concilio vaticano secondo

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hhh.
00mercoledì 15 luglio 2009 20:05
discutiamo
questo topic ha il proposito di creare una discussione pacifica tra' fedele cattolici di questo forum in particolar modo per ghergon e liviagloria ,io non capisco due persone dotate di buona cultura e di un'ottima fede ,dopo tutti questi anni ancora non si capiscono e non trovano dei punti comuni.


il concilio vaticano secondo ha cambiato la chiesa,secondo il mio
parere vorrei che non fosse mai stato fatto,non mi piace la direzione che ha preso la chiesa e sono molto attaccato alla mentalita' della chiesa antecedente al cvII ,questo ha provocato divisioni tra' cattolici ma non scismi o divisioni su dottrine e dogmi ma una divisione interna tra' fratelli cattolici.

www.sanpiox.it/primapag/ver.html






Piuttosto che conoscere l’una o l’altra dichiarazione o anche considerazione canonica (pur non trascurabile), bisogna sapere se c’è nella Chiesa uno stato di necessità.

Bisogna tornare al Concilio; le consacrazioni episcopali vanno considerate nello stesso spirito che ha portato Monsignore durante il Concilio a ingaggiare quasi una battaglia, poiché questo Concilio apparve a Monsignore e a quelli che l’hanno vissuto con lui come una rottura. Questo Concilio ha introdotto un cambiamento, una modificazione, che si può qualificare come una rottura rispetto al modo di parlare, di predicare, di agire della Chiesa anteconciliare.







L’Abbé Laurentin, che fu uno dei preti giornalisti che hanno seguito il Concilio e hanno scritto al riguardo, commenta: "Con i suoi limiti e malgrado le sue imperfezioni, la Dichiarazione sulla libertà religiosa segna una tappa e assicura al contempo la rottura degli ormeggi rispetto a un passato finito e l’ingresso realista della Chiesa e della sua testimonianza nell’unico luogo possibile nel mondo attuale". Detto in altre parole: il mondo è cambiato, dunque bisogna che anche la Chiesa cambi!


Mons. Etchegarray: "Dopo lo stato cristiano per il quale la dichiarazione suona le campane a morto, dopo lo stato ateo che ne è l’esatta e insieme intollerabile antitesi, lo stato laico, neutro, passivo e disimpegnato è stato certamente un progresso!".


Anche la Commissione mista cattolico-luterana è stata ammessa per dare il suo parere e non se n’è astenuta: "Tra le idee del Concilio Vaticano II, in cui si può vedere che le richieste di Lutero sono state ben accolte, si trova per esempio l’impegno in favore del diritto della persona alla libertà in materia di religione".

P. Courtnay Murray, che fu uno degli esperti del Concilio e senza dubbio uno di quelli che più lavorò sulla Dichiarazione sulla libertà religiosa, afferma: "A quasi esattamente un secolo di distanza, la Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa sembra affermare come dottrina cattolica ciò che Gregorio XVI considerava come un delirio, un’idea folle".


Da Hans Küng: "Lefebvre ha perfettamente il diritto di rimettere in discussione la Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa , perché senza dare spiegazioni il Vaticano II ha completamente rovesciato la posizione del Vaticano I!" Lo stesso Hans Küng riconosce anche: "Non c’è più sviluppo lì dove viene espressamente affermato il contrario


M. Prélot, senatore del Doubs, cattolico molto liberale: "Noi abbiamo lottato per un secolo e mezzo (è senza dubbio massone) per fare prevalere le nostre opinioni all’interno della Chiesa e non c’eravamo mai riusciti; alla fine, è venuto il Vaticano II e noi abbiamo trionfato: ormai le tesi e i princìpi del cattolicesimo liberale sono definitivamente e ufficialmente accettati dalla Santa Chiesa!".

E il cardinale Suenens nel 1969 aggiunge: "Si potrebbe fare una lista impressionante delle tesi che, insegnate a Roma prima del Concilio come le uniche valide, furono eliminate dai Padri conciliari".

Il cardinale de Lubac parlava di "piccola rivoluzione".

Yves Marsaudon (massone) parlava della "rivoluzione voluta da Giovanni XXIII".

Robert Aron paragona il Concilio "a un germe rivoluzionario" e alla "notte del 4 agosto 1789".

Grémion e Le Villain affermano che per loro "il Vaticano II è stata una vera rivoluzione copernicana nella Chiesa, rivoluzione che si è operata con un’apertura al mondo". Va notato che non siamo noi a dire questo, ma lo riconoscono quelli stessi che ci combattono e ci condannano.

Il cardinale Ratzinger - saliamo un po’ - che è un’autorità nella santa Chiesa, nella sua opera I princìpi della teologia cattolica, riguardo alla Gaudium et spes ha riconosciuto che "se si cerca una diagnosi globale del testo, si potrebbe dire che è, insieme ai testi sulla libertà religiosa e sulle religioni nel mondo, una revisione del Syllabus di Pio IX, una sorta di contro-Syllabus." "Questo testo assolve il ruolo di un contro-Syllabus nella misura in cui rappresenta un tentativo per una riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo quale era diventato dopo il 1789". In un articolo pubblicato in precedenza aveva affermato che il problema degli anni '60 era di riuscire a recuperare e a inserire nella Chiesa delle tesi liberali nate al di fuori della Chiesa, dopo la Rivoluzione. Come riuscire a far coincidere queste tesi liberali nate al di fuori della Chiesa con il pensiero della Chiesa? Lo dirà in un articolo del 1992, dunque di qualche anno più tardi: "Non desideriamo imporre il cattolicesimo all’Occidente, ma vogliamo che i valori fondamentali del cristianesimo e i valori liberali dominanti nel mondo d’oggi possano incontrarsi e fecondarsi reciprocamente".

Lo stesso papa Giovanni Paolo II, nel famoso Motu Proprio Ecclesia Dei Afflicta, lo riconosce implicitamente e anche esplicitamente. Dopo aver cercato di spiegare la "colpa" di Mons. Lefebvre, attira l’attenzione dei teologi sulla necessità di studiare di più il Concilio per meglio comprendere l’ampiezza e la profondità degli insegnamenti del Vaticano II, insegnamenti che "richiedono un rinnovato impegno di approfondimento, nel quale si metta in luce la continuità del Concilio con la Tradizione, specialmente nei punti di dottrina che, forse per la loro novità, non sono stati ancora ben compresi da alcuni settori della Chiesa".

Tutti sono d’accordo nel dire che ci sono state nel Concilio delle novità, delle cose mai sentite nella santa Chiesa, tesi, pensieri, considerazioni che non erano ancora mai stati ammessi nella Chiesa. Nel 1985, Monsignore inviò a Roma i suoi Dubia sulla libertà religiosa e, nella risposta, il teologo che parla a nome di Roma riconosce "l’indiscutibile novità" rappresentata da questo documento, anche se con la volontà di dimostrare che esso è in continuità e in armonia con il magistero anteriore. Esiste, dunque, il problema della novità.

ora nella mia ignoranza mi posso sbagliare,ma siccome il cvII non e' stato un concilio dogmatico quindi privo di assistenza dello spirito santo e il papa non ha parlato ex cathedra Petri dove ha il dono dell'infallibilita' e dove il concilio e' stato deciso anche da personalita' molto relativiste e moderniste della chiesa si puo' dire visto i risultati che e' stato un chiaro fallimento per certi versi in buona fede ma per certi versi no.
cosa che ha scatenato questa ferita e divisione in tradizionalisti e modernisti.
allora io ammetto che nell'ambienti tradizionalisti molte volte si e' esagerato,guardando e accusando i fedeli che per obbedienza verso il santo padre si sono rivolti verso la messa moderna,in primo luogo molti di questi non devono essere trattati con durezza,primo perche' non sono ritenuti a comprendere temi teologici ma a condurre una vita cristiana e poi sempre secondo il mio parere alcuni nel mondo tradizionalista invece di usare lo strumento della messa tridentina per ricevere la grazia del signore,si sono alzati a veri portatori di verita' quasi che dovessero intraprendere un crociata per salvare cristo e la santa chiesa dal male, prima di pensare alla salvezza della propia anima.
ci sono due modi per vivere la vita cristiana uno publicamente ,attraverso la santa messa e uno interiormete o privatamente verso i dieci comandamenti che spesso si manifestano in modo publico ma spesso sono dei nostri fatti privati.
in questo punto che ho esposto io posso dire che publicamente la messa tridentina e la migliore per glorificare dio ma che la vta cristiana specialmente nell'esame di coscenza non possiamo dire se un fedele che freguenta la messa in latino sia migliore di chi freguenta la messa moderna nella osservazione della vita cristiana.
io ho visto tanti buoni esempi di fedeli ,esempi da seguire specialmente chi freguenta la messa di san pioV ma posso anche testimoniare di ottimi esempi di fedeli che hanno scelto di freguentare la messa moderna.
allora penso che prima di giudicare il mondo tradizionalista dovrebbe essere unito e non diviso come noi sappiamo.

si deve passare al contrattacco, poiché “il diavolo si fa leone se tu ti fai formica, mentre se tu ti mostri leone egli diventa una formica”
e noi diventiamo formiche se siamo divisi mentre il diavolo o i diavoli, avete visto come si sono fatti leoni quando il papa ha levato le scomuniche?,tra cui senza dimenticare la strumentalizzazione e la crocefissione del povero padre Williamson.
senza questa unione nessun tradizionelista puo'parlare.
poi bisogna avere piu' rispetto per i fedeli che non capiscono il pericolo relativista ma sono in buona fede,quindi evitare frasi del tipo ,il papa non esiste ,la chiesa non ce piu',i sacramenti non sono validi,se andate alla messa doderna vi dannerete,
queste parole anche se dette (mi auguro in buona fede)si rischia di scandalizzare le anime che non hanno cultura in certi temi,si puo' far perdere la fede alle anime piu' fragili e dobbiamo ricordarci che anche in opere di bene il diavolo le distorce in opere di male,senza avere la presunzione che basti andare alla messa tridentina per meritare le grazie del signore.



spero che questo topic porti tutti i cattolici del forum ,che sono tanti(per fortuna)a una discussione lunga e pacifica,ripeto pacifica,che possa unire alcune distanze che secondo me sono apparenti
e insegnare un po di umilta'(specialmente a me)che non fa mai male e a diventare meno tiepidi ma piu' passionali quando si difende il signore cosa che manca a molti cattolici.
Ardisia
00mercoledì 15 luglio 2009 21:37
Re: discutiamo
hhh., 15/07/2009 20.05:

questo topic ha il proposito di creare una discussione pacifica tra' fedele cattolici di questo forum in particolar modo per ghergon e liviagloria ,io non capisco due persone dotate di buona cultura e di un'ottima fede ,dopo tutti questi anni ancora non si capiscono e non trovano dei punti comuni.


il concilio vaticano secondo ha cambiato la chiesa,secondo il mio
parere vorrei che non fosse mai stato fatto,non mi piace la direzione che ha preso la chiesa e sono molto attaccato alla mentalita' della chiesa antecedente al cvII ,questo ha provocato divisioni tra' cattolici ma non scismi o divisioni su dottrine e dogmi ma una divisione interna tra' fratelli cattolici.

www.sanpiox.it/primapag/ver.html






Piuttosto che conoscere l’una o l’altra dichiarazione o anche considerazione canonica (pur non trascurabile), bisogna sapere se c’è nella Chiesa uno stato di necessità.

Bisogna tornare al Concilio; le consacrazioni episcopali vanno considerate nello stesso spirito che ha portato Monsignore durante il Concilio a ingaggiare quasi una battaglia, poiché questo Concilio apparve a Monsignore e a quelli che l’hanno vissuto con lui come una rottura. Questo Concilio ha introdotto un cambiamento, una modificazione, che si può qualificare come una rottura rispetto al modo di parlare, di predicare, di agire della Chiesa anteconciliare.







L’Abbé Laurentin, che fu uno dei preti giornalisti che hanno seguito il Concilio e hanno scritto al riguardo, commenta: "Con i suoi limiti e malgrado le sue imperfezioni, la Dichiarazione sulla libertà religiosa segna una tappa e assicura al contempo la rottura degli ormeggi rispetto a un passato finito e l’ingresso realista della Chiesa e della sua testimonianza nell’unico luogo possibile nel mondo attuale". Detto in altre parole: il mondo è cambiato, dunque bisogna che anche la Chiesa cambi!


Mons. Etchegarray: "Dopo lo stato cristiano per il quale la dichiarazione suona le campane a morto, dopo lo stato ateo che ne è l’esatta e insieme intollerabile antitesi, lo stato laico, neutro, passivo e disimpegnato è stato certamente un progresso!".


Anche la Commissione mista cattolico-luterana è stata ammessa per dare il suo parere e non se n’è astenuta: "Tra le idee del Concilio Vaticano II, in cui si può vedere che le richieste di Lutero sono state ben accolte, si trova per esempio l’impegno in favore del diritto della persona alla libertà in materia di religione".

P. Courtnay Murray, che fu uno degli esperti del Concilio e senza dubbio uno di quelli che più lavorò sulla Dichiarazione sulla libertà religiosa, afferma: "A quasi esattamente un secolo di distanza, la Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa sembra affermare come dottrina cattolica ciò che Gregorio XVI considerava come un delirio, un’idea folle".


Da Hans Küng: "Lefebvre ha perfettamente il diritto di rimettere in discussione la Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa , perché senza dare spiegazioni il Vaticano II ha completamente rovesciato la posizione del Vaticano I!" Lo stesso Hans Küng riconosce anche: "Non c’è più sviluppo lì dove viene espressamente affermato il contrario


M. Prélot, senatore del Doubs, cattolico molto liberale: "Noi abbiamo lottato per un secolo e mezzo (è senza dubbio massone) per fare prevalere le nostre opinioni all’interno della Chiesa e non c’eravamo mai riusciti; alla fine, è venuto il Vaticano II e noi abbiamo trionfato: ormai le tesi e i princìpi del cattolicesimo liberale sono definitivamente e ufficialmente accettati dalla Santa Chiesa!".

E il cardinale Suenens nel 1969 aggiunge: "Si potrebbe fare una lista impressionante delle tesi che, insegnate a Roma prima del Concilio come le uniche valide, furono eliminate dai Padri conciliari".

Il cardinale de Lubac parlava di "piccola rivoluzione".

Yves Marsaudon (massone) parlava della "rivoluzione voluta da Giovanni XXIII".

Robert Aron paragona il Concilio "a un germe rivoluzionario" e alla "notte del 4 agosto 1789".

Grémion e Le Villain affermano che per loro "il Vaticano II è stata una vera rivoluzione copernicana nella Chiesa, rivoluzione che si è operata con un’apertura al mondo". Va notato che non siamo noi a dire questo, ma lo riconoscono quelli stessi che ci combattono e ci condannano.

Il cardinale Ratzinger - saliamo un po’ - che è un’autorità nella santa Chiesa, nella sua opera I princìpi della teologia cattolica, riguardo alla Gaudium et spes ha riconosciuto che "se si cerca una diagnosi globale del testo, si potrebbe dire che è, insieme ai testi sulla libertà religiosa e sulle religioni nel mondo, una revisione del Syllabus di Pio IX, una sorta di contro-Syllabus." "Questo testo assolve il ruolo di un contro-Syllabus nella misura in cui rappresenta un tentativo per una riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo quale era diventato dopo il 1789". In un articolo pubblicato in precedenza aveva affermato che il problema degli anni '60 era di riuscire a recuperare e a inserire nella Chiesa delle tesi liberali nate al di fuori della Chiesa, dopo la Rivoluzione. Come riuscire a far coincidere queste tesi liberali nate al di fuori della Chiesa con il pensiero della Chiesa? Lo dirà in un articolo del 1992, dunque di qualche anno più tardi: "Non desideriamo imporre il cattolicesimo all’Occidente, ma vogliamo che i valori fondamentali del cristianesimo e i valori liberali dominanti nel mondo d’oggi possano incontrarsi e fecondarsi reciprocamente".

Lo stesso papa Giovanni Paolo II, nel famoso Motu Proprio Ecclesia Dei Afflicta, lo riconosce implicitamente e anche esplicitamente. Dopo aver cercato di spiegare la "colpa" di Mons. Lefebvre, attira l’attenzione dei teologi sulla necessità di studiare di più il Concilio per meglio comprendere l’ampiezza e la profondità degli insegnamenti del Vaticano II, insegnamenti che "richiedono un rinnovato impegno di approfondimento, nel quale si metta in luce la continuità del Concilio con la Tradizione, specialmente nei punti di dottrina che, forse per la loro novità, non sono stati ancora ben compresi da alcuni settori della Chiesa".

Tutti sono d’accordo nel dire che ci sono state nel Concilio delle novità, delle cose mai sentite nella santa Chiesa, tesi, pensieri, considerazioni che non erano ancora mai stati ammessi nella Chiesa. Nel 1985, Monsignore inviò a Roma i suoi Dubia sulla libertà religiosa e, nella risposta, il teologo che parla a nome di Roma riconosce "l’indiscutibile novità" rappresentata da questo documento, anche se con la volontà di dimostrare che esso è in continuità e in armonia con il magistero anteriore. Esiste, dunque, il problema della novità.

ora nella mia ignoranza mi posso sbagliare,ma siccome il cvII non e' stato un concilio dogmatico quindi privo di assistenza dello spirito santo e il papa non ha parlato ex cathedra Petri dove ha il dono dell'infallibilita' e dove il concilio e' stato deciso anche da personalita' molto relativiste e moderniste della chiesa si puo' dire visto i risultati che e' stato un chiaro fallimento per certi versi in buona fede ma per certi versi no.
cosa che ha scatenato questa ferita e divisione in tradizionalisti e modernisti.
allora io ammetto che nell'ambienti tradizionalisti molte volte si e' esagerato,guardando e accusando i fedeli che per obbedienza verso il santo padre si sono rivolti verso la messa moderna,in primo luogo molti di questi non devono essere trattati con durezza,primo perche' non sono ritenuti a comprendere temi teologici ma a condurre una vita cristiana e poi sempre secondo il mio parere alcuni nel mondo tradizionalista invece di usare lo strumento della messa tridentina per ricevere la grazia del signore,si sono alzati a veri portatori di verita' quasi che dovessero intraprendere un crociata per salvare cristo e la santa chiesa dal male, prima di pensare alla salvezza della propia anima.
ci sono due modi per vivere la vita cristiana uno publicamente ,attraverso la santa messa e uno interiormete o privatamente verso i dieci comandamenti che spesso si manifestano in modo publico ma spesso sono dei nostri fatti privati.
in questo punto che ho esposto io posso dire che publicamente la messa tridentina e la migliore per glorificare dio ma che la vta cristiana specialmente nell'esame di coscenza non possiamo dire se un fedele che freguenta la messa in latino sia migliore di chi freguenta la messa moderna nella osservazione della vita cristiana.
io ho visto tanti buoni esempi di fedeli ,esempi da seguire specialmente chi freguenta la messa di san pioV ma posso anche testimoniare di ottimi esempi di fedeli che hanno scelto di freguentare la messa moderna.
allora penso che prima di giudicare il mondo tradizionalista dovrebbe essere unito e non diviso come noi sappiamo.

si deve passare al contrattacco, poiché “il diavolo si fa leone se tu ti fai formica, mentre se tu ti mostri leone egli diventa una formica”
e noi diventiamo formiche se siamo divisi mentre il diavolo o i diavoli, avete visto come si sono fatti leoni quando il papa ha levato le scomuniche?,tra cui senza dimenticare la strumentalizzazione e la crocefissione del povero padre Williamson.
senza questa unione nessun tradizionelista puo'parlare.
poi bisogna avere piu' rispetto per i fedeli che non capiscono il pericolo relativista ma sono in buona fede,quindi evitare frasi del tipo ,il papa non esiste ,la chiesa non ce piu',i sacramenti non sono validi,se andate alla messa doderna vi dannerete,
queste parole anche se dette (mi auguro in buona fede)si rischia di scandalizzare le anime che non hanno cultura in certi temi,si puo' far perdere la fede alle anime piu' fragili e dobbiamo ricordarci che anche in opere di bene il diavolo le distorce in opere di male,senza avere la presunzione che basti andare alla messa tridentina per meritare le grazie del signore.



spero che questo topic porti tutti i cattolici del forum ,che sono tanti(per fortuna)a una discussione lunga e pacifica,ripeto pacifica,che possa unire alcune distanze che secondo me sono apparenti
e insegnare un po di umilta'(specialmente a me)che non fa mai male e a diventare meno tiepidi ma piu' passionali quando si difende il signore cosa che manca a molti cattolici.




Caro hhh, ci sono distanze, non meramente apparenti, difficilmente colmabili tra cattolici fedeli alla Tradizione e cattolici frequentanti il NOM. E' la natura stessa dei due diversi riti che crea divisioni ed incomprensioni, in quanto si parla di due riti nei quali Nostro Signore viene adorato ed invocato in modi completamente diversi, nel primo come ci è stato insegnato nei secoli da Santa Madre Chiesa, nel secondo come ci è stato imposto da una gerarchia ecclesiastica contaminata dal modernismo e dal protestantesimo.
Penso che la discussione da te proposta non possa svolgersi su di un binario pacifico, troppe sono le differenze e il modo di vivere e di partecipare a questi due diversi ed inconciliabili riti, ma spero comunque di sbagliarmi e di poter assistere e partecipare ad un confronto che possa essere utile a tutti quanti.
hhh.
00mercoledì 15 luglio 2009 22:04
Re: Re: discutiamo
Ardisia, 15/07/2009 21:37:




Caro hhh, ci sono distanze, non meramente apparenti, difficilmente colmabili tra cattolici fedeli alla Tradizione e cattolici frequentanti il NOM. E' la natura stessa dei due diversi riti che crea divisioni ed incomprensioni, in quanto si parla di due riti nei quali Nostro Signore viene adorato ed invocato in modi completamente diversi, nel primo come ci è stato insegnato nei secoli da Santa Madre Chiesa, nel secondo come ci è stato imposto da una gerarchia ecclesiastica contaminata dal modernismo e dal protestantesimo.
Penso che la discussione da te proposta non possa svolgersi su di un binario pacifico, troppe sono le differenze e il modo di vivere e di partecipare a questi due diversi ed inconciliabili riti, ma spero comunque di sbagliarmi e di poter assistere e partecipare ad un confronto che possa essere utile a tutti quanti.






io ti capisco,conosco bene i due mondi tra molti ce una differenza abbissale,forse siamo piu' vicini con gli [SM=x268919] ortodossi pensa te,la messa poi posso solo darti ragione preferisco farmi km per non andare al nom,ma dobbiamo sforzarci di avvicinarci per non fare il gioco,relativista massonico,certo quando sento un prete che dice a una coppia che aspetta un figlio non sposatevi ma vedete se andate d'accordo,quando vedo un sacerdote che trasforma la messa in uno realyti,quando vedo un sacerdote per i pacs,quando vedo un fedele che dice dio e' unico scordandosi del figlio e del fatto che si e' incarnato e morto per noi o vedo fedeli che non si inginocchiano piu' e prendono l'eucarestia come se vanno da mcdonald,ti do raggione.
come i comportamenti negativi dei tradizionalisti,che si criticano a vicenda,che pretendono di fare teologia,che si credono superiori a gli altri,che non hanno carita' per i fratelli meno dotti.
allora si e' inutile ma non ci sono solo queste distanze,ci sono fedeli che vanno al nom che una passione incredibile,che pregano tutti i giorni ,che amano e glorificano dio,che fanno opera pura di carita',che si confessano,che non dubitano e difendono il padre,ci sono sacerdoti modernisti visti con i miei occhi che hanno cacciato e rimproverato i fedeli che non rispettavano la messa,che hanno criticato altri sacerdoti perche' dubitano dell'esistenza del diavolo.
per i tradizionalisti ci sono persone che non giudicano solo il fedele perche' va al nom,che rispettano il fratello anche se non ha capito il pericolo modernista,che vogliono la salvezza dei propi fedeli e non insegnargli teologia.
bene io voglio che ogni cattolico prenda queste due cose positive del fedele che va al nom o alla messa tridentina e no che un' ipotetico modernista sia un'apostata e un tradizionalista sia un nazista.

ecco perche' molte volte ci sono distanze enormi ,giganti ma molto spesso apparenti.
costruiamo insieme crediamo agli stessi dogmi,la base dei fedeli e' in buona fede,e siccome sei tradizionalista come me(termine che ci ghettizza ma ormai lo usiamo [SM=g27828] )dobbiamo sapere che i fedeli del nom cadono in mano a dei sacerdoti tremendi ma non solo io ne ho conosciuti di ottimi.
costruiamo e impariamo in una discussione difficile a rimanere calmi e spiegare ognuno le propie motivazione e una prova anche per il nostro spirito no? [SM=g27822]
Ardisia
00mercoledì 15 luglio 2009 22:16
E' quello che vorrei, parlare con calma, esporre educatamente le mie ragioni e ricevere un'altrettanto educata e pacata risposta, seppur contraddittoria. Bene, proviamoci. [SM=g27822]
Ardisia
00mercoledì 15 luglio 2009 22:21
Per iniziare, sarebbe opportuno conoscere bene quanto stabilito dal CVI circa la definizione della dottrina della fede cattolica e del primato e dell’infallibilità papale.


Concilio Vaticano Primo
4 sessioni dall’8 dicembre 1869 al 18 luglio 1870.
Pio IX (1846-1878).
Definizione della dottrina della fede cattolica e del primato e dell’infallibilità papale.

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SESSIONE I (8 dicembre 1869)

Decreto di apertura del concilio.

Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.

Reverendissimi padri, vi sembra opportuno che, a lode e gloria della santa ed indivisa Trinità, Padre, Figlio e Spirito santo, ad incremento ed esaltazione della fede e della religione cattolica, per la estirpazione degli errori che vanno serpeggiando, per la riforma del clero e del popolo cristiano, per la comune pace e concordia di tutti, abbia inizio il sacrosanto concilio ecumenico vaticano? [Risposero: sì].

Indizione della futura sessione.

Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.

Reverendissimi padri, credete opportuno che la prossima sessione del sacrosanto concilio ecumenico vaticano abbia luogo nella festa dell’epifania del Signore, che sarà il 6 del mese di gennaio, nell’anno del Signore 1870? [Risposero: sì].

SESSIONE II (6 gennaio 1870)

Professione di fede.

Io Pio, vescovo della chiesa cattolica, credo fermamente e professo ogni singola verità contenuta nel simbolo di fede, in uso presso la chiesa romana.

E cioè: credo in un solo Dio, padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di ciò che si vede e di ciò che non si vede. E in un solo signore, Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio, nato dal padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero. Generato non fatto; consostanziale al Padre; per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo; si incarnò per opera dello Spirito santo dalla vergine Maria, e si fece uomo, crocifisso per noi, soffrì sotto Ponzio Pilato e fu sepolto. Risuscitò il terzo giorno, secondo le scritture; salì al cielo, siede alla destra del Padre. Verrà di nuovo, con gloria, a giudicare i vivi e i morti.

Credo anche nello Spirito santo, signore e datore di vita. Egli procede dal Padre e dal Figlio. Col Padre e col Figlio, Egli e adorato e glorificato ed ha parlato per mezzo dei profeti.

Credo nella chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica.

Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati; aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo futuro. Amen.

Con fermezza di fede ammetto ed abbraccio le tradizioni

apostoliche ed ecclesiastiche e le altre pratiche e costituzioni della stessa chiesa. Così pure accetto la sacra scrittura nel senso che ha ritenuto e ritiene la santa madre chiesa, cui è riservato giudicare del senso vero e dell’interpretazione delle sacre scritture; e non l’accetterò ed interpreterò mai se non secondo l’unanime consenso dei padri. Confesso pure che sette sono i sacramenti veri e propri della nuova legge, istituiti da nostro signore Gesù Cristo, e necessari alla salvezza del genere umano, anche se non tutti sono necessari a ciascuno. Essi sono: il battesimo, la confermazione, l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimonio; e conferiscono la grazia. Di essi, il battesimo, la confermazione e l’ordine non possono essere ripetuti senza sacrilegio; ammetto anche ed accetto i riti tradizionali, approvati dalla chiesa cattolica nell’amministrazione solenne di questi sacramenti. Tutto ciò che, sia in genere che in particolare, è stato definito e dichiarato sul peccato originale e sulla giustificazione nel sacrosanto concilio Tridentino, lo accetto e lo ritengo vero. Confesso anche che nella messa si offre a Dio un vero e proprio sacrificio propiziatorio per i vivi e per i defunti; e che nel santissimo sacramento dell’eucarestia vi è veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue insieme con l’anima e la divinità del signore nostro Gesù Cristo, e che si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue; trasformazione che la chiesa cattolica chiama "transustanziazione".

Confesso anche che sotto una sola specie si riceve Cristo completo ed intero e il vero sacramento. Credo fermamente all’esistenza del purgatorio, e che le anime che sono in esso siano aiutate dalle preghiere dei fedeli.

E così pure, che i santi, i quali regnano con Cristo, devono venerarsi ed invocarsi; che offrono a Dio per noi le loro preghiere e le cui reliquie si devono venerare.

Affermo energicamente che le immagini di Cristo e della Vergine madre di Dio, e così pure quelle dei santi devono conservarsi e tenersi; e che ad esse si deve onore e venerazione.

Affermo anche che la potestà delle indulgenze è stata lasciata da Cristo nella sua chiesa, e che il loro uso è utilissimo al popolo cristiano.

Riconosco nella santa, cattolica, apostolica chiesa romana, la madre e la maestra di tutte le chiese.

Allo stesso modo, accetto e professo, senza esitazione, tutte le altre dottrine trasmesse, definite, dichiarate dai sacri canoni e dai concili ecumenici, specie dal sacrosanto concilio di Trento. E condanno anch’io, nello stesso tempo, rigetto ed anatematizzo tutto ciò che è contrario ad esse, e qualsiasi eresia che la chiesa abbia condannato, rigettato, anatematizzato.

Io, Pio, prometto solennemente e giuro di ritenere fermissimamente, con l’aiuto di Dio, questa vera fede cattolica, - fuori della quale nessuno potrà esser salvo, e che ora spontaneamente professo e ritengo veramente - integra e senza macchia fino all’ultimo respiro della mia vita, e di cercare (che essa sia ritenuta) da tutti, per quanto è in me. Così mi aiuti Dio, e questi santi evangeli di Dio.

SESSIONE III (24 aprile 1870)

Costituzione dogmatica sulla fede cattolica.

Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.

Il Figlio di Dio e redentore del genere umano, Gesù Cristo, nostro signore, prima di tornare al Padre celeste, promise (1) di essere per sempre con la sua chiesa militante in terra, fino alla fine del mondo. E non cessò mai di aiutare la sua sposa diletta, di assisterla quando insegna, di benedirla quando opera, di aiutarla nei pericoli, in ogni tempo.

Questa sua provvidenza salutare è sempre apparsa palese sia dagli altri innumerevoli benefici, sia, in modo chiarissimo, dai frutti, numerosissimi, scaturiti al popolo cristiano dai concili ecumenici e soprattutto da quello Tridentino, anche se celebrato in tempi sfavorevoli. Da essi infatti, sono stati definiti più esattamente ed esposti abbondante mente i santissimi dogmi della religione, gli errori sono stati condannati e repressi, la disciplina ecclesiastica è stata fatta rifiorire, ed è stata più energicamente sancita; è stato promosso nel clero l’amore per la scienza e per la pietà; sono nati collegi per la preparazione dei giovani al sacerdozio; finalmente, sono stati riformati i costumi del popolo cristiano, con una più accurata istruzione dei fedeli e con l’uso più frequente dei sacramenti. Da qui, inoltre, è venuta una più stretta comunione delle membra col capo visibile ed un accresciuto vigore a tutto il corpo mistico del Cristo. Di qui il moltiplicarsi delle famiglie religiose. e di altre istituzioni della pietà cristiana; e quell’assiduo zelo, perseverante fino all’effusione del sangue, per propagare il regno di Cristo in tutto il mondo.

SESSIONE III - 24 APRILE Is70 759

Mentre, però, noi ricordiamo con animo grato, com’è doveroso, questi ed altri meravigliosi vantaggi, che la divina clemenza si è degnata concedere alla sua chiesa, specie con l’ultimo concilio ecumenico, non possiamo nascondere, tuttavia, il nostro acerbo dolore per i mali gravissimi, nati proprio dal fatto che da moltissimi l’autorità dello stesso sacrosanto concilio è stata disprezzata e i suoi sapientissimi decreti sono stati trascurati.

Infatti, nessuno ignora che le eresie condannate dai padri tridentini, rifiutato il divino magistero della chiesa e rimesse le cose della religione al giudizio privato di ciascuno, si sono risolte a poco a poco in molteplici sette; e mentre esse dissentono e si accapigliano fra loro, presso molti ogni fede in Cristo si è quasi spenta. E la sacra bibbia, ritenuta prima come l’unica fonte e l’unico arbitro della dottrina cristiana, ha cominciato ad essere considerata non più come divina, ma come un mitico racconto.

È nata poi, e si è sparsa largamente nel mondo la dottrina del razionalismo o naturalismo. Essa, contraria in ogni cosa alla dottrina cristiana, perché è soprannaturale, cerca con ogni sforzo di stabilire il regno della pura ragione o natura - come lo chiamano - escludendo Cristo, unico nostro signore e salvatore, dalle menti umane e dalla vita e dai costumi dei popoli. E una volta abbandonata e rigettata la religione cristiana, negato il vero Dio e il suo Cristo, la mente di molti è scivolata infine nel baratro del panteismo, del materialismo e dell’ateismo di modo che, negando la stessa natura razionale ed ogni norma del giusto e del retto, fanno ogni sforzo per sconvolgere i fondamenti stessi della umana società.

Mentre queste empie dottrine si diffondevano dovunque, sfortunatamente è avvenuto che molti, anche tra i figli della chiesa cattolica, si sono allontanati dalla via della vera pietà, e che in essi, venendo insensibilmente meno la verità, il senso cattolico si è attenuato. Si deve infatti costatare che essi, attratti da dottrine vane e peregrine (2), confondendo falsamente la natura e la grazia, la scienza umana e la fede divina, deformano il senso genuino dei dogmi - quello che ritiene ed insegna la santa madre chiesa, - e mettono in pencolo l’integrità e la purezza della fede.

Di fronte a queste cose, come non può commuoversi il cuore della chiesa, nella sua intimità? Come, infatti, Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi, e pervengano alla conoscenza della verità (3); come Cristo venne a salvare ciò che era perito (4) e a radunare insieme i figli di Dio, che erano dispersi (5), così la chiesa, costituita da Dio madre e maestra dei popoli, si riconosce debitrice verso tutti ed è sempre pronta ed intenta a sollevare i caduti, a sostenere i vacillanti, ad accogliere chi torna, a confermare i buoni e ad avviarli alla perfezione.

Essa, quindi, non può mai astenersi dall’affermare e predicare la verità di Dio, che sana ogni cosa (6), ben sapendo che ad essa è stato detto: Il mio Spirito è in te e le mie parole, che ho posto sulla tua bocca, non si allontaneranno mai, ora e in eterno, dalle tue labbra (7).

Noi, perciò, seguendo le orme dei nostri predecessori, conforme al nostro supremo ufficio apostolico, non abbiamo mai mancato di insegnare e di difendere la verità cattolica, come pure di riprovare le perverse dottrine. Ed ora, insieme con i vescovi di tutto il mondo che siedono e giudicano con noi, riuniti per nostra autorità nello Spirito santo, in questo concilio ecumenico, Noi, basandoci sulla parola di Dio scritta e trasmessa (oralmente), così come l’abbiamo ricevuta, santamente custodita e sinceramente esposta dalla chiesa cattolica, abbiamo pensato di professare e dichiarare, da questa cattedra di Pietro, al cospetto di tutti, la salutare dottrina di Cristo, proscrivendo e condannando, con il potere che Dio ci ha dato, gli errori contrari.

Capitolo I.

Dio, creatore di tutte le cose.

La santa chiesa cattolica apostolica romana crede e confessa che vi è un solo Dio, vero e vivo, creatore e signore del cielo e della terra, onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito nel suo intelletto, nella sua volontà, ed in ogni perfezione. Essendo Egli un’unica e singola sostanza spirituale, del tutto semplice ed immutabile, dev’essere concepito nella sua realtà e nella sua essenza come distinto dal mondo, in sé e per sé beatissimo ed ineffabilmente al di sopra di tutto ciò che esiste al di fuori di Lui e che può essere concepito.

Questo solo vero Dio, liberissimamente, all’inizio dei tempi, creò dal nulla l’una e l’altra creatura, la spirituale e la materiale, e cioè gli angeli e il mondo, e poi l’umana, come partecipe di entrambe, costituita di anima e di corpo (8), per pura bontà e con la sua onnipotente virtù e non per aumentare la sua beatitudine né per acquistare perfezione, ma per manifestarla attraverso i beni che dà alle creature.

Dio, con la sua provvidenza protegge e governa tutto ciò che ha creato, guidando da un confine all’altro con forza, e disponendo tutto soavemente (9). Tutto, infatti, è nudo e aperto dinanzi ai suoi occhi (10), anche quello che sarà fatto dalla libera azione delle creature.

Capitolo II.

La rivelazione.

La stessa santa madre chiesa ritiene ed insegna che Dio, principio e fine di ogni cosa, può esser conosciuto con certezza con la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create: Le sue invisibili perfezioni, infatti, si fanno palesi all’intelletto fin dalla creazione del mondo attraverso le sue opere (11); ma che è piaciuto alla sua sapienza e bontà rivelare se stesso e gli eterni decreti della sua volontà per altra via - soprannaturale -, dal momento che l’apostolo afferma: In molte maniere ed in molti modi un tempo Dio parlò ai padri per mezzo dei profeti. Ora, in questi nostri tempi, ci ha parlato per mezzo del Figlio suo (12).

Si deve a questa divina rivelazione, se le verità che per loro natura non sono inaccessibili alla ragione umana nell’ordine divino, nella presente condizione del genere umano, possono esser conosciute da tutti facilmente, con assoluta certezza e senza alcun errore. Non è, tuttavia, per questo motivo che la rivelazione, assolutamente parlando, è necessaria; ma perché Dio, nella sua infinita bontà, ha ordinato l’uomo ad un fine soprannaturale, a partecipare, cioè, i beni divini, che superano del tutto le possibilità dell’umana intelligenza. Occhio, infatti, non vide, orecchio non intese e cuore umano non poté mai desiderare quello che Dio ha preparato per quelli che lo amano (13).

Questa rivelazione soprannaturale, secondo la fede di tutta la chiesa, illustrata dal santo concilio di Trento, è contenuta nei libri scritti e nella tradizione non scritta, che, ascoltata dalla bocca dello stesso Cristo dagli apostoli, o quasi trasmessa di mano in mano dagli stessi apostoli per ispirazione dello Spirito santo è giunta fino a noi (14). Questi libri dell’antico e del nuovo Testamento, presi integralmente con tutte le loro parti - così come sono elencati nel decreto dello stesso concilio e come sono contenuti nell’antica edizione della Volgata -, devono esser accettati come sacri e canonici.

La chiesa non li considera tali perché, composti per iniziativa umana, siano stati poi approvati dalla sua autorità, e neppure solo perché contengono la rivelazione senza errore, ma perché, scritti sotto l’ispirazione dello Spirito santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla chiesa.

E poiché quanto il santo concilio di Trento ha salutarmente stabilito sulla interpretazione della divina scrittura per frenare gli insolenti, viene esposto da alcuni in modo perverso, noi, rinnovando tale decreto, dichiariamo che la sua intenzione era che in ciò che riguarda la fede e i costumi, che appartengono all’edificio della dottrina cristiana, deve considerarsi il vero senso della sacra scrittura, quello ritenuto e che ritiene la santa madre chiesa, cui solo appartiene giudicare quale sia il vero senso e l’interpretazione autentica delle sacre scritture, e che, perciò, non è lecito a nessuno interpretare la sacra scrittura contro questo senso e contro l’unanime consenso dei padri.

Capitolo III.

La fede.

Poiché l’uomo dipende totalmente da Dio, suo creatore e signore, e la ragione creata è sottomessa completamente alla verità increata, quando Dio si rivela, dobbiamo prestargli, con la fede, la piena soggezione dell’intelletto e della volontà. Quanto a questa fede - inizio dell’umana salvezza - la chiesa cattolica professa che essa è una virtù soprannaturale, per cui, sotto l’ispirazione di Dio e con l’aiuto della grazia, crediamo vere le cose da lui rivelate, non per la intrinseca verità delle cose, chiara alla luce naturale della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio, che le rivela, che non può né ingannarsi né ingannare. La fede, infatti, secondo dell’apostolo, è sostanza delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono (15).

Nondimeno, perché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Iddio volle che agli interiori aiuti dello Spirito santo si aggiungessero anche gli argomenti esterni della sua rivelazione: fatti divini, cioè; e in primo luogo i miracoli e le profezie, che manifestando in modo chiarissimo l’onnipotenza di Dio e la sua scienza infinita, sono argomenti certissimi della divina rivelazione, adatti ad ogni intelligenza. Perciò sia Mosè ed i profeti, sia in modo particolare Cristo stesso signore, fecero molti chiarissimi miracoli e profezie. Così degli apostoli leggiamo: Essi partirono e predicarono ovunque; il Signore cooperava con loro e confermava il loro parlare, mentre avvenivano dei miracoli (16). E di nuovo sta scritto: Abbiamo il linguaggio più certo dei profeti. E farete bene se presterete ad esso la vostra attenzione, come ad una lucerna che splende in luogo caliginoso (17).

Quantunque, inoltre, l’assenso della fede non sia affatto un moto cieco dell’anima, nessuno, tuttavia, può prestare il suo consenso alla predicazione del vangelo, com’è necessario al conseguimento dell’eterna salute, senza l’illuminazione e l’ispirazione dello Spirito santo, che rende soave ad ognuno l’accettare e il credere la verità. La fede, quindi, in se stessa, anche se non opera per mezzo della carità, è un dono di Dio, e l’atto suo proprio è opera riguardante la salvezza, per cui l’uomo presta a Dio stesso la sua libera obbedienza, acconsentendo e cooperando alla sua grazia, cui potrebbe resistere.

Con fede divina e cattolica deve credersi tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che è proposto dalla chiesa come divinamente rivelato sia con giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario universale.

Poiché senza la fede è impossibile piacere a Dio (18) e fare parte dei suoi figli, senza di essa nessuno può essere mai giustificato, come nessuno conseguirà la vita eterna, se non persevererà in essa fino alla fine. Perché poi potessimo soddisfare al dovere di abbracciare la vera fede e di perseverare costantemente in essa, per mezzo del figlio suo Dio istituì la chiesa, provvedendola delle note di una istituzione divina, perché potesse essere conosciuta da tutti come la custode e la maestra della parola rivelata. nella sola chiesa cattolica, infatti, si riscontrano tutti quegli elementi, che così abbondantemente e meravigliosamente sono stati disposti da Dio per rendere credibile con maggior evidenza la fede cristiana.

La stessa chiesa, anzi, con la sua ammirabile propagazione, con la sua eminente santità, con la sua inesausta fecondità in ogni bene, con lo spettacolo della sua unità e della sua incrollabile stabilità, è un grande, perenne motivo di credibilità ed una irrefragabile testimonianza della sua missione divina.

Sicché essa, come bandiera levata tra le nazioni (19), invita a sé quelli che ancora non credono e rende più certi i suoi figli che la fede che professano poggia su un solidissimo fondamento. A questa testimonianza si aggiunge un aiuto efficace da parte della potenza divina. Il benignissimo Signore, infatti, con la sua grazia eccita e aiuta gli erranti, perché possano giungere alla conoscenza della verità (20) e conferma con essa quelli che ha condotto dalle tenebre alla sua luce meravigliosa (21), perché rimangano in questa luce, non abbandonando alcuno, se non è abbandonato.

Per cui, non è affatto uguale la condizione di quelli che attraverso il celeste dono della fede hanno aderito alla verità cattolica e di quelli che, mossi da considerazioni umane, seguono una falsa religione. Quelli, infatti, che hanno ricevuto la fede sotto il magistero della chiesa non possono mai avere giustificato motivo di mutare o di dubitare della propria fede. Stando così le cose, rendiamo grazie a Dio padre, che ci ha fatti degni di partecipare alla sorte dei suoi santi nella luce (22) e non trascuriamo una così abbondante salvezza (23); ma, guardando all’autore della fede e al suo perfezionatore, Gesù (24), teniamo forte la confessione della nostra speranza (25).

Capitolo IV.

Fede e ragione.

Il consenso della chiesa cattolica ha sempre ritenuto e ritiene anche che esistono due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto. Per il loro principio, perché nell’uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; per l’oggetto, perché oltre quello che la ragione naturale può attingere, ci si propongono a credere dei misteri nascosti in Dio, che, qualora non fossero rivelati da Dio, non potrebbero conoscersi. È questo il motivo per cui l’apostolo, che pure afferma che Dio era stato conosciuto dai pagani attraverso le creature (26), parlando tuttavia della grazia e della verità guadagnataci da Cristo (27), dice solennemente: Parliamo della sapienza di Dio nel mistero: essa è nascosta e Dio l’ha predestinata a gloria nostra prima dei secoli e nessuno tra i principi di questo mondo l’ha conosciuta. Ma a noi Dio l’ha rivelata per mezzo del suo Spirito. Lo Spirito, infatti, scruta ogni cosa, anche i misteri più profondi di Dio (28). E lo stesso Unigenito loda il Padre, perché ha nascosto queste cose ai sapienti e ai prudenti e le ha rivelate ai piccoli (29).

Certo quando la ragione, illuminata dalla fede cerca assiduamente, piamente e nei limiti dovuti, con l’aiuto di Dio consegue una certa conoscenza molto feconda dei misteri, sia per analogia con ciò che conosce naturalmente, sia per il nesso degli stessi misteri fra loro e col fine ultimo dell’uomo. Mai, però, essa è resa capace di poterli comprendere come le verità che formano il suo oggetto proprio. I misteri divini, infatti, per loro intrinseca natura, sorpassano talmente l’intelletto creato, che anche dopo ricevuta la divina rivelazione e la grazia, rimangono avvolte nel velo della fede e circondate come da una caligine. Ciò, fino a quando, in questa vita mortale, siamo dei pellegrini lontani da Dio. Camminiamo infatti nella fede e non nella visione (30).

Ma anche se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai essere vera divergenza tra fede e ragione: lo stesso Dio, infatti, che rivela i misteri e infonde la fede, ha anche deposto il lume della ragione nell’animo umano. E Dio non potrebbe negare se stesso, come il vero non potrebbe mai contraddire il vero. Questa inconsistente apparenza di contraddizione, quindi, sorge specialmente da ciò che i dogmi della fede non sono stati compresi ed esposti secondo il pensiero della chiesa, o che opinioni fantastiche sono scambiate per conclusioni della ragione. Ogni asserzione, quindi, contraria alla verità di una fede illuminata, la definiamo senz’altro falsa.

La chiesa, inoltre, che, assieme con l’ufficio apostolico di insegnare, ha ricevuto il mandato di custodire il deposito della fede, ha anche da Dio il diritto e il dovere di proscrivere la falsa scienza, perché nessuno venga ingannato dalla filosofia e da vane apparenze (31). Per questo, i fedeli cristiani non solo non hanno il diritto di difendere opinioni contrarie alla dottrina della fede, specie se condannate dalla chiesa, come legittime conclusioni della scienza, ma sono tenuti assolutamente a considerarle come errori, che hanno solo una ingannevole apparenza di verità.

E non solo la fede e la ragione non possono mai essere in contrasto fra loro, ma possono darsi un aiuto scambievole: la retta ragione, infatti, dimostra i fondamenti della fede, illuminata dalla sua luce può coltivare la scienza delle cose divine; la fede libera e protegge la ragione dagli errori e l’arricchisce di molteplici cognizioni. Perciò la chiesa è tanto lontana dall’opporsi allo studio delle arti e delle discipline umane, da favorirlo, anzi, e da promuoverlo in ogni maniera.

Essa, infatti, non ignora e non disprezza i vantaggi che da esse derivano per la vita degli uomini. Anzi confessa che esse, venute da Dio, signore delle scienze, con la grazia possono condurre a Lui, se trattate rettamente. Né essa proibisce che tali materie, ciascuna nel proprio ambito, abbiano propri principi ed usino un proprio metodo. Ma, pur riconoscendo questa giusta libertà, essa cerca di evitare che, in contrasto con la dottrina divina, accolgano in sé degli errori, o, sorpassando i propri limiti, invadano i confini della fede e li sconvolgano. La dottrina della fede, infatti, che Dio ha rivelato, non è stata offerta all’intelligenza umana come un sistema filosofico perché la perfezionasse, ma è stata affidata alla chiesa, sposa di Cristo, come un divino deposito, perché la custodisse fedelmente e la dichiarasse infallibile.

Dei sacri dogmi, quindi è da ritenersi sempre quel significato che ha determinato una volta la santa madre chiesa e non bisogna mai allontanarsi da esso, a causa e in nome di una conoscenza più alta.

Cresca pure, quindi, e progredisca abbondantissimamente, per le età della storia, l’intelligenza, la scienza, la sapienza, sia dei singoli che di tutti, di ogni uomo e di tutta la chiesa, ma solo nel suo ordine, nello stesso dogma, nello stesso senso e nello stesso modo di intendere (32).

CANONI

I. Dio, creatore di tutte le cose.

1. Se qualcuno nega un solo, vero Dio, creatore e signore delle cose visibili e invisibili, sia anatema.

2. Se qualcuno non si vergogna di affermare che, oltre alla materia, non vi è più nulla, sia anatema.

3. Se qualcuno dice che Dio e le altre cose hanno un’unica e identica sostanza o essenza, sia anatema.

4. Se qualcuno afferma che le cose finite, sia materiali che spirituali, o almeno le spirituali, sono una emanazione della sostanza divina;

o che l’essenza divina manifestandosi o evolvendo diventa ogni cosa;

o, infine, che Dio è l’ente universale o indefinito, che determinandosi produce l’universo, distinto in generi, specie e individui, sia anatema.

5. Chi non confessa che il mondo e tutte le cose che esso contiene, spirituali e materiali, secondo tutto il loro essere, sono state create dal nulla da Dio;

o che Dio le ha create non con una volontà libera da ogni necessità, ma tanto necessariamente, quanto necessariamente ama se stesso;

o nega che il mondo sia stato creato a gloria di Dio, sia

anatema.

II. La rivelazione.

1. Se qualcuno dice che Dio, uno e vero, creatore e signore nostro, non può esser conosciuto con certezza, col lume dell’umana ragione, attraverso le cose create, sia anatema.

2. Se qualcuno dice che è impossibile o non è conveniente che l’uomo possa essere informato da una rivelazione divina su Dio e sul culto che gli si deve rendere, sia anatema.

3. Se qualcuno dice che l’uomo non può essere divinamente innalzato ad una conoscenza e perfezione, che superi quella naturale, ma che da se stesso può e deve, con continuo progresso, giungere al possesso di ogni verità e di ogni bene, sia anatema.

4. Se qualcuno non riconosce come sacri e canonici i libri della sacra scrittura completi e con tutte le loro parti, come sono stati elencati dal santo concilio di Trento o dice che essi non sono divinamente ispirati, sia anatema.

III. La fede.

1. Se qualcuno afferma che la ragione umana è così indipendente, che Dio non può comandarle la fede, sia anatema.

2. Se qualcuno dice che la fede divina non si distingue dalla conoscenza naturale di Dio e della morale e che, quindi, non è necessario per la fede divina che si creda la verità rivelata per l’autorità di Dio che la rivela, sia anatema.

3. Se qualcuno dice che la rivelazione divina non può essere resa credibile con segni esterni, e che, perciò, gli uomini devono essere mossi alla fede solo dalla esperienza interiore di ciascuno e dalla ispirazione privata, sia anatema.

4. Se qualcuno dice che i miracoli sono impossibili e che, quindi, tutte le narrazioni che si fanno di essi, anche quelle contenute nella sacra scrittura, devono essere relegate tra le favole o tra i miti o che i miracoli non possono essere conosciuti con certezza e che con essi non può essere regolarmente provata l’origine divina della religione cristiana, sia anatema.

5. Se qualcuno dice che l’assenso alla fede cristiana non è libero, ma che è prodotto necessariamente dalle argomentazioni dell’umana ragione o che alla sola fede viva - che opera per mezzo della carità - è necessaria la grazia di Dio, sia anatema.

6. Se qualcuno dice che è uguale la condizione dei fedeli e di quelli che non sono ancora giunti all’unica vera fede, così che i cattolici potrebbero avere giusto motivo di mettere in dubbio, sospendendo il loro assenso, quella fede che hanno abbracciato sotto il magistero ecclesiastico, fino a che non abbiano completato la dimostrazione scientifica della credibilità e della verità della loro fede, sia anatema.

IV. Fede e ragione.

1. Se qualcuno dice che nella rivelazione divina non vi sono veri e propri misteri, ma che tutti i dogmi della fede possono essere compresi e dimostrati con la ragione rettamente istruita, attraverso i principi naturali, sia anatema.

2. Se qualcuno dice che le scienze umane devono essere trattate con quella libertà, per cui le loro asserzioni, anche se contrarie alla dottrina rivelata, possono essere ritenute come vere e non essere proscritte dalla chiesa, sia anatema.

3. Se qualcuno dice che è possibile che ai dogmi proposti dalla chiesa, con il progredire della scienza debba essere dato, talvolta, altro senso, diverso da quello che intese esprimere ed intende la chiesa, sia anatema.

Conforme, quindi, al dovere del nostro supremo ufficio pastorale, per amore di Cristo noi scongiuriamo tutti i fedeli cristiani, e specialmente quelli che hanno autorità o l’ufficio di insegnanti, - e con l’autorità dello stesso Dio e salvatore nostro lo comandiamo - perché col loro studio e con la loro opera vogliano contribuire ad allontanare ed eliminare questi errori dalla santa chiesa e a fare meglio conoscere la purissima luce della fede.

E poiché non è sufficiente evitare la trista eresia, se non si fuggono, nello stesso tempo, quegli errori che più o meno ad essa si collegano, ricordiamo a tutti il loro dovere di osservare anche le costituzioni e i decreti, con cui queste false opinioni - che non vengono qui espressamente elencate - sono state proibite e proscritte da questa sede apostolica.

SESSIONE IV (18 luglio 1870)

Prima costituzione dogmatica sulla chiesa di Cristo.

Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.

L’eterno pastore e vescovo delle nostre anime (33) per rendere perenne l’opera salutare della redenzione, decise di costituire la santa chiesa, nella quale, come nella casa del Dio vivente, tutti i fedeli fossero raccolti dal vincolo della stessa fede e della medesima carità. Perciò, prima di essere glorificato, egli pregò il Padre non solo per gli apostoli, ma anche per quelli che avrebbero creduto in lui attraverso la loro parola, affinché tutti fossero uno, come il Figlio stesso e il Padre sono uno (34). Così dunque egli mandò gli apostoli, che si era scelto dal mondo (35), allo stesso modo che era stato mandato dal Padre (36), così volle che nella sua chiesa vi fossero dottori e pastori fino alla fine del mondo (37).

Perché, poi, l’episcopato stesso fosse uno ed indiviso e la moltitudine di tutti i credenti fosse conservata nell’unità della fede e della comunione attraverso la coesione dei sacerdoti, prepose il beato Pietro agli altri apostoli, e costituì in lui il principio perpetuo e il fondamento visibile di questa duplice unità. Sulla sua fermezza si sarebbe costruito il tempio eterno e sulla saldezza della sua fede si sarebbe elevata la chiesa la cui altezza deve toccare il cielo (38).

E poiché le porte dell’inferno, con odio ogni giorno sempre maggiore, da ogni parte insorgono contro il fondamento divinamente posto della chiesa, per rovesciarla, se fosse possibile; noi, con l’approvazione del sacro concilio, crediamo necessario, per la custodia, la salvaguardia e l’aumento del gregge cattolico, proporre a tutti i fedeli, secondo l’antica e ininterrotta fede della chiesa universale, perché la credano e la professino, la dottrina della istituzione, perpetuità e natura del sacro primato apostolico, su cui poggia la forza e la solidità di tutta la chiesa, e condannare e proscrivere gli errori contrari, tanto pericolosi per il gregge del Signore.

Capitolo I.

L’istituzione del primato apostolico nel beato Pietro.

Insegniamo, dunque, e dichiariamo che, secondo le testimonianze dell’evangelo, il primato di giurisdizione su tutta la chiesa di Dio fu promesso e conferito immediatamente e direttamente al beato apostolo Pietro da Cristo signore. Infatti al solo Simone - cui aveva già detto: Tu sarai chiamato Cefa (39) - dopo che egli ebbe professato la sua confessione con le parole: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, si rivolse il Signore con queste solenni parole: Sei beato, Simone, figlio di Giovanni, poiché non la carne o il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. Io, quindi, ti dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli. Qualsiasi cosa tu legherai sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa scioglierai sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli (40).

Al solo Simone Pietro, inoltre, dopo la resurrezione, Gesù conferì la giurisdizione di sommo pastore e rettore su tutto il suo ovile, dicendo: Pasci i miei agnelli; pasci le mie pecore (41). A questa dottrina così chiara delle sacre scritture, com’è stata sempre intesa dalla chiesa cattolica, si oppongono apertamente le false opinioni di coloro che, fraintendendo la forma di governo istituita da Cristo signore nella sua chiesa, negano che il solo Pietro, rispetto agli altri apostoli, sia presi singolarmente che tutti insieme, abbia ricevuto un vero e proprio primato di giurisdizione da Cristo; o quanti affermano che questo primato immediatamente e direttamente sarebbe stato conferito non allo stesso beato Pietro, ma alla chiesa e, per mezzo di essa, a lui, come a suo ministro.

Perciò se qualcuno dirà che il beato apostolo Pietro non è stato costituito da Cristo signore, principe di tutti gli apostoli e capo visibile di tutta la chiesa militante; ovvero che egli direttamente ed immediatamente abbia ricevuto dal signore nostro Gesù Cristo solo un primato d’onore e non di vera e propria giurisdizione: sia anatema.

Capitolo II.

La perpetuità del primato di Pietro nei romani pontefici.

Ma ciò che il principe dei pastori e pastore supremo del gregge, il signore Gesù Cristo, ha istituito nel beato apostolo Pietro a perpetua salvezza e perenne bene della chiesa, deve per volontà dello stesso Cristo, durare per sempre nella chiesa, che, fondata sulla pietra, resterà incrollabile fino alla fine dei secoli (42).

Nessuno, a questo proposito, ignora, anzi è noto da secoli a tutti, che il santo e beatissimo Pietro, principe e capo degli apostoli, colonna della fede e fondamento della chiesa cattolica, ha ricevuto le chiavi del regno da nostro signore Gesù Cristo, salvatore e redentore del genere umano: Pietro vive, presiede ed esercita il suo giudizio fino al presente e per sempre nei suoi successori, ossia nei vescovi della santa sede di Roma, da lui fondata e consacrata dal suo sangue (43). Sicché chiunque gli succede in questa cattedra, per disposizione dello stesso Cristo, ha il primato di Pietro su tutta la chiesa. Rimane, allora, ciò che ha disposto la verità, e il beato Pietro, perseverando nella solidità di pietra, che ha ricevuto, non ha lasciato la guida della chiesa che gli fu affidata (44). Per questo motivo ogni chiesa - cioè tutti i fedeli di ogni luogo - dovette sempre concordare con la chiesa Romana in forza della sua origine superiore, affinché in quella sede, da cui emanano su tutti le norme della veneranda comunione, come membra unite nel capo, esse si unissero nella compagine di un solo corpo (45).

Se, quindi, qualcuno dirà che non è per istituzione dello stesso Cristo signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro ha sempre dei successori nel primato su tutta la chiesa; o che il Romano pontefice non è successore del beato Pietro in questo primato: sia anatema.

Capitolo III.

Valore e natura del primato del Romano pontefice.

Basandoci, perciò, sulle chiare testimonianze delle sacre scritture, e seguendo gli espliciti decreti sia dei nostri predecessori Romani pontefici, che dei concili generali, rinnoviamo la definizione del concilio ecumenico di Firenze (46), secondo la quale tutti i cristiani devono credere che "la santa sede apostolica e il Romano pontefice hanno il primato su tutta la terra; e che lo stesso pontefice Romano è successore del beato Pietro, principe degli apostoli, e vero vicario di Cristo, capo di tutta la chiesa, padre e maestro di tutti i cristiani. Che al beato Pietro, inoltre, è stato dato dal signore nostro Gesù Cristo il pieno potere di pascere, reggere e governare la chiesa universale, come si legge negli atti dei concili ecumenici e nei sacri canoni".

Insegniamo, perciò, e dichiariamo che la chiesa Romana, per disposizione del Signore, ha un primato di potere ordinario su tutte le altre; e che questa potestà di giurisdizione del Romano pontefice, essendo veramente episcopale, è immediata: quindi i pastori e i fedeli, di qualsiasi rito e dignità, sia considerati singolarmente che nel loro insieme, sono tenuti al dovere della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza verso di essa, non solo in ciò che riguarda la fede e i costumi, ma anche in ciò che riguarda la disciplina e il governo della chiesa sparsa su tutta la terra. Di modo che, conservando l’unità della comunione e della professione della stessa fede col Romano pontefice, la chiesa di Cristo sia un solo gregge sotto un solo sommo pastore (47). Questa è la dottrina della verità cattolica, dalla quale nessuno può allontanarsi senza mettere in pericolo la fede e la salvezza.

Questa potestà del sommo pontefice è lontana dal recare pregiudizio alla potestà ordinaria ed immediata della giurisdizione episcopale - in virtù della quale i vescovi, che per disposizione dello Spirito santo successero agli apostoli, in qualità di veri pastori, pascono e governano ciascuno il gregge a lui affidato -. Anzi tale potere è asserito, rafforzato e rivendicato dal pastore supremo ed universale, secondo il detto di S. Gregorio Magno: "il mio onore è l’onore della chiesa universale. Mio onore è il solido vigore dei miei fratelli. Allora io mi sento veramente onorato, quando ad ognuno di essi non si nega l’onore dovuto" (48).

Da questa potestà suprema del Romano pontefice di governare tutta la chiesa consegue che egli ha il diritto di comunicare liberamente, nell’esercizio del suo ufficio, coi pastori e con i fedeli di tutta la chiesa, per poterli istruire e governare nella via della salvezza. Condanniamo, quindi, e riproviamo le opinioni di quanti affermano che si possa lecitamente impedire questa comunicazione del capo supremo con i pastori e con i fedeli, o che essa debba sottostare al potere secolare; pretendendo che quello che viene stabilito dalla sede apostolica o per sua autorità per il governo della chiesa, non ha efficacia e valore, se non è confermato dal "placet" della potestà secolare.

E poiché, secondo il diritto divino del primato apostolico, il Romano pontefice è preposto a tutta la chiesa, insegniamo anche e dichiariamo che egli è il giudice supremo dei fedeli (49), e che in qualsiasi causa riguardante la giurisdizione ecclesiastica, si può ricorrere al suo giudizio (50). Nessuno, invece, potrà riesaminare un giudizio pronunziato dalla sede apostolica - di cui non vi è autorità maggiore -, come a nessuno è lecito giudicare di un giudizio dato da essa (51). Quindi, quelli che affermano essere lecito appellare dalle sentenze dei Romani pontefici al concilio ecumenico, come ad una autorità superiore al Romano pontefice, sono lontani dal retto sentiero della verità.

Perciò se qualcuno dirà che il Romano pontefice ha solo un potere di vigilanza o di direzione, e non, invece, la piena e suprema potestà di giurisdizione su tutta la chiesa, non solo in materia di fede e di costumi, ma anche in ciò che riguarda la disciplina e il governo della chiesa universale; o che egli ha solo una parte principale, e non, invece, la completa pienezza di questa potestà; o che essa non è ordinaria ed immediata, sia su tutte le singole chiese, che su tutti i singoli pastori: sia anatema.

Capitolo IV.

Il magistero infallibile del Romano pontefice.

Il primato apostolico, che il Romano pontefice ha su tutta la chiesa come successore di Pietro, principe degli apostoli, comprende pure la suprema potestà di magistero: questa santa sede l’ha sempre ritenuto, l’uso perpetuo della chiesa lo comprova e lo dichiararono gli stessi concili ecumenici, specialmente quelli in cui l’Oriente conveniva con l’Occidente nell’unione della fede e della carità.

Infatti i padri del concilio Costantinopolitano IV, seguendo le orme dei predecessori, emisero questa solenne professione: "Prima condizione per la salvezza è quella di custodire la norma della retta fede. E poiché non si può trascurare la espressione del signore nostro Gesù Cristo, che dice: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa (52), questa affermazione si verifica nei fatti, perché nella sede apostolica la religione cattolica è stata sempre conservata pura e la dottrina santa tenuta in onore. Non volendo separarci affatto, perciò, da questa fede e dottrina, speriamo di essere nell’unica comunione che la sede apostolica predica, nella quale è la intera e vera solidità della religione cristiana" (53).

Con l’approvazione del concilio II di Lione, inoltre, i Greci professarono: "La santa chiesa Romana ha il sommo e pieno primato e principato su tutta la chiesa cattolica. Essa riconosce veramente ed umilmente di averlo ricevuto, con la pienezza del potere, dallo stesso Signore nel beato Pietro, principe e capo degli apostoli, di cui il Romano pontefice è successore. E come più degli altri ha il dovere di difendere la verità della fede, così, se sorgessero dispute sulla fede, devono essere decise secondo il suo giudizio" (54). Finalmente il concilio di Firenze ha definito che "il pontefice Romano è vero vicario di Cristo, capo di tutta la chiesa, padre e maestro di tutti i cristiani; a lui, nel beato Pietro, è stato dato dal signore nostro Gesù Cristo il pieno potere di reggere e governare la chiesa universale" (55).

I nostri predecessori hanno sempre lavorato indefessamente per soddisfare a questo loro dovere pastorale, affinché la salutare dottrina di Cristo fosse propagata presso tutti i popoli della terra. E con uguale sollecitudine vigilarono perché, una volta ricevuta, fosse conservata incontaminata e pura.

Perciò, i vescovi di tutto il mondo, o singolarmente, o raccolti in concili, seguendo la lunga consuetudine delle chiese e la forma dell’antica regola, riferirono a questa sede apostolica i pericoli che si manifestavano specialmente nelle cose della fede, perché si corresse al riparo dei danni per la fede, particolarmente là dove la fede non può soffrire alcun danno (56).

E i Romani pontefici, da parte loro, come consigliava la condizione dei tempi e delle circostanze, ora convocando concili ecumenici o cercando di conoscere il parere della chiesa sparsa nel mondo, ora con sinodi particolari, ora servendosi di altri mezzi che la divina provvidenza offriva, definirono quei punti di dottrina che si dovessero ritenere e che, con l’assistenza divina, avevano giudicato conformi alle sacre scritture e alle tradizioni apostoliche.

Infatti ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede. La loro dottrina apostolica è stata accolta da tutti i venerati padri, rispettata e seguita dai santi dottori ortodossi: perché essi sapevano benissimo che questa sede di Pietro rimane sempre immune da ogni errore, conforme alla promessa divina del Signore, nostro salvatore, fatta al principe dei suoi apostoli: Io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno. Tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli (57).

Perciò questo carisma di verità e di fede - che non verrà mai meno - è stato dato divinamente a Pietro e ai suoi successori che siedono su questa cattedra, perché esercitassero questo loro altissimo ufficio per la salvezza di tutti; perché l’intero gregge di Cristo, allontanato da essi dall’esca avvelenata dell’errore, fosse nutrito col cibo della dottrina celeste, e, eliminata ogni occasione di scisma, tutta la chiesa fosse conservata una, e poggiando sul suo fondamento, si ergesse, incrollabile, contro le porte dell’inferno.

Ma poiché in una età in cui questa salutare efficacia dell’ufficio apostolico è più che mai necessaria, vi sono non pochi che disprezzano la sua autorità, crediamo assolutamente necessario affermare solennemente la prerogativa, che l’unigenito Figlio di Dio si è degnato congiungere col supremo ufficio pastorale.

Noi, quindi, aderendo fedelmente ad una tradizione accolta fin dall’inizio della fede cristiana, a gloria di Dio, nostro salvatore, per l’esaltazione della religione cattolica e la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del santo concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato che il Romano pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica definisce che una dottrina riguardante la fede o i costumi dev’essere ritenuta da tutta la chiesa, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nel beato Pietro, gode di quella infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto dotata la sua chiesa, allorché definisce la dottrina riguardante la fede o i costumi. Quindi queste definizioni sono irreformabili per virtù propria, e non per il consenso della chiesa.

Se poi qualcuno - Dio non voglia! - osasse contraddire questa nostra definizione: sia anatema.


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NOTE

1. Cfr. Mt 28, 20.
2. Cfr. Eb 13, 9.
3. I Tm 2, 4.
4. Lc 19, 10.
5. Gv 11. 52.
6. Cfr. Sap 16, 12.
7. Is 59, 21.
8. Concilio Lateranense IV, c. 1 (v. sopra).
9. Sap 8, 1.
10. Eb 4, 13.
11. Rm 1. 20.
12. Eb 1. 1-2.
13. I Cor 2, 9.
14. Concilio di Trento sessione IV. decr. I.
16. Mc 16, 20.
17. II Pt 1, 19.
18. Eb 11, 6.
19. Cfr. Is 11, 12.
20. Cfr. I Tm 2, 4.
21. Cfr. I Pt 2, 9; Col 1, 13.
22. Col 1, 12.
23. Cfr. Eb 2, 3.
24. Eb 12, 2.
25. Eb 10, 23.
26. Cfr. Rm 1, 20.
27. Cfr. Gv 1, 17.
28. I Cor 2, 7-8, 10.
29. Cfr. Mt 11, 25.
30. II Cor 5, 6-7.
31. Cfr. Col 2, 8.
32. VINCENZO DI LERINS, Commonitorium 28 (PL 50, 668).
33. Cfr. I Pt 2, 25.
34. Gv 17, 20-21.
35. Cfr. Gv 15, 19.
36. Cfr. Gv 20, 21.
37. Cfr. Mt 20, 28.
38. LEONE I, Sermone IV (al. III), c. 2 (PL 54, 150).
39. Gv 1, 42.
40. Mt 16, 16-19.
41. Gv 21, 15-17.
42. Cfr. Mt 7, 25; Lc 6, 48.
43. Dall’orazione di Filippo legato romano alla III sessione del Concilio di Efeso (D 112).
44. LEONE I, Sermone III (al. II), c. 3 (PL 54, 146).
45. IRENEO. Adversus haereses, III, 3 (PG 7, 849); Concilio di Aquileia (381) in AMBROGIO, Ep. XI (PL 16, 946).
46. Concilio di Firenze, sessione VI (v. sopra).
47. Cfr. Gv 10, 16.
48. Ep. ad Eulogium, 8, 30 (PL 77, 933).
49. Pio VI, Breve Super soliditate, 28 nov. 1786.
50. Dalla professione di fede di Michele Paleologo letta al concilio II di Lione (D 466).
51. NICOLA I, Ep. all’imp. Michele (PL 119, 954).
52. Mt 16, 18.
53. Dalla formula di papa Ormisda del 517 (D 171).
54. Dalla professione di Micheie Paleologo letta al concilio (D 466).
55. Concilio di Firenze, sessione VI (v. sopra).
56. BERNARDO. Ep. 190 (PL 182, 1053).

57. Lc 22, 32.


Ardisia
00mercoledì 15 luglio 2009 22:51
In base a quanto letto precedentemente è lecito e doveroso chiedersi: il MOU è infallibile o non lo è?

Ora, la Verità, tenuta dalla Tradizione, e confermata dal Vaticano I, è che il Magistero Ordinario Universale é Infallibile, quindi, affermare che il Magistero è infallibile solamente se il Papa parla "ex cathedra" equivale a negare l'infallibilità del magistero ordinario universale, la quale, però, è affermata da tutta la Tradizione e particolarmente dal Vaticano I.
Si dice che, dato che il Vaticano II non ha definito dei dogmi, la presenza indiscutibile e d'altra parte riconosciuta di errori contro la Fede nei testi conciliari, non pone alcun problema quanto all'infallibilità della Chiesa, ma tutto ciò è vero?
I documenti emanati dal CVII possono essere considerati appartenenti al MOU e quindi infallibili?
Era lecito al Vaticano II non definire dei dogmi. Ma è un errore o una menzogna affermare, sulla natura del Vaticano II, delle contro-verità.
Un Concilio ecumenico convocato ed approvato dal Papa appartiene per lo meno e per definizione al Magistero Ordinario Universale della Chiesa. Per sé, cioè se le cose sono conformi a quello che ne esige la natura, i documenti che emanano da una assemblea di questo genere e che rilevano formalmente della luce della Fede, vedi il caso nella definizione della "libertà religiosa" e che trattano di una dottrina già infallibilmente promulgata, sono ipso facto promulgati con la nota dell'infallibilità. Il Vaticano II ha potuto, a rigore, affermarsi "ordinario", ma non ha fatto e non poteva fare che una promulgazione le cui clausole comportano che canonicamente l'infallibilità possa non dover essere infallibile.

L'argomento, cari amici, non è affatto semplice da trattare e penso debba essere approfondito con cura. [SM=x268968]
Ghergon
00mercoledì 15 luglio 2009 22:59
hhh la verità è sotto gli occhi di tutti: se gente del calibro di Kung e di Suenens fecero quelle affermazioni la situazione fu oltremodo grave.
Oggi è grave ancora.
Giovanni XIII il rivoluzionario si prese una responsabilità enorme.
Può lo Spirito Santo sbagliare per duemila anni e fare giusto ora?

E il cardinale Suenens nel 1969 aggiunge: "Si potrebbe fare una lista impressionante delle tesi che, insegnate a Roma prima del Concilio come le uniche valide, furono eliminate dai Padri conciliari".

I "padri conciliari" che "impazziti" fanno saltare tesi varie, amavano la chiesa o i nemici della Chiesa?
Dopo una guerra persa, un Vaticano conquistato dai nemici di Cristo con le armi, io mi devo fidare di questa continuità?


...la Chiesa gerarchica è stata assalita da tizi pericolosi ed infiltrati dal nemico, (vedi il testo la battaglia finale del diavolo) e anche da molti ignoranti di primo grado che senza studiare gli insegnamenti di sempre hanno cavalcato l'onda rivoluzionaria, da buoni solfatari, hanno inteso il CVII come una rivoluzione russa e hanno sperimentato e diffuso l'anarchia nella Chiesa dove ognuno le poteva sparare più grosse col permesso dei Papi...tremendo...anarchia...
Dopo cinquant'anni abbiamo una Chiesa che è un ombra, dei preti che alle omelie dicono idiozie continue e che non redarguiscono più nessuno, per cortesia(!!!) FACENDOSI FAUTORI DELLA PERDIZIONE DI MOLTE ANIME PER LE QUALI HANNO IL DOVERE DI INTERVENIRE per la loro salvezza, tacciono sulle altre religioni sbagliate spedendo la gente all'inferno...insomma ormai i preti buoni bisogna cercarli col lanternino...
Le chiese e i preti modernisti, animatori sociali sono ovunque e la Chiesa è prossima alla fine...grazie alla cattiva interpretazione del CVII...
Ma che qualcuno oggi dal Vaticano grida che siamo vicini alla fine?
No.
Silenzio e scemenze varie e l'osservatore tesse le lodi dell'ultimo film di Potter il maghetto...siamo alla demenza finale.

Ma noi ragazzi rimaniamo uniti nella fede, Suor Lucia affermava che ormai la salvezza è una cosa personale perchè ormai il gregge è senza pastori, i sacerdoti tradiscono disinsegnando alla gente...

è una sofferenza...

Ghergon
00mercoledì 15 luglio 2009 23:14
Re:
Ardisia, 15/07/2009 22.51:

In base a quanto letto precedentemente è lecito e doveroso chiedersi: il MOU è infallibile o non lo è?

Ora, la Verità, tenuta dalla Tradizione, e confermata dal Vaticano I, è che il Magistero Ordinario Universale é Infallibile, quindi, affermare che il Magistero è infallibile solamente se il Papa parla "ex cathedra" equivale a negare l'infallibilità del magistero ordinario universale, la quale, però, è affermata da tutta la Tradizione e particolarmente dal Vaticano I.
Si dice che, dato che il Vaticano II non ha definito dei dogmi, la presenza indiscutibile e d'altra parte riconosciuta di errori contro la Fede nei testi conciliari, non pone alcun problema quanto all'infallibilità della Chiesa, ma tutto ciò è vero?
I documenti emanati dal CVII possono essere considerati appartenenti al MOU e quindi infallibili?
Era lecito al Vaticano II non definire dei dogmi. Ma è un errore o una menzogna affermare, sulla natura del Vaticano II, delle contro-verità.
Un Concilio ecumenico convocato ed approvato dal Papa appartiene per lo meno e per definizione al Magistero Ordinario Universale della Chiesa. Per sé, cioè se le cose sono conformi a quello che ne esige la natura, i documenti che emanano da una assemblea di questo genere e che rilevano formalmente della luce della Fede, vedi il caso nella definizione della "libertà religiosa" e che trattano di una dottrina già infallibilmente promulgata, sono ipso facto promulgati con la nota dell'infallibilità. Il Vaticano II ha potuto, a rigore, affermarsi "ordinario", ma non ha fatto e non poteva fare che una promulgazione le cui clausole comportano che canonicamente l'infallibilità possa non dover essere infallibile.

L'argomento, cari amici, non è affatto semplice da trattare e penso debba essere approfondito con cura. [SM=x268968]



stai entrando in un territorio minato Ardisia.
Su questa cosa si scervellano teologi da cent'anni.
Una cosa va detta, il magistero su questo punto è volutamente poco preciso e bisogna affidarsi ai commenti ufficiali.
Ci sono però più idee con sfumature diverse: ad esempio senza sbagliare posso dire che se il Papa afferma Verità di sempre nel suo insegnamento è infallibile, se invece afferma nozioni nuove non lo è a meno che non sottolinei il suo volere esplicito di fare una dichiarazione solenne, cito a memoria sui miei vecchi studi spero di essere preciso..cmq se sbaglio, mi corrigerete... [SM=g27824]




Ardisia
00giovedì 16 luglio 2009 09:25
Caro Ghergon, circa l'infallibilità della Chiesa Cattolica riporto un articolo molto interessante tratto da un sito tradizionalista americano, "the religious congregation of Mary Immaculate Queen".


L’Epistola per la festa di Pentecoste è presa dagli Atti degli Apostoli e ci descrive la meravigliosa trasformazione che lo Spirito Santo realizzò nelle anime degli Apostoli quando discese su di loro in forma di lingue di fuoco. Leggiamo negli Atti degli Apostoli:

“E quando i giorni della Pentecoste stavano per concludersi, erano riuniti tutti insieme. E all’improvviso venne un rumore dal cielo, come quello di un forte vento in arrivo, e riempì l’intera casa dove sedevano. Ed ivi apparvero delle lingue di fuoco divise, che si collocarono sopra ciascuno di loro. Ed essi furono tutti ripieni di Spirito Santo....” (Atti 2:1-4)
E Dio Onnipotente nella Sua infinita sapienza dispose le cose di modo che gli Apostoli ricevessero lo Spirito Santo in Gerusalemme proprio allo stesso tempo in cui gli Ebrei celebravano una delle tre grandi feste del Vecchio Testamento — la Festa delle Settimane (la festa del raccolto radunato). Come il Consolatore, lo Spirito di Verità, venne sugli Apostoli, subito essi coraggiosamente uscirono dal ritiro “per predicare a tutte le nazioni” tutto ciò che Cristo aveva loro comandato.

In questa festa di Pentecoste, sarebbe assai opportuno che riflettessimo sull’unica, vera Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, quella Chiesa con la quale Cristo promise di essere tutti i giorni, fino alla consumazione del mondo, quella Chiesa che possiede in permanenza la Presenza dello Spirito di Verità — quella Chiesa che si chiama Chiesa Cattolica. Quanto importante è per noi di capire chiaramente la natura della Chiesa Cattolica, specie ai nostri tempi, quando la stragrande maggioranza del genere umano “non sopporta la sana dottrina, ma per prurito d’udire va ammucchiandosi dottrine secondo le proprie passioni e desideri.”! Quanto importante è questa comprensione della Chiesa in questi tempi di così tanta confusione tra coloro che si dicono cattolici! Uno studio dettagliato di una delle proprietà della Chiesa Cattolica, la sua infallibilità, può aiutarci moltissimo a riconoscere dove è oggi la Chiesa Cattolica ed anche dove non è.

Prima che consideriamo l’attributo dell’infallibilità, dobbiamo capire che cos’è un attributo. Un attributo o proprietà è ciò che è inerente alla specifica natura di una cosa e deriva dalla sua propria natura. Un eccellente esempio di questo è l’acqua. L’acqua ha la proprietà di bagnare. Il bagnare è inerente alla natura propria dell’acqua; è impossibile separare il bagnare dall’acqua. Ci sono tre attributi o proprietà della Chiesa Cattolica: l’infallibilità, l’indefettibilità, e l’autorità. Essi sono inerenti alla natura propria della Chiesa Cattolica e non possono venir separati da lei.

L’attributo dell’infallibilità significa l’incapacità e l’impossibilità di errare del Magistero Docente quando insegna alla Chiesa universale in materia di fede e di morale. Come insegnò il Concilio Vaticano I :

“Inoltre, si deve credere di fede divina e cattolica tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o nella tradizione e che è proposto dalla Chiesa come oggetto divinamente rivelato da credersi, sia mediante un decreto solenne, sia nel suo ordinario insegnamento universale.”


I possessori dell’infallibilità sono:

a) il Papa (il Papa è infallibile quando parla ex cathedra),

b) l’intero Episcopato (la totalità dei vescovi è infallibile quando essi, sia riuniti in concilio generale, sia dispersi sulla terra, propongono un insegnamento di fede o di morale come da tenersi da tutti i fedeli).

Molti sono familiari con il concetto di infallibilità dei pronunciamenti ex cathedra del Papa ed anche dei decreti di un Concilio Ecumenico, ma non sono familiari con il concetto di infallibilità del “Magistero Ordinario Universale della Chiesa.”

Che cos’è il Magistero Ordinario Universale?

Per una chiara e concisa risposta, leggiamo in The Fundamentals of Catholic Dogma [“I Fondamenti del Dogma Cattolico”], del Dr. Ludwig Ott:

I vescovi esercitano il loro potere di insegnamento infallibile in modo ordinario quando, nelle loro diocesi, moralmente uniti al Papa, unanimemente promulgano gli stessi insegnamenti sulla fede e la morale. Il Concilio Vaticano dichiarò espressamente che anche le verità della Rivelazione proposte come tali dall’officio docente ordinario e generale della Chiesa debbono essere fermamente tenute con ‘fede divina e cattolica’ (D 1792). Ma coloro a cui incombe l’officio docente ordinario e generale della Chiesa sono i membri dell’intero episcopato dispersi su tutta la terra. L’accordo dei vescovi nella dottrina può essere determinato dai catechismi da loro emanati, dalle loro lettere pastorali, dai libri di preghiere da loro approvati, e dalle risoluzioni dei sinodi particolari. Un accordo moralmente generale è sufficiente, ma in questo è essenziale l’espresso o tacito assenso del Papa, quale Capo Supremo dell’Episcopato.”


L’oggetto della infallibilità della Chiesa è duplice:

a) L’oggetto primario della infallibilità della Chiesa sono le verità formalmente rivelate della Dottrina Cristiana concernenti la fede e la morale.

b) L’oggetto secondario della infallibilità della Chiesa sono le verità dell’insegnamento cristiano sulla fede e la morale, che non sono formalmente rivelate, ma che sono strettamente connesse con l’insegnamento della Rivelazione.

Inclusi nell’oggetto secondario dell’infallibilità sono:
1) le conclusioni teologiche;
2) i fatti dogmatici;
3) la disciplina generale della Chiesa;
4) l’approvazione degli ordini religiosi;
5) la canonizzazione dei santi.

Perché queste cose devono essere oggetto dell’infallibilità della Chiesa?

Una eccellente spiegazione si trova in Christ’s Church, [“La Chiesa di Cristo”] di Mons. G. Van Noort, S.T.D :

“Il carisma dell’infallibilità fu dato alla Chiesa in modo che potesse piamente salvaguardare e spiegare con sicurezza il deposito della cristiana rivelazione, e perciò potesse essere in tutte le età l’insegnante della verità cristiana e del modo di vivere cristiano.
“E’ evidente dalle promesse di Cristo che il magistero, l’officio docente della Chiesa, fu provveduto dell’infallibilità in modo che essa potesse esser capace di compiere adeguatamente la sua missione, cioè, salvaguardare con riverenza, spiegare con sicurezza, e difendere efficacemente il deposito della fede.

“La sicurezza del deposito richiede l’efficace rigetto o eliminazione di tutti gli errori che possano ad esso opporsi, anche se solo indirettamente. Questo sarebbe semplicemente impossibile senza l’infallibilità nelle materie sopra elencate.”


Qui sarebbe bene focalizzare l’attenzione su una ulteriore spiegazione dell’oggetto secondario dell’infallibilità, nelle questioni riguardanti la disciplina generale della Chiesa.

Ancora una volta, leggiamo da Christ’s Church di Mons. Van Noort:

“L’infallibilità della Chiesa si estende alla disciplina generale della Chiesa. Questa proposizione è teologicamente certa. Col termine ‘disciplina generale della Chiesa’ si intendono quelle leggi ecclesiastiche stabilite per la Chiesa universale per la direzione del culto e del vivere cristiano.
“L’imposizione di comandi non appartiene direttamente all’officio docente ma all’officio di governo; le leggi disciplinari sono solo indirettamente oggetto dell’infallibilità, cioè, solo a motivo della decisione dottrinale in esse implicita. Quando i legislatori della Chiesa promulgano una legge, essi compiono implicitamente un duplice giudizio: ‘Questa legge quadra con la dottrina della fede e con la morale della Chiesa;’ cioè, non impone nulla che diverga dal sano credere e dalla buona morale. Ciò equivale ad un decreto dottrinale.”

“Prova: 1. Dallo scopo dell’infallibilità. La Chiesa fu dotata di infallibilità affinchè potesse custodire l’intera dottrina di Cristo ed essere per tutti gli uomini una docente degna di fiducia del modo di vivere cristiano. Ma se la Chiesa potesse sbagliare riguardo al modo da tenersi, dichiarato quando legifera sulla disciplina generale, non sarebbe più né una guardiana fedele della dottrina rivelata, né una docente degna di fiducia riguardo al vivere cristiano. Non sarebbe guardiana della dottrina rivelata, perchè l’imposizione di una legge viziosa sarebbe, a tutti i fini pratici, equivalente a una erronea definizione della dottrina; ciascuno ne concluderebbe naturalmente che ciò che la Chiesa ha comandato non quadra con la sana dottrina. Non sarebbe docente del modo di vivere cristiano, poiché con le sue leggi indurrebbe la corruzione nella pratica della vita religiosa. 2. Dall’affermazione ufficiale della Chiesa, che stigmatizza come ‘almeno erronea’ l’ipotesi ‘che la Chiesa possa stabilire una disciplina che sarebbe pericolosa, nociva, e che induca alla superstizione ed al materialismo.’”

“Il ben noto assioma, Lex orandi est lex credendi (La legge del pregare è la legge del credere) è una applicazione speciale della dottrina della infallibilità della Chiesa in materie disciplinari. Questo assioma dice in effetti che le formule di preghiera approvate per uso pubblico nella Chiesa universale non possono contenere errori contro la fede o la morale.”

La ragione di questa ampia spiegazione della proprietà dell’infallibilità della Chiesa è che questo è il più forte argomento contro la Chiesa Conciliare del Concilio Vaticano II..

Perchè infatti, come potrebbe la Chiesa Cattolica fedelmente, coerentemente e infallibilmente insegnare la stessa fede per 1900 anni, e poi improvvisamente proporre, durante il Concilio Vaticano Secondo, false dottrine già condannate dai Papi e Concilii del passato (si vedano ad es., l’ecumenismo e la libertà religiosa)? Come potrebbe la Chiesa Cattolica continuamente rinnovare in modo incruento il Sacrificio del Calvario nella Santa Messa e poi, d’un colpo, sostituirlo con un luterano “memoriale dell’Ultima Cena”? Come potrebbe la Chiesa Cattolica legiferare così fermamente nelle sue disposizioni contro l’interconfessionalismo e l’intercomunione, dato che questi portano all’indifferentismo religioso, e poi all’improvviso abrogare queste leggi e permettere tali faccende?

Dobbiamo forse supporre che lo Spirito Santo, lo Spirito di Verità, abbia improvvisamente cambiato idea e permesso contraddizioni nelle materie della Fede, della S.Messa, e nelle leggi universali della Chiesa? Dobbiamo supporre che Cristo abbia improvvisamente abbandonato la Sua Chiesa e l’abbia lasciata cadere nell’errore e nell’eresia?


Eppure, è principalmente questa questione dell’infallibilità che divide coloro che si dicono cattolici tradizionali. Alcuni cattolici tradizionali rigettano gli errori del falso ecumenismo e della libertà religiosa del Concilio Vaticano Secondo, il nuovo memoriale protestante dell’Ultima Cena — il Novus Ordo Missae — e le eresie del Nuovo Codice di Diritto Canonico (1983) e ciononostante insistono che proprio gli autori di questi errori sarebbero ancora i rappresentanti di Cristo qui sulla terra. In realtà, costoro dicono che il Magistero Vivente della Chiesa ha errato e ha condotto la maggioranza dei Cattolici nell’errore, e continua ad errare. Tale conclusione altro non è che la negazione dell’infallibilità della Chiesa.

Non ci può essere alcun dubbio che la Chiesa Conciliare ha errato. Non solo nel 1965, alla conclusione del Concilio Vaticano II, ma anche negli ultimi trent’anni nel suo magistero ordinario universale.

Come insegnò Papa Leone XIII nella Satis Cognitum:

“Se il vivente magistero potesse essere in qualsiasi modo falso — ne seguirebbe una evidente contraddizione, perché allora Dio sarebbe l’autore dell’errore.”

Ed anche il Concilio Vaticano Primo (1870), nella Costituzione Dogmatica Pastor Aeternus, riaffermò l’insegnamento del Quarto Concilio di Costantinopoli:

“E la loro verità è stata provata dal corso della storia, poiché nella Sede Apostolica, la religione cattolica è sempre stata mantenuta senza macchia ed i suoi insegnamenti santi.”

E ancora, nella medesima Costituzione Dogmatica:

“Certo, fu questa dottrina apostolica che tennero tutti i Padri, e i santi Dottori ortodossi riverirono e seguirono. Poichè compresero pienamente che questa Sede di S.Pietro resta sempre intatta da qualsiasi errore...”


Perciò coloro che continuano “a camminare sullo steccato” — con un piede nel movimento tradizionale e l’altro nella Chiesa Conciliare — guardino la realtà: ci sono oggi due differenti Chiese, la Chiesa Cattolica e la Chiesa Conciliare. C’è la Chiesa Cattolica, che possiede l’attributo dell’infallibilità, e c’è la Chiesa Conciliare, che non lo possiede.

hhh.
00giovedì 16 luglio 2009 11:08
Re:
Ghergon, 15/07/2009 22:59:

hhh la verità è sotto gli occhi di tutti: se gente del calibro di Kung e di Suenens fecero quelle affermazioni la situazione fu oltremodo grave.
Oggi è grave ancora.
Giovanni XIII il rivoluzionario si prese una responsabilità enorme.
Può lo Spirito Santo sbagliare per duemila anni e fare giusto ora?

E il cardinale Suenens nel 1969 aggiunge: "Si potrebbe fare una lista impressionante delle tesi che, insegnate a Roma prima del Concilio come le uniche valide, furono eliminate dai Padri conciliari".

I "padri conciliari" che "impazziti" fanno saltare tesi varie, amavano la chiesa o i nemici della Chiesa?
Dopo una guerra persa, un Vaticano conquistato dai nemici di Cristo con le armi, io mi devo fidare di questa continuità?


...la Chiesa gerarchica è stata assalita da tizi pericolosi ed infiltrati dal nemico, (vedi il testo la battaglia finale del diavolo) e anche da molti ignoranti di primo grado che senza studiare gli insegnamenti di sempre hanno cavalcato l'onda rivoluzionaria, da buoni solfatari, hanno inteso il CVII come una rivoluzione russa e hanno sperimentato e diffuso l'anarchia nella Chiesa dove ognuno le poteva sparare più grosse col permesso dei Papi...tremendo...anarchia...
Dopo cinquant'anni abbiamo una Chiesa che è un ombra, dei preti che alle omelie dicono idiozie continue e che non redarguiscono più nessuno, per cortesia(!!!) FACENDOSI FAUTORI DELLA PERDIZIONE DI MOLTE ANIME PER LE QUALI HANNO IL DOVERE DI INTERVENIRE per la loro salvezza, tacciono sulle altre religioni sbagliate spedendo la gente all'inferno...insomma ormai i preti buoni bisogna cercarli col lanternino...
Le chiese e i preti modernisti, animatori sociali sono ovunque e la Chiesa è prossima alla fine...grazie alla cattiva interpretazione del CVII...
Ma che qualcuno oggi dal Vaticano grida che siamo vicini alla fine?
No.
Silenzio e scemenze varie e l'osservatore tesse le lodi dell'ultimo film di Potter il maghetto...siamo alla demenza finale.

Ma noi ragazzi rimaniamo uniti nella fede, Suor Lucia affermava che ormai la salvezza è una cosa personale perchè ormai il gregge è senza pastori, i sacerdoti tradiscono disinsegnando alla gente...

è una sofferenza...





hhh.
00giovedì 16 luglio 2009 11:30
Re:
Ghergon, 15/07/2009 22:59:

hhh la verità è sotto gli occhi di tutti: se gente del calibro di Kung e di Suenens fecero quelle affermazioni la situazione fu oltremodo grave.
Oggi è grave ancora.
Giovanni XIII il rivoluzionario si prese una responsabilità enorme.
Può lo Spirito Santo sbagliare per duemila anni e fare giusto ora?

E il cardinale Suenens nel 1969 aggiunge: "Si potrebbe fare una lista impressionante delle tesi che, insegnate a Roma prima del Concilio come le uniche valide, furono eliminate dai Padri conciliari".

I "padri conciliari" che "impazziti" fanno saltare tesi varie, amavano la chiesa o i nemici della Chiesa?
Dopo una guerra persa, un Vaticano conquistato dai nemici di Cristo con le armi, io mi devo fidare di questa continuità?


...la Chiesa gerarchica è stata assalita da tizi pericolosi ed infiltrati dal nemico, (vedi il testo la battaglia finale del diavolo) e anche da molti ignoranti di primo grado che senza studiare gli insegnamenti di sempre hanno cavalcato l'onda rivoluzionaria, da buoni solfatari, hanno inteso il CVII come una rivoluzione russa e hanno sperimentato e diffuso l'anarchia nella Chiesa dove ognuno le poteva sparare più grosse col permesso dei Papi...tremendo...anarchia...
Dopo cinquant'anni abbiamo una Chiesa che è un ombra, dei preti che alle omelie dicono idiozie continue e che non redarguiscono più nessuno, per cortesia(!!!) FACENDOSI FAUTORI DELLA PERDIZIONE DI MOLTE ANIME PER LE QUALI HANNO IL DOVERE DI INTERVENIRE per la loro salvezza, tacciono sulle altre religioni sbagliate spedendo la gente all'inferno...insomma ormai i preti buoni bisogna cercarli col lanternino...
Le chiese e i preti modernisti, animatori sociali sono ovunque e la Chiesa è prossima alla fine...grazie alla cattiva interpretazione del CVII...
Ma che qualcuno oggi dal Vaticano grida che siamo vicini alla fine?
No.
Silenzio e scemenze varie e l'osservatore tesse le lodi dell'ultimo film di Potter il maghetto...siamo alla demenza finale.

Ma noi ragazzi rimaniamo uniti nella fede, Suor Lucia affermava che ormai la salvezza è una cosa personale perchè ormai il gregge è senza pastori, i sacerdoti tradiscono disinsegnando alla gente...

è una sofferenza...





capisco e condivido tutto quello che hai postato,pensa che qualche giorno fa ho visto una trasmissione sull'esorcismi e si faceva vedere che padre amorth insieme a un reverendo protestante televisivo ,andavano d'accordo e vuolevano fare degli esorcismi insieme [SM=x268919] ti rendi conto?al quel punto vuolevo prendere la tv e buttarla dalla finestra.
anche secondo me nell'ultimo concilio si sono infiltrate forze che vogliono distruggere la chiesa e l'esempio sono le parole che ho postato ma forse non erano anche le parole di albert pike? tenere la chiesa tiepida.
ce pero' un problema nel nostro amore infinito varso la chiesa cattolica ,possiamo eccedere in errori,ti spiego.
oggi si parla di conversioni ma le conversioni sono sempre esistite in ogni angolo del mondo,in casa,nella metropolitana,al supermercato,in ogni luogo ,solo che non fanno rumore e un'esplosione d'amore divina che l'essere umano all'improvviso sente e si converte.
allora che fa va da un prete,al 99,9%va al nom questo cattolico ,lo possiamo aggredire dicendogli ,la chiesa non esiste piu' e piena di maleintezionati?no non e' giusto,possiamo dirgli del periodo di apostasia che stiamo vivendo e che molti uomini di chiesa sono cascati nel relativismo.
con la nostra eccessiva critica abbiamo allontanato di piu',
io dico che la chiesa si trova su una sutuazione bruttissima,ma queste mie parole dette ,quando vengono lette potrebbero far decidere alcuni cattolici a diventare protestanti o peggio testimoni di geova.
non tutti sono dotti,la fede non va di paro passo con la sapienza,questa e' prerogativa delle differenze umane.
per concludere ti do ' ragione ,non penso che le tue affermazioni vanno e vogliono dinvidere la chiesa ma al contrario difenderla da quei mostri relativisti che stanno facendo scempio al suo interno.
ma cristo non abbandonera' mai la sua chiesa e mai potra' essere divisa anche se molti cadono in errore,non hai mai pensato che queste cose sono volere divino per provare tutti noi?
Ghergon
00giovedì 16 luglio 2009 11:34
x ardisia
mi chiedo: esiste vera contraddizione?
Una contraddizione in logica porta al concetto di falso?

La nostra morale, ricordiamoci, segue una logica che a noi sembra certa ma la nostra logica potrebbe non essere esatta perchè ferita e squilibrata dal peccato originale, quindi potremmo non essere oggettivi...

l'articolo che hai postato è convincente e non lo nego ma rimane il fatto che ne esistono altri che sono validi che dicono il contrario, anche qui... [SM=g27825]



un po' lungo ma merita la lettura...






IDEE CHIARE
sul
MAGISTERO INFALLIBILE del PAPA


In riferimento al nostro articolo Chiesa e uomini di Chiesa (29.2.2000 pp. 5 ss.) un lettore ci
scrive: «Permettetemi di sviluppare una riflessione circa quello che voi chiamate “Magistero
autentico” e che altro non è se non il Magistero Ordinario. Se un Papa quando è eletto [...] riceve,
come voi dite, un carisma d’infallibilità per il suo Magistero straordinario, egli riceve anche, come
voi vi e-sprimete, una “grazia di stato” per governare ed anche per il suo Magistero ordinario. Se
questa grazia non è sufficiente, ogni volta che egli deve trattare questioni di fede o di morale “urbi
et orbi” o anche abitualmente nei suoi discorsi, c’è il rischio che egli trascini tutta la Chiesa
nell’errore […]. Ora, gli errori veicolati dal Vaticano II, ripresi e aggravati dai tre papi conciliari
fino alla cima del Sinai e al Muro del Pianto [...] provano evidentemente che la “grazia di stato” è
mancata. Ora mai Dio, Gesù Cristo, ha permesso che in queste materie, anche nel Magistero
ordinario, i Papi si ingannassero. Che concluderne? Ammetterete voi che questi Papi, sempre Papi,
siano sfuggiti in qualche modo alla sorveglianza divina?».
Un errore molto diffuso e pernicioso
Rispondiamo molto volentieri, perché, nell’attuale crisi della Chiesa, ciò che maggiormente
turba o confonde i cattolici è appunto il “problema del Papa” ed è necessario avere idee ben chiare
sull’argomento per procedere con coscienza ben informata e serena evitando due scogli che, a
destra e a sinistra, minacciano di farci naufragare o nello spirito di ribellione o nell’obbedienza
indebita e servile.
Cominciamo anzitutto col rettificare la premessa, che vizia tutto il ragionamento del nostro
lettore.
«Quello che voi chiamate “Magistero” autentico -egli scrive- altro non è che il Magistero
ordinario». Questo è un grave errore, causa di molte rovine ai giorni nostri.
Il Magistero “autentico” non si identifica, così semplicemente, con il Magistero ordinario. Il
Magistero Ordinario, infatti, può essere infallibile e non infallibile, ed è in questo secondo caso che
viene chiamato “Magistero autentico”. Così, ad esempio, il Dictionnaire de Théologie catholique
alla voce infaillibilité du Pape (vol. VII col. 1699 ss.) parla distintamente:
1) della «definizione pontificia infallibile o ex cathedra nel senso definito dal Vaticano I» (col.
1699);
2) dell’«insegnamento pontificio infallibile che scaturisce dal Magistero ordinario del Papa»
(col. 1705);
3) dell’«insegnamento pontificio non infallibile» (col. 1709).
Parimenti, il Salvaverri nella Sacrae Theologiae Summa (vol. I, 5ª ed., B.A.C., Madrid)
distingue:
1) Magistero pontificio infallibile straordinario (nn. 592 ss.);
2) Magistero pontificio infallibile ordinario (nn. 645 ss.);
3) Magistero pontificio “mere authenticum” e cioè “solamente autentico” o “autorevole” in
relazione all’autorità della Persona, come vedremo, ma non alla sua infallibilità (n. 659 ss.).
Il Papa, infatti, pur avendo sempre la piena e suprema autorità dottrinale, non sempre la impegna
al suo grado più alto che è quello dell’infallibilità: egli è come un gigante - dicono i teologi - che
non sempre adopera tutta la sua forza. Ne consegue:
1) che «non si deve dire che il Papa è infallibile per il solo fatto che ha l’autorità papale», come
si legge negli Atti del Vaticano I (Coll. Lac. 399-b: «Neque etiam dicendus est Pontifex
infallibilis simpliciter ex auctoritate papatus»): questo sarebbe identificare l’autorità del Papa con la
sua infallibilità;
2
2) che è necessario sapere «quale assenso è dovuto ai decreti del Sommo Pontefice, quando egli
insegna con un grado che non attinge l’infallibilità ovvero non con il grado supremo della sua
dottrinale autorità» (Salaverri op. cit. n. 659).
Errore per eccesso ed errore per difetto
Purtroppo questa triplice distinzione tra Magistero straordinario, Magistero ordinario infallibile
e Magistero autentico non infallibile sembra oggi caduta in oblio (come dimostra anche la lettera
del nostro lettore), generando nell’attuale crisi della Chiesa due opposti errori: l’errore per eccesso
di coloro che estendono l’infallibilità pontificia a tutti gli atti del Papa senza distinzione, e l’errore
per difetto di coloro che la restringono alle sole definizioni “ex cathedra”.
Il primo errore elimina di fatto il Magistero ordinario non infallibile o “autentico” e sfocia
inevitabilmente o nel sedevacantismo (“il Papa è sempre infallibile, ma gli errori di questo Papa
sono innegabili e dunque egli non è Papa”) o nell’ubbidienza servile e “indiscreta” ovvero senza
discernimento, che chiude gli occhi anche quando il “senso cattolico” suggerisce di tenerli bene
aperti (“il Papa è sempre infallibile e dunque bisogna obbedirgli sempre ciecamente”).
Il secondo errore elimina di fatto (e talvolta anche in teoria) il Magistero ordinario infallibile ed
è l’errore proprio dei neomodernisti, che così svalutano il Magistero ordinario pontificio e la troppo
scomoda “tradizione romana” («il Papa è infallibile solo nel suo Magistero straordinario, e dunque è
lecito far “tabula rasa” di duemila anni di Magistero ordinario pontificio»). Entrambi gli errori
concorrono così ad offuscare la nozione esatta di Magistero ordinario, che comprende sia il
Magistero ordinario infallibile sia il Magistero ordinario semplicemente “autentico”, non infallibile.
Offuscamento e contestazione
Questi due opposti errori, benché oggi svelino in modo drammatico la loro dannosità, non
datano, però, da oggi. Furono, infatti, denunziati ancor prima del Concilio Vaticano II.
Già il P. Labourdette O.P. (Revue Thomiste LIV, 1954 p. 196) deplorò che «da ciò che hanno
appreso sull’infallibilità personale del Sommo Pontefice nell’esercizio solenne e straordinario del
suo potere dottrinale molti hanno ritenuto delle idee semplicistiche… per alcuni ogni parola del
Sommo Pontefice prende in qualche modo il valore d’un insegnamento infallibile, che richiede
l’assenso assoluto della fede teologale; per altri gli atti che non si presentano con le condizioni
manifeste d’una definizione “ex cathedra” sembrano non avere altra autorità che quella di un
dottore privato». Sono appunto i due opposti errori sopra segnalati.
Anche dom Paul Nau rilevò la «confusione» intervenuta tra l’autorità del Papa e la sua
infallibilità: «mentre l’infallibilità personale del Papa nelle definizioni solenni, così a lungo
discussa, è stata definitivamente messa al sicuro da ogni controversia, l’autorità del Magistero
ordinario della Chiesa romana sembra perduto di vista. Tutto accade - e il fatto non è inaudito
nella storia delle dottrine - come se la luce stessa della definizione del Concilio Vaticano avesse
messo in ombra la verità fino a quel momento universalmente riconosciuta; anzi come se la
definizione dell’infallibilità dei giudizi [o definizioni] solenni avesse fatto ormai di questi il modo
unico, per il sommo Pontefice, di presentare la regola della Fede» [Le Magistère pontifical
ordinaire, lieu théologique p. 12 s.; per l’offuscamento temporaneo di una dottrina nella coscienza
cattolica si veda il Dictionnaire de Théologie catholique voce dogme tomo IV e Franzelin De
Divina Traditone tesi XXIII).
Dom Nau segnalò anche le rovinose conseguenze di questa identificazione dell’autorità del Papa
con la sua infallibilità: «non resterà nessun posto per un insegnamento autentico, le cui diverse
espressioni non sono, però, tutte garantite allo stesso modo. In una tale prospettiva è la stessa
nozione di Magistero ordinario che diviene propriamente impensabile» (ivi p. 5). Dom Nau
credette di poter individuare la causa del fenomeno nel fatto che «dopo il 1870 [anno del Vaticano
I] i manuali di teologia, per enunciare le loro tesi, si sono serviti dei testi di questo Concilio.
Poiché nessuno di questi testi tratta direttamente del Magistero ordinario del solo Papa, questo
Magistero è stato a poco a poco perduto di vista e tutto l’insegnamento pontificio è sembrato
3
ridursi alle sole definizioni “ex cathedra”. Inoltre, essendo l’attenzione interamente attirata su
queste definizioni, ci si è abituati a considerare gli interventi dottrinali della Santa Sede solo nella
prospettiva della definizione solenne: la prospettiva di una definizione che sola apporterebbe alla
dottrina tutte le garanzie richieste».
Questa causa in parte è vera, ma non bisogna dimenticare che verso questa prospettiva riduttiva
spingeva già da tempo la teologia “liberale” (da cui è germinato il modernismo) così che Pio IX,
prima del Vaticano I (1870), dovette ammonire i teologi tedeschi che la sottomissione di fede divina
«non si deve restringere ai soli punti definiti» (Lettera all’ Arcivescovo di Monaco 21-12-1863).
Le idee “semplicistiche” ritenute da «molti» sull’infallibilità papale dopo il Vaticano I fecero,
senza volerlo, il gioco della teologia “liberale”. I due errori, infatti, benché opposti, hanno in
comune di identificare autorità papale ed infallibilità, con la differenza che l’errore per eccesso,
considerando infallibile tutto ciò che promana dall’autorità papale, dilata l’infallibilità del Papa a
misura della sua autorità, mentre l’errore per difetto, considerando autorevole solo ciò che promana
dall’infallibilità “ex cathedra”, restringe l’autorità del Papa a misura dell’infallibilità del suo solo
Magistero straordinario. Entrambi, poi, gli errori concorrono allo stesso effetto: quello di offuscare,
come ha ben visto dom Nau, la nozione stessa di Magistero ordinario e, di conseguenza, la natura
particolare del Magistero ordinario infallibile; nozione e natura che ci converrà, perciò, riscoprire,
perché di massima importanza per orientarsi in tempi di crisi come gli attuali.
Due segnali dell’ offuscamento: l’ «Humanae Vitae» e l’«Ordinatio Sacerdotalis»
L’offuscamento delle idee sul Magistero ordinario pontificio è apparsa in tutta la sua gravità in
occasione dell’Humanae Vitae di Paolo VI e, più di recente, in occasione dell’Ordinatio
Sacerdotalis, con la quale Giovanni Paolo II ha ribadito il tradizionale “no” della Chiesa
all’ordinazione di donne.
In occasione dell’Humanae Vitae l’offuscamento della nozione di Magistero ordinario pontificio
fu segnalato da diversi teologi: Felici, Ruffini, Lio, Siri ecc. I sostenitori dell’infallibilità dell’
Humanae Vitae generalmente ne deducevano «la prova dal Magistero autentico costante e
universale della Chiesa, mai tralasciato e quindi nei secoli anteriori già definitivo» o, in altri
termini, dal Magistero ordinario infallibile (E. Lio Humanae Vitae e infallibilità, Libreria ed.
Vaticana p. 38; neretto nostro). Dovettero accorgersi, però, che la nozione stessa di Magistero
ordinario infallibile e la sua peculiarità (costanza ed universalità) erano come cancellate dalla mente
dei più, non solo dei semplici fedeli, ma anche dei teologi. Perciò il card. Siri in Renovatio ott. - dic.
1968 scrisse: «Nel presentare come ipotesi possibili, per il caso in oggetto [l’enciclica Humanae
Vitae], solo quella della definizione ex cathedra (che è scartata) ossia del Magistero solenne e
quella del Magistero autentico (che non implica di per sé la infallibilità), c’è un grave sofisma di
elencazione, anzi un grave errore, perché si tace un’altra ipotesi possibile: quella del Magistero
ordinario infallibile. È strano come da taluni si cerchi ad ogni costo di evitare il parlarne. [...]. È
necessario aver presente che non c’è solo Magistero solenne e Magistero semplicemente
autentico; tra le due espressioni sta il Magistero ordinario, dotato del carisma della infallibilità»
(i neretti sono nostri).
Lo stesso “sofisma di elencazione” è stato segnalato 30 anni dopo da Mons. Bertone contro la
contestazione dell’«Ordinatio Sacerdotalis». In tale occasione egli ha denunciato esplicitamente la
tendenza «a sostituire di fatto il concetto di autorità con quello d’infallibilità» (L’Osservatore
Romano 20 dicembre 1996).
Di fatto non è il solo Magistero ordinario infallibile che è caduto in oblìo, ma, con
l’identificazione di autorità e infallibilità, è caduta in oblìo la distinzione tra Magistero ordinario
infallibile e Magistero ordinario autentico. Dopo il Vaticano I - scriveva dom Nau - un cattolico
«non può più esitare sull’autorità da riconoscere ai giudizi dogmatici del Sommo Pontefice: la loro
infallibilità è stata solennemente definita nella Costituzione “Pastor Aeternus”. Ma le definizioni
sono relativamente rare; i documenti pontificali di fronte ai quali il cristiano d’oggi per lo più si
trova sono le encicliche, le allocuzioni, i radiomessaggi che normalmente rientrano nel Magistero o
4
insegnamento ordinario. A riguardo di questo Magistero disgraziatamente le confusioni sono
ancora possibili e si verificano -ahimè! - troppo spesso» (op. cit p. 4). Noi ci fermeremo, perciò,
non sul Magistero straordinario (la cui infallibilità è generalmente riconosciuta), ma sul Magistero
ordinario e, illustrando a quali condizioni esso è infallibile, sarà chiaro che, fuori di queste
condizioni, siamo in presenza di Magistero “autentico” da tenere, in tempi normali, nella dovuta
considerazione, ma che, in tempi anormali, sarebbe un fatale errore equiparare al Magistero
infallibile (sia straordinario che ordinario).
Il punto della questione
«L’infallibile garanzia dell’assistenza divina non è limitata ai soli atti del Magistero
solenne; essa si estende anche al Magistero ordinario, senza tuttavia ricoprirne ed assicurarne
allo stesso modo tutti gli atti» (P. Labourdette O.P. Revue Thomiste 1950 p.38; neretto della nostra
redazione) e quindi l’assenso dovuto al Magistero ordinario “può andare dal semplice rispetto a un
vero atto di fede” (mons. Guerry La Doctrìne Sociale de l’Eglise, Paris, Bonne Presse 1957 p.172).
È, perciò, della massima importanza sapere quando il Magistero ordinario del Romano Pontefice è
dotato del carisma dell’infallibilità.
Poiché il Papa (da solo) possiede la stessa infallibilità conferita da Nostro Signore Gesù Cristo
alla sua Chiesa (Papa+Vescovi in comunione con lui) (cfr. D.B. 1839), bisogna concluderne che il
Papa da solo, nel suo Magistero ordinario, è infallibile nella stessa misura e alle stesse condizioni in
cui lo è il Magistero ordinario della Chiesa e quindi “si richiede che la verità insegnata sia proposta
come già definita o come sempre creduta o ammessa nella Chiesa, o come attestata dal consenso
unanime e costante dei teologi per verità cattolica» e perciò come “strettamente obbligatoria per
tutti i fedeli” (Dict. Théologie Cath. voce Infallibilitè du Pape t. VII col. 1705; neretti nostri).
Questa condizione è stata richiamata dal card. Felici, a proposito dell’Humanae Vitae, dalle
pagine de L’Osservatore Romano:
«Su questo problema è necessario tener presente che una verità può essere sicura e certa, e quindi
obbligare, anche senza il carisma della definizione ex cathedra, come in realtà avviene nella
Enciclica “Humanae vitae” nella quale il Papa, Supremo Maestro della Chiesa, enunzia una
verità che è stata costantemente insegnata dal Magistero della Chiesa ed è rispondente ai dettami
della Rivelazione» (L’Osservatore Romano 19 ottobre 1968 p. 3; i neretti sono nostri). Infatti
nessuno può rifiutare di credere ciò che è certamente rivelato da Dio, ed è certamente rivelato da
Dio non solo ciò che è stato definito, ma anche ciò che è stato sempre ed ovunque insegnato come
rivelato da Dio dal Magistero ordinario della Chiesa. Più di recente, il card. Bertone ha ricordato
che «il Magistero ordinario pontificio può insegnare come definitiva [in corsivo nel testo] una
dottrina in quanto essa è costantemente conservata e tenuta dalla Tradizione» e tale è il caso della
Ordinario Sacerdotalis che ribadisce l’invalidità dell’ordinazione sacerdotale di donne sempre
ritenuta con «unanimità e stabilità» dalla Chiesa [L’Osservatore Romano 20 dicembre 1996 già
citato; neretti nostri).
Il card. Siri, sempre a proposito dell’Humanae Vitae, nel citato numero di Renovatio
puntualizzò: «La questione pertanto va posta obbiettivamente così: concesso che il documento
[l’Humanae Vitae] non sia atto del Magistero infallibile e pertanto da solo non dia la garanzia
della irreformabilità e della certezza, la sua sostanza non è forse garantita da un Magistero
ordinario in quelle note condizioni per cui lo stesso Magistero ordinario è infallibile?» (neretti
della nostra redazione). E dopo aver riassunto la tradizione continua della Chiesa sulla
contraccezione, dalla Didachè degli Apostoli (I secolo) fino alla Casti Connubii di Pio XI, sulla cui
scia procede l’Humanae Vitae, conclude: «1’insegnamento di tale enciclica ricapitolava
l’insegnamento antico e comune. Pare di potere dire che le condizioni nelle quali si verifica il
Magistero ordinario irreformabile [= infallibile] siano raggiunte. Il periodo della irrequietezza
diffusa è fatto assai recente, che non inclina per nulla quanto era nel sereno possesso di tanti
secoli» (neretti nostri).
5
È, dunque, un errore estendere incondizionatamente l’infallibilità a tutto il Magistero ordinario
pontificio sia che il Papa parli «urbi et orbi» sia che tenga un discorso ai pellegrini. E’ vero, alla
Chiesa non basta la sola infallibilità del Magistero straordinario, che è raro; «la fede ha bisogno
della infallibilità e ne ha bisogno tutti i giorni», come scriveva anche il card. Siri (Renovatio cit.),
ma il card. Siri, da buon teologo, non dimenticava, come dimentica il nostro lettore, che anche qui
l’infallibilità del Papa è condizionata: il Magistero ordinario, per essere infallibile, dev’essere
“tradizionale” (cfr. Salaverri loc. cit); se è in rottura con la Tradizione, il Magistero ordinario non
può rivendicare per sé nessuna infallibilità. E qui salta fuori la natura tutta particolare del Magistero
ordinario pontificio infallibile, sulla quale è necessario soffermarsi.
La particolare natura del Magistero ordinario infallibile
Il lettore avrà notato che il card. Siri dice che l’Humanae Vitae, qualora non fosse un atto del
Magistero “ex cathedra”, darebbe la garanzia dell’infallibilità non “da solo”, ma in quanto ricapitola
«l’insegnamento antico e comune» (Renovatio cit.). Infatti, a differenza del Magistero straordinario
o giudizio solenne, il Magistero ordinario «non consiste in una proposizione isolata, che si
pronunzia irrevocabilmente sulla fede, e, da sola, la garantisce, ma in un insieme di atti che
possono concorrere a trasmettere un insegnamento. E’ il procedimento normale della Tradizione
nel senso forte del termine» (dom P. Nau Le Magistère pontifical… cit. p. 10; neretti nostri). Ecco
perché, giustamente, il Dictionnaire de Théologie catholique parla di «insegnamento pontificio
infallibile che scaturisce dal Magistero ordinario del Papa» (loc. cit.). Perciò, mentre, «una
semplice esposizione dottrinale [del Papa] non potrà mai pretendere l’infallibilità d’una
definizione» questa infallibilità «invece, è rigorosamente implicata nel caso di convergenza sulla
stessa dottrina di una serie di documenti, la cui continuità, di per sé, esclude ogni possibile
dubbio sull’autentico contenuto dell’insegnamento romano» (dom. P. Nau Une source doctrinale:
Les encycliques p. 75).
Non tener conto di questa differenza equivale ad annullare ogni distinzione tra Magistero
straordinario e Magistero ordinario: «Nessun atto del Magistero ordinario potrebbe, senza cessare
di esser tale, rivendicare per sé, isolatamente preso, la prerogativa propria del giudizio supremo.
Un atto isolato è infallibile solo se il Giudice supremo vi impegna tutta la sua autorità fino ad
interdirsi di ritornarvi sopra - non potrebbe, infatti, essere revocabile senza riconoscersi
suscettibile di errore - ma un tale atto, inappellabile, è propriamente quello che costituisce il
giudizio solenne [o straordinario] e si oppone come tale al Magistero ordinario» (ivi nota 1).
Di conseguenza «l’infallibilità del Magistero ordinario, sia della Chiesa universale che della
Sede romana, non è l’infallibilità di un giudizio o di un atto da considerare isolatamente, come se
da esso, isolatamente preso, ci si potesse attendere tutta la luce». Al contrario l’infallibilità del
Magistero ordinario «è l’infallibilità della garanzia assicurata ad una dottrina dalla convergenza,
simultanea o continua, d’una pluralità di affermazioni o esposizioni, di cui nessuna, presa da
sola, può apportare una certezza definitiva. Questa certezza definitiva può venire solo dal loro
insieme» (dom P. Nau op. cit p. 17; neretti nostri). E dom Nau precisa: «Nel caso del Magistero
[ordinario] universale [= dei vescovi uniti al Papa] questo insieme è quello dall’insegnamento
concorde dei Vescovi in comunione con Roma; nel caso del Magistero [ordinario] pontificio [cioè
del Papa da solo] è la continuità dell’insegnamento dei succcessori di Pietro o, in altri termini, è
la “tradizione della Chiesa di Roma”, cui si appellava mons. Gasser [nel Vaticano I] (Collana
Lacensis e. 404)» (il neretto è della nostra redazione).
Anche A. G. Martimort (Le Gallicanisme de Bossuet, Parigi 1953 p. 558) scrive: «L’errore di
Bossuet consiste nel rigettare l’infallibilità del Magistero straordinario del Papa; ma egli ha reso il
gran servigio d’affermare nettamente l’infallibilità del Magistero ordinario [del Papa] e la sua
particolare natura, che lascia ad ogni atto particolare il rischio dell’errore... Insomma, secondo il
Vescovo di Meaux, accade per la serie dei pontefici romani presi nel tempo, ciò che accade per il
collegio episcopale disperso nel mondo».
6
Si sa, infatti, che i singoli Vescovi non sono infallibili, ma l’insieme, nel tempo e nello spazio,
dei Vescovi, nella loro unanimità morale, gode dell’infallibilità. Ne consegue che, volendo cercare
l’insegnamento infallibile della Chiesa, non ci si deve fermare all’insegnamento di un singolo
Vescovo, ma si deve guardare alla «dottrina comune e continua» dell’episcopato unito al Papa, che
«non può deviare dall’insegnamento di Gesù Cristo» (E. Piacentini OFM Conv., docente e
postulatore, Infallibile anche nelle cause di canonizzazione? ENMI, Roma 1994 p. 37). Lo stesso
accade per il Magistero ordinario infallibile del solo Romano Pontefice: questo Magistero ordinario
porta con sé la nota dell’infallibilità non per il fatto che quel singolo atto è posto dal Papa, ma
perché, quel singolo insegnamento, quel singolo atto del Papa «s’inserisce in un insieme e in una
continuità» (Nau Encycliques... cit.), che è quella della «serie dei pontefici romani presi nel tempo»
(Martimort cit.).
Si comprende allora perché, nel loro Magistero ordinario, i Romani Pontefici hanno sempre
avuto cura di riallacciarsi, spesso con lunghe citazioni letterali, ai loro “venerabili predecessori”:
«Questa continuità li assicura che quella dottrina è l’insegnamento stesso della Chiesa,
rigorosamente normativo per ogni intelligenza cristiana» (dom P.Nau Le Magistère... cit. p. 26).
“La Chiesa parla per bocca nostra” dice Pio XI nella Casti Connubii. E Pio XII nell’Humani
Generis sottolinea che «per lo più quanto viene proposto e inculcato nelle Encicliche, è già, per
altre ragioni, patrimonio della dottrina cattolica».
La natura tutta particolare del Magistero ordinario infallibile del Papa era ben chiara fino al
Vaticano I. Tanto è vero che, mentre si svolgeva questo Concilio, La Civiltà Cattolica, che scriveva
(e scrive) sotto il diretto controllo della Santa Sede, al P. Gratry, che criticava la Bolla Cum ex apostolatus
di Paolo IV, opponeva: «Or noi domanderemo con tutta pace al P. Gratry, se egli crede
che la Bolla di Paolo IV sia un atto, per dir così isolato [in corsivo nel testo] ovvero che si
ragguagli con altri dello stesso genere nella serie dei romani Pontefici. Se risponde che è un atto
isolato [in corsivo nel testo], il suo argomento non prova nulla, poiché egli stesso afferma che la
Bolla di Paolo IV non contiene nessuna definizione dommatica. Se poi ci risponde, com’è
necessario che risponda, che questa Bolla è nella sostanza conforme a moltissimi altri simili Atti
della Santa Sede, allora il suo argomento dice assai più che non vorrebbe. Dice cioè, che i romani
Pontefici, per una lunga serie, hanno esercitati pubblici e solenni Atti d’immoralità e d’ingiustizia
contro i dettami dell’umana ragione; di empietà contro Dio; di apostasia contro il Vangelo» (vol.
X serie VII, 1870, p. 54; neretti nostri). Il che viene a dire che l’infallibilità di un “atto isolato” del
Papa è propria soltanto della “definizione dogmatica”; fuori delle definizioni dogmatiche, e cioè nel
Magistero ordinario, l’infallibilità è garantita dall’insieme di «moltissimi altri simili atti della Santa
Sede» ovvero di «una lunga serie» di successori di Pietro.
Applicazione pratica
A questo punto appare chiaro che non solo l’ultimo Concilio, dichiarato non dommatico, là dove
non ripropone un insegnamento già tradizionale, non può rivendicare per sé il crisma dell’
infallibilità, ma neppure quello che si presenta come Magistero ordinario pontificio degli ultimi
Papi può rivendicare per sé - esclusi pochi atti - la qualifica di “Magistero ordinario infallibile”.
Basta considerare che i documenti pontifici sulle “novità” che hanno turbato e confuso la coscienza
dei credenti (ecumenismo, dialogo interreligioso ecc.) non mostrano nessuna cura di riallacciarsi
all’insegnamento dei “venerabili predecessori” o, più esattamente, sono nell’ impossibilità di
riallacciarvisi proprio a motivo della “rottura” con essi. Provi il lettore a scorrere le “Note” della
Dominus Jesus e avrà la conferma di quanto affermiamo: per gli estensori del documento, il
Magistero dei Papi precedenti (ad eccezione di una frase decurtata della Mystici Corporis) è come
se non esistesse (v. sì sì no no 15 dicembre 2000 pp. 1ss).
Appare altresì chiaro che quando i “Papi di oggi” contraddicono i “Papi di ieri” nel loro
Magistero tradizionale si deve ubbidienza ai “Papi di ieri” e non ai “Papi di oggi” e che questo è il
segno manifesto di un’epoca di grave crisi ecclesiale, di tempi anormali nella vita della Chiesa.
7
Appare, infine, chiaro che la “nuova teologia”, la quale contraddice senza scrupoli
l’insegnamento tradizionale dei Romani Pontefici, contraddice il Magistero pontificio infallibile e
dunque, in coscienza, un cattolico deve rigettarla e positivamente impugnarla.
Eclissi pressoché totale del Magistero “autentico”
La crisi attuale della Chiesa, dunque, non si colloca, né sarebbe ciò possibile, a livello di
Magistero infallibile straordinario o ordinario. Non si colloca a livello di Magistero infallibile
straordinario, perché il Concilio non ha voluto essere dogmatico e lo stesso Paolo VI ne ha dato la
nota teologica: “Magistero ordinario, così palesemente autentico” (udienza generale del 12.1.1966;
v. Encicliche e discorsi di Paolo VI, ed. Paoline 1966 pp. 51-52).
Non si colloca a livello di Magistero ordinario infallibile perché il turbamento e la divisione nel
mondo cattolico sono stati provocati dalla rottura di quella continuità dottrinale che è il
contrassegno appunto del Magistero ordinario infallibile (infatti nessun turbamento, ma bensì
consenso, ha suscitato nei figli obbedienti della Chiesa l’Humanae Vitae di Paolo VI o l’intervento
di Giovanni Paolo II contro il sacerdozio femminile nell’ Ordinatio Sacerdotalis: v. sì sì no no 28
febbraio ‘95 p. 7 ecc). La crisi attuale si colloca a livello di quello che si presenta come Magistero
ordinario semplicemente “autentico”, che, come ricorda il card. Siri, «non implica di per sé la
infallibilità» (Renovatio cit.). Ma si tratta, poi, realmente di Magistero “autentico”?
Romano Amerio, nel suo intervento per il 2° convegno teologico di sì sì no no, scrisse che oggi
«non ogni parola del Papa è più Magistero, ma ormai spessissimo è solo espressione delle vedute,
dei pensamenti delle considerazioni diffuse presentemente, ... di dottrine che si sono diffuse e che
sono divenute dominanti in gran parte del mondo cattolico» (v. sì sì no no 30 aprile 1996 p. 2).
In effetti il Magistero, anche se non infallibile, dovrebbe essere pur sempre “Magistero”, cioè
insegnamento della Parola divina, anche se con un grado inferiore di certezza. Invece, oggi
spessissimo «il Papa non manifesta la parola divina che gli è affidata e che ha l’obbligo di
manifestare», ma «esprime le sue vedute personali» (che poi sono quelle della “nuova teologia”).
Quindi noi ci troviamo davanti ad una «manifestazione della decadenza del Magistero ordinario
[autentico] della Chiesa»; decadenza che «apre una gravissima crisi della Chiesa, perché è il punto
centrale della Chiesa a soffrirne» (ivi).
C’è, perciò, da domandarsi se si possa parlare propriamente di Magistero pontificio “autentico”
o se non si debba piuttosto parlare di un’eclissi pressoché totale del Magistero pontificio autentico,
cui fa riscontro un’analoga crisi a livello di Magistero episcopale.
Dove nasce il rischio di essere trascinati nell’errore
Questa crisi del Magistero pontificio autentico ha trovato i cattolici tanto più impreparati quanto
più era offuscata nelle loro menti la distinzione tra Magistero ordinario infallibile e Magistero
ordinario semplicemente “autentico” del Romano Pontefice. È questo offuscamento, segnalato,
come abbiamo visto, da alcuni teologi già prima del Vaticano II, che ha trascinato e rischia tuttora
di trascinare nell’errore quei cattolici, che credono erroneamente di dover prestare il medesimo
assenso ad ogni parola del Papa, trascurando quelle distinzioni e precisazioni che pure sono nell’
insegnamento della Chiesa e che qui richiamiamo brevemente.
«L’ordine di credere fermamente senza esaminare l’oggetto [...] può obbligare veramente solo
se l’autorità è infallibile» (Billot De Ecclesia tesi XVII) e perciò al Magistero infallibile, sia
straordinario che ordinario, si deve un assenso fermo e incondizionato.
«Per le decisioni dottrinali non infallibili del Papa o delle Congregazioni romane, c’è anche un
dovere stretto di ubbidienza che obbliga ad un assenso interno prudente e che esclude
abitualmente ogni dubbio fondato», ma questo assenso è «legittimato [non dall’infallibilità, bensì]
dall’alta prudenza con la quale l’autorità ecclesiastica agisce abitualmente in queste circostanze»
(Dict de Th. Cath. voce Eglise t. IV col. 2209). Perciò al Magistero “autentico” si deve non un
assenso cieco e incondizionato ma un assenso prudente e condizionato: «Poiché non tutto ciò che
insegna il Magistero ordinario è infallibile, è necessario domandarci quale adesione dobbiamo
8
alle sue diverse decisioni. L’assenso di fede si esige da parte del cristiano per tutte le verità
dottrinali e morali definite dal Magistero della Chiesa. Non così per l’insegnamento impartito dal
sommo Pontefice ma non imposto a tutta la collettività cristiana come dogma di fede. In tal caso è
sufficiente l’adesione interna e religiosa che accordiamo all’ autorità ecclesiastica legittima. Non è
un assenso assoluto, poiché questi decreti non sono infallibili, ma solo un assenso prudenziale e
condizionato, visto che nelle questioni di fede e di morale, la presunzione sta in favore del
superiore. [...] La possibilità di sottomettere la dottrina a un altro esame, se questo sembra
richiesto dalla gravità della questione, non è eliminata da questa adesione prudenziale» (Nicolas
Jung Le Magistère de l’Eglise 1935 pp. 153-154; neretti sono nostri).
Purtroppo tutte queste verità sono scomparse dalla coscienza cattolica insieme con la nozione di
Magistero “autentico”. E tanto più il mondo cattolico corre il rischio di essere trascinato nell’errore
quanto più nutre l’ingenua ed erronea convinzione che «mai» Dio ha permesso che anche nel
Magistero ordinario (senza distinzione di sorta) i Papi s’ingannassero e che quindi al Magistero
papale si debba sempre lo stesso assenso, cosa che non corrisponde affatto alla dottrina della
Chiesa.
Infallibilità e grazia di stato
È nell’ambito del Magistero autentico che si colloca il nostro discorso sulla grazia di stato del
Romano Pontefice.
Il Papa, quando impegna la sua infallibilità, gode, oltre che della grazia di stato, anche di una
specialissima assistenza divina. Neppure l’infallibilità, però, lo riduce ad un automa. Infatti
«l’assistenza divina... non esime il soggetto del Magistero infallibile dal dovere di ricercare la
verità con mezzi naturali, particolarmente mediante lo studio delle fonti della rivelazione (cfr. D.
1836)» (L. Ott Compendio di teologia dommatica, ed Marietti 1956 p. 474). Perciò nel suo
Magistero infallibile il Papa gode 1) di un’assistenza positiva dello Spirito Santo per giungere alla
verità; 2) di un’assistenza negativa che lo preserva da una decisione errata. Infine, qualora un Papa,
per negligenza o cattiva volontà, mancasse al suo dovere di ricercare la verità con i mezzi dovuti,
l’infallibilità ci garantisce che Dio, con un’assistenza puramente negativa, impedirebbe la
proclamazione “ex cathedra” di un errore.
Questa garanzia manca nel caso del Magistero autentico, che non gode del carisma
dell’infallibilità, e perciò tutto è affidato alla sola grazia di stato, che muove il Papa ad agire con
quell’«alta prudenza» che normalmente vediamo rifulgere anche nel Magistero autentico dei
Successori di Pietro. Ma se un Papa venisse meno a questa “alta prudenza”, nessuna promessa
divina sta a garantirci che Dio interverrebbe per fermarlo. Allora, sì, il mondo cattolico potrebbe
correre il rischio di essere trascinato nell’errore, ma non perché al Papa sia venuta meno
l’infallibilità (alle debite condizioni, egli ne godrebbe come i suoi predecessori), né perché gli sia
mancata la grazia di stato, bensì perché egli è mancato alla grazia. E il rischio è tanto più grande
quanto più sono caduti in oblìo i princìpi che stiamo qui richiamando.
Quando il mondo cattolico aveva ben chiari questi princìpi, il pericolo di essere trascinati
nell’errore era di gran lunga inferiore. Ed infatti noi vediamo nella storia della Chiesa che la
resistenza motivata di cardinali, di Università cattoliche, di principi cattolici, di religiosi, di semplici
fedeli fecero rientrare i passi falsi di alcuni Papi, come Giovanni XXII e Sisto V, per il quale ultimo
San Roberto Bellarmino scrisse a Clemente VIII: «Vostra Santità sa a quale pericolo Sisto V espose
se stesso e tutta la Chiesa allorché intraprese la correzione della Sacra Scrittura secondo i lumi
della sua scienza personale e veramente io non so se la Chiesa abbia mai corso un più grave
perìcolo» (F. Vigouroux Dictionnaire de la Bible t. Ili col. 1407-1408 art. Jesuites: traveaux sur les
Saintes Ecritures). E quel pericolo fu scongiurato dalla reazione del mondo cattolico. In realtà, non
si rende un servizio né a se stessi né alla Chiesa né al Papa attribuendogli sempre l’infallibilità ed i
tempi attuali lo stanno dimostrando: ciò non toglie che i passi falsi di un Papa sono per tutto il
mondo cattolico una prova durissima.
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Tempi normali e tempi anormali
In tempi normali, infatti, il fedele si appoggia al Magistero pontificio “autentico” con la stessa
fiducia con la quale si appoggia al Magistero infallibile e, in tempi normali, questa fiducia è
pienamente giustificata. Anzi, in tempi normali, sarebbe un errore gravissimo non tenere nel debito
conto anche il Magistero semplicemente “autentico” del Romano Pontefice, perché «se fosse
permesso ad ognuno, in presenza d’un atto dell’autorità magisteriale, di sospendere il proprio
assenso o anche di dubitare o negare positivamente finché quest’atto non implichi una definizione
infallibile, l’azione reale del Magistero ecclesiastico diventerebbe per ciò quasi illusoria, perché è
relativamente raro ch’esso si traduca in definizioni siffatte» (Dictionnaire de Théologie Catholique
tomo III col. 1110). Non si dovrebbe, però, mai dimenticare, come oggi si è dimenticato, che la
sicurezza del Magistero autentico non è legata all’infallibilità, bensì all’ «alta prudenza» con cui
“abitualmente” procedono i Successori di Pietro e alla cura che abitualmente essi hanno di non
discostarsi dall’insegnamento, esplicito e tacito, dei loro predecessori.
Se questa prudenza e questa cura vengono meno, noi non siamo più in tempi normali e sarebbe
un errore fatale equiparare, anche solo di fatto, il Magistero autentico del Romano Pontefice al suo
Magistero infallibile (straordinario o ordinario che sia). Questi tempi anormali, grazie a Dio, sono
rarissimi, ma non impossibili. In tal caso, per non essere trascinati nell’errore, urge ricordare che
l’assenso dovuto al Magistero non infallibile è un «assenso inferiore, non di fede, ma prudenziale, il
cui rifiuto, tranne un fatto nuovo o la certezza di una discordanza tra l’affermazione pontificia e
la dottrina fino a quel momento insegnata, non potrebbe sfuggire alla nota di temerarietà» (dom
Nau Le Magistère... cit. pp. 23-24). Dom Nau precisa che questo non vale per un insegnamento che
sia “già tradizionale” (saremmo allora, infatti, nel campo del Magistero ordinario infallibile). Ma
nel caso di un insegnamento che non sia “già tradizionale” vale la riserva che a noi qui interessa:
«la certezza di una discordanza tra l’affermazione pontificia e la dottrina fino a quel momento
insegnata», legittima il rifiuto e lo sottrae ad ogni «nota di temerarietà».
Questa «discordanza» è forse un’ipotesi impossibile? No, quando si tratta di Magistero
“autentico”.
Dom Nau, il cui attaccamento al papato è fuori di ogni dubbio, scrive: «Questo caso non è da escludersi
“a priori” perché non si tratta d’una definizione. Tuttavia, al dire dello stesso Bossuet,
è “così straordinario da verifìcarsi solo due o tre volte in mille anni”» (Le Magistère... cit. p. 24
nota 53). In tal caso rifiutare il proprio assenso non solo non è temerario, ma è doveroso e la
“discordanza” con “la dottrina fino a quel momento insegnata” scioglie il cattolico da ogni dovere
di ubbidienza su quel punto: «E’ un principio generale che si deve obbedienza agli ordini d’un
superiore a meno che, in un caso concreto, l’ordine non appaia manifestamente ingiusto; parimenti
un cattolico è tenuto ad aderire interiormente agli insegnamenti dell’autorità legittima finché
non è evidente per lui che una data affermazione è erronea» (D.T.C, t. Ili col. 1110; il neretto è
nostro). Nel nostro caso l’evidenza dell’errore è data dalla discordanza di un atto di Magistero
autentico con il Magistero infallibile straordinario o ordinario e quindi con la dottrina tradizionale,
alla quale la coscienza cattolica è legata in eterno.
La fede non chiede le dimissioni della logica
A chiusura riportiamo il testo di un compianto teologo che aveva ben chiara la dottrina che
abbiamo qui richiamata ed era consapevole di quanto essa fosse interessatamente offuscata dai
“nuovi teologi” (ben più inescusabili dei semplici fedeli).
Polemizzando con Joseph Kleiner sulla palese contraddizione tra l’Auctorem Fidei di Pio VI,
che condanna la concelebrazione, e l’Instructio di Paolo VI, che, al contrario, la incoraggia, il padre
Joseph de Sainte Marie O.C.D. scrive: «“Si è forse mai visto un intervento del Magistero
contraddire una Dichiarazione del Magistero?”. Nella sua [di Joseph Kleiner] mente la risposta
alla sua domanda è evidentemente negativa; in nome dell’infallibilità del Magistero. Questa
infallibilità certamente comporta che la Chiesa non può contraddire se stessa, ma ad una
condizione dimenticata dal nostro autore, e cioè che essa impegni nel suo atto la pienezza della
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sua infallibilità. Oppure, trattandosi del Magistero ordinario, del quale bisogna stare molto attenti
a non minimizzare l’autorità, a condizione ch’esso si conformi a ciò che insegna il Magistero
infallibile, sia nei suoi atti solenni, sia nel suo insegnamento costante. Se queste condizioni non
sono rispettate, non è affatto impossibile che un intervento del Magistero entri in contraddizione
con un altro. La fede non deve turbarsene perché l’infallibilità non è in causa, ma il senso dei
fedeli ha il diritto di esserne scandalizzato, perché tali fatti rivelano un profondo disordine
nell’esercizio del Magistero. Negare l’esistenza di questi fatti in nome di una comprensione
erronea dell’infallibilità della Chiesa e negarli “a priori” non è conforme né alle esigenze della
teologia né a quelle della storia né a quelle del più elementare buon senso. Perché i fatti sono là;
non si possono negare. Ne abbiamo dato un esempio; ne potremmo dare altri. Basti ricordare [...]
l’ “Institutio generalis” che presentò il “Novus Ordo Missae” specie nel suo famoso “articolo 7”. I
dogmi dell’Eucarestia e del Sacerdozio vi erano presentati con termini così ambigui e palesemente
orientati verso il protestantesimo - per non dire di più -che fu necessario rettificarli. E tuttavia
questa “Institutio” era “un intervento del Magistero”. Bisognava forse accettarla per questa sola
ragione, benché andasse in un senso chiaramente opposto al Concilio di Trento, nel quale la
Chiesa aveva impegnato la sua infallibilità? Sì, se si segue il comportamento bandito da Joseph
Kleiner e da tanti altri. E bisognerebbe per ciò stesso fare propria la contraddizione, negando che
ci sia contraddizione, il che è propriamente contraddittorio e rappresenta un’autentica dimissione
dell’intelligenza e un abbandono incondizionato a un principio d’autorità non regolato più da
nessuna esigenza di verità. Un tale atteggiamento non è conforme a quello che il Magistero stesso
chiede ai fedeli. [...] Ora la fede esige la sottomissione dell’intelligenza dinanzi al Mistero che la
oltrepassa, ma non la sua dimissione dinanzi ad esigenze di coerenza logica che sono di sua
competenza. Perciò, quando una contraddizione è evidente, come nei due casi citati, il dovere del
credente, e ancor più del teologo, è di rivolgersi al Magistero chiedendogli di eliminarla»
(Eucharestie salut du monde, ed du Cèdre, Paris 1981, pp. 56 ss.).
Pensiamo di non dover aggiungere altro, tranne un invito a pregare la divina Pietà che, per
intercessione del Cuore Immacolato di Maria, allontani al più presto dal mondo cattolico questa
durissima prova.
Hirpinus


hhh.
00giovedì 16 luglio 2009 11:35
Re:
Ardisia, 16/07/2009 9:25:




Perciò coloro che continuano “a camminare sullo steccato” — con un piede nel movimento tradizionale e l’altro nella Chiesa Conciliare — guardino la realtà: ci sono oggi due differenti Chiese, la Chiesa Cattolica e la Chiesa Conciliare. C’è la Chiesa Cattolica, che possiede l’attributo dell’infallibilità, e c’è la Chiesa Conciliare, che non lo possiede.





visto che affermi questo- con un piede nel movimento tradizionale e l’altro nella Chiesa Conciliare —e poi-C’è la Chiesa Cattolica, che possiede l’attributo dell’infallibilità, e c’è la Chiesa Conciliare, che non lo possiede.

vuoi dire che la chiesa cattolica e' quella tradizionalista e quella in realta cattolica e chiesa conciliare?
ho capito bene?
Ardisia
00giovedì 16 luglio 2009 11:48
Non lo affermo io, ma l'articolo, il quale sostiene che a partire dal CVII la "chiesa conciliare" ha affiancato e sostituito quella cattolica legata alla Tradizione. Certo, non si può generalizzare in toto, ma di "veramente" cattolico oggi giorno c'è rimasto ben poco. [SM=g27825]
LiviaGloria
00giovedì 16 luglio 2009 11:51
A tutti,dovete mettere la fonte di dove traete i testi.
Ghergon
00giovedì 16 luglio 2009 12:06
Re:
LiviaGloria, 16/07/2009 11.51:

A tutti,dovete mettere la fonte di dove traete i testi.




www.ripari.it/sisinono/index.php?module=CMpro&func=printpage&pageid=27&sc...

Ardisia
00giovedì 16 luglio 2009 12:09
Re: x ardisia
Ghergon, 16/07/2009 11.34:

mi chiedo: esiste vera contraddizione?
Una contraddizione in logica porta al concetto di falso?

La nostra morale, ricordiamoci, segue una logica che a noi sembra certa ma la nostra logica potrebbe non essere esatta perchè ferita e squilibrata dal peccato originale, quindi potremmo non essere oggettivi...

l'articolo che hai postato è convincente e non lo nego ma rimane il fatto che ne esistono altri che sono validi che dicono il contrario, anche qui... [SM=g27825]



un po' lungo ma merita la lettura...








**********************************************************

Lo leggerò attentamente. [SM=x268926]

Vorrei però far notare che se esiste contraddizione fra due insegnamenti del Magistero, significa che uno dei due è errato, perchè la Chiesa non può contraddire se stessa, essendo infallibilmente assistita dallo Spirito Santo. Usare la nostra logica nell'affrontare detti insegnamenti può farci cadere facilmente nello stesso errore dei protestanti, quindi cosa è meglio fare, leggere e osservare il Magistero alla lettera oppure cercare di interpretarlo?


LiviaGloria
00giovedì 16 luglio 2009 12:24
...scisma...
Ghergon
00giovedì 16 luglio 2009 12:25
Re:
LiviaGloria, 16/07/2009 12.24:

...scisma...




[SM=g27833]


hhh.
00giovedì 16 luglio 2009 12:52
Re:
Ardisia, 16/07/2009 11:48:

Non lo affermo io, ma l'articolo, il quale sostiene che a partire dal CVII la "chiesa conciliare" ha affiancato e sostituito quella cattolica legata alla Tradizione. Certo, non si può generalizzare in toto, ma di "veramente" cattolico oggi giorno c'è rimasto ben poco. [SM=g27825]




che ce una forza modernista all'interno della chiesa cattolica che anche in modo relativista vuole sostituire la chiesa cattolica apostolica romana in una chiesa conciliare e lontana dalla vera chiesa non ho dubbio e anche se vedessimo il marciume ancora peggiore non possiamo dividerla,queste sono le stesse teorie dei protestanti che all'epoca furono scismatici e bruciarono le immaggini papali,cristo ha fondato la chiesa e nessuno la puo' dividere,
ripeto non dico che si puo' affermare la direzione negativa che per colpa di alcune gerarchie vaticane la chiesa corre un grosso pericolo e che i tradizionalisti hanno una forma publica e morale migliori dei modernisti si puo' pure fare,ma un conto e ' assomigliare alla contestazione che fecero i protestanti.
comunque anche se l'infiltrazione relativista ha fatto danni, nel nom ce ancora a chi crede a tutti i dogmi cattolici e sono uguali a noi tradizionalisti,e quando pregano,si inginocchiano o prendono l'eucarestia,forse molti hanno il cuore piu' puro del nostro e anche nei sacerdoti,questo non lo decide la forma ,i concili,le teologie,le tesi ma ilcristo chhe legge nei nostri cuori.
LiviaGloria
00giovedì 16 luglio 2009 12:54
Il vero cattolico é colui che segue la Santa romana chiesa di Roma,dall inizio alla fine...

L inizio era dal principio,in veritá prima degli ebrei,perché furono loro a distaccarsi dalla vera religione non riconoscendo il Cristo.

La religione cattolica é la vera religione e chi ha Cristo nel cuore crede a TUTTE le sue parole,piu precisamente "saro con voi fino la fine"

Questo vuole dire essere con la chiesa nella sua santitá e nel suo peccato,dal vecchio testamento al nuovo fino l apocalisse.
Dalla morte di Cristo fino al suo ritorno.
Nel dolore e nella gioia.

Questo é il vero cattolico e cosí sono stati i Santi che non l hanno mai abbandonata e non l hanno contradetta,certi nel cuore loro ormai posseduti dal Signore interamente...questo é il VERO cattolico.

Lucifero era l angelo ribelle che diede contro Dio...possiamo dire che Lucifero aveva "cultura",sapienza e tutto cosa noi umani non abbiamo...vedeva Dio in faccia e sapeva....perché allora successe cio che é successo?

Non certo la cultura porta a Dio,ma l umiltá e l affidarsi alle sue parole.

...ma Lucifero ebbe in cuore la ribellione quindi la disobbedienza e conseguente presunzione.


La conclusione é molto semplice visto che abbiamo dalla nostra il tempo....CHIUNQUE ha preteso di andare contro la Chiesa Cattolica si é lentamente portato fuori di essa ed é stato escluso,chi si é ravveduto é rientrato,ma chi ha contuinuato nella presunzione della mente nelle cose di Dio,ne é rimasto fuori.

...scisma...

Mente umana non puo concepire i totali piani di Dio nello specifico...e nemmeno il SUO tempo...cose del vecchio testamento si avverarono centinaia anni dopo,perché il suo tempo non é il nostro...e chi valuta soltanto in base alla sua breve vita,non valuta Dio che il "io sono".


La chiesa ha sempre avuto i suoi oppositori,sin dal tempo di S.Paolo,ma chi non si é ravveduto si é sfracellato nella pietra angolare,perché "chi entra dal tetto é un ladro",Cristo é la porta e la Chiesa é la porta "visibile-materiale" per essere in completezza entro Cristo...chi non vuole entrare da tale porta si allontana.

Le chiavi furono date a Pietro,e rimarranno in mani sue fino la fine.

Tali chiavi nessuno le potrá rubare perché non per volontá di uomo,ma di Dio e chi non riposa in pace in queste parole,si allontana dall umiltá e dall amore del Signore che comprende anche sofferenza entro l ubbidienza nella Chiesa.

Potete contestare cio che volete,ma la contestazione vostra resterá entro gli uomini,entro Dio esiste solo cio che Egli ha stabilito e non volontá umana potrá cambiarlo...Egli scruta le reni e i cuori...scruta anche dove noi stessi non possiamo vedere.

La vostra "guerra" non é con uomini,ma con potenze del male o con Dio...a ogni credente la sceta in sua coscienza,se l ascolta..
LiviaGloria
00giovedì 16 luglio 2009 12:58
Re: Re:
hhh., 16.7.2009 12:52:




che ce una forza modernista all'interno della chiesa cattolica che anche in modo relativista vuole sostituire la chiesa cattolica apostolica romana in una chiesa conciliare e lontana dalla vera chiesa non ho dubbio e anche se vedessimo il marciume ancora peggiore non possiamo dividerla,queste sono le stesse teorie dei protestanti che all'epoca furono scismatici e bruciarono le immaggini papali,cristo ha fondato la chiesa e nessuno la puo' dividere,
ripeto non dico che si puo' affermare la direzione negativa che per colpa di alcune gerarchie vaticane la chiesa corre un grosso pericolo e che i tradizionalisti hanno una forma publica e morale migliori dei modernisti si puo' pure fare,ma un conto e ' assomigliare alla contestazione che fecero i protestanti.
comunque anche se l'infiltrazione relativista ha fatto danni, nel nom ce ancora a chi crede a tutti i dogmi cattolici e sono uguali a noi tradizionalisti,e quando pregano,si inginocchiano o prendono l'eucarestia,forse molti hanno il cuore piu' puro del nostro e anche nei sacerdoti,questo non lo decide la forma ,i concili,le teologie,le tesi ma ilcristo chhe legge nei nostri cuori.




[SM=g27823]
hhh.
00giovedì 16 luglio 2009 12:59
Re:
LiviaGloria, 16/07/2009 12:24:

...scisma...




livia quandono si leggono e si sentono certe cose ,ti do raggione e si pensa a uno scisma.
ma lo scisma e gli scismi sono sempre stati fatti per differenze dogmatiche .qui la contastazione e' la forma e molti sono piu' pacati
e pronti ha un confronto.
non tutti i fedeli e sacerdoti tradizionalisti vanno in giro a gridare contro la sede romana.
non ci sara' scisma ma e' una separazione in casa,sai che due sposi cattolici non possono divorziare e risposarsi,pero possono litigare e spesso si separano quando le cose degenerano per poi tornare insieme e riunirsi.
LiviaGloria
00giovedì 16 luglio 2009 13:04
Due sposi litigano...non sono separati in casa,tu lo sai...non si abbandona il letto coniugale...ma,ogni scisma é nato da un litigio e poi da una separazione e per chi non si é ravveduto,il divorzio...scisma.

Giá molti tradizionalisti vanno contro a cio che affermano...solo le ordinazioni irregolari e conseguenti sacramenti irregolari...questo non é litigio,é giá separazione.

Io credo nella purezza di certi tradizionalisti,come credo nella purezza di certi modernisti....ma gli uni e gli altri devono sapere dove fermarsi per non finire che invece di dare contro a atteggiamenti,diano contro Dio,non tanto per COSA contestano,ma perché intervengono sulla volontá di Dio di deciodere il QUANDO...
LiviaGloria
00giovedì 16 luglio 2009 13:17
Bibbia "maledetto l uomo che confida nell uomo"...questa frase é grande...e difficile la sua applicazione...é varia ed é per tanti aspetti della vita,dai piu privati entro il cuore,ai piu esterni nella socitá.

...non si dovrebbe sbagliare perché altri umani sbagliano,non vi é giustificazione.

LiviaGloria
00giovedì 16 luglio 2009 13:20
2. Il Magistero conciliare va accolto non solo senza riserve, ma come un autentico dono di Dio.
È Magistero straordinario. La Chiesa in quel momento aveva la consapevolezza di agire in comunione con lo Spirito Santo, nello stesso modo in cui la Chiesa primitiva poteva dire: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi” (At 11,28).
Tutti i documenti del Concilio infatti si concludono così: “ Tutte e singole le cose, stabilite in questo decreto, sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della Potestà apostolica conferitaCi da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito Santo le approviamo, le decretiamo e stabiliamo: e quanto è stato così sinodalmente stabilito, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio”.


...."NELLO SPIRITO SANTO le approviamo"...nello Spirito Santo.


freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8494945
hhh.
00giovedì 16 luglio 2009 13:22
Re:
LiviaGloria, 16/07/2009 12:54:

Il vero cattolico é colui che segue la Santa romana chiesa di Roma,dall inizio alla fine...




si puo' dire che i tradizionalisti la eseguono,perche eseguono i suoi comandamenti e le sue dottrine.



Questo vuole dire essere con la chiesa nella sua santitá e nel suo peccato,




questo mi piace livia essere nella chiesa anche con il suo peccato,
ma penso che molti tradizionalisti fanno bene a contestare non la chiesa ma alcune forme,e chi vuole colpirla con il modernisto,perche' anche cosi difendono il padre,poi certo non dobbiamo esagerare e usare un modo piu' giusto.
peccato perche' ad ecome all'inizio si vivena tranquillamente questa visione diversa della chiesa ,poi tutto e' degenerato,come la chiesa stessa e il mondo.



Potete contestare cio che volete,ma la contestazione vostra resterá entro gli uomini,entro Dio esiste solo cio che Egli ha stabilito e non volontá umana potrá cambiarlo...Egli scruta le reni e i cuori...scruta anche dove noi stessi non possiamo vedere.


ecco perche' la contestazione o la difesa tradizionale ,solo dio puo' vedere se e' giusta e condotta in modo puro,noi possiamo solo intravedere,pero' ti ripeto la divisione non e' separazione o scisma.


La vostra "guerra" non é con uomini,ma con potenze del male o con Dio...a ogni credente la sceta in sua coscienza,se l ascolta..




speriamo che la divina provvidenza ci trovi sempre forti o degni.





io dal mio parere te lo ripeto liviagloria,ormai dopo econe e dopo 25 anni la frittata e' stata fatta e la colpa non e' solo dei tradizionalisti,ormai si sono create molte ferite e molte trincee,
si potevano trovare forme diverse piu' pacifiche nel convivere il vecchio dal nuovo ma le forze malefiche non lo hanno permesso e poi penso anche ,se fosse dio a volere questa profonda crisi da provare gli uomini di chiesa da ambo le parti?
sarebbe una prova per tutta la chiesa difficilissima.
comunque secondo me dobbiamo lasciare le cosi cosi.
i tradizionalisti da una parte sempre cattolici e non scismatici ,al massimo polemici e il vaticano che continua a modo suo.
1perche' il vaticano non puo' tornare indietro e non puo' fare pulizia delle forze relativiste e moderniste dentro casa i motivi sono troppi.
2perche' i tradizionalisti non possono convivere con le forze relativiste (che sono aumentate dentro il vaticano)la chiesa diventerebbe piu' polemica,piu divisa e chissa che altro.
lasciamo a dio il compito di creare la strada futura e' sempre stato cosi,non si muove foglia che dio non voglia.
LiviaGloria
00giovedì 16 luglio 2009 13:39
Piccolo esempio di tanti....

Concilio di Nicea

XX. Che non si debba, nei giorni di domenica e di Pentecoste, pregare in ginocchio.

Poiché vi sono alcuni che di domenica e nei giorni della Pentecoste si inginocchiano, per una completa uniformità è sembrato bene a questo santo sinodo che le preghiere a Dio si facciano in piedi.

La Chiesa é nello stesso tempo "statica e in movimento"

I Dogmi sono dogmi,i concili vanno valutati tutti,per cui vedremo nel tempo che alcune cose di concili precedenti sono stati cambiati sucessivamente...o si crede nella Chiesa e Spirito Santo o non vi si crede.

Vi sono stati papi che hanno detto il contrario di altri papi....
...non ci si puo fermare agli ultimi cinquanta anni se si vuole valutare la Chiesa,rischio di restare incastrati nelle valutazioni dal nostro tempo.
LiviaGloria
00giovedì 16 luglio 2009 13:44
Concilio Costantinopoli

I. Che le decisioni di Nicea restino immutate; della scomunica degli eretici.

La professione di fede dei trecentodiciotto santi Padri, raccolti a Nicea di Bitinia non deve essere abrogata, ma deve rimanere salda; si deve anatematizzare ogni eresia, specialmente quella degli Eunomiani o Anomei, degli Ariani o Eudossiani, dei Serniariani e Pneumatomachi, dei Sabelliani, dei Marcelliani, dei Fotiniani e degli Apollinaristi.

Questo solo per far vedere giá come nell antichitá vi fossero diverse visuali e quindi ribellioni e separazioni...e questo solo in quella epoca.

Lo Stesso Gesu disse che ora arrivava satana per vagliarvi,giá da allora.
Gli scismi e le eresie sono nate in seno al cattolicesimo...non dimentichiamocelo...


"
Poiché, dunque, queste cose sono state compiute da noi legalmente e canonicamente, preghiamo la reverenza vostra di volersi rallegrare con noi, uniti scambievolmente dal vincolo dell'amore che viene dallo Spirito e dal timore di Dio che vince ogni umana passione, e antepone l'edificazione delle chiese all'amicizia ed alla benevolenza verso i singoli. In tal modo, in pieno accordo nelle verità della fede, e fortificata in noi la carità cristiana, cesseremo di ripetere l'espressione già biasimata dagli apostoli: Io sono di Paolo, io sono di Apollo; e io sono di Cefa (8), ma saremo tutti di Cristo, che non può esser diviso in noi; e, se Dio ce ne farà degni, conserveremo indiviso il corpo della chiesa e compariremo tranquilli dinanzi al tribunale di Dio (9)."


"VI. Chi può essere ammesso ad accusare un vescovo o un chierico.

Poiché molti volendo turbare e sconvolgere l'ordine ecclesiastico, da veri nemici e sicofanti, inventano accuse contro i vescovi ortodossi incaricati del governo della Chiesa, nient'altro cercando che di contaminare la buona fama dei sacerdoti e di eccitare tumulti tra i popoli che vivono in pace, è sembrato bene al santo concilio dei vescovi radunati a Costantinopoli di non ammettere gli accusatori senza previo esame, né di permettere a chiunque di poter formulare accuse contro gli amministratori delle diocesi, né, d'altra parte, di respingere tutti. Se, quindi, uno ha dei motivi privati, personali, contro il vescovo, perché sia stato defraudato, o perché abbia dovuto sopportare da parte sua qualche altra ingiustizia, in questo genere di accuse non si guardi né alla persona dell'accusatore, né alla sua religione. E’ necessario, infatti, assolutamente, che la coscienza del vescovo si conservi libera dalla colpa e che quegli che afferma di essere trattato ingiustamente, quali che possano essere i suoi sentimenti religiosi, ottenga giustizia. Se, però, l'accusa che si fa al vescovo ha attinenza con la religione in sé e per sé, allora bisogna tener conto della persona degli accusatori. In questo caso, primo, non si permetta agli eretici di formulare accuse contro i vescovi ortodossi in cose riguardanti la chiesa (per eretici intendiamo sia quelli che già da tempo sono stati pubblicamente banditi dalla Chiesa, sia quelli che poi noi stessi abbiamo condannato; sia quelli che mostrano di professare una fede autentica, ma in realtà sono separati e si riuniscono contro i vescovi legittimi). Inoltre, quelli che sono stati condannati, scacciati o scomunicati per vari motivi dalla Chiesa, sia chierici che laici, non possono accusare un vescovo, prima di essersi lavati della loro colpa."

Ghergon
00giovedì 16 luglio 2009 15:27
Re:
LiviaGloria, 16/07/2009 12.54:

Il vero cattolico é colui che segue la Santa romana chiesa di Roma,dall inizio alla fine...

Difatti il tradizionalista è ligio a 1950 anni di Chiesa quindi abbiamo la palma d'oro di coloro, che come tu stessa affermi, la seguono fin dall'inizio esattamente come Lui l'ha costruita, alcuni padri conciliari non la seguono più perchè contraddicono 1950 anni di Chiesa...come la mettiamo?


La religione cattolica é la vera religione e chi ha Cristo nel cuore crede a TUTTE le sue parole,piu precisamente "saro con voi fino la fine"

Difatti 1950 di pura fede, solo ora qualcuno vorrebbe cambiare qualcosa.
Il Cattolico ha Cristo nel cuore come dici tu, l'eretico oppositore nella Chiesa no.


Questo vuole dire essere con la chiesa nella sua santitá e nel suo peccato,dal vecchio testamento al nuovo fino l apocalisse.
Dalla morte di Cristo fino al suo ritorno.
Nel dolore e nella gioia.

Qui non c'è dolore, qui c'è sovversione diabolica.

Questo é il vero cattolico e cosí sono stati i Santi che non l hanno mai abbandonata e non l hanno contradetta,certi nel cuore loro ormai posseduti dal Signore interamente...questo é il VERO cattolico.


Difatti il vero Cattolico e i Santi MAI HANNO CONTRADDETTO LA CHIESA, lo dici anche tu...QUINDI SPIEGARE PERCHE' ORA DALL'INTERNO QUALCUNO CONTRADDICE in pieno TESI DI 1900 ANNI vera OPERA DELLO SPIRITO SANTO...ti quoto in pieno!

Lucifero era l angelo ribelle che diede contro Dio...possiamo dire che Lucifero aveva "cultura",sapienza e tutto cosa noi umani non abbiamo...vedeva Dio in faccia e sapeva....perché allora successe cio che é successo?


Non certo la cultura porta a Dio,ma l umiltá e l affidarsi alle sue parole.

Difatti le parole di Gesù sono pura cultura, pura "scienza" spirituale e da Lui e dalla formalizzazione delle Sue parole lo Spirito Santo ci ha portato il Magistero.
Se si rinnega il magistero e lo si intende sterile cultura che a nulla serve allora siamo protestanti.
Perduti...


...ma Lucifero ebbe in cuore la ribellione quindi la disobbedienza e conseguente presunzione.


La conclusione é molto semplice visto che abbiamo dalla nostra il tempo....CHIUNQUE ha preteso di andare contro la Chiesa Cattolica si é lentamente portato fuori di essa ed é stato escluso,chi si é ravveduto é rientrato,ma chi ha contuinuato nella presunzione della mente nelle cose di Dio,ne é rimasto fuori.

E' vero, Dio saprà fare Giustizia di chi sta tentando dall'interno di ribellarsi alla Chiesa...ti quoto Livia, i ribelli infiltratisi in Chiesa dopo il concilio sono tantissimi e ribellandosi al magistero si stanno scavando la fossa!
Ricordiamoglielo!


...scisma...

Si, difatti qualcuno sussura, anche se non mi trova d'accordo, che il CVII è stato uno scisma!

Mente umana non puo concepire i totali piani di Dio nello specifico...e nemmeno il SUO tempo...cose del vecchio testamento si avverarono centinaia anni dopo,perché il suo tempo non é il nostro...e chi valuta soltanto in base alla sua breve vita,non valuta Dio che il "io sono".

Basta studiare San Tommaso, la Chiesa non si contraddice mai perchè Dio è buono e ha stabilito tutto fin dall'inizio e NON CONFONDE I SUOI FEDELI...quindi chi oggi sta confondendo i cristiani con beceri tentativi di affossare la liturgia e molti dogmi non è di Dio...

riassumendo: Dio non cambia in sede d'opera i Suoi piani, non stravolge il Suo stesso volere di 2000 anni, perchè Dio è COERENTE in maniera infinita...se qualcosa di colpo cambia allora non è opera Sua ma del suo nemico.





La chiesa ha sempre avuto i suoi oppositori,sin dal tempo di S.Paolo,ma chi non si é ravveduto si é sfracellato nella pietra angolare,perché "chi entra dal tetto é un ladro",Cristo é la porta e la Chiesa é la porta "visibile-materiale" per essere in completezza entro Cristo...chi non vuole entrare da tale porta si allontana.


E' il discorso fatto sopra: gli oppositori infilrati col concilio si sfracelleranno, parole tue...grazie



Le chiavi furono date a Pietro,e rimarranno in mani sue fino la fine.

Tali chiavi nessuno le potrá rubare perché non per volontá di uomo,ma di Dio e chi non riposa in pace in queste parole,si allontana dall umiltá e dall amore del Signore che comprende anche sofferenza entro l ubbidienza nella Chiesa.

Certo, le Chiavi sono sotto sua responsabilità, enorme responsabilità... ma vedi quello che avviene oggi non è una soap opera, non è sofferenza, è qualcuno che vuole scardinare tutto da dentro...io l'ho già detto milioni di volte denuncerò le porcate dei porconi sempre perchè se taccio e acconsento piagnucolando con un fazzolettino in mano ne sono compartecipe, sono corresponsabile dello schifo...
quindi grido...


Potete contestare cio che volete,ma la contestazione vostra resterá entro gli uomini,entro Dio esiste solo cio che Egli ha stabilito e non volontá umana potrá cambiarlo...Egli scruta le reni e i cuori...scruta anche dove noi stessi non possiamo vedere.

Dio non ha stabilito la ribellione, ma sono gli uomini che vogliono sovvertire Santa Madre Chiesa, ci sono profezie al riguardo, qui in questo sito parliamo di NWO e dunque di: ribellione di sovversivi all'interno e al di fuori della Chiesa... è il discorso giusto questo... e lo stiamo facendo...


La vostra "guerra" non é con uomini,ma con potenze del male o con Dio...a ogni credente la sceta in sua coscienza,se l ascolta..

Il credente è la Chiesa, io sono la Chiesa tu sei la Chiesa, se non ci svegliamo noi...sveglia...kaputt mundi...




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