
provocò una mezza rivolta di servi della gleba che non ne volevano sapere:
intuivano perfettamente che ciò avrebbe significato per loro la perdita
della sicurezza del posto di lavoro.


L'organizzazione del feudo funzionava pressappoco così: il re concedeva a un
suo vassallo una terra da amministrare e su cui vivere, lui e i suoi
comites, cioè compagni d'arme. Essi stavano nel castello, al centro, sempre
pronti a ricoverarvi i contadini in caso di pericolo. Su quella terra viveva
e lavorava un certo numero di famiglie, le quali erano tenute a versare
parte dei prodotti al signore. A turno avevano diritto al pascolo, a
raccogliere la legna, a cacciare. La mietitura non poteva essere effettuata
con la falce lunga perché i poveri avevano diritto di spigolare quel che
restava dopo la mietitura. La caccia grossa spettava al signore per un
motivo di praticità: il cinghiale, per esempio, richiedeva destrezza a
cavallo e una vera e propria battuta.


Comunque questo condominio era regolato da leggi severissime, alle quali
tutti, anche i nobili, erano soggetti. Al signore conveniva amministrare
bene il feudo, che poteva essergli tolto dal re in qualsiasi momento per,
appunto, cattiva amministrazione o infedeltà, e dato ad un altro.
Praticamente, dal punto di vista giuridico, si trattava di una serie
concentrica di contratti di gestione. Quando la situazione politica divenne
più sicura poco a poco mercanti e artigiani presero a spostarsi nelle città.
Per via del loro mestiere avevano bisogno di libertà di movimento, e
soprattutto di potersi svincolare dai contratti che li legavano ai signori
feudali. Da qui l'origine dei "liberi" comuni.
Va pur detto che i comuni fecero presto a stringere, I a loro volta,
contratti feudali con le campagne dei dintorni.


La famiglia


Nella concezione medievale la famiglia era tutto, l'individuo e lo Stato
niente. Il ragionamento era semplice: se l'unica ricchezza è la terra, e la
terra dura per sempre, per possederla e amministrarla ci vuole un'entità che
abbia la stessa durata.


L'individuo muore, la terra rimane. Lo Stato? Lo Stato esiste quando esiste
un'autorità fornita del necessario potere, cosa che nel frastagliatissimo
periodo feudale era solo un ricordo, il ricordo di Roma. Non rimane che la
famiglia, la quale dura per sempre, così come la terra. Da qui le norme che
prevedevano il ritorno alle famiglie d'origine dei beni dei coniugi morti
senza figli.


Il concetto di proprietà non era più, dunque, quello romano, cioè il
"diritto di usare ed abusare" della cosa posseduta. L'individuo non ha
praticamente titolo a possedere; solo la famiglia lo ha. E le famiglie, a
loro volta, sono riunite in "famiglie" più larghe, i cosiddetti "corpi
intermedi": le associazioni di mestiere (corporazioni), le parrocchie, i
feudi, i regni. Tutti, poi, sono sotto una madre, la Chiesa, e un padre,
l'imperatore e sopra tutti Cristo Re. Da questa concezione "familiare"
discende una concezione diversa della proprietà. Sì, questa cosa è mia, ma
nel servirmene devo ricordare che ci sono anche gli altri. Insomma uso
"sociale" della proprietà. Come si ricorderà il feudo era praticamente di
tutti quelli che ci vivevano; ognuno aveva su di esso dei diritti che erano
solo diversi da quelli degli altri. Il termine "privilegio" deriva dal
latino privata lex, cioè "norma valida per il singolo". Tutti avevano dei
privilegi in questo senso. Oggi per "privilegiato" si intende uno che ha
qualcosa che gli altri non possono avere, perciò la parola ha un senso
odioso. Ma, a ben pensarci, daremmo una sola sedia, come a tutti gli altri,
a uno che pesa duecento chili? Sarebbe giusto dargliene due, e nessuno
troverebbe da obiettare. Questo è il senso che il termine "privilegio" aveva
nel Medioevo.


Spessissimo, poi, il privilegio era puramente onorifico (ma non per questo
meno ambito). Ne il principe e il povero di Mark Twain, il soldato, grazie
al quale ha riavuto il trono, riceve dal principe riconoscente il privilegio
di poter stare seduto davanti a lui, mentre tutti gli altri devono alzarsi
in piedi. Potrà trasmettere questo diritto ai suoi discendenti.
Quando il re di Francia rientrò in possesso del regno grazie a Giovanna
d'Arco il paese natale della Pulzella ricevette, per riconoscenza (lei era
già morta), l'esenzione perpetua dalle tasse

[Modificato da LiviaGloria 09/03/2007 15.45]

LiviaGloria
00venerdì 9 marzo 2007 15:44
http://groups.google.cz/group/it.scienza/msg/85ffaee012ba64d7?&hl=cs&q=VESCOVI+FEUDATARI+NEL+MEDIOEVO+controversie


La prima rivoluzione industriale


Il Medioevo è l'unico esempio di società sottosviluppata che si sia
sviluppata da sola.


La liberazione dalla paura superstiziosa delle forze della natura, la
santificazione cristiana del lavoro, l'abolizione della schiavitù e la
parità tra uomo e donna, produssero quella che è stata chiamata "la prima
rivoluzione industriale".


Il termine "lavoro" deriva dal latino labor. Solo che labor significava
"travaglio", "fatica". I Romani usavano il termine negotium, composto di nec
e otium, cioè "assenza di ozio". Essi distinguevano le attività in "servili"
(quelle degli schiavi) e negotia, quelle amministrative, politiche,
letterarie, le uniche degne dei ceti superiori. Il Cristianesimo ribalta
questa concezione e fa del lavoro, anche servile, un mezzo di santificazione
e ascesi. Infatti la maledizione di Adamo, nella Genesi, non consiste nel
dover lavorare, bensì nel "sudore della fronte", cioè nella penosità del
lavoro. Come alleviarla in mancanza di schiavi? La cristianità medievale
rispose: con le macchine. Certo anche gli antichi pagani conoscevano le
macchine e le usavano ma, avendo a disposizione gli schiavi, si limitavano a
quelle essenziali. Non solo. Essendo, adesso, l'alleviamento della pena
un'opera meritoria, ecco che lo scienziato si piega sul mondo del lavoro e
delle attività economiche: nasce la tecnologia.


I Greci conoscevano tutti gli automatismi principali e la geometria di base
(pensiamo ad Archimede o a Eratostene). Ma per i loro sapienti si trattava
di "amore del sapere" (philosophia), e nient'altro. Platone cacciò dalla sua
scuola un allievo che gli aveva chiesto a cosa servisse la geometria.
Infatti per i Greci la scienza non doveva avere alcuno scopo pratico. I
Romani, che erano grandi costruttori, invece utilizzarono le macchine, ma
non in modo intensivo, perché l'energia gratuita era fornita dagli schiavi.
E dalle donne. Infatti, ancora oggi, in certi documentari, vediamo le donne
del Terzomondo intente a macinare a mano i cereali e ad accudire i figli. Il
Medioevo, invece, applicò la massima di san Paolo: "Non c'è più né donna né
uomo, né libero né schiavo, né giudeo né greco", perché tutti sono figli di
Dio. Ecco allora l'uso intensivo dei mulini (ad acqua e a vento) che libera
le donne da una schiavitù antica e dà loro più tempo per dedicarsi alle
attività dello spirito. Il Cristianesimo, infatti, a differenza del mondo
pagano, riconosceva alle donne un ruolo in religione e, immediatamente sotto
Cristo, venerava una donna, Maria. Che, pur non essendo una dea, era madre
di Dio.


Nel mondo antico non mancavano inventori, ma si trattava di geni isolati, e
l'invenzione era nient'altro che uno sporadico colpo di intuizione. Invece,
per il Medioevo, l'investigazione della natura era una forma di lode
tributata a Dio Creatore. Si ribalta il concetto di invenzione: non più cosa
"scoperta", bensì cosa "ricercata". La ricerca scientifica nasce lì.
Esempio: il carbon fossile fu scoperto proprio perché da secoli si cercava
un'intensità di calore molto più alta di quella del carbone da legna. Per
fondere certi metalli, infatti, ci vuole un calore intensissimo. Senza un
metallo particolarmente resistente alla corrosione della salsedine si poteva
sì pensare di navigare al di là delle Colonne d'Ercole, ma non farlo
davvero.


Nascono così il verricello e la carrucola, la ferratura dei cavalli, le
staffe, l'arco rampante, la volta a crociera, la carriola, l'aratro
meccanico, l'aggiogatura a spalla, la vite elicoidale, il martinetto, lo
specchio, il sapone, il bottone. Eccetera. Più il perfezionamento e
l'utilizzazione su larga scala di invenzioni precedenti, come la bussola, il
vetro, la polvere da sparo, la carta.


Due parole per dare un'idea dell'importanza capitale di queste invenzioni.
Per esempio la staffa. La sua introduzione rivoluzionò l'arte della guerra e
pose le basi della potenza dei Franchi: puntando i piedi sulle staffe il
cavaliere poteva porre la lancia "in resta", cioè sotto il braccio; così
cavallo e cavaliere formavano un tutt'uno, con una potenza d'urto
dirompente. L'aggiogatura "a spalla" permise di sostituire il cavallo al bue
nell'aratura, con notevoli vantaggi di velocità. Infatti prima i cavalli
erano imbracati al collo; il collare da spalla permetteva all animale di
tirare con l'intero corpo.


La concezione cristiana del corpo come "tempio dello spirito" introdusse
l'igiene personale, cosa fondamentale nella lotta alle epidemie. I Romani
avevano si il culto del corpo, ma le loro terme erano luoghi di
rilassamento, non di pulizia. I bagni pubblici furono il boom del Medioevo.
Ci andavano uomini e donne, e anche suore e frati. Infatti la nudità non era
considerata affatto scandalosa, e la verginità diventerà un valore"
religioso solo in epoca molto tarda. Anzi fu per colpa delle accuse luterane
alla rilassatezza del clero cattolico che il peccato sessuale soppiantò
l'avarizia nei manuali per confessori. Sessuofobia del Medioevo cristiano?
Già. E Boccaccio? E l'Aretino? Infine la beneficenza. L'amore del prossimo,
è inutile dirlo, era un'idea sconosciuta ai pagani. I mercanti medievali
tenevano una voce apposita ("messer Dio") nei loro bilanci: la somma da
destinare alla beneficenza. Non solo. Grazie agli ordini religiosi
l'assistenza, l'istruzione e la redistribuzione della ricchezza a favore dei
più svantaggiati divenne organizzata e su larga scala.


L'apporto dei monaci medievali


Il "buio" Medioevo ci ha lasciato le cattedrali, la Summa di san Tommaso e
la Divina Commedia.


Cosa viene a vedere il turista in Europa? Le banche? I palazzi moderni? Le
stazioni ferroviarie? No. Le chiese e le città medievali e rinascimentali.
Questo fatto, da solo, testimonia che nulla di bello è più stato fatto, da
allora. Come se la bellezza fosse finita con quel lunghissimo tramonto della
Cristianità che, nello stile e nei gusti, arrivò quasi alla fine del
Settecento.


Certo si può ammirare il Colosseo o entrare in una piramide egizia. Ma il
freddo spettacolo del primo (ci ammazzavano la gente) e la sensazione
angosciosa che dà la seconda (è una tomba difesa da maledizioni) non sono
certo paragonabili allo stupore estatico e gioioso che dà l'interno di una
cattedrale gotica. Quelle costruzioni arditissime, la cui edificazione
durava secoli e dava lavoro a intere generazioni, quelle guglie svettanti,
quelle trine di pietra, quelle immense vetrate policrome, creavano problemi
che gli architetti medievali dovettero risolvere inventando una infinita
serie di marchingegni. A chi verrebbe in mente di erigere un edificio a
forma di croce? Eppure proprio perché così doveva essere, i costruttori
cristiani si costrinsero a risolvere problemi pazzeschi. E poiché la
cattedrale doveva poter contenere tutta la popolazione cittadina in Europa
si scatenò la gara a chi aveva la cattedrale più grande, più alta, più
bella, più ardita. Infine chi mai, oggi, investirebbe i suoi soldi in
un'opera che sarà ultimata tra quattro secoli? Solo la fede cristiana poté
creare quelle opere.


"Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in
sovrappiù", dice Cristo nel Vangelo. Così i cristiani medievali, cercando
solo di costruire una chiesa col suo campanile, hanno fatto vivere di
rendita noi posteri. La Torre di Pisa (capolavoro dell'arte mondiale, che
tutta la terra viene ad ammirare), infatti, è un campanile.


Così i monaci. Perché san Benedetto è patrono d'Europa? Perché è la sua
Regola ("ora et labora", "prega lavorando", poiché "il lavoro è preghiera")
che ha fondato la civiltà occidentale.


Benedetto, Bernardo, Francesco, erano personaggi che, desiderosi di
consacrarsi unicamente a Dio, con un gruppo di amici si allontanarono dal
mondo. Scelsero posti impervi, paludi, dirupi, selve impenetrabili, e vi si
stabilirono proprio per staccarsi dalla folla. Piazzata la loro comunità in
un luogo deserto e lontano, ebbero il problema di mantenersi. E giù allora a
dissodare, arare, vangare, per procurarsi il pane e il vino per il proprio
sostentamento e per la messa. Ma non avevano molto tempo da dedicare al
lavoro, dovendo prima di tutto pregare. Furono così costretti a
letteralmente inventare la "razionalizzazione del tempo", ciò che oggi non
ci permette di vivere senza un'agenda, un orologio e un calendario. Quando
tutti si regolavano col sole i monaci avevano la campana che scandiva le ore
canoniche. Cioè la giornata divisa in modo matematico e preciso.


L'obbedienza, la disciplina e l'assenza di scopo di lucro immediato, dopo
qualche tempo cominciava a dare frutto e quel luogo arido e desolato
prendeva a fiorire. Ma, non dimentichiamolo, i monaci erano lì soprattutto
per pregare. Dunque il poco tempo rimasto doveva essere speso benissimo.


Ecco perché i monaci inventarono la "ragioneria" e la partita doppia,
l'apicoltura (miele e cera per le candele), la piscicoltura (per i giorni di
astinenza), l'erboristeria medicinale, le tecniche di conservazione del cibo
(formaggi, birra, elisir, digestivi: ancora oggi, su molte etichette,
campeggia la figura di un monaco).


Il mondo monastico, egalitario ed elettivo, prevedeva elezioni, turni,
ballottaggi, assemblee, meeting internazionali (certi ordini religiosi erano
diffusi in tutta Europa). Quando un monastero si allargava, poco a poco i
contadini venivano a stabilirsi nelle vicinanze. Infatti quella terra, prima
desolata, adesso era fertile. I monaci cedevano il lavoro ai contadini per
poter meglio dedicarsi alla preghiera. Sorgeva così, attorno al monastero,
un intero villaggio, il quale attirava artigiani e mercanti. Con la chiesa
al centro la vita si svolgeva al suono delle ore canoniche, non più col
sole. I monaci aprivano allora una scuola gratuita per insegnare le nuove
tecniche. La comunità civile, prendendo esempio dai sistemi monastici, si
strutturava in modo democratico, con consigli, elezioni, eccetera.


Prima dell'avvento dei monaci l'Europa era un coacervo di paludi, selve
impenetrabili, burroni senza fine. Ricordate il "Varo, rendimi le mie
legioni"? Ben tre legioni romane erano entrate nella selva germanica e non
ne erano più uscite. I monaci crearono l'Europa "verde", la democrazia
"laica" e la cultura cristiano-latina (ricordiamo la loro attività di
copisti delle opere antiche).


L'opera della Chiesa


Poiché l'ha fatto meglio di quanto noi possiamo sperare di fare riportiamo,
sull'argomento, una memorabile pagina dello storico e Accademico di Francia
Pierre Gaxotte.


"Al tempo dei Romani, un'epoca rude e razionale, la Chiesa aveva recato la
consolazione nella miseria, il coraggio di vivere, l'abnegazione, la carità,
la pazienza, la speranza di una vita migliore, improntata a giustizia.
Quando l'Impero crollò sotto i colpi dei barbari, essa rappresentò il
rifugio delle leggi e delle lettere, delle arti e della politica.


Nascose nei suoi monasteri tutto ciò che poteva essere salvato della cultura
umana e della scienza. In piena anarchia la Chiesa era riuscita, in
sostanza, a costituire una società viva e ordinata, la cui civiltà faceva
ricordare e rimpiangere i tempi tranquilli, ormai passati. Ma c'è di più:
essa va incontro agli invasori, se li fa amici, li rende tranquilli, ne
opera la conversione, ne convoglia l'affluire, ne limita infine le
devastazioni. Davanti al vescovo che rappresenta un aldilà misterioso, il
Germano viene assalito dal timore, e retrocede. Egli risparmia le persone,
le case, le terre. L'uomo di Dio diventa il capo della città, il difensore
dei focolari, del lavoro, l'unico protettore degli umili su questa terra.


Più tardi, quando l'epoca dei saccheggi e degli incendi sarà passata, quando
occorrerà ricostruire, amministrare, negoziare, le Assemblee e i Consigli
accoglieranno a braccia aperte gli uomini della Chiesa, gli unici capaci di
redigere un trattato, portare un'ambasceria, eleggere un principe.


Fra le continue disgrazie (...), mentre nuove invasioni ungheresi, saracene,
normanne assillano i paesi, mentre il popolo disperso si agita senza alcun
indirizzo, la Chiesa ancora una volta tiene fermo.


Essa fa risorgere le tradizioni interrotte, combatte i disordini feudali,
regola i conflitti privati, impone tregue e opera accordi. I grandi monaci
Oddone, Odilone, Bernardo innalzano al di sopra delle fortezze e delle città
il potere morale della Chiesa, l'idea della Chiesa universale, il sogno
dell'unità cristiana. Predicatori, pacificatori, consiglieri di tutti,
arbitri in ogni questione, essi intervengono in ogni caso e dappertutto,
veri potentati internazionali, di fronte ai quali ogni altro potere
terrestre non resiste che a malapena.


Attorno ai grandi santuari e alle abbazie si intrecciano relazioni e viaggi.
Lungo le grandi strade, dove camminano le lunghe processioni di pellegrini,
nascono le canzoni epiche. Le foreste spariscono di fronte all'assalto dei
monaci che dissodano la terra. All'ombra dei monasteri le campagne
rifioriscono (celebre è la canalizzazione della pianura padana); i villaggi
già rovinati rinascono. Le vetrate delle chiese e le sculture delle
cattedrali sono il libro pratico nel quale il popolo si istruisce (...). I
Appannaggi, ricchezze, onori, tutto si mette ai piedi degli uomini della
Chiesa, e l'imponenza di questa riconoscenza basta da sola a far valutare la
grandezza dei benefici seminati da essi".


L'intero Medioevo è popolato di Santi e Sante (cioè gente che ha praticato
la virtù in grado eroico): Francesco, Caterina, Bernardo, Domenico. Tra
questi moltissimi i re e le regine. Si può dire lo stesso, oggi? Quale
modello umano viene ormai proposto ai giovani? Il cavaliere senza macchia e
senza paura, difensore dei deboli e degli oppressi? Il santo benefattore e
campione dell'autodisciplina? No: l'attore debosciato, la soubrette oca e di
facili costumi, il cantante nichilista e tossicomane, il calciatore
arricchito e smargiasso, il politico furbo (praticamente ciò che sarebbe un
rifiuto di qualsiasi comunità).


È la Chiesa medievale a inventare l'Università. Universitas studiorum =
luogo in cui sono radunati tutti gli studi. L'Università è un corpo
separato; esso dipende giuridicamente dalla Chiesa. Gli studenti hanno
propri magistrati e amministratori; per indicare la loro indipendenza dalle
autorità civili porta no l'abito ecclesiastico (da qui il proverbio "l'abito
non fa il monaco": poteva essere infatti uno studente). La Chiesa crea in
tutte le parrocchie scuole gratuite e comuni, uguali per tutti. Carlomagno,
vergognoso di essere analfabeta, rimproverava i figli dei nobili perché non
profittavano negli studi come i figli dei popolani. La differenza con l'oggi
è che la scuola non era obbligatoria. Ma chi non ci andava veniva guardato
con sufficienza.


Infine le pitture e le vetrate delle chiese erano "libri a fumetti",
immagini non solo sacre (vi erano rappresentati anche l'astronomia, i
mestieri, le scienze, gli eventi storici e politici) che istruivano anche
gli analfabeti in un'epoca in cui i libri (dovendo essere copiati a mano,
uno ad uno) erano costosissimi.


L'Islam


La storia del Cristianesimo è sinistramente punteggiata da due personaggi,
entrambi appartenenti al segno zodiacale dello Scorpione: Maometto e Lutero.
Curiosamente anche Giuda era uno Scorpione (così infatti lo rappresentò
Leonardo ne "L'ultima cena"); ma anche sant'Agostino lo era.


A soli vent'anni dalla morte del Profeta gli Arabi musulmani (ex pastori e
cammellieri, ora guerrieri) conquistarono tutta l'Africa cristiana ed ex
romana, sconfissero la superpotenza dell'Oriente (L'impero persiano) e
minacciarono seriamente Bisanzio. In più strapparono la Spagna ai Visigoti
ed avrebbero invaso l'Europa se Carlo Martello non li avesse fermati sui
Pirenei. L'espansione cattolica, impedita a Sud e ad Est dall'Islam, e poi
dal protestantesimo a Nord, provvidenzialmente si diresse a Ovest, sulla
rotta di Colombo. Ma di questo ne parleremo a breve.


I musulmani, adesso a contatto con l'ambiente greco-bizantino e
romano-africano, si dotarono di una raffinata cultura: filosofi e scienziati
crearono l'alcool, L'alchimia, L'algebra, i logaritmi, i numeri "arabi" con
lo zero. Termini astronomici come "zenit" e "nadir" sono arabi, si sa.
Furono anche audaci navigatori e fini costruttori. Da essi i cristiani
impararono molto. Dividevano il mondo in due: i seguaci del Profeta e gli
altri. Tra questi ultimi i fedeli del Libro (ebrei e cristiani) erano
tollerati, ma considerati cittadini di second'ordine. Tutti gli altri
potevano essere trattati da schiavi o uccisi se non si convertivano. Ma
l'Islam non fu mai un'entità monolitica; conobbe quasi subito divisioni e
scuole di pensiero. Quando quelli che oggi definiremmo "integralisti"
presero il sopravvento le cose precipitarono e la pacifica convivenza non
poté più continuare. Per questo sorsero le Crociate.


Non solo. Dal XV secolo in poi la cultura islamica comincia a decadere,
perdendo per strada scienza e filosofia. Mancò loro infatti la sintesi di
fede e ragione operata da San Tommaso e dalla Scolastica. Per il musulmano
Dio è impenetrabile, inconoscibile ed arbitro assoluto di tutto. Di fronte a
lui l'unico atteggiamento giusto è quello del muslim, "il sottomesso". La
pioggia cade in giù perché Dio vuole così; ma potrebbe volere anche il
contrario. Dunque è inutile chiedersi perché la pioggia cada anziché
ascendere; inutile investigare i misteri della natura, tempo perso. Invece
San Tommaso sosteneva che Dio non può sovvertire le leggi fisiche che Lui
stesso ha posto, perché, essendo sommamente razionale, non può contraddirsi.
Da qui la spinta in avanti del Cristianesimo. Il Cristianesimo è l'unica
religione con una "teologia", cioè una disciplina apposita che studia Dio.
Dunque Dio è conoscibile, e l'uomo può investigarlo. Anche attraverso lo
studio della natura e la riproduzione dei fenomeni naturali in laboratorio.
Insomma anche l'uomo può fabbricare fulmini, come Dio, e non c'è nulla di
male in questo. Anzi. Tutto è buono, a patto di usarne bene. Tra parentesi è
il Cristianesimo a introdurre il concetto di "progresso": la storia del
mondo, dice, ha un inizio (la Creazione) ed avrà una fine (L'Apocalisse e il
trionfo finale di Cristo), dunque va "avanti", e si deve preparare il
terreno perché tale trionfo giunga presto. Il mondo pagano, invece, era
fatalista, cioè credeva nel Fato, entità cieca che regola i destini degli
uomini come gli pare, senza un scopo preciso; il mondo pagano non andava da
nessuna parte: così era, così era sempre stato e così sempre sarebbe stato.


Dunque l'idea di migliorarlo non era nemmeno concepita.


Le due altre "religioni del Libro" (Ebraismo e Islamismo, che si rifanno al
solo Antico Testamento) diversamente dal Cristianesimo sono religioni del
"comportamento". Cioè basta seguire puntigliosamente i precetti (non
mangiare maiale, pregare le volte prescritte, osservare i periodi di
digiuno, etc.) per avere diritto al Paradiso. II Cristianesimo, al
contrario, basa tutto sull'intenzione retta, e non ha praticamente alcun
precetto, a parte i sacramenti, libere da impacci ritualistici ed allenate
al continuo perfezionamento interiore.


Per lo stesso motivo, paradossalmente, L'ateismo e l'agnosticismo sono
fenomeni nati in casa cristiana: poiché il Cristianesimo fa appello alla
ragione e l'apostolato si basa sulla capacità dell'altro di capire che la
verità è Cristo, deve ammettere che ci sia qualcuno che, a furia di
ragionare, possa arrivare a conclusioni opposte. Che Dio, cioè, non esiste.


Le Crociate


Si trattò di un pellegrinaggio armato, nient'altro. Le Crociate furono otto,
di cui solo due vittoriose. Gli scontri si svolsero in Terrasanta e i
periodi bellici durarono in tutto pochi decenni su diversi secoli. La
maggior parte dell'Islam quasi non se ne accorse.


Il papa Urbano II, a Clermont nel 1096, le "lanciò" quasi per sbaglio. In
sostanza egli disse agli irrequieti signori feudali: perché anziché battervi
tra voi non andate a proteggere i pellegrini cristiani? Infatti le cose a
Gerusalemme si erano messe male, proprio perché una corrente "integralista"
islamica aveva preso il sopravvento. Fino a quel momento i Luoghi Santi
erano stati custoditi dai Bizantini, eredi anch'essi dell'Impero Romano, ma
erano stati sconfitti e cacciati.


Quando si sente parlare di Bisanzio si pensa sempre a corruzione, omicidi,
lotta per il potere. Ma i bizantini chiamavano se stessi romàioi, cioè
"romani", e rum (ancora "romani") gli islamici chiamavano gli occidentali
(tracce ne troviamo anche oggi nella "Romania" e negli zingari rom).
Bisanzio, finché esistette, costituì il baluardo dell'Occidente contro i
Persiani, i musulmani, gli slavi, i mongoli, e le tribù balcaniche. Anche
nei suoi imperatori peggiori questo compito non le venne mai meno, fino alla
sua caduta nel 1453. Non si dimentichi che fu Bisanzio a cristianizzare i
popoli della Rus', a cominciare dal principato di Kiev.


Insomma, stupendo lui per primo, l'appello del Papa provocò una valanga. Ma
le Crociate fallirono per le beghe interne dei principi cristiani e per il
sabotaggio di Venezia, interessata solo ai suoi traffici. Ma anche per
motivi pratici. Chi ha letto Robin Hood sa che Riccardo Cuor di Leone,
assente per la Crociata, si vide soffiare il trono da suo fratello Giovanni
Senza Terra (che adesso ebbe la terra).


L'episodio serve a far capire che nessuno aveva un reale interesse a partire
per le Crociate. L'interpretazione (stantìa) marxista parla di "motivi
economici". Ma i motivi economici, semmai, consigliavano di restare a casa.
Invece un viaggio di anni, irto di pericoli, per andare a combattere vestiti
di ferro nel deserto a cinquanta gradi all'ombra, con la concreta
prospettiva di non tornare vivi. O di tornare e trovare un disastro a casa.
C'erano sì gli avventurieri, nelle Crociate, quelli senza nulla da perdere.
Ma i più andarono realmente per sciogliere il voto religioso. Federico
Barbarossa ci morì annegato, san Luigi IX di Francia ci morì di peste,
Riccardo d'Inghilterra si ritrovò col trono usurpato.


Ci furono ombre, come in tutte le cose umane, ma anche luci. Baldovino, il
re lebbroso, si faceva portare in battaglia in barella. Goffredo di Buglione
stupiva i musulmani perché la sua tenda, contrariamente a quelle dei capi
islamici, era austera e disadorna. I musulmani gli chiesero di mostrar loro
la sua forza leggendaria: gli portarono un vecchio cammello (uno scherzo di
natura: gigantesco) e gli chiesero di decapitarlo con un solo colpo. Lui
eseguì.


Riccardo Cuor di Leone, armato di un'ascia, tenne da solo la spiaggia in cui
stava sbarcando l'esercito cristiano: i nemici, stupiti e ammirati, smisero
di combattere. Il duca Boemondo non era uno stinco di santo, ma quando vide
i suoi quaranta cavalieri accerchiati da quattromila musulmani, confessò
pubblicamente i suoi peccati, poi ordinò l'assalto e riuscì a rompere
l'assedio. Pochi Templari tennero Acri per mesi, di fronte a centomila
nemici, sacrificandosi per far fuggire i cristiani.


Proprio il periodo delle Crociate fu quello dello scambio più intenso e
proficuo tra le due culture. I problemi sorsero perché i crociati (tra cui
molte donne-crociato), sciolto il proprio voto, se ne tornavano a casa. Ma è
inutile conquistare qualcosa se poi non la si tiene. Cominciarono i
Templari.


Alcuni cavalieri francesi decisero di farsi monaci e restare là. Però
armati, per difendere i pellegrini. Altri ordini seguirono, come gli
Ospitalieri, i Teutonici, i Portaspada di Livonia, eccetera, che si
dislocarono lungo tutte le frontiere della Cristianità.


Questi monaci-cavalieri applicarono alla perfezione le norme della Chiesa
sulla "guerra giusta". Già da tempo, infatti, la Chiesa aveva cercato di
porre un freno alla guerra: era ineliminabile, ma almeno la si poteva dotare
di regole, rendere cioè "cavalleresca".


Poco a poco, e sotto pena di scomunica, cominciarono le "tregue di Dio", le
"paci di Dio", il divieto di combattere nei periodi di ricorrenze religiose,
la distinzione tra combattenti e civili, il diritto di asilo, il trattamento
dei prigionieri, eccetera. Tutto ciò costituirà la base del diritto
internazionale odierno, e il suo corollario di "diritto bellico" (è il
motivo per cui si possono perseguire penalmente i "criminali di guerra").


Le Crociate videro moltissime pause di tranquillità, nelle quali cristiani e
musulmani convissero in Palestina. I crociati portarono molte novità in
Europa, novità apprese dal contatto con l'Islam.
La guerra nel Medioevo


La Chiesa non ha mai insegnato l' "obiezione di coscienza". Sa che c'è il
peccato originale e la guerra è inevitabile. Il cristiano è pacifico, non
"pacifista", perché non sempre la pace è meglio della guerra. Infatti dice
san Tommaso che la pace è "tranquillità nell'ordine". Dunque senza giustizia
non ci può essere pace. E spesso la pace va imposta e difesa. Per questo
esiste la polizia. Ma la Chiesa riuscì in qualche modo a umanizzare la
guerra. Ci si può combattere, infatti, senza farlo da bestie.


Pensiamo alla differenza tra un duello di gentiluomini settecenteschi e una
odierna rissa da stadio. I primi erano lì per uccidersi, certo (anche se le
regole permettevano una "soddisfazione" al "primo sangue"), ma lo facevano
scambiandosi cortesie e dandosi del "lei".


Poi fino alla Rivoluzione francese la guerra fu un affare di mestiere.
Nessuno era obbligato. Per questo le guerre medievali si risolvevano in
zuffe di pochi contro pochi, lontano dai centri abitati e pure dalle
colture. Conquistare un territorio devastato, infatti, non serviva a
nessuno. Non solo. Poiché era più vantaggioso far prigioniero un nemico per
cavarne un riscatto, i morti finivano per essere pochi. La mischia si
svolgeva più furibonda attorno ai cavalieri più riccamente addobbati, in
vista di un riscatto più cospicuo. Ma questi cavalieri erano anche quelli
meglio addestrati, così la cosa si risolveva tra gente di mestiere. Nella
famosa battaglia di Anghiari -si lamenta Machiavelli, stigmatizzando la
scarsa "serietà" delle guerre dell'epoca- ci fu un solo morto (per di più
caduto, da solo, di sella).


E' la Rivoluzione francese a inaugurare le guerre "ideologiche", quelle cioè
in cui si cerca di imporre le proprie idee ai conquistati. Essa inventa
anche l' "esercito di popolo", arruolando per forza tutti i maschi. I
Francesi (visto che la loro era una guerra ideologica) non fecero più
distinzione tra combattenti e civili e depredarono l'Europa. Quando gli
altri popoli si videro di fronte una valanga di milioni di armati dovettero
adeguarsi per difendersi. Così la guerra divenne massacro indiscriminato e i
morti cominciarono a contarsi a milioni.


L'Inquisizione


È più corretto parlare di Inquisizioni, al plurale, perché questa
istituzione ecclesiastica fu molto diversificata, a seconda dei tempi e dei
luoghi. Così abbiamo l'Inquisizione medievale, quella spagnola, quella
Romana (Sant'Uffizio), quelle laiche e quelle protestanti.


La prima nacque di fronte a un problema preciso: l' eresia catara. In verità
i catari, o neo-manichei, professavano non tanto un'eresia, quanto una vera
e propria religione alternativa, tremenda e distruttiva.


Già per i manichei a suo tempo Diocleziano aveva decretato il rogo. Infatti
essi sostenevano che ci sono due divinità, una buona e una cattiva. E'
quella malvagia ad aver creato il mondo; dunque il mondo merita di
scomparire e ogni cosa che può perpetuarlo è riprovevole. Dall'Oriente
balcanico il neo-manichesimo si diffuse in Europa, con epicentri soprattutto
nel meridione della Francia e nell'Italia settentrionale. Gli adepti
chiamavano se stessi catari (dal greco, lingua dell'Oriente bizantino; vuol
dire "puro") e predicavano il divieto di procreare. Erano conosciuti anche
come bogomili, patarini e con un'infinità di altri nomi. I "perfetti" si
distaccavano completamente da tutto, raggiungendo uno stadio semi-vegetale.
Avevano un unico sacramento, il "consolamentum", che poteva essere
amministrato solo una volta nella vita. Per questo praticavano l 'endura,
cioè il suicidio assistito dopo la somministrazione del "consolamentum". Gli
adepti non "perfetti" potevano praticare qualsiasi attività sessuale purché
non feconda. Era loro vietato prestare giuramento alle autorità; di fatto
potevano mentire e commettere qualsiasi infrazione, perché il mondo meritava
di finire al più presto. Non mangiavano carne, uova e latticini e la loro
apparente austerità di vita ammaliava soprattutto quello che oggi
definiremmo sottoproletariato urbano, ignorante e sensibile ai millenarismi
sovvertitori.


Immediatamente le autorità civili del tempo si resero conto di trovarsi di
fronte a un gravissimo pericolo di sovversione: il mondo medievale era
fondato sulla parola data (l'omaggio feudale) nonché sulla filosofia
cristiana; dunque gli eretici erano pericolosissimi destabilizzatori. Non
solo. Il suicidio e il divieto di procreare condannavano l'umanità
all'estinzione. Durissima fu la reazione governativa, e dappertutto
cominciarono ad accendersi roghi di Catari: la stessa pena prevista dal
diritto romano per "lesa maestà" (nome antico della sovversione).


Purtroppo nei linciaggi a furor di popolo e negli interventi repressivi
indiscriminati ci andava di mezzo anche chi aveva aderito al Catarismo per
ignoranza o (nei luoghi dove gli eretici erano maggioranza) paura. In ogni
caso, per stabilire con esattezza chi fosse davvero cataro e chi no,
occorreva un esame sulla dottrina religiosa. La Chiesa, dunque, intervenne
per sottrarre questa materia al potere civile: solo i teologi potevano
procedere a un esame del genere.


La cosa venne inizialmente affidata ai vescovi, ma fallì. I vescovi,
infatti, avevano troppe compromissioni in loco, a volte anche parenti
coinvolti nell'eresia. E non di rado soccombevano nelle pubbliche dispute
che organizzavano con i catari. Infatti la preparazione dottrinale del
clero, all'epoca, lasciava molto a desiderare (da qui i tentativi di riforma
ecclesiastica, prima fra tutte quella gregoriana); invece (come ben sanno
quelli che, oggi, provano a discutere con i Testimoni di Geova) i catari
erano molto agguerriti e scaltriti nel dibattito. Così la Chiesa pensò di
affidare il compito di contrastare l'eresia a teologi cistercensi, inviati
direttamente da Roma. Ma questi delegati papali spesso finivano trucidati
dagli eretici e dai signori ghibellini che li sostenevano per loro motivi
politici. Fu l'assassinio dei legati pontifici (mandante il conte di Tolosa,
Raimondo VII) a scatenare la cosiddetta crociata contro gli Albigesi. La
famosa frase "Uccideteli tutti, Dio distinguerà i suoi" è una fandonia
storica. Non fu mai pronunciata.


Allora il Papa decise di affidare questo compito ai nuovissimi ordini
mendicanti, Francescani e Domenicani. Specialmente i Domenicani, cui la
regola imponeva lo studio e l'attività di predicazione. I frati erano molto
amati dalla gente e potevano contrapporre ai catari altrettanta austerità e
sprezzo della vita.


L'Inquisizione non fu un vero e proprio tribunale bensì un comitato di
esperti che stabiliva chi fosse eretico e chi no. Non solo. Riammetteva nel
seno della Cristianità coloro che, attratti all'eresia da ignoranza, paura o
momentaneo fascino, si pentivano. Per gli ostinati la Chiesa non poteva fare
più niente, e doveva lasciare che la giustizia civile seguisse il suo corso.
Insomma l'Inquisizione salvò molta più gente di quanta ne abbia "abbandonata
al braccio secolare". Paradossalmente è proprio l'Inquisizione a inventare
il processo moderno. I tribunali laici medievali, infatti, funzionavano col
sistema "accusatorio": il giudice poteva intervenire solo su istanza di
parte e giudicava sulle prove fornite dalle parti. Anche l'omicidio. Se i
parenti dell'ucciso perdonavano l'assassino questo veniva liberato.


Invece la Chiesa usò il procedimento "inquisitorio'': il giudice, di sua
iniziativa ("d'ufficio") indaga, cerca le prove, incastra il colpevole (quel
che fa oggi il magistrato "inquirente"). L'Inquisizione inventa il verbale
redatto da un cancelliere, il "corpo del reato", la giuria popolare, gli
sconti e la remissione di pena per buona condotta, le licenze per malattia,
gli arresti domiciliari, l'avviso di garanzia. Essa condannò un numero di
persone di gran lunga inferiore a quel che certi romanzi "gotici" ci hanno
tramandato. E salvò la civiltà europea da un gravissimo pericolo. Proprio
perché l'Inquisizione inventa il processo scritto e verbalizzato gli storici
sanno tutto su questa istituzione, i cui documenti sono tutti conservati e a
disposizione degli studiosi. Processi quali quelli mostrati ne il nome della
rosa sono puramente inventati.


Anche la tortura inquisitoriale è una sciocchezza tramandata da disegni e
incisioni di fantasia, diffusi dalla propaganda antipapista protestante dopo
l'invenzione della stampa. La tortura, come mezzo per far confessare, era
usata da sempre da tutti i tribunali (il carcere come pena comincia con la
Rivoluzione francese; prima c'erano solo pene fisiche e pecuniarie). Il
primo ad abolirla fu Luigi XVI, poco prima della Rivoluzione francese.
L'unica tortura a cui facevano ricorso i tribunali inquisitoriali (ma solo
in presenza di gravissimi indizi) era la corda: l'imputato veniva sospeso
per le braccia e lasciato cadere sul pavimento, due o tre volte. Se non
confessava, veniva liberato. Se confessava sotto tortura la sua confessione
doveva essere da lui confermata dopo, senza tortura, altrimenti non era
valida. Gli inquisitori la impiegarono pochissimo perché non se ne fidavano:
sapevano che c'è chi sotto tortura confesserebbe anche quel che non ha
commesso.


La tortura comunque era applicata sempre sotto stretto controllo medico e
mai a vecchi e minori. Se qualche inquisitore era troppo duro immediatamente
si levavano alte le proteste e il Papa preferiva sostituirlo. Roberto il
Bulgaro, un ex cataro poi divenuto inquisitore generale in Francia, finì
sotto processo e venne relegato a vita in un monastero. Se in qualche
manuale scolastico si leggono espressioni come "carcere perpetuo" o "carcere
perpetuo irremissibile", nel latino inquisitoriale ciò significava gli
arresti, generalmente domiciliari, dai tre agli otto anni. E "arresti
domiciliari" voleva dire, in pratica, divieto di uscire dalla città senza
permesso. Si tenga sempre presente che la Chiesa aveva tutto l'interesse,
anche propagandistico, a riconciliare l'eretico pentito e confesso.


L'Inquisizione spagnola


Su questo tema, la fantasia si è scatenata. Ma è appunto fantasia, come ne
il pozzo e il pendolo di Edgar A. Poe.


Nel 1492, anno dell'impresa di Colombo, la Spagna, riunificatasi col
matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, era riuscita a
portare a termine la plurisecolare opera di riconquista del paese ai Mori.
Il nuovo regno si trovava adesso ad avere in casa due fortissime minoranze,
quella musulmana e quella ebraica. Poiché ora il governo era interamente in
mano ai cristiani, molti, per far Carriera, Si facevano battezzare, ma in
segreto continuavano a praticare la vecchia religione. Solo che il segreto
non era tale per i vicini di casa e i compaesani, i quali, non di rado
scavalcati soprattutto dai più abili Ebrei (nel commercio e nelle finanze,
ma anche nelle carriere amministrative e perfino ecclesiastiche), spesso
davano luogo a tumulti contro i falsi convertiti o marranos. Si aggiunga che
i Mori di Spagna per lungo tempo sognarono la rivincita, facendo da quinta
colonna per i regni islamici corsari del vicino Nordafrica (i quali
praticarono per secoli continue incursioni sulle coste). Rivolte scoppiavano
qua e là, e impensierivano i due re. Ci fu anche una ribellione di nobili
contro la corona, e molti Ebrei conversos commisero l'errore di appoggiare i
ribelli. Insomma l'appena unificato regno rischiava una guerra civile. Per
questo i Re Cattolici chiesero al Papa l'istituzione dell'Inquisizione.
Finché Ferdinando e Isabella, buoni cristiani, vissero, l'Inquisizione
spagnola obbedì alle direttive di moderazione del Papa. Ma in breve diventò
un organismo governativo, del tutto indipendente da Roma e sul quale il Papa
non aveva praticamente nessun potere.


Comunque l'Inquisizione ebbe il merito di sottrarre la questione dei falsi
convertiti ai linciaggi di piazza. Fu garantito un processo giusto e
puntiglioso. I veri convertiti vennero provvisti di regolare certificato
inquisitoriale e garantiti contro ogni ulteriore molestia; agli altri fu
posta l'alternativa tra la vera conversione o la condanna. Infatti
l'Inquisizione, tribunale ecclesiastico, poteva giudicare solo i cristiani,
non gli ebrei o i musulmani. Un battezzato che, di fatto, praticava il
Giudaismo o l'Islamismo, era un eretico sovversivo. Così, colpendo
relativamente pochi colpevoli (il cui numero effettivo, anche qui, va molto
ridimensionato), l'Inquisizione "regolò il traffico" in Spagna: gli ebrei
facessero gli ebrei, i musulmani i musulmani e i cristiani i cristiani,
ognuno con i suoi riti e ben separati, per non litigare. La sua presenza
evitò alla Spagna quelle guerre di religione che invece insanguinarono
l'Europa settentrionale e garantì lo sviluppo del Paese, che così poté
diventare la prima superpotenza del tempo. Si tenga presente che i più
grandi Santi del cosiddetto "secolo d'oro" spagnolo (che coincise col
culmine dell'attività inquisitoriale) erano tutti di origine ebraica:
Giovanni di Dio, Teresa d'Avila, e altri. Il "famigerato", anch'egli ebreo
convertito, Torquemada fu in realtà molto più mite di quel che Si pensa.


Per quanto riguarda la cosiddetta "caccia alle streghe" teniamo presente che
l'Inquisizione se ne occupò poco. La vera e propria "stregomania" si diffuse
in Europa alla fine del Rinascimento, dunque all'inizio della modernità. Ci
credevano gente come Newton e Giordano Bruno (lui stesso un mago), Paracelso
e Cartesio. A bruciare streghe furono soprattutto tribunali laici e
protestanti (il più fiero cacciatore di streghe fu il giurista francese Jean
Bodin, teorico dello Stato moderno). La famigerata Salem si trova infatti
nel Massachusetts dei protestanti Padri Pellegrini americani. L'Inquisizione
cattolica classificò la stregoneria come superstizione e, specialmente in
Spagna, salvò la vita a moltissime presunte streghe che la furia popolare (o
qualche cliente deluso) voleva linciare.
Il Sant'Uffizio (Galileo, Bruno e Campanella)


L'Inquisizione Romana, o Sant'Uffizio, nacque per rispondere alla sfida
luterana. Essa fu centralizzata a Roma e affidata ai cardinali. Santi come
Pio V (il papa della battaglia di Lepanto) furono inquisitori. Il
Sant'Uffizio evitò all'Italia la caccia alle streghe e le guerre di
religione. Il periodo della Controriforma, contrariamente a quanto molti
sostengono, fu un'epoca di splendore di arti, lettere e scienze.


Nacque il "barocco" e scienziati perseguitati nei paesi protestanti (come
Stenone e Keplero) ebbero cattedre universitarie e onori. In molte città
d'Italia tuttavia il Sant'Uffizio non operò, perché alla lotta all'eresia
provvedevano magistrature laiche (tutti i governi erano spaventati da quel
che succedeva oltralpe). Così Genova, Venezia, Lucca. Napoli e Milano erano
sotto la Spagna, ma non permisero che si insediasse l'Inquisizione spagnola,
la quale operò solo in Sicilia e in Sardegna. In Roma si ebbe una sola
condanna per stregoneria (ma vi era connesso un avvelenamento).


Il caso Galileo richiede un chiarimento. Innanzitutto diciamo subito che
egli non inventò affatto il telescopio, né scoprì la rotazione e rivoluzione
della terra, né disse mai "Eppur si muove!". Semplicemente puntando il
cannocchiale (rispetto agli attuali, poco più che un giocattolo) al cielo
scoprì i satelliti di Giove. Questo lo convinse che Copernico (morto
vent'anni prima) aveva ragione: non tutto girava attorno alla terra. Ora si
tenga presente che la teoria copernicana era regolarmente insegnata nelle
università, accanto a quella tolemaica. Erano teorie non verificate, ma che
la terra fosse al centro di tutto era cosa che si vedeva ad occhio nudo
(infatti i sensi ci dicono che è il sole a girare, e la terra sta ferma). E
Copernico era pure un prete.


Gli astronomi gesuiti della Specola Vaticana confermarono le scoperte di
Galileo e le difesero contro gli scienziati laici che invidiavano il favore
di cui il pisano godeva alla Corte pontificia. Galileo, carattere spigoloso,
li beffeggiava e li insultava nei suoi scritti.


Gli tesero una trappola, facendo circolare certe sue lettere in cui diceva
che la Chiesa avrebbe dovuto modificare il corrispondente passo delle
Scritture (quello in cui Giosuè ferma il sole). Il cardinale Bellarmino (che
è Santo) fu costretto a dire a Galileo di occuparsi di scienza e non di
teologia. Galileo accettò e per vent'anni non se ne parlò più.


Continuò a insegnare la teoria copernicana e nessuno lo molestò. Poi si
convinse che le maree erano dovute al movimento della terra (invece sono
dovute all'attrazione lunare, come cercò di spiegargli Keplero) e pubblicò
un'opera in cui faceva fare al Papa la figura dello sciocco. Solo che quel
Papa era Urbano VIII, caratterino come il suo.


Convocato a Roma dal Sant'Uffizio Galileo venne alloggiato in un
appartamento sul Pincio con un servitore. Il processo decretò, a stretta
maggioranza, che i passi riguardanti la teoria copernicana data come provata
nelle sue opere dovevano essere corretti. Lui venne condannato a recitare
per tre anni i Salmi penitenziali un volta alla settimana.


Tutto qui. La rotazione della terra venne provata solo due secoli dopo, col
famoso pendolo di Foucault. Giordano Bruno era un monaco domenicano
dichiaratamente eretico. Gettò il suo accusatore nel Tevere e fuggì
dall'Italia. Più che un filosofo era un mago, e si inimicò tutti i posti nei
quali andò peregrinando. Fu scomunicato perfino dai protestanti. Si rifugiò
in Inghilterra, dove venne accolto da Elisabetta I, figlia di Enrico VIII e
Anna Bolena. Lui, in cambio, le denunciava i cattolici (la persecuzione
anglicana nei confronti dei cattolici inglesi fece più di settantamila
vittime). Ma dovette fuggire anche da lì. Se ne andò a Venezia, la quale,
per dispetto al Papa proteggeva gli eretici. Qui si installò in casa del
nobile Mocenigo; questi lo manteneva in cambio della promessa di imparare la
millantata "arte della memoria" che Bruno sosteneva di possedere Quando il
Mocenigo trovò Bruno a letto con sua moglie lo denunciò alle autorità, le
quali furono ben felici di sbarazzarsene consegnandolo all'Inquisizione
romana. Bruno, che -lo ricordiamo- era un rate, abiurò ma poi tornò sulle
sue decisioni, in un a letto continuo che durò anni. Alla fine venne
abbandonato al braccio secolare come mago, eretico e sovversivo.


Tommaso Campanella, anch'egli domenicano era suddito spagnolo in quanto
calabrese. Le sue teorie utopiche esposte nella Città del Sole lo portarono
a organizzare una cospirazione contro il dominio spagnolo per instaurare un
repubblica secondo le sue idee. Dopo trent'anni nelle carceri spagnole (dove
poté tuttavia continuare a scrivere), il Papa lo fece fuggire con un trucco:
ne chiese l'estradizione a Roma, poi lo lascia scappare in Francia.
Umanesimo e Rinascimento


Con la fine dell'anarchia feudale e l'avvento dei regni unitari (Francia,
Inghilterra, Spagna) la situazione di endemica insicurezza cedette il posto
a relativa pace e tranquillità di comunicazioni. La rivoluzione industriale
medievale poté così esplodere in traffici, commerci e viaggi (di
pellegrinaggio, di studio, di affari). L'aumentato benessere fece crescere
la popolazione e sorsero i liberi comuni, le signorie, le repubbliche
(marinare e no). Fiorirono le professioni, come quelle legate
all'insegnamento e al diritto, e anche le arti. Essendoci più ricchi
disposti a pagare, artisti e legulei, professori e scienziati proliferarono.
Finalmente c'era tempo e agio per studiare tutte quelle antiche opere che i
monaci avevano salvato dai secoli di disordine. Cioè le opere greche e
romane. Machiavelli e Guicciardini cominciavano a dire chiaramente che era
ora di ripristinare il sistema politico e amministrativo romano, che così
grandi frutti aveva dato.


Solo che, a furia di studiare il mondo antico, esso divenne "di moda". Negli
affreschi Marte e Venere cominciarono a sostituire Cristo e la Vergine, e
l'audace Ars amandi di Ovidio venne compulsata pure nei conventi. Poco alla
volta anche la mentalità antica cominciò a farsi strada, mentalità
maschilista e burocratica. E i frutti si videro presto. Alla fine del XV
secolo l'Università di Parigi vietò alle donne la professione medica.
Qualche anno ancora e alle donne sposate verrà imposto di portare il cognome
del marito. Spunta la "maggiore età" legale. Molti dotti cominciano a
praticare la magia, la Chiesa si vede costretta a porre limiti all'alchimia
e all'astrologia (finirà per vietarle del tutto nel secolo successivo).


Il Rinascimento sarebbe più appropriato chiamarlo "neo-paganesimo", perché
tale in effetti fu. Nell'arte e nella letteratura al centro di tutto non c'è
più Dio ma l'uomo ("umanesimo"); la politica e l'economia prendono le
distanze dalla morale cristiana; i legisti teorizzano il potere dello Stato
come totalmente indipendente da ogni altra autorità.


L'epoca di splendore che i manuali scolastici contrabbandano riguardò in
realtà solo pochi privilegiati: le corti dei principi (come quella medicea)
e gli artisti e i letterati da essi stipendiati. Il resto dell'umanità,
invece, vedeva con terrore sopravvenire un altro tempo di disperazione.
Nell'Europa settentrionale, uno dietro l'altro, eresiarchi trascinavano le
folle nell'attesa della fine del mondo. Complici i maghi di cui si è detto e
gli astrologi (e soprattutto l'invenzione della stampa, che permetteva la
diffusione delle profezie apocalittiche e dei vaticini astrologici), la
paura delle streghe, dei malefici, dell'Anticristo, dell'Apocalisse,
cominciò a dilagare.


Ogni cometa, ogni pestilenza era vista come il segno dell'inizio dei tempi
ultimi. "Profeti" improvvisati ed eretici millenaristi additavano nella
Chiesa di Roma la "Grande Meretrice" dell'Apocalisse. Un papa come
Alessandro Borgia venne ingiustamente diffamato e additato ad esempio della
corruzione romana.


La successiva polemica luterana da antipapista divenne anticattolica e
dunque anti-italiana: l'Italia, che fino a quel momento aveva significato
arte, cultura e raffinatezza, da quel momento fu oggetto di disprezzo,
disprezzo che, nell'immaginario dei popoli nordici, dura tutto sommato
ancora oggi. Tale visuale è stata purtroppo introiettata dagli Italiani,
grazie alla propaganda di quegli intellettuali che salutarono come
"liberatori" i napoleonici, poi i piemontesi e infine gli americani.
L'autodenigrazione ("E' inutile, siamo in Italia" o "all'italiana" per
indicare corruzione, pressappochismo, inciviltà, disordine e inefficienza) è
così diventato il nostro vero sport nazionale. E siamo gli unici al mondo a
praticarlo. Invece nessuno ci ricorda che gli Italiani hanno letteralmente
creato la civiltà: dal fazzoletto alla forchetta, dal motore a scoppio alla
radio, dall'elettricità al telefono, dal galateo alla vera democrazia,
dall'energia nucleare alla musica. Eccetera, eccetera. Se qualcuno si
azzarda a ricordarlo i sedotti dalle ideologie d'importazione gridano al
"fascista".


Ma torniamo a bomba. Alessandro VI Borgia, spagnolo, aveva il torto di
essere inviso alla Francia e a Venezia. La Francia perché nemica delle
Spagna. Venezia perché era da sempre interessata solo alla sopravvivenza dei
suoi traffici (era stata la Serenissima a indurre a suo tempo i Crociati ad
assaltare Costantinopoli, di fede scismatica "ortodossa", anziché
Gerusalemme). Ora il papato aveva come politica tradizionale quella di
impedire che il Nord dell'Italia diventasse una dipendenza dell'Impero
germanico e il Sud un califfato musulmano (i Turchi sbarcarono più volte in
Puglia e assediavano l'Europa risalendo dai Balcani; Budapest dovette essere
riconquistata, Vienna fu salvata solo nel 1622; la Sicilia, a lungo sotto
gli Arabi, era continuamente tormentata dai corsari islamici). Anzi proprio
il figlio del Borgia, Cesare, stava realizzando, a colpi di conquiste,
quell'unità d'Italia sotto un solo signore che stava tanto a cuore a
Machiavelli (che appunto a Cesare Borgia dedicò il suo Principe). Ma il
Borgia aveva un tallone d'Achille: la sua vita privata. Come pontefice fu
esemplare, come uomo un po' meno: se ne vergognò sempre e non volle mai
difendersi, cosa che però lasciò campo libero alle calunnie. Fu lui a
introdurre la preghiera dell'Angelus, che ancora oggi il Papa recita. Grazie
alla sua mediazione Spagna e Portogallo evitarono un conflitto a proposito
delle nuove terre transoceaniche da colonizzare.


Il Nuovo Mondo


Cristoforo Colombo, il più grande navigatore di tutti i tempi, era un uomo
religiosissimo (ma conviveva more uxorio, come del resto Galileo; questo
serva a chiarire che il puritanesimo sessuale non fu mai di casa in ambiente
cattolico). Il motivo per cui voleva andare nelle Indie passando dall'oceano
è specificato nel suo testamento, nel quale ricordò ai Re Cattolici
l'impegno, preso da loro con lui, di utilizzare le ricchezze del Nuovo Mondo
per una definitiva Crociata tesa a liberare una volta per tutte il Santo
Sepolcro.


Come è noto il viaggio delle sue caravelle si rivelò più lungo di quanto
Colombo avesse previsto e le ciurme tumultuavano. Ma lo seguirono fino in
fondo quando lo videro, durante una tempesta, allontanare un tromba marina
ponendosi a prua con in mano una croce.


Tra parentesi il viaggio di Colombo poté essere concepito (e finanziato
dalla Corona spagnola) perché tutti sapevano benissimo che la terra era
tonda e non piatta (Aristarco di Samo ne aveva calcolato esattamente il
raggio fin dal VI secolo avanti Cristo). Solo che Colombo la credeva di
dimensioni più piccole.


La scoperta di un continente sconosciuto, abitato da razze mai viste, ebbe
sugli Europei lo stesso impatto emotivo che avrebbe per noi un eventuale
contatto con alieni. Si discusse se questi nativi seminudi e senza barba
appartenessero o meno alla razza umana (come accadrebbe in caso di "incontro
ravvicinato" con marziani), e il Papa, con una Bolla, stabilì che lo erano.
Dunque avevano diritto, come gli altri, a conoscere la Buona Novella ed
entrare nella civiltà. La "leggenda nera" sui Conquistadores merita di
essere ridimensionata. Innanzitutto quegli avventurosi hidalgos erano
davvero convinti della loro missione evangelizzatrice, tant'è che i frati li
accompagnarono fin dalle prime spedizioni. Non che mancassero gli
avventurieri, certo; ma la Corona spagnola considerò subito gli Indios come
sudditi, e non selvaggi da colonizzare. Come sudditi avevano gli stessi
diritti degli Spagnoli. E' questo il motivo per cui il Sudamerica oggi
appare meno sviluppato economicamente del Nord. Diversamente dai pellerossa
nordamericani gli indios erano troppo tutelati giuridicamente (Carlo V
istituì la carica di "Protettore degli Indios", e la affidò all'ambiguo e
non sempre obiettivo Bartolomé de las Casas), cosa che scoraggiava gli
imprenditori spagnoli.


La Conquista avvenne in modo realmente miracoloso. Per esempio non è
pensabile che i settanta uomini di Cortés potessero, da soli, eliminare
l'impero azteco. Sì, avevano i cavalli e gli archibugi, ma gli Indios non
tardarono a rendersi conto che anche i cavalli potevano essere facilmente
uccisi e che, in quei climi caldo-umidi, gli archibugi facevano cilecca una
volta su due. Il fatto è che gli Spagnoli furono accolti come liberatori
dalle tribù oppresse dagli Aztechi, tribù che approfittarono della loro
venuta per ribellarsi. Gli Aztechi (ma anche gli Incas peruviani)
praticavano i sacrifici umani su larga scala perché la loro religione li
obbligava a continuamente "nutrire" il sole con sangue umano. Nella sola
inaugurazione del tempio di Tenochtitlàn vennero squartati ottantamila
prigionieri di guerra, e le loro carni mangiate. Per procurarsi vittime da
sacrificare gli Aztechi muovevano continuamente guerra alle popolazioni
confinanti, che consideravano "inferiori". La loro superiorità bellica ne
faceva degli oppressori e il fatalismo delle religioni precolombiane
paralizzava le tribù vittime delle loro razzie. Ora antiche profezie
dicevano che il dio Quetzalcoatl, biondo e con la barba, sarebbe arrivato
dal mare su "case con le ali". Esattamente nel tempo previsto dalla profezia
arrivò Cortés con i galeoni. Il segno fu interpretato come l'ora dell'attesa
riscossa.


Il cosiddetto "genocidio" degli Indios fu dovuto alle malattie che gli
Europei portarono con sé, malattie di fronte alle quali gli Indios erano
privi di anticorpi. Ma altrettante malattie (quelle tropicali) trovarono gli
Spagnoli.


E poi all'oro e all'argento gli Indios non davano alcuna importanza, mentre
per gli Europei erano vitali: le spezie (essenziali per conservare il cibo)
e i prodotti dell'Oriente dovevano per forza essere pagati in oro e argento,
perché gli orientali non accettavano le monete europee.


Grazie alla presenza assidua dei frati gli Spagnoli attratti dalle belle
indie dovettero sposarle regolarmente. I cattolicissimi Spagnoli si unirono
in matrimonio con le donne locali e oggi il Sudamerica presenta un
variopinto meticciato. A differenza dell'America del Nord, protestante, dove
i pellerossa sono quasi scomparsi. Qui, infatti, i primi coloni inglesi
("fondamentalisti" protestanti) considerarono i nativi come "inferiori"
perché "figli di Caino". I soli indiani del Nord battezzati sono quelli
degli stati ex spagnoli, come il Nuovo Messico, l'Arizona, etc.


Tutte le città statunitensi che portano nomi di santi sono infatti ex
missioni spagnole (Los Angeles, San Francisco, Sacramento, San Diego, etc.).
I missionari cattolici, nell'America appunto "latina", crearono catechismi e
scuole per indios, cercando di approfondire la loro cultura e i loro
linguaggi. Subito ci furono sacerdoti indios, che giunsero alle cariche più
alte dei loro Ordini. Insomma la Conquista spagnola non fu affatto un Far
West dove "L'unico indiano buono è quello morto". Al contrario Tra l'altro
proprio il dibattito ad altissimo livello che si aprì in Europa
sull'argomento creò la base di quei "diritti umani" (cioè spettanti a tutti
solo perché appartenenti all'umanità, a prescindere dalle usanze o dalla
religione o ...

[Modificato da LiviaGloria 09/03/2007 15.46]

BAGAVAN
00venerdì 9 marzo 2007 15:51
Re:
e dicono che sono io voluminoso nello scrivere! alla faccia del forum riempitivo dei dogma a tutto spiano

questo di livia è vero medioevo eccome!



Scritto da: LiviaGloria 09/03/2007 15.44
http://groups.google.cz/group/it.scienza/msg/85ffaee012ba64d7?&hl=cs&q=VESCOVI+FEUDATARI+NEL+MEDIOEVO+controversie


La prima rivoluzione industriale


Il Medioevo è l'unico esempio di società sottosviluppata che si sia
sviluppata da sola.


La liberazione dalla paura superstiziosa delle forze della natura, la
santificazione cristiana del lavoro, l'abolizione della schiavitù e la
parità tra uomo e donna, produssero quella che è stata chiamata "la prima
rivoluzione industriale".


Il termine "lavoro" deriva dal latino labor. Solo che labor significava
"travaglio", "fatica". I Romani usavano il termine negotium, composto di nec
e otium, cioè "assenza di ozio". Essi distinguevano le attività in "servili"
(quelle degli schiavi) e negotia, quelle amministrative, politiche,
letterarie, le uniche degne dei ceti superiori. Il Cristianesimo ribalta
questa concezione e fa del lavoro, anche servile, un mezzo di santificazione
e ascesi. Infatti la maledizione di Adamo, nella Genesi, non consiste nel
dover lavorare, bensì nel "sudore della fronte", cioè nella penosità del
lavoro. Come alleviarla in mancanza di schiavi? La cristianità medievale
rispose: con le macchine. Certo anche gli antichi pagani conoscevano le
macchine e le usavano ma, avendo a disposizione gli schiavi, si limitavano a
quelle essenziali. Non solo. Essendo, adesso, l'alleviamento della pena
un'opera meritoria, ecco che lo scienziato si piega sul mondo del lavoro e
delle attività economiche: nasce la tecnologia.


I Greci conoscevano tutti gli automatismi principali e la geometria di base
(pensiamo ad Archimede o a Eratostene). Ma per i loro sapienti si trattava
di "amore del sapere" (philosophia), e nient'altro. Platone cacciò dalla sua
scuola un allievo che gli aveva chiesto a cosa servisse la geometria.
Infatti per i Greci la scienza non doveva avere alcuno scopo pratico. I
Romani, che erano grandi costruttori, invece utilizzarono le macchine, ma
non in modo intensivo, perché l'energia gratuita era fornita dagli schiavi.
E dalle donne. Infatti, ancora oggi, in certi documentari, vediamo le donne
del Terzomondo intente a macinare a mano i cereali e ad accudire i figli. Il
Medioevo, invece, applicò la massima di san Paolo: "Non c'è più né donna né
uomo, né libero né schiavo, né giudeo né greco", perché tutti sono figli di
Dio. Ecco allora l'uso intensivo dei mulini (ad acqua e a vento) che libera
le donne da una schiavitù antica e dà loro più tempo per dedicarsi alle
attività dello spirito. Il Cristianesimo, infatti, a differenza del mondo
pagano, riconosceva alle donne un ruolo in religione e, immediatamente sotto
Cristo, venerava una donna, Maria. Che, pur non essendo una dea, era madre
di Dio.


Nel mondo antico non mancavano inventori, ma si trattava di geni isolati, e
l'invenzione era nient'altro che uno sporadico colpo di intuizione. Invece,
per il Medioevo, l'investigazione della natura era una forma di lode
tributata a Dio Creatore. Si ribalta il concetto di invenzione: non più cosa
"scoperta", bensì cosa "ricercata". La ricerca scientifica nasce lì.
Esempio: il carbon fossile fu scoperto proprio perché da secoli si cercava
un'intensità di calore molto più alta di quella del carbone da legna. Per
fondere certi metalli, infatti, ci vuole un calore intensissimo. Senza un
metallo particolarmente resistente alla corrosione della salsedine si poteva
sì pensare di navigare al di là delle Colonne d'Ercole, ma non farlo
davvero.


Nascono così il verricello e la carrucola, la ferratura dei cavalli, le
staffe, l'arco rampante, la volta a crociera, la carriola, l'aratro
meccanico, l'aggiogatura a spalla, la vite elicoidale, il martinetto, lo
specchio, il sapone, il bottone. Eccetera. Più il perfezionamento e
l'utilizzazione su larga scala di invenzioni precedenti, come la bussola, il
vetro, la polvere da sparo, la carta.


Due parole per dare un'idea dell'importanza capitale di queste invenzioni.
Per esempio la staffa. La sua introduzione rivoluzionò l'arte della guerra e
pose le basi della potenza dei Franchi: puntando i piedi sulle staffe il
cavaliere poteva porre la lancia "in resta", cioè sotto il braccio; così
cavallo e cavaliere formavano un tutt'uno, con una potenza d'urto
dirompente. L'aggiogatura "a spalla" permise di sostituire il cavallo al bue
nell'aratura, con notevoli vantaggi di velocità. Infatti prima i cavalli
erano imbracati al collo; il collare da spalla permetteva all animale di
tirare con l'intero corpo.


La concezione cristiana del corpo come "tempio dello spirito" introdusse
l'igiene personale, cosa fondamentale nella lotta alle epidemie. I Romani
avevano si il culto del corpo, ma le loro terme erano luoghi di
rilassamento, non di pulizia. I bagni pubblici furono il boom del Medioevo.
Ci andavano uomini e donne, e anche suore e frati. Infatti la nudità non era
considerata affatto scandalosa, e la verginità diventerà un valore"
religioso solo in epoca molto tarda. Anzi fu per colpa delle accuse luterane
alla rilassatezza del clero cattolico che il peccato sessuale soppiantò
l'avarizia nei manuali per confessori. Sessuofobia del Medioevo cristiano?
Già. E Boccaccio? E l'Aretino? Infine la beneficenza. L'amore del prossimo,
è inutile dirlo, era un'idea sconosciuta ai pagani. I mercanti medievali
tenevano una voce apposita ("messer Dio") nei loro bilanci: la somma da
destinare alla beneficenza. Non solo. Grazie agli ordini religiosi
l'assistenza, l'istruzione e la redistribuzione della ricchezza a favore dei
più svantaggiati divenne organizzata e su larga scala.


L'apporto dei monaci medievali


Il "buio" Medioevo ci ha lasciato le cattedrali, la Summa di san Tommaso e
la Divina Commedia.


Cosa viene a vedere il turista in Europa? Le banche? I palazzi moderni? Le
stazioni ferroviarie? No. Le chiese e le città medievali e rinascimentali.
Questo fatto, da solo, testimonia che nulla di bello è più stato fatto, da
allora. Come se la bellezza fosse finita con quel lunghissimo tramonto della
Cristianità che, nello stile e nei gusti, arrivò quasi alla fine del
Settecento.


Certo si può ammirare il Colosseo o entrare in una piramide egizia. Ma il
freddo spettacolo del primo (ci ammazzavano la gente) e la sensazione
angosciosa che dà la seconda (è una tomba difesa da maledizioni) non sono
certo paragonabili allo stupore estatico e gioioso che dà l'interno di una
cattedrale gotica. Quelle costruzioni arditissime, la cui edificazione
durava secoli e dava lavoro a intere generazioni, quelle guglie svettanti,
quelle trine di pietra, quelle immense vetrate policrome, creavano problemi
che gli architetti medievali dovettero risolvere inventando una infinita
serie di marchingegni. A chi verrebbe in mente di erigere un edificio a
forma di croce? Eppure proprio perché così doveva essere, i costruttori
cristiani si costrinsero a risolvere problemi pazzeschi. E poiché la
cattedrale doveva poter contenere tutta la popolazione cittadina in Europa
si scatenò la gara a chi aveva la cattedrale più grande, più alta, più
bella, più ardita. Infine chi mai, oggi, investirebbe i suoi soldi in
un'opera che sarà ultimata tra quattro secoli? Solo la fede cristiana poté
creare quelle opere.


"Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in
sovrappiù", dice Cristo nel Vangelo. Così i cristiani medievali, cercando
solo di costruire una chiesa col suo campanile, hanno fatto vivere di
rendita noi posteri. La Torre di Pisa (capolavoro dell'arte mondiale, che
tutta la terra viene ad ammirare), infatti, è un campanile.


Così i monaci. Perché san Benedetto è patrono d'Europa? Perché è la sua
Regola ("ora et labora", "prega lavorando", poiché "il lavoro è preghiera")
che ha fondato la civiltà occidentale.


Benedetto, Bernardo, Francesco, erano personaggi che, desiderosi di
consacrarsi unicamente a Dio, con un gruppo di amici si allontanarono dal
mondo. Scelsero posti impervi, paludi, dirupi, selve impenetrabili, e vi si
stabilirono proprio per staccarsi dalla folla. Piazzata la loro comunità in
un luogo deserto e lontano, ebbero il problema di mantenersi. E giù allora a
dissodare, arare, vangare, per procurarsi il pane e il vino per il proprio
sostentamento e per la messa. Ma non avevano molto tempo da dedicare al
lavoro, dovendo prima di tutto pregare. Furono così costretti a
letteralmente inventare la "razionalizzazione del tempo", ciò che oggi non
ci permette di vivere senza un'agenda, un orologio e un calendario. Quando
tutti si regolavano col sole i monaci avevano la campana che scandiva le ore
canoniche. Cioè la giornata divisa in modo matematico e preciso.


L'obbedienza, la disciplina e l'assenza di scopo di lucro immediato, dopo
qualche tempo cominciava a dare frutto e quel luogo arido e desolato
prendeva a fiorire. Ma, non dimentichiamolo, i monaci erano lì soprattutto
per pregare. Dunque il poco tempo rimasto doveva essere speso benissimo.


Ecco perché i monaci inventarono la "ragioneria" e la partita doppia,
l'apicoltura (miele e cera per le candele), la piscicoltura (per i giorni di
astinenza), l'erboristeria medicinale, le tecniche di conservazione del cibo
(formaggi, birra, elisir, digestivi: ancora oggi, su molte etichette,
campeggia la figura di un monaco).


Il mondo monastico, egalitario ed elettivo, prevedeva elezioni, turni,
ballottaggi, assemblee, meeting internazionali (certi ordini religiosi erano
diffusi in tutta Europa). Quando un monastero si allargava, poco a poco i
contadini venivano a stabilirsi nelle vicinanze. Infatti quella terra, prima
desolata, adesso era fertile. I monaci cedevano il lavoro ai contadini per
poter meglio dedicarsi alla preghiera. Sorgeva così, attorno al monastero,
un intero villaggio, il quale attirava artigiani e mercanti. Con la chiesa
al centro la vita si svolgeva al suono delle ore canoniche, non più col
sole. I monaci aprivano allora una scuola gratuita per insegnare le nuove
tecniche. La comunità civile, prendendo esempio dai sistemi monastici, si
strutturava in modo democratico, con consigli, elezioni, eccetera.


Prima dell'avvento dei monaci l'Europa era un coacervo di paludi, selve
impenetrabili, burroni senza fine. Ricordate il "Varo, rendimi le mie
legioni"? Ben tre legioni romane erano entrate nella selva germanica e non
ne erano più uscite. I monaci crearono l'Europa "verde", la democrazia
"laica" e la cultura cristiano-latina (ricordiamo la loro attività di
copisti delle opere antiche).


L'opera della Chiesa


Poiché l'ha fatto meglio di quanto noi possiamo sperare di fare riportiamo,
sull'argomento, una memorabile pagina dello storico e Accademico di Francia
Pierre Gaxotte.


"Al tempo dei Romani, un'epoca rude e razionale, la Chiesa aveva recato la
consolazione nella miseria, il coraggio di vivere, l'abnegazione, la carità,
la pazienza, la speranza di una vita migliore, improntata a giustizia.
Quando l'Impero crollò sotto i colpi dei barbari, essa rappresentò il
rifugio delle leggi e delle lettere, delle arti e della politica.


Nascose nei suoi monasteri tutto ciò che poteva essere salvato della cultura
umana e della scienza. In piena anarchia la Chiesa era riuscita, in
sostanza, a costituire una società viva e ordinata, la cui civiltà faceva
ricordare e rimpiangere i tempi tranquilli, ormai passati. Ma c'è di più:
essa va incontro agli invasori, se li fa amici, li rende tranquilli, ne
opera la conversione, ne convoglia l'affluire, ne limita infine le
devastazioni. Davanti al vescovo che rappresenta un aldilà misterioso, il
Germano viene assalito dal timore, e retrocede. Egli risparmia le persone,
le case, le terre. L'uomo di Dio diventa il capo della città, il difensore
dei focolari, del lavoro, l'unico protettore degli umili su questa terra.


Più tardi, quando l'epoca dei saccheggi e degli incendi sarà passata, quando
occorrerà ricostruire, amministrare, negoziare, le Assemblee e i Consigli
accoglieranno a braccia aperte gli uomini della Chiesa, gli unici capaci di
redigere un trattato, portare un'ambasceria, eleggere un principe.


Fra le continue disgrazie (...), mentre nuove invasioni ungheresi, saracene,
normanne assillano i paesi, mentre il popolo disperso si agita senza alcun
indirizzo, la Chiesa ancora una volta tiene fermo.


Essa fa risorgere le tradizioni interrotte, combatte i disordini feudali,
regola i conflitti privati, impone tregue e opera accordi. I grandi monaci
Oddone, Odilone, Bernardo innalzano al di sopra delle fortezze e delle città
il potere morale della Chiesa, l'idea della Chiesa universale, il sogno
dell'unità cristiana. Predicatori, pacificatori, consiglieri di tutti,
arbitri in ogni questione, essi intervengono in ogni caso e dappertutto,
veri potentati internazionali, di fronte ai quali ogni altro potere
terrestre non resiste che a malapena.


Attorno ai grandi santuari e alle abbazie si intrecciano relazioni e viaggi.
Lungo le grandi strade, dove camminano le lunghe processioni di pellegrini,
nascono le canzoni epiche. Le foreste spariscono di fronte all'assalto dei
monaci che dissodano la terra. All'ombra dei monasteri le campagne
rifioriscono (celebre è la canalizzazione della pianura padana); i villaggi
già rovinati rinascono. Le vetrate delle chiese e le sculture delle
cattedrali sono il libro pratico nel quale il popolo si istruisce (...). I
Appannaggi, ricchezze, onori, tutto si mette ai piedi degli uomini della
Chiesa, e l'imponenza di questa riconoscenza basta da sola a far valutare la
grandezza dei benefici seminati da essi".


L'intero Medioevo è popolato di Santi e Sante (cioè gente che ha praticato
la virtù in grado eroico): Francesco, Caterina, Bernardo, Domenico. Tra
questi moltissimi i re e le regine. Si può dire lo stesso, oggi? Quale
modello umano viene ormai proposto ai giovani? Il cavaliere senza macchia e
senza paura, difensore dei deboli e degli oppressi? Il santo benefattore e
campione dell'autodisciplina? No: l'attore debosciato, la soubrette oca e di
facili costumi, il cantante nichilista e tossicomane, il calciatore
arricchito e smargiasso, il politico furbo (praticamente ciò che sarebbe un
rifiuto di qualsiasi comunità).


È la Chiesa medievale a inventare l'Università. Universitas studiorum =
luogo in cui sono radunati tutti gli studi. L'Università è un corpo
separato; esso dipende giuridicamente dalla Chiesa. Gli studenti hanno
propri magistrati e amministratori; per indicare la loro indipendenza dalle
autorità civili porta no l'abito ecclesiastico (da qui il proverbio "l'abito
non fa il monaco": poteva essere infatti uno studente). La Chiesa crea in
tutte le parrocchie scuole gratuite e comuni, uguali per tutti. Carlomagno,
vergognoso di essere analfabeta, rimproverava i figli dei nobili perché non
profittavano negli studi come i figli dei popolani. La differenza con l'oggi
è che la scuola non era obbligatoria. Ma chi non ci andava veniva guardato
con sufficienza.


Infine le pitture e le vetrate delle chiese erano "libri a fumetti",
immagini non solo sacre (vi erano rappresentati anche l'astronomia, i
mestieri, le scienze, gli eventi storici e politici) che istruivano anche
gli analfabeti in un'epoca in cui i libri (dovendo essere copiati a mano,
uno ad uno) erano costosissimi.


L'Islam


La storia del Cristianesimo è sinistramente punteggiata da due personaggi,
entrambi appartenenti al segno zodiacale dello Scorpione: Maometto e Lutero.
Curiosamente anche Giuda era uno Scorpione (così infatti lo rappresentò
Leonardo ne "L'ultima cena"); ma anche sant'Agostino lo era.


A soli vent'anni dalla morte del Profeta gli Arabi musulmani (ex pastori e
cammellieri, ora guerrieri) conquistarono tutta l'Africa cristiana ed ex
romana, sconfissero la superpotenza dell'Oriente (L'impero persiano) e
minacciarono seriamente Bisanzio. In più strapparono la Spagna ai Visigoti
ed avrebbero invaso l'Europa se Carlo Martello non li avesse fermati sui
Pirenei. L'espansione cattolica, impedita a Sud e ad Est dall'Islam, e poi
dal protestantesimo a Nord, provvidenzialmente si diresse a Ovest, sulla
rotta di Colombo. Ma di questo ne parleremo a breve.


I musulmani, adesso a contatto con l'ambiente greco-bizantino e
romano-africano, si dotarono di una raffinata cultura: filosofi e scienziati
crearono l'alcool, L'alchimia, L'algebra, i logaritmi, i numeri "arabi" con
lo zero. Termini astronomici come "zenit" e "nadir" sono arabi, si sa.
Furono anche audaci navigatori e fini costruttori. Da essi i cristiani
impararono molto. Dividevano il mondo in due: i seguaci del Profeta e gli
altri. Tra questi ultimi i fedeli del Libro (ebrei e cristiani) erano
tollerati, ma considerati cittadini di second'ordine. Tutti gli altri
potevano essere trattati da schiavi o uccisi se non si convertivano. Ma
l'Islam non fu mai un'entità monolitica; conobbe quasi subito divisioni e
scuole di pensiero. Quando quelli che oggi definiremmo "integralisti"
presero il sopravvento le cose precipitarono e la pacifica convivenza non
poté più continuare. Per questo sorsero le Crociate.


Non solo. Dal XV secolo in poi la cultura islamica comincia a decadere,
perdendo per strada scienza e filosofia. Mancò loro infatti la sintesi di
fede e ragione operata da San Tommaso e dalla Scolastica. Per il musulmano
Dio è impenetrabile, inconoscibile ed arbitro assoluto di tutto. Di fronte a
lui l'unico atteggiamento giusto è quello del muslim, "il sottomesso". La
pioggia cade in giù perché Dio vuole così; ma potrebbe volere anche il
contrario. Dunque è inutile chiedersi perché la pioggia cada anziché
ascendere; inutile investigare i misteri della natura, tempo perso. Invece
San Tommaso sosteneva che Dio non può sovvertire le leggi fisiche che Lui
stesso ha posto, perché, essendo sommamente razionale, non può contraddirsi.
Da qui la spinta in avanti del Cristianesimo. Il Cristianesimo è l'unica
religione con una "teologia", cioè una disciplina apposita che studia Dio.
Dunque Dio è conoscibile, e l'uomo può investigarlo. Anche attraverso lo
studio della natura e la riproduzione dei fenomeni naturali in laboratorio.
Insomma anche l'uomo può fabbricare fulmini, come Dio, e non c'è nulla di
male in questo. Anzi. Tutto è buono, a patto di usarne bene. Tra parentesi è
il Cristianesimo a introdurre il concetto di "progresso": la storia del
mondo, dice, ha un inizio (la Creazione) ed avrà una fine (L'Apocalisse e il
trionfo finale di Cristo), dunque va "avanti", e si deve preparare il
terreno perché tale trionfo giunga presto. Il mondo pagano, invece, era
fatalista, cioè credeva nel Fato, entità cieca che regola i destini degli
uomini come gli pare, senza un scopo preciso; il mondo pagano non andava da
nessuna parte: così era, così era sempre stato e così sempre sarebbe stato.


Dunque l'idea di migliorarlo non era nemmeno concepita.


Le due altre "religioni del Libro" (Ebraismo e Islamismo, che si rifanno al
solo Antico Testamento) diversamente dal Cristianesimo sono religioni del
"comportamento". Cioè basta seguire puntigliosamente i precetti (non
mangiare maiale, pregare le volte prescritte, osservare i periodi di
digiuno, etc.) per avere diritto al Paradiso. II Cristianesimo, al
contrario, basa tutto sull'intenzione retta, e non ha praticamente alcun
precetto, a parte i sacramenti, libere da impacci ritualistici ed allenate
al continuo perfezionamento interiore.


Per lo stesso motivo, paradossalmente, L'ateismo e l'agnosticismo sono
fenomeni nati in casa cristiana: poiché il Cristianesimo fa appello alla
ragione e l'apostolato si basa sulla capacità dell'altro di capire che la
verità è Cristo, deve ammettere che ci sia qualcuno che, a furia di
ragionare, possa arrivare a conclusioni opposte. Che Dio, cioè, non esiste.


Le Crociate


Si trattò di un pellegrinaggio armato, nient'altro. Le Crociate furono otto,
di cui solo due vittoriose. Gli scontri si svolsero in Terrasanta e i
periodi bellici durarono in tutto pochi decenni su diversi secoli. La
maggior parte dell'Islam quasi non se ne accorse.


Il papa Urbano II, a Clermont nel 1096, le "lanciò" quasi per sbaglio. In
sostanza egli disse agli irrequieti signori feudali: perché anziché battervi
tra voi non andate a proteggere i pellegrini cristiani? Infatti le cose a
Gerusalemme si erano messe male, proprio perché una corrente "integralista"
islamica aveva preso il sopravvento. Fino a quel momento i Luoghi Santi
erano stati custoditi dai Bizantini, eredi anch'essi dell'Impero Romano, ma
erano stati sconfitti e cacciati.


Quando si sente parlare di Bisanzio si pensa sempre a corruzione, omicidi,
lotta per il potere. Ma i bizantini chiamavano se stessi romàioi, cioè
"romani", e rum (ancora "romani") gli islamici chiamavano gli occidentali
(tracce ne troviamo anche oggi nella "Romania" e negli zingari rom).
Bisanzio, finché esistette, costituì il baluardo dell'Occidente contro i
Persiani, i musulmani, gli slavi, i mongoli, e le tribù balcaniche. Anche
nei suoi imperatori peggiori questo compito non le venne mai meno, fino alla
sua caduta nel 1453. Non si dimentichi che fu Bisanzio a cristianizzare i
popoli della Rus', a cominciare dal principato di Kiev.


Insomma, stupendo lui per primo, l'appello del Papa provocò una valanga. Ma
le Crociate fallirono per le beghe interne dei principi cristiani e per il
sabotaggio di Venezia, interessata solo ai suoi traffici. Ma anche per
motivi pratici. Chi ha letto Robin Hood sa che Riccardo Cuor di Leone,
assente per la Crociata, si vide soffiare il trono da suo fratello Giovanni
Senza Terra (che adesso ebbe la terra).


L'episodio serve a far capire che nessuno aveva un reale interesse a partire
per le Crociate. L'interpretazione (stantìa) marxista parla di "motivi
economici". Ma i motivi economici, semmai, consigliavano di restare a casa.
Invece un viaggio di anni, irto di pericoli, per andare a combattere vestiti
di ferro nel deserto a cinquanta gradi all'ombra, con la concreta
prospettiva di non tornare vivi. O di tornare e trovare un disastro a casa.
C'erano sì gli avventurieri, nelle Crociate, quelli senza nulla da perdere.
Ma i più andarono realmente per sciogliere il voto religioso. Federico
Barbarossa ci morì annegato, san Luigi IX di Francia ci morì di peste,
Riccardo d'Inghilterra si ritrovò col trono usurpato.


Ci furono ombre, come in tutte le cose umane, ma anche luci. Baldovino, il
re lebbroso, si faceva portare in battaglia in barella. Goffredo di Buglione
stupiva i musulmani perché la sua tenda, contrariamente a quelle dei capi
islamici, era austera e disadorna. I musulmani gli chiesero di mostrar loro
la sua forza leggendaria: gli portarono un vecchio cammello (uno scherzo di
natura: gigantesco) e gli chiesero di decapitarlo con un solo colpo. Lui
eseguì.


Riccardo Cuor di Leone, armato di un'ascia, tenne da solo la spiaggia in cui
stava sbarcando l'esercito cristiano: i nemici, stupiti e ammirati, smisero
di combattere. Il duca Boemondo non era uno stinco di santo, ma quando vide
i suoi quaranta cavalieri accerchiati da quattromila musulmani, confessò
pubblicamente i suoi peccati, poi ordinò l'assalto e riuscì a rompere
l'assedio. Pochi Templari tennero Acri per mesi, di fronte a centomila
nemici, sacrificandosi per far fuggire i cristiani.


Proprio il periodo delle Crociate fu quello dello scambio più intenso e
proficuo tra le due culture. I problemi sorsero perché i crociati (tra cui
molte donne-crociato), sciolto il proprio voto, se ne tornavano a casa. Ma è
inutile conquistare qualcosa se poi non la si tiene. Cominciarono i
Templari.


Alcuni cavalieri francesi decisero di farsi monaci e restare là. Però
armati, per difendere i pellegrini. Altri ordini seguirono, come gli
Ospitalieri, i Teutonici, i Portaspada di Livonia, eccetera, che si
dislocarono lungo tutte le frontiere della Cristianità.


Questi monaci-cavalieri applicarono alla perfezione le norme della Chiesa
sulla "guerra giusta". Già da tempo, infatti, la Chiesa aveva cercato di
porre un freno alla guerra: era ineliminabile, ma almeno la si poteva dotare
di regole, rendere cioè "cavalleresca".


Poco a poco, e sotto pena di scomunica, cominciarono le "tregue di Dio", le
"paci di Dio", il divieto di combattere nei periodi di ricorrenze religiose,
la distinzione tra combattenti e civili, il diritto di asilo, il trattamento
dei prigionieri, eccetera. Tutto ciò costituirà la base del diritto
internazionale odierno, e il suo corollario di "diritto bellico" (è il
motivo per cui si possono perseguire penalmente i "criminali di guerra").


Le Crociate videro moltissime pause di tranquillità, nelle quali cristiani e
musulmani convissero in Palestina. I crociati portarono molte novità in
Europa, novità apprese dal contatto con l'Islam.
La guerra nel Medioevo


La Chiesa non ha mai insegnato l' "obiezione di coscienza". Sa che c'è il
peccato originale e la guerra è inevitabile. Il cristiano è pacifico, non
"pacifista", perché non sempre la pace è meglio della guerra. Infatti dice
san Tommaso che la pace è "tranquillità nell'ordine". Dunque senza giustizia
non ci può essere pace. E spesso la pace va imposta e difesa. Per questo
esiste la polizia. Ma la Chiesa riuscì in qualche modo a umanizzare la
guerra. Ci si può combattere, infatti, senza farlo da bestie.


Pensiamo alla differenza tra un duello di gentiluomini settecenteschi e una
odierna rissa da stadio. I primi erano lì per uccidersi, certo (anche se le
regole permettevano una "soddisfazione" al "primo sangue"), ma lo facevano
scambiandosi cortesie e dandosi del "lei".


Poi fino alla Rivoluzione francese la guerra fu un affare di mestiere.
Nessuno era obbligato. Per questo le guerre medievali si risolvevano in
zuffe di pochi contro pochi, lontano dai centri abitati e pure dalle
colture. Conquistare un territorio devastato, infatti, non serviva a
nessuno. Non solo. Poiché era più vantaggioso far prigioniero un nemico per
cavarne un riscatto, i morti finivano per essere pochi. La mischia si
svolgeva più furibonda attorno ai cavalieri più riccamente addobbati, in
vista di un riscatto più cospicuo. Ma questi cavalieri erano anche quelli
meglio addestrati, così la cosa si risolveva tra gente di mestiere. Nella
famosa battaglia di Anghiari -si lamenta Machiavelli, stigmatizzando la
scarsa "serietà" delle guerre dell'epoca- ci fu un solo morto (per di più
caduto, da solo, di sella).


E' la Rivoluzione francese a inaugurare le guerre "ideologiche", quelle cioè
in cui si cerca di imporre le proprie idee ai conquistati. Essa inventa
anche l' "esercito di popolo", arruolando per forza tutti i maschi. I
Francesi (visto che la loro era una guerra ideologica) non fecero più
distinzione tra combattenti e civili e depredarono l'Europa. Quando gli
altri popoli si videro di fronte una valanga di milioni di armati dovettero
adeguarsi per difendersi. Così la guerra divenne massacro indiscriminato e i
morti cominciarono a contarsi a milioni.


L'Inquisizione


È più corretto parlare di Inquisizioni, al plurale, perché questa
istituzione ecclesiastica fu molto diversificata, a seconda dei tempi e dei
luoghi. Così abbiamo l'Inquisizione medievale, quella spagnola, quella
Romana (Sant'Uffizio), quelle laiche e quelle protestanti.


La prima nacque di fronte a un problema preciso: l' eresia catara. In verità
i catari, o neo-manichei, professavano non tanto un'eresia, quanto una vera
e propria religione alternativa, tremenda e distruttiva.


Già per i manichei a suo tempo Diocleziano aveva decretato il rogo. Infatti
essi sostenevano che ci sono due divinità, una buona e una cattiva. E'
quella malvagia ad aver creato il mondo; dunque il mondo merita di
scomparire e ogni cosa che può perpetuarlo è riprovevole. Dall'Oriente
balcanico il neo-manichesimo si diffuse in Europa, con epicentri soprattutto
nel meridione della Francia e nell'Italia settentrionale. Gli adepti
chiamavano se stessi catari (dal greco, lingua dell'Oriente bizantino; vuol
dire "puro") e predicavano il divieto di procreare. Erano conosciuti anche
come bogomili, patarini e con un'infinità di altri nomi. I "perfetti" si
distaccavano completamente da tutto, raggiungendo uno stadio semi-vegetale.
Avevano un unico sacramento, il "consolamentum", che poteva essere
amministrato solo una volta nella vita. Per questo praticavano l 'endura,
cioè il suicidio assistito dopo la somministrazione del "consolamentum". Gli
adepti non "perfetti" potevano praticare qualsiasi attività sessuale purché
non feconda. Era loro vietato prestare giuramento alle autorità; di fatto
potevano mentire e commettere qualsiasi infrazione, perché il mondo meritava
di finire al più presto. Non mangiavano carne, uova e latticini e la loro
apparente austerità di vita ammaliava soprattutto quello che oggi
definiremmo sottoproletariato urbano, ignorante e sensibile ai millenarismi
sovvertitori.


Immediatamente le autorità civili del tempo si resero conto di trovarsi di
fronte a un gravissimo pericolo di sovversione: il mondo medievale era
fondato sulla parola data (l'omaggio feudale) nonché sulla filosofia
cristiana; dunque gli eretici erano pericolosissimi destabilizzatori. Non
solo. Il suicidio e il divieto di procreare condannavano l'umanità
all'estinzione. Durissima fu la reazione governativa, e dappertutto
cominciarono ad accendersi roghi di Catari: la stessa pena prevista dal
diritto romano per "lesa maestà" (nome antico della sovversione).


Purtroppo nei linciaggi a furor di popolo e negli interventi repressivi
indiscriminati ci andava di mezzo anche chi aveva aderito al Catarismo per
ignoranza o (nei luoghi dove gli eretici erano maggioranza) paura. In ogni
caso, per stabilire con esattezza chi fosse davvero cataro e chi no,
occorreva un esame sulla dottrina religiosa. La Chiesa, dunque, intervenne
per sottrarre questa materia al potere civile: solo i teologi potevano
procedere a un esame del genere.


La cosa venne inizialmente affidata ai vescovi, ma fallì. I vescovi,
infatti, avevano troppe compromissioni in loco, a volte anche parenti
coinvolti nell'eresia. E non di rado soccombevano nelle pubbliche dispute
che organizzavano con i catari. Infatti la preparazione dottrinale del
clero, all'epoca, lasciava molto a desiderare (da qui i tentativi di riforma
ecclesiastica, prima fra tutte quella gregoriana); invece (come ben sanno
quelli che, oggi, provano a discutere con i Testimoni di Geova) i catari
erano molto agguerriti e scaltriti nel dibattito. Così la Chiesa pensò di
affidare il compito di contrastare l'eresia a teologi cistercensi, inviati
direttamente da Roma. Ma questi delegati papali spesso finivano trucidati
dagli eretici e dai signori ghibellini che li sostenevano per loro motivi
politici. Fu l'assassinio dei legati pontifici (mandante il conte di Tolosa,
Raimondo VII) a scatenare la cosiddetta crociata contro gli Albigesi. La
famosa frase "Uccideteli tutti, Dio distinguerà i suoi" è una fandonia
storica. Non fu mai pronunciata.


Allora il Papa decise di affidare questo compito ai nuovissimi ordini
mendicanti, Francescani e Domenicani. Specialmente i Domenicani, cui la
regola imponeva lo studio e l'attività di predicazione. I frati erano molto
amati dalla gente e potevano contrapporre ai catari altrettanta austerità e
sprezzo della vita.


L'Inquisizione non fu un vero e proprio tribunale bensì un comitato di
esperti che stabiliva chi fosse eretico e chi no. Non solo. Riammetteva nel
seno della Cristianità coloro che, attratti all'eresia da ignoranza, paura o
momentaneo fascino, si pentivano. Per gli ostinati la Chiesa non poteva fare
più niente, e doveva lasciare che la giustizia civile seguisse il suo corso.
Insomma l'Inquisizione salvò molta più gente di quanta ne abbia "abbandonata
al braccio secolare". Paradossalmente è proprio l'Inquisizione a inventare
il processo moderno. I tribunali laici medievali, infatti, funzionavano col
sistema "accusatorio": il giudice poteva intervenire solo su istanza di
parte e giudicava sulle prove fornite dalle parti. Anche l'omicidio. Se i
parenti dell'ucciso perdonavano l'assassino questo veniva liberato.


Invece la Chiesa usò il procedimento "inquisitorio'': il giudice, di sua
iniziativa ("d'ufficio") indaga, cerca le prove, incastra il colpevole (quel
che fa oggi il magistrato "inquirente"). L'Inquisizione inventa il verbale
redatto da un cancelliere, il "corpo del reato", la giuria popolare, gli
sconti e la remissione di pena per buona condotta, le licenze per malattia,
gli arresti domiciliari, l'avviso di garanzia. Essa condannò un numero di
persone di gran lunga inferiore a quel che certi romanzi "gotici" ci hanno
tramandato. E salvò la civiltà europea da un gravissimo pericolo. Proprio
perché l'Inquisizione inventa il processo scritto e verbalizzato gli storici
sanno tutto su questa istituzione, i cui documenti sono tutti conservati e a
disposizione degli studiosi. Processi quali quelli mostrati ne il nome della
rosa sono puramente inventati.


Anche la tortura inquisitoriale è una sciocchezza tramandata da disegni e
incisioni di fantasia, diffusi dalla propaganda antipapista protestante dopo
l'invenzione della stampa. La tortura, come mezzo per far confessare, era
usata da sempre da tutti i tribunali (il carcere come pena comincia con la
Rivoluzione francese; prima c'erano solo pene fisiche e pecuniarie). Il
primo ad abolirla fu Luigi XVI, poco prima della Rivoluzione francese.
L'unica tortura a cui facevano ricorso i tribunali inquisitoriali (ma solo
in presenza di gravissimi indizi) era la corda: l'imputato veniva sospeso
per le braccia e lasciato cadere sul pavimento, due o tre volte. Se non
confessava, veniva liberato. Se confessava sotto tortura la sua confessione
doveva essere da lui confermata dopo, senza tortura, altrimenti non era
valida. Gli inquisitori la impiegarono pochissimo perché non se ne fidavano:
sapevano che c'è chi sotto tortura confesserebbe anche quel che non ha
commesso.


La tortura comunque era applicata sempre sotto stretto controllo medico e
mai a vecchi e minori. Se qualche inquisitore era troppo duro immediatamente
si levavano alte le proteste e il Papa preferiva sostituirlo. Roberto il
Bulgaro, un ex cataro poi divenuto inquisitore generale in Francia, finì
sotto processo e venne relegato a vita in un monastero. Se in qualche
manuale scolastico si leggono espressioni come "carcere perpetuo" o "carcere
perpetuo irremissibile", nel latino inquisitoriale ciò significava gli
arresti, generalmente domiciliari, dai tre agli otto anni. E "arresti
domiciliari" voleva dire, in pratica, divieto di uscire dalla città senza
permesso. Si tenga sempre presente che la Chiesa aveva tutto l'interesse,
anche propagandistico, a riconciliare l'eretico pentito e confesso.


L'Inquisizione spagnola


Su questo tema, la fantasia si è scatenata. Ma è appunto fantasia, come ne
il pozzo e il pendolo di Edgar A. Poe.


Nel 1492, anno dell'impresa di Colombo, la Spagna, riunificatasi col
matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, era riuscita a
portare a termine la plurisecolare opera di riconquista del paese ai Mori.
Il nuovo regno si trovava adesso ad avere in casa due fortissime minoranze,
quella musulmana e quella ebraica. Poiché ora il governo era interamente in
mano ai cristiani, molti, per far Carriera, Si facevano battezzare, ma in
segreto continuavano a praticare la vecchia religione. Solo che il segreto
non era tale per i vicini di casa e i compaesani, i quali, non di rado
scavalcati soprattutto dai più abili Ebrei (nel commercio e nelle finanze,
ma anche nelle carriere amministrative e perfino ecclesiastiche), spesso
davano luogo a tumulti contro i falsi convertiti o marranos. Si aggiunga che
i Mori di Spagna per lungo tempo sognarono la rivincita, facendo da quinta
colonna per i regni islamici corsari del vicino Nordafrica (i quali
praticarono per secoli continue incursioni sulle coste). Rivolte scoppiavano
qua e là, e impensierivano i due re. Ci fu anche una ribellione di nobili
contro la corona, e molti Ebrei conversos commisero l'errore di appoggiare i
ribelli. Insomma l'appena unificato regno rischiava una guerra civile. Per
questo i Re Cattolici chiesero al Papa l'istituzione dell'Inquisizione.
Finché Ferdinando e Isabella, buoni cristiani, vissero, l'Inquisizione
spagnola obbedì alle direttive di moderazione del Papa. Ma in breve diventò
un organismo governativo, del tutto indipendente da Roma e sul quale il Papa
non aveva praticamente nessun potere.


Comunque l'Inquisizione ebbe il merito di sottrarre la questione dei falsi
convertiti ai linciaggi di piazza. Fu garantito un processo giusto e
puntiglioso. I veri convertiti vennero provvisti di regolare certificato
inquisitoriale e garantiti contro ogni ulteriore molestia; agli altri fu
posta l'alternativa tra la vera conversione o la condanna. Infatti
l'Inquisizione, tribunale ecclesiastico, poteva giudicare solo i cristiani,
non gli ebrei o i musulmani. Un battezzato che, di fatto, praticava il
Giudaismo o l'Islamismo, era un eretico sovversivo. Così, colpendo
relativamente pochi colpevoli (il cui numero effettivo, anche qui, va molto
ridimensionato), l'Inquisizione "regolò il traffico" in Spagna: gli ebrei
facessero gli ebrei, i musulmani i musulmani e i cristiani i cristiani,
ognuno con i suoi riti e ben separati, per non litigare. La sua presenza
evitò alla Spagna quelle guerre di religione che invece insanguinarono
l'Europa settentrionale e garantì lo sviluppo del Paese, che così poté
diventare la prima superpotenza del tempo. Si tenga presente che i più
grandi Santi del cosiddetto "secolo d'oro" spagnolo (che coincise col
culmine dell'attività inquisitoriale) erano tutti di origine ebraica:
Giovanni di Dio, Teresa d'Avila, e altri. Il "famigerato", anch'egli ebreo
convertito, Torquemada fu in realtà molto più mite di quel che Si pensa.


Per quanto riguarda la cosiddetta "caccia alle streghe" teniamo presente che
l'Inquisizione se ne occupò poco. La vera e propria "stregomania" si diffuse
in Europa alla fine del Rinascimento, dunque all'inizio della modernità. Ci
credevano gente come Newton e Giordano Bruno (lui stesso un mago), Paracelso
e Cartesio. A bruciare streghe furono soprattutto tribunali laici e
protestanti (il più fiero cacciatore di streghe fu il giurista francese Jean
Bodin, teorico dello Stato moderno). La famigerata Salem si trova infatti
nel Massachusetts dei protestanti Padri Pellegrini americani. L'Inquisizione
cattolica classificò la stregoneria come superstizione e, specialmente in
Spagna, salvò la vita a moltissime presunte streghe che la furia popolare (o
qualche cliente deluso) voleva linciare.
Il Sant'Uffizio (Galileo, Bruno e Campanella)


L'Inquisizione Romana, o Sant'Uffizio, nacque per rispondere alla sfida
luterana. Essa fu centralizzata a Roma e affidata ai cardinali. Santi come
Pio V (il papa della battaglia di Lepanto) furono inquisitori. Il
Sant'Uffizio evitò all'Italia la caccia alle streghe e le guerre di
religione. Il periodo della Controriforma, contrariamente a quanto molti
sostengono, fu un'epoca di splendore di arti, lettere e scienze.


Nacque il "barocco" e scienziati perseguitati nei paesi protestanti (come
Stenone e Keplero) ebbero cattedre universitarie e onori. In molte città
d'Italia tuttavia il Sant'Uffizio non operò, perché alla lotta all'eresia
provvedevano magistrature laiche (tutti i governi erano spaventati da quel
che succedeva oltralpe). Così Genova, Venezia, Lucca. Napoli e Milano erano
sotto la Spagna, ma non permisero che si insediasse l'Inquisizione spagnola,
la quale operò solo in Sicilia e in Sardegna. In Roma si ebbe una sola
condanna per stregoneria (ma vi era connesso un avvelenamento).


Il caso Galileo richiede un chiarimento. Innanzitutto diciamo subito che
egli non inventò affatto il telescopio, né scoprì la rotazione e rivoluzione
della terra, né disse mai "Eppur si muove!". Semplicemente puntando il
cannocchiale (rispetto agli attuali, poco più che un giocattolo) al cielo
scoprì i satelliti di Giove. Questo lo convinse che Copernico (morto
vent'anni prima) aveva ragione: non tutto girava attorno alla terra. Ora si
tenga presente che la teoria copernicana era regolarmente insegnata nelle
università, accanto a quella tolemaica. Erano teorie non verificate, ma che
la terra fosse al centro di tutto era cosa che si vedeva ad occhio nudo
(infatti i sensi ci dicono che è il sole a girare, e la terra sta ferma). E
Copernico era pure un prete.


Gli astronomi gesuiti della Specola Vaticana confermarono le scoperte di
Galileo e le difesero contro gli scienziati laici che invidiavano il favore
di cui il pisano godeva alla Corte pontificia. Galileo, carattere spigoloso,
li beffeggiava e li insultava nei suoi scritti.


Gli tesero una trappola, facendo circolare certe sue lettere in cui diceva
che la Chiesa avrebbe dovuto modificare il corrispondente passo delle
Scritture (quello in cui Giosuè ferma il sole). Il cardinale Bellarmino (che
è Santo) fu costretto a dire a Galileo di occuparsi di scienza e non di
teologia. Galileo accettò e per vent'anni non se ne parlò più.


Continuò a insegnare la teoria copernicana e nessuno lo molestò. Poi si
convinse che le maree erano dovute al movimento della terra (invece sono
dovute all'attrazione lunare, come cercò di spiegargli Keplero) e pubblicò
un'opera in cui faceva fare al Papa la figura dello sciocco. Solo che quel
Papa era Urbano VIII, caratterino come il suo.


Convocato a Roma dal Sant'Uffizio Galileo venne alloggiato in un
appartamento sul Pincio con un servitore. Il processo decretò, a stretta
maggioranza, che i passi riguardanti la teoria copernicana data come provata
nelle sue opere dovevano essere corretti. Lui venne condannato a recitare
per tre anni i Salmi penitenziali un volta alla settimana.


Tutto qui. La rotazione della terra venne provata solo due secoli dopo, col
famoso pendolo di Foucault. Giordano Bruno era un monaco domenicano
dichiaratamente eretico. Gettò il suo accusatore nel Tevere e fuggì
dall'Italia. Più che un filosofo era un mago, e si inimicò tutti i posti nei
quali andò peregrinando. Fu scomunicato perfino dai protestanti. Si rifugiò
in Inghilterra, dove venne accolto da Elisabetta I, figlia di Enrico VIII e
Anna Bolena. Lui, in cambio, le denunciava i cattolici (la persecuzione
anglicana nei confronti dei cattolici inglesi fece più di settantamila
vittime). Ma dovette fuggire anche da lì. Se ne andò a Venezia, la quale,
per dispetto al Papa proteggeva gli eretici. Qui si installò in casa del
nobile Mocenigo; questi lo manteneva in cambio della promessa di imparare la
millantata "arte della memoria" che Bruno sosteneva di possedere Quando il
Mocenigo trovò Bruno a letto con sua moglie lo denunciò alle autorità, le
quali furono ben felici di sbarazzarsene consegnandolo all'Inquisizione
romana. Bruno, che -lo ricordiamo- era un rate, abiurò ma poi tornò sulle
sue decisioni, in un a letto continuo che durò anni. Alla fine venne
abbandonato al braccio secolare come mago, eretico e sovversivo.


Tommaso Campanella, anch'egli domenicano era suddito spagnolo in quanto
calabrese. Le sue teorie utopiche esposte nella Città del Sole lo portarono
a organizzare una cospirazione contro il dominio spagnolo per instaurare un
repubblica secondo le sue idee. Dopo trent'anni nelle carceri spagnole (dove
poté tuttavia continuare a scrivere), il Papa lo fece fuggire con un trucco:
ne chiese l'estradizione a Roma, poi lo lascia scappare in Francia.
Umanesimo e Rinascimento


Con la fine dell'anarchia feudale e l'avvento dei regni unitari (Francia,
Inghilterra, Spagna) la situazione di endemica insicurezza cedette il posto
a relativa pace e tranquillità di comunicazioni. La rivoluzione industriale
medievale poté così esplodere in traffici, commerci e viaggi (di
pellegrinaggio, di studio, di affari). L'aumentato benessere fece crescere
la popolazione e sorsero i liberi comuni, le signorie, le repubbliche
(marinare e no). Fiorirono le professioni, come quelle legate
all'insegnamento e al diritto, e anche le arti. Essendoci più ricchi
disposti a pagare, artisti e legulei, professori e scienziati proliferarono.
Finalmente c'era tempo e agio per studiare tutte quelle antiche opere che i
monaci avevano salvato dai secoli di disordine. Cioè le opere greche e
romane. Machiavelli e Guicciardini cominciavano a dire chiaramente che era
ora di ripristinare il sistema politico e amministrativo romano, che così
grandi frutti aveva dato.


Solo che, a furia di studiare il mondo antico, esso divenne "di moda". Negli
affreschi Marte e Venere cominciarono a sostituire Cristo e la Vergine, e
l'audace Ars amandi di Ovidio venne compulsata pure nei conventi. Poco alla
volta anche la mentalità antica cominciò a farsi strada, mentalità
maschilista e burocratica. E i frutti si videro presto. Alla fine del XV
secolo l'Università di Parigi vietò alle donne la professione medica.
Qualche anno ancora e alle donne sposate verrà imposto di portare il cognome
del marito. Spunta la "maggiore età" legale. Molti dotti cominciano a
praticare la magia, la Chiesa si vede costretta a porre limiti all'alchimia
e all'astrologia (finirà per vietarle del tutto nel secolo successivo).


Il Rinascimento sarebbe più appropriato chiamarlo "neo-paganesimo", perché
tale in effetti fu. Nell'arte e nella letteratura al centro di tutto non c'è
più Dio ma l'uomo ("umanesimo"); la politica e l'economia prendono le
distanze dalla morale cristiana; i legisti teorizzano il potere dello Stato
come totalmente indipendente da ogni altra autorità.


L'epoca di splendore che i manuali scolastici contrabbandano riguardò in
realtà solo pochi privilegiati: le corti dei principi (come quella medicea)
e gli artisti e i letterati da essi stipendiati. Il resto dell'umanità,
invece, vedeva con terrore sopravvenire un altro tempo di disperazione.
Nell'Europa settentrionale, uno dietro l'altro, eresiarchi trascinavano le
folle nell'attesa della fine del mondo. Complici i maghi di cui si è detto e
gli astrologi (e soprattutto l'invenzione della stampa, che permetteva la
diffusione delle profezie apocalittiche e dei vaticini astrologici), la
paura delle streghe, dei malefici, dell'Anticristo, dell'Apocalisse,
cominciò a dilagare.


Ogni cometa, ogni pestilenza era vista come il segno dell'inizio dei tempi
ultimi. "Profeti" improvvisati ed eretici millenaristi additavano nella
Chiesa di Roma la "Grande Meretrice" dell'Apocalisse. Un papa come
Alessandro Borgia venne ingiustamente diffamato e additato ad esempio della
corruzione romana.


La successiva polemica luterana da antipapista divenne anticattolica e
dunque anti-italiana: l'Italia, che fino a quel momento aveva significato
arte, cultura e raffinatezza, da quel momento fu oggetto di disprezzo,
disprezzo che, nell'immaginario dei popoli nordici, dura tutto sommato
ancora oggi. Tale visuale è stata purtroppo introiettata dagli Italiani,
grazie alla propaganda di quegli intellettuali che salutarono come
"liberatori" i napoleonici, poi i piemontesi e infine gli americani.
L'autodenigrazione ("E' inutile, siamo in Italia" o "all'italiana" per
indicare corruzione, pressappochismo, inciviltà, disordine e inefficienza) è
così diventato il nostro vero sport nazionale. E siamo gli unici al mondo a
praticarlo. Invece nessuno ci ricorda che gli Italiani hanno letteralmente
creato la civiltà: dal fazzoletto alla forchetta, dal motore a scoppio alla
radio, dall'elettricità al telefono, dal galateo alla vera democrazia,
dall'energia nucleare alla musica. Eccetera, eccetera. Se qualcuno si
azzarda a ricordarlo i sedotti dalle ideologie d'importazione gridano al
"fascista".


Ma torniamo a bomba. Alessandro VI Borgia, spagnolo, aveva il torto di
essere inviso alla Francia e a Venezia. La Francia perché nemica delle
Spagna. Venezia perché era da sempre interessata solo alla sopravvivenza dei
suoi traffici (era stata la Serenissima a indurre a suo tempo i Crociati ad
assaltare Costantinopoli, di fede scismatica "ortodossa", anziché
Gerusalemme). Ora il papato aveva come politica tradizionale quella di
impedire che il Nord dell'Italia diventasse una dipendenza dell'Impero
germanico e il Sud un califfato musulmano (i Turchi sbarcarono più volte in
Puglia e assediavano l'Europa risalendo dai Balcani; Budapest dovette essere
riconquistata, Vienna fu salvata solo nel 1622; la Sicilia, a lungo sotto
gli Arabi, era continuamente tormentata dai corsari islamici). Anzi proprio
il figlio del Borgia, Cesare, stava realizzando, a colpi di conquiste,
quell'unità d'Italia sotto un solo signore che stava tanto a cuore a
Machiavelli (che appunto a Cesare Borgia dedicò il suo Principe). Ma il
Borgia aveva un tallone d'Achille: la sua vita privata. Come pontefice fu
esemplare, come uomo un po' meno: se ne vergognò sempre e non volle mai
difendersi, cosa che però lasciò campo libero alle calunnie. Fu lui a
introdurre la preghiera dell'Angelus, che ancora oggi il Papa recita. Grazie
alla sua mediazione Spagna e Portogallo evitarono un conflitto a proposito
delle nuove terre transoceaniche da colonizzare.


Il Nuovo Mondo


Cristoforo Colombo, il più grande navigatore di tutti i tempi, era un uomo
religiosissimo (ma conviveva more uxorio, come del resto Galileo; questo
serva a chiarire che il puritanesimo sessuale non fu mai di casa in ambiente
cattolico). Il motivo per cui voleva andare nelle Indie passando dall'oceano
è specificato nel suo testamento, nel quale ricordò ai Re Cattolici
l'impegno, preso da loro con lui, di utilizzare le ricchezze del Nuovo Mondo
per una definitiva Crociata tesa a liberare una volta per tutte il Santo
Sepolcro.


Come è noto il viaggio delle sue caravelle si rivelò più lungo di quanto
Colombo avesse previsto e le ciurme tumultuavano. Ma lo seguirono fino in
fondo quando lo videro, durante una tempesta, allontanare un tromba marina
ponendosi a prua con in mano una croce.


Tra parentesi il viaggio di Colombo poté essere concepito (e finanziato
dalla Corona spagnola) perché tutti sapevano benissimo che la terra era
tonda e non piatta (Aristarco di Samo ne aveva calcolato esattamente il
raggio fin dal VI secolo avanti Cristo). Solo che Colombo la credeva di
dimensioni più piccole.


La scoperta di un continente sconosciuto, abitato da razze mai viste, ebbe
sugli Europei lo stesso impatto emotivo che avrebbe per noi un eventuale
contatto con alieni. Si discusse se questi nativi seminudi e senza barba
appartenessero o meno alla razza umana (come accadrebbe in caso di "incontro
ravvicinato" con marziani), e il Papa, con una Bolla, stabilì che lo erano.
Dunque avevano diritto, come gli altri, a conoscere la Buona Novella ed
entrare nella civiltà. La "leggenda nera" sui Conquistadores merita di
essere ridimensionata. Innanzitutto quegli avventurosi hidalgos erano
davvero convinti della loro missione evangelizzatrice, tant'è che i frati li
accompagnarono fin dalle prime spedizioni. Non che mancassero gli
avventurieri, certo; ma la Corona spagnola considerò subito gli Indios come
sudditi, e non selvaggi da colonizzare. Come sudditi avevano gli stessi
diritti degli Spagnoli. E' questo il motivo per cui il Sudamerica oggi
appare meno sviluppato economicamente del Nord. Diversamente dai pellerossa
nordamericani gli indios erano troppo tutelati giuridicamente (Carlo V
istituì la carica di "Protettore degli Indios", e la affidò all'ambiguo e
non sempre obiettivo Bartolomé de las Casas), cosa che scoraggiava gli
imprenditori spagnoli.


La Conquista avvenne in modo realmente miracoloso. Per esempio non è
pensabile che i settanta uomini di Cortés potessero, da soli, eliminare
l'impero azteco. Sì, avevano i cavalli e gli archibugi, ma gli Indios non
tardarono a rendersi conto che anche i cavalli potevano essere facilmente
uccisi e che, in quei climi caldo-umidi, gli archibugi facevano cilecca una
volta su due. Il fatto è che gli Spagnoli furono accolti come liberatori
dalle tribù oppresse dagli Aztechi, tribù che approfittarono della loro
venuta per ribellarsi. Gli Aztechi (ma anche gli Incas peruviani)
praticavano i sacrifici umani su larga scala perché la loro religione li
obbligava a continuamente "nutrire" il sole con sangue umano. Nella sola
inaugurazione del tempio di Tenochtitlàn vennero squartati ottantamila
prigionieri di guerra, e le loro carni mangiate. Per procurarsi vittime da
sacrificare gli Aztechi muovevano continuamente guerra alle popolazioni
confinanti, che consideravano "inferiori". La loro superiorità bellica ne
faceva degli oppressori e il fatalismo delle religioni precolombiane
paralizzava le tribù vittime delle loro razzie. Ora antiche profezie
dicevano che il dio Quetzalcoatl, biondo e con la barba, sarebbe arrivato
dal mare su "case con le ali". Esattamente nel tempo previsto dalla profezia
arrivò Cortés con i galeoni. Il segno fu interpretato come l'ora dell'attesa
riscossa.


Il cosiddetto "genocidio" degli Indios fu dovuto alle malattie che gli
Europei portarono con sé, malattie di fronte alle quali gli Indios erano
privi di anticorpi. Ma altrettante malattie (quelle tropicali) trovarono gli
Spagnoli.


E poi all'oro e all'argento gli Indios non davano alcuna importanza, mentre
per gli Europei erano vitali: le spezie (essenziali per conservare il cibo)
e i prodotti dell'Oriente dovevano per forza essere pagati in oro e argento,
perché gli orientali non accettavano le monete europee.


Grazie alla presenza assidua dei frati gli Spagnoli attratti dalle belle
indie dovettero sposarle regolarmente. I cattolicissimi Spagnoli si unirono
in matrimonio con le donne locali e oggi il Sudamerica presenta un
variopinto meticciato. A differenza dell'America del Nord, protestante, dove
i pellerossa sono quasi scomparsi. Qui, infatti, i primi coloni inglesi
("fondamentalisti" protestanti) considerarono i nativi come "inferiori"
perché "figli di Caino". I soli indiani del Nord battezzati sono quelli
degli stati ex spagnoli, come il Nuovo Messico, l'Arizona, etc.


Tutte le città statunitensi che portano nomi di santi sono infatti ex
missioni spagnole (Los Angeles, San Francisco, Sacramento, San Diego, etc.).
I missionari cattolici, nell'America appunto "latina", crearono catechismi e
scuole per indios, cercando di approfondire la loro cultura e i loro
linguaggi. Subito ci furono sacerdoti indios, che giunsero alle cariche più
alte dei loro Ordini. Insomma la Conquista spagnola non fu affatto un Far
West dove "L'unico indiano buono è quello morto". Al contrario Tra l'altro
proprio il dibattito ad altissimo livello che si aprì in Europa
sull'argomento creò la base di quei "diritti umani" (cioè spettanti a tutti
solo perché appartenenti all'umanità, a prescindere dalle usanze o dalla
religione o ...

[Modificato da LiviaGloria 09/03/2007 15.46]


[Modificato da BAGAVAN 09/03/2007 15.52]

[Modificato da BAGAVAN 09/03/2007 15.53]

LiviaGloria
00venerdì 9 marzo 2007 16:14
Complimenti!!!....rispondi senza leggere.... [SM=g27829]
Vedi che scrivi solo per partito preso.
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